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FRAMMENTI DELLA NUOVA SCENA
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L'ESPOSIZIO
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PAROLE DAL FUTURO
* mostra a cura di Mar
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L'ESPOSIZIO
* mostra a cura di Alfo
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GLI EVENTI AVRANNO LUOGO
ALL'ECOSTYLE BRANCACCIO
IN VIA PAPIO, 39 A SALERNO
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16 Imagineyourfashion
COSA MI METTO? VADEMECUM PER UN
LOOK A PROVA DI FESTE…
18 Imagineyourdream
P.N.P. PROGRESSO NON PUBBLICITÀ
23 Imagineyourstyle
I NOSTRI CLIENTI IN VETRINA
25 Imagineyoursmile
TOTÒ, LA MASCHERA, L'ORCHESTRA
27 Imagineyourscent
PROFUMO ANTONIO DE CURTIS,
UN'ESSENZA PRIVATA
29 Imagineyourcommunication
EBOLI IN COMUNE VINCITORE DEL PREMIO
CENTO PER LA STAMPA LOCALE
31 Imagineyoursport
IL FUTURO NEL FITNESS
33 Info
INDIRIZZI DEI NEGOZI BRANCACCIO
_ LE IMMAGINI CHE ATTRAVERSANO IL MAGAZINE NON SONO
SEMPRE IN RELAZIONE CON GLI ARTICOLI.
www.brancaccio.it
CULTURA
GUSTO
ARTE
MUSICA
EVENTI
TENDENZE
DESIGN
MODA
BARTOLOMEO BRANCACCIO
ISCRIZIONE AL TRIBUNALE
N. 7 DEL 10/03 /2007
DI LAU
REA
COMUN IN SCIENZE D
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ICAZIO
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PER LA PUBBLICITÀ DI ECOSTYLE
089 56 47 991 > 089 25 91 630
SMO
11 Imagineyourtradition
LA FAMIGLIA CITERA, CUSTODE DEI SEGRETI
DELLA ZAMPOGNA CILENTANA
CONTATTI
[email protected]
AL TURI
DICEMBRE
VENERDÌ 11
DE CURTIS
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FOTO
Archivio Brancaccio . Motive
Antonio Biasio
Antonello Naddeo
Rosaria Iazzetta
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8 Imagineyourfuture
I GIOVANI E IL LAVORO A SALERNO
DESIGN
Motive [[email protected]]
DI
ASSESS
CORSO
PROFUMI
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PRESENTA E CURTIS E
ANTONIO DENA DI MANSFIELD
MALAFEMM 2009 ORE 20,30
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CON IL
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UN CARNET DI APPUNTI AL CAFFÈ NAPOLETANO
DIRETTORE RESPONSABILE
Vera Arabino
NEXTGENERATION INVERNO
STAMPA
5 Imagineyourphoto
IL SENTIERO SEGRETO
STYLE PASSION FASHION&ACTION NEXTGENERATION
EDITORE
Carlo Brancaccio
09
HANNO COLLABORATO
Marco Alfano, Alfonso Amendola,
Olga Chieffi, Anna Cicalese,
Alessandra Cosimato, Flavia Falcone, Matteo Guida,
Rosaria Iazzetta, Caterina La Bella, Piero Lucia.
2 Imagineyourart
NESSUN DOLORE
È UN NATALE FUTURISTA quello che anima l’ultimo
numero del 2009 del nostro magazine e che occhieggia
nelle vetrine dei nostri negozi. I simboli sono quelli
tradizionali che da sempre mescolano motivi sacri e riti
pagani: la Natività e l’abete, l’angelo e Babbo Natale,
la stella cometa e le palline colorate. Ma ci siamo
divertiti a scomporre le forme consuete per rielaborarle
in fogge colorate ed originali, fedeli al leitmotiv di
dare linfa all’immaginario e alla creatività, che ci ha
contraddistinto per l’intero anno.
IMAGINEYOURFUTURE è infatti il filo conduttore che ci
ha accompagnato in tutte e quattro le stagioni del
2009, anno del centenario del Futurismo, l’avanguardia
culturale più originale del nostro Novecento. E nell’ultima
stagione, quella invernale che ci conduce al 2010, il
bisogno forte di rimettere in moto la capacità progettuale
e guardare al futuro con autentico slancio lo affidiamo
alla NEXT GENERATION. Proviamo a scandagliarne sogni
ed ansie in questo numero del nostro magazine,
mentre gli spazi dell’Ecostyle Brancaccio di via Papio
ospiteranno a dicembre le opere di due giovani artisti
salernitani, Valentino D’Alessandro ed Alcide Pece,
che si caratterizzano per l’originalità della ricerca
creativa. Non è però da meno, in tal senso, la proposta
di Annibale Elia, in mostra a gennaio, con la sua
peculiare immersione nel caffè napoletano come tecnica,
linguaggio e segno del visivo. Anche le “vecchie”
generazioni, questo è fuori discussione, hanno ancora
molto da dire. Al bando dunque l’incomunicabilità che
negli ultimi anni si è radicalizzata tra vecchio e nuovo,
tra last e next: è come sempre nel dialogo, nella
dialettica e nel confronto la chiave del futuro. Un futuro
che non disperde il patrimonio del passato ed i suoi
protagonisti, come il Principe della Risata, Antonio de
Curtis in arte Totò, a cui dedicheremo un’imperdibile
serata dicembrina. Oltre ad allietare le vostre giornate
natalizie, naturalmente il gruppo Brancaccio è pronto a
“vestire” le vostre feste con il look più adatto al vostro
personale stile e ad offrirvi una carrellata di idee regalo,
che coniugano come sempre qualità e pregio, classe
e raffinatezza. Una tradizione che si rinnova da 100
anni, che Brancaccio festeggerà proprio nel 2010. Una
nuova pagina della nostra storia che saremo felici di
festeggiare insieme a voi nel corso del nuovo anno.
BRANCACCIO
1 Editoriale
NATALE FUTURISTA
Ecostyle
In questo numero
BRANCACCIO
Ecostyle
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Nessun dolore
di Marco Alfano
NEGLI ULTIMI ANNI le difficoltà che affrontano le
scuole d’arte, appaiono in relazione alla tendenza,
dominante nella maggioranza attuale degli insegnanti,
di infondere negli studenti non la tecnica del disegno
o della pittura ma quella di una “libera” espansione
della creatività. L’imperativo, quindi, è di essere
“moderni”, sprovincializzarsi per un’apertura che
significa ampiezza d’informazione e confronti, ma che
comporta una devastante povertà di un’arte che misura
la sua grandezza sugli “azzardi”, sul conformismo
orientato all’aggiornamento sulle ultime tendenze del
contemporaneo.
Valentino D’Alessandro, giovane artista salernitano,
formatosi al Liceo Artistico di Salerno e all’Accademia
di Belle Arti di Napoli, ha intrapreso negli ultimi
anni una ricerca di grande coraggio che si è andata
definendo per un linguaggio attento a declinare un
repertorio immaginativo che trova origine nella sintassi
di un astrattismo “lirico”, nel quale segno e colore,
assumendo valenze esistenziali, si pongono quale spazio
evocativo, psichico. L’artista assume, a tale scopo,
un’affinata tecnica calcografica, che combina, da un
lato, il segno netto della puntasecca che addensa tracce
figurali e, dall’altro, un impaginato astratto ottenuto con
tecniche sperimentali, che costituiscono uno schermo,
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variabili, derivanti da
una serie di fogli, di dimensioni
dirette (cioè incidendo
matrici incise secondo tecniche
lmente la puntasecca,
direttamente la lastra), principa
rso acidi sulla lastra
ed indirette (cioè ottenute attrave
lare la “morsura”,
“coperta” con gomme per rego
come l’acquaforte e il
l’attacco corrosivo dell’acido),
ri, realizzata con torchio
carborundum. La stampa a colo
registro impressioni
a mano, è ottenuta mettendo a
s sul medesimo foglio,
successive di lastre in plexigla
sequenza degli altri
prima della stampa in nero, e in
il rosso, l’arancione).
colori (principalmente l’azzurro,
e autrici più conosciute
Il riferimento esplicito ad una dell
ortante per intendere
in Italia, Banana Yoshimoto, è imp
generazione, oggi
la sensibilità con cui una certa
le anche l’artista
tra i venti e i trent’anni, alla qua
e. In particolare, dal
appartiene, guarda con interess
e opere della scrittrice
periodare sospeso ed allusivo dell
re femminili che si
giapponese, emergono alcune figu
in cui il flusso regolare
trovano in situazioni di blocco,
tudine e il dolore
della vita si è interrotto. La soli
ben rappresentano
esistenziale, una linea d’ombra,
vitabile passaggio
una generazione che rifiuta l’ine
In Sonno profondo
dall’adolescenza all’età adulta.
zze sprofondano in un
(1989), ad esempio, alcune raga
temporanea dell’antica
sonno immotivato – variante con
o distacco dalla realtà
accidia – dove s’attua un assolut
Yoshimoto, si apre infatti
sensibile. La sequenza Effetto
ro delinea un volto
con un’incisione dove D’Alessand
nel ricco e materico
femminile che sembra evocare,
re della notte. Si
groviglio dei lunghi capelli, le omb
che cede il posto in
tratta di un linguaggio figurale,
, vale a dire ad
altre incisioni alla ricerca astratta
a, giocata su campiture
un’indagine esclusiva sulla form
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abrase modulate sul rosso, sul blu e sull’arancione.
