organo della famiglia salesiana
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8 o [[E ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA ANNO XCVII • N . 17 • 1" SETTEMBRE 1973 Spediz . in abbon . post. - Gruppo 2° (70) - 7 ° quindicina il QUESTO NU 2 . Una scuola clandestina per tutti 6 . Tuo fratello campesino 10 . Dalla Sicilia un barone santo 11 . Quattro vegliardi di Don Bosco 12 . Su carta blu i drammi dei poveri 16 . Una fetta di foresta per vivere 18 . Un'ora sotto la pelle di un negro 22. Quando i giorni erano tutti festivi scuola Moltissimi uomini credono di essere liberi, di avere «le loro idee» . Invece appena aprono bocca ci si accorge che hanno le idee del « Corriere della Sera», di Nicola di Bari, di Mike Bongiorno, di Antonioni . Sono «andati a scuola» tutti i giorni, e senza accorgersene hanno imparato bene la lezione . 23 . La tragedia della sete 24 . Dentro l'oceano verde oi crediamo che i nostri ra- gazzi vadano a scuola soltanto N quando entrano in un'aula sco28 . Nel mondo salesiano 29 . Pubblicazioni salesiane 31 . Microrealizzazioni missionarie 32 . Grazie per l'intercessione di M . Ausiliatrice e dei nostri Santi 34 . Salesiani e Cooperatori defunti 35 . Crociata Missionaria Due piccoli campesinos sulla Sierra dell'Ecuador (foto De Censi) . Vedi servizio a pag . 6. BOLLETTINO SALESIANO Anno XCVII - N . 17 - Settembre 1973 Direttore Responsabile DON TERESIO BOSCO Redazione DON PIETRO AMBROSIO DON CARLO DE AMBROGIO Impaginazione Luigi Zonta - Ufficio Tecnico SEI Direzione e Amministrazione Via Maria Ausiliatrice, 32 10100 Torino Officine Grafiche SEI lastica, con tanto di banchi e di lavagna . Invece, sia loro che noi, anche se non ce n'accorgiamo, siamo sempre a scuola. Apriamo il giornale : nel raccontare il suicidio della signora che, al quarto piano, stanca della vita e della solitudine, ha aperto il gas, il giornalista ci insegna le sue idee sulla vita : se è il caso • non il caso di farla finita, perché si vive, perché si muore, la solitudine e la stanchezza perché ci pesano addosso, ecc . Apriamo la radio : Nicola di Bari che canta una canzonetta, ci dà una lezione sull'amore : se è l'unica cosa bella della vita o se è un tormento continuo, se il cuore è fedele o se è uno zingaro, se un « lui » può avere molte «lei », ecc . Apriamo la TV : Mike Bongiorno che presenta il Rischiatutto ci dà una lezione sul denaro • sul lavoro . Un sacco di gente che s'è rotta la schiena per mantenere la famiglia, che' tira la lira per pagare il fitto e la lavatrice a rate, vede il Mike che grida saltellando : «Un milione ! Un applauso al signore che rischia un milione ! ». E subito dopo : « Risposta esatta ! Ha guadagnato un milione! Evviva! ». E tutta quella gente pensa, con una punta di invidia o di avvilimento, che per lei il denaro ha significato fatica • pena, mentre « adesso » basta una rispostina e tutto è fatto . E gli adolescenti si domandano : « Vale la pena lavorare? Non è meglio affidarsi alla fortuna, al totocalcio, ai quiz, e (perché no ?) a un piccolo furto che risolva tutto? ». I registi, nostri maestri Andiamo al cine : ogni pellicola (anche se non lo sappiamo) è una lezione di vita . Il regista, gli attori, attraverso le immagini ci comunicano un «messaggio », cioè un insegnamento . Charlie Chaplin ci dirà che per essere uomini veri occorre solidarietà e bontà, slancio generoso verso i poveri e i deboli . Fellini, con il suo tormentoso susseguirsi di sogni e di incubi, ci dirà che l'uomo è angosciato, profondamente disperato, che non sappiamo proprio più perché viviamo . I registi di Hollywood, i cui films sono penetrati capillarmente in tutto il mondo negli ultimi 45 anni, e che la TV italiana mette in onda con molta generosità, ci suggeriscono una concezione di vita superficiale, fondata sul denaro e il successo materiale, con sentimenti poco profondi e una moralità perbenistica e piuttosto ipocrita : quella concezione di vita che oggi viene chiamata piccoloborghese . Un mucchio di registi più recenti, meno famosi e più affamati, ci insegnano che per essere felici occorre ubriacarsi di sesso, di denaro, di vita violenta . Giornali, radio, dischi, TV, cinema sono chiamati oggi MASSMEDIA, cioè « mezzi per influenzare la massa » . La massa siamo noi . Usando « bene » quei mezzi, i politici, gli industrialoni, i po- cl~nheStina tenti, possono insegnarci quello che vogliono, farci credere ciò che vogliono, trasformare noi e i nostri adolescenti da «uomini liberi » in «consumatori tranquilli» . Anche sulla religione e sulla Chiesa questa gente ci «informa» . Ma notizie e persone sono quasi sempre incomplete, deformate, tendenziose . In una serie di film volgarmente ridanciani, preti, frati, suore sono presentati come gente corrotta, ipocrita, perfino oscena . Moltissimi uomini credono di essere, liberi, di avere « le loro idee » . Invece appena aprono bocca ci si accorge che hanno le idee del Corriere della Sera, di Nicola di Bari, di Mike Bongiorno, di Antonioni . Sono « andati a scuola » tutti i giorni, e senza accorgersene hanno imparato bene la lezione . T più esposti ad assorbire le « lezioni » dei mass-media sono gli adolescenti, perché sono forniti di scarso « senso critico ». Malattie da mass-media La medicina moderna sta scoprendo gruppi di malattie