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Osservazioni al documento di consultazione sul “Piano d’Azione Nazionale sulle Fonti Rinnovabili” Indice 1 2 Osservazioni generali ...................................................................................................3 Osservazioni di carattere puntuale ...............................................................................6 2.1 Capitolo 2 – Consumo finale di energia atteso per il periodo 2010-2020 ..............6 2.2 Paragrafo 3.2 - Obiettivi e traiettorie settoriali........................................................7 2.3 Paragrafo 4.1 - Panorama delle politiche e misure per la promozione delle FER..9 2.4 Paragrafo 4.2 - Procedure amministrative e pianificazione territoriale...................9 2.5 Paragrafo 4.2.4 - Informazione ............................................................................14 2.6 Paragrafo 4.2.6 - Sviluppo dell’infrastruttura per l’elettricità e funzionamento delle reti ............................................................................................................................14 2.7 Paragrafo 4.3 - Regimi di sostegno alla promozione delle FER elettriche...........16 2.8 Tabella 7 - Approvvigionamento di biomassa nel 2006, ......................................17 2.9 Paragrafo 4.6.1- Approvvigionamento di biomassa: produzione interna e scambi 17 2.10 Paragrafo 4.6.2 - Misure volte ad aumentare la disponibilità di biomassa, tenendo conto di altri utilizzatori di biomassa ...............................................................................18 2.11 Paragrafo 4.7 - Uso previsto dei trasferimenti statistici tra Stati membri e partecipazione prevista a progetti comuni con altri Stati membri ...................................18 2.12 Paragrafo 5.1 - Contributo totale di ogni tecnologia per le energie rinnovabili al conseguimento degli obiettivi vincolanti fissati per il 2020 e traiettoria indicativa provvisoria per le quote di energia da fonti rinnovabili nei settori dell’elettricità, del riscaldamento e del raffreddamento e dei trasporti ........................................................19 3 Il settore termico .........................................................................................................19 3.1 Pompe di calore per la climatizzazione a ciclo annuale.......................................21 3.2 Pompe di calore per acqua calda sanitaria..........................................................22 3.3 Pompe di calore per il comfort domestico............................................................24 3.4 Caminetti e stufe a biomassa ..............................................................................25 3.5 Proposte per le pompe di calore per il settore termico e per caminetti e stufe a biomassa........................................................................................................................27 3.6 Solare termico .....................................................................................................29 4 Trasporti .....................................................................................................................33 4.1 Ipotesi di sviluppo dei biocarburanti al 2020 ........................................................33 4.2 Sviluppo futuro delle specifiche tecniche dei carburanti e dei biocarburanti........33 4.3 Criteri di sostenibilità ambientale dei biocarburanti e verifica della conformità ....34 4.3.1 Criteri di sostenibilità ambientale dei biocarburanti ..........................................34 4.3.2 Verifica della conformità...................................................................................35 4.4 Armonizzazione del Piano e del recepimento della Direttiva 2009/28/CE con la legislazione nazionale vigente........................................................................................36 4.5 Biocarburanti di seconda generazione ed impiego di elettricità nei trasporti .......37 2 1 Osservazioni generali Confindustria, apprezzando l’azione del Governo volta a colmare i vacuum legislativi che costituiscono da molto tempo un serio impedimento ad uno sviluppo efficiente delle fonti rinnovabili, ha sempre sottolineato l’importanza strategica di un framework legislativo certo e stabile, necessario per consentire all’industria italiana di programmare gli investimenti e per garantire la competitività sul piano internazionale. Ciò appare ancora più indispensabile alla luce degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica al 2020: scelte legislative chiare ed adeguate risultano infatti fondamentali per il conseguimento degli obiettivi nazionali in questi settori. In un’ottica di più ampio respiro la definizione di un quadro regolatorio stabile dovrebbe inserirsi all’interno di un indirizzo di politica energetica di lungo periodo che definisca il ruolo prospettico di ciascuna fonte nel mix del paese alla luce di obiettivi di efficienza, economicità, sicurezza e di una corretta politica di sviluppo industriale italiano. Il Piano di Azione, seppur rappresenta un primo passo verso un’azione di programmazione per uno sviluppo efficiente delle energie rinnovabili, tuttavia per molti aspetti appare come un documento embrionale che contiene linee di principio che dovranno essere meglio specificate per renderle attuabili o rafforzate affinché producano effetti concreti. Una strategia di sviluppo coerente non può prescindere da una ripartizione del potenziale per ogni singola regione, fatta eccezione per il settore dei trasporti, volta a responsabilizzare le autorità locali nel raggiungimento dell’obiettivo al 2020. In tal senso sarebbe utile capire fin da ora il criterio attraverso cui l’eventuale responsabilità per il mancato raggiungimento del target al 2020 sarà ripartito o sulle regioni o anche sui singoli settori. Il burden sharing regionale dovrebbe basarsi su criteri di efficienza tecnica che considerino le potenzialità di risorse e impieghi presenti sul territorio. Il PAN tuttavia sembra non tenere conto delle reali potenzialità di ogni singola fonte sviluppabili sul territorio nazionale, in funzione dei vincoli morfologici, paesaggistici, urbanistici e delle peculiarità di molte aree del nostro Paese. Inoltre non si ravvisa all’interno del Piano alcuna considerazione sulle tecnologie impiegate, sull’analisi costi-benefici caratterizzata dai rendimenti tecnologici delle differenti tecnologie e, soprattutto, non sono stati tenuti in considerazione i conseguenti costi per il Paese per la copertura delle misure di incentivazione che dovranno supportare lo sviluppo degli investimenti. Non è stato considerato che il PAN pone obiettivi molto ambiziosi sia nel complesso sia ripartiti per singola fonte, la cui fattibilità tecnica e sostenibilità economica avrà un impatto importante sull’economia del nostro Paese. Oggi infatti le risorse economiche per gli strumenti di incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile vengono reperite direttamente o indirettamente in bolletta elettrica, con gli oneri di sistema (onere A3) o sul prezzo dell’energia (Certificati Verdi). Quindi i consumatori di energia elettrica contribuiscono al finanziamento delle fonti 3 rinnovabili in proporzione al proprio consumo (principalmente le imprese medie e piccole in quanto i grandi consumatori di energia pagano oneri ridotti). L’attuale onere di incentivazione in bolletta elettrica vale oltre 3 miliardi di euro all’anno, che potrebbe arrivare, secondo prime stime a più che raddoppiarsi nel 2020. Tali risorse se reperite esclusivamente in bolletta rendono pertanto gravoso l’impatto economico per i consumatori per i prossimi decenni (alcuni incentivi vengono riconosciuti per 20 anni quindi fino al 2040 potrebbero comunque pesare anche se in maniera decrescente sulle spalle dei consumatori industriali con picchi per le piccole e medie imprese di un aumento di oltre il 20% della bolletta). Nella definizione degli obiettivi al 2020 e della loro ripartizione per settore e per fonti si devono tenere in considerazione anche i risvolti appena descritti e, pertanto, è auspicabile rivedere gli obiettivi del PAN e ripartire gli stessi in modo da tener conto di criteri importanti di equità ed economicità e non solo del potenziale tecnico. Il raggiungimento di questi impegni coinvolge tutto il Paese. È pertanto necessario ristabilire nuovi meccanismi di reperimento delle risorse per gli incentivi che non pesino esclusivamente sui consumatori di energia elettrica e soprattutto sulle imprese che sono il principale fattore di sviluppo economico. A tal riguardo i costi dovrebbero essere coperti in maniera diversificata impiegando sistemi di mercato e pesando anche sulla fiscalità e non solo sulle bollette. Al contrario per quanto riguarda il settore dei trasporti si evidenzia che, al momento, i biocarburanti non usufruiscono di alcuna agevolazione e, pertanto, si rende necessario equilibrare la concorrenza del mercato nazionale con i mercati comunitari ed extra – comunitari, dove vigono interessanti sistemi di incentivazione che stanno penetrando sul nostro mercato a grave danno della capacità produttiva nazionale. In sintesi nel PAN la parte di valutazione degli impatti è stata rimandata al recepimento della Direttiva 2009/28/CE, mentre dovrebbe essere uno degli aspetti principali della definizione degli obiettivi e della loro ripartizione sia per settori che per fonti. In un’ottica di funzionalità tecnica ed economica lo strumento dell’efficienza energetica può rappresentare un elemento strategico per il raggiungimento degli obiettivi al 2020. In tal senso è auspicabile un’integrazione tra il Piano di Azione delle Rinnovabili ed il Piano Straordinario per l’Efficienza Energetica di prossima emanazione. Il raggiungimento di un elevato potenziale di risparmio energetico rappresenta una leva fondamentale per centrare l’obiettivo FER perseguendo al contempo un obiettivo di sostenibilità tecnica ed economica. Per una valida implementazione delle strategie di sviluppo dell’efficienza energetica è necessario definire a livello paese un approccio strutturale basato sui principi dell’efficienza tecnico-amministrativa, economica e di crescita industriale del Paese. In tale ottica è necessario garantire una maggiore certezza del framework normativo e la definizione di una strategia di incentivazione con un orizzonte temporale nel medio-lungo periodo, che consenta agli operatori di pianificare gli investimenti e la strategia di crescita industriale in un contesto di stabilità regolatoria. Tale approccio tuttavia non è riscontrabile nel quadro normativo e regolatorio di riferimento. 4 Si consideri che un programma di incentivazione deve tenere in considerazione l’evoluzione storica, agire sulla riduzione degli elevati costi all’acquisto (che tali prodotti continueranno ad avere sino a che non si sarà raggiunto un livello di industrializzazione e diffusione sufficiente) ed essere complementare alle caratteristiche di finanziamento a lungo termine che caratterizzano gli investimenti nel settore energetico. Le esperienze condotte in altri Paesi dell’Unione Europea hanno infatti mostrato che azioni di supporto della durata di un anno portano a benefici limitati, mentre le azioni di promozione di maggior durata (5 anni) sono in grado di fornire un contributo significativo sia per quello che riguarda gli aspetti ambientali, sia per gli aspetti socio-economici della nazione. Iniziative di breve durata producono inoltre l’effetto negativo di “drogare” il mercato creando un picco di domanda, poi destinato a crollare. Per quanto riguarda gli obiettivi sarebbe opportuno che il PAN esplicitasse le logiche economiche, strategiche e/o industriali con le quali sono stati definiti gli obiettivi, traiettorie e finalità presenti nel documento, indicando peraltro gli interventi in caso di mancato raggiungimento dei target intermedi ed i criteri di una eventuale rimodellazione degli strumenti di sostegno. Inoltre, in una logica di politica industriale volta a promuovere la creazione di una filiera sul energia territorio italiano è fondamentale ribadire l' importanza di promuovere l' rinnovabile prodotta sul territorio nazionale rispetto a quella importata da altri Paesi, che sono molto spesso favoriti in quanto, anche qualora facenti parte dell' UE, non devono sottostare alle regole e alle pesanti limitazioni burocratiche, amministrative e fiscali degli impianti di produzione nazionale, con conseguenti svantaggi economici in termini di redditività degli stessi. Tali differenze vanno quindi tenute in debita considerazione al fine, non di favorire, ma quantomeno di non svantaggiare i produttori italiani di energie rinnovabili. Tutto ciò a maggior ragione in un periodo di crisi congiunturale in cui il settore delle rinnovabili sembra poter permanere tra i pochi trainanti dell' economia, con conseguenti benefici per l' occupazione. Pertanto il PAN dovrebbe contenere un richiamo alla necessità che il raggiungimento degli industria nazionale individuando, obiettivi si traduca in un’occasione di crescita per l' almeno in via generale, le misure che si intende adottare in tal senso per far crescere specie quelle tecnologie italiane già ricche di know-how, promuovendo le soluzioni più efficienti e quelle soluzioni che comportano un maggior grado di evoluzione tecnologica. Lo sviluppo di una filiera industriale nazionale non può tuttavia prescindere da una forte azione di semplificazione amministrativa per rendere più veloci e trasparenti gli iter autorizzativi per la costruzione delle infrastrutture energetiche con particolare riferimento alla reti di connessione degli impianti di produzione da fonte rinnovabile. Negli ultimi anni si è assistito ad un consistente aumento della quantità di energia prodotta da fonte rinnovabile a cui non è corrisposto un adeguato sviluppo della rete elettrica, causato per lo più dai ritardi autorizzativi1. Infatti le reti elettriche trovano una maggiore difficoltà nel processo autorizzativo perché spesso necessitano del consenso di più enti locali, alcuni dei quali non hanno alcun interesse ad accettare il passaggio dell’elettrodotto nel proprio territorio per far connettere alla rete un impianto che sorge su un altro territorio. 