artigianato73 - Città dei Mestieri

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artigianato73 - Città dei Mestieri
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tra arte e design
N°73/ Maggio 2009
Oro Arezzo, 30° edizione
Didattica
internazionale
al Salone del mobile
Carlo Zauli,
Scultore
Koinè 2009
L’edizione del Ventennale
D.O.C., Dergano Officina Creativa
Sandra Baruzzi
Vuoto a perdere
SAM,
spazio Arti e Mestieri
Baccarat
Crystal
Candy set
Artigianato
Tra Arte e Design
Anno 2009 - Numero 73
Maggio/Giugno/Luglio
www.mestieridarte.it
DIRETTORE RESPONSABILE:
Ugo La Pietra
DIREZIONE EDITORIALE:
Franco Cologni
COMITATO SCIENTIFICO:
Enzo Biffi Gentili, Gillo Dorfles,
Vittorio Fagone, Anty Pansera
REDAZIONE:
Alberto Cavalli
Simona Cesana
Alessandra de Nitto
A
Sommario
Ugo La Pietra / EDITORIALE
L’istruzione artistica
Licia Martelli
D.O.C., Dergano Officina Creativa
Simona Cesana
Didattica internazionale al Salone del Mobile
HANNO COLLABORATO:
Daniela Brugnoto
Cristiana di Nardo
Lea di Muzio
Licia Martelli
Vittorio Amedeo Sacco
INSERZIONI PUBBLICITARIE:
Fondazione Cologni
dei Mestieri d’Arte
IMPAGINAZIONE/GRAFICA:
Emanuele Zamponi
Daniela Brugnoto
Carlo Zauli, Scultore
Vittorio Amedeo Sacco
Sandra Baruzzi, vuoto a perdere
Ugo La Pietra
Oro Arezzo, 30° edizione
EDITING:
AG Media S.r.l.
UN PROGETTO DI:
Simona Cesana
Baccarat Crystal Candy set
Lea di Muzio
Koinè 2009. L’edizione del Ventennale
Cristiana di Nardo
SAM, spazio Arti e Mestieri
Alberto Cavalli
Tendenze Salone
Alberto Cavalli
Il Tempo del Design
In Copertina:
Jaime Hayon,
Cristal Candy Set,
Baccart, 2009.
Franco Cologni
Antichi Maestri e Apprendisti Stregoni
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Comitato tecnico e corrispondenti per le aree artigiane
Alabastro di Volterra
Irene Taddei
Ceramica sestese
Stefano Follesa
Marmo di Carrara
Antonello Pelliccia
Bronzo del veronese
Gian Maria Colognese
Ceramica umbra
Nello Teodori
Marmi e pietre del trapanese
Enzo Fiammetta
Ceramica campana
Eduardo Alamaro
Cotto di Impruneta
Stefano Follesa
Marmo del veronese
Vincenzo Pavan
Ceramica di Albisola
Viviana Siviero
Cristallo di Colle Val d’Elsa
Angelo Minisci
Mosaico di Monreale
Anna Capra
Ceramica di Caltagirone
Francesco Judica
Ferro della Basilicata
Valerio Giambersio
Mosaico di Spilimbergo
Paolo Coretti
Ceramica di Castelli
Franco Summa
Gioiello di Vicenza
Maria Rosaria Palma
Oro di Valenza
Lia Lenti
Ceramica di Deruta
Nello Teodori
Intarsio di Sorrento
Alessandro Fiorentino
Peperino
Giorgio Blanco
Ceramica di Vietri Sul Mare
Massimo Bignardi
Legno di Cantù
Aurelio Porro
Pietra di Apricena
Domenico Potenza
Ceramica faentina
Tiziano Dalpozzo
Legno di Saluzzo
Elena Arrò Ceriani
Pietra lavica
Vincenzo Fiammetta
Ceramica piemontese
Luisa Perlo
Legno della Val d’Aosta
Franco Balan
Pietra leccese
Luigi De Luca
Pietra Serena
Gilberto Corretti
Pizzo di Cantù
Aurelio Porro
Tessuto di Como
Roberto De Paolis
Travertino romano
Claudio Giudici
Vetro di Altare
Mariateresa Chirico
Vetro di Empoli
Stefania Viti
Vetro di Murano
Marino Barovier
Federica Marangoni
“Rame smaltato”, progetto di Ugo La Pietra realizzato da Rosanna Migliore, docente all’Istituto d’Arte di Saluzzo, Laboratorio di rame smaltato.
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Ugo La Pietra / EDITORIALE
L’istruzione artistica
English text page 72
La salvezza e la rivalutazione
dell’arte e delle arti applicate
italiane passano necessariamente attraverso l’istruzione artistica. Ma ormai da troppo tempo
le scuole ad indirizzo artistico,
e in particolare gli Istituti d’Arte,
si trovano in una situazione di
grave degrado culturale e gestionale. Tutti sanno che le scuole
secondarie di indirizzo artistico e
musicale occupano per la classe
politica e per certa intellighenzia
un posto secondario e, quando
non del tutto ignorate, sono la
cenerentola della scuola secondaria superiore. La cultura
italiana, dall’antica riforma Gentile, ha sempre messo in secondo piano le discipline artistiche
rispetto a quelle umanistiche.
Ancora oggi in Italia le arti si
considerano riservate esclusivamente ad una ristretta élite
di persone dotate di particolari
attitudini, ignorando che è sempre più sentita la necessità di
qualificare le nuove generazioni
verso una pratica professionale
in grado di superare la figura del
“garzone di bottega” per sviluppare capacità di autoproduzione
verso la cosiddetta “impresa”,
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capace di coniugare attività intellettuale e manuale. L’Accademia
di Belle Arti “Pietro Vannucci” di
Perugia, una delle più antiche e
prestigiose accademie d’Italia,
rischia di chiudere; il glorioso
Istituto d’Arte di Monza sembra
debba lasciare la sua antica
sede all’interno della Villa Reale
che da tempo è stata impoverita
della altrettanto famosa Biennale delle Arti Applicate. Da tutti
gli Istituti d’Arte si alza un grido
d’allarme e di preoccupazione
che ha fatto nascere il C.I.A.N.
(Coordinamento Istruzione Artistica Nazionale, www.istruzioneartistica.it), fondato per esprimere il dissenso nei confronti dei
provvedimenti ministeriali che
provocherebbero un drammatico sconvolgimento nel mondo
dell’istruzione artistica e della
cultura tutta. Si parla troppo di
recupero delle attività creative
manuali e si dimentica che da
decenni nei tanti Istituti d’Arte,
collocati all’interno di vari territori e caratterizzati in rapporto alle
loro risorse, sono stati progressivamente e inesorabilmente
smantellati i laboratori.
D.O.C.
Dergano Officina
Creativa
Nella periferia storica milanese
un’associazione che riunisce
molti talenti accomunati dal
“fare creativo”.
Ugo la Pietra, “Brindiamo all’Europa Unita” (mobile bar realizzato da F.lli Boffi), ospite circuito D.O.C., FuoriSalone, Milano 2009.
Photo Andrea Rossetti
Licia Martelli
Photo Andrea Rossetti
Gabriella Sacchi,
“Giochi di terra e
giochi d’acqua” (grés),
ospite circuito D.O.C,
FuoriSalone,
Milano, 2009.
In una città dove si producono
ormai soprattutto idee, nel quartiere
di Dergano-Bovisa a Milano invece
è presente e attivo un discreto numero di botteghe artigiane, dove il
“fare” segue il “pensare” dei relativi
titolari e si realizzano a mano opere
di ceramica, di restauro, di falegnameria, di pittura, di lavorazione del
metallo come di fotografia, grafica
e molto altro…Una schiera di creativi che trovano in questa periferia
storica milanese il luogo ideale per i
loro laboratori, showroom e officine
creative, che si sono riuniti in un’associazione e si presentano sotto il
nome di: D.O.C., Dergano Officina
Creativa. Una proposta di prodotti
D.O.C. che in questo quartiere
sono stati pensati e in questo quartiere vengono fatti utilizzando le
risorse di questo territorio, e da qui
partono per tutto il mondo. I prodotti dei “docs” sono infatti presenti in
prestigiose gallerie, concept store
e case di tutto il mondo. L’Associazione D.O.C., senza scopo di
lucro, forma, promuove e diffonde
espressioni della cultura e dell’arte,
con particolare riferimento a tutte
quelle forme d’arte che nascono
e/o si sviluppano nelle botteghe
artistiche, artigiane e della creatività
in genere, promuovendo la diffusione e la conoscenza del mondo
del “fare creativo” contemporaneo
in bottega. I Docs sono gli interpreti contemporanei della creatività,
laboriosità e auto imprenditorialità
delle officine che si insediarono nel
quartiere ai primi del Novecento,
rappresentandone la naturale continuità senza la quale sembra non
esserci futuro. L’Associazione, in
particolare, intende creare sinergie
tra le diverse realtà presenti nel
quartiere di Dergano, contribuendo allo sviluppo e all’identità del
territorio-quartiere e promuovendone le risorse. Le officine creative
interpretano la vocazione di un territorio dove le numerose botteghe e
laboratori ancora presenti sono nati
all’inizio del secolo scorso come
indotto all’insediarsi, in questa
periferia storica di Milano, di numerose fabbriche dal settore chimico
a quello farmaceutico e manifatturiero, che hanno creato un polo
industriale di importanza interregionale. Ora queste industrie, quasi
totalmente dismesse, sono state
in parte occupate dal Politecnico
di Milano e dalla Triennale Bovisa,
in parte trasformate in studi, loft,
laboratori, e in parte sono ancora in trasformazione. La naturale
conseguenza è un nuovo fermento
creativo decisamente rilevato nelle
botteghe fin qui conosciute, alcune
storiche e molte appena trasferite.
Le officine creative creano un’interazione col quartiere attraverso
le mostre, i laboratori e gli eventi
proposti che induce una sorta di rivitalizzazione della bottega, ovvero
il “negotium” letteralmente il luogo
del “non ozio” e quindi del fare,
dell’accogliere e comunicare. Realtà in rapida dismissione nel tessuto
urbano metropolitano e che invece
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Who Made,
Blossom
Metallic, 2009.
è forse ormai il momento di iniziare
a conservare e tutelare per non
perdere quel tipico tessuto sociale
di quartiere che tale luogo induce,
per conservare un’identità di quartiere qui ancora presente e preziosa in una città come Milano, che si
sta ormai definitivamente spersonalizzando. Il progetto D.O.C. si è
presentato pubblicamente alla città
in occasione del Salone del Mobile
2009. Nel 2009, infatti, la lista degli
amici del D.O.C. si è triplicata, e
pertanto si è scelta la settimana del
salone del Mobile di Milano come
evento catalizzatore di una moltitudine di operatori, italiani ed esteri,
quali buyer, giornalisti, gallerie
tutti potenzialmente interessati alle
attività dei Docs. Per il fuori salone
D.O.C. ha proposto un circuito alternativo a quelli ormai consolidati,
per aprire una finestra sul mondo
del fare contemporaneo in bottega,
e per catalizzare l’attenzione su
una zona di Milano nuova a questo
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Francesca Caira, Gilet, 2009.
Foto di Valentina Zanobelli
Stefano Puzzo,
ceramica FuoriSalone,
Milano 2009.
Foto Valentina Zanobelli
Licia Martelli, TavolaRiga, 2009.
tipo di manifestazioni ma che con
la vicinanza della Triennale Bovisa
e del Politecnico e con l’effettiva
presenza di tutte le botteghe finora
censite, scopre, e quasi impone,
la vocazione di questo territorio
urbano. Vocazione che non si esaurisce evidentemente con l’evento
“fuori salone”, ma che tutto l’anno si
ripropone attraverso eventi, mostre,
laboratori aperti al pubblico identificando il D.O.C. come vero e proprio
attivatore culturale. In occasione di
questo fuori salone, per ottenere
una proposta unitaria all’interno di
un sistema di botteghe dalle attività
tanto differenti tra loro, si è scelto
un tema comune entro il quale
ognuno ha lavorato secondo proprie vocazioni e strumenti: il tema
del “GIOCO”, sviluppato in tutte le
sue sfaccettature, soprattutto con la
proposta di oggetti/installazioni che
hanno saputo scatenare un’ empatia immediata con l’osservatore,
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voglia di sorridere, ridere e giocare
insomma, per esorcizzare i tempi
bui ...C’è dunque la volontà esplicita di scatenare il clima di dibattito
e ricerca, naturale nell’ambito del
design, dove il contenuto crea la
forma, dove la proposta estetica è
mutuata ancora dal pensiero e dalla
lente di ognuno attraverso la quale
interpretare una realtà di lavoro e
innovazione. Un sistema di prodotti
originali ed unici, frutto di un saper fare tradizionale applicato alla
trasmissione dei valori estetici delle
singole realtà creative. In occasione del Salone del Mobile D.O.C.,
il circuito milanese della creatività
applicata, ha presentato in tutta la
zona Dergano-Bovisa 11 mostre a
cura delle Officine Creative D.O.C.
oltre a mostre ed eventi con ospiti
prestigiosi.