che derivano da determinati fenomeni della vita moderna . Esistono le malattie da inquinamento : bronchiti croniche, anemie, epatiti virali, emicranie . . . ; le malattie da automobile : nervosismo eccessivo, flaccidità, infarti . . . ; le malattie da rumore, da catena di montaggio, ecc . Gli psicologi hanno scoperto nei nostri adolescenti alcune malattie da mass-media, specialmente da cinema : malattie che non danno febbre, né costringono a prendere antibiotici, ma che feriscono nel profondo la personalità degli uomini . Esse colpiscono coloro che usano con troppa frequenza e senza senso critico i mass-media, specialmente coloro che diventano dei « patiti » dello schermo cinematografico . Evasione, un mezzo per consolarsi Gli adolescenti sentono spesso più degli adulti la fatica di vivere . La scuola diventa dura, in famiglia le relazioni con papà e mamma si fanno tese, nascono nuovi problemi e nuove sensibilità . Per consolarsi di questa fatica (a volte molto pesante) gli adolescenti cercano di evadere, cioè di dimenticare la vita reale immergendosi in una vita di fantasia : sognano ad occhi aperti, leggono montagne di fumetti con avventure violente e impossibili, vanno al cine con la maggior frequenza possibile . Ci sono . adolescenti che si vedono la stessa pellicola tre o quattro volte di seguito . La vita sullo schermo e sulla pagina del fumetto è vivace, avventurosa, fatta di colpi di scena continui . Giorni, mesi ed- anni (che nella vita bisogna vivere minuto per minuto) qui sono saltati con la massima disinvoltura . Il guaio capita alla fine del fumetto o all'uscita della sala cinematografica : lo scontro con la vita vera, ordinaria, spesso grigia, che ha pochissimi colpi di scena, è uno scontro durissimo . L'adolescente (che dovrebbe essere aiutato a scoprire la gioia e la bellezza della vita reale) si trova più solo, sfiduciato, irritato, triste . È malato di evasione . Divismo, una malattia per personalità deboli Una recente inchiesta condotta da psicologi specializzati, ha chiesto a 32 mila adolescenti europei : « Descrivi la persona alla quale vorresti assomigliare » . Se si prendono in esame soltanto i 4800 intervistati italiani, i risultati dell'inchiesta sono i seguenti : il 18,6% degli adolescenti del nostro Paese trova il suo «tipo ideale » in un compagno ; il 14,2 % in un divo dello spettacolo, dello sport, della canzone ; l'r 1 ,3 % vorrebbe assomigliare a un componente della sua famiglia ; il 5,3 % vorrebbe imitare nella vita qualche eroe, antico o moderno (da Garibaldi a Kennedy) ; il 3 % trova il suo « tipo ideale » in qualche personaggio dei fumetti . Seguono altre percentuali . Una delle conclusioni che gli esperti hanno tratto da queste cifre è che il 17,2 % dei nostri adolescenti è malato di divismo (14,2% spettacolo, sport, canzone e . 3 % fumetti) . È una percentuale molto brutta . Quasi un quinto dei nostri adolescenti non ha come ideale di vita un personaggio valido," positivo, affascinante, ma vuole imitare un « divo », cioè un sottoprodotto dell'industria dei mass-media, un personaggio falso, fatuo, irreale . Ma non sono solo gli adolescenti 4 ammalati di divismo : i divi dello schermo, della canzone, della vita brillante alimentano la cronaca quotidiana, ora banale, ora tragica, ora nauseante . I « paparazzi » sono in continua caccia della foto scandalistica, o almeno stuzzicante . E così i rotocalchi di serie B grondano ogni settimana di notizie sugli scandali, le bizze, le asinerie dei divi nazionali e internazionali . I giornalisti e ~ « paparazzi » si difendono affermando che il pubblico « ha diritto di sapere » . Ma non è questo il punto . Gli ammalati di divismo, attirati dai titoli provocanti, comprano il rotocalco, e portano soldi a chi produce il giornale . Si obbedisce così soltanto alla legge delle tirature e dei conti in banca : cose da gente mediocremente civile . Una delle conseguenze più negative del divismo è che la personalità prepotente (e falsa) del divo schiaccia la debole personalità del suo tifoso (chiamato fan) . Ognuno di noi ha una sua personalità originale, con tratti ben caratteristici . Il fan, invece di sviluppare questa sua personalità facendosi convinzioni proprie, maniere di agire e di comportarsi autonome, scimmiotta il divo : fa il duro alla Marlon Brando, si pettina alla Mastroianni, cammina alla Claudia Cardinale, ride alla Franco Franchi, e vedrà la vita con gli occhi, le idee e la mentalità dei divi e delle dive . Solipsismo, una maniera per diventare ansiosi La maniera più umana di divertirsi è «divertirsi insieme» . La solitudine, l'isolamento (nel vivere, nel lavorare, nel divertirsi) provocano l'ansia, l'angoscia, rendono a poco a poco insopportabile la vita . Il cinema è per sua stessa costituzione un divertimento che isola . Si è soli davanti allo schermo, anche se la sala buia è piena di persone, si è soli ad assorbire quelle avventure, a ridere o a commuoversi . Quasi identica è la situazione di chi legge valanghe di fumetti . Usare troppo di un diverti- mento solitario (come appunto il cinema e il fumetto) può portare la nostra personalità a «piegarsi su se stessa » : una malattia che gli psicologi chiamano con una parola difficile solipsismo, e che provoca ansia, angoscia, addirittura pazzia . Gli adolescenti