È un processo immaginativo che attraverso il continuo
operare sulla lastra, ne riduce lo spessore, dove il
fondo è lasciato come “schermo” sul quale si delineano
formazioni di nuclei organici. È come se l’artista, in
altri termini, partendo dalla liquidità dell’occhio sotto
le palpebre chiuse, provasse ad insinuarsi dentro la
struttura biologica, spingendo il proprio sguardo interiore
fino alle sinapsi neurologiche cui alludono le strutture
filiformi e fibrose, che affiorano sulla superficie del
foglio quali intrecci di cera disciolta, di erosi cristalli.
È in questo mondo sommerso, illusorio e silenzioso, che
quelle anime “perdute” – come annota Banana Yoshimoto
– ritrovano una certezza di sentirsi “al sicuro”: nel
torpore quasi mortale, infatti, in quel profondo sonno
senza più sogni, “nessun dolore, nessuna tristezza” è
possibile.
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di Marco Alfano
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ALCIDE PECE, IL SENTIERO SEGRETO, 2009, STAMPA
FOTOGRAFICA, 70X100 CM.
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IN UN CLIMA DEL CONTEMPORANEO che si manifesta a
tratti volgare oppure soltanto monotono, la proposta
dei giovani potrà sorprenderci, scoprendo una
spiazzante visione dell’arte che, pur consapevole
della frammentarietà e dell’incertezza dei nostri anni,
intende suggerire vitale leggerezza e, con questa,
un certo pensiero nuovo ed antichissimo sull’unità
nella varietas, quale possibile generatrice di bellezza.
Provando a guardare gli esiti di questa visione in un
giovane fotografo, come Alcide Pece – nato a Salerno nel
1984 – si rivela uno sguardo sulla natura che s’avvale
di quegli strumenti avanzatissimi che la tecnologia
mette a disposizione, vale a dire dove la purezza della
ripresa digitale consente di cogliere una gamma estesa
di luci ed ombre, impossibile per l’occhio umano; uno
“specchio” limpidissimo, quello offerto dalla macchina
digitale, che permette di osservare la natura – avrebbe
annotato Montesquieu – quale essa appare, “varia e
uniforme, allo stesso tempo”.
La “serie” di fotografie riunite da Alcide per questa
prima mostra personale, riguarda un aspetto delimitato
della sua ricerca, centrata soprattutto sul reportage
naturalistico, motivo d’interesse principale, sin dagli
esordi, e in cui sta raggiungendo notevoli ed importanti
risultati. L’idea dalla quale si è sviluppata la sequenza,
dal titolo Il sentiero segreto, realizzata tra il 2008
e il 2009, è quella di creare un racconto di emozioni
visive per lasciare una traccia intima, insistendo su
quei “piccoli eventi” dell’esistenza, testimonianza di
attimi che l’autore considera preziosi, oppure descritti
in forma di sogni che si manifestano nella natura; una
natura rappresentata nel pieno rigoglio, che accoglie
un “cappuccetto rosso” nella lucentezza delle foglie
del sottobosco, dove il tono è sereno, libero da quel
sentimento dell’orizzonte sconfinato che domina
intensamente gli scatti di soggetto naturalistico del
fotografo salernitano.
Sebbene per un giovane, come Alcide Pece, il termine
di “nuovo realismo” non ha forse più significato
(penso all’esempio rappresentato da Nan Goldin per
la fotografia degli anni Novanta, anche in ambito
italiano), l’esuberanza visiva proposta dalla natura, ed
il significato di un’urgenza dell’ora, si placano nelle
gamme morbide del verde, del giallo chiaro, dell’azzurro
cielo che registra il lumen delle sue immagini; come
nella sequenza che racconta, quasi fossero fotogrammi
d’un film, il pomeriggio trascorso dalle amiche tra i fiori
di un prato, nel gioco svagato davanti all’obbiettivo. Lo
sguardo si fa più profondo, ed intenso, quando prende
a considerare il profilo delle persone care, nei ritratti
dei familiari, concentrandosi sugli occhi abbassati del
padre, oppure s’anima dinnanzi al tono fremente della
maglietta color ciliegia della piccola nipote, in una
fotografia “composta” già con abile sicurezza.
È una narrazione scandita da sensibile e comprensiva
umanità, quella sottesa all’indagine di Alcide, che
sintetizza quindi un percorso di ricerca visiva, che
rifuggendo da finalità “documentarie”, restituisce
la necessità di “narrare” la natura, di immaginarla
quale custode e “maestra” di una bellezza segreta
che si rivela nella misura in cui l’occhio riesce ad
indagarne quei percorsi celati: è un pensiero che
conforta sulle ulteriori possibilità offerte dalla
fotografia contemporanea, se lo sguardo dell’autore,
soffermandosi sugli accidentati sentieri d’un bosco,
come sulle umanissime espressioni dei volti, concederà
a questa ancora di rendersi testimonianza poetica dei
movimenti dell’anima.
ALCIDE PECE, GIULIA, 2009, STAMPA FOTOGRAFICA, 45X30 CM.
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mistico. Ed ancora… rarità e senso dell’incantesimo,
frammenti amorfi e shock del piacere, abbandono
e indifferenza.
Un vero viaggio nella macchina della seduzione e dei
desideri. Dove tutto può diventare il contrario d’ogni
dire. Insomma il carnet d’appunti di Annibale ci dona un
viaggio di soffice ed algida sensualità. Ancora una volta
ci troviamo ad inseguire il sommovimento del nostro
sentire il mondo sulla pelle. Ancora una volta ci lasciamo
guidare dalla dolce ansia di catturare “il transitorio, il
fuggevole, il contingente, la metà dell’arte di cui l’altra
metà è l’eterno e l’immutabile” (Charles Baudelaire).
Senza dimenticare quella fatale attrazione che domina
i segni che nascono dal nostro buio più profondo e dal
nostro claire più desiderante.
TROLLEY
DA TEMPO ANNIBALE ELIA (ovvero Annibale “il pittore delle
gambe”), nel suo procedere d’artista, dialoga con il
materico dell’argilla, con l’attenzione verso un pittorico
di gran raffinatezza e stile (soprattutto raccontando
forme e corpi) e poi con l’immersione nel caffè
napoletano come tecnica, linguaggio e segno del visivo
(penso in particolare ai suoi disegni acquerellati al caffè
successivamente prezioso libro di Plectica “La città delle
gambe” del 2001). Ora nello spazio del formato breve
e del piccolo disegno, utilizzando ancora un linguaggio
d’espressione che vive d’antico e materico al contempo
(appunto l’uso del caffè come impasto cromatico)
Annibale “il pittore delle gambe” ci propone questo suo
“carnet di appunti al caffè napoletano”. Un carnet denso
di volti, corpi del femminile, piccoli movimenti, ombre
e chiaroscuri. Il tutto raccontato attraverso la potente
visionarietà del rimando, dell’eco, della citazione (quello
che era un sogno delle progettualità di Walter Benjamin
“scrivere un libro di uniche citazioni”).
E così attraverso la citazione, come tensione e racconto
amplificato, si orizzonta lo spazio del visivo di questa
recente produzione di disegni firmati da Annibale.
Ed è soprattutto nei “multipli lineografici” che il gusto
della citazione ha respiro amplificato ulteriormente. Nella
totalità di tutti questi disegni, i temi portanti restano
quelli della seduzione, della sensualità, del desiderio
(temi che sembrano disegnati lungo quella lineare che
Roland Barthes ci volle indicare nella sua “scrittura
d’amore”: ovvero scrutare, frugare, indagare per
particelle e frammenti “la causa del mio desiderio” che,
in questo caso, nella gioia del disegno e della narrazione
visiva, tende a risvegliarsi per
ritrovarsi sempre vivo
e vero). I disegni di Annibale ci
parlano di un gusto
profondo e complesso di voler
osservare “sensazioni”
del corpo erotico (vissuto nel seg
no di una soave
mutevolezza, lievità, segretezza,
intimità e qui
il richiamo a Balthus è inevitab
ile).
