La ricerca topografica rurale di età romana in Friuli

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La ricerca topografica rurale di età romana in Friuli
LA RICERCA TOPOGRAFICA RURALE DI ETÀ ROMANA IN FRIULI:
I LIMITI DELLE INDAGINI
di Fabio Prenc (Archeotime S.a.S. di Trieste - Società Friulana di Archeologia)
Premessa.
Negli ultimi due decenni vi è stata un’abbondante produzione di studi topografici sul Friuli in età romana, per quanto
riguarda sia l’aspetto insediativo che quello della pianificazione territoriale, come si può desumere dal censimento
degli studi effettuato da C. Zaccaria e L. Toneatto in occasione del Convegno di Asolo del 1989 (1). Per quanto riguarda
gli studi sull’organizzazione insediativa va segnalato che si è trattato di singole iniziative slegate tra di loro che non
hanno portato alla realizzazione di vere e proprie “carte archeologiche” ma piuttosto a delle “carte di localizzazione,
definizione e descrizione delle aree archeologiche”, generalmente prive di adeguati studi sui materiali, di supporti
cartografici di dettaglio e di specifiche analisi per l’inquadramento dell’habitat antico. Anche gli studi sulla
pianificazione territoriale sono stati spesso il risultato di operazioni di ricerca metodologicamente poco corrette e poco
affidabili dal punto di vista storico (2).
Un caposaldo negli studi della topografia rurale di età romana del Friuli sono da considerare le indagini realizzate
da alcune équipe operanti nell’ambito dell’Università di Trieste. La prima iniziativa è stata portata a termine nel 1984
da M.J. Strazzulla e C. Zaccaria (3) che hanno redatto un completo elenco delle aree archeologiche segnalate negli
archivi regionali ed in cui sono state delineate in maniera molto essenziale alcune delle problematiche dell’insediamento rustico in Friuli. Negli anni immediatamente successivi T. Cividini (4) ha portato a termine la ricostruzione del
tessuto insediativo nel territorio dei comuni di Sedegliano e Codroipo e P. Egidi (5) nelle aree magredili dell’alto
pordenonese tra i fiumi Tagliamento e Cellina (Fig. 1). Anche le indagini intraprese da C. Zaccaria (6), hanno poi avuto
prosecuzione con una serie di ricognizioni topografiche effettuate da G. Boschian, P. Maggi e F. Prenc (7) nella Bassa
Friulana occidentale, a partire dal bacino dello Stella. Pure le centuriazioni friulane sono state fatte oggetto di nuove
indagini soprattutto la zona del sandanielese e la media e bassa pianura friulana (8) (Fig. 2).
Recentemente hanno preso l’avvio due importanti lavori; il primo è stato promosso dalla Soprintendenza
Archeologica e per i B.A.A.A.S. del Friuli-Venezia Giulia, che ha avviato un progetto di ricerca geoarcheologica teso
alla definizione degli habitat naturali e delle caratteristiche morfologiche delle aree lagunari e perilagunari durante
le varie fasi dell’insediamento antico; l’altro è stato invece affidato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia ad un gruppo
di ricerca dell’Università di Trieste ed ha per oggetto il censimento e la localizzazione geografica di tutte le aree
archeologiche regionali e dei principali assi centuriali per una loro migliore e più efficace tutela in sede di
pianificazione e gestione del territorio.
A conclusione di oltre vent’anni di attività di ricerca, qual è dunque la situazione che oggi ci si presenta ?
A livello di censimento dati il pacchetto di informazioni tanto sugli assi centuriali che sull’assetto insediativo è
certamente cospicuo; si possiedono infatti elementi più o meno precisi su migliaia di aree archeologiche interessate
da resti di insediamenti di età romana sparse in ogni parte della pianura friulana. Ciò che ancora spesso manca è una
loro precisa documentazione cartografica, oltre ad una generale carenza di informazioni sulle scansioni cronologiche
d’insediamento sia per la mancanza di specifici riscontri sui materiali che per lo scarso utilizzo di indagini a media
ed alta intensità. Ciò di cui si è invece in assoluto carenti, a parte sporadici casi, sono i dati geomorfopedologici di
dettaglio, in grado di fornire specifiche risposte allo studio dell’insediamento antico.