sono già portati per la loro età a isolarsi . L'abuso di cinema e di fumetti può aggravare questa loro situazione . Livellamento di massa pensare in serie Lo spettatore nella sala cinematografica buia, e il telespettatore davanti al video, sono in una condizione onirica, cioè vicina a quella del sogno . In questa condizione si ha un abbassamento dei poteri di controllo della coscienza e un abbassamento del senso critico . Questo permette un'assimilazione più facile dei contenuti offerti dagli spettacoli . La partecipazione dello spettatore e del telespettatore è profonda dal punto di vista emotivo, ma superficiale dal punto di vista dell'impegno personale di scelta e di critica . Egli assorbe con facilità le idee, i sentimenti, gli atteggiamenti che i produttori hanno deciso di proporgli . Al «risveglio », quanto più la sua personalità è debole, tanto più sarà convinto e deciso a seguire gli atteggiamenti che lo schermo e il video gli hanno proposto . È facile perciò capire che esperienze cinematografiche e televisive moralmente e psicologicamente negative, poco per volta alimentano le inclinazioni negative, sopiscono le reazioni della coscienza, inclinano alla forma-zione di una società sempre più «permissiva » . Pio XII affermava giustamente che « il cinema costituisce lo strumento più formidabile per propagandare attitudini, sentimenti, costumi e idee » . I ragazzini, dopo aver «bevuto » Gringo, si scazzottano nello stile dei saloon, e fanno crepitare agli angoli dell'isolato il ta-ta-ta delle mani spianate in immaginari duelli . Gli adulti manifestano il fermento dei germi nuovi in maniera meno Chaplin ci dirà che per essere uomini veri occorre solidarietà e bontà verso i poveri e i deboli. puerile e simpatica, ma assai più importante per la vita : i loro apprezzamenti, i loro giudizi, la visione delle cose, la concezione della vita, dell'amore, della famiglia, del benessere e del successo, si modellano su quanto hanno visto proiettato sullo schermo e sul video . « I nostri films fanno i nostri ragazzi », scrisse Foreman . Questa affermazione si può estendere : i nostri films, la nostra TV, i nostri giornali, i nostri mass-media insomma, fanno noi, la nostra maniera di pensare e di agire . Temperanza e senso critico A livello sociale questi dati di fatto pongono gravi responsabilità . La società deve poter difendere se stessa, e specialmente i propri adolescenti . Deve avere i mezzi per garantire a se stessa che la prossima generazione sarà una generazione di uomini, e non di robot teleguidati da alcuni super-potenti . Altrimenti la libertà, anche se proclamata in ogni discorso politico, rimane un mito . A livello individuale possiamo indicare due mezzi per salvaguardare noi stessi e i nostri F ragazzi la virtù umana e cristiana della temperanza, e il senso critico . « È certo che l'aumentare dei mass-media - scrive Paul Mederic - pone con crudezza all'uomo del XX secolo il problema del loro uso prudenziale . È bene ricordare una regola d'oro, che va via via assumendo un significato sempre più pertinente : —Ci si sa servire di una cosa quando si è diventati capaci di farne a meno" . TV, cinema, radio, dischi, giornali di ogni genere, trovano la loro misura di apporto all'autentica felicità dell'uomo in una virtù umana e cristiana che si chiama sempre temperanza . Gli abusi, qui più che in ogni altro campo, fanno correre alla civiltà il pericolo di essere sopraffatta dal peso delle sue scorie » . Temperanza significa uso moderato, significa saper dir basta quando i mass-media diventano una droga che avvilisce la nostra capacità di pensare e di decidere in libertà . Accanto alla temperanza occorre risvegliare e rinvigorire il senso critico nostro e dei nostri adolescenti . Quando entriamo in una sala cinematografica, apriamo un giornale o ci sediamo di fronte al video, non dobbiamo essere «pronti a bere* tutto quello che ci verrà detto . Occorre rimanere «cittadini liberi », capaci di pensare con la propria testa e di di- scutere. Discutere, un verbo che i giovani coniugano in continuità, non è una mania della nuova generazione . È l'unica maniera per formarsi le proprie idee e rimanere liberi . Occorre trovare il tempo di discutere in famiglia, nell'ambito degli amici, nei circoli dell'oratorio e della parrocchia . Più i mass-media vogliono farci scolari docili della loro scuola clandestina, più dobbiamo trovare il tempo e il coraggio di discutere, di approfondire, di pensare . Per rimanere liberi : « La verità afferma la Scrittura - vi farà liberi » . campo e.qin ons . Candido Rada, 68 anni M.vescovo di Guaranda (EcuaNel 1975 celebrerà 3o anni 6 dor) di episcopato . Con il suo fluido italiano appreso mentre studiava teologia a Torino, si presenta da solo « Da ragazzo ero allievo dei Gesuiti . Mio papà era spagnolo, un fiero basco-navarro dal temperamento ardente e faceva l'organista presso i Gesuiti. Allevava con affetto burbero i suoi quattordici figli . Io ero il tredicesimo . Nacqui a Punta Arenas, in Cile, ma a scuola dai Gesuiti andai a Santiago, nella capitale . « Avevo 8 anni quando un padre della Compagnia mi domandò così scherzando se volevo farmi Gesuita . Risposi che da grande avrei fatto il macchinista del treno . Avevo fatto, per venire nella capitale, un lunghissimo viaggio in