Le Officine D.O.C.: Arte e Natura,
Caira Design, Ceebee, Ceramiche
Libere!, Ceramiche Puzzo, Efesto,
Falegnameria Bevilacqua, Jole
Prato/Carlo Giordana, Lorenzo
Crivellaro, Polignum, Whomade
Gli ospiti D.O.C.: Arte for Interior,
Bodi Design, Sergio Barboni, Bau
Design, Cittadellarte, C.L.A.S.S.,
Co-Creando/O2 Italia, Roberta
Colombo, De.de.p, Ugo La Pietra,
Fondazione Aldo Morelato, Tomolo
Nogoo, italiastraordinaria, Design,
Gabriella Sacchi
Licia Martelli, architetto, paesaggista, designer e ceramista, ha una
visione rinascimentale della sua
professione: interdisciplinare, a
360°. Con esperienze lavorative
autonome nei vari settori, è sempre
stata attratta dalle enormi potenzialità del lavoro in team, a coronamento di questa inclinazione nel
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Officine D.O.C.
1. Arte e Natura
2. Caira Design
3. Ceebee
4. Ceramiche Libere!
5. Ceramiche Puzzo
6. Efesto
7. Falegnameria Bevilacqua
8. Jole Prato/Carlo Giordana
9. Lorenzo Crivellaro
10. Polignum
11. Whomade
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2008, fonda il D.O.C, l’associazione
Dergano Officina Creativa, un gruppo multidisciplinare di creativi che
sviluppano delle potenzialità professionali in comune, interpretano una
nuova vocazione di un quartiere, e
hanno voglia di valori quali trasparenza, fiducia e sincerità …. rispetto
delle regole insomma, almeno nel
loro microcosmo. Pertanto questi
ultimi valori sono imprescindibili per
entrare nel D.O.C insieme a buone
doti di creatività e professionalità.
Photo Andrea Rossetti
D.O.C.
via Guerzoni, 39 - 20158 - Milano.
Tel. 02/69901136
www.derganofficinacreativa.it
[email protected]
Officine D.O.C., FuoriSalone, Milano, 2009.
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Foto Valentina Zanobelli
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Simona Cesana
Didattica
internazionale
al Salone del
Mobile
Percorsi didattici che oscillano
tra ricerca e aspirazione
ad entrare nel mondo della
produzione
Aldo Bakker
“Fiasca per aceto”,
Design Academy
di Eindhoven,
FuoriSalone, Milano,
2009
Design Academy
Eindhoven,
FuoriSalone,
Milano, 2009.
Willem deRidder, “(nothing
to) hide”, cestini in pelle cotta,
Design Academy di Eindhoven,
FuoriSalone, Milano, 2009
Da molti anni le scuole di design
di tutto il mondo trovano nel Fuori Salone una vetrina ideale per
promuoversi a livello internazionale,
lanciare le proprie strategie didattiche e progettuali, chiarire le proprie
identità e peculiarità, raccogliere
consensi e iscrizioni. Le proposte
meglio strutturate vengono dalle
accademie estere, prima tra tutte
la Design Academy di Eindhoven che quest’anno si è messa in
mostra al Romeo Gigli Cafè. Sulla
scia dell’esperienza del collettivo
olandese Droog Design, la messa
in scena della Design Academy di
Eindhoven ha presentato progetti
degli studenti, progetti e prototipi
di ex-studenti con studi e proposte
ormai avviate, uno shop di cataloghi e gadgets e un’area laboratorio
dove era possibile vedere all’opera, ognuno al proprio “banco di
lavoro”, vari creativi alle prese con
Design Academy Eindhoven, FuoriSalone, Milano, 2009.
21
la realizzazione di mini-progetti,
modelli, prototipi, idee che prendevano forma essenzialmente dal
fare manuale. Il lavoro di laboratorio è sicuramente un aspetto sul
quale la didattica dell’accademia
di design olandese si fonda e dà i
propri frutti: lavoro di laboratorio per
sperimentare, verificare, creare con
le mani libere di seguire le idee della testa, aspetti del fare progettuale
che nelle scuole italiane è sempre
più difficile praticare. Il Fashion
Institute di Arnehem ha presentato
progetti legati per lo più al mondo
della moda e caratterizzati dalla
stessa matrice: ricerca progettuale attraverso la sperimentazione
dei materiali, manipolazione della
materia come essenza del fare creativo. Creative Academy, la scuola
di design e creative management
del Gruppo Richemont (fondata
a Milano nel 2004) si è misurata
Sam Baron, Campana in vetro soffiato con
martello, Fabrica, FuoriSalone, Milano, 2009.
Tak Cheung, Campana in vetro soffiato con
manici di bicicletta, Fabrica, FuoriSalone,
Milano, 2009.
Tak Cheung, Campana in vetro soffiato con
orecchie di mucca, Fabrica, FuoriSalone,
Milano, 2009.
Cristina Dias Campana in vetro soffiato con
spago da palloncino, Fabrica, FuoriSalone,
Milano, 2009.
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Song Yijun,
Installazione nel
negozio Cartier,
Milano, 2009.
“Shanghai”
appendiabito,
disegnato da De
Pas, D’Urbino,
Lomazzi per
Zanotta (1973).
Trasformato da
Catarina Carreiras
in “Bunch of
Tools”.
invece con il mondo del lusso. In
concomitanza con il Salone del
Mobile, infatti, Cartier ha presentato a Milano la nuova collezione
Trinity ispirata al celebre anello
tre ori, mito intramontabile della
Maison, reinterpretato in chiave
contemporanea e preziosa: nuove
declinazioni per un anello mitico,
dalla formidabile carica innovativa,
che rivela nelle sue forme un forte
coinvolgimento con il design. Cartier ha pensato quindi di celebrarlo
chiedendo agli studenti di Creative
Academy di lasciarsi ispirare da
questa collezione e dalla nuova
campagna pubblicitaria “Trinity. All
about you forever” per progettare
l’allestimento di alcune delle vetrine
della boutique di Milano. I ventuno studenti provenienti da tutto il
mondo, iscritti quest’anno ai corsi
di Creative Academy, hanno elaborato in totale 36 progetti; una giuria
composta da alcuni manager di
Cartier Italia e di Cartier International ha scelto, tra questi, quello che
è stato realizzato ed esposto nelle
vetrine della boutique di via Montenapoleone. Il progetto risultato
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Laboratorio per la lavorazione del legno,
Università di Bolzano, 2009.
vincente è stato quello del giovane
designer cinese Song Yijun.
Anche Fabrica, il centro di ricerca
sulla comunicazione del Gruppo
Benetton, ha partecipato al Salone del Mobile con i progetti dei
suoi studenti, selezionati in tutto
il mondo: non solo creazioni ad
hoc, ma anche riedizioni di pezzi
storici, come il mitico attaccapanni
“Shanghai” di Zanotta rivisitato da
Catarina Carreiras utilizzando gli attrezzi tipici dei contadini. Un richiamo alla natura che, una volta di più,
si è confermato uno dei trend domi-
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nanti della kermesse. La collaborazione tra i giovani creativi di Fabrica
e gli artigiani-artisti veneti ha prodotto risultati stupefacenti anche nel
campo del vetro e della ceramica,
come risulta dagli oggetti esposti
sia al Fuori Salone, sia al Salone
Satellite (www.fabricafeatures.
com). Anche altre due piccole realtà
italiane hanno dato prova di slancio
internazionale: la Facoltà di Design
e Arti dell’Università di Bolzano,
e il Corso di Laurea in Disegno
Industriale della Repubblica di San
Marino – frutto della collaborazione
Tavolo
“Unfassbar”,
dettaglio,
Università
di Bolzano,
FuoriSalone,
Milano, 2009.
fra l’Università IUAV di Venezia e la
locale Università degli Studi. L’Università di Bolzano offre un modello
didattico che tenta di avvicinarsi
al lavoro di bottega: l’ambiente è
internazionale e punta a un connubio tra teoria e prassi, sottolineando
l’importanza del lavoro sperimentale praticato in piccoli gruppi. Al
Salone ha presentato una doppia
esperienza: “attimo sospeso”, un
progetto di comunicazione allestito
nei suggestivi Chiostri della Basilica
di San Simpliciano e, al Satellite,
“undassbar”, un tavolo che evidenzia con “tracce” tangibili di segno e
di materia l’interazione “intangibile”
tra le persone che si siedono attorno ad esso condividendo un’esperienza conviviale. Due proposte
molto concettuali, quasi in antitesi
con quella presentata lo scorso
anno dove si era posto l’accento
sull’autoproduzione, avviando il
marchio “Fucina” per la produzione
dei progetti degli studenti. La Facoltà di Design di San Marino ha in
comune con l’Università di Bolzano
un ristretto e selezionato numero
di studenti e un percorso formativo
trasversale fra progetto del prodotto
e della comunicazione visiva, avva-
Università del Design di San Marino,
Salone Satellite, Milano, 2009.
Ph. Roberto Bandiera.
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Workshop “La pelle come limite” di Riccardo Blumer, corso di Laurea in Disegno Industriale,
Università di San Marino, 2008
Riccardo Blumer, “La pelle come limite”, Galleria Luisa Delle Piane, FuoriSalone, Milano, 2009.
lendosi di un corpo docente fatto di
designer e grafici professionisti. Al
Satellite ha presentato una vetrina dei propri corsi mentre al Fuori
Salone, presso la Galleria Luisa
Delle Piane, è stato presentato il
progetto di Riccardo Blumer “La
pelle come limite” realizzato con gli
studenti della Facoltà nel semestre
estivo 2008. La mostra intendeva
indagare la pelle come confine tra il
nostro mondo e tutto ciò che è fuori
da noi presentando i manufatti degli
studenti, fatti di semplici ricerche e
interpretazioni della materia. Superato il ruolo didattico delle scuole
si pone il problema dell’ingresso
dei designer nel mercato. Il Seoul
Design Festival, esperienza nata
nel 2002 per promuovere il design
coreano in tutto il mondo, lavora
appunto come incubatore di talenti
per inserirli, grazie al supporto di
una struttura forte e organizzata, nel mercato internazionale.
In occasione del Salone 2009 è
stata presentata, al Museo Minguzzi, una selezione di progetti di
22 giovani designer coreani, sotto
il titolo di “Artworks”: un focus sul
design coreano tra arte e impresa,
un connubio tra alto artigianato e
alta tecnologia, come ad unire la
rivalutazione del patrimonio della
cultura tradizionale coreana con il
grande know how di questo paese
nel campo della tecnologia (basti
pensare alle aziende Samsung,
LG e Hyundai). Colori, materiali e
lavorazioni tipiche della tradizione
riprese per creare opere uniche con
l’intento di tracciare un’identità della
cultura del design coreana. Un’operazione di ampio respiro, presentata a Milano e che farà tappa anche
a Berlino e in altre città, anche per
pubblicizzare il ruolo di Seoul che,
nel 2010, sarà capitale mondiale
del design. Le proposte di queste
realtà evidenziano la volontà di le-
Lampada “Drop”, Seoul
Design Festival Museo
Minguzzi, FuoriSalone,
Milano, 2009.
27
gare l’esperienza didattica a quella
produttiva: legame certamente
importante da praticare, purchè
questo non significhi limitare e circoscrivere la libertà di ricerca che
dovrebbe trovare, all’interno delle
scuole e delle accademie, il terreno
più fertile per essere sviluppata.
Lee Hye Soon, Kimono tradizionale,
Seoul Design Festival Museo Minguzzi,
FuoriSalone, Milano, 2009.
“Tile Clock”, Seoul Design Festival Museo
Minguzzi, FuoriSalone, Milano, 2009.
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Daniela Brugnoto
Carlo Zauli,
Scultore
A Torino la prima tappa europea di un ciclo espositivo
internazionale, inaugurato nel 2007 in Giappone,
dedicato al grande scultore ceramista faentino.
Carlo Zauli, nel suo atelier, 1975.
Carlo
Zauli,
“Piramide”
- 1973-74.
Dopo la recente retrospettiva
itinerante con tappe in Giappone a
Kyoto, Gifu, Tokyo e Yamaguchi,
Torino rende omaggio a Carlo Zauli
con una mostra curata da Flaminio
Gualdoni e organizzata dalla Fondazione Palazzo Bricherasio con
la collaborazione del Museo Zauli
e di Renata Bianconi. Nelle sale
storiche di Palazzo Bricherasio e
negli spazi esterni di via Lagrange
saranno in mostra circa quaranta
sculture che documentano le principali tematiche della ricerca artistica
e della originalità inventiva di Zauli
e che rappresentano i momenti
della sua massima adesione al
dibattito scultoreo internazionale.