1 Ad oggi ci sono richieste pendenti di connessione di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabili alla rete di trasmissione e distribuzione per ben 152.502 MW, che rappresentano una potenza considerevole se si considera che la domanda di potenza alla punta è stata nel 2007 di 57.000 MW e si stima che al 2018 1 sarà di 74.000 MW . 5 Ciò crea delle forti inefficienze per il sistema elettrico perché, a causa degli ostacoli autorizzativi per costruzione delle opere di connessione e/o per l’adeguamento della rete elettrica alla nuova potenza connessa, spesso viene immessa in rete solo una percentuale minore della capacità produttiva di un impianto. Per risolvere queste criticità è fondamentale che nell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione da fonte rinnovabile sia compresa anche quella per la costruzione delle opere di connessione alla rete elettrica di trasmissione o distribuzione. In sintesi nel Piano manca dunque una visione strutturale che sia in grado di eliminare le criticità attuali (prima fra tutte quelle attinenti ad una pianificazione degli interventi di potenziamento della rete elettrica), gettando le basi per una piattaforma regolamentare che sia equa, efficace e sostenibile. 2 Osservazioni di carattere puntuale 2.1 Capitolo 2 – Consumo finale di energia atteso per il periodo 2010-2020 In relazione alla quota di energie rinnovabili, fissata per l’Italia dalla Direttiva comunitaria ad un valore pari al 17% di consumo finale lordo, il documento quantifica in 22,306 Mtep l’obiettivo complessivo di produzione da energie rinnovabili al 2020. La valorizzazione del consumo lordo di energia è fondamentale per la quantificazione dell’obiettivo finale di energia prodotta da fonti rinnovabili. Nel complesso il documento prevede un valore al 2020 di 131,6 Mtep che è pressoché pari al valore del consumo interno lordo per il 2008 ed inferiore rispetto all’anno base 2005. Questo valore è inoltre al di sotto a quello inizialmente previsto negli studi della Commissione (Studio Primes 2007) e incorpora: l’effetto della crisi economica; gli ulteriori sforzi supplementari sull’efficienza energetica previsti dalla legge 99/09. Per il settore elettrico è invece previsto un aumento del consumo lordo che raggiungerà i 31,448 Mtep, pari a 365,7 TWh. Come già detto l’efficienza energetica rappresenta una leva fondamentale per consentire il raggiungimento dell’obiettivo del 17% di produzione da rinnovabili. Tuttavia il Piano non specifica le ipotesi che conducono alle previsioni relative allo scenario di “efficienza energetica supplementare” preso come riferimento per il calcolo dell’obiettivo. E’ quindi necessaria: una qualificazione, oltre alla quantificazione, degli obiettivi di efficienza energetica; un coordinamento fra sviluppo delle rinnovabili e sviluppo e mantenimento delle tecnologie che garantiscono un utilizzo efficiente dell’energia. Dunque in attesa della definizione del Piano straordinario per l’efficienza e il risparmio energetico, sulla base degli elementi forniti nel PAN non è possibile valutare la congruità delle previsioni assunte per consumi energetici. 6 Si ribadisce la necessità di evidenziare gli elementi necessari per permettere una valutazione circa gli interventi previsti nei tre settori di interesse (elettricità, calore e raffrescamento, trasporti) e gli strumenti (incentivi, obblighi, ecc.) individuati per supportare tali interventi. 2.2 Paragrafo 3.2 - Obiettivi e traiettorie settoriali Nella trasposizione dell’obiettivo percentuale in quantitativo di energia nazionale da fonte rinnovabile (in Mtep), da rendere disponibile per il consumo finale all’anno 2020, vengono inevitabilmente introdotti alcuni elementi di incertezza, quali il livello dei consumi finali al 2020 ed il contributo dato dalle importazioni da Paesi terzi. Per far fronte a tali incertezze, il Piano dovrebbe prevedere adeguati “margini di sicurezza” nella definizione del quantitativo di energia di cui sopra, sufficienti al raggiungimento dell’obiettivo del 17% anche in condizioni diverse (e meno favorevoli) da quelle indicate. Si suggerisce pertanto nella definizione degli obiettivi numerici al 2020 di adottare proiezione maggiormente flessibili. Ciò premesso il Piano ipotizza consumi di energia da fonti rinnovabili ripartiti nei tre settori – elettricità, calore e trasporti - come da tabella seguente: Fermo restando che tali contributi settoriali non sono vincolanti ai fini del raggiungimento dell’obiettivo complessivo assegnato all’Italia, bensì indicativi delle potenzialità dei singoli settori, queste proiezioni di sviluppo si discostano da quelle individuate da Confindustria, sia per il settore termico, che nel PAN appare sottostimato, sia per quello elettrico al quale invece si richiede un contributo eccessivo. In particolare si rileva una un’eccessiva cautela nel guardare alle rinnovabili termiche, con stime ampiamente al di sotto delle concrete possibilità di crescita. Infatti la ripartizione operata appare eccessivamente condizionata dal potenziale tecnico trascurando criteri importanti di equità ed economicità. Il principio dell’equità prevedrebbe l’applicazione della quota del 17% in maniera omogenea all’elettrico, al termico ed al trasporto. Poiché l’obiettivo per il settore trasporti è già definito dalla direttiva 28/2009, la ripartizione riguarda soprattutto i settori elettrico e calore. In tale situazione è necessario evitare di attribuire un onere eccessivo al settore elettrico sulla base della percezione di un 7 potenziale più accessibile rispetto ai consumi di calore, mentre è ampiamente riconosciuto il notevole potenziale del settore termico, nonché il contributo attuale dello stesso ai consumi energetici totali (circa 48% nel 2005). In tal senso è fondamentale tenere in considerazione i costi marginali di sviluppo relativi alle varie tecnologie e quindi il rapporto costi-benefici relativo alle scelte di sviluppo. Una ripartizione dell’obiettivo complessivo non basata su un’attenta analisi costi-benefici potrebbe comportare oneri ingiustificati per il sistema. Al riguardo si rimarca che l’equiparazione effettuata dalla nuova direttiva tra energia termica ed energia elettrica dovrebbe comportare un’attenta comparazione tra i costi delle diverse tecnologie in gioco nei due settori che non favorisce certamente quelle del settore elettrico, anche in considerazione della necessità di sfruttare le risorse marginali. Da un punto di vista quantitativo, assumendo come obiettivo complessivo al 2020 i 22, 3 Mtep, Confindustria ha individuato un realistico sviluppo delle energie rinnovabili nel settore termico in circa 11,4 Mtep, in linea con le stime prudenziali del Position Paper del Governo italiano del 2007, contro i soli 9,5 Mtep del PAN. Il possibile sviluppo delle rinnovabili elettriche sarebbe individuabile in circa 84 Mtep (98 TWh) ma a causa dei limiti amministrativi, geografici ed infrastrutturali, segnalati nelle considerazioni di carattere puntuale, si attesta realisticamente intorno a 7,3 Mtep (85 TWh) contro i 9,1 Mtep (106 TWh) del PAN. Si ritiene che lo sviluppo del settore risulterà comunque inferiore a quello previsto dalla bozza di Piano a causa del limitato intervento teso a migliorare le procedure autorizzative per la realizzazione degli impianti e delle infrastrutture di rete, a risolvere i problemi di gestione del dispacciamento delle unità di produzione non programmabili ed infine ad ottimizzare il sistema di incentivazione dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Il Piano dovrebbe inoltre prevedere, con cadenze prefissate, meccanismi di revisione tali da consentire l’adeguamento degli obiettivi in funzione dell’effettivo andamento delle condizioni al contorno (consumi finali, efficacia degli schemi d’incentivazione, ecc.) che ne potrebbero condizionare il buon esito. Nell’ambito del contributo delle varie tecnologie il contributo attribuito alla biomassa indicato dal Piano deve essere valutato con attenzione, in relazione alle difficoltà nel mobilitare le filiere di approvvigionamento della biomassa, alle problematiche di inquinamento locale nonché all’impatto sulle filiere industriali esistenti (vedi par. 2.10 di questo documento). Inoltre sembrerebbe opportuno fornire gli elementi necessari per permettere una valutazione sugli strumenti (incentivi, obblighi, ecc.) atti a supportare lo sfruttamento della biomassa nei tre settori di interesse (elettricità, calore e raffrescamento, trasporti). Al contrario, nel caso del solare fotovoltaico, l’auspicato raggiungimento della “grid-parity” (con conseguente e relativo adeguamento della struttura di incentivazione) è destinato ad attivare un processo di sviluppo capillare sul territorio di impianti di piccole dimensioni installati su aree edificate (es. edifici, capannoni e parcheggi) che potrebbero portare ad uno sviluppo maggiore di quello previsto dal Piano. Tale effetto potrebbe essere solo in parte limitato da incertezze relative ai processi amministrativi ed alla riduzione dei costi tecnologici. Anche nel caso dell’eolico la mancata completa risoluzione di incertezze di tipo amministrativo e legate allo sviluppo della rete potrebbero portare ad un contributo potenziale inferiore rispetto a quello previsto dal Piano. 8 2.3 Paragrafo 4.1 - Panorama delle politiche e misure per la promozione delle FER Si segnala che, per quanto riguarda il settore elettrico, molte delle misure elencate nelle tabelle avrebbero dovuto essere già operative da tempo e tra quelle maggiormente rilevanti si segnalano quelle relative alle reti elettriche, alla semplificazione degli iter autorizzativi, le linee guida nazionali e la ripartizione regionale. Per quanto riguarda il settore dei biocarburanti sostenibili, lo sviluppo degli stessi di seconda e terza generazione, dovrà avvenire attraverso la valorizzazione dei biocarburanti ottenuti da rifiuti, residui e anche da sottoprodotti. Dovranno, inoltre, essere previsti l’uso dei bioliquidi nella sostituzione di vecchie caldaie e caminetti con nuove caldaie, nonché la defiscalizzazione accisa del biodiesel uso riscaldamento e riduzione di IVA al 10%. Una considerazione a parte merita il caso paradossale costituito dall’articolo 45 della manovra finanziaria che prevede l’annullamento del meccanismo di riacquisto dei CV da parte del GSE, meccanismo ritenuto fondamentale nello stesso PAN. 2.4 Paragrafo 4.2 - Procedure amministrative e pianificazione territoriale Si ritiene che il Piano di Azione non approfondisca in maniera sufficiente le procedure amministrative legate allo sviluppo delle fonti rinnovabili. In particolare esso non appare prendere atto dell’alto livello di criticità che caratterizza il sistema attuale e di conseguenza non individua misure specifiche di intervento. Il mancato rispetto del termine di 180 giorni per la conclusione del procedimento di autorizzazione unica ha assunto una condizione cronica., quando, invece, la specificazione da parte del legislatore di tale termine (art. 12 comma 4 D.lgs. 387/2003) è stata proprio definita al fine di garantire la celere conclusione del procedimento su tutto il territorio nazionale. Di conseguenza l’omesso rispetto del termine costringe gli operatori a rivolgersi all’Autorità Giudiziaria per obbligare l’amministrazione competente a pronunciarsi entro un termine fissato in sede giurisdizionale. Con ciò, tra l’altro, gravando le Corti Amministrative di contenziosi che potrebbero essere evitati se l’amministrazione improntasse l’azione amministrativa al principio del buon andamento. Sarebbe quindi opportuno introdurre una forma di responsabilità specifica per danni ingiusti derivanti dall’inosservanza dolosa o colposa del termine di 180 giorni, sul modello della fattispecie contemplata nell’articolo 2 – bis della legge n. 241/1990. Nel Piano, descrivendo il procedimento autorizzativo per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, da svolgersi ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. 387/03, si afferma che i lavori della Conferenza di Servizi possono essere sospesi per tutto il tempo necessario al completamento della procedura di verifica di assoggettabilità a VIA e per il conseguimento della VIA medesima: non viene quindi citato il termine massimo entro il quale la VIA si deve concludere . Di conseguenza, non essendo indicato un termine per la VIA, il termine di 180 giorni previsto dall’art. 12 del D.Lgs. 387/03 per lo svolgimento del procedimento unico è da intendersi al netto dei tempi necessari per la procedura di Screening e per l’eventuale Valutazione di Impatto Ambientale. 