treno, in un paesaggio fantastico di montagne e di mare, e condurre il treno mi pareva la cosa più grande del mondo . «Poi conobbi i Salesiani . Ero un appassionato giocatore di calcio, e quando ci chiamavano in Chiesa nascondevo il pallone in qualche buco . Ma un giorno me lo rubarono . Ottenuto da papà un secondo pallone, cercavo per nasconderlo un posto sicuro . Mi vide monsignor Aguilera, e mi consegnò la chiave del suo ufficio : "Vai a metterlo là, vedrai che sarà al sicuro . E vieni a prenderlo quando vuoi, come se fossi a casa tua" . Allora i vescovi erano una cosa importante - ride mons. Rada - e quelle parole mi fecero impressione . Il dramma dell'Ecuador : su 633 .218 proprietà agricole, 470 mila sono fazzolettini su cui è impossibile vivere - Come la Chiesa ha spezzato i latifondi - FEEP : l'iniziativa di mons . Rada per dare ai campesinos fertilizzanti e sementi selezionate - Diocesi e religiosi tassati dell'uno per cento - Sulla Sierra, a 3500 metri, volontari italiani lavorano tra i poverissimi . «Andando molte volte a portare e prendere il pallone finii per diventare amico di quel grand'uomo . Entrai in confidenza . Un giorno gli parlai del mio avvenire . "Perché non diventi sacerdote ?" mi disse . Io ci pensai, poi : "Per me va benissimo" . Lui sorrise e mi disse delle parole che presi per scherzo : "Tu diventerai vescovo, e io ti darò questa croce" . «Avevo 15 anni . Tre anni dopo entrai in noviziato avendo per maestro l'indimenticabile don Berruti . Ricordo che avevo un assistente italiano, don Specchia . Aveva fatto la grande guerra negli alpini . Nei momenti in cui lo facevamo dannare ripeteva : "In guerra ero incaricato di 50 muli e me la sono cavata, ma con voi 17 novizi non ce la faccio proprio" . « Poi passarono tanti anni, i più belli vissuti alla Crocetta, con un gruppo straordinario di salesiani : don Vismara, don Grosso, don Mezzacasa, don Nigra ... Mi fecero vescovo nel 1945 . Quel giorno venne da me l'ispettore don Manachino con una scatoletta . Disse "Qui c'è la croce pettorale di mons. Aguilera . È per te" . Monsignor Aguilera era morto dodici anni prima . Prendendo quella croce ho pianto « . ono un grosso problema Ma monsignor Rada non è in Italia per un viaggio di ricordi. È arrivato dall'Ecuador con fogli irti di cifre e di tabelle : progetti concreti e sodi da cui dipendono la vita e la morte di molte persone . Ha la voce roca a forza di spiegare le sue cifre e le sue tabelle lo ha fatto in Inghilterra, in Germania, in Irlanda . Ora lo fa davanti a un piccolo microfono, per i lettori del Bollettino Salesiano « Un contadino dell'Ecuador ricava dalla sua terra tre sacchi di patate : uno lo mangia, uno lo vende, uno lo semina . Un'economia di sussistenza a livello familiare . Ora su quel campo arrivano dei tecnici : esaminano la terra, indicano quali sementi selezionate usare, quali fertilizzanti impiegare . Il contadino riceve un prestito, oppure direttamente sementi e fertilizzanti . Risultato : la terra produce 30 sacchi di patate . Il contadino ora ne può mangiare tre, tre vanno per la semina, gli altri 24 li vende . La quantità della terra è rimasta la stessa, il prodotto è decuplicato . Un enorme passo avanti per la famiglia di quel contadino . Con mezzi mo- desti ma impiegati con intelligenza . « Questo dei sacchi di patate è un particolare banale, se volete, di una autentica rivoluzione che sta avvenendo in Ecuador . Questa nazione è eminentemente agricola . Ogni tre ecuadoriani, due lavorano nei campi . Il dramma principale non sono, come si crede, i latifondi . Essi non sono molti, e non sussistono grossi ostacoli al loro spezzamento . II vero dramma sono i "minifondisti", cioè i piccolissimi proprietari . Su 633 .218 proprietà agricole, 470 mila sono inferiori ai 5 ettari, e di queste 350 mila sono inferiori a un ettaro e mezzo . Veri fazzolettini di terra su cui è impossibile vivere, se si continua a lavorare questa terra con zappa e vanga, senza fertilizzanti e senza sementi selezionate . Con un'agricoltura in queste condizioni, una famiglia media ecuadoriana (ricca di molti figli) per vivere decentemente dovrebbe poter disporre di io-12 ettari di buon terreno . « A questo si deve aggiungere che i campesinos vivono sparpagliati, raramente formano nuclei dove ci si possa dare una mano a vicenda . Non hanno strade, né scuole, né ambulatori . Quelli che noi chiamiamo "servizi sociali" non li conoscono . Il campesino diventa così un emarginato sociale, e la mortalità infantile in campagna è altissima. .a riforma agraria iella Chiesa ecuadoriana « I poveri esistono anche nelle città e nei sobborghi, d'accordo, ma i più poveri sono i contadini . La città diviene sempre più ricca, la campagna sempre più povera . « Preso atto di questa condi- zione, la Chiesa ecuadoriana ha iniziato la sua riforma agraria . La Conferenza Episcopale ha istituito un'organizzazione chiamata CESA (Centrale ecuadoriana de servicios agrícolos) . È un insieme di agronomi, sociologi, veterinari ed esperti nei vari rami agricoli . Essi ricevono dalle diocesi e dagli istituti religiosi le grandi estensioni di terra che fino a ieri erano proprietà della Chiesa, e li distribuiscono ai braccianti e ai piccolissimi proprietari . L'archidiocesi di Quito ha messo a disposizione una "hacienda" di 3649 ettari ; la diocesi di Rio Bamba un insieme di "haciendas" per complessivi 28 .550 ettari . Anche i Salesiani hanno donato 2400 ettari . Il fondo complessivo è risultato di circa 6o mila ettari . Campesinos indigeni di Simiatug, sulla Sierra, a 3200 metri d'altezza . « Il loro tenor di vita è tristemente famoso » (foto De Censi) . 