Grande protagonista della scultura
italiana del dopoguerra, Carlo Zauli
(Faenza 1926 – 2002) si forma
nell’ambito dell’arte della ceramica,
dai cui codici formali si distacca a
partire dagli anni Sessanta, evolvendo la sua tecnica verso una
ricerca espressiva e plastica più
complessa che prende forma in
grandi opere in grés, materia privilegiata del suo fare artistico. Flaminio Gualdoni, nel saggio introduttivo
al catalogo, sottolinea come l’opera
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di Zauli sia “[…] cultura d’artefice, la
sua: da faentino, è cultura di terra
e di plasticare. È un’acquisizione
progressiva di capacità tecniche
e di pensiero del fare. […] Cultura
d’artefice, appunto, in un clima,
quello delle scuole e dei laboratori
di Faenza, che vede il transito e
l’incrocio di figure eminenti, come il
Lucio Fontana che lavora alla tomba Melandri e giovani come Nanni
Valentini e Giuseppe Spagnulo:
che, dunque, da subito s’intride
dello scambio critico alto tra ciò che
vien detto – nelle ormai sclerotiche
categorie critiche d’allora – arte
applicata, e ciò per cui monta in uso
il termine ricerca pura. Ben nota da
subito, d’altronde, Giulio Carlo Argan che “dell’opera di Zauli non ha
proprio senso chiedersi se sia scultura o arte fittile, come se il significato delle forme dipendesse dalle
materie e dai procedimenti con cui
si realizzano. Il periodo che giunge
sino al 1962 è per Zauli periodo di
acquisizione di una certezza fondamentale. Che sentirsi artifex bonus
e maestro in una disciplina non è
condizione retriva, impediente il
libero corso dello sperimentare,
bensì fondativa, comunque, perché
forte di una identità, di una radice,
di una prospettiva di storicità: e
dunque ineludibile. Perché sia una
condizione premessa al fare, e non
la ragione stessa del fare […]”
Il catalogo della mostra, edito da
EditorialeSilvana, è introdotto da
un saggio critico di Flaminio Gualdoni e presenta, accanto al testo di
un’intervista fatta a Zauli nel 1987,
alcuni storici saggi di autori che ne
hanno accompagnato il percorso:
da Giulio Carlo Argan a Cesare
Vivaldi, da Yoshiaki Inui a Giorgio
Cortenova.
Palazzo Bricherasio
Sale Storiche
Via Teofilo Rossi
ang. Via Lagrange
TORINO
Dal 15 maggio al 14 giugno 2009
www.palazzobricherasio.it
[email protected]
Tel. 0115711811
www.museozauli.it
[email protected]
Tel. 054622123
Carlo Zauli,
“Bianco
Esploso” 1976.
Grés. Museo
Carlo Zauli.
Vittorio Amedeo Sacco
Sandra Baruzzi,
Vuoto a perdere
Le opere dell’artista ceramista di Castellamonte in
mostra nelle sale di Palazzo Botton, futuro Museo della città
“Sorprende la morte - Naufragando”, 2004.
Terracotta, smalti, ossidi, colori, modellazione
per estrusione e a mano. Dim: 42cm x 46cm
x 15cm.
“Casatlantica”, 2000. Terracotta di
Castellamonte, smalto, lustro metallico (oro),
modellazione a mano.
Dim: 28cm x 36cm x 28cm.
L’unicità dell’evento artistico è data
dalla trattazione delle tematiche,
dall’originale percorso creativo e
dalla ricchezza di “materie e materiali in cerca di comunicazione”
presenti nelle sale espositive di
Palazzo Botton. Una testimonianza di dipendenza fra le arti, una
scultura che è pittura e poesia
ma anche viceversa. Concreta e
tangibile l’apertura al dialogo fra le
espressioni: poesia, scultura, pittura, fotografia, grafica sconfinano
l’una nell’altra, si rappresentano e
sviluppano l’intimità e l’intuizione di
Sandra Baruzzi. Un avvolgimento,
un groviglio delle forme d’espressione voce cantata e/o gridata
del vissuto nel contemporaneo. I
progetti artistici procedono simultaneamente, le idee si integrano e si
elaborano in un continuo mutamen-
to: pare quasi che tutto avvenga
per incanto ma con disincanto. Una
poetica personale che si propone
ad altri nella ricerca di condivisione,
nel sostegno delle diversità. Una
feconda e sofferta coniugazione di
materie e di materiali che cerca di
comunicare. Ogni linguaggio, ogni
materia, ogni procedimento espressivo sconfina, va oltre gli steccati;
l’artista è investita di responsabilità
per il gesto creativo e per la scelta
consapevole delle tematiche. Linguaggi diversi per entrare in territori
diversi, contaminazione di codici
per andare oltre lo spazio individuale e soggettivo, per avvicinarsi agli
altri, per avere l’accesso a varcare
altre soglie, per incamminarsi verso
pensieri ed atti collettivi che abbandonino consolidati stereotipi e
gemmifichino cambiamento… che
35
comprende il “vuoto a perdere”.
In questi luoghi di andi-rivieni il pensiero recupera la natura più pura
della propria materia: il colore prende forma e suono, la parola crea
immagini e dimensione, i pensieri
ed i sentimenti approdano al “fare”.
Una multidisciplinarietà che tende
ad esercitare continue domande,
un’azione critica e autocritica che
porta allo sfinimento e per questo
sono incluse la sosta, il silenzio,
l’osservazione. Ma ecco il richiamo dell’artista verso l’interlocutore
a meditare sulle contraddizioni
dell’esistenza. E’ proprio nel “vuoto
a perdere”, nella consapevolezza della perdita, che si incontra,
seppur con immensa sofferenza, il
superamento del limite e dei limiti e
s’aspira al “pieno a trovare”. Un gesto, una luce, un commento diventano metafore d’improvviso impeto
creativo. Anche un frammento
riesce a dare vitalità alle intuizioni;
le immagini, i colori, le forme si
combinano alle parole e nascono
inedite relazioni, si configura una
nuova armonia, una visione di un
universo artistico-poetico supportato dall’autoironia che permette di
mantenere alta l’attenzione per non
risultare, innanzi tutto, aliena a se
stessa e per alimentare continuamente la consapevolezza di quanto
siano effimere e relative le sue
conoscenze...
Carta, colore, segno, immagine entrano in campo sul piano
dell’immaginazione trasfiguratrice,
per un naturale quanto personale
linguaggio di visualizzazione. La
Baruzzi ha sempre a mente che
molto spesso è la realtà a superare
l’immaginario e in questa si pone
attenta osservatrice. Osservatrice
non indifferente e disinteressata,
impegnata a conservare alta l’attenzione sugli avvenimenti attuali,
a raccogliere e proporre le diverse
Sandra Baruzzi
all’interno del
suo atelier.
36
“Denso di parole il silenzio”, 2003. Terracotta, smalti, colori, ossidi, modellazione a mano,
decorazione a pennello. Dim: 42cm x 37cm x 8cm.
“Casastellata”, 2002.
Terracotta di
Castellamonte, ingobbi,
smalti, modellazione per
estrusione e a mano.
Dim: 60cm x 36cm x
10cm.
sollecitazioni anche se in antitesi,
con la consapevolezza amara che
della verità unica non c’è certezza
alcuna. Nella sua ricerca si incontra
la necessità del commento personale e del confronto per cercare
di abbandonare il “vuoto”, per
dar forma, per dar coscienza, per
arginare l’aridità dell’esistenza con
un’espressione, seppur tormentata,
di originale comunicazione multidisciplinare. L’insieme si fa portavoce
della inevitabile fragilità umana:
immagini, volumi, colori, parole,
segni, vengono uniti e dalla loro relazione scaturisce un’esplosione di
sensualità, di tensioni, di possesso,
di violenza, di dolcezza, d’amore e
d’odio. Una presa di coscienza, una
consapevolezza, una denuncia che
ci conduca oltre l’omologazione,
che non comprenda necessariamente il riscatto, che porti in seno
la salvaguardia delle specificità
culturali ed artistiche perché vere
ed autentiche testimonianze di
riflessioni, di sentimenti, di slanci
creativi, che aspirano alla libertà nel
rispetto di tutte le identità.
Sandra Baruzzi,
Vuoto a perdere
A cura di Vittorio Amedeo Sacco
Castellamonte, Palazzo Botton
18 aprile-10 maggio 2009
Sandra Baruzzi con Ugo La Pietra
nel Laboratorio di Arte della Ceramica
all’Istituto Statale d’Arte di Castellamonte
(TO)
37
Ugo La Pietra
OroArezzo,
30° edizione
Successo per l’edizione 2009 della prestigiosa fiera
toscana, nel segno della qualità e della continuità
Gianfranco Ferré, Spilla
in oro giallo con fusione a
cera persa impreziosita da
pavè di diamanti terminante
a riviera. Finitura lucida
davanti e ad effetto seta
per il retro. Collezione “Oro
d’Autore”. Realizzazione
Goldhouse Gioielli.
38
L’idea di una manifestazione dedicata alla lavorazione dell’oro ad
Arezzo, è nata a metà degli anni
Settanta e si è concretizzata nel
1980, grazie all’inaugurazione del
Centro Affari e Convegni. Dopo
alcuni anni di attività, all’inizio del
Duemila, la fiera aretina si accredita come la seconda mostra orafa
per importanza del nostro Paese,
ma è con la nascita della prestigio-
sa collezione “Oro d’Autore”, con
l’allestimento di mostre affascinanti
sui gioielli del passato, con l’istituzione di premi e concorsi di design
orafo, fino alle più recenti iniziative
che coinvolgono le grandi firme
della moda che OroArezzo diventa
una manifestazione nota in tutto il
mondo. L’edizione 2009, malgrado
il periodo di recessione, vede la
sostanziale tenuta dei visitatori e il
Dolce&Gabbana,
Collana portebonheur con catene
groumette, rosario in
oro tricolore e maglie
a cordoncino. Sferette
di corallo e turchese,
amuleti in diamanti,
perla, madreperla,
turchese cabochon,
citrino e miniatura
antica. Collezione
“Oro d’Autore”.
Realizzazione
UnoAErre Italia
confortante livello degli ordini che
non è diminuito. Questa edizione
rappresenta inoltre un momento
di particolare valore storico per un
accordo tra i vari enti fieristici di
Vicenza, Alessandria e Arezzo teso
alla collaborazione per lo sviluppo del sistema orafo nazionale e
per l’armonizzazione degli eventi
espositivi. Fiera di grande qualità,
più che dei grandi numeri, OroArezzo continua ad attirare buyer stranieri e giornalisti che hanno potuto
ammirare le opere dei nove vincitori
di “Première”: selezione di nuovi
gioielli ormai diventata una classica iniziativa della manifestazione,
che tra la fine del 2009 e l’inizio del
2010 vedremo brillare nelle vetrine
dei gioiellieri di tutto il mondo.
La selezione delle nove aziende vincitrici della 18° edizione di
“Première” è stata effettuata da
una giuria composta da giornalisti
in rappresentanza di tredici testate internazionali che ha premiato
le aziende: “Condito” di Torre del
Greco, “Daniela Coaro” di Vicenza
e poi sette firme aretine: “Daveri
Vicenza”, “Jessica”, “New line”,
“NuovaDuecentrotrentaAErre”,
“PVZ”, “Sem-Ar”, “Uno A Erre”.
Alla manifestazione fieristica si è
affiancata la prestigiosa mostra
“Oro d’Autore”, inaugurata nel
1988 presso il Museo Archeologico
Nazionale “G. Mecenate” di Arezzo. Oggi, dopo l’edizione curata da
Lara Vinca Masini, quella dedicata
a Nino Franchina, e soprattutto
l’edizione avente come titolo “Piero
della Francesca” del 1992 presentata da Gillo Dorfles, “Oro d’Autore”
è di fatto una ricchissima raccolta
di opere progettate dai più famosi
scultori e designer tra cui Dadamaino, Mattiacci, Moretti, Munari, Bini,
Cappello, Carrino, Cascella, Ceroli,
Arnaldo e Giò Pomodoro, Dalisi,
Sottsass, Dorazio a cui si sono aggiunti artisti americani, giapponesi e
argentini. La collezione, che è stata
presentata in diversi centri espositivi in tutto il mondo promuovendo
così l’arte orafa italiana, ha sempre
40
Venturino Venturi, “Omaggio
a Piero”. Collezione “Oro
d’Autore”. Realizzato da Gapi.