9 Si legge infatti: “Anche l’esito della verifica di assoggettamento a valutazione d’impatto ambientale (VIA) del progetto confluisce nella Conferenza dei servizi, nella quale parimenti sfocia l’esito della valutazione stessa, comprensiva della valutazione di incidenza se prescritta. Tuttavia i lavori della Conferenza possono rimanere sospesi fino al termine prescritto per la conclusione di detta procedura, decorsi i quali l’amministrazione competente si esprime in sede di conferenza.” (pag. 41 capoverso 4) “Sono di seguito esposte modalità e tempi, al netto di quelli necessari per l’eventuale valutazione di impatto ambientale e di altri procedimenti inerenti interessi sensibili, di svolgimento della Conferenza di Servizi per il rilascio dell’Autorizzazione Unica per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, prevista dall’art. 12 del D.Lgs. 387/2003” (pag. 43 ultimo capoverso). Le previsioni riportate sono contrarie al disposto dell’art. 12, comma 4 del D.Lgs. 387/03, che prevede il termine perentorio di 180 giorni dalla presentazione dell’istanza per la conclusione del procedimento di autorizzazione degli impianti a fonte rinnovabile, comprensivo degli eventuali procedimenti di VIA o di screening necessari. Se cosi non fosse, peraltro, si esporrebbe il soggetto proponente ad un’inammissibile incertezza in merito ai tempi autorizzativi dell’impianto che avrebbe esclusivamente l’effetto di disincentivare lo sviluppo e gli investimenti nel settore. Questa previsione contraddice sia l’art. 14-ter comma 4 della Legge 241/90, che, regolando lo svolgimento della Conferenza di Servizi, prevede la possibilità di sospendere i lavori della Conferenza in attesa della pronuncia di Valutazione di Impatto Ambientale per un periodo non superiore a 90 giorni, sia l’art. 12 comma 4 del richiamato D.Lgs. 387/03, dove si afferma inequivocabilmente che “il termine massimo per la conclusione del procedimento non può comunque essere superiore a 180 giorni”. Si propone pertanto: − Alla pag. 41 capoverso 4, dopo le parole “rimanere sospesi” aggiungere le parole “per un massimo di 90 giorni”. − Alla pag. 43 ultimo capoverso, sostituire le parole “al netto di” con le parole “comprensivi di”. È inoltre necessario: introdurre criteri e modalità che assicurino un’adeguata selezione delle iniziative in fase progettuale. Questo permetterebbe di ridurre il livello di congestionamento del sistema ed un iter più veloce per progetti validi attivati da soggetti credibili. Sarebbe opportuno, ad esempio, prevedere l’impegno, da parte del soggetto propositore, a corrispondere una cauzione a garanzia dell’esecuzione del progetto a favore dell’amministrazione procedente, secondo un importo variabile tra il 3% ed il 5% del valore complessivo dell’impianto. Un’ulteriore misura utile allo scopo di selezionare le iniziative in fase progettuale consiste nell’impedire le richieste di autorizzazione per gli impianti per i quali non è stata accertata la disponibilità di suolo. 10 Riportare il ruolo della DIA a quanto previsto dal D.Lgs 387/2003 (tabella 1) con le disposizioni introdotte dal D.Lgs. 115/2008. Qualora non fosse ritenuto opportuno il mantenimento di tali soglie, sarà comunque necessario non estendere l’accesso alla DIA agli impianti con potenza superiore a 200 kW (fermo restando le disposizioni introdotte dal Dlgs. 115/2008). Ciò contribuirebbe a ridurre il livello di congestionamento del sistema e ad attenuare il disallineamento esistente tra i tempi di realizzazione degli impianti di generazione e quelli delle reti di distribuzione e trasmissione. Prevedere al più presto una semplificazione delle procedure autorizzative e l’emanazione delle linee guida previste dal Dlgs 387/2003. Le discipline regionali adottate hanno creato un panorama normativo assai disomogeneo, come evidenzia lo stesso Piano, generando non solo un grave disorientamento tra gli operatori interessati ad operare in più territori regionali, ma un danno ben più grave allo sviluppo delle fonti rinnovabili. La differenziazione delle procedure autorizzative a livello regionale, infatti, ha contribuito innanzitutto a creare distorsioni della concorrenza tra operatori localizzati in differenti zone del territorio e ad alimentare l’infelice mercato (speculativo) delle autorizzazioni. Inoltre, le discipline regionali sono spesso in evidente contrasto con la normativa nazionale e comunitaria. Si tratta ad esempio, di disposizioni di contingentamento della potenza o del numero o della tipologia di impianti installabili, della sospensione a tempo indeterminato dei procedimenti autorizzativi (le c.d. moratorie), dell’introduzione di requisiti di accesso al procedimento non previsti dalla disciplina nazionale di principio, della individuazione di aree aprioristicamente non idonee alla installazione di impianti, della creazione di società energetiche regionali, a partecipazione pubblica, idonee a competere direttamente con i potenziali produttori privati. Di conseguenza tali discipline hanno avuto anche l’effetto, da un lato, di rendere particolarmente gravosa o addirittura paralizzante l’installazione di potenza rinnovabile sul territorio da parte degli operatori interessati, che hanno dovuto presentare ricorso presso le opportune sedi giudiziarie, con derivati perdite di tempo e di denaro. Dall’altro esse si sono tradotte in ulteriori barriere all’accesso al mercato di produzione di energia da fonti rinnovabili. Il regime dell’autorizzazione unica ha solo in parte risolto il problema della lentezza degli iter; sarebbe auspicabile, infatti, ridurre il numero degli atti di assenso compresi nell’autorizzazione stessa (ad oggi il numero degli enti coinvolti per un parere autorizzativo oscilla tra 20 e 30, in funzione delle Regioni interessate dal procedimento), nonché unificare le procedure attuative del D.Lgs 387/2003 a livello nazionale. Ciò potrebbe essere realizzato in maniera analoga a quanto proposto in Francia per il piano di sviluppo delle fonti rinnovabili dove si nota uno snellimento ed una riduzione dei rinvii da un‘amministrazione all’altra nelle diverse fasi del processo. 11 Migliorare le procedure amministrative per lo sviluppo delle infrastrutture di rete, al fine di garantire la capacità di ricezione di una produzione da fonti rinnovabili in forte aumento. In particolare, dovrebbe essere applicato in modo più stringente quanto previsto dall’articolo 12 comma 3 del Decreto Legislativo 387/2003, che permette l’accesso a procedure semplificate, quali l’autorizzazione unica, anche alle opere di adeguamento della rete connesse allo sviluppo degli impianti di produzione da fonte rinnovabile. Ciò contribuirebbe a ridurre il disallineamento tra i tempi autorizzativi dell’impianto, comprese le opere di connessione, ed i tempi di adeguamento e di potenziamento delle reti, con la conseguenza di un ritardo sull’entrata in esercizio dell’impianto. Andrebbero previsti dei sistemi di silenzioassenso, in modo da rendere effettivo il rispetto dei termini previsti per il processo autorizzativo. Andrebbe inoltre rivisto il sistema di incentivazione previsto per gli adeguamenti di rete, oggi ovviamente insufficiente rispetto agli ambiziosi obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili. A queste misure andrebbe poi affiancata un’attività di monitoraggio della tempestività dell’azione dei gestori con l’obiettivo di individuare con anticipo eventuali problemi ed apportare le soluzioni necessarie. Introdurre modalità specifiche che regolino il processo di aggregazione delle singole richieste di allaccio. Ad oggi, la normativa permette al gestore di ricondurre la connessione di un lotto di impianti di produzione all’interno di un’unica procedura solo nel caso in cui sia il produttore ad avviare la procedura “in forma aggregata”. Sarebbe opportuno, al fine di razionalizzare gli interventi sulle reti elettriche, prevedere disposizioni specifiche che attribuiscano al gestore di rete la facoltà piena di gestire, in modo unitario e indipendentemente dall’iniziativa del produttore, richieste di connessioni plurime o richieste di connessione che, presentate in un arco temporale da definire, interessano una pluralità di impianti localizzati nella medesima area. Accompagnare la progressiva trasformazione delle infrastrutture in reti intelligenti con opportuni strumenti regolatori. Il progetto europeo ADDRESS per lo sviluppo delle smart grids nonché le altre numerose iniziative che riguardano le smart grids sono la testimonianza dell’attenzione internazionale e della spinta verso la realizzazione di reti elettriche interattive. Tale innovazione dovrebbe essere facilitata anche attraverso la creazione di un quadro normativo e regolatorio adeguato per supportare gli operatori di rete nel garantire la piena integrazione degli impianti di generazione distribuita nonché una migliore gestione dei carichi di rete e lo sviluppo di meccanismi di active demand e di strumenti per stimolare la consapevolezza dei consumatori. Tale sviluppo è necessario in quanto la generazione distribuita, se non integrata in una rete “intelligente”, non potrebbe diffondersi capillarmente sul territorio senza rischiare di minare la sicurezza dell’intero sistema elettrico. Gli enti locali sono sovente inefficienti e non formati alla gestione di iter autorizzativi eccessivamente farraginosi e complessi. Inoltre azioni specifiche di lobby tendono a 12 rendere maggiormente difficoltoso l’accesso da parte degli imprenditori a queste fonti. Cosa che accade ad esempio con il biogas dove in alcune regioni solo se l’impianto è di proprietà dell’agricoltore la gestione dei digestati (di origine esclusivamente organica) avviene tramite lo spandimento in agricoltura mentre se l’impianto è di proprietà di un soggetto industriale lo stesso digestato di origine organica diventa rifiuto con costi gestionali e di smaltimento elevatissimi. Le informazioni e le condizioni di acceso alle procedure amministrative sono tutt’altro che definite, a discapito della trasparenza delle stesse. Ad oggi infatti non esiste, salvo per qualche caso isolato (Regione Lombardia), un elenco chiaro, completo e univoco: (i) della documentazione da allegare all’istanza di autorizzazione unica o alla denuncia di inizio attività edilizia, (ii) degli enti coinvolti nel procedimento, (iii) dei pareri che essi devono rendere e dei termini entro cui essi devono esprimersi, (iv) del ruolo e del peso che hanno i singoli enti (soprattutto i Comuni) all’interno del procedimento. Si auspica che le linee guida introducano l’obbligo per le amministrazioni competenti di rendere disponibili e facilmente accessibili le sopra informazioni elencate. Inoltre si ritiene necessario che tale obbligo venga esteso anche ai Comuni che si renderanno destinatari di un numero sempre maggiore di istanze (D.I.A. e comunicazioni) per la installazione di impianti. Il collegamento tra amministrazioni dovrebbe avvenire nell’ambito del modulo procedimentale della conferenza di servizi (che, sarebbe opportuno venisse precisato nel Piano, ha natura istruttoria) attraverso il responsabile del procedimento, unico tramite tra il proponente e le amministrazioni interessate. In concreto sono assai frequenti i casi in cui le amministrazioni coinvolte nel procedimento si pronunciano al di fuori della conferenza di servizi, snaturandone così lo scopo cui essa tende: raccogliere gli enti attorno a un tavolo per valutare contestualmente e in modo integrato il progetto sottoposto alla loro attenzione. Analogamente, le amministrazioni spesso si rivolgono direttamente al proponente, anziché veicolare le proprie richieste attraverso il responsabile del procedimento che non è più in grado di operare quel necessario coordinamento tra enti e proponente. Sarebbe pertanto necessario rafforzare il ruolo del responsabile del procedimento. Si segnala la necessità di introdurre ulteriori procedure semplificate, rispetto a quelle fino ad oggi introdotte per rendere più celere l’installazione degli impianti a fonte rinnovabile anche per modifiche, rifacimenti totali o parziali e riattivazione di impianti esistenti. Infatti, ai sensi della disciplina dell’articolo 12, D.Lgs. 387/2003, il procedimento ordinario di autorizzazione è necessario, non solo per la realizzazione di nuovi impianti ma altresì per le ipotesi di modifica, rifacimento totale o parziale e riattivazione di impianti già esistenti. Per quest’ultime tipologie d’intervento, si suggerisce l’introduzione di procedure ulteriormente semplificate e di meccanismi che permettano una migliore efficienza e rendimento delle apparecchiature da sostituire prevedendo la possibilità di aumentare la potenza della macchina a fronte di una (eventuale) riduzione nel numero delle stesse. 13 2.5 Paragrafo 4.2.4 - Informazione Si segnala che la Campagna di informazione prevista dall’art 15 del D. Lgs 387/2003 non è mai stata effettuata, pertanto rimane urgente provvedere. 