E comunque la seduzione, com
e appare evidente
nelle minime gestualità racconta
nte da Annibale, non
è soltanto sguardo d’avvicinam
ento “all’oggetto del
desiderio” ma è soprattutto sos
pensione dello sguardo,
dilatazione dell’attesa, lievissi
ma volontà del rifiuto,
“falso movimento” che stanco
d’irretire dolcemente
respinge. E quindi la citazione dal
sensuale raccontata
da Annibale “il pittore delle gam
be” la ritroviamo come
celebrazione del furto (quello caro
ad Orson Welles, ad
esempio), della fuga, del tradime
nto della visione, della
sempre ossessiva “riproposizione
” della bellezza, del
turbamento degli sguardi, del “fea
r and desire”, del
godimento perverso che è sempre
sfida al godimento
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“L’eros che si fa parola” (Franco Battiato)
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di Alfonso Amendola
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I giovani e il lavoro
a Salerno
di Piero Lucia*
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tti, pratici e psicologici:
teatro classico greco, sono diventate annuali occasioni
derivata, ha prodotto gravi effe
condizione delle persone
d’incontro e di confronto per migliaia di persone. Grandi
si è resa più fragile e incerta la
tenendole precarie
eventi di qualità, di rilievo nazionale ed europeo, che
assunte con contratti atipici, man
di migliaia di questi
attirano visitatori e risorse, volano per un potente
a tempo indefinito. E centinaia
i mesi, al primo
indotto. Anche a Salerno si può scegliere di investire su
lavoratori, i più giovani, negli ultim
sono stati i primi ad
un progetto ambizioso e di lunga durata, insieme ed oltre
comparire dei venti della crisi,
lavoro. Si è accentuata
la programmazione del Teatro Verdi, sulla diffusione e
essere espulsi dal mercato del
rtezza esistenziale
valorizzazione della cultura d’eccellenza, in un rapporto
così una profonda e lacerante ince
e vicende della vita
integrato tra Salerno e la sua provincia, dando ulteriore
e si è ampliata la distanza dall
ti cittadini negli angusti
forza ed incisività all’azione rilevante, da tempo in
pubblica, con la chiusura di mol
lusiva individualità. Una
atto, per il recupero e la riqualificazione urbana.
confini recintati della propria esc
ri italiani impara che non
Reperire risorse dalla lotta alla corruzione, alla frode e
generazione di giovani lavorato
la precarietà è diventata
all’evasione fiscale, al falso in bilancio, al riciclaggio
ha quasi più alcun diritto e che
anente e inevitabile, della
del danaro sporco, alla devastazione dell’ambiente,
la condizione strutturale, perm
più grave e peggiore
agli attentati alla salute, all’inquinamento, ed investirle
propria vita. Una situazione ben
preceduta. Assicurare
in queste alternative direzioni è battaglia di civiltà,
delle generazioni che la hanno
precario ed assistito,
non oltre rinviabile, per costruire al meglio il prossimo
ad essi un futuro, di lavoro non
deve essere il primo
futuro.
ampliando le occasioni di lavoro,
’insieme delle forze di
e più qualificante obiettivo dell
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progresso, la vera priorità. Gli attu
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[1]
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Nel Bollettino 2009 della Banca d’Italia, a proposito della Campania,
i concetti di democrazia
prescrittivo e rigido.
con riferimento al 2008, si sostiene che nel turismo si è avuto un calo
a suo tempo formulati in modo
di 175.000 visitatori, il più elevato dal 1986, soprattutto a causa della
nuovo dogma della
Il potere dell’impresa, questo il
crisi dei rifiuti. La città di Napoli è la realtà più colpita (-11,2% sul 2007).
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Le famiglie in condizione di povertà in Campania sono 380.000, oltre il
contemporaneità, non va
tanti decenni fa.
doppio della media nazionale.
come avveniva nel secolo scorso,
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Nella Provincia di Salerno,
[2]
ai urgente e indifferibile
La sanità campana è stata commissariata per decisione del Governo,
del resto della Campania, è orm
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a causa di una esposizione debitoria gigantesca. Una situazione, al limite
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l’individuazione di nuo
del collasso, che ha già determinato la chiusura di servizi essenziali
un moderno, virtuoso e
come alcuni Pronto Soccorso. La scuola pubblica, a fronte delle decisioni
arrestare il declino innestando
in
Dagli anni Ottanta
di drastica riduzione della spesa finanziaria nel settore, vede a rischio
qualificato processo di sviluppo.
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circa 8.000 posti di lavoro di docenti e personale ATA, circa 1200 per
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la sola Provincia di Salerno, pienamente interna alla grave crisi che
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attanaglia i due comparti.
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con la pressoché totale desertifi
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manifatturiera tradizionale, una
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sostituita da iniziative
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settori innovativi coerenti con lo
vazione, formazione,
e tecnologico. Conoscenza, inno
aguardia dell’ambiente,
ricerca, investimenti mirati a salv
a valorizzazione dei
del mare e della costa, l’estrem
gici, l’organizzazione
beni storici, culturali ed archeolo
turistica integrata
non approssimativa di un’offerta
ante delle priorità
e di grande qualità l’ossatura port
va e impegnativa
da perseguire previa una preventi
e le principali forze
intesa tra le diverse Istituzioni
(Industriali, Università,
sociali e culturali del territorio
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efficaci piani formativi
RIGENTE DELLA
Sindacati). Una scuola di qualità,
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della Letteratura; a Reggio Emil
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della Filosofia; a Sira
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I temi della cultura e della formazione non hanno
assunto finora il rilievo dovuto e le limitate risorse
disponibili sono finite disperse in mille indistinti
rivoli, distribuite a pioggia, discrezionalmente e senza
rigorose selezioni. La questione più critica fra tutte
è la condizione di disoccupazione di tante ragazze e
ragazzi meridionali. Esiste da tempo, in specie nel Sud
d’Italia ed in Campania, un disequilibrio strutturale tra
offerta e domanda di lavoro. 300.000 persone sono
emigrate, negli ultimi 10 anni, dalla Campania verso il
centro nord nel generale silenzio e nell’indifferenza.
Un’autentica distruzione di potenzialità, intellettuali e
umane, di elevata qualità, nel mentre di converso si
accentuano i fattori distorsivi, l’evasione e l’elusione
fiscale, così che le risorse, già scarse, si assottigliano
di più. Il mito sbandierato della flessibilità, poi, ha
dato un colpo di maglio ed anzi per più aspetti ha
liquidato i capisaldi del diritto del lavoro conquistato in
decenni di aspre lotte del movimento dei lavoratori. Il
ventaglio delle contraddizioni si è ampliato a dismisura
destrutturando ulteriormente la classica composizione
del mondo del lavoro e ne sta erodendo le conquiste,
generando supplementari disuguaglianze ed ingiustizie.
La condizione dei lavoratori italiani negli ultimi anni non
è migliorata ed anzi è andata peggiorando, con la legge
30 e il progressivo smantellamento delle architravi su cui
era basato il diritto del lavoro. L’infinita proliferazione
dei diversi rapporti di lavoro ha concorso a sfilacciare
e indebolire la tenuta, la forza, l’unità del mondo del
lavoro. Il lavoro “a progetto” è stata un’invenzione
che ha privato il lavoratore neo-assunto del diritto alla
tredicesima, alle ferie, al riconoscimento economico
della malattia e degli infortuni. Il dominio della
flessibilità, con la strutturale precarizzazione che ne è
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LA RECESSIONE MONDIALE, originata dalla drammatica
crisi finanziaria iniziata negli USA, si è pesantemente
riversata sul resto dell’Europa e del mondo, con la
distruzione di ingenti risorse finanziarie e la perdita di
milioni di posti di lavoro. Essa è tuttora in atto ed avrà
un’ulteriore accelerata nell’ultimo scorcio del 2009 e nel
2010. L’Italia ha registrato, nel 2009, un crollo del PIL del
5,5%, con una drastica inversione di tendenza rispetto
al recente e più lontano passato, di crescita graduale
e progressiva, magari lenta ma sicura. Il rapporto 2008
della Banca d’Italia sull’economia evidenzia un quadro
d’insieme particolarmente grave e compromesso.