Dario Fo, “Omaggio a
Piero”. Collezione “Oro
d’Autore”. Realizzato da
Eurocatene.
Roberto Cavalli, Bracciale in oro giallo a struttura modulare
a spira con elementi imperniati e animati da molla interna.
Diamanti incastonati a riccio. Collezione “Oro d’Autore”.
Realizzazione Rosato.
offerto un alto valore aggiunto alla
manifestazione fieristica che è
stata arricchita, per l’edizione 2009,
dalla presentazione della collezione privata di Giovanni Raspini,
una raccolta di argenti toscani, e
in particolare fiorentini e senesi,
del 1700 e del 1800. Caratteristica
comune degli argenti toscani, ben
visibile nella collezione Raspini, è lo
stile sobrio dato dalla decorazione
ridotta al minimo: un’eleganza che
nasce dalla semplicità e che esalta
l’esecuzione e il rigore del progetto.
OroArezzo quindi è una manifestazione che unisce esigenze commerciali e ricerca culturale, radicando la manifestazione nel territorio
e lanciando le qualità produttive
italiane nei mercati internazionali.
Gioiello premiato durante la manifestazione
“Premiére”. Realizzato da Condito, Torre del
Greco, 2009.
41
Simona Cesana
Baccarat
Crystal Candy Set
Un nuova collezione di cristalli firmata dal designer
e artista spagnolo Jaime Hayon
Passeggiare per Milano in occasione dell’appuntamento annuale
con il “Fuori Salone” riserva sempre
piacevoli sorprese: quest’anno, tra
la scoperta di qualche bel cortile
interno e l’inaspettata trasformazione di vie non percorse da tempo,
mi ha sorpreso la bellezza di una
collezione di alto artigianato che
porta il marchio Baccarat. Gustare
con gli occhi la meraviglia, generata
dalla forza monumentale e dalla
fragile leggerezza del cristallo,
dalla profondità del colore e dalla
sua luminosa trasparenza, dalla
ricchezza formale e dalla purezza
della materia, dall’eleganza di una
tradizione secolare e dalla giocosa
creazione di un progetto contemporaneo: questo il piacere che mi
ha trasmesso la collezione “Crystal
Candy Set” disegnata da Jaime
Hayon e realizzata nelle fabbriche
Baccarat. La collezione, formata
da 9 pezzi in edizione limitata a
25 esemplari, fa parte della serie
“Rencontre”: nuovi incontri tra Baccarat e creativi contemporanei, per
reinterpretare il patrimonio storico/
produttivo e la magia del cristallo
42
Jaime Hayon,
Cristal Candy Set,
Baccarat, 2009.
Jaime Hayon, Cristal Candy
Set, Baccarat, 2009.
Sketchbook, Ph. N. Klunder.
della maison francese. L’incontro
tra Baccarat e Hayon ha prodotto
oggetti allo stesso tempo giocosi e
forti, che con un solo sguardo trasmettono il sapore e il profumo di
dolcezze al caramello. L’incontro, in
questo caso, è stato anche tra due
materiali così vicini ma allo stesso
tempo così lontani: il cristallo e la
ceramica. Il cristallo, con la sua
trasparenza sontuosa e con il suo
colore profondissimo, e la ceramica
bianca, con la sua opacità satinata.
E la magia è anche nel gioco tra i
due materiali: la luce colorata del
44
cristallo si riflette sulla volta interna, smaltata d’oro, della ceramica,
per restituire all’esterno, sulla pelle
bianca satinata, un’ombra di luce
color rubino. Giochi di luci e di
materiali che rispecchiano l’approccio creativo dell’artista spagnolo, in
un continuo alternarsi di citazioni
ed influenze, di abbondanza ed
eclettismo. Chantal Granier, nella
presentazione di Hayon, lo descrive
come un “[…] Almodovar del design
… perennemente assetato di incontri, di esplorazioni di nuovi continenti. Il paradosso nasce da un
carattere globale che si fonde con
fonti di ispirazione che si rifanno
alla sensualità delle origini: profumi,
suono, lingue, sensazioni dell’infanzia e delle radici iberiche. Colori
primari, eccessi, forme organiche
e barocche per le ceramiche e gli
arredi, … immaginazione vissuta
come flusso ininterrotto in punta di
pennello o di matita colorata, degno
di un disegnatore di grande talento.[…]” La creatività di Hayon ha
trovato, nelle maestranze di Baccarat, abili mani pronte a interpretare
il suo progetto e a trasformarlo
Jaime Hayon,
Cristal Candy Set,
Baccarat, 2009.
45
Jaime Hayon, Ph. N. Klunder.
sapientemente in un’opera unica,
nella migliore tradizione del marchio: dal cristallo soffiato a bocca,
all’attento lavoro di molatura che
trasforma la massa in pietra preziosa, alle delicate decorazioni a
pennello, tutte lavorazioni tipiche
del cristallo che la fabbrica Baccarat ancora, per fortuna, preserva e
tramanda alle nuove generazioni,
di mano in mano.
Jaime Hayon,
Cristal Candy Set,
Baccarat, 2009.
46
Gio Ponti
Gio Ponti è stato l’artista che più di ogni altro ha trasformato la produzione Richard
Ginori 1735: direttore artistico della manifattura dal 1923 al 1930 mise in atto un
rinnovamento integrale che coinvolgeva le forme e i decori delle ceramiche,
ma anche la grafica dei cataloghi, i manifesti, le foto pubblicitarie e i loghi delle
varie linee di prodotto. Nel 1925, all’Esposizione Internazionale di Arti Decorative
di Parigi le ceramiche di Ponti ricevettero il premio più prestigioso, il Grand Prix. Il
suo eclettismo ripensava ed esprimeva con vivificante sicurezza gli stilemi dell’Art
Noveau, ma anche il neoclassicismo, l’arte etrusca ma anche l’esoterismo, come
il più impertinente dei surrealisti.
Lea di Muzio
Koinè 2009
1989-2009,
l’edizione del
Ventennale
Rassegna biennale internazionale di arredi liturgici e
componenti per l’edilizia di culto
Anche nell’edizione del suo ventennale Koinè, la rassegna biennale
internazionale di arredi liturgici e
componenti per l’edilizia di culto
che si è da poco conclusa presso la
Fiera di Vicenza, ha rappresentato
l’evento espositivo e convegnistico
di riferimento imprescindibile per
tutti gli operatori italiani e stranieri del settore religioso: aziende
produttrici, artigiani, artisti, architetti, studiosi e clero. Oltre 12.000
visitatori dai cinque continenti e
350 espositori hanno contribuito
al successo della manifestazione.
La manifestazione ha avuto inizio
nel 1989 a Vicenza grazie all’interesse e al sostegno della Fiera di
Vicenza e della diocesi di Vicenza;
da allora Koinè continua ad essere
simultaneamente un evento espositivo-commerciale ed un momento
culturale unico in Europa nel settore
dell’oggettistica, dell’arredo liturgico,
dell’edilizia di culto e dei beni culturali ecclesiastici. La sezione Ricerca, animata da un comitato scientifico multidisciplinare, composto da
religiosi e da laici, si è proposta di
far arrivare il messaggio innovatore
del Concilio Vaticano II ai produttori
48
di oggettistica religiosa, vesti liturgiche, vasi sacri e sacra suppellettile,
arredamento, arte e architettura per
la liturgia considerati come una realtà unitaria e non scindibile in parti.
Nell’arco di vent’anni la sezione
Ricerca - che fin dalla prima edizione ha potuto contare sulla collaborazione costante dei due Uffici della
Segreteria Generale della C.E.I.,
l’Ufficio per la nuova edilizia di culto
e l’Ufficio per i beni culturali - con
le mostre di design “tematiche” e
le Giornate di studio è diventata un
importante momento formativo e di
scambio per studiosi, artisti, architetti, liturgisti, designer, e quanti si
interessano al vasto campo delle
arti e dell’artigianato per la liturgia e
per il culto. In occasione del ventennale della rassegna, le mostre
di Koinè si sono articolate in due
sezioni: una dedicata al consueto
tema monografico e l’altra dedicata
ad una mostra retrospettiva con le
opere e i prototipi più significativi
realizzati per le mostre di Koinè
delle edizioni passate. La mostra
monografica 2009 è stata dedicata a “Gli oggetti per uso liturgico”,
tema già affrontato nell’edizione del
Uno scorcio della retrospettiva sugli arredi liturgici.
La rassega di oggetti di uso liturgico realizzata da Rossi &Arcandi.
49
1991, argomento tra i più delicati
su cui Koinè ha ritenuto opportuno
ritornare, dopo tanti anni. La vasta
gamma di suppellettili realizzate
per la mostra rappresenta l’esito
del dialogo all’insegna degli orientamenti che la Chiesa ha tracciato a
partire dal Concilio Vaticano II che
ha visto coinvolti Rossi&Arcandi,
azienda vicentina di artigiani dell’argento, e Koinè Ricerca. Gli oggetti
presentati in questa sezione, infatti,
sono stati pensati e realizzati per
rispondere alle esigenze dell’odierna liturgia: improntati alla sobrietà,
alla semplicità delle forme, evitando l’uso di segni e simboli religiosi
come puri elementi decorativi.
Il lavoro di ricerca e di studio dei
prototipi realizzati da Rossi &
Arcandi, è stato frutto di un’attenta
riflessione sui documenti elaborati
dal comitato scientifico di Koinè
Alda Casal Casati, “Casula”, dettaglio.
La parte della Retrospettiva dedicata alle vesti liturgiche
50
Rossi&Arcandi, vari oggetti ad uso
liturgico.
(preziose linee guida per affrontare
da una prospettiva diversa il design
degli oggetti per uso liturgico) e
sull’esperienza maturata dall’azienda nel mondo dell’argenteria,
collaborando con designer e progettisti famosi. Accanto alla mostra
monografica, la retrospettiva “Koinè
1989-2009” ha riproposto molti
degli oggetti realizzati in passato
per le mostre monografiche che si
sono soffermate, di volta in volta,
su temi quali il calice, la casula, le
sedi e sedie per le chiese, la porta
di ingresso della chiesa, l’altare, la
custodia eucaristica, la luce della
fiamma con il contributo di artisti
e noti designer, quali Michele De
Lucchi, Gabetti e Isola, Ugo La
Pietra, Angelo Mangiarotti, Afra e
Tobia Scarpa, ecc. Il nutrito programma delle Giornate di studio,
poi, rivolte ad architetti, progettisti,
artisti, liturgisti, sovrintendenze ai
monumenti, incaricati diocesani
e clero, è stato realizzato con la
partecipazione dei massimi esperti.
I temi trattati hanno spaziato dalle
attività culturali e didattiche dei
Musei diocesani, alla progettazione
di nuove chiese, all’adeguamento
degli spazi celebrativi secondo la
riforma liturgica del Concilio Vaticano II e all’inventariazione informatizzata dei beni culturali ecclesiastici
oltre che alle questioni e ricerche
riguardanti l’acustica e l’illuminazione degli spazi per il culto. Di
notevole interesse è stata la tavola
rotonda dedicata alla progettazione
di nuove chiese, a cura del Servizio
Nazionale per l’Edilizia di Culto della C.E.I., che ha visto interagire la
Conferenza Episcopale Italiana con
i vincitori degli ultimi concorsi per
la progettazione di chiese banditi
dalla C.E.I. insieme ad importanti
liturgisti; assai rilevante anche la
Giornata di formazione promossa
dall’Ufficio Nazionale per i Beni
Culturali Ecclesiastici della C.E.I., in
cui è stato presentato in anteprima
il progetto dell’anagrafe degli Istituti
culturali ecclesiastici secondo cui
archivi, biblioteche e musei ecclesiastici disporranno per la prima
volta di uno spazio privilegiato in
rete per fornire informazioni complete sul proprio patrimonio, per
dare notizie sui servizi e per essere
facilmente individuati sul territorio
da quanti sono interessati.
Fiera di Vicenza, 18-21 aprile 2009
www.koinexpo.com
51
Cristiana Di Nardo
SAM,
Spazio
Arti e Mestieri
A Firenze un nuovo spazio interamente dedicato
all’artigianato artistico di qualità
Il cortile del Conventino, sede dello Spazio SAM
Nell’Oltrarno di Firenze, alla presenza di un vasto pubblico e di numerose autorità, lo scorso 22 aprile si
è inaugurato SAM, Spazio Arti e
Mestieri: un centro polifunzionale di
oltre 3500 mq dedicato all’artigianato di qualità, con 35 botteghe le cui
attività spaziano dalla lavorazione
del legno e del ferro, alla decorazione, alla scultura, pittura, stampa,
incisioni, restauro e altro ancora. Le
botteghe sono state scelte attraverso
un apposito Bando comunale che ne
ha definito gli standard qualitativi e
di produzione. Lo spazio è nato dal
restauro di un convento carmelitano
costruito nell’Ottocento e noto col
nome di “Conventino”, che nel corso
degli anni è stato anche ospedale militare e sede del comando di
Liberazione Oltrarno; nel 1921 il
complesso passò ad un privato che
ne affittò gli spazi come laboratori
di scultura, incisione e altri mestieri
d’arte e da allora è rimasto un punto
di riferimento per artisti e artigiani
54
della città. Illustri pittori e scultori
vi hanno lavorato: Pietro Annigoni,
Agostino Giovannini, Arnaldo Miniati,
Ugo Bartolini, Venturino Venturi e altri, a testimonianza di un luogo fucina
di idee e di cultura. Il Comune di Firenze, col suo intervento di recupero
avviato nel 2003, ha voluto rispettare
la storia di questo complesso.
Il nome SAM, acronimo di Spazio
Arti e Mestieri, è anche il nome di
un noto personaggio del cinema,
il protagonista di “Provaci ancora
Sam” di Woody Allen: anche gli artigiani ci riprovano; lo spazio stesso
prova di nuovo ad essere un punto
di riferimento per l’artigianato cittadino e non solo. Le attività che qui si
svolgono, distribuite nei vari laboratori, sono molteplici e testimoniano la
creatività, la sapienza e la sensibilità
artistica di coloro che li animano.
Qui coesistono botteghe di artigiani
e artisti, di restauratori d’opere già
esistenti e di creatori di nuovi oggetti; è possibile quindi compiere
un percorso completo e vario tra i
mestieri, a contatto con espressività
e professionalità diverse. Oltre alla
creatività, ciò che unisce tutti gli
artisti e gli artigiani del Conventino è
il rapporto con la materia: per questo
nei corridoi comuni del primo piano
è stato allestito un percorso visivo e
tattile per i visitatori, che parte dalla
materia e attraverso di essa arriva
alle tecniche e agli strumenti che
la plasmano. Questo “percorso di
conoscenza” offre vari tipi di esperienze di contatto con la materia:
tattili (toccare la materia e piccoli
manufatti grezzi), visive (guardare
la materia, i colori, le trasformazioni
con tecniche e strumenti diverse),
uditive (ascoltare i rumori della
bottega, i racconti degli artigiani, i
Paola Aringes, tessuto “Caffé”, particolare.
Luciano Ghersi, “Bici e Drago”, particolare.
Vista d’insieme della mostra.
55
suoni delle attrezzature). Lo Spazio
SAM si propone di diventare luogo
di divulgazione e didattica dell’arte
e dell’artigianato, di conoscenza e
comprensione dei processi produttivi e creativi dei mestieri artigiani.
Sono in programma mostre d’arte
e d’artigianato, oltre a convegni,
seminari, workshop, laboratori didattici, scambi culturali con istituzioni
analoghe in Italia e all’estero. Lo
Spazio ha anche finalità didattiche e
si propone di diventare luogo dove i
giovani possano imparare i mestieri
che rischiano di scomparire, come
quelli legati alla ceramica, al vetro,
al legno. Sarà inoltre sede della
Fondazione di Firenze per l’Artigianato (ente culturale nato nel 2002),
nonchè luogo di aggregazione per i
cittadini, che potranno passeggiare
nel grande chiostro adibito a giardino
pubblico: uno spazio creativo e di
56
Marzia Resi,
tessuto “Mandala”,
particolare.
Cristiana di Nardo,“I
felt Green”, abito in
feltro.
lavoro da vivere e da fruire, un punto
di riferimento per l’eccellenza artigiana e per la sperimentazione artistica
nella città. In occasione dell’inaugurazione, si è aperta anche la mostra
“MADE! MATERIA MANO MACCHINA - Un filo che si è fatto tela”, il
primo evento espositivo qui ospitato,
che prosegue fino al mese di giugno.
La mostra è stata curata da Cristina
Degl’Innocenti, curatore e ideatore
anche dello Spazio SAM, ed è stata
realizzata in collaborazione con il
Coordinamento Tessitori, associazione fiorentina che raduna numerosi
artisti e artigiani italiani operanti nel
settore tessile e della fiber – art. La
mostra parte dal concetto di materia/
fibra per arrivare a quello della tela/
intreccio e presenta varie opere
realizzate con materiali tessili in senso lato: tessuti a telaio, patchwork,
feltro, fili metallici e molto altro. I visi-
tatori hanno modo di scoprire e toccare le possibilità della materia: un
filo può diventare gomitolo, matassa,
groviglio e può essere trasformato
dalla mano dell’uomo in molti modi
diversi. Sono esposte opere di illustri
nomi dell’arte tessile italiana: Graziella Guidotti -docente all’Università
di Architettura e all’Istituto d’Arte di
Firenze-, Eva Basile -Presidente del
Coordinamento Tessitori e docente
alla Fondazione Arte della Seta Lisio
di Firenze-, Luciano Ghersi -artista
tessile, filosofo e docente di tessitura-; inoltre, opere di Paola Aringes,
Silvia Beccaria, Marina Costatino,
Laura De Cesare, Heidi Bedeknecht,
Cristiana Di Nardo, Gaia Girard,
Anna Maria Mangani, Esther Ramseier, Marzia Resi, Letizia Strigelli,
Giulia Zavattoni. Dal 22 al 24 aprile
si è inoltre tenuto il convegno internazionale “In Hand”, progetto finan-
Laura de Cesare, tessuto “Reperto”,
particolare.
ziato dall’Unione Europea, a cui
hanno partecipato artigiani e artisti
e alcune rappresentanti di scuole
dei quattro Paesi coinvolti: Italia,
Bulgaria, Francia e Spagna. Si è
discusso della situazione dell’arte
e del design in campo educativo
e di possibili collaborazioni nel
mondo dell’artigianato artistico. Al
termine del progetto sarà realizzata una mostra collettiva itinerante
degli artisti coinvolti.
SAM / Spazio Arti e Mestieri
Via Giano della Bella, 20/1 - 20/2
Firenze
Tel. +39 055 2322269
www.spaziosam.it
57
Alberto Cavalli
Tendenze Salone
English text page 74
Michelangelo Pistoletto con Juan E.
Sandovel, “Mezzoterra Mezzomare”, Alias,
2009.
58
La quarantottesima edizione del
Salone del Mobile, l’evento (anzi: la
serie di eventi) dedicato al design e
ai complementi d’arredo più importante del mondo, è stata dominata
da un’idea di bellezza funzionale
tipica degli anni Cinquanta: un’idea
che si è concretizzata in scelte cromatiche molto incisive, in una serie
di splendide riedizioni di pezzi storici, ma anche in una ricerca minuziosa di forme e progetti innovativi.
“Ma l’innovazione non è qualcosa di assurdo, da ottenere a ogni
costo. Ciò di cui abbiamo bisogno è
un’idea, anche piccola, ma in grado
di portare un vantaggio competitivo” ha dichiarato a Il Sole 24 Ore
Carlo Guglielmi, Presidente del
Cosmit. Un vantaggio competitivo
che numerose aziende ritrovano
già nella loro storia, come risulta dai
mitici pezzi di design che sono stati
rinfrescati o presentati in nuove edizioni e che trovano uno splendido
esempio nella versione metallizzata
della poltrona Up5 e dal pouf Up6,
di Gaetano Pesce per B&B Italia.
Si è manifestato con chiarezza il
bisogno di trovare un equilibrio tra
crisi e innovazione, sostenibilità
ed estetica: un equilibrio che può
venire solo da una creatività illuminata, applicata a progetti ragionati
e ragionevoli. Come ha dimostrato
Pierre Paulin, con le sue bellissime
nuove proposte per Magis.
Con i suoi oltre 3000 espositori, una
quota record di visitatori da tutto il
mondo che ha superato le 300.000
presenze, le centinaia di giovani
designer e gli eventi che si susseguono in ogni angolo della città, il
Salone del Mobile rappresenta forse
la più rilevante concentrazione di
menti creative: una concentrazione
che, come rilevato da Tyler Brule
(direttore della rivista “Monocle”),
dovrebbe produrre più effetti del
G20. I primi effetti sono forse quelli
Gaetano Pesce, “UP5”
riedizione in argento,
B&B Italia, 2009.
già messi in luce da Guglielmi, che
ha descritto quest’ultima edizione
come una sorta di cartina di tornasole per identificare chi siano gli
attori veramente in grado di esprimere qualcosa, di far fronte alla
crisi. Meno prodotti, ma migliori: una
scelta che si è tradotta in progetti
più sobri, più vicini a quelle “cose
giuste, vere, naturali, semplici” di cui
parlava Gio Ponti.
Patricia Urquiola, una dei designer
più talentuosi del contemporaneo
panorama internazionale, ha dichiarato sempre al Sole 24 Ore che “la
creatività e l’intuizione diventano
qualcosa di reale, di effettivo, se c’è
uno spazio adeguato per realizzarle. Di questi tempi, dico che il rigore
è la cosa più preziosa che io abbia
imparato dagli architetti milanesi”. Il
rigore, insieme alla curiosità, a una
grande energia e a un’attenzione
sempre più pervasiva alle tematiche
ecologiche è infatti emerso come
uno dei trend più rilevanti: non
come improbabile ritorno al minimalismo, ma come una chiara volontà
di eliminare ciò che non è essenziale senza rinunciare al piacere
dei colori, alla novità delle forme e
al senso di ammirazione che ci si
aspetta di fronte alle grandi opere
di design. Opere che nascono dalla
fertile unione tra le menti dei creativi
e le mani degli artigiani.
Sobrietà. La collezione 360° di
Konstantin Grcic per Magis è l’epitomo di questo rinnovato bisogno di
un design più sobrio, quasi scaleno:
niente formalismi, solo concetti, progetti e perfezione funzionale. Dalle
forme purissime che Arik Levy ha
disegnato per Swarovski, lavorando
su forme molecolari e tagli nitidi,
alle proporzioni perfette del letto
Lakki di Piero Lissoni per Porro; dal
tavolo Adelchi, preziosa proposta
59
Taste Lounge di Richard Ginori, Milano,
2009.
60
di Armani Casa, alle linee rigorose
di Luxor (Cappellini); dalle mensole
Sequence che Patricia Urquiola
ha creato per Molteni & C. alla
lampada Totem di Zaha Adid per
Artemide, la direzione dominante
può essere sintetizzata nel concetto
giapponese di Shibui – eliminare ciò
che non è essenziale. Una direzione perfettamente visibile nel divano
Toot, disegnato sempre da Piero
Lissoni per Cassina, o nelle nuove
collezioni per la casa di Frette, che
uniscono una qualità raffinata e
discreta a un altissimo livello artigianale. Senza alcun eccesso.
Sostenibilità. Come ha dichiarato
Daniel Libeskind, “è folle progettare un’architettura o un oggetto di
design senza pensare alle risorse,
all’ecologia, all’ambiente”. La natura
è il vero trend del Salone, sia in
una versione arcadica e sognante, sia nelle sue possibilità reali o
visionarie. Esempio del primo caso
è la riedizione dell’attaccapanni
Shanghai di Zanotta realizzato
da Catarina Carreiras di Fabrica,
utilizzando gli attrezzi tipici del
lavoro dei contadini. Chiari esempi
di un’attenzione più realistica alla
natura e all’ambiente sono invece
visibili nel trionfo delle fibre naturali
e nell’importanza che il legno viene
di nuovo ad assumere: intagliato a
mano, lucidato, esotico o scolpito
in forme suggestive, il legno è di
nuovo protagonista di rilievo, come
si vede nel tavolo Kauri di Matteo
Thun per Riva 1920 o nel tavolino
Loi6 di F.lli Boffi. Il bisogno chiaramente espresso è quello di uno stile
di vita più sostenibile, ragionevole
ed ecologico, come è emerso dalle
installazioni volute da Interni presso
l’Università Statale (tra cui la torre di
Luca Trazzi, o il progetto di Michele
De Lucchi per ENEL). “La rivoluzione verde deve potersi evolvere
senza interrompere la cultura del
Patricia Urquiola,
“Fergana”, Moroso, 2009.
progetto estetico”, ha affermato
Massimo Josa Ghini: un comandamento molto ben osservato e, si
spera, recepito.
Colore. Divani e poltrone splendenti
come gemme, sedie e tavoli in tinte
trasparenti e scintillanti, mosaici
dalle tinte intense o tessuti preziosissimi: il colore è di nuovo al centro
dell’attenzione. Il sofa Turner di
Hannes Wettstein per Molteni & C.,
per esempio, è di un rosso fiammante; Agatha Ruiz de la Prada firma solari tappeti in cui i suoi classici
elementi decorativi sono realizzati in
colori pieni di vita; la Vegetal Chair
di Roman ed Erwan Bouroullec per
Vitra è di un verde che richiama la
natura; Kartell da sempre realizza
progetti utilizzando plastica in tinte
pop, mentre Moroso ha dato voce
a straordinari artigiani africani che
hanno presentato le luci, i toni e i
colori della loro terra in splendide
sedute intrecciate.
Stile. Se Prada ha scelto Seoul per
presentare Transformer, la creatura
visionaria di Rem Koolhas destinata
ad accogliere sfilate ed eventi, numerosissimi marchi di moda hanno
invece eletto il Salone del Mobile di
Milano a piattaforma privilegiata per
presentare le loro collezioni casa, o
per intensificare i propri legami con
l’architettura. Presso il suo teatro,
Versace ha presentato Emotional
Refractions: tre pezzi (una dormeuse, una lampada e un tavolino)
dalla scintillante struttura in cristallo,
dove i dettagli in seta, velluto e pelle
accentuano la forte identità tattile e
la scultorea leggerezza del materiale. Rigore nelle forme e materiali
lussuosi anche per Fendi, che con
il progetto Craft Punk ha coinvolto
dieci giovani designer / artigiani
nella creazione di installazioni ed
opere partendo da materiali quali
pelli e tessuti. Antonio Marras ha
presentato presso la sede de Il Sole
24 Ore il suo gregge, composto
da 99 pecore-pouf bianche e una
nera: avvicinando la borsa Pagodon di Kenzo al suo ricco héritage
sardo, Marras ha focalizzato la sua
attenzione sui temi dell’identità, del
rischio e della sperimentazione. La
prima collezione casa di Diesel è
all’insegna della musica e del rock,
ed è composta da pezzi molto forti
61
Ross Lovergrove,
“Cosmic Leaf”,
Artemide, 2009.
e incisivi creati da Moroso e Foscarini. Paul Smith ha prediletto stampe floreali, Missoni ha applicato a
pezzi quali la chaise longue Cordula
la sua inimitabile palette di colori,
mentre Milan Vukmirovic ha applicato il suo stile lussuoso e rigoroso
a una serie di pezzi per Trussardi.
Serie limitate e tessuti firmati Rubelli
per Armani Casa.
Tradizione e innovazione. Richard Ginori, la storica e prestigiosa manifattura toscana fondata
nel 1735, ha chiesto alla designer
Paola Navone di creare una lounge
presso il Padiglione Visconti di Via
Tortona; come scenografia speciale
di questa Taste Lounge, l’architetto
e designer ha concepito un allestimento in cui protagoniste non erano
solo le collezioni firmate Richard
Ginori 1735, ma anche immagini e
suggestioni visive legate alla storia
62
dell’azienda, le creazioni di porcellana provenienti dalla fabbrica (intere
o spezzate a formare tessere di mosaico o rielaborate in modi diversi),
per una rilettura d’autore dell’identità e dello stile Ginori. L’allestimento
è stato impreziosito anche da opere
in porcellana realizzate in esclusiva
dalla designer per la quarta edizione di Taste, nell’ambito del progetto
“Bon Souvenir”: una limited edition
di piatti ispirati ai “buon ricordo”, decorati reinterpretando i marchi delle
170 aziende protagoniste del salone
di Firenze. Il rapporto tra tradizione
d’eccellenza e un’innovazione che
nasce dal rispetto e dal riconoscimento dei valori storici dei marchi
è emersa in numerosi allestimenti,
a ulteriore conferma del necessario
rapporto tra l’approccio del designer
e il savoir-faire dei maestri d’arte.
Trasparenza. Il bisogno di respirare
aria nuova si percepisce chiaramente dall’uso di materiali come il vetro,
il cristallo e le plastiche trasparenti:
non solo per lampadari o lampade,
come nell’Opus Circular di Lolli &
Memmoli, ma anche per tavole,
sedie, librerie. Fabio Novembre, per
esempio, ha disegnato per Kartell
il tavolo Fleur, con petali multicolori
che sostengono un piano trasparente; il tavolo Capriccio di Jacopo
Foggini per Edra offre uno spettacolare gioco di riflessi tra il piano di
vetro e la sinuosa base in acciaio;
Marc Newson ha reinterpretato il
famoso Atmos di Jeager-LeCoultre
trasformandolo in un cubo di cristallo dagli angoli smussati, realizzato
da Baccarat.
Outdoor. Ogni muro nasconde
un’opportunità: la casa del futuro è
fatta di spazi interconnessi. Questa
tendenza verso un rapporto più
Marras sulla pecora
nera del pouf “La
Beeea e il gregge
viaggiatore” con alle
spalle il sottobosco
allestito nel cortile
della sede del Sole
24 Ore
intimo con la natura (come esemplificato dalle case-foresta progettate
da Stefano Boeri) è sottolineata dal
successo dei mobili che possono
facilmente adattarsi ad arredare
uno spazio sia interno sia esterno,
da una camera a un giardino o
una terrazza: come Road di Roda,
disegnato da Rodolfo Dordoni, o la
poltrona Intrecci di Emu, la proposta
di Eugeni Quitlle per Driade, o ancora Eden, il maxi divano in alluminio
di Unopiù. E-Bay ha presentato
un’installazione suggestivamente
intitolata Dream Rooms, e posta
nel giardino di fronte alla Triennale:
interno ed esterno, realtà e sogno,
fantasia e rigore sembrano chiedere uno spazio meno angusto e più
organizzato per potersi esprimere al
meglio.
Luce. In connessione con il Salone
ha avuto luogo la XXV edizione di
Euroluce, appuntamento biennale
dove 525 marchi hanno presentato le loro ultime creazioni e hanno
affrontato le tematiche dell’ecologia
e sostenibilità. A partire dall’uso del
LED fino al recente interesse per
le lampade in grande scala, i temi
trasversali sono stati “il sogno” e
“la geometria”, che hanno offerto
le più belle e spettacolari creazioni
dell’intero Salone. Attorno al tema
del racconto fantasy ruotano l’atteggiamento sognante di Raggi, che
trova una magnifica declinazione
nel candelabro Vanderbilt da lui
disegnato per Barovier & Toso; la
lampada Cosmic Leafe di Ross
Lovergrove per Artemide, che è
stata unanimemente acclamata
come uno degli oggetti più belli in
mostra; l’istallazione di Ingo Maurer,
chiamata Fisherman’s tears. La
geometria e la funzionalità futuristi-
ca caratterizzano invece Nozzle di
Modular Design, Spore di Massimo
Iosa Ghini e Chignon di Piero Russi
per FontanaArte, mentre le forme
geometriche di K-Ray (disegnato da
Philippe Starck per Flos), di Itis (di
Naoto Fukasawa per Artemide) e
Tatoo di Marco Piva per La Murrina
evocano un mondo raffinato e scevro di orpelli dominato da luminosità
e funzionalità.
La nuvola luminosa di Cerith Wyn
Evans, sospesa sopra il Museo
della Triennale, indica chiaramente
come l’immaginazione e la tecnica
sono due facce della stessa medaglia, impossibili da dissociare.
63
Alberto Cavalli
Il Tempo
del Design
Atmos 561: Marc Newson incontra
la grande tradizione di Jaeger-LeCoultre
Si deve all’estro e al rigore di Marc
Newson la nuova fisionomia della
storica pendoletta ATMOS di Jaeger-LeCoultre, realizzata all’insegna
dell’equilibrio formale e della semplicità stilistica: il designer australiano
ha infatti progettato una cassa con
le sembianze di una straordinaria
bolla di cristallo, che valorizza la
leggerezza e l’eleganza di questo
orologio di design contemporaneo,
64
vera icona realizzata in serie limitata
a 888 esemplari.Nel corso della sua
carriera Newson ha toccato ogni
ambito del design, dall’arredamento agli utensili, dalle biciclette alla
decorazione d’interni di case, uffici
e ristoranti, come un vero e proprio
inventore dei secoli passati. Caratterizzate da profili curvilinei, armoniosi
e audaci, le sue opere fanno parte di
alcune delle più prestigiose colle-
zioni pubbliche e private del mondo;
con la Atmos 561, presentata in
Triennale in occasione dell’ultimo
Salone del Mobile, il progettista
della celebre sedia “Orgone Strecht
Lounge” ha saputo catturare, in
un’interpretazione di sorprendente
forza innovativa, l’essenza stessa
della pendoletta che da 80 anni,
rappresenta la più riuscita sfida al
sogno del moto perpetuo. “Ciò che
Marc Newson alla presentazione della
pendola Atmos 561, prodotta da JagerLeCoultre, alla Triennale di Milano.
più amo in questo oggetto è che,
nel momento in cui lo si acquista,
durerà per tutta la vita”, ha infatti
dichiarato il designer, che insieme
ai maestri orologiai della manifattura
svizzera ha dato una veste nuova
a un oggetto percepito come una
sorta di patrimonio nazionale, tanto
da essere il regalo ufficiale della
Confederazione Elvetica a illustri
personaggi del mondo della politica,
della cultura e dello spettacolo. Con
la Atmos 561, Marc Newson torna
all’età d’oro del design industriale,
agli anni 50, quando lo sviluppo
dei processi di fabbricazione apre
strade inedite ai progettisti d’oggetti che, da quel momento in poi, si
troveranno sempre al crocevia tra
forma e funzionalità. Confermando
l’intramontabile classicismo per cui è
sempre stata apprezzata, la Atmos
anche nella nuova versione siglata
561 si caratterizza per un’estetica
originale e al tempo stesso minimalista, trasparente e suggestiva,
quanto lo è il suo movimento “quasi”
perpetuo. Il progetto di Marc Newson punta sull’equilibrio e sul rigore
formale, conferendo un fascino del
tutto particolare alla consultazione
delle indicazioni visualizzate dall’orologio. Le ore e i minuti si leggono su
un quadrante trasparente, mentre
le funzioni complementari sono
riportate su dischi rotanti: il primo al centro - indica il mese in corso,
mentre il secondo - a ore 6 - visualizza le fasi di luna ed è siglato con il
numero 561, la referenza del nuovo
calibro che anima la pendoletta. Per
sviluppare questo straordinario progetto è stato necessario ridisegnare
alcuni elementi del movimento,
affinché potessero inserirsi armoniosamente all’interno della suggestiva
bolla in cristallo, appositamente
realizzata per Jaeger-LeCoultre
dalla prestigiosa maison Baccarat.
“Realizzare questa struttura si è
rivelata una vera sfida” ha confidato
Newson; “non doveva risolvere solo
una questione estetica, ma anche
funzionale”. Solo Baccarat è stata
all’altezza di raccogliere questa
sfida, grazie alla straordinaria abilità
dei suoi maestri nella lavorazione
del cristallo. Non solo alta orologeria
e design contemporaneo, dunque,
ma anche l’eccellenza dei maestri di
Baccarat: perché è proprio nel dialogo continuo tra designer e maestro
d’arte che la creatività prende vita,
divenendo funzionale ed ergonomica. È nello scambio continuo tra la
genialità della mente e l’intelligenza
della mano che si perpetua quella
logica da bottega rinascimentale che
tuttora sta alla base delle migliori
produzioni internazionali.
65
La Fondation de la Haute
Horlogerie incrementa le attività
di promozione dell’Alta Orologeria
Fondata nel 2005, la Fondation de la Haute Horlogerie (FHH) ha come missione principale la promozione della cultura e del savoir-faire dell’Alta Orologeria, a livello internazionale. La Fondation ha quattro principali obiettivi:
- Informare gli appassionati e gli amanti di orologi
- Suscitare vocazioni e risvegliare passioni
- Affermare il suo ruolo di « Think Tank » dell’industria dell’Alta Orologeria
- Formare i professsionisti dell’Alta Orologeria
Dal 2005, la FHH continua a sviluppare azioni di informazione e formazione
nel mondo, accogliendo nuove partnership che condividono la volontà di
difendere attivamente i valori appartenenti all’industria dell’Alta Orologeria.
Numerose partnership
Le partnership della FHH sono in continua crescita. Fanno parte della Fondation ben 29 marche e 5 istituzioni che rispecchiano l’autenticità, la creatività e l’innovazione, legittimando così la loro partnership con la FHH:
A.Lange & Söhne, Antoine Preziuso, Audemars Piguet, Baume & Mercier,
Boucheron, Cartier, Chanel, Chopard, Corum, Daniel Roth, Gérald Genta,
Girard-Perregaux, Greubel Forsey, Hermès, Hublot, IWC, Jaeger-LeCoultre,
JeanRichard, Montblanc, Panerai, Parmigiani, Perrelet, Piaget, Richard
Mille, Roger Dubuis, Tag Heuer, Vacheron Constantin, Van Cleef and Arpels,
Zenith; Fédération de l’industrie horlogère suisse - Musée de l’horlogerie
et l’émaillerie, Genève - Musée, d’Horlogerie Beyer, Zurich - Musée d’Horlogerie du Locle, Château-des-Monts - Musée international d’horlogerie, la
Chaux-de-Fonds.
Premio speciale della giuria al Grand Prix d’Horlogerie de Genève
Le Grand Prix d’Horlogerie de Genève 2008 ha premiato la Fondation de la
Haute Horlogerie, attribuendole il Premio speciale della giuria. Il premio ha
omaggiato non un prodotto, ma un’organizzazione nell’ambito dell’orologeria, che rappresenta il savoir-faire elvetico.
66
Recentemente, la Fondation de la Haute Horlogerie ha promosso e sviluppato le
seguenti attività :
La lotta contro i falsi : « Fake watches are for fake people ».
Nel gennaio scorso, la FHH ha lanciato una campagna internazionale contro la
contraffazione, in collaborazione con la Fédération de l’industrie horlogère suisse. Attraverso questa campagna, la Fondation si impegna più che mai a difendere gli interessi delle sue marche, per sensibilizzare la gente sui danni di questo
flagello mondiale.
Numerosi media internazionali (giornali, siti internet e manifesti publicitari) sostengono già questa campagna. (Cfr. www.hautehorlogerie.org, sezione Haute
Horlogerie Preservation)
67
Salone Internazionale
dell’Alta Orologeria, 2008.
La Watch@Tablet®
La FHH ha sviluppato un supporto di informazione e formazione, destinato
ai venditori di orologeria, per concretizzare la sua missione formativa e per
gestire la complessità di questa professione, data la quantità di innovazioni
tecniche.
La Watch@Tablet è come un computer portatile, senza tastiera, dotato di
un touch screen. È possibile integrare tutte le informazioni necessarie alla
vendita e alla formazione del personale, grazie ad un sistema di immagini
particolarmente didattiche e interattive (Cfr. www.hautehorlogerie.org, sezione Watch@tablet®).
Il primo Forum de la Haute Horlogerie
Il 13 novembre 2008, la Fondation de la Haute Horlogerie ha invitato, presso
la sede del World Economic Forum di Ginevra, una sessantina di marche
appartenenti al perimetro dell’Alta Orologeria per partecipare al primo Forum
de la Haute Horlogerie. Evento esclusivo e riservato ai patron delle più
importanti Maison, il Forum è stato concepito come un momento di scambio
di opinioni e riflessioni sul tema : « L’industria del tempo in mutazione », alla
presenza di speaker internazionali di prim’ ordine.
Questo primo Forum ha dato conferma del ruolo della Fondation nel difendere i valori dell’Alta Orologeria e nello stimolare una riflessione sugli sviluppi
futuri.
Grazie a queste attività, la Fondation de la Haute Horlogerie ha affermato la
propria posizione e la propria vocazione nella difesa dei valori appartenenti
all’industria orologiera; industria caratterizzata da tradizione, savoir-faire e
innovazione.
68
35.000 visitatori a
Campionaria delle qualità
Successo per il David, capolavoro tra i capolavori
Milano, 11 maggio 2009 – 35.000
persone hanno colto l’opportunità
offerta da La Campionaria delle
Qualità Italiane, che si è chiusa ieri
a fieramilanocity, di un percorso alla
scoperta del meglio della produzione Made in Italy. Le eccellenze del
nostro paese si sono messe in mostra dal 7 al 10 maggio: dalla Ferrari
ai moderni elicotteri di AgustaWestland Finmeccanica, dagli yacht di
lusso alle esperienze di agricoltura
biologica, dai tessuti hi-tech alle
più esclusive ceramiche italiane,
dalle nuove tecnologie in fatto di
risparmio energetico alle produzioni
enogastronomiche tipiche di alcune zone italiane. “Esiste una larga
condivisione sui punti di debolezza
dell’Italia, mentre altrettanto non
si può dire sui nostri punti di forza.
In questi giorni alla Campionaria
delle qualità italiane abbiamo visto
rappresentata un’idea di Italia
che coglie nelle caratteristiche del
nostro sistema produttivo le radici
di una scommessa sul futuro.” Ha
commentato Ermete Realacci, presidente di Symbola, Fondazione per
le Qualità Italiane. “Una scommessa
che si nutre di valori e di coesione
sociale, di innovazione e ricerca,
di ambiente e cultura, tutti elementi
che possono rappresentare formidabili fattori produttivi in grado di
valorizzare i saperi e i talenti dei
territori. Quello che emerge è che
esiste in Italia che nel corso di questi anni si è rafforzata in molti settori
puntando proprio sulla qualità e
oggi è in grado di affrontare la crisi
economica”. Protagonista di questi
quattro giorni di mostra il testimonial della manifestazione, il David
di Donatello. Orgoglioso di questo
successo Maurizio Lupi, amministratore delegato di Fiera Milano
Congressi: “l’ospitalità data al David
69
esprime la vocazione di crescita
funzionale di una location che a
fine 2010 diventerà il più importante
Centro Congressi d’Europa: una
struttura massimamente modulabile e in grado di ospitare eventi di
diversa natura, inclusi quelli legati
all’Expo 2015 che va a integrare
l’offerta, già importante, del Gruppo
Fiera Milano. Il grande successo
dei visitatori che sono venuti ad
ammirare il David è la conferma
che la città sa cogliere queste
occasioni”. La statua, grazie alla
collaborazione tra Fondazione Fiera
Milano e Fiera Milano Congressi,
sarà visitabile ancora gratuitamente
al pubblico fino al 31 maggio, tutti i
giorni dalle 10.00 alle 19.00. Intensa
l’attività convegnistica, che ha visto
susseguirsi oltre 40 appuntamenti,
con presenze illustri come, tra gli
altri, Mauro Moretti, amministratore delegato Ferrovie dello Stato a
parlare di infrastrutture e mobilità,
Riccardo Amoroso responsabile
sviluppo progetti nazionali divisione
energie rinnovabili di Enel a introdurre il tema dell’energia Made in
Italy, e Alessandro Azzi presidente
70
BCC, sponsor della manifestazione,
a discutere sul tema delle banche di
comunità. Tante le visite istituzionali
che hanno confermato l’importanza
di questo appuntamento. Il presidente della Camera dei Deputati
Gianfanco Fini ha scelto La Campionaria delle Qualità Italiane per
presentare la web tv della Camera,
incontrando anche un gruppo di
studenti, e il Ministro della Difesa
Ignazio La Russa ha fatto visita alla
stand dell’Esercito Italiano e delle
altre istituzioni pesenti. Il Ministero
dell’Interno, ha sostenuto la solidarietà per le popolazioni colpite dal
terremoto in Abruzzo con la mostra
fotografica-fund rasing “L’Aquila
com’era, L’Aquila com’è”, dove si
poteva toccare con mano la campana della torre crollata della chiesa di
San Bernardino dell’Aquila, recuperata dopo il terremoto e trasportata
a Milano dal Corpo Nazionale dei
Vigili del Fuoco. La mostra è stata
possibile grazie alla collaborazione
VVFF che ha fornito anche le foto
di attualità, per testimoniare concretamente i disastri al patrimonio
artisitico aquilano e la casa editrice
abruzzese CARSA, che ha messo a
disposizione il suo archivio storico.
La Regione Abruzzo ha anche voluto essere presente con uno stand
istituzionale per ripartire concretamente con il rilancio delle imprese
locali.
A conclusione della manifestazione
è stata annunciato il premio Anteo
come migliore partecipazione del
sistema imprenditoriale regionale
allo stand Unioncamere - Regione
Marche, che ha visto la presenza attiva di circa 10 realtà, presentate al
pubblico direttamente dagli imprenditori. Infine, al Parco Agroalimentare del San Daniele il riconoscimento
come miglior esempio del settore
enogastronomico, in mostra.
Franco Cologni
Antichi Maestri e
Apprendisti Stregoni
English text page 76
Franco Cologni, presidente della
Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.
Senex puerum portabat, puer autem senem regebat: era il vecchio a
portare il bambino, ma era il bambino a guidare il vecchio. Con il canto
di questo graduale la saggezza
della Chiesa delinea una situazione
difficile da comprendere, eppure misteriosamente reale: come il parto
della Beata Vergine Maria. Che sia
un vecchio a portare un bambino,
è cosa scontata e naturale. Ma che
sia il bambino a guidare il vecchio è
cosa inaudita e forse un po’ scandalosa, soprattutto in una società che
si vuole moderna e democratica,
ma dove in realtà siamo ancora tutti
disperatamente attaccati ai nostri
antichi privilegi. Eppure, questa
doppia dinamica è nell’ordine delle
cose: è il Maestro a portare l’allievo nei segreti orti dell’arte, ma è
l’allievo a guidare il Maestro verso
la contemporaneità del gusto e della
tecnica. Gli antichi Maestri descritti
da Thomas Bernhard erano certo
grandi artisti, ma nessuno di essi
era immune da qualche difetto, ingenuità o addirittura errore che alla
fine ne sviliva l’opera, almeno agli
occhi dell’autore. Più che antichi,
sono Maestri distrutti dal proprio
tempo. L’apprendista stregone di
Goethe, al contrario (una ballata da
cui Paul Dukas trasse un poema
sinfonico immortalato da Topolino,
nel film Fantasia), dimostra tutti
i limiti e gli errori in cui incorre il
giovane Maestro-in-pectore quando
si appropria di strumenti che non sa
padroneggiare, e che gli si rivoltano
contro perché non riconoscono in lui
la “voce del Padrone”. Gli americani hanno dei buffi nomi per designa-
re chi occupa posizioni di potere e
chi ne insidia il ruolo: Queen Bees,
ovvero api regine, e Wanna-Bees,
ovvero (letteralmente, e sfruttando
il gioco di parole) coloro che ambiscono a “essere”. Le Queen Bees,
forti del loro status e del loro potere,
si murano vive in un rituale sempre
più logoro e perdono i contatti con
la realtà; le Wanna-Bees si affannano in mille modi per emergere, per
farcela, per scavalcare gli ostacoli
che le escludono dalla fama, e
mettendosi sempre e comunque
contro l’establishment crescono
rancorose e scontente. È dunque
alla saggezza della Chiesa che
dobbiamo guardare per delineare
un rapporto tra allievo e Maestro,
tra antica sapienza e novità dello
sguardo, che possa consentire al
savoir-faire di propagarsi e all’intelligenza della mano di rinnovarsi: il
vecchio porti il giovane, lo sostenga,
lo nutra, ma sia il giovane a guidare
il vecchio, quando il mondo esige
un cambiamento di gusto, di prospettiva o un’evoluzione. Un esempio applicabile anche al rapporto
tra i grandi maestri d’arte e i giovani
apprendisti stregoni che si misurano
con il nostro tempo: un esempio
che, come anticipato nell’editoriale,
dovrebbe venire compreso anche
da chi reputa che l’istruzione professionale, artistica e tecnica debba
sempre restare ai margini dei piani
di sviluppo didattico. Senza trasmissione del sapere non ci saranno più
né allievi, né maestri, né quelle belle
cose che rendono migliore la vita e
che tutti noi, ognuno a modo suo,
amiamo e difendiamo.
71
Ugo La Pietra / EDITOR’S LETTER
Art Education
The salvation and re-evaluation
of art and the applied arts in Italy
must pass through art education.
However, schools with an artistic orientation, and in particular,
art institutes, have been in a
situation of serious cultural and
managerial decline for too long.
Everyone knows that the secondary schools concentrating
on the arts and music are not
a priority for the political class
and a certain part of the intelligentsia, and even when they
are not totally ignored, they are
the Cinderella of the secondary
school sector.
Since the Gentile reform of yore,
Italian culture has always put artistic disciplines on a lower level
with respect to the humanities.
Today in Italy, the arts are still
considered as being reserved
for a restricted set of the elite
endowed with special attitudes,
ignoring the fact that people feel
the need more and more to give
younger generations the qualifications for professional practice
that can go beyond the figure
of the “garzone di bottega”, or
studio help, and develop skills
of self-production in a so-called
“firm” that can unite intellectual
72
and manual activities.
The Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” in Perugia, one of
the oldest and most prestigious
academies in Italy, risks closing; it seems that the glorious
Istituto d’Arte in Monza must
leave its age-old headquarters in
the Villa Reale, which has long
been waiting for a Biennale delle
Arti Applicate, the biennial of
applied arts. A cry of alarm and
concern is coming from all of the
art institutes, and as a result,
C.I.A.N. (Coordinamento Istruzione Artistica Nazionale, www.
istruzioneartistica.it), a coordinated effort for art instruction
Italy, has been founded to give
voice to the dissent against ministerial provisions that can cause
violent upheavals in the world of
art education and the whole of
culture.
There is too much talk about
retrieving creative manual activities, and people forget that
for decades, in the many art
institutes located in the various
territories and each characterised by its own resources, the
studios and workshops have
been gradually and inexorably
dismantled.
73
An air of bon ton pervades the new
proposals presented in Milan for
the 48th edition of the Salone del
Mobile, the world’s most important
trade fair for design, furniture and
complements. The functional
beauty of the Fifties seems to be
back: maybe because the financial
crisis has brought all the most
important Brands to focus on their
best products, to refine them, to get
back to the roots of their excellence.
Or maybe because the colourful,
optimistic research typical of that
decade (applied to materials and
shapes) has been perceived as a real
element of innovation.
“But innovation is not something
absurd, to achieve at all costs. What
we need is an idea, even a small one,
but an idea that can bring competitive
advantage” explains Carlo Guglielmi,
President of COSMIT – the society
that has organized the Salone del
Mobile since 1961. A competitive
advantage that for a number of
brands already lies in their history:
many legendary pieces have in fact
been refreshed, or presented in new
versions, like the UP5 armchair by
Gaetano Pesce for B&B. A clear sign
of the necessity to find a balance
between crisis and innovation,
sustainability and aesthetics: a
balance that can only come from
clear-sighted creativity, applied
to reasonable projects. As Pierre
Paulin has shown, with his two new
sublime projects for Magis presented
at the Salone. With its almost 3000
exponents, over 300,000 visitors
from all over the world, hundreds
of young designers and events, the
Salone represents perhaps the most
relevant concentration of creative
minds in the world. A concentration
that, as Tyler Brulé (Editor of the cult
magazine “Mononcle”) declared,
is likely to produce more effects
than the G20. Its first effects have
already been presented by Guglielmi,
who described this last edition as a
healthy litmus test to identify who the
best actors really are. Less products,
but better ones: projects have
74
Alberto Cavalli
Salone del Mobile 2009:
Trends and Tendencies
become more sober, more driven,
closer to the “right, true, natural,
simple things” Gio Ponti cried out for.
Patricia Urquiola, one of the most
talented contemporary designers,
stated in the Italian newspaper Il
Sole 24 Ore that “creativity and
intuition become something real,
something effective, if there is an
adequate space to realize them.
In such times, I say that rigour is
the most precious thing I learnt
from Milanese architects”. Rigour,
together with curiosity, energy and
a careful attention to ecology, is one
of the most powerful trends that
emerged: it’s not an improbable
“back to minimalism”, but a clear will
to eliminate the unessential without
giving up the pleasure of colour, the
novelty of shapes and the sense of
admiration we expect from excellent
pieces of design, and from the daily
masterpieces that spring from the
fertile union of the creators’ minds
and the artisans’ hands.
Sobriety. The collection 360° that
Konstantin Grcic created for Magis
is the epitome of this new need for a
sober, scalene design: no formalism,
just concepts, projects, functional
perfection. From the pristine
shapes that Arik Levy designed for
Swarovski, working on molecular
structures and cuts, to the perfect
proportions of the Lakki bed by Piero
Lissoni for Porro; from the Adelchi
table, precious proposal of Armani
Casa, to the rigorous lines of Luxor
by Cappellini; from the Sequence
bookshelves by Patricia Urquiola
for Molteni & Co. to the Totem
lamp by Zaha Hadid for Artemide,
the dominating direction can be
condensed in one Japanese concept:
Shibui, eliminating the unessential.
The Toot sofa by Piero Lissoni for
Cassina perfectly epitomizes the
renovated demand for an exquisite,
unaffected elegance, which find its
natural complement in the lavish linge
de maison proposed by Frette: top
quality, great craftsmanship, exclusive
design. But with no excess.
Sustainability. As Daniel Libeskind
has said, “It’s crazy to project an
architecture or an object of design
without thinking about resources,
ecology, environment”. Nature is
the real, evident and transversal
trend of the Salone, declined in both
its Arcadian and romantic allure,
and its visionary possibilities. In the
first sense, the young designers of
Fabrica have re-edited Zanotta’s
Shanghai hatstand by assembling
farmers’ instruments of work.
Natural fibres triumph everywhere,
and wood (hand-carved, polished,
exotic, sculpted in emotional shapes)
takes centre stage again, as in the
Loi6 coffee-tables by F.lli Boffi, for
instance, or the Kauri table by Matteo
Thun for Riva 1920. The need is
for a more sustainable, reasonable
and ecological way of living: not just
recycling, but also re-thinking, reshaping, re-inventing. Energy from
the sun (Luca Trazzi for Olmi/Pramac
or Michele De Lucchi for ENEL) and
the re-use of materials (as shown
by gallery owner Rossana Orlandi in
Madeathome, or by Patricia Urquiola
with her valorisation of traditional
artisans’ techniques) are the biophysical foundations of nature, which
have to be connected to those ethic
and aesthetic requirements that are at
the basis of successful design. “The
green revolution must evolve without
betraying the culture of the aesthetic
project”, says Massimo Josa Ghini.
A commandment very well observed
and, hopefully, well received.
Colour. Shining on sofas and
armchairs, declined on chairs and
transparent surfaces, fragmented
in mosaics or displayed in an
endless array of precious fabrics,
colours take centre stage again:
the use of rainbow tones is refined
and sober, chic, often oneiric but
always seducing. The Turner sofa by
Hannes Wettstein for Molteni & Co.,
for instance, is in flaming red; Agatha
Ruiz de la Prada signs happy carpets
where her simple and funny signs
are realized in cheerful tones; the
Vegetal Chair by Roman and Erwan
Bouroullec for Vitra is in a splendid
green; Kartell has made its most
recognizable trade mark of colourful
plastic pieces, signed by top, while
Moroso presents the lights, colours
and allure of Africa through the works
of designers from that Continent,
who have proposed a new and
enchanting idea of beauty - nourished
by tradition, innovation, hope and (of
course) a very personal use of hues.
Style. If Prada has chosen Seoul to
inaugurate Transformer, a visionary
creature by Rem Koolhas, numerous
fashion brands have relied on the
Milanese Salone to present the
novelties of their home collections, or
to strengthen their connections with
the world of design. Versace hosts
Emotional refractions: three pieces
(a dormouse, a lamp and a table)
where the shiny crystal structure is
completed by silk, leather and velvet,
to communicate a strong tactile
identity enhanced by the sculptural
lightness of the material. Rigour in
shape and luxury of materials for
Fendi, too, which with the project
Craft Punk involved ten young
creators to use the brand’s waste
materials (leather, buttons...) to create
new installations. Antonio Marras
presents his flock of poufs on the
premises of the newspaper Il Sole
24 Ore, designed by Renzo Piano:
inspired both by the Kenzo Pagodon
bag and by his Sardinian background,
the designer has focused on identity,
risk and experimentation. Music
and rock for the first (and very much
acclaimed) home collection by
Diesel, which features very strong
and innovative pieces produced by
Moroso and Foscarini, while Paul
Smith has selected colourful flowered
fabrics and Missoni gave free reign
to its famous colour palette for pieces
like the Cordula chaise longue.
Milan Vukmirovic has introduced
his geometric, refined pieces for
Trussardi, while Armani has opted for
limited editions and precious details.
Tradition and innovation. Richard
Ginori (Italy’s most historic porcelain
manufacture) asked designer Paola
Navone to create a lounge dominated
by the one-of-a-kind pieces of its
centuries-old archives, alternated
to the contemporary one-of-a-kind
proposals where new and eclectic
visions are clearly recognizable.
Faraway, distant suggestions
come from the seas painted by
Michelangelo Pistoletto on six
Leggera armchairs by Blumer for
Alias.
Transparency. The need to breathe
in new air is clearly visible in the wide
use of glass, crystal and transparent
plastic: not only for chandeliers
or lamps, like the Opus Circular
by Lolli & Memmoli, but also for
tables, chairs, bookshelves. Fabio
Novembre, for instance, designed the
table Fleur, with multi-colored petals
sustaining a transparent plan, for
Kartell; the Capriccio table by Jacopo
Foggini for Edra is a spectacular
play on reflection between the glass
plan and the sinuous steel base;
Marc Newson reinvented the famous
Atmos clock by Jaeger-LeCoultre
with a boule of glass by Baccarat.
Outdoor. Every wall hides a
possibility: the house of the
future is made of interconnected
spaces. This trend towards a very
close relationship with nature (as
epitomized by the forest-houses
projected by Stefano Boeri) is
emphasized by the success of
pieces of furniture that can easily
be placed either in a room or in a
garden, or terrace: like the Road by
Roda, designed by Rodolfo Dordoni,
the Intrecci armchair by Emu, the
proposals of Eugeni Quitlle for Driade
or Eden, the maxi-sofa in aluminium
by Unopiù.
Light. In synergy with the Salone,
the XXV edition of Euroluce took
place, a biannual appointment
where 525 brands presented their
latest creations and faced the
interlocutory thematic of ecology and
sustainability. From the use of LED
to the emerging trends for lamps on
a big scale, the transversal trends
have been “dream” and “geometry”,
and they have given birth to the most
spectacular and beautiful creations
of the whole Salone. The fairy-tale,
dreamlike attitude of Raggi finds
a magnificent declination in the
Vanderbilt chandelier for Barovier &
Toso; the Cosmic Leaf lamp by Ross
Lovergrove for Artemide has been
universally acclaimed as one of the
most beautiful pieces presented;
Ingo Mauer created an installation
called Fisherman’sTears. Geometry
and futuristic functionality distinguish
Nozzle by Modular Design, Spore
by Massimo Iosa Ghini and Chignon
by Piero Russi for Fontana Arte,
while the geometric shapes of K-Ray
(designed by Philippe Starck for
Flos), of Itis (by Naoto Fukasawa for
Artemide) and of Tattoo by Marco
Piva for La Murrina evoke a clean,
refined world dominated by lightness
and functionality - without giving up
style and personality.
The luminous cloud by Cerith Wyn
Evans, suspended over the Triennale
Museum, clearly indicated how, two
sides of the same coin, imagination
and technique are the impossible to
separate.
75
Franco Cologni
Masters and
Sorcerers’
Apprentices
Senex puerum portabat, puer autem
senem regebat: the old man carried
the child, but the child ruled the old
man. In the song of this gradual,
the wisdom of the Church delineates a situation that is difficult to
understand, yet mysteriously real:
like the parturition of the Blessed
Virgin Mary. We can take it for
granted that an old man should carry
a child – it is only natural. But that
a child should rule over an old man
is unheard of and perhaps even a
little scandalous, in a society that is
supposed to be modern and democratic, but that, all things considered,
is still desperately attached to its
age-old privileges. Yet this twofold
dynamic is the order of the day: it is
the Master to lead the pupil into the
secret gardens of art, but it is the pupil who will guild the Master towards
contemporary taste and technique.
The Old Masters described by
Thomas Bernhard in his book were
certainly great artists, but none of
them was without faults, ingenuity or even errors that in the end
debased their work, at least in the
eyes of the author. More than Old
Masters, they are Masters destroyed
76
by their own time. On the contrary,
Goethe’s Sorcerer’s Apprentice (a
ballade from which Paul Dukas drew
a symphonic poem immortalized
by Mickey Mouse in the film Fantasia), demonstrates all of the limits
and errors that the young protégé
incurs when he takes possession of
tools that he does not know how to
handle, and that rebel against him
because they do not recognize “the
Master’s voice”. Americans have
funny names to designate those
who occupy positions of power and
those who try to undermine the role:
Queen Bees, who rule the hive,
and Wanna-Bees, or (literally, and
exploiting the play on words) those
who “want to be (e)”. The Queen
Bees, mighty in status and power,
seclude themselves in a ritual that
becomes more and more exhausting and they lose touch with reality. The Wanna-Bees scurry about
in thousands of tasks in order to
stand out, to make it, to overcome
obstacles that prevent them from
achieving fame, and since they are
always and in any event against the
establishment, they become resentful and unhappy. Thus it is to the
wisdom of the Church that we must
look in order to trace out a relationship between pupil and Master,
between ancient wisdom and to
have a new look at things, which can
allow savoir-faire to be disseminated
and the intelligence of the hand to
be renewed: the old man carries the
youth, supporting and nourishing
him, but is it the youth who will rule
the old man when there are changes
in taste or perspective, or when
an evolution occurs. An example
that can be applied to the relationship between the great art masters
and young sorcerers’ apprentices
that are measuring themselves up
against our times: an example that,
as hinted at in the editorial, must
also be understood by those who
maintain that professional, artistic and technical instruction must
always remain within the limits of
plans for didactic development.
Without the transmission of knowledge, there will no longer be pupils
or masters, nor will there be those
beautiful things that enrich the life
that all of us lead, love and defend –
each in his or her own way.