2.6 Paragrafo 4.2.6 - Sviluppo dell’infrastruttura per l’elettricità e funzionamento delle reti Relativamente allo sviluppo delle infrastrutture di rete, unitamente alla stesura del Piano, sembrerebbe utile la definizione di obiettivi vincolanti di potenziamento della rete di trasmissione e distribuzione in grado di traguardare gli sviluppi previsti dal Piano stesso e i futuri trend (es. veicoli elettrici). Nel fare questo, appare particolarmente opportuno disegnare una strategia nazionale per l’implementazione delle smart grid, includendo lo sviluppo di sistemi intelligenti per i consumi finali. In più parti del PAN si evidenzia come le FER beneficino della priorità nel dispacciamento dell’energia ma nella realtà operativa non è così sebbene questa sia una condizione necessaria per il raggiungimento degli obiettivi della Direttiva 2009/28/CE. Ne consegue che è prioritaria l’azione di sviluppo e potenziamento della rete elettrica esistente per superare le attuali congestioni strutturali. E’ da specificare che la remunerazione della mancata produzione rinnovabile, pur finalizzata a non compromettere gli investimenti effettuati, non prevede un riconoscimento immediato dei Certificati Verdi per l’energia producibile ma non immessa in rete per congestioni di rete. Sul tema delle iniziative da intraprendere per favorire lo sviluppo delle infrastrutture necessarie al trasporto dell’energia elettrica prodotta da impianti a fonte rinnovabile, il Piano prevede “la possibilità di porre in capo al medesimo soggetto chiamato ad autorizzare gli impianti a fonti rinnovabili (Regione o Province delegate) la responsabilità di autorizzare, con specifici provvedimenti, anche i potenziamenti delle reti necessari per l’evacuazione dell’energia, in modo da perseguire uno sviluppo armonizzato di impianti e reti, accelerando dunque i tempi di sviluppo delle reti e delle infrastrutture necessarie al collegamento e alla piena valorizzazione dell’energia producibile” (pag. 9 capoverso 2 e pag. 68 primo capoverso). E’ corretto prevedere che le Regioni autorizzino, insieme ai singoli impianti, anche gli interventi di “potenziamento” della Rete di Trasmissione Nazionale che si rendano necessari per l’immissione in rete dell’energia prodotta dagli stessi, in quanto opere connesse all’impianto di produzione, ma non con specifici e separati provvedimenti. In questo modo, infatti, la Regione porterebbe avanti in maniera separata due distinti iter autorizzativi, con esiti e tempistiche assolutamente incerti e, verosimilmente, molto diversi tra loro. Viaggiando su due binari diversi l’impianto di produzione e l’infrastruttura elettrica indispensabile all’immissione in rete dell’energia prodotta dal medesimo impianto, il rischio attuale e concreto sarebbe quello di avere uno o più impianti di produzione autorizzati e le infrastrutture di rete 14 ancora in iter autorizzativo, senza avere più alcuna certezza circa le tempistiche di autorizzazione di queste ultime. Nessuna Regione sarebbe infatti in grado di garantire un’autorizzazione contestuale di progetti con peculiarità e caratteristiche diverse. Le conseguenze sarebbero quindi: un notevole incremento dei rischi di congestione delle reti, la creazione di inefficienze di sistema e, di fatto, un aggravio di costi per i consumatori. Si raggiungerebbe, in altre parole, un obiettivo opposto rispetto a quello annunciato di “uno sviluppo armonizzato di impianti e reti”. Obiettivo che sarebbe invece perseguito efficacemente attraverso una corretta attuazione delle disposizioni vigenti (art. 12 decreto legislativo 387). Si aggiunga che si ingenererebbe confusione circa la demarcazione di competenze fra Stato e Regione laddove sia necessario autorizzare nuovi tratti di rete elettrica facenti parte della Rete di Trasmissione Nazionale. Tutto ciò in contrasto con le stesse finalità del D.Lgs. 387/03 che, al fine di garantire uno sviluppo ordinato del sistema ed evitare il proliferare di provvedimenti, dai tempi ed esiti incerti e, comunque, non coordinati, prevede espressamente che tutte le opere connesse siano autorizzate contestualmente agli impianti. Pertanto, anche per gli “interventi di potenziamento delle reti” compresi nel preventivo per la connessione, in quanto opere connesse, occorre applicare il disposto dell’art. 12 del D.Lgs. 387, autorizzando gli stessi contestualmente all’impianto di produzione. Pertanto si propone alla pag. 9 capoverso 2 ed alla pag. 68 primo capoverso, di sostituire le parole “con specifici provvedimenti” con le parole “contestualmente agli impianti e nell’ambito del medesimo procedimento unico”. In questa stessa sede sarebbe opportuno richiamare anche la necessità di autorizzare, sempre nell’ambito dell’autorizzazione unica di cui all’articolo 12 del D.Lgs 387/03 e laddove la rete di distribuzione non sia in grado di assorbire tutta l’energia prodotta dall’impianto di produzione a fonte rinnovabile, anche la connessione dell’elemento di distribuzione (Cabina Primaria di Raccolta) alla rete elettrica nazionale. Si propone, quindi, alla pag. 9 capoverso 2 ed alla pag. 68 primo capoverso di aggiungere dopo le parole “evacuazione dell’energia” le parole “nonché le opere di connessione tra le dette reti”. Uno dei principali problemi legati allo sviluppo delle FER elettriche è quello relativo ai costi di sbilanciamento derivanti dal dispacciamento dell’energia elettrica rinnovabile non programmabile. Costi che il sistema sostiene e che sono difficilmente gestibili. Tuttavia il problema tecnologico deve essere un’opportunità per le nostre imprese che devono poter investire nella ricerca per migliorare il rendimento elettrico e diminuire la discontinuità della fonte con sistemi di accumulo idonei. Nel paragrafo sullo sviluppo delle infrastrutture per l’elettricità viene accennata la possibilità di ricorrere a “sistemi di accumulo/stoccaggio 15 dell’energia elettrica prodotta e non immettibile in rete”. Su questo punto si chiedono maggiori dettagli su cosa si intenda e su come si vuole procedere. E’ apprezzabile il recente intervento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, che con il documento di consultazione 15/10 intende, tra l’altro, porre un freno alle speculazioni inerenti le richieste di connessione, tramite il sistema della “prenotazione del punto di connessione”, che affossa il lavoro dei Gestori delle Reti e i progetti degli Operatori seriamente intenzionati alla realizzazione del punto di connessione. Si avalla l’ipotesi dell’AEEG di introdurre una garanzia al momento della richiesta di punto di allaccio e si suggerisce di introdurre (in alternativa o in aggiunta) anche una sorta di “quantum” dovuto dal detentore della richiesta di connessione in caso di cessione del progetto a terzi. Questo al fine di rendere sempre più complesso il fenomeno di speculazione sulle “connessioni”, riuscendo a limitarlo se non annullarlo, quantomeno economicamente. 2.7 Paragrafo 4.3 - Regimi di sostegno alla promozione delle FER elettriche Si ritiene che le previsioni di produzione dei nuovi impianti dovrebbero essere fondate su una dettagliata valutazione dei regimi di sostegno, dalla cui efficacia dipende il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo. Contestualmente, appare opportuno che tale analisi consideri gli effetti dell’incentivazione anche in termini di impatti che lo strumento adottato determina sul sistema elettrico. In tale prospettiva, si propone che venga indetto un tavolo tecnico con lo scopo di valutare, anche con il contributo degli operatori, i correttivi da apportare all’attuale regime di incentivazione al fine di delineare un sistema che garantisca: una necessaria stabilità regolatoria per tutto il periodo considerato; il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo prefissati nel rispetto del vincolo del minimo costo per il sistema. A tal riguardo, gli strumenti di mercato come il certificato verde devono essere lo strumento incentivante privilegiato per le rinnovabili in quanto non gravano direttamente sulle bollette elettriche con un onere esplicito. Il sistema di mercato può avvantaggiare tecnologie più efficienti e sostenibili economicamente; la minimizzazione di effetti distorsivi sul mercato dell’energia; la possibilità di perseguire gli obiettivi europei congiuntamente con altri Stati membri. Inoltre sarebbe opportuno introdurre anche il parametro connesso all’impatto sociale considerato che il ricorso ad alcune fonti energetiche rinnovabili determina ricadute positive non solo a livello di produzione energetica ma anche a livello di servizio reso alla collettività. Pur in una logica di adeguamento del livello di incentivazione ai costi di produzione per ciascuna fonte, anche in considerazione delle dinamiche di costo delle tecnologie, le maggiori priorità dovranno essere rivolte alla stabilità dei meccanismi di incentivazione, soprattutto ai fini di tutela delle iniziative già avviate. Pertanto, con riferimento al sistema dei Certificati Verdi, diviene fondamentale il riequilibrio dei fondamentali (domanda e offerta), tale da consentire lo sviluppo delle iniziative necessarie al raggiungimento del sub-obiettivo del settore elettrico al 2020 indicato all’interno dello stesso PAN. 16 In un ottica di stabilità del meccanismo, è dunque fondamentale determinare con certezza le modalità per garantire l’equilibrio della domanda e dell’offerta e, dunque, il mantenimento del livello dei prezzi per mezzo delle logiche di mercato, evitando di sovraregolare il meccanismo mediante continui interventi di aggiustamento. In ogni caso, qualsiasi aggiornamento dovrà avere una durata almeno quinquennale ed essere pubblicato con un congruo anticipo. Le tariffe incentivanti (come il conto energia del fotovoltaico) o tariffa feed-in (tariffa omnicomprensiva dedicata agli impianti di energia rinnovabile di piccola taglia) a partire dai livelli attuali dovranno essere caratterizzate da un tasso di riduzione, definito con ampio anticipo, funzione sia del livello di penetrazione sia dello sviluppo tecnologico come È necessario individuare prioritariamente il supporto alle vere fonti rinnovabili e non come è avvenuto in passato con il provvedimento CIP 6/92. Gli incentivi devono essere calibrati per favorire la diffusione nel mercato delle tecnologie più efficienti sul piano effettivo e potenziale dal punto di vista tecnologico. Si segnale infine che a pagina 111 terzo capoverso vi è probabilmente un refuso infatti la dicitura “In una situazione di eccesso di offerta in cui il prezzo di ritiro …” rispecchia semmai una casistica in cui è maggiormente plausibile l’eccesso di domanda e non di offerta. 2.8 Tabella 7 - Approvvigionamento di biomassa nel 2006, Nella valutazione specifica relativa ai rifiuti, si evidenzia che i valori sulla biomassa (rifiuti inclusi), relativi alla disponibilità per il 2015 e 2020, non tengono in considerazione, anche con riferimento alle disposizioni europee, della necessaria riduzione del ricorso alla discarica soprattutto per i rifiuti con carico organico. Pertanto, nell’ipotesi che la produzione di rifiuti urbani si stabilizzi nei prossimi anni, per quanto riguarda le previsione al 2015, e ancora di più 2020, non può essere confermato il presupposto assunto in tabella 7 per il 2006 (70% FORSU in discarica), e quindi dovrebbe essere conteggiato ai fini energetici almeno quanto imputato nel 2006 come FORSU conferita in discarica. Questione analoga interessa i fanghi da depurazione, considerate le disposizioni già definite dalla Regione Lombardia in merito alla gestione di tali rifiuti e la presenza, in ambito nazionale, di impianti a biomassa che utilizzano tali rifiuti, dovrebbe essere implementata la tabella 7a relativamente a tale voce. 2.9 Paragrafo 4.6.1- Approvvigionamento di biomassa: produzione interna e scambi Al fine di una più chiara indicazione riguardo la destinazione d’uso della biomassa, per ogni provenienza contenuta nel piano di approvvigionamento sembrerebbe utile ripartire le quantità indicate in funzione degli usi finali (in particolare distinguere tra filiera legno, biogas e biocarburanti nel caso delle colture agricole dedicate a scopi energetici e dei sottoprodotti agricoli). 17 2.10 Paragrafo 4.6.2 - Misure volte ad aumentare la disponibilità di biomassa, tenendo conto di altri utilizzatori di biomassa Nell’ottica di promuovere, attraverso lo sviluppo delle rinnovabili, anche l’industria di settore occorre non dimenticare di considerare l’impatto che gli obiettivi posti comporteranno sulle filiere industriali esistenti. Riguardo la disponibilità di biomasse legnose, si sottolinea che in Italia l' industria del recupero di materiali legnosi di scarto per la produzione di pannelli ha già investito molto nelle tecnologie per il recupero e il riciclo dei rifiuti legnosi, arrivando ad una percentuale di utilizzo di rifiuti legnosi per la produzione di pannelli truciolari che è circa il triplo della media europea, ed è quindi difficile ipotizzare un ulteriore incremento di questa quota. L’industria del compensato e dei pannelli di fibre, che si approvvigionano di materiale vergine, sono poi in diretta competizione per il materiale con gli utilizzi energetici. Pertanto, nel paragrafo 4.6.2. “Misure volte ad aumentare la disponibilità di biomassa” tenendo conto di altri utilizzatori di biomassa del piano, dove si fa cenno alla necessità di monitorare l' impatto di queste misure sugli altri settori, dovrebbe essere citata anche la verifica dell’impatto sulla necessità di materia prima per le industrie del settore, sia quelle basate sulla silvicoltura, sia quelle che utilizzano scarti industriali come materia prima. Un ruolo importante sarà poi svolto dalla declinazione a livello territoriale degli obiettivi, per cui è importante dare maggior impulso all’utilizzo energetico delle biomasse legnose là dove la risorsa è meno utilizzata. 2.11 Paragrafo 4.7 - Uso previsto dei trasferimenti statistici tra Stati membri e partecipazione prevista a progetti comuni con altri Stati membri Con riferimento alle misure di cooperazione internazionale e ribadendo la necessità di adottare misure atte a sviluppare un’industria nazionale di settore, il Piano correttamente individua nei meccanismi flessibili un’importante opportunità per il raggiungimento dell’obiettivo a costi contenuti grazie allo sviluppo di progetti in Paesi che presentano condizioni più favorevoli rispetto al nostro e che dispongono di un surplus di capacità di produzione da fonti rinnovabili. Essi dovrebbero essere tenuti in considerazione alla luce dei limiti e dei costi associati allo sviluppo nazionale delle tecnologie. La possibilità di sviluppare progetti in altri Stati Membri tramite i joint projects o di trasferire virtualmente energia dal conto di uno Stato Membro ad un altro rappresenta un’opportunità per l’industria italiana di realizzare progetti all’estero e per il sistema Paese di ridurre il rischio di sanzioni conseguenti al mancato raggiungimento dell’obiettivo. Particolare interesse dovrebbe essere rivolto allo sviluppo di sistemi di incentivazione congiunti nei Paesi in cui sono già presenti sistemi analoghi al nostro (ad esempio Albania o Romania) e di progetti di sviluppo congiunto anche con altri Stati rispetto a quelli individuati nel Piano (ad esempio la Spagna e la Bulgaria per quanto riguarda i Paesi della CE e gran parte dei paesi dell’Africa del Nord, come Tunisia, Egitto, Marocco, o del Medio Oriente per quanto riguarda i Paesi Terzi). Tuttavia, contrariamente a quanto previsto dal Piano, si ritiene opportuno individuare le potenzialità ed i possibili attori di tali meccanismi, ma non obiettivi quantitativi puntuali. 