In Campania poi lo stato dell’economia annaspa in
maniera paurosa, cresce la crisi industriale, del
turismo e del commercio, l’edilizia ristagna, aumenta
a dismisura il ricorso al lavoro irregolare e al nero,
crolla verticalmente il PIL, il turismo è in grave crisi,
s’incrementa sensibilmente la disoccupazione, in specie
giovanile e femminile, c’è una crescita vorticosa della
cassa integrazione, peggiora la qualità di servizi pubblici
essenziali, cresce ulteriormente la piaga della criminalità
che controlla intere aree e territori della Regione.[1]
Molti servizi iniziano ad essere in sostanza smantellati,
a partire dall’istruzione e dalla sanità pubblica. [2] La
scuola, a fronte di scelte draconiane di riduzione della
spesa, è in una condizione ormai prossima al collasso,
nel mentre l’investimento sul futuro, su cultura e
conoscenza, sulla formazione permanente e lo sviluppo
della ricerca scientifica e tecnologica, potrebbe invertire
la tendenza all’inarrestabile declino del Paese. E invece
migliaia di posti di lavoro qualificati vengono soppressi,
in specie nel mezzogiorno ed in molte province, come
quella di Salerno, con un tasso di disoccupazione e di
precarietà già assai elevato.
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La famiglia Citera,
custode dei segreti
della zampogna
cilentana
di Caterina La Bella
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canne sono pronte per essere alloggiate nella campana,
che le ospiterà conferendo alla zampogna la sua
caratteristica forma. Il suono è generato dalla vibrazione
delle “ance” provocate dall’aria immessa per mezzo
di un otre. Il sacco è generalmente realizzato con una
pelle di capra, conciata sotto sale e con il pelo rivolto
all’interno. Dopo un’accurata e paziente accordatura
la zampogna sarà pronta per suonare”. Realizzare la
zampogna è arte antichissima. Segreta è la tecnica,
gelosamente tramandata di padre in figlio, misterioso
è il perché una zampogna suoni meglio di un’altra. “Un
esercizio di pazienza, espressione di buona manualità,
competenza musicale, una sfida con l’acustica spiega Citera - la nostra famiglia produce zampogne da
sempre secondo tecniche e stili propri della tradizione
cilentana, avvalendosi solo dell’utilizzo di un tornio e
della manualità che fa di ogni zampogna un pezzo unico
e irripetibile”.
FOTO DI ANTONELLO NADDEO
È IN UN LUOGO TRANQUILLO DEL CILENTO, a Massicelle, che
l’arte della costruzione della zampogna è mantenuta
in vita dall’opera dei maestri costruttori. Pietro e
Francesco Citera, padre e figlio, sono oggi gli unici
costruttori della zampogna cilentana.
Due generazioni diverse ma unite nella stessa passione.
Il legame della zampogna con il Natale risale all’uso di
questo strumento da parte dei pastori.
A dicembre la stabilità dell’accordatura dello strumento
era ottimale e i pastori, ritornati dai pascoli d’alta
montagna, ci tenevano a dar saggio del loro accresciuto
talento musicale. Vedere i Citera all’opera è uno
spettacolo: in un piccolo laboratorio dietro casa, papà
Francesco, quasi novantenne, è al tornio per modellare i
fusi. Il figlio Pietro racconta la storia di famiglia.
E spiega il funzionamento della zampogna, uno degli
strumenti che attrae maggiormente gli appassionati
di musica. “La zampogna è costituita da un gruppo
di quattro canne innestate su un blocco, il ceppo spiega - di queste, una realizza la melodia, un’altra
l’accompagnamento e le altre due producono un solo
suono. Gli strumenti vengono costruiti utilizzando legni
di tradizione. Per il fuso l’ulivo della zona. Per la parte
inferiore, la campana, si utilizza l’acero o il ciliegio, non
prima di una lunga stagionatura”.
Per costruire la zampogna occorrono attrezzi da lavoro
particolari: lunghe trivelle, sgorbie, la pialla, un tornio.
“Intanto va detto che la zampogna è uno strumento
molto complesso nella sua struttura - spiega Pietro
Citera - le fasi della costruzione di una zampogna
hanno inizio con la selezione di un legno adatto. Come
detto, il più utilizzato è senz’altro l’ulivo, anche per
la sua facile reperibilità. La lavorazione ha inizio con
lo sgrossamento del pezzo e tutto il lavoro è eseguito
a mano. Dopo la prima foratura i fusi saranno uniti
alle campane mediante una filettatura realizzata
interamente a mano. Lasciato essiccare per mesi,
dopo l’assemblaggio, si può procedere alla tornitura di
finitura e alla realizzazione dei fori. A questo punto le
FOTO DI ANTONELLO NADDEO
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Frammenti della
nuova scena
musicale italiana
di Alessandra Cosimato
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Il raffinato set
Acqua di Parma Blu
Mediterraneo per lui,
adatto per lo sport e il
tempo libero
BRANCACCIO
Uomo
IDEE REGALO
FERMARSI IN UN PUNTO e guardarsi attorno. Cercare il fuori
e il dentro. Sentire il silenzio. Assuefarsi a qualsiasi
cosa e non stupirsi per la mancanza del nuovo. La scena
musicale italiana riflette interamente quella sociale e
gli orizzonti non sono dei più rosei. Dopo venticinque
anni i temi dell’io minimo, dell’uomo che si concepisce
come vittima e applica strategie di sopravvivenza al suo
quotidiano sono ancora amaramente attuali. Nonostante
sia stato scritto nel 1984, The Minimal Self di Christopher
Lasch non ha neanche un granello di polvere. E il
disordine della società genera la confusione mentale:
“Ma ho la certezza di avere tutti i dubbi” cantano i
Marta sui tubi, che raccontano le paure e le nevrosi
metropolitane di città come Milano. L’amore si traduce
in mancanza: “Mi manca un kilo di faccia integrale/
e due etti ci comprensione/ e un cartone d’ amore a
lunga conservazione/ non rimane che fare la spesa/
continuare a pagare per quello che voglio e quello che
non ho ancora”. Per Paolo Benvegnù è qualcosa che
consuma, che goccia dopo goccia scava la schiena,
che provoca il distacco, la distanza, l’immobilità: “Non
vedo più non sento/ quest’ansia di arrivare/ sul tuo
ventre caldo/ depositare il seme senza amare il campo”.
Sorprendono I Ministri e Le luci della centrale elettrica
che affrontando forti temi sociali, fanno cadere il velo di
Maya che copre scene di cassonetti in fiamme, finanzieri
e spacciatori, senzatetto, ecomostri, basi militari,
treni ad alta velocità, clandestini e lavoro in nero, per
poi nascondersi spaventati sotto quello stesso velo:
“Rovistando tra i futuri più probabili/ voglio solo futuri
inverosimili”. Reagiscono con cinismo gli Zen Circus, che
denunciano quanto sia falsa e immorale la nostra società
ironizzando su tutto: “Sembra che oramai vada di moda
quello che prendevo solo schiaffi a farlo nel ’93/ che i
pantaloni stretti eran da froci e non da fighi, le converse
da pezzenti, i computer da perdenti”. In Canzone di
Natale raccontano le tragicomiche disavventure di un
ragazzo in crisi d’astinenza durante il cenone: “Sono
a secco sto Natale/ Dio fa’ che non stia così male/ fa’
che nonna mi abbia regalato i contanti/ e non il solito
paio di guanti”. Nel flusso delle parole c’è sempre la
puntuale invocazione di un dio che non viene trovato:
“Dio come sta? Evidentemente è assente” per i Marta
sui tubi, “perché Dio non guarda, Dio bestemmia e alle
volte non si applica” dice Benvegnù, secondo gli Zen
Circus “Cristo era un figlio come te/ lui era il figlio di
Dio, un folle, che qualcuno chiama re”. Torna ricorrente
il tema della vittima che è carnefice di se stessa: “Non
c’è nessun confine che divida e illumini/ la freccia e il
suo bersaglio” canta l’artista più tormentato tra questi
citati, Paolo Benvegnù, che a volte sembra individuarsi
come il suo stesso nemico, altre invece cerca da solo
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CA BOGLIOLI
BR UOMO GIAC
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di incoraggiarsi: “Respira. Guarda il cielo. Guarda le
stagioni passare. Prendi posizione. Viaggia./ Ricerca
la tua parte migliore.” Costantemente in bilico tra due
forze che spingono in direzioni opposte, si riconosce
in una foto scambiata e malriuscita, ma non riesce a
controllare la sua ansia criminale di vivere. Non dà per
scontato il sentimento delle cose e apprezza sempre la
bellezza della vita, cercando sostegno quando sta per
cadere: “Frantumare le distanze, superare resistenze/
e riconoscersi per creare. Camminare senza chiedersi
perché”. Ma il più delle volte questo senso di ottimismo
è assente, il disincanto imprigiona le nuove generazioni
che come in un moderno mito della caverna sono
bloccate, stavolta spalle al muro, da catene che loro
stesse hanno deciso di indossare: “Se son qui è soltanto
perché non ho forze per andare altrove”.