Non possediamo dunque modelli né per l’evoluzione cronologica né per quella spaziale dell’insediamento rurale
romano, né tantomeno chiari dati della sua strutturazione architettonico-edilizia, mancando complete indagini di scavo
archeologico per singole tipologie di insediamento.
Le ragioni di queste carenze vanno individuate nella mancanza di precisi piani di intervento di ricerca finalizzati
alla realizzazione di una “carta archeologica” conseguenza dell’assenza di una “scuola” di topografia rurale (9). Gran
parte delle indagini sul campo sono state infatti condotte da archeologi prestati alla topografia talvolta privi di
specifiche attitudini alla ricerca territoriale e all’osservazione sul terreno e di interessi topografici. La mancata
progettazione di piani di intervento e, di conseguenza, la mancanza di adeguate coperture finanziarie non hanno reso
possibile trasferire in Friuli le esperienze e le metodologie di ricerca adottate in area centro-italica e, soprattutto, quelle
nella pianura emiliano-veneta, aree geografiche a noi strutturalmente più simili, dalla scuola bolognese e da quella
padovana.
Il perchè di questo stato di cose è dovuto al ritardo con cui l’innovativo “vento dell’ovest” è giunto a spirare sul
Friuli; cosicché, quando in altre parti d’Italia andavano già concludendosi le più importanti campagne di ricognizione
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del territorio, in Friuli si stavano muovendo con molta circospezione solo i primi passi in campagna. Poi il “vento
dell’ovest” è tornato a spirare ma di una brezza molto più rassicurante perchè tradizionale: la ricerca urbana; e così,
cambiata la moda, il territorio è stato abbandonato prima ancora di esser stato pienamente conosciuto.
Qualcosa però è destinato a mutare, di recente, infatti, è stata attivata presso l’Università di Trieste la cattedra di
Topografia antica, affidata a C. Morselli, scientificamente cresciuta in area centro-italica e sulle cui spalle è stato
caricato l’improbo lavoro di redazione della Carta archeologica voluta dalla Regione. Partendo da questo nuovo polo
di ricerca vi è dunque la possibilità di creare un’équipe capace di concludere i lavori avviati e di colmare l’enorme
divario che ci separa dalla contermini regioni padane, a patto di abbandonare l’aspetto della ricerca più prettamente
“urbano-architettonico” (lo studio degli insediamenti e più in generale dell’assetto poleografico) a vantaggio di quello
“rurale” (lo studio delle scelte locazionali e dei modi di produzione e di sfruttamento dell’ambiente, in un’ottica forse
prossima più alle indagini di pre-protostoria che a quelle storiche).
IL CASO: LE INDAGINI IN BASSA FRIULANA.
Caratteristiche dell’intervento.
Come già segnalato in premessa l’avvio degli studi in questo settore del Friuli, anticamente pertinente all’agro di
Aquileia, si deve al progetto di C. Zaccaria e M.J. Strazzulla di avviare alcune indagini sulle fornaci e sulle produzioni
laterizie aquileiesi; a questi si è in seguito unita M.-B. Carre, dell’École Française de Rome, interessata a tali indagini
allo scopo di chiarire alcuni problemi legati alle produzioni di anfore adriatiche.
Il primo passo di questo progetto si è concretizzato con lo scavo della fornace di Casali Pedrina (Comune di Teor)
(10): immediatamente la collaborazione e il sostegno di alcuni appassionati del luogo aveva reso consapevoli del fatto
che la fornace rappresentava la punta di un iceberg costituito da una miriade di aree archeologiche configurabili come
fornaci, ville e insediamenti rustici. Di conseguenza si è fatta avanti la volontà di effettuare un’indagine conoscitiva
sull’intero territorio circostante al fine di definire con la maggior precisione possibile le caratteristiche dell’insediamento antico, affidando tale incarico come argomento di tesi di laurea allo scrivente ed a Paola Maggi.
L’intervento ha interessato i sei comuni rivieraschi dello Stella (Rivignano, Teor, Palazzolo dello Stella,
Precenicco, Pocenia, Muzzana del Turgnano, per una superficie complessiva di 157,37 chilometri quadrati. Fig. 3) e
fin da principio si è caratterizzato come censimento delle aree archeologiche prima della loro definitiva distruzione;
gran parte dei terreni oggetto dell’indagine hanno subito infatti l’aggressione delle arature meccaniche fin dalla metà
degli anni ’50 per cui di queste aree in molti casi si conserva solo lo sfarinato di laterizio e di ceramica.