18 L’entità del ricorso a tali strumenti dovrebbe infatti essere determinata “in corso d’opera” in base alle esigenze contingenti, al fine di garantire la necessaria flessibilità per il conseguimento dell’obiettivo. La definizione di regole troppo stringenti, vista l’incertezza circa la capacità del sistema di risolvere le criticità rilevate, comporterebbe un uso non ottimale degli strumenti di flessibilità e delle risorse del Paese. In tal senso potrebbe essere sufficiente individuare un range di 10-13 TWh di consumi finali elettrici che potrebbero essere soddisfatti tramite risorse di altri Stati Membri o Paesi terzi. In particolare sembrerebbe necessaria una maggior cautela nel computare flussi di energia in importazione attraverso nuove linee di interconnessione da realizzare su base merchant. L’effettiva realizzazione di tali collegamenti dipenderà comunque da diversi fattori, tra cui la sostenibilità economica e finanziaria delle iniziative, che per loro stessa natura potrebbero comprometterne la fattibilità. Infine sarebbe opportuno che il Piano espliciti che l’onere del ricorso alle misure di cooperazione ricadrà su quei settori che non saranno in grado di rispettare il proprio obiettivo. 2.12 Paragrafo 5.1 - Contributo totale di ogni tecnologia per le energie rinnovabili al conseguimento degli obiettivi vincolanti fissati per il 2020 e traiettoria indicativa provvisoria per le quote di energia da fonti rinnovabili nei settori dell’elettricità, del riscaldamento e del raffreddamento e dei trasporti Appare utile che nelle tabelle 10a, 10b e 11 l’obiettivo di ciascuna fonte sia ripartito in funzione della taglia degli impianti (ad esempio nel settore elettrico per il fotovoltaico: impianti fino a 20 kWe, da 20 a 200 kWe, da 200 a 1.000 kWe, superiori a 1 MWe, per la biomassa solida: impianti fino a 1 MWe, da 1 a 5 MWe, superiori a 5 MWe). Per quanto riguarda invece la tabella 12, sembrerebbe utile esplicitare la voce “biometano” visto il potenziale significativo contributo di tale fonte. 3 Il settore termico Come già detto lo sviluppo realistico delle rinnovabili termiche contenuto nel PAN pari a 9,5 Mtep appare sottostimato rispetto alle stime di crescita elaborate dal settore industriale per le quali il potenziale al 2020 è di 11,4 Mtep. Tale scenario risulta anche prudenziale se si considerano i contributi del solare termico e del solar cooling, in rapida ascesa, delle pompe di calore, della cogenerazione e dello sfruttamento delle biomasse. Tali aspettative si fondano su almeno due considerazioni di primaria importanza: da un punto di vista economico, il costo di produzione di un kWh termico è nella maggior parte dei casi inferiore a quello necessario per produrre un kWh elettrico e l’industria italiana, già oggi molto ampia e ricca di capacità innovativa nei settori della termoidraulica (ad es. solare termico), delle pompe di calore e degli impianti di cogenerazione, sta investendo massivamente per trovare nuovi sbocchi di mercato. In merito al primo punto non è trascurabile sottolineare che gli attuali sistemi di incentivazione per le rinnovabili del settore elettrico comportano oneri in bolletta sostenuti 19 da tutti i cittadini, stimolando l’applicazione di tecnologie che generano energia elettrica e scaricando sugli utenti del sistema elettrico gran parte dei costi. Diversi scenari, partendo dal presupposto che la direttiva europea sulle fonti rinnovabili non distingue tra energia elettrica e calore, indicano come sia molto più conveniente incentivare questa seconda forma di energia per raggiungere le quote di fonti rinnovabili fissate per ciascun paese. Vero è che, per concretizzare i grandi sforzi che il sistema industriale sta compiendo con ingenti investimenti, è necessaria una strategia politica di sostegno al termico per colmare il grave ritardo ad oggi accumulato in questo settore. Il quadro di promozione delle fonti rinnovabili nel settore del riscaldamento e raffrescamento necessita di interventi organici di riforma strutturale. La frammentarietà e l’incertezza che hanno caratterizzato gli strumenti di incentivazione in questo settore hanno creato ritardi nella diffusione tecnologica non più sostenibili. La riforma strutturale va attuata anche tramite un rafforzamento degli strumenti esistenti. Si segnala che sebbene sia stata evidenziata la criticità rappresentata dalla contabilizzazione dei contributi in questo settore, non pare sufficientemente delineato il quadro di interventi necessari per ovviare a tale problema. La mancata emersione di contributi che potrebbero risultare determinanti per il raggiungimento dell’obiettivo potrebbe richiedere sforzi aggiuntivi ad altri settori (in particolare quello elettrico) per cui sono già posti obiettivi sfidanti. Per quanto riguarda i Titoli di Efficienza Energetica occorre superare le problematiche emerse e dare maggiori certezze in termini di prospettive di mercato. In primo luogo occorre fissare gli obiettivi di risparmio nel medio lungo periodo, oltre l’orizzonte temporale del 2012 attualmente previsto, coerentemente con il perseguimento degli obiettivi del pacchetto ambiente-energia dell’Unione Europea. È inoltre necessario accelerare l’estensione del riconoscimento di tali certificati a soggetti diversi da quelli attualmente titolati (distributori ed ESCO) come previsto dall’articolo 6, comma 4 del D.Lgs. n. 20/2007. Occorre inoltre operare interventi mirati ad aumentarne l’efficienza per cui appare necessario: a) introdurre nuove schede standardizzate, ampliare e garantire l’efficacia di quelle esistenti per facilitare gli interventi di efficienza energetica; a tal fine nuove schede dovrebbero riguardare l’introduzione di sistemi di visualizzazione dei dati di consumi per i clienti finali, come anche la maggiore incentivazione degli interventi di integrazione delle rinnovabili negli edifici e nelle infrastrutture al fine di renderli più remunerativi; b) una revisione dell’ambito delle azioni ammesse al riconoscimento dei TEE; dovrebbero essere interessate dal meccanismo le attività di core business dei soggetti obbligati, in particolare le attività che riguardano la promozione e lo sviluppo delle reti attive (smart grid), la diffusione dei veicoli elettrici e quindi di tutte le iniziative che contribuiscono allo sviluppo delle smart city; 20 c) garantire la cumulabilità degli strumenti di incentivazione al fine di ottimizzare l’utilizzo delle risorse in particolare per alcune tecnologie, coerentemente con quanto previsto dal D.Lgs. 115/2008. Il meccanismo delle detrazioni fiscali va rafforzato e stabilizzato nel tempo. Il rinnovo dello strumento deve essere effettuato con maggior anticipo e su base triennale. Le modalità di promozione delle fonti rinnovabili nel settore del riscaldamento e del raffrescamento vanno migliorate al fine di aumentare l’efficacia e l’efficienza del meccanismo. 3.1 Pompe di calore per la climatizzazione a ciclo annuale La pompa di calore costituisce una delle soluzioni impiantistiche più efficienti oggi disponibile nel settore della climatizzazione a ciclo annuale, per il riscaldamento/raffreddamento e la produzione di acqua calda. Le previsioni di successo per questa tipologia impiantistica e l’incremento della penetrazione del prodotto derivano da aspetti legati alle caratteristiche tecniche e dall’elevata compatibilità ambientale del prodotto, in particolare: è possibile fornire con un unico impianto un servizio di climatizzazione estiva ed invernale, di produzione di acqua calda sanitaria e di ventilazione meccanica. Sono impianti che, rispetto a quelli tradizionali con sistemi a combustione, consentono risparmi dell’ordine del 50% con una corrispondente riduzione delle emissioni di CO2. Qualunque sia la fonte di calore ambientale, aria-acqua-suolo, consentono un impiego del 75% di energia rinnovabile. Migliorano la qualità dell’aria nelle grandi aree urbane perché, rispetto ai sistemi a combustione, le emissioni locali sono nulle poiché vengono spostate verso grandi impianti remoti dove possono essere controllate ed abbattute. Un maggiore impiego di energia rinnovabile nella produzione di energia elettrica, riduce ulteriormente la produzione di CO2. Con questi impianti è possibile assicurare anche una corretta ventilazione dei locali. Questi sistemi attingono dall' ambiente l' energia gratuita presente nell' aria, nel suolo e nel terreno. E'energia rinnovabile e per questa ragione le pompe di calore impiegano circa il 75% di energia rinnovabile gratuita catturata dall' ambiente e il 25% di energia primaria, generalmente elettrica; sono quindi in grado di raggiungere efficienze altissime e ridurre anche del 50% i consumi e la relativa CO2. Ipotizzando un tasso di crescita del mercato del 12% l' anno, per arrivare a soddisfare con le pompe di calore circa il 50% della domanda di servizio del residenziale e del terziario (69% nel terziario e il 39% nel residenziale) nei prossimi dieci anni è possibile un risparmio di energia primaria di 8 Mtep, che equivale ad una riduzione di circa 15 milioni di tonnellate di CO2 . Nell’ambito delle rinnovabili termiche l’apporto di questi sistemi a pompa di calore si può stimare in almeno 6 Mtep, considerando la sola energia catturata per il riscaldamento. Altri 21 3 Mtep di rinnovabile sarebbero da aggiungere nel caso fosse possibile considerare l’energia catturata dalle pompe di calore operanti in raffrescamento. Tuttavia questo potenziale è riconosciuto solo parzialmente dal PAN che individua un obiettivo al 2020 di appena 2,5 Mtep, presupponendo un tasso di crescita di appena il 4,4% l’anno. 3.2 Pompe di calore per acqua calda sanitaria Con riferimento al settore domestico, si sottolinea che il PAN non fa esplicito riferimento al contributo delle pompe di calore per la produzione di acqua calda sanitaria, ma si riferisce sempre e solo alle pompe di calore per il riscaldamento/raffreddamento. Per quanto riguarda le pompe di calore per la produzione di acqua calda sanitaria si deve considerare che in media, in Italia, si consumano circa 50-60 litri al giorno di acqua calda sanitaria pro capite, alla temperatura di 45 °C. Ipotizzando una temperatura dell’acqua proveniente dall’acquedotto pari a 15 °C, si può calcolare il quantitativo unitario di energia termica necessaria, pari a circa 1.500 kcal (1,7 kWh/g persona). Le apparecchiature tradizionalmente utilizzate per assicurare tale fabbisogno sono gli scaldacqua elettrici o gli apparecchi a gas. Nel caso di uno scaldabagno elettrico, per produrre tale fabbisogno di acqua calda sanitaria, sono necessari circa 1,94 kWhel (assumendo rendimento medio di uno scaldabagno elettrico pari a 90%). Considerando un fattore di conversione dell’energia elettrica in energia primaria pari a 2,54, il consumo necessario a soddisfare il fabbisogno procapite giornaliero di acqua calda sanitaria risulta pari a circa 5 kWhep. Pertanto, una famiglia di quattro persone consuma annualmente una quantità di energia per acqua calda sanitaria pari a 7.200 kWhep (corrispondenti a 2.800 kWhel). Nel caso di un apparecchio a gas sono invece necessari 2,18 kWhth (assumendo un rendimento medio del prodotto pari al 80%), che portano ad avere un consumo in energia primaria per la produzione di acqua calda sanitaria pari a 3.200 kWhep/anno per famiglia. Simili valori non vanno sottovalutati visto l’alto numero di apparecchiature di questo tipo ancora installate nelle prime case; basti prendere di esempio il parco installato di scaldacqua elettrici con capacità maggiori di 50 litri nelle prime case nel 2009, risultante pari a circa 5.600.000 unità2). Le nuove regolamentazioni a livello nazionale ed europeo stanno già da tempo spingendo verso l’utilizzo di tecnologie più efficienti (solare termico e/o apparecchi a gas ad alta efficienza in primis); tuttavia esse non sono al momento in grado di attecchire in maniera consistente nel parco degli impianti esistenti, a causa del loro maggior costo e della non completa intercambiabilità tecnologica con prodotti di così semplice installazione (assenza delle linee di alimentazione del gas, mancanza di condotti di scarico idonei, superfici a tetto insufficienti, frequenti dispute condominiali etc.). 