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Parole dal Futuro
di Anna Cicalese*
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centro storico di Salerno
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motive
Sentirsi a casa...
Locale segnalato nella GUIDA Osterie d'Italia 2010, Slow Food
In migliaia eravamo sopravvissuti al contagio e le
nostre menti erano troppo pericolose per rimanere
insieme anche un solo minuto. Avremmo potuto solo
con un respiro sprigionare un’implacabile forza contro
il principio d’inerzia. Pensai che ci avrebbero uccisi.
Consegnammo il passaporto, poi i libri, i giornali, le
bollette, le lettere di protesta e d’amore, gli scontrini
della spesa e le canzoni, tutto quanto conteneva almeno
una parola della nostra lingua. Consegnammo tutta
la memoria scritta, quella solo potevano strapparci. I
quintali di carta si raccolsero in un babelico ziqqurat
che sfiorò per un attimo le nuvole. Poi gli diedero fuoco.
Stipati su grandi aerei, sorvolammo la piana dove
divampava la pira delle nostre vite passate. Il nostro
nome lo avevamo lasciato nel rosso di una fiamma che
ora, a distanza, in un ennesimo prodigio, cominciava ad
incenerire anche i nostri pensieri, a sbiadire la nostra
identità. “I limiti del mio linguaggio diventeranno i limiti
del mio mondo”. Uno ad uno fummo rilasciati nell’aria
come carte vuote di caramelle colorate, il vento avrebbe
scelto per noi un’opposta direzione. Mi sovvenne di
De Saussure, della sua tesi che una lingua vive solo
nell’intelligenza della comunità e nella continuità del
tempo. La mia lingua non aveva più in me un soggetto
socializzato, il mio corpo non avrebbe mai più potuto
accogliere gli accadimenti del mondo significante e
fissarlo nella memoria della parola. Io ero disperso,
solo, nello spazio senza tempo.
Perciò, finché ho potuto, ho scritto fogli e fogli per giorni
e notti, li ho nascosti in tutti i posti invisibili della mia
casa, del giardino intorno, della città. Questo è l’ultimo
foglio. Sono venuti a prendermi davvero, con la mia
valigia di parole di carta da bruciare. Tra poco, anche
voi, Signori, sentirete solo un bianco silenzio.
Esclusiva la linea
Rosendal per la casa
sconto 30%
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* DOCENTE DI
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ICA PRESSO L’
UNIVERSITÀ
BRANCACCIO
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IDEE REGALO
DI SALERNO
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ERANO I PRIMI ANNI DEL 2000, del 2000 dopo Cristo,
quando la mia comunità (non io) elesse a suo capo un
postmoderno eroe orwelliano, un illusionista demagogo,
che molto, si scoprì poi, sapeva di magia. Doveva
possedere un immanente potere apotropaico perché
di lì a poco anche i potenziali dissidenti cominciarono
ad ammansirsi e a legittimarne le mire tutt’altro che
progressiste. Per chi ancora conservava focali di
buonsenso e criticità, era lampante che il progetto del
semidio ricalcasse quello che Bourdieu spiegava come
“principio d’inerzia”: “Di tutte le forme di persuasione
occulta, la più implacabile è data dall’ordine delle cose”,
questa l’eco che sembrava trapelare da ogni mossa
del contestabile Merlino. Vigorose griglie di controllo
simulavano l’ordine nel disordine: l’indizio sorprendente
era dato dal numero delle parole che diminuiva
quotidianamente, rivelando ai parlanti più attenti la
riducibilità del pensiero a pochi concetti. D’altronde,
era quasi impossibile potersi sottrarre al contagio:
bastava esporsi ad una qualsiasi fonte mediatica,
sorgente di informazione, per restare catturati dai batteri
dell’epidemia. Tutto cominciò con la prima influenza
giuridica intitolata “La legge non può essere uguale per
tutti”, cui seguì quella teleologica “Il fine dell’esistenza
è la ricchezza e la bellezza” contaminata dall’inevitabile
paradosso geometrico “Le donne possono innalzarsi
soltanto se si mantengono orizzontali” cui seguì
inevitabilmente l’influenza gnoseologica “L’accesso
alla conoscenza uccide il fine dell’esistenza” e quella
filosofica del silenzio “Le parole sono delatrici dei nostri
pensieri”. Dopo ogni influenza, si valutava il livello
delle sopravvissute difese immunitarie: l’ultimo test
vagliò la nostra competenza linguistica calcolando il
numero esatto delle parole arcaiche, cioè sopravvissute
ai bombardamenti mediatici, di quelle che ritenevamo
indispensabili alla nostra peculiarità culturale, di quelle
non ancora lessicalizzate e delle metafore (armi letali
contro l’ordine) che eravamo in grado di inventare. I
più creativi, ritenuti destabilizzanti, vennero presto
allontanati dalle orecchie del mondo (in fondo ci avevano
avvisati che la sapienza non ci avrebbe condotti al
fine ultimo dell’esistenza). Presto avrebbero preso
anche me, presto mi avrebbero condotto su una linea di
frontiera e spinto verso una terra ignota dove vagare per
il resto dei miei giorni.
RPE
SCIA
I M A G I N EY OU R FASHION
BRANCACCIO
Si sa che anche nelle
Veniamo all’universo femminile.
ività le donne amano
occasioni più informali delle fest
to e raffinatezza. È
sfoggiare capi che denotano gus
iano discretamente
il caso dei jeans SOS, che evidenz
preziosi strass. Li
il famoso “lato b” con la luce di
nto di John Galliano,
completa la sottile cintura in arge
vita.
perfetta per far risaltare il punto
inserti in camoscio,
con
ro,
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erso
Un must è il Jeck
pullover Kangra.
abbinato al caldo cachemire del
Capodanno in piazza, la
Se poi all’orizzonte si profila il
bligo. Ma sempre di gran
scelta del look “sporty” è d’ob
a a scacchi colorati di Via
classe: delizioso il pullover viol
ca del cappellino Moncler
delle Perle, abbinato con la chic
con pon pon.
Via delle Perle, con
Total white invece per la felpa di
riprodotto sul cappellino.
l’originale reticolo di fiocchetti
to trendy gli stivali
Occhio ai piedi: caldissimi e mol
Moncler con zeppa in gomma.
bitino, è perfetta la
Per chi non ama rinunciare all’a
moda è il vestitino
proposta di Liviana Conti: di gran
tto palloncino, abbinato
scuro in maglia, con leggero effe
verde smeraldo del
con gli stivali Ash e ravvivato dal
giubbino Moncler.
ile soirée, l’eleganza
Dulcis in fundo, per l’immancab
delle Perle,
impeccabile dell’abito nero di Via
o al seno. Completa
impreziosito da motivi gioiello sott
ca D-Exterior, annodata
il look la raffinata camicia bian
intorno al collo.
un profumo unico nel
Un ultimo tocco? La fragranza di
tti la colonia che usava
suo genere. Parola di Totò. È infa
ha ricreato a partire
il Principe della risata che Masfield
flacone
da poche tracce custodite in un
la fragranza
care
man
va
pote
non
ore
e per le sign
rato alla splendida
irresistibile di Malafemmena, ispi
de attore.
Diana, amata consorte del gran
17
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di Vera Arabino
COMPLICI LE LUCI D’ARTISTA, che fin da novembre hanno
trasformato Salerno in un suggestivo giardino incantato,
eccoci immersi nell’atmosfera natalizia. Giornali e tv ci
dicono che il peggio della crisi economica è passato, i
portafogli non confermano, ma che Natale sarebbe se ci
privassimo del piacere di fare e ricevere regali o delle
delizie della tavola imbandita o del tourbillon di cene,
feste e tombolate? Non è tempo di eccessi consumistici,
ma se c’è una cosa che non conosce crisi è la piacevole
ritualità che accompagna queste giornate, fatte
comunque per stare insieme.
E qui scatta implacabile la domanda di sempre: cosa
mi metto? Anche se non ci aspetta un red carpet
hollywoodiano, è inutile negare che durante le festività il
look balza in primo piano, per le gentili signore ma anche
per l’altra metà del cielo. Per questo è particolarmente
importante, sia per lei che per lui, scegliere dei capi
che siano adatti alle tante occasioni d’incontro che
scandiscono le festività e che magari possano essere
“mixati” all’occorrenza, diventando un efficace
passepartout.
Ecco le dritte del Gruppo Brancaccio, per non farsi
trovare impreparati e sfoggiare sempre un look
impeccabile. Partiamo dal guardaroba di lui. Un jolly
che non può mancare sono la classica camicia bianca
e camicia nera. Sarà poi la cravatta a connotare lo
stile. Perfette per qualità e pregio, le camicie Xacus si
illuminano con il grigio satin o il nero classico ravvivato
da un originale motivo floreale delle cravatte Altea.
Ma per serate informali sono adatti anche i raffinati
pullover di Roberto Collina con scollo a V e nei colori
basici grigio o nero, abbinati con i pantaloni di Massimo
Rebecchi, garanzia di comfort e classe.
Classe indiscutibile anche per l’abito grigio di Massimo
Rebecchi. Completano il look il trench scuro, sempre
griffato Rebecchi e la chicca degli stivaletti Belstaff.
Occhio naturalmente ai dettagli, che la dicono lunga sul
gusto di chi li sfoggia: è il caso della cintura Orciani, con
le sue finiture impeccabili.
E a proposito di dettagli, se in programma c’è una
soirée all’insegna dell’eleganza, una vera chicca sono i
papillon di Altea e la raffinatezza della giacca in velluto
nero lucido di Via Piana.
Tombolata con gli amici? Largo allo sporty chic dei
pantaloni Jeckerson, chiari o scuri
o al viola di tendenza di Jacob Cohen.
Per i maglioncini c’è soltanto l’imbarazzo della scelta:
dalla tradizione del polo La Martina al soffice cachemire
di Kangra.
Ecostyle
Cosa mi metto?
Vademecum per
un look a prova di
feste…
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non pubblicità
IDEE REGALO
Set completo di Millefiori
per diffondere delicate
fragranze negli ambienti
ad utilizzare fornitori che gli vengono imposti dalla
camorra. E così è nella moda, dove un quarto dei
negozi di abbigliamento esistono per riciclare denaro
sporco. Se invece indirettamente coinvolti, i negozianti
sono costretti a vendere prodotti che appartengono a
fabbriche di falsi gestiti dalla criminalità. Per non parlare
della ristorazione, in cui alla maggior parte di essi è
chiesto un contributo mensile oltre che l’acquisto di
prodotti alimentari fatti direttamente dalla criminalità.
Ogni semplice gesto sembra essere, senza che noi ce
ne rendiamo conto, modificato dalle abitudini sbagliate.
La distorsione visiva ci ha messo una paura innata,
socialmente ereditaria, incapace di scindere il bene
dal male. Ecco che questi scatti narrano la quotidiana
e struggente verità, che per certo tutti conosciamo, ma
che caparbiamente non vogliamo vedere.
BR
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* NATA A MU
GNANO DI NAPO
LI NEL 1977, FR
L’ACCADEMIA
EQUENTA
DI BELLE ARTI
DI
NAPOLI, E CONS
IN SCULTURA IN
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KYO NATIONAL
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UNIVERSITY OF
GIAPPONE – DO
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Negli scatti, il tono scuro, la presenza costante del
sopruso rendono il tutto sincero, nero, nel futuro senza
prospettive, ma soprattutto incapace di modificarsi se
dentro di noi non si genera una volontà. Il coraggio di
lottare evita la paura, per meglio combattere contro un
nemico che abusa delle nostre debolezze.
Alle fotografie sottotitoli e scritte si uniscono al
concetto di base; questo per completare e infondere
una delle più grandi virtù nello spettatore che osserva:
la speranza. Senza di essa tutto il lavoro fotografico
sarebbe angosciante come leggere un giornale di
cronaca, o essere testimoni di un funerale annunciato.
Invece, quello che è estremamente importante nel lavoro
fotografico denominato P.N.P. Progresso non Pubblicità è
la consapevolezza di non smettere di sperare che il bene
avvolga con il suo amore l’incredibile realtà quotidiana,
e che faccia del sopruso uno strumento inusuale e
inutile, superato dalla saggezza del bene.
Ormai la criminalità organizzata fa glamour e diventa
priorità in TV, nascondendo i veri volti del male. A questi
volti ho dato un corpo, a queste gesta che contrastano
la nostra felicità ho dato un’ambientazione al fine
di trovare disgusto in ogni piccola o grande scena
appositamente costruita.
È solo con la conoscenza e con la speranza che
la felicità può intraprendere il cammino collettivo,
allontanandosi e scindendo definitivamente il male dal
bene.
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di Rosaria Iazzetta*
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collettivo. La collettività esiste
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seguaci, disposti a tutto, e all’o
prossima
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essere ammazzati per lasciare
rizzata
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carne da macello. È in questa mac
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che il mio lavoro si genera. Da
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di
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Sud abbiamo guardato altrove,
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guardando dall’altro lato, e face
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Con la nostra indifferenza abbiam
pre più potente. Gli
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que
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inequivocabile, non dimentican
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si
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dell’arte, di raccontare con qua
che lo rappresenta, la verità.
bocche, che una
L’ipocrisia ha messo a tacere le
verità erano martiri
la
volta con l’ardore di raccontare
Crimine invade
il
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e salvatori allo stesso tempo.
diventa un
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senza tregua tutte le categorie
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servizio obbligatorio e una sce
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sopravvivenza della tua vita o
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decide di gestire un bar, e ha
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pagare il racket mensile, deve
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affaccia, con le sue vetrine strepitose, su Piazza XXIV
Maggio; vetrine che meritano una riflessione perché
ritengo che non catturino l’attenzione solo per la merce
esposta ma anche e soprattutto perché narrano una
storia attraverso un’ambientazione ogni volta diversa,
ma sempre stimolante.
L’unico suggerimento che posso dare al gruppo
Brancaccio è di non rinunciare alla qualità per continuare
ad essere punta di eccellenza della realtà salernitana.
C’è un capo a cui è particolarmente legata?
Non mi sono mai fermata a riflettere sui miei acquisti;
oggi, ripensando ai miei giubbini preferiti acquistati
nel negozio “Brancaccio Donna”, mi rendo conto
che si riallacciano tutti al tema del viaggio. Difatti,
Belstaff è un marchio specializzato nell’abbigliamento
di motociclisti e aviatori, Moncler è legato alle grandi
spedizioni, Pirelli P0 al primo pneumatico.
Devo dire che sono molti i capi Brancaccio a cui sono
particolarmente legata, ma uno degli ultimi acquisti mi
ha particolarmente sorpresa: un tubino nero smanicato
VDP, perfetto nella sua estrema semplicità e volutamente
impreziosito da una cintura gioiello che, a vent’anni ,
non avrei mai osato indossare.
Una donna amante dell’arte come lei non può che avere
attenzione per i particolari e serbarne il ricordo. Ci
racconti qualche aneddoto legato alla sua frequentazione
di “Brancaccio Donna”.
Se c’è una cosa che mi diverte molto è provare qualcosa
che non indosserò mai per il gusto di regalare un
sorriso a Tania, cara amica e preziosa collaboratrice del
negozio. L’acquisto ai tempi del web, per noi generazione
-anta, passa ancora fortunatamente attraverso il
rapporto personale.
Un ricordo a cui sono legata? Un regalo della signora
Brancaccio: un foularino di Hermès. Ogni volta che
lo indosso ripenso con nostalgia a quanti anni sono
passati… ma la vita è un viaggio ed io, con i miei
vellutati blue-jeans di Jacob Cohen, rigorosamente
acquistati nel mio negozio preferito, mi preparo a partire
di nuovo.
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la stella polare del
Il “cliente al centro” è da sempre
sto che desideriamo che
gruppo Brancaccio ed è per que
i anche sulle pagine del
i nostri clienti siano protagonist
vetrina, è il caso di dire,
nostro magazine. Che siano in
personale rapporto con
raccontandoci di sé e del proprio
la moda.
di “Brancaccio Ecostyle”
Ospite di questa nuova rubrica
ingegnere e donna di
è Maria Teresa Valvano, valente
rnitana, che coniuga
gran classe. L’imprenditrice sale
sensibilità, divide
il pragmatismo con una raffinata
e l’arte, che coltiva
il proprio tempo tra il marketing
viaggiando.
peculiare. Qual è il suo
Donna e ingegnere, un binomio
e quale lo stile che
personale rapporto con la moda
predilige?
a d’arte, intesa come
La moda, secondo me, è una form
diversi fattori che
processo creativo in cui giocano
realizzazione di un abito,
interagiscono per permettere la
a. La moda è anche
di un accessorio, di una tendenz
viaggio.
curiosità, desiderio, scoperta,
resenta ciò che
rapp
non
tito
ves
La scelta di un
di me e del mio stile.
indosserò, ma racconterà molto
vita perché è influenzato
Lo stile cambia nel corso della
hé si ampliano i propri
dalle esperienze vissute e perc
realtà in continua
orizzonti rapportandosi con una
nire la nostra
evoluzione: ciò ci permette di defi
personalità.
fanno notare le
“I vestiti migliori sono invisibili:
.
persone, non l’abito” (K.Hamnett)
perché, secondo
ante
calz
mai
nto
La citazione è qua
in ciò che indossi, un
me, è importante riconoscere,
riflette ciò che hai
qualcosa che ti appartiene e che
e credo che si sposi
dentro: questa è la mia filosofia
capi di abbigliamento
perfettamente con la qualità dei
apprezzo, da qualche
del negozio “Brancaccio” di cui
dy ma di classe,
decennio, le scelte e lo stile tren
nvoltura streetwear
capace di amalgamare con disi
ropolitano.
e couture, charme e appeal met
“moda Brancaccio”
a
dell
tata
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con
Che cosa l’ha
to in particolare il suo
e quale tipo di capi ha incontra
favore nel corso degli anni?
maglioncini di cachemire,
Ricordo con grande nostalgia i
ormai scomparse, che
indossati da persone a me care
a mia infanzia e che
mi riportano indietro agli anni dell
i al concetto “qualità”
hanno contribuito ad avvicinarm
della ditta Brancaccio.
è iniziata così:
La mia conoscenza del negozio
indossava un pullover
dall’abbraccio di mio padre che
nascita del negozio
Brancaccio. Molti anni dopo, la
la svolta: uno
“Brancaccio Donna” ha segnato
e donne della famiglia
spazio dedicato alle donne dall
lità, l’attenzione
Brancaccio. La costanza della qua
sollecitudine
ai particolari, il garbo e la cortese
negozio che si
caratterizzano l’impostazione del
L'ING. MARIA TERESA VALVANO
I nostri clienti…
in vetrina
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L’OCCHIO INCANTATO, questo occorre di quando, bambini,
partecipavamo alla felicità caotica di un piccolo uomo
che, da solo, era un’orchestra. L’immagine è lì, da
sempre nella memoria, è nitida eppure incerta, somma di
immagini diverse, che il tempo ha finito per sovrapporre
ed integrare. In quest’immagine di “sintesi”, c’è un Totò
ricoperto di strumenti musicali, una specie di grancassa
o batteria vivente. Insieme, però, quegli strumenti
sono mortaretti, pistole, fuochi d’artificio. La musica e
il clamore degli spari si confondono, perdendosi nella
meraviglia. Fu con Totò le Mokò il mio primo incontro con
quel buffone serissimo che mascherava la ragione da
follia e la follia da ragione, in un cinema Apollo, forse in
occasione di una retrospettiva del festival del Cinema
di Salerno, che sul finire degli anni ’70 permetteva di
godere di storici capolavori su grande schermo, dove
devono essere visti. La saettante, tenera maschera con
la bombetta e i pantaloni a zompafuosso, la sciassa
sgangherata mi si rivelò quale magico uomo-orchestra.
Ecco tutti insieme e come “gettati nel mondo”, gli
ingredienti essenziali di Totò, della sua maschera. C’è
fame, intanto, e c’è, poi, uno sfondo malinconico, che
dà alla sua comicità la necessaria grandezza tragica,
espressi attraverso quei famosi calzoni al malleolo
che sono di suo padre, don Peppino, e la giacca a code
che è stata del nonno. Quelli e questa si son logorati
con l’uso, di recita in recita, unitamente alla camicia
lisa con il collo basso, un paio di calze colorate, una
stringa da scarpe a mo’ di cravatta e, naturalmente, una
vecchia bombetta con sotto la sua faccia.
Ora quell’immagine sintetica della memoria torna a
scomporsi, e si ritrovano le antiche emozioni, quasi
integre. Se non più la meraviglia, almeno un suo ricordo
vivo s’accompagna alla sparatoria finale, contro la
banda di Pepè le Mokò. Totò è avvolto nel frastuono e nei
lampi dei colpi che riesce a sparare tutti insieme, quasi
BRANCACCIO
di Olga Chieffi
Ecostyle
Totò, la maschera,
l’orchestra
moltiplicandosi. Nelle mani gli lampeggiano due pistole.
Sulla schiena, fissato in qualche modo, ha addirittura
un piccolo cannone. Dalle ginocchia partono raffiche
di mortaretti, mentre una girandola, di quelle che si
usano a Capodanno, gli rotea vorticosa sulla cima d’un
lungo, assurdo cappelluccio a cono. E poi s’aggiunge,
inaspettata, un’emozione nuova. È quella di scoprirlo,
all’inizio del film, mentre invade una piazzetta assolata
dell’Italia paesana del dopoguerra, alla guida d’un
piccolo corteo di bambini festosi e incantati, appunto.
Come un pifferaio di Hamelin, che la luce mediterranea
abbia rasserenato, arriva a passo svelto e subito inizia
a cantare e suonare. Sul lungo cappelluccio a cono, non
ancora coronato dalla girandola scoppiettante, tintinnano
delle campanelle. Tra le mani ha una fisarmonica,
con l’interno del gomito destro preme la gomma
d’una trombetta, di quelle che stavano sulle vecchie
automobili. Alle ginocchia ha fissati due piatti. Sulla
sinistra del petto, all’altezza giusta per soffiarci dentro,
porta un flauto di Pan. Volteggiando leggero come un
folletto burlone (così lo ricorda nella propria infanzia la
figlia Liliana), sfiora le teste dei suoi spettatori con il
grosso trombone che tiene legato sulla schiena. E quelli
lo schivano felici, dando l’impressione d’essere un sol
corpo che si muove, piccolo mare agitato dal vento.
Il sentimento di meraviglia che Totò comunicava, ricorda
Federico Fellini, “Era quello che da bambini si prova
davanti a un evento fatato, alle incarnazioni eccezionali,
agli animali fantastici; la giraffa, il pellicano, il bradipo”.
Per rivivere quella meraviglia, occorre che ritroviamo la
memoria del nostro occhio incantato.
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I RICORDI SI NASCONDONO di preferenza nei profumi
che sono più immateriali, più persistenti, più fedeli.
L’essenza di un profumo. L’essenza di un’anima.
La Mansfield, in collaborazione con la famiglia de Curtis,
ha dato vita al profumo Antonio de Curtis. Un autentico
viaggio “olfattivo” nel ricordo di un grande personaggio
amato e conosciuto in tutto il mondo. L’azienda
napoletana ha infatti ricevuto dalla figlia di Totò, Liliana
de Curtis, una vecchia bottiglietta ormai ossidata,
contenente ancora tracce del profumo che il Principe
amava indossare. Che cosa si poteva fare di un dono
così prezioso? Affidare, sicuramente, alla sensibilità
di nasi esperti la ristrutturazione di quest’essenza. E
così è proprio il profumo di Totò ad essere racchiuso,
oggi, nel flacone sigillato dallo stemma della Famiglia
de Curtis. Non sfuggirà ad alcuno la magia di un attimo,
l’attimo in cui si aprirà per la prima volta il flacone del
profumo Antonio de Curtis e verrà quasi istintivo girarsi
come in attesa del suo passaggio. Un’esperienza di
sensi, un salto nel passato, un accordo di emozioni che
è affiancato da un album di ricordi in cui Sua Altezza
Imperiale Antonio de Curtis, o’rre, si racconta nelle sue
più intime abitudini, manie, paure, emozioni e affetti.
Un’intimità che, tra fotografie e fragranze, regala un
brivido d’emozione.
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Profumo
Antonio de Curtis,
un’essenza privata
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FEMMENA, TU SI NA MALAFEMMENA CHIST’UOCCHIE ‘E FATTO
CHIAGNERE LACREME E ‘NFAMITÀ... FEMMENA, SI DDOCE
COMME ‘O ZUCCHERO PERÒ STA FACCIA D’ANGELO TE SERVE
PE ‘NGANNÀ ...
Parole di eterna bellezza che descrivono un rapporto
fatto di attrazione, complicità, tenerezza, ma anche
pieno di conflitti per la gelosia di Totò nei confronti della
bellissima moglie Diana, come racconta Liliana De Curtis
nel suo romanzo Malafemmena.
Da qui l’ispirazione di Simona e Massimo Scalella che,
nella loro continua ricerca di fragranze singolari, hanno
voluto crearne una complementare alla colonia maschile
dedicata a Totò sotto il loro marchio Antonio de Curtis;
un’essenza in grado di racchiudere il mondo segreto
di Diana. Nasce così Malafemmena, profumo dalle
note orientali e speziate che rispecchia questa donna
carismatica e che, anche ad occhi chiusi, sa rievocare
l’immagine dell’unico, vero, grande amore del Principe
De Curtis. “Per una donna audace e di carattere” afferma
Massimo Scalella “che non ha paura di indossare una
fragranza capace di far voltare gli uomini”.
Il profumo è racchiuso in un elegante flacone rosso
rubino con un tappo impreziosito da arabeschi
serigrafati, il tutto in un cofanetto molto raffinato.
“Abbiamo pensato al colore rosso perché l’anima della
donna che porta Malafemmena è profonda e passionale,
come l’amore sfrenato che ha legato questa coppia”
afferma Simona Scalella “siamo stati letteralmente rapiti
da questa tormentata storia d’amore e dalla personalità
di una grande donna che è rimasta sempre dietro le
quinte di una relazione in bilico tra gioia e dolore, le due
facce raccontate proprio nella canzone che il marito le
dedicò”.
Ecostyle
Malafemmena,
il profumo di
una tentazione
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di Flavia Falcone*
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EBOLI IN COMUNE È NATO NEL 1998 dalla felice intuizione
di un’amministrazione che aveva compreso quanto
fosse importante aprire un dialogo con i cittadini, sia
per capirne i bisogni, e quindi mettere in atto tutte le
strategie possibili per soddisfarli, sia per rafforzare
il senso di appartenenza alla comunità e l’orgoglio di
essere ebolitani. Il giornale venne alla luce in maniera
molto artigianale, dalla cooperazione fra assessori,
impiegati, associazioni. Solo il direttore responsabile era
un addetto ai lavori, giornalista pubblicista. Nonostante
questa genesi approssimativa, subito il nostro piccolo
giornale s’impose nella vita della città e nel cuore dei
cittadini, diventando teatro dell’incontro/scontro fra
“dentro” il palazzo e “fuori”: noi pubblicavamo le notizie
sulle opere e progetti fatti, su quelli in programma;
la gente ci inondava di lettere, domande, proteste,
suggerimenti, polemiche, complimenti. E soprattutto
auguri, specie a fine anno, specie da parte degli
ebolitani residenti all’estero, per cui Eboli in Comune era
diventato il sottile filo che li legava alla terra d’origine.
Quel giornale nato su un’onda emotiva, ha continuato
ad alimentarsi di emozioni per tutti questi anni, le
emozioni che scaturivano dalle lettere che arrivavano
alla redazione (cioè sulla mia scrivania), ma anche
dalle discussioni accese che infiammavano la piazza
o il viale principale dopo ogni uscita, o i dibattiti
pubblici, i comizi. Ed ha continuato a crescere, sia
nei contenuti, sempre più densi di informazioni utili e
meno autoreferenziali, sempre più curati, nello stile,
semplice e chiaro, anche se formale e imparziale,
senza aggettivazioni, senza valutazioni, attendibili:
in 13 anni non abbiamo mai ricevuto una richiesta di
rettifica o una smentita. Ed io sono cresciuta con lui.
Da segretaria di redazione, ho cominciato a scrivere
i primi testi, fino a diventare giornalista pubblicista,
responsabile dell’ufficio stampa, ed infine direttore
responsabile del bollettino. Infine, quest’anno, il
grande salto di qualità: il progetto grafico elaborato
dallo Studio Motive. Un progetto ben strutturato,
modulato per soddisfare la doppia esigenza dell’attuale
amministrazione di migliorare l’immagine propria e
della struttura comunale, e quella dei lettori, di avere
un giornale ricco di informazioni precise e verificabili,
facilmente leggibile, in cui la fonte delle notizie fosse
ben identificale. Il progetto si è rivelato non solo bello,
ma utile: le gabbie grafiche, molto rigide, hanno dato
eleganza al prodotto, ma hanno anche imposto ai
redattori, sia tecnici che politici, un linguaggio sintetico.
I colori, quelli istituzionali previsti dal Progetto di
Identità Visiva adottato dal Comune nel 2003, opera dello
Studio Grafico”Segno Associati”, hanno permesso il
del Comune
rnale come un organo
riconoscimento del gio
senso di
te hanno stimolato il
e contemporaneamen
i, i simboli
munità. Infatti i color
appartenenza alla co
esplicita,
, evocano, in maniera
grafici, i pittogrammi
, i quattro
a, Acqua, Terra, Fuoco
il nostro stemma: Ari
sofia antica.
li della natura nella filo
elementi fondamenta
è arrivato un
rcorso tutto in salita
A coronare questo pe
mpa Locale”,
“Premio Cento alla Sta
Premio prestigioso, il
in provincia
a città d’arte, Cento,
un premio nato in un
ima e vivace.
mpa locale è attiviss
di Ferrara, dove la sta
zione,
ha ispirato un’associa
Proprio questa vivacità
mia la
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ire un concorso che
il Club Embora, a istitu
pubblica
sia
di qualità e gratuita,
stampa locale italiana
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o tanto prestigioso da
che privata. Un premi
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op
l COMPA, il Salone Eur
inserito nell’ambito de
per
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a, un evento fondame
Comunicazione Pubblic
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tutti gli operatori impe
ership
ne, realizzato in partn
Pubblica Amministrazio
a giuria
Un
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con il Dipartimento de
ed esperti
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, composta da giorna
altamente qualificata
oltre 70
fra
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di comunicazione, ha
varietà
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ritenendolo il migliore
giornali partecipanti,
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di argomenti, per lo sti
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l’impatto visivo, quali
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ist
paginazione, caratter
immagini, scelte di im
a
mi
la
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a. Immaginate dunq
testata e della copertin
futuristici
Milano, negli ambienti
emozione quando, a
vanti al
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sul palco, sfilando
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fronte ad una platea
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Bruna Pallante ed Ale
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molto più di quanto no
29
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Cento per la Stampa
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di Matteo Guida*
INTERESSANTI NOVITÀ si annunciano nel mondo del fitness:
TRX: due cinghie in naylon ultra resistente e regolabili
rapidamente da fissare al soffitto e da usare per
compiere numerosi esercizi di potenziamento
muscolare e di equilibrio.
• GRAVITY SYSTEM: una panca regolabile inclinabile e
scorrevole che utilizza il peso corporeo in base al
livello di inclinazione per creare degli esercizi di
potenziamento muscolare senza caricare la colonna
vertebrale.
• ZUMBA: un mix di movimenti derivati dalle danze di
ogni stile per divertirsi mente si potenzia il sistema
cardiovascolare.
• POWER YOGA: esercizi dello Yoga abbinati a tecniche di
tonificazione per potenziare il tono muscolare.
• BOOTCAMP: insieme di esercizi a corpo libero, o con
sostegni, o piccoli attrezzi semplici da eseguire
in circuito senza pausa imitando le difficoltà
dell’addestramento militare o degli sport estremi
con lo scopo di dimagrire potenziando forza, tono e
cuore.
E si potrebbe andare avanti citando le più estrose o
glamour come il PILATES, FITNESS LAP DANCE, PELVICORE
TECHIQUE, WALKING, o le più estreme e dure come il
KETTLEBELL.
Qualsiasi cosa si pensi, tutte hanno in comune una
cosa: il potenziamento! Ossia la necessità insita nella
natura umana di sottoporsi a stress (positivi come
l’allenamento) affinché il corpo reagisca adattandosi
in modo da non sentire più come uno stress lo stesso
allenamento se ripetuto con gli stessi carichi. Il corpo ha
bisogno di essere portato al limite altrimenti si adatta,
si abitua e finirà progressivamente con il fare gli stessi
esercizi in una maniera via via più efficiente usando
sempre meno risorse: ossia lavora di meno a parità di
carico e quindi... regredisce!
31
BR
*DIRETTORE
SUPERSPORTGY
M DI SALERNO
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IDEE REGALO
Un'autentica delizia
per il palato: tanti gusti
per la squisita cioccolata
Venchi
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Il futuro
nel fitness
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aporate le sensazioni
Fate URLARE i vostri muscoli. Ass
mai, conditelo
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del duro lavoro al limite, e poi,
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inte
con tutte le discipline a bassa
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sessioni di allenamento con la
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i pesi affonda
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le sue origini nel principio FIGH
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della prossima preda.
con i pesi 2-3 volte
Oggi questo significa allenamento
altre attività
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accessorie rispetto alla pesistic
Con la pesistica si può:
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• dimagrire
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• riequilibrarsi
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• migliorare la postura
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• diventare più forte
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•
• avere più energia
• alzare la soglia della fatica
• potenziare il cuore
• aumentare la mobilità articolare
• ridurre l’osteoporosi
• ridurre la cellulite
• migliorare la qualità della vita
il proprio corpo significa
Non potenziare costantemente
liamo avere futuro:
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non avere futuro. Quindi se
futuro del fitness sei
Il
smettiamola di essere deboli!
nte e che decidi
ista
tu che stai leggendo in questo
ed iscriverti
na
vici
più
ora di chiamare la palestra
è nelle tue mani!
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fitne
immediatamente. Il futuro del
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84122 Salerno
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inverno.2009
09
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