Si è così proceduto dapprima all’inventariazione di un cospicuo numero di reperti (circa 2.000, conservati a
Flambruzzo - Comune di Rivignano e presso l’ex Antiquarium di Palazzolo dello Stella, oggi Museo dello Stella)
provenienti dall’area oggetto dell’indagine ordinandoli per area archeologica di provenienza. Già con questo primo
intervento erano emersi interessanti risultati per quanto riguardava le varie fasi d’occupazione del territorio e risultava
possibile delineare una prima strategia insediativa. In seguito non essendo possibile, data la ristrettezza del tempo a
disposizione per l’effettuazione dell’indagine (ottobre 1988 - maggio 1989), procedere a tappeto sull’intero territorio
prescelto, si è ricorso all’ausilio di numerosi appassionati per una più rapida localizzazione delle circa cento aree
archeologiche di cui si era avuta notizia attraverso le indagini preliminari svolte presso gli archivi regionali, la ricerca
bibliografica e soprattutto grazie alle informazione fornite dagli stessi appassionati.
L’indagine sui siti è stata condotta in maniera molto celere: non sono state effettuate ricerche discrimanti per aree
quadrettate e ci si è limitati ad effettuare raccolte di superficie lungo i solchi delle arature segnalando nella cartografia
utilizzata (Carta Tecnica Regionale in scala 1:5.000) e nella scheda di sito le dimensioni dello spargimento massimo,
le aree di massima concentrazione e la presenza di aree con particolari concentrazioni di materiali (Fig. 4).
Contestualmente, durante gli spostamenti tra un’area archeologica e l’altra, si è proceduto alla verifica per grandi linee
dell’altimetria e della qualità dei terreni segnalando sulla cartografia dossi, salti di quota, la presenza/alternanza di
ghiaie, sabbie e torba. Tutte queste osservazioni preliminari sono poi state seguite da indagini di dettaglio condotte
assieme a G. Boschian.
Successivamente, utilizzando le medesime tecniche di intervento, sono stati censiti gli insediamenti dei territori dei
comuni contermini (ad ovest, lungo il corso del Tagliamento: Varmo, Ronchis, Latisana e Lignano; ad est i territori
attraversati dai fiumi Zellina, Corno e Aussa: Carlino, Porpetto, San Giorgio di Nogaro, Torviscosa e il settore in
terraferma di Marano Lagunare. Fig. 3), raggiungendo complessivamente una superficie di 347,71 chilometri quadrati
(11), e si è proceduto allo studio di numeroso altro materiale archeologico di provenienza locale, completando
l’inventariazione di quello conservato presso il Museo dello Stella e dei materiali presenti nei depositi di Corgnolo
(Comune di Porpetto) e di Carlino (12).
Sono stati inoltre realizzati due limitati ma estremamente interessanti interventi di scavo archeologici nelle ville
rustiche di Pirin (Comune di Teor) (13) e della Coluna (Comune di Carlino) (14) (Fig. 3) che hanno aumentato in modo
considerevole le nostre conoscenze sull’occupazione romana di quest’area.
La ricerca archeologica di superficie in area padana
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I risultati.
Queste indagini hanno fornito alcuni dati interessanti per quanto riguarda:
A- la scansione cronologica delle fasi di insediamento;
B- la tipologia delle aree archeologiche individuate;
C- la loro distribuzione spaziale sul territorio.
A- La discriminazione cronologica degli elementi raccolti ha consentito di formulare, a grandi linee una scansione
delle fasi di insediamento tra età repubblicana (II - inizi / metà I sec. a.C.), età tardo-repubblicana / primo-imperiale
(metà / fine I sec. a.C. - fine I / prima metà II sec. d.C.), età tardo-imperiale (dal III al V sec. d.C.) ed età altomedievale
(posteriore al V sec. d.C.)
Al primo periodo si possono riferire pochissimi insediamenti, il territorio pare generalmente poco popolato e sembra
che prevalga la scelta di rioccupare aree abitative già in uso durante la tarda età del ferro e di dislocarsi in prossimità
delle vie di comunicazione terrestri e fluviali.