7 « Evidentemente l'opera principalre non consiste nel distribuire queste terre, ma nel distribuirle in maniera socialmente e scientificamente utile . Se ci fosse stato un frazionamento e basta, nello spazio di io anni i campesinos avrebbero venduto nuovamente i loro piccoli fondi per sopperire a necessità improvvise, e si sarebbe ricostituito il latifondo . Il passaggio di proprietà invece avviene mentre si risolvono complessi problemi di irrigazione, costruzione di strade, organizzazione di cooperative . I campesinos sono assistiti dai tecnici della CESA nella semina, nella coltivazione, nell'allevamento del bestiame . La soluzione davanti a un assegno di rooo dollari « Ma tutto questo - continua monsignor Rada - interessa quei contadini che vivono sui grandi fondi che furono della Chiesa . E io mi domandai : per tutti gli altri, per i piccolissimi proprietari sparsi nell'immensa campagna ecuadoriana, la Chiesa non può proprio far nulla? Pensavo, cercavo soluzioni . Ed ecco che il giorno in cui compivo 25 anni di episcopato, Mons. Rada (a destra) con il suo segretario . È arrivato dall'Ecuador con fogli irti di cifre e tabelle : progetti da cui dipendono la vita e la morte di molte persone . la Congregazione Salesiana mi regalò 1000 dollari per i poveri della diocesi . Davanti a quell'assegno vidi la soluzione del problema . Avrei persuaso gli altri vescovi ecuadoriani a formare insieme un fondo di denaro, e l'avremmo imprestato ai campesinos che avessero desiderato uscire dalla condizione di agricoltura primitiva . « Il progetto man mano si articolò . Ed ecco come lo esposi nella "lettera di presentazione" ai cristiani dell'Ecuador : " .Scopo .: aiutare i poveri che vogliono aiutarsi . Non saremo noi a risolvere la situazione dei campesinos . Saranno loro a risolverla con il nostro aiuto . Ciò che `non' intendiamo fare costruire infrastrutture, cioè ponti, strade, acquedotti . Queste opere sono troppo costose e toccano allo stato, ai comuni, alle comunità . Ciò che intendiamo fare : prestare denaro ai piccoli proprietari per raggiungere quattro obiettivi : fertilizzanti, sementi selezionate, piccoli strumenti agricoli (aratri), organizzazione di cooperative di vendita diretta senza passare attraverso intermediari. La CESA metterà a disposizione i suoi tecnici per aiutare i contadini a impostare scientificamente le loro coltivazioni" . « Ora che avevo articolato sufficientemente il mio progetto dovevo fare due passi avanti : sensibilizzare al problema i vescovi e i sacerdoti dell'Ecuador, e radunare il denaro per costituire il fondo-prestiti . « Il primo passo fu semplicissimo . Il cardinale Mufloz Vega non solo approvò il progetto, ma mi disse testualmente : "Questa è la strada per rendere presente la Chiesa tra il nostro popolo" . Nel 1970 la Chiesa ecuadoriana assunse in proprio il progetto, battezzandolo FEPP : Fondo Ecuadoriano Populorum Progressio . « Il secondo passo cominciò a «A quell'altezza di 3500 metri, per quella strada spesso bloccata dalle frane e dalla neve, è giunto un gruppo di volontari . Hanno aperto dieci acuolette per ragazzi e adulti . . . ». zione Salesiana si è dedicata ai 40 mila indigeni che sono nell'Oriente . Ma sulla Sierra ci sono 3 milioni di persone che hanno assoluto bisogno di sacerdoti e di evangelizzatori . Don Bosco è qui con noi realizzarsi quando le diocesi e i religiosi dell'Ecuador si tassarono, per il fondo, dell'uno per cento del loro bilancio annuale . Cinque diocesi e la Congregazione Salesiana anticiparono la loro prima "tassazione", permettendo di avviare immediatamente i prestiti ai campesinos . «Ora che i vescovi, i preti e i religiosi avevano fatto il primo gesto concreto, si poteva chiedere ai cristiani laici di unirsi allo sforzo . E si lanciò la prima "Campagna quaresimale in favore del campesino" . «Dopo questa prima campagna potevamo disporre di 40 mila dollari, e allargammo i prestiti. Temevamo una certa diffidenza nell'ambiente contadino, sempre piuttosto restìo alle novità . Invece la risposta fu molto favorevole. Avessimo avuto subito 2 milioni di dollari, li avremmo potuti distribuire tutti in piccoli prestiti . Ma lentamente speriamo di soddisfare tutti quelli che hanno fatto appello al FEPP. Un groviglio di altri problemi drammatici « Questo è il problema base che noi, Chiesa dell'Ecuador, intendiamo risolvere . Certo non è l'uni- co, ed è aggrovigliato con altri problemi drammatici . Per esempio, la crescita esplosiva della popolazione . Negli ultimi 23 anni la popolazione dell'Ecuador' è raddoppiata : da 3 .200 .000 a 7 .000 .000 . E continua a salire in maniera impressionante . Non basta perciò aiutare la gente "di oggi" . Bisogna mettere le basi di una sana agricoltura per sfamare le bocche di domani, che si saranno moltiplicate . «Sono venuto in Europa portando con me 7 grossi progetti di sviluppo. Uno, per esempio, è un piano di allevamento di pecore nelle terre alte, che potrà essere