2 Stime Industria da fonti BRG 22 Di conseguenza al 2020 non è difficile ipotizzare un parco abitazioni prima casa nelle quali si continueranno ad utilizzare ancora prodotti di bassa efficienza, superiore a 5 milioni di unità; tradotto in consumi di energia, tale stock porta a generare almeno 2,7 Mtep. Le regolamentazioni sui nuovi edifici richiedono altresì l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili per la produzione di acqua calda sanitaria. Le considerazioni che seguono sono riferite ad un potenziale di circa 6 Milioni di installazioni. Considerando un coefficiente di performance medio pari a 3,0 ne risulta che il consumo procapite di energia per soddisfare il fabbisogno di acqua calda sanitaria risulta pari a 1,48 kWhep. Il consumo annuo di una famiglia dotata di uno scaldacqua a pompa di calore si riduce quindi a 2.156 kWhep (pari a 850 kWhel; pari a 0 se abbinato con fotovoltaico), con un risparmio netto di 5.000 kWhep (corrispondente a 0,38 tep/anno), rispetto all’utilizzo di uno scaldacqua elettrico. Senza un adeguato programma di supporto nei primi anni della loro commercializzazione gli scaldacqua a pompa di calore avrebbero difficoltà nell’imporsi, in virtù del loro maggior costo rispetto ai prodotti tradizionali (oggi 1.100 contro i soli 350 ad esempio, di un elettrico). Con un adeguato programma di sostegno alla vendita garantito per almeno 3-5 anni (ipotesi di incentivo adottata: 55% di detrazione dal credito di imposta), si ritiene di poter accelerare la penetrazione di questa nuova tecnologia sino ad avere 3.145.000 pompe di calore installate al 2020 (pari al 50% del parco potenziale), ottenendo un risparmio cumulato 1,22 Mtep e contemporaneamente fornendo un valore di uso finale di energia da fonti rinnovabili pari a 0,5 Mtep. Da non sottovalutare il contributo in termini di tonnellate di CO2 (87,6 ktCO2/a) evitate annualmente grazie alla elevata performance energetica di simili apparecchiature. La tabella sottostante ricapitola lo scenario stimato attraverso un programma di incentivazione di almeno 3 anni per il settore residenziale. Scenario al 2020 con Incentivi nei primi 3 anni Tipologia di abitazioni Nuove multiEsistenti monoEsistenti multiTotale Scaldacqua a pompa di calore installati (‘000) 645 400 2.100 3.145 Quota F.E.R. (Mtep) 0,1 0,1 0,3 0,5 Risparmio energetico (Mtep) 0,2 0,2 0,8 1,2 Scenario estremo (completa sostituzione del parco potenziale, pari a 6 Mln di abitazioni): risparmio di 2,3 Mtep, contributo di FER pari a 0,88 Mtep. Considerando anche le installazioni riferite ai molteplici usi commerciali (ristoranti, alberghi, parrucchiere, bar, lavanderie etc.), si può tranquillamente stimare per il 2020 un risparmio globale di 1,4 Mtep ed un totale di FER pari a 0,6 Mtep garantito dagli scaldacqua a pompa di calore. 23 Data la rilevanza di tale tecnologia, il Piano dovrebbe considerarla ed esplicitarne il suo contributo, pertanto: alla tab. 11 (pag. 156) e successivo grafico, si propone di inserire una riga + grafico dedicata alle pompe di calore per acqua calda sanitaria con previsione di contributo FER al 2020 pari 0,5 Mtep; Per quanto appena indicato sulla rilevanza di tale settore, si propone altresì di sostituire in tutto il testo la frase “Riscaldamento e raffreddamento” con quella più consona di “Riscaldamento, Acqua calda sanitaria e raffreddamento”,. Si fa inoltre presente che esplicitare la funzione acqua calda sanitaria è in linea con l’art. 4 della Direttiva RES, nel quale si menzionano i settori “riscaldamento” e “raffreddamento”, sottintendendo la parte di acqua calda sanitaria come integrata nel ”riscaldamento”. Le presenti richieste sono altresì in linea con quanto indicato nel Piano stesso, che già considera la funzione di produzione acqua calda sanitaria quando si menzionano le regolamentazioni/ incentivi sulle FER al momento in vigore. 3.3 Pompe di calore per il comfort domestico Gli apparecchi elettrici per il comfort domestico sono prodotti tuttora prevalentemente in fase di prima installazione con margini di miglioramento sul fronte dell’efficienza energetica, con un parco installato in crescita. Circa il 95% dei climatizzatori fissi venduti attualmente hanno la funzione di pompa di calore; ovvero la quasi totalità dei condizionatori venduti possono essere utilizzati nella stagione fredda per riscaldare in maniera molto efficiente le abitazioni, con COP che può arrivare a circa 4 garantendo così basse emissioni di CO2 rispetto ai sistemi tradizionali. La direttiva di etichettatura energetica 2002/31/CE copre tutti i climatizzatori d’aria per uso domestico e assimilabile con un limite di potenza unitaria di 12 kW che trovano utilizzo sia nel settore residenziale sia nel settore terziario. Le valutazioni che seguono considerano le pompe di calore etichettate con potenze tali da rientrare nel settore domestico e assimilabile. Negli ultimi anni al momento dell’acquisto, l’etichettatura energetica ha di fatto indotto il consumatore di elettrodomestici a dare sempre maggiore importanza al consumo energetico rispetto ad altri fattori. Pertanto risulta essenziale sfruttare al meglio questo importante strumento d’informazione per incrementare l’efficienza del parco installato. Gli incentivi all' acquisto delle pompe di calore efficienti per il comfort termico contribuirà a migliorare l’efficienza del riscaldamento e del raffrescamento nelle case nonché ad incrementare l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ai sensi della Direttiva europea 2009/28/CE. Si stima che il parco installato attuale (inizio 2010) conti circa 10.600.000 apparecchi in pompa di calore. Nei calcoli effettuati abbiamo ipotizzato all’anno 2009 una potenza media per apparecchio di 3,3 kW, con EER/COP 3 (valore medio parco installato) e 700 ore funzionamento (350 24 in raffrescamento e 350 in riscaldamento). Con un adeguato programma di sostegno alla sostituzione (ad esempio con un’ipotesi di incentivo tramite detrazione fiscale del 20%, come vigente per alcuni elettrodomestici), si ritiene di poter accelerare la sostituzione di apparecchi in pompa di calore obsoleti con prodotti ad alta efficienza (EER/COP al 2020 pari a 5,5 che, nelle ipotesi adottate, equivale all’indice SPF) portando la percentuale di sostituzione al 35%. Si ipotizza pertanto un parco installato di 20,6 milioni di pompe di calore per il comfort termico al 2020, fornendo così un contributo all’utilizzo di energie rinnovabili di circa 3,1 Mtep/anno; il contributo aggiuntivo - cumulato sui 10 anni - di tali apparecchiature rispetto uno scenario BAU è pari a 0,6 Mtep. Da non sottovalutare la riduzione di tonnellate di CO2 (circa 350 ktCO2/anno) emesse grazie alla elevata performance energetica di simili prodotti. Inoltre si sottolinea che nel conto effettuato non è calcolato il contributo per il domestico delle pompe di calore aria-acqua, oggi esiguo, ma che ha grandi potenzialità di sviluppo al 2020. In sintesi i benefici ottenibili con un incentivo alla sostituzione di pompe di calore per il comfort termico residenziale si sostanziano in: Quota FER (Mtep) anno 2020 Incremento quota FER BAU/BAT cumulata (Mtep) Risparmio energetico BAU/BAT (Mtep) 3,1 0,6 1,3 Si evidenzia quindi il beneficio dovuto sia al maggior contributo alle FER, sia alla riduzione dei consumi elettrici. 3.4 Caminetti e stufe a biomassa E’ ormai ampiamente riconosciuto che la legna costituisce una valida fonte energetica alternativa rispetto ai combustibili fossili convenzionali per numerosi motivi. La tecnologia ha fatto passi avanti importanti anche per quanto riguarda i rendimenti: nei nuovi prodotti si bruciano quantità di biomassa enormemente inferiori rispetto al passato (circa il 50%) ottenendo tra l’altro un maggior calore reso attraverso una migliore diffusione all’interno della abitazione. L’industria italiana ha vissuto momenti di crescita interessanti grazie anche ad una forte vivacità imprenditoriale, agevolata da un mix tecnologico/design che pochi paesi al mondo possono vantare. Al contrario, il territorio nazionale ha risposto con una visione quasi del tutto mono-indirizzata dal prezzo e dal design e non da parametri di qualità come emissioni e prestazioni di prodotto. L’industria crede invece che un’incentivazione del 36% (come in vigore attualmente – arco temporale 10 anni - ma applicata nell’arco temporale di 5 anni), ripercuotendosi sul numero di sostituzioni riduca di fatto le emissioni, sia in modo diretto che indiretto: in termini di diminuzione di consumi di legna, di polveri emesse, e di risparmio energetico nazionale incidendo sulla parte derivata dall’utilizzo di combustibili fossili. Inoltre in tale contesto calore/riscaldamento. sarà sviluppato l’utilizzo di biodiesel nel settore 25 L’analisi considera i prodotti con una potenza termica inferiore ai 35 Kw che sono in particolare, le Cucine economiche - Caminetti/inserti chiusi Legna - Stufe a legna idro/aria - Stufe a Pellets idro/aria. Si consideri che di tali apparecchiature ne sono installate circa 10 milioni, delle quali funzionati sono circa 4,8 milioni al 2009 per un consumo stimato di 11.000.000 di Tonnellate, pari a 5 Mtep. Sono state analizzate due situazioni: una in assenza di strumenti di orientamento del mercato (scenario BAU) e l’altra in loro presenza (scenario BAT). Le assunzioni per lo scenario BAT prevedono la sostituzione delle tecnologie esistenti con tecnologie più efficienti, in particolare (i) chiusura dei caminetti aperti con inserti (ii) diffusione degli prodotti ad alta efficienza (con rendimento dei generatori maggiore del 75% per i prodotti a legna, maggiore dell’85% per quelli a pellet). Pertanto, promuovendo la diffusione delle tecnologie efficienti attraverso la sostituzione degli apparecchi vetusti si arriverebbe al 2020 a risparmiare 3 milioni di tonnellate di biomassa (ossia 1,35 Mtep) di cui 2,7 milioni di tonnellate (1,2 Mtep) solo dalla sostituzione di apparecchi a legna vetusti con apparecchi a legna ad alta efficienza. Tra le misure per il raggiungimento dei consumi finali previsti nel Piano, si individua l’utilizzo dei bioliquidi nei generatori di calore anche attraverso incentivi alla sostituzione di vecchie caldaie e caminetti con nuove caldaie a bioliquidi ad alta efficienza energetica, nonché attraverso una revisione dei TEE premiando, in maggior misura, l’efficienza energetica ottenuta mediante impianti che utilizzano biomasse e bioliquidi. Si consideri inoltre che tali tecnologie hanno una bassa soglia economica di accesso ed una facile integrazione con altri sistemi. L’analisi parte da due concetti chiave, uno il raggiungimento degli obiettivi nazionali in attuazione alla direttiva RES, il secondo l’abbattimento delle polveri in aria nel bacino padano. Per conciliare questi due fattori siamo partiti dal dato di consumo accreditato formalmente da ENEA, 1,5 Mtep per poter poi stimare in 4,6 Mtep di consumi di biomassa per riscaldamento attualmente utilizzati in impianti domestici. Successivamente abbiamo individuato le tecnologie BAT che ci permetteranno di ridurre le emissioni in ambiente. I risultati si possono quindi riassumere in riduzione del consumo di legna - con effetto sull’emissione complessiva di polveri in ambiente - per cui si registrerebbe un aumento della quota nazionale ascrivibile alle biomassa e bioliquidi in attuazione della direttiva RES dall’attuale 1,5 Mtep al 4,5 Mtep al 2020. Inoltre si avrebbe una riduzione delle emissioni di ogni singolo impianto in alcuni casi del 70%. In aggiunta si deve considerare un incremento/mantenimento dell’attuale situazione occupazionale; il mantenimento del ruolo strategico che l’industria nazionale può giocare su mercati esteri; la promozione delle tecnologie efficienti; un maggior introito per lo Stato con effetto sull’economia e relativo indotto ed emersione del nero; un risparmio sulla bolletta energetica per gli utenti ed infine la creazione del primo catasto nazionale dei 26 prodotti per la certificazione dei valori di Mtep derivanti dall’uso della biomassa legnosa per riscaldamento. 3.5 Proposte per le pompe di calore per il settore termico e per caminetti e stufe a biomassa a. Strumenti per la riduzione dei costi di gestione Le tariffe elettriche, in particolare per il settore domestico, penalizzano i costi energetici di gestione delle pompe di calore perché presentano un prezzo dell’energia ( /kWh) variabile per scaglioni di consumo (kWh/anno) e crescente all’aumentare dei consumi: i consumi della pompa di calore, che funziona sia nel periodo estivo sia in quello invernale, ricadono negli scaglioni più alti con tariffe più elevate. Tutto questo è in contrasto con lo spirito della Direttiva RES la quale, in merito alle forniture di energia elettrica ai beni che producono energia rinnovabile (HP), prevede che queste siano improntate sui costi reali sostenuti e quindi opportunamente depurate dei vari balzelli che oggi aggravano i costi gestionali degli impianti alimentati da pompe di calore e ne ostacolano la diffusione. Inoltre è indispensabile non applicare a questa tecnologia la tariffa a scaglioni sopraesposta, che inevitabilmente, a causa dei consumi obbligati del settore domestico, fa ricadere la pompa di calore nella tariffa più elevata. A titolo puramente esemplificativo, possiamo dire che nei vari periodi a fronte di un prezzo medio di circa 6,2 cent del kWh nel mercato all’ingrosso, il cliente domestico che installa una pompa di calore paga anche 30 cent /kWh. E’ necessario definire per le pompe di calore, in particolare per il domestico, una tariffa “omnicomprensiva” improntata sui costi reali e quindi opportunamente depurata dei vari balzelli che oggi aggravano i costi gestionali degli impianti alimentati da pompe di calore e che ne ostacolano la diffusione. b. Regime di sostegno per la promozione delle pompe di calore nel settore del riscaldamento e del raffrescamento Gli strumenti previsti nel Piano, pur con l’approccio dell’integrazione delle politiche di incentivazione, per le pompe di calore prevedono: Detrazioni fiscali del 55% delle spese sostenute per l’installazione di pompe di calore; per ora fino a tutto il 2010. Come già detto è necessario che il 55% abbia un orizzonte di medio-lungo termine per assicurare la certezza degli investimenti di processo. Inoltre sarebbe opportuno estendere la misura anche e a tecnologie ad oggi non previste (ad es. pompe di calore per la produzione di acqua calda sanitaria). Vanno anche rimodellati i valori di prestazione COP e EER di alcune tipologie (aria/acqua sotto i 35 kW) per rendere più diffuso il ricorso a questo strumento di incentivazione. 