Al secondo periodo corrispondono un notevole incremento della presenza umana, probabilmente legata alle
distribuzioni di terre ai veterani di età triumvirale ed augustea, e il moltiplicarsi delle aree abitative che vanno ad
occupare tutti i terreni disponibili, anche quelli ad alto rischio idrologico. Prende l’avvio in grande stile la produzione
laterizia, destinata all’esportazione verso Aquileia e verso le nuove fondazioni urbane di Istria e Dalmazia, e vengono
edificate numerose nuove ville rustiche mentre altre sfruttano precedenti strutture abitative. Questo periodo di
floridezza finisce all’incirca durante la prima metà del II sec. d.C.
Colpisce la mancanza di dati certi riferibili al periodo compreso tra la seconda metà del II e gli inizi del III sec. d.C..
Non sembra tuttavia legittimo parlare di abbandono generalizzato del territorio quanto piuttosto di una recessione
economica, dovuta forse al peggioramento delle condizioni geopolitiche e sanitarie di questo settore della penisola
(15), con effetti negativi sul sistema insediativo.
Durante l’età tardo-antica la nuova posizione di preminenza assunta da Aquileia nella politica imperiale genera un
complessivo miglioramento della situazione economica e un riassetto della campagna: di contro ad una generale
contrazione del numero degli insediamenti con la scomparsa di gran parte degli insediamenti di dimensioni minori,
si assiste alla ristrutturazione di alcune delle maggiori ville rustiche, attorno alle quali viene ad organizzarsi la nuova
struttura della proprietà.
Con la fine dell’età romana si assiste ad un nuovo progressivo spopolamento del territorio e all’accentramento
attorno agli agglomerati demici.
B- Il secondo momento di sintesi è consistito nella definizione funzionale delle aree archeologiche individuate
tenendo conto, quali parametri di valutazione, delle dimensioni dello spargimento e delle caratteristiche dei reperti,
dati empirici alquanto insufficienti ma validi per impostare una prima serie di conclusioni.
A parte i resti di alcune strade, di tracce di necropoli e di sette insediamenti a carattere accentrato (16), il grosso
delle aree archeologiche è dato da concentrazioni di materiali tipici di insediamenti a carattere abitativo che sono stati
così divisi:
a- impianti produttivi per la lavorazione di prodotti laterizi;
b- ville rustiche di dimensioni superiori ai 5.000 mq;
c- ville rustiche di dimensioni tra i 1.500 e i 5.000 mq;
d- “impianti rustici” di dimensioni tra i 100/200 e i 400/500 mq (talvolta fino a 1.000/1.500);
e- “insediamenti a carattere abitativo” con dimensioni comprese tra i 100/200 e i 400/500 mq;
f- “agglomerati demici” (?) con nuclei abitativi di 50/100 mq.
a- Alla prima categoria sono stati attribuiti alcuni impianti scavati e quelle aree che hanno restituito scarti di
fornace. Non sappiamo definire con certezza quale fosse l’organizzazione spaziale e l’articolazione architettonica
delle strutture gravitanti attorno a queste aree di produzione; mancano infatti scavi areali esaustivi (lo scavo di Casali
Pedrina ha infatti interessato solo parte dell’impianto) mentre non sono ancora disponibili i dati sulla fornace della
Chiamana (Comune di Carlino) (17).
b-c Alla categoria delle ville rustiche sono state attribuite tutte le aree archeologiche che hanno restituito resti di
pavimentazione musiva, di lastre marmoree, di intonaco e di ceramica fine in abbondanza. Anche per le ville non
esistono precisi confronti in ambito locale essendo stati portati a termine solo scavi parziali a Pirin e alla Coluna, che
hanno fornito sì utili e interessanti dati sull’occupazione di questo settore dell’agro aquileiese, soprattutto per quanto
riguarda le prime fasi e l’abbandono altomedievale, ma che non hanno permesso di verificare la planimetria generale
degli edifici e di conseguenza di istituire precise relazioni tra il materiale sparso in superficie e le sottostanti strutture
(Fig 5).