una buona fonte di benessere in futuro. Un secondo riguarda lo sviluppo degli indigeni dell'Oriente ecuadoriano, dove sono -le nostre missioni : prevede l'assegnazione di animali da pascolo e da latte alle famiglie indigene . Ho portato questi progetti in Irlanda, Inghilterra, Belgio, Germania . . . Sono stati parzialmente adottati da organizzazioni internazionali come la CIRO, l'OXFAM . Altre organizzazioni li stanno studiando a fondo. « C'è un altro problema, che per noi cristiani è il primo problema : l'evangelizzazione e l'assistenza religiosa . La Congrega- «La parte alta della mia diocesi è abitata in gran parte da indigeni campesinos dediti alla pastorizia e all'agricoltura nelle sue forme più rudimentali . Il loro tenor di vita è tristemente famoso, così com'è noto che essi sono pressoché privi di difesa di fronte alla minoranza bianca che spesso vive letteralmente del loro faticoso lavoro . Hanno bisogno di una azione evangelica che incontri e salvi tutto l'uomo : una evangelizzazione che, cercando prima di tutto il Regno di Dio, sappia anche vedere nella tragica realtà di quelle persone la presenza di Cristo che continua la sua Passione . « A quell'altezza di 3500 metri, per quella strada spesso bloccata dalle frane e dalla neve, è giunto un gruppo di volontari italiani dell'Operazione Mato Grosso che stanno lavorando molto bene . Hanno aperto dieci scuolette per ragazzi e adulti, hanno realizzato una cooperativa agricola, stanno costruendo una "casa del campesino" che si contrapporrà alla "cantina", finora unico luogo di raduno di quella povera gente . Quei giovani pregano con i campesinos, dirigono le "celebrazioni della Parola di Dio", spiegano alla gente le parabole del Signore, che parlano di alberi, di sementi, di campi, proprio il loro linguaggio . «Quando riesco ad arrampicarmi fin lassù, mi sento felice . Dico : "Don Bosco ha cercato nella società del suo tempo quelli che nessuno cercava, quelli che oggi vengono chiamati gli emarginati . Se Don Bosco oggi incontrasse un ragazzo campesino, gli dedicherebbe con passione e con gioia tutte le sue energie . Noi facciamo così . Questi giovani fanno così . Per questo sento che siamo sulla buona strada, che Don Bosco è qui con noi" » . • 9 UALLA siciiiA flflhIF SANTO UN popolani del fumoso caseggiato alla periferia di Palermo che un giorno videro un giovanotto ben vestito scopare le scale dello stabile al posto della solita vecchina frusta dagli anni, non immaginavano che si trattasse del barone Antonino Petix . La cosa era andata così . Alla vecchina il padrone consentiva di abitare un sottoscala dell'edificio, a condizione che scopasse le scale . Ma un giorno le mancarono le forze, a scopare non ce la faceva più . Quel giovanotto che ogni settimana andava con un collega a trovarla e le lasciava il pacchetto della San Vincenzo condito con buone parole che la aiutavano a vivere, quel giorno la vide in lacrime : il padrone l'aveva sfrattata, doveva andarsene e non sapeva dove . Il giovanotto era corso dal padrone : « Se qualcun altro scoperà al suo posto, la lasciate dove sta?». Il padrone a malincuore aveva accondisceso, ma lì per lì il barone Petix non aveva trovato altri, per scopare, che se stesso . Con l'entusiasmo dei realizzatori Questo « servo dei poveri », questo « prete in giacchetta», come lo chiamarono poi, era nato a Casteltermini (Agrigento) il 5 giugno 1874 in una famiglia di fede all'antica, secondo di dieci figli . Nel '79 Don Bosco aveva aperto il suo primo collegio della Sicilia a Randazzo (Catania), e lì quattro anni dopo entrava il piccolo Antonino «per un'educazione cristiana più compiuta» . Sensibile e duttile, in poco tempo assimilò per sempre lo spirito di Don i o Bosco . Alcuni dati esteriori - presidente per alcuni anni degli Exallievi di Palermo ; un'agenda personale con i lutti della Congregazione salesiana ; le annate del Bollettino Salesiano e di Voci Fraterne raccolte in bell'ordine suggeriscono appena la sua compenetrazione, avvenuta in profondità, con lo spirito e la causa di Don Bosco . Ne dice assai di più la sua vita intera, vissuta in pienezza con l'entusiasmo dei realizzatori . Conseguita la laurea in giurisprudenza, nel 1896 si unì in matrimonio a una discendente dei marchesi di Villarena, nobile non meno di fede che di casato . Nel 1902 fondò le « Cucine economiche » per i poveri ; nel 1904 fondò la prima « Conferenza di San Vincenzo » di Palermo (« I confratelli della San Vincenzo diceva ai primi volontari - non sono dei fattorini distributori di buoni alimentari, ma degli inviati da Dio, per portare Dio, il suo sorriso e la sua provvidenza ») . L'elenco completo delle iniziative che lo ebbero fondatore o sostenitore sarebbe lungo : c'era il « Segretariato dei poveri » in cui i bisognosi ogni giorno ottenevano consigli e qualche aiuto per uscire dai loro guai ; c'era il « Guardaroba dei poveri » che distribuiva indumenti ; la « Visita agli Ospedali e alle Carceri » ; la « Biblioteca educativa » circolante fra le famiglie assistite ; il « Patronato per i giovani operai » con scuole serali, oratorio, circolo, palestra, musica e biblioteca ; l'annuale « Lotteria per i poveri ». . . Nel 1908 il terremoto di Messina spinse dodicimila profughi a cercare rifugio in Palermo, e Petix si buttò a