27 Titoli di efficienza energetica È riconosciuta anche nel Piano la necessità di un potenziamento e adeguamento dello strumento dei certificati bianchi. Suggeriamo un potenziamento del valore a TEP di energia primaria risparmiata (oggi è circa dieci volte inferiore alla valorizzazione di un Tep risparmiato con il 55%). Inoltre l’incentivo dei certificati bianchi dovrebbe andare (anche) direttamente all’utente finale. Nel paragrafo 4.2.2 relativo alle specifiche tecniche richieste per l’accesso allo strumento dei TEE si sottolinea che: − a pag. 46 nell’elenco delle schede dell’AEEG manca il riferimento alla Scheda 26 (scheda analitica per TEE che riguarda le GAHP) e contestualmente a pag. 126 bisogna inserire la correzione che i TEE (si applicano anche alle Pompe di calore a gas (vedi Scheda 26) − sarebbe opportuno indicare che ulteriori iniziative (nuove schede) sono in fase di elaborazione e non ancora pubblicate (in particolare per l’installazione di (i) pompa di calore elettrica per produzione di acqua calda sanitaria in impianti nuovi ed esistenti e (ii) di caminetti o stufe alimentate a biomasse legnose in ambito residenziale con potenza inferiore a 35 kW); Nel par. 4.4. e 4.6 tra le possibili iniziative di supporto per promuovere l’uso di rinnovabili rispettivamente nel riscaldamento e raffreddamento e della biomassa e bioliquidi – nonché nelle tabelle e riferimenti vari - andrebbero elencati altri strumenti, quali: incentivi alla sostituzione diretti al consumatore al fine di creare una leva in grado di anticipare la domanda di sostituzione e di indirizzarla in fascia alta. Gli incentivi diretti al consumatore riescono a trasformare molto rapidamente il mercato. prestiti a tasso agevolato attraverso programmi di credito, nonché eventuali fondi di garanzia istituiti con propri stanziamenti dalle Regioni, dalle Province o dai Comuni (il prestito potrebbe essere in parte sostenuto anche con stanziamenti volontari dell’Industria, da portare in detrazione dalla tassazione di impresa) sgravi fiscali per l’industria grazie ai quali i produttori, per poter godere dei benefici fiscali, sarebbero impegnati ad immettere sul mercato una gamma completa di apparecchiature funzionanti ad energia rinnovabile e/o con prestazioni energetiche di alto livello anticipare subito a livello nazionale l’introduzione della definizione di aria ambiente come fonte di energia rinnovabile di cui alla Direttiva RES. Un rapido recepimento a livello nazionale di questa definizione accrediterebbe sin da subito le pompe di calore ad aria come apparecchi utilizzanti fonte energetica rinnovabile, consentendo loro una maggiore penetrazione nel mercato attraverso le attuali regolamentazioni. introdurre un metodo di contabilizzazione della biomassa consumata. Le stime ufficiali non contabilizzano una grande quantità di biomassa utilizzata a livello nazionale per produrre calore. La sola contabilizzazione dei flussi non registrati di 28 biomassa porterebbe ad un notevole contributo agli obiettivi nazionali relativamente agli obblighi imposti dalla Direttiva RES. Revisione e potenziamento dei TEE premiando, in maggior misura l’efficienza energetica ottenuta mediante impianti che utilizzano biomasse e bioliquidi. Programmi di formazione ed informazione per figure tecniche ed utenti finali. Infine si ritiene necessaria l’immediata: introduzione dell’obbligo nazionale di produzione di almeno il 50% del fabbisogno energetico per Aqua Calda Sanitaria “da rinnovabile” considerando come tali anche da “pompe di calore” e non solo “da solare termico”; emissione dei decreti legislativi di riconoscimento della sorgenti “aerotermica, idrotermica e geotermica” come fonti rinnovabili in tutta Italia (alcune ragioni attualmente non le riconoscono come tali: per esempio Piemonte, Liguria, Marche ed Emilia Romagna). 3.6 Solare termico Oltre alla notevole esposizione del nostro territorio all’irraggiamento solare, che è già un elemento non trascurabile a favore dello sviluppo del solare termico, vi è da valutare che stiamo considerando un' industria comprendente piccole e medie imprese specializzate e grandi aziende termoidrauliche, che arricchisce di fatto il tessuto industriale italiano, creando innovazione e occupazione e che lascia intravedere con facilità l’obiettivo di 1 m2 di pannelli installati per abitante al 2020. Come scenario previsionale di crescita ipotizziamo che la potenza termica media per pannello sia pari a 700 W/m2 e la produzione media annua nelle varie regioni italiane sia pari a 760 kWh/m2 (nord), 950 kWh/m2 (centro), 1050 kWh/m2 (sud). Inoltre si assume che per soddisfare il 50% del fabbisogno di una famiglia di 4 persone occorrano circa 2,5 m2 di pannelli (potenza installata pari 1,7 kW). Assumiamo che vi sia un incremento delle installazioni dei collettori solari in Italia, soprattutto per il soddisfacimento del fabbisogno di acqua calda sanitaria nelle abitazioni, che inciderà sempre di più in futuro sul fabbisogno complessivo dell’edificio. In base a questa ipotesi si considera un forte impulso all’installazione di tali collettori prevalentemente negli edifici monofamiliari e nei condomini nuovi o ristrutturati dotati di produzione di acqua calda sanitaria centralizzata. Nulla vieta d’installare pannelli solari in altri casi, ma si ritiene che i casi di seguito contemplati riassumano le principali casistiche e potenzialità di questa tecnologia, che si integra perfettamente con i sistemi di riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria a combustibili fossili, in particolare a condensazione. Si assume pertanto che per soddisfare il 50% del fabbisogno di energia primaria per la produzione di ACS per un appartamento di circa 140 m2 (mediamente una famiglia di 4 persone) occorrano circa 2,5 m2 di pannelli (potenza installata pari 1,7 kW). 29 Lo scenario cumulato al 2020 si basa sulle seguenti ipotesi: Edifici monofamiliari – ristrutturazioni e/o interventi sull’impianto − Numero stimato di edifici appartenenti a questa tipologia: 7 milioni − Ciascun edificio è dotato in media di una superficie di collettori solari pari a 2,5 m2, per una potenza termica di 1,75 kW, che fornisce una produzione di ACS di 0,18 tep/anno. La superficie complessiva di collettori solari su questa tipologia di edificio sarà quindi pari a 17,5 milioni di m2, pari a 12.250 MW, per una produzione di energia pari a circa 1,23 Mtep Edifici monofamiliari – nuove costruzioni − Numero stimato di edifici appartenenti a questa tipologia: 550.000 − La superficie complessiva di collettori solari su questa tipologia di edificio sarà quindi pari a 1,375 milioni di m2, pari a 962,5 MW, per una produzione di energia pari a circa 0,1 Mtep. Condomini nuovi o ristrutturati con ACS centralizzata - ristrutturazioni e/o interventi sull’impianto − Numero stimato di edifici con impianto centralizzato: 1.000.000 condomini. − Media di 6 unità abitative per condominio, per un totale di circa 6 milioni di unità abitative. − Ciascun condominio è dotato in media di una superficie di collettori solari pari a 15 m2, per una potenza termica di 10,5 kW, che fornisce una produzione di ACS di 1,08 tep/anno per condominio. − La superficie complessiva di collettori solari su questa tipologia di edificio sarà quindi pari a 15 milioni di m2, pari a 10.500 MW, per una produzione di energia pari a circa 1,05 Mtep. Condomini nuovi o ristrutturati con ACS centralizzata - nuove costruzioni. − Numero stimato di edifici con impianto centralizzato: 88.000 condomini. − Media di 6 unità abitative per condominio, per un totale di circa 528.000 unità abitative La superficie complessiva di collettori solari su questa tipologia di edificio sarà quindi pari a 1,320 milioni di m2, pari a 924 MW, per una produzione di energia pari a circa 0,09 Mtep. La tabella che segue riassume la situazione: 30 A questi valori sono da aggiungersi tutti gli interventi di: − edilizia non residenziale: ad esempio alberghi, ospedali, case di riposo, carceri, palestre, piscine, etc; − “solar cooling”: particolare attenzione meritano i sistemi di raffrescamento solare, che rappresentano una tecnologia in forte espansione, che utilizza l’energia termica proveniente dalla fonte solare nel periodo in cui questa è maggiormente disponibile e necessaria, ovvero durante il periodo estivo per la produzione di freddo. Il settore, nel quale le aziende stanno pianificando grandi investimenti in ricerca e sviluppo, trova già oggi applicazioni di interesse. Quanto sopra evidenziato lascia quindi intravedere con facilità il traguardo di 1 m2 installato per abitante, ovvero superiore ai 3 Mtep e di gran lunga superiore a 1,4 Mtep della bozza di Piano d’azione attualmente in consultazione. Al fine di raggiungere tale potenziale è necessario garantire un sistema di incentivazione stabile nel tempo e, a tal proposito, si sottolinea la necessità di: prorogare degli incentivi del 55% successivamente al 2010, almeno nel medio periodo; incentivare i sistemi ibridi con tecnologie solari termiche + elettriche e dei sistemi avanzati ad alta efficienza (es microCHP); prevedere l’“ecoprestito” per l’acquisto di tecnologie ad alta efficienza, tra cui i pannelli solari termici, eventualmente sostenendo il prestito ai cittadini anche con stanziamenti volontari dell’industria da portare in detrazione dalla tassazione di impresa; mantenere l' attuale “premio efficienza energetica" nel Conto Energia Fotovoltaico come stimolo indiretto all’utilizzo del solare termico; prevedere un contributo dato in base a valori tabellari (una tantum ad installazione avvenuta, variabile in funzione della dimensione dell' impianto) per impianti fino ai 30 2 m di superficie e di un “conto energia termico” (attraverso conta calorie applicato all’impianto e sistema di trasmissione dei dati a un soggetto terzo), per impianti di taglia superiore ai 30 m2. Rileviamo inoltre che lo strumento dei certificati bianchi non è oggi economicamente conveniente per incentivare anche quei numerosissimi piccoli e medi interventi che concorrerebbero all’obiettivo finale, ma che rischiano di rimanere solo sulla carta. Cogliamo con interesse il proponimento della bozza del Piano d’Azione laddove si indica di attivare strumenti logicamente simili alle detrazioni fiscali per gli interventi con tempi di 31 ritorno elevati o dimensione minore ed eseguiti da soggetti diversi da imprese. Le risorse potrebbero essere raccolte con le stesse modalità con le quali sono coperti gli oneri connessi ai certificati bianchi. Con riferimento al tema della semplificazione e all’abbattimento delle barriere non economiche è necessario che, pur nel rispetto del burden sharing regionale con la condizione che tutte le regioni fondino la loro politica ambientale dal punto di vista tecnico su standard europei riconosciuti (ad es. norme EN), vi sia un forte coordinamento nazionale per evitare distorsioni nell’applicazione di uno strumento legislativo di fondamentale importanza. A tal fine è auspicabile che si proceda al più presto a definire le modalità applicative per l’obbligo, per tutte le categorie di edifici pubblici e privati, nel caso di nuova costruzione o di nuova installazione o ristrutturazione degli impianti termici, di assicurare la copertura di almeno il 50% (20% per edifici in centri storici) del fabbisogno annuo di energia primaria richiesta per la produzione di acqua calda sanitaria con l’utilizzo di fonti rinnovabili. In un contesto di abbattimento delle barriere non economiche e per una piena diffusione delle fonti di energia rinnovabile chiediamo che si valuti la possibilità di accesso a livello nazionale a premi volumetrici e sconti di urbanizzazione per i costruttori edili che utilizzano le tecnologie solari, sulla base di quanto è da tempo in atto in alcuni Comuni virtuosi con una buona rispondenza pratica. Per quanto riguarda invece la certificazione o qualificazione degli installatori, riteniamo importante formare i profili delle figure di installatori di sistemi con energie rinnovabili, che sono sempre più complessi ed evoluti; parimenti riteniamo che lo schema di qualificazione debba essere volontario e guidato dall’industria per evitare di “ingessare” il mercato in attesa della definizione di uno schema di qualificazione. Solleviamo infine l’attenzione su una possibile criticità legata all’ipotesi di regolamentare e sostenere economicamente l’immissione di biogas opportunamente trattato nella rete del metano, laddove tecnicamente possibile, oppure, nei casi di elevate concentrazioni di biogas, sostenere anche la realizzazione di reti di trasporto del biogas alla rete del gas naturale. Ricordiamo che è attualmente in corso una valutazione legata alla definizione di nuovi parametri di qualità del gas distribuito in rete come richiesto dal mandato M400 della Commissione Europea. E’ pertanto questo un tema da valutare con molta attenzione per evitare problemi di incompatibilità o danneggiamenti sugli apparecchi esistenti, a volte anche molto obsoleti. Come ultima nota citiamo quanto riportato a pag. 89 della bozza di Piano d’Azione, ovvero che lo sviluppo del teleriscaldamento e del teleraffrescamento, soprattutto se abbinato alla cogenerazione, è ritenuto utile per più obiettivi: risparmio ed efficienza energetica, riduzione dell’inquinamento delle città e sviluppo economico e occupazione. Riteniamo che l’atteso Piano straordinario per l’efficienza energetica debba esprimersi proprio in materia di risparmio ed efficienza energetica e chiediamo che ciò venga fatto sulla base di evidenze scientifiche e di dati oggettivi; nel fare ciò riteniamo che debbano essere considerate altre “best available technology” (ad esempio generatori di calore a condensazione abbinate a pannelli solari termici) che, soprattutto nella riqualificazione dell’esistente, possono garantire importanti obiettivi di risparmio ed efficienza energetica con costi-benefici non trascurabili. 32 4 Trasporti La quota di biometano (biogas depurato e immesso in rete) appare sottostimata e andrebbe incentivata anche in considerazione della notevole diffusione in Italia di autoveicoli alimentabili a metano (soprattutto nel trasporto pubblico) e della capillarità della rete di distribuzione del gas naturale. Per quanto riguarda i biocarburanti di seconda generazione appare utile monitorare gli sviluppi tecnologici nei prossimi anni per valutarne l’effettiva potenzialità al raggiungimento dell’obiettivo al 2020. 4.1 Ipotesi di sviluppo dei biocarburanti al 2020 Gli obiettivi di energia rinnovabile da impiegare nel settore dei trasporti, indicati nel piano, sono coerenti con le ipotesi di consumi finali di energia nei trasporti ipotizzati al 2020. La previsione di tali consumi è stata determinata prevedendo un consumo finale lordo di energia per i trasporti al 2020, di 38.544 kTep (Scenario di riferimento) che si riduce a 33.975 kTep con misure di efficienza energetica supplementare. Ne consegue un obiettivo di energia da fonti rinnovabili da traguardare nei trasporti di 3.397 kTep. Ai fini del calcolo dell’obiettivo per i trasporti, devono essere considerati i biocarburanti ricavati da rifiuti, residui, sottoprodotti, alghe materie prime non alimentari. Dall’analisi del Piano non emergono con chiarezza le misure di efficienza energetica supplementare che portano ai consumi finali previsti e poiché tale dato è rilevante sia ai fini della stima di energia rinnovabile nei trasporti che per la ripartizione di tale energia nelle varie misure è opportuno che le ulteriori misure di efficienza energetica vengano evidenziate con maggiore visibilità. Per promuovere ulteriormente le misure di efficienza energetica e allinearsi ai consumi finali previsti nel Piano, si dovrebbero prevedere agevolazioni a sostegno degli impianti nazionali di produzione di biodiesel che ottengono miglioramenti in termini di efficienza energetica (valutata per tonnellata di biodiesel prodotto). Si dovrebbero, altresì, prevedere agevolazioni a sostegno degli impianti nazionali di produzione di biodiesel che utilizzano il sottoprodotto glicerina quale materia prima energetica. Tuttavia, per la parte relativa ai trasporti sono stati correttamente previsti quantitativi di biodiesel e bioetanolo al 2020 abbastanza in linea con le attuali specifiche tecniche (massimo 7% in volume di biodiesel nel gasolio e 10% in volume di bioetanolo nella benzina) specifiche tecniche che, per l’industria motoristica, devono essere confermate fino al 2020. 4.2 Sviluppo futuro delle specifiche tecniche dei carburanti e dei biocarburanti I volumi di biocarburanti ipotizzati nel Piano al 2020 rappresentano la massima quantità utilizzabile in linea con la possibilità di miscelare percentuali di biocarburanti di prima 33 generazione (bioetanolo e biodiesel) nelle benzine e nei gasoli alle attuali specifiche (7% vol. per il biodiesel e 10% vol. per il bioetanolo in conformità con la Direttiva 2009/30/CE). La previsione di un volume superiore non sarebbe accettata dall’industria motoristica in questo periodo. Lo sviluppo di specifiche adeguate e totalmente condivise dall’industria automobilistica, che consentano di rispettare una completa intercambiabilità dei carburanti, rappresenta la condizione indispensabile per accettare volumi crescenti di biocarburanti nel settore dei trasporti. In assenza di tale specifiche non possono essere gestite percentuali di biocarburanti di prima generazione superiori alle attuali. La Direttiva 2009/28/EC (RED), che impone l’uso del 10% di energia da fonti rinnovabili in tutte le forme di trasporto entro il 2020 comporterà una miscelazione di biocarburanti nelle benzine e nei gasoli superiore rispetto alle attuali percentuali. La Direttiva 2009/30/EC (FQD), che prevede un regime di sostenibilità per i biocarburanti equivalenti ai dispositivi introdotti dalla Direttiva 2009/28/EC (RED), per quanto riguarda la benzina, ha regolamentato unicamente un grado della benzina ad alto contenuto di biofuel (max 10% vol. di bioetanolo). Le nuove caratteristiche ambientali dovranno ora essere recepite nella Norma prEN 228 del CEN, che fissa i parametri della benzina sia in termini ambientali che prestazionali. Per quanto riguarda il gasolio, il limite al contenuto di FAME (biodiesel) è del 7% Vol. ma, ai sensi della Direttiva 2009/30/EC, gli Stati membri possono autorizzare l’immissione sul mercato di diesel con contenuti di FAME superiori al 7%. L’Italia adeguerà le specifiche tecniche dei biocarburanti alle specifiche che saranno adottate e concordate con l’industria petrolifera, motoristica e dei produttori di biodiesel, a livello comunitario. E’ pertanto importante confermare senza modifica le ipotesi di sviluppo dei biocarburanti di prima generazione in prospettiva 2020 riportate nella bozza di Piano attualmente in inchiesta. 4.3 Criteri di sostenibilità ambientale dei biocarburanti e verifica della conformità 4.3.1 Criteri di sostenibilità ambientale dei biocarburanti Nel Piano è previsto che il principale meccanismo nazionale volto a promuovere l’utilizzo delle energie rinnovabili nel settore trasporti è costituito dall’obbligo di immissione in consumo di una quota minima di biocarburanti, a carico dei fornitori di carburanti. Viene anche specificato che per i biocarburanti, è necessario tenere conto solo di quelli che rispettano i criteri di sostenibilità della direttiva 2009/28/CE (articolo 5, paragrafo 1, ultimo comma). Le condizioni di sostenibilità dovranno riconoscere maggior valore, ai fini del rispetto dell’obbligo della quota minima, ai biocarburanti ricavati dai rifiuti, da residui e sottoprodotti o comunque di seconda generazione, e a quelli che presentano maggior vantaggi in termini di emissioni evitate di gas serra ed anche attraverso lo sviluppo di filiere produttive 34 per l’ottenimento di biocarburanti di seconda generazione e lo sviluppo di filiere produttive di biodiesel prodotto da materie prime di origine non alimentate come ad esempio alghe e tabacco, oltre ai rifiuti, ai residui e ai sottoprodotti. Si dovrebbero introdurre inoltre misure volte a sostenere l’impiego in extra rete di biodiesel miscelato al 25% e, nel contempo, si sosterrà la revisione delle norme tecniche per un graduale aumento della percentuale miscelabile in rete. Si dovrebbero, altresì, introdurre, in particolare, misure volte a sostenere l’impiego di B25 e/o biodiesel puro: − nel settore della nautica da diporto con particolare riferimento alle caratteristiche di biodegradabilità in acqua; − nel settore della moto pesca; − nel settore del gasolio agricolo, con adeguata rimodulazione dell’agevolazione delle accise. La conformità alla direttiva 2009/28/CE deve essere dimostrata rispetto al prodotto finale. Allo scopo di contribuire allo sviluppo di sistemi volontari di "certificazione" per la sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi ai sensi dell' articolo 18, paragrafo 4, della direttiva 2009/28/CE, potrebbe essere richiesto agli operatori di certificare la “catena di rintracciabilità” basata sul metodo dell’equilibrio di massa, quale sistema in cui le caratteristiche di sostenibilità rimangono associate alle partite di prodotto finito (biodiesel) e non alle partite di olio da avviare all’esterificazione. Potrebbe essere adottato anche un sistema di certificazione analogo a quello istituito in Germania. Inoltre, per scongiurare distorsioni al mercato globale dei biocarburanti con adempimenti amministrativi impropri ed in grado di determinare gravi ripercussioni sul prezzo dei prodotti, è necessario sottolineare l’importanza di evitare eccessive rigidezze burocratiche nel definire le regole per le verifiche delle certificazioni ambientali e di assicurare la massima semplificazione per gli adempimenti a carico dei soggetti obbligati. 4.3.2 Verifica della conformità Il Ministero della Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, ha elaborato uno studio che definisce la metodologia per il calcolo della riduzione delle emissioni ad effetto serra del biodiesel, confrontando i valori ottenuti con i valori standard di riduzione delle emissioni ad effetto serra riportati nell’Allegato V alla direttiva 2009/28/CE. Le filiere analizzate hanno riguardato il biodiesel da semi di colza italiani e da semi di colza francesi, il biodiesel da soia italiana, il biodiesel da olio di palma proveniente dalla Malesia, nonché da seme di girasole nazionale. La metodologia ed il calcolo dei valori emersi saranno utili per la definizione del quadro normativo nazionale. La procedura per la verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità della filiera agroalimentare sarà basata sulla norma UNI 22005:2008. 35 Per i biocarburanti prodotti al di fuori dell’Unione Europea o a partire da materia prima proveniente da paesi terzi, si farà ricorso agli accordi bilaterali o multilaterali eventualmente conclusi dalla Commissione ai sensi dell’art. 18, paragrafo 4, della Direttiva 2009/28/CE. In alternativa, il prodotto o la materia prima proveniente da Paesi extra comunitari, dovranno essere accompagnati da certificazione rilasciata da Ente certificatore accreditato a livello europeo. Per la verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità per i biocarburanti di cui all’art. 18 della direttiva 2009/28/CE, il prodotto dovrà essere accompagnato da certificazione rilasciata da un Ente accreditato, secondo parametri individuati e regolamentati dalla normativa europea e/o nazionale. Per quanto riguarda i biocarburanti di seconda generazione, si valorizzerà la produzione da rifiuti, da residui e da sottoprodotti e si promuoveranno le attività di ricerca e sviluppo finalizzate alla produzione di biocarburanti da materiale ligno-cellulosico. In tale senso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha finanziato attività di ricerca applicata che saranno realizzate nel prossimo triennio. 4.4 Armonizzazione del Piano e del recepimento della Direttiva 2009/28/CE con la legislazione nazionale vigente La legislazione vigente sui biocarburanti prevede l’obbligo di immissione in consumo di una quota minima di biocarburanti, a carico dei fornitori di carburanti. La quota di biocarburanti stabilita per il 2010 è pari al 3,5% su base energetica che per il 2011 cresce al 4% e nel 2012 al 4,5%. Come strumento per il monitoraggio e la verifica dell’adempimento all’obbligo, sono stati istituiti i “certificati di immissione in consumo di biocarburanti”, emessi dal Ministero delle Politiche Agricole avvalendosi dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA). Per il futuro si conta di agire principalmente con lo strumento dell’obbligo della quota minima, nel rispetto delle condizioni di sostenibilità e con attenzione allo sviluppo di biocarburanti di seconda e terza generazione, nonché alla sostenibilità sociale dei biocarburanti. Le condizioni di sostenibilità potranno essere utilizzate in modo da riconoscere maggior valore, ai fini del rispetto dell’obbligo della quota minima, ai biocarburanti ricavati dai rifiuti, residui e sottoprodotti, o comunque di seconda generazione, e a quelli che presentano maggior vantaggi in termini di emissioni evitate di gas serra. Si richiede che l’obbligo di utilizzo esclusivo di biocarburanti certificati sotto il profilo ambientale sia introdotto con gradualità per consentire agli operatori di pianificare con attenzione gli approvvigionamenti di prodotti necessari al rispetto della legislazione italiana. In particolare la Direttiva 2009/28/CE differisce al 1° aprile 2013 l’obbligo di certificazione ambientale per i biocarburanti prodotti in impianti già in servizio al 23 gennaio 2008. Richiediamo conseguentemente che ai fini del rispetto degli obblighi vigenti con la legislazione nazionale, la certificazione ambientale dei biocarburanti venga imposta a partire dal 31 dicembre 2013. Prima di quella data esigere una certificazione ambientale creerebbe pesanti distorsioni al mercato dei biocarburanti. 36 Con il recepimento della Direttiva 2009/28/CE andrebbe inoltre recepito nell’ordinamento nazionale anche la possibilità di ricorrere a biocarburanti di seconda e terza generazione nonché a quelli ricavati dai rifiuti residui e sottoprodotti, o comunque di seconda generazione, e a quelli che presentano maggior vantaggi in termini di emissioni evitate di gas serra, nonché a quelli che consentono di raggiungere più agevolmente gli obiettivi fissati (B25 - biodiesel miscelato al 25%, B100, bio-metano, HVO, ecc.). 4.5 Biocarburanti di seconda generazione ed impiego di elettricità nei trasporti Il Piano prevede al 2020 l’impiego di 250 kTep di Biodiesel di seconda generazione e di 100 kTep di bioetanolo/ETBE sempre di seconda generazione. Inoltre è stato ipotizzato un utilizzo di auto elettriche tali da generare un consumo di energia elettrica da fonti rinnovabili nel trasporto su strada pari a circa 100 kTep. Sulla base dello stato dell’arte attuale non è possibile fare previsioni sulla correttezza di tali ipotesi. Ciò nonostante, in presenza di una rapida evoluzione delle tecnologie di riferimento, le ipotesi del Piano potranno essere confermate o addirittura superate. Si evidenzia che qualora lo sviluppo di queste nuove fonti di energia rinnovabile nei trasporti non dovesse rispondere alle aspettative attese, sarebbe oltremodo difficoltoso ribaltare i consumi mancanti di energia rinnovabile sui biocarburanti di prima generazione i cui limiti sono stati ampiamente illustrati in precedenza. 37