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Per quanto si è potuto fino ad ora verificare vi è uno netta diversità tra le ville poste tra la Via Annia e il limite di
costa e quelle a nord della strada: le prime hanno gran parte delle murature della pars urbana in pietra calcarea,
probabilmente istriana, e sono larghe fino a 60 centimetri (2 pedes romani), elemento che induce a pensare che
potevano sopportare anche un secondo piano; le secondo erano invece costruite interamente in laterizi. La copertura
era rigida e realizzata in cotto. Nulla al momento conosciamo della disposizione interna. Decisamente interessante
appare la presenza di strutture di lusso di piccole dimensioni (Fig. 6) che, al momento, non trovano precisi confronti:
Questa classe di insediamenti sembra prender piede tra la fine del I sec. a.C. e la fine del I sec. d.C. per poi scomparire.
Numerose ville si collocano a ridosso delle rive dei fiumi presenti nell’area e non è da escludere che fossero dotate
di approdi.
d- La villa rustica rimane comunque un caposaldo nella classificazione tipologica locale trovando numerosissimi
confronti in ogni parte d’Italia. Del tutto oscura rimane invece la classe definita degli “insediamento rustici”, nella
quale sono state raccolte le numerosissime aree che hanno restituito resti di pavimentazioni povere e/o comunque
abbondanza di ceramica e anfore. Il termine “fattoria” adoperato in area centro-italica non risponde alla realtà di queste
strutture, mentre sembra calcare molto bene la definizione inglese in negativo di “non-villa”. Non siamo in grado di
dir nulla riguardo a questa classe di insediamenti che comunque non sembra esser relegata in aree marginali del
territorio essendo abbastanza ben distribuita arealmente. Nemmeno dal punto di vista architettonico possiamo dir
qualcosa: non sappiamo se vi fosse distinzione interna in più vani; a parte la presenza di alcuni resti di opus spicatum,
è molto probabile, anche sulla scorta di quanto individuato durante lo scavo di Pirin, che i pavimenti fossero in terra
battuta e in casi particolari in legno e rialzati dal terreno e che avessero focolari in terra addossati agli angoli delle
stanze. A differenza delle ville che dovevano avere la copertura in laterizio, come testimoniato dai numerosi resti di
imbrices rinvenuti in superficie, queste abitazioni dovevano avere una copertura in legno e strame e l’alzato
perimetrale in muri di tegulae dallo spessore di circa 30 centimetri (1 pes romano) legati con argilla cruda e
internamente intonacati pure con argilla.
e- Di analogo tenore sono le nostre conoscenze per la classe definita “insediamenti abitativi” caratterizzata dalla
presenza in superficie di laterizi talvolta accompagnati da rari frustoli ceramici e anforacei. Non sappiamo se queste
aree siano da ricollegare al precedente tipo o se non debbano essere identificate con strutture di servizio (stalle, deposito
di attrezzi, fienili o altro).
f- L’ultima classe tipologica, quella degli “agglomerati demici” è costituita da pochissimi esempi caratterizzati
da concentrazioni di numerose ma piccole aree archeologiche segnalate sul terreno dalla presenza di terreno fortemente
antropizzato frammisto a laterizi, ceramica e anfore (Fig. 7). L’incertezza sull’esatta funzione di queste concentrazioni
è data dal fatto che nei due casi più chiari messi in luce la maggiore delle aree di concentrazione presenta pure elementi
tipici delle ville rustiche per cui potrebbe pure trattarsi di ambienti di servizio pertinenti ad un edificio più ricco.
C- L’ultimo punto di analisi riguarda la distribuzione spaziale sul territorio di tutti questi insediamenti che si
posizionano di preferenza in prossimità se non proprio a ridosso della linea di riva dei numerosi corsi d’acqua di
risorgiva presenti che permettono rapidi spostamenti attraverso il territorio e con il mare. Le tracce di centuriazione
sono molto limitate e non consentono di riconoscere nel dettaglio l’antica griglia di 20 x 20 actus a 22° ad ovest del
nord-rete; comunque le due ville rustiche scavate (Pirin e Coluna) risultano concordemente orientate secondo la
centuriazione di Aquileia, consentendo di ipotizzare (cosa non fattibile in base agli spargimenti in superficie) che tutte
le strutture si organizzassero secondo questo schema.
Le conclusioni.
Certamente tanto è stato fatto; infatti in un’area dove fino al 1987 erano state segnalate una quarantina di aree
archeologiche le tre campagne di ricognizione condotte dal 1988 al 1993 (le prime due in compagnia di P. Maggi, la
terza da solo) hanno portato alla schedatura di circa 200 siti e all’inventariazione di oltre 4.000 oggetti.
Tanto resta comunque da fare.
In primo luogo la pubblicazione completa della schedatura e della cartografia dei siti e lo studio dei materiali. Quindi
procedere alla realizzazione di campagne di ricognizione globali allo scopo di individuare altre tracce della presenza
antica, soprattutto di quelle cosiddette erratiche, e, nelle aree meglio conservate, attuare indagini di superficie più
puntuali con quadrettature di dettaglio, campionamento dei terreni ed indagini archeologiche in profondità. Vanno poi
completate le indagini geomorfopedologiche sull’intero territorio e va affrontato in maniera mirata il discorso delle
analisi sui materiali attraverso la campionatura e delle argille dei laterizi, delle ceramiche e delle anfore ritenute di
produzione locale per verificare l’esatta zona di provenienza della materia prima.
La ricerca archeologica di superficie in area padana
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NOTE
* Ringrazio gli organizzatori del Convegno per avermi offerto la possibilità di partecipare a quest’iniziativa e di
presentare i risultati, purtroppo ancora “superficiali”, delle indagini condotte in Bassa Friulana occidentale. Il mio
contributo non intende proporre confronti tra le metodologie di ricerca applicate durante queste indagini e quelle
messe in atto in altri settori della pianura padana, per la cui bibliografia rimando agli atti del Convegno di Asolo del
1989 e agli altri articoli pubblicati in questo volume.
(1) Zaccaria 1992; Toneatto 1992.
(2) Per un quadro completo sulla questione cfr. Prenc 1991a.
(3) Strazzulla, Zaccaria 1984.
(4) Cividini 1992.
(5) Spilimberghese 1986; Egidi 1992; Egidi 1994.
(6) Va ricordato, per inciso, che le indagini sul territorio intraprese da C. Zaccaria erano preliminari ad una serie
di studi sulle produzioni antiche nell’agro aquileiese, in particolare riguardo alla produzione e al commercio di
laterizi e di anfore.
(7) Stella 1991; Boschian 1992; Prenc 1992b; Maggi 1992; Palazzolo 1992; Prenc 1995. La veste grafica di cui
sono corredate queste comunicazioni non è sempre delle migliori e non dà ragione delle tecniche di ricerca e delle
metodologie applicate.
(8) Prenc 1991a; Prenc 1991b; Prenc 1992a; Prenc 1993a. Sulla centuriazione sandanielese è di prossima
pubblicazione il contributo di P. Egidi all’interno del volume dedicato allo scavo della villa di Vidulis, curato da F.
Tassaux.
(9) Va qui nuovamente precisato che C. Zaccaria e L. Toneatto, i due principali promotori della ricerca topografica
rurale di età romana, nonostante i lusinghieri risultati fin qui ottenuti, non sono degli specialisti e sono pervenuti quasi
incidentalmente ad impegnarsi in questo ramo della ricerca, provenendo da campi completamente diversi: il primo
è infatti un epigrafista con specifici interessi storici ed economici, il secondo un filologo da più di un decennio
impegnato in studi sui gromatici antichi.
(10) Carre, Zaccaria 1987; Carre, Zaccaria 1989; Stella 1991. Entro la fine dell’anno dovrebbe veder la luce la
pubblicazione complessiva dello scavo.
(11) I risultati di queste indagini, realizzate in maniera autonoma in collaborazione con alcuni membri delle
associazioni culturali “la bassa” di Latisana, “la vicinia” di Palazzolo dello Stella, la “Chiamana” di Carlino e "ad
Undecimum" di San Giorgio di Nogaro, sono poi parzialmente confluiti nei già ricordati progetti di ricerca avviati
dalla Soprintendenza (specifica campagna di ricognizione novembre 1991 - marzo 1992) e dalla Regione (dicembre
1992 - marzo 1993).
(12) Numerosi materiali del Basso Friuli sono stati pubblicati: cfr. Maggi 1989; Prenc 1989; Arthur 1990a; Arthur
1990b; Cassani, Termini 1990; Maggi, Prenc 1990a; Maggi, Prenc 1992; Cargnelutti 1992; Prenc 1992d; Cargnelutti
1993; Prenc 1993c; Gomezel 1994; Buiatti 1994; Cargnelutti 1994; Gomezel 1995.
(13) Maggi, Prenc 1990b; Buiatti, Gomezel 1992.
(14) Andreassi, Prenc 1991; Prenc 1992c.
(15) Ricordiamo le invasioni di Quadi e Marcomanni e la diffusione della peste nel vicino Norico.
(16) Si tratta delle due mutationes "ad Paciliam" (Latisana) e "ad Undecimum" (San Giorgio di Nogaro), ricordate
nell’Itinerarium Burdigalensis del 333 d.C.; di "Marano", sede di un Sinodo tra 586 e 607 d.C.; di "Palaciolo"
(Palazzolo dello Stella), citato nella “Donazione Sestense” del 762 d.C.; di "villa sive fundo Muciano" (Muzzana del
Turgnano), citato in un documento privato del 824 d.C.; di Rivignano e della vicina loc. il bosco. Cfr. Palazzolo 1992;
Prenc 1993c.
(17) La fornace della Chiamana è stata scavata durante gli anni ’80 dalla dott. L. Bertacchi allora Direttrice del
Museo Archeologico Nazionale di Aquileia e ne sono stati pubblicati alcuni materiali; cfr. da ultimo Bertacchi 1990.
BIBLIOGRAFIA
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P. Arthur 1990b, Un'anfora tipo "cisterna di Samo" a Marano lagunare in Maran (Atti del convegno, Marano 1990,
a cura della Società Filologica Friulana), Udine, pp. 16-19.
L. Bertacchi 1990, La ceramica di Carlino, in Milano capitale dell’impero romano 286-402 d.C. (Catalogo della
Mostra, Milano 1990), Milano, pp. 215-220.
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La ricerca archeologica di superficie in area padana
246
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Fig. 1 - Esempio di rappresentazione grafica in scala 1:5.000 utilizzata da P. Egidi; villa rustica in loc.
Carbonera (Com. di Maniago), (Egidi 1994, p. 105)
Area di affioramento di materiale fittile e reperti su terreni arati.
Emergenze archeologiche caratterizzate da gibbosità e leggeri avvallamenti del terreno
F. Prenc: La ricerca topografica rurale di età romana in Friuli: i limiti delle indagini
247
Fig. 2 - Il reticolo centuriato nella zona di Sedegliano (carta inedita da lavoro)
Cardini e decumani
Limiti interni
Griglia ipotetica e schema (A-B-E-F) di divisione interna in 16 parti da 12,5 iugeri
Luoghi di culto
Cimiteri
La ricerca archeologica di superficie in area padana
248
Fig. 3 - L'area del Basso Friuli oggetto dell'indagine
Villa rustica
Insediamento rustico
Insediamento a carattere abitativo
Agglomerato demico
Fornace
Necropoli
Ponte
Relitto di imbarcazione
Rinvenimento isolato/non determinabile
Percorso stradale
Alveo antico
Limiti dell'area indagata
F. Prenc: La ricerca topografica rurale di età romana in Friuli: i limiti delle indagini
249
Fig. 4 - Esempio di rappresentazione grafica in scala 1:5.000 utilizzata da P. Maggi e F. Prenc nell'area dello
Stella, villa rustica in loc. Romans (Com. di Varmo), (carta inedita da lavoro).
Area di concentrazione
Area di massimo spargimento
Fig. 5 - Planimetria in scala 1:5.000 della villa rustica in loc. Galli (Com. di San Giorgio di Nogaro), (carta
inedita da lavoro).
Area di concentrazione
Area di massimo spargimento
Tracce del paleoalveo dello Zellina
La ricerca archeologica di superficie in area padana
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Fig. 6 - Planimetria in scala 1:5.000 della villa rustica in via Banduz (Com. di Carlino), (carta inedita da
lavoro).
Aree di concentrazione
Area di massimo spargimento
Tracce del paleoalveo dello Zellina
Fig. 7 - Planimetria in scala 1:5.000 dell'agglomerato demico in loc. Saline di Villa Bruna (Com. di Carlino),
(carta inedita da lavoro).
Aree di concentrazione
Area di massimo spargimento
Tracce di un paleoalveo
F. Prenc: La ricerca topografica rurale di età romana in Friuli: i limiti delle indagini
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La ricerca archeologica di superficie in area padana
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