capofitto nell'organiz- II 4 aprile scorso si è chiuso positivamente in Roma il « Processo sulla fama di santità del servo di Dio Antonino Petix, laico ». È un passo avanti verso gli altari compiuto da questo eccezionale Exallievo salesiano, al cui funerale nel 1935 il suo vescovo rifiutò di recitare il Requiem dicendolo superfluo . zare i soccorsi, e non si dette pace finché non fu trovata per tutti una qualche sistemazione . Petix aderì al Terz'Ordine Francescano, fu a lungo militante nell'Azione Cattolica, fu membro attivo del Partito Popolare. Rifiutò la candidatura a deputato ma fu più volte Consigliere e Assessore al Comune per poter meglio risolvere i tanti problemi della povera gente . Dette un apporto decisivo (anche finanziario, e non indifferente) alla fondazione del quotidiano cattolico « Corriere di Sicilia » . Uomo pubblico e assorbito da mille attività, non trascurò per questo la sua famiglia . La sua casa era una scuola Ebbe nove figli . « Li ho accettati, Signore - scrisse -, come sacro deposito, conscio del dovere che ho di custodirli gelosamente, di educarli nella via del bene, di insegnar loro ad amare Voi autore della Vita, perché seguano Gesù nell'aspro sentiero del calvario, per riunirsi un giorno coi propri genitori nella celeste Gerusalemme . .. ». Racconta il suo direttore spirituale, padre Timpanaro : « La sua casa era una scuola dove egli era ve liardi di u. bosco il maestro . La preghiera in comune, la spiegazione del Vangelo, la lettura di libri spirituali, tutto egli praticava per istillare nei figli i principi santi di Gesù». In questa calda spiritualità due figlie maturarono la loro vocazione religiosa ed egli ne fu felicissimo . Ma non fece la minima pressione per provocare queste scelte . E quando accompagnò a Roma la prima figlia che entrava nel noviziato delle « Ancelle del Sacro Cuore », giunto al portone le disse « Suona tu » . Ma dopo la festa della vestizione affidò al diario tutta la sua gioia : « La mia figlioletta è felice in Gesù, e io partecipo della sua felicità . . . Gesù sorride a lei, e un riverbero di questo sorriso si posa sulla mia famigliola e riscalderà i nostri cuori » . Quest'uomo realista e reso disincantato dallo scontro con la vita, conservò fino all'ultimo un'altissima carica ideale . Due mesi prima della morte scriveva a una figlia parole che sembrano di Domenico Savio : « Il Signore ci vuole santi, e noi non dobbiamo volere altro che farci santi : volerlo, fortemente volerlo, incessantemente volerlo . . . » . Poi aggiungeva un « PS . Conducendo con noi anche i nostri cari e gli altri ». Una malattia breve ma violenta lo stroncava il 18 ottobre 1 935 a 61 anni . Per sua volontà la camera ardente fu drappeggiata non col nero del lutto, ma di bianco . E per sua volontà, a trasportarlo al cimitero fu la «carrozza della carità» : quella riservata ai poveracci . Il suo vescovo, al funerale, rifiutò di recitare il Requiem . Disse che per Antonino Petix era inutile . ENZO BIANCO Il Papa Paolo VI ha conferito la Croce pro Ecclesia et Pontefice a quattro illustri e venerandi salesiani, con le seguenti motivazioni : Sac . Garelli Sante (anni 90), uno dei fondatori delle Missioni salesiane in Cina, inviato di Pio XI a Mosca come Cappellano dell'Ambasciata italiana, ispettore del Medio Oriente e Vicario del Rettor Maggiore per le Figlie di Maria Ausiliatrice . Sac . Rastello Francesco (anni 91), benemerito in campo scientifico e scolastico, ha retto importanti opere della Congregazione distinguendosi per doti di governo e profondo attaccamento allo spirito di Don Bosco . Sac . Vesco Giuseppe (anni 93) ha diretto importanti opere salesiane, eccellendo in modo particolare nella composizione ed esecuzione di musica sacra, assunta anche da varie Cappelle musicali . Sac . Pentore Giuseppe (anni 96) ha dedicato la vita all'insegnamento, riscuotendo la simpatia di innumerevoli allievi che appresero da lui la scienza umana e la sapienza cristiana . «Ai carissimi e benemeriti quattro grandi Crociati di Don Bosco» il Rettor Maggiore don Ricceri ha scritto di suo pugno questo augurio : « Dopo le tante croci da voi portate in Congregazione con valore ed efficacia è giusto che la Chiesa - su richiesta della stessa Congregazione - vi dia la Croce che attesti tutta la generosità con cui avete servito la Chiesa nella Congregazione . Grazie e - se ce n'è bisogno - avanti ancora puntando sui cento anni e poi . . . si vedrà» . L'augurio non si è purtroppo avverato per don Vesco, tornato a Dio pochi giorni dopo la festa organizzata in suo onore dai confratelli della Casa di Cumiana, ove risiedeva . A Comodoro Rivadavia (Argentina) il petrolio ha creato i ragazzi della strada - La strana avventura di un salesiano di Lecco : ha inventato un oratorio volante, una scuola in un salone da ballo, con 30 carcerati ha costruito una casa per 2000 ragazzi . Il suo capolavoro è un cassone, piazzato nel mezzo di una strada . aso piatto da pugile, voce N rauca mangiata dal vento della pampa argentina, parola magniloquente e velocissima dei sudamericani di razza . _ Xnvece è nato a Lecco, si chiama don Giovanni Corti, fece le sue prime esperienze salesiane a Bologna, e avendo scelto per sua seconda patria l'Argentina, andò a finire i suoi studi laggiù. Per 2o anni ha lavorato a Comodoro Rivadavia, nel sud dell'Argentina. Ha costruito un ospedale per 250 malati, 5 dispensari medici, un collegio frequentato da 2 .000 ragazzi . Lo hanno aiutato le mani di 30 carcerati, le piccole offerte di 70 mila cittadini in maggior parte poverissimi, e il cemento dell'ENI . Il suo capolavoro però non è fatto di cemento armato : è il « buzón de la caridad », un cassone di legno piazzato al centro del quartiere della povera gente, nel bel mezzo di una strada . Ha una fessura come per le elemosine . 1 poveri ficcano dentro non offerte, ma richieste drammatiche di aiuto, scritte alla meglio su pezzi di carta blu da zucchero, o su pagine a righe di quaderni scolastici . E nello spazio di 24 ore ricevono la risposta, concreta, silenziosa, portata da un gruppo di ragazzi che leggono quei biglietti ogni sera insieme al parroco . È venuto a Torino per la festa di Maria Ausiliatrice . Sono riuscito a trascinarlo davanti a un registratore, e a pezzi e bocconi mi ha raccontato la sua storia . In un drammatico sogno Don 12 Bosco vide il futuro delle missioni salesiane in America Latina . Raccontò che nel suolo del Brasile e dell'Argentina si sarebbero trovate miniere colossali di carbon fossile e giacimenti enormi di petrolio . Disse che quel petrolio sarebbe stato la ricchezza di quelle nazioni. Non disse (o non volle dire) che sarebbe stato anche la disperazione per molta gente . Nel dicembre del 19o7, a Comodoro Rivadavia nel sud argentino, si perforava il terreno alla ricerca di acqua . Scaturì petrolio . Iniziò la corsa verso quella terra desolata, arida, spazzata incessantemente dal vento : industriali, commercianti, e povera gente in cerca di lavoro e di fortuna . Accanto ai pozzi di petrolio nacque una città . I Salesiani arrivarono cinque anni dopo . Aprirono un oratorio e una scuola professionale per i figli degli operai del petrolio. Intanto attorno alla città cominciava a costruirsi la triste cintura di baracche dei semi-occupati, dei disoccupati, dei miserabili arrivati da chissà dove per tentare la fortuna . E per le strade cominciarono a circolare frotte di bambini smunti e sporchi. Un sasso in testa al prete 195o . Da Cordoba, dove studia teologia, Giovanni Corti scende a « passare le vacanze scolastiche » a Comodoro Rivadavia. 2 .000 chilometri. Racconta : « La città stava raggiungendo i 50 mila abitanti . Ragazzi poveri e stracciati s'in- contravano dovunque per le strade della periferia . Cominciai a farmeli amici, organizzando partite al pallone in aperta campagna . Ma i più grandi mi guardavano con occhio cattivo, ridevano della mia veste nera . Un giorno, in un barrio poverissimo, mi presero di mira con le fionde . Un sasso mi colpì forte alla testa e mi fece sanguinare . I ragazzi smisero di giocare e mi vennero intorno, preoccupati . Allora feci un gesto forse teatrale, di cui però non mi pentii mai . Raccolsi il sasso da terra e dissi ai ragazzi : "Questa sàrà la prima pietra della scuola che costruirò per voi" . E me lo ficcai in tasca » . Appena ordinato sacerdote, don Giovanni Corti chiede di essere mandato a lavorare a Comodoro Rivadavia. Fa scuola ai figli degli operai nel collegio « Maria Ausiliatrice », presta servizio in alcune parrocchie, ma il sabato e la domenica li dedica interamente al suo « oratorio volante » . « Per dodici anni - racconta vissi con i ragazzi della strada . Un exallievo, vedendomi girare con quel mucchio di giovani poveri, abbandonati e affamati, disse "Se me li porta qui ogni domenica, pago la colazione a tutti pane e latte, e quando potrò anche la pizza e il budino" . Fu l'inizio della Provvidenza . Accanto alla sua casa c'era un vasto terreno, piatto come un biliardo, e vuoto . Avrebbe potuto costituire il luogo di raduno per i miei ragazzi . Mi informai : era di proprietà di un nostro benefattore . Non ebbi plessivamente credo di aver avuto 45o allievi. Appena il numero fu rilevante, li divisi in classi, separate con tramezzi di carta e stecche di legno . « Ogni venerdì sera tiravamo via tutto . Lasciavo posto al ballo. Il lunedì mi presentavo alle cinque del mattino, buttavo fuori gli ultimi ubriachi (i "resti della festa") e cominciavo a scopare . Alle sei arrivavano i miei primi ragazzi, 12-13 anni . Mi davano una mano a pulire e a preparare . Alle nove cominciava la scuola . « Dopo quattro anni, dal salone da ballo passammo in una bisogno di rivolgergli molte preghiere : appena seppe che volevo portarci dei ragazzi il sabato e la domenica, rispose : "Faccia pure. Non ho difficoltà" . « Quei ragazzi erano circa 500 . Giocavano, venivano con me in chiesa . Poi alla sera della domenica ci salutavamo con tristezza . Quando domandavo a qualcuno "cosa farai in questa settimana ?", la risposta era quasi sempre una alzata di spalle e una parola : "niente" . Avrebbero potuto andare a scuola, ma né la provincia né lo Stato in quegli anni potevano costruire tutte le scuole di cui c'era bisogno . E un giorno decisi di tentare io . Scuola nel salone da ballo « Scelsi un gruppetto di ragazzi veramente intelligenti : una ventina . Mi pareva un delitto lasciare che quelle testoline si spegnessero nell'ozio . Cominciai a fare loro scuola sulla strada . Pochi libri, il terreno per lavagna, un via vai di curiosi. Ma sulla strada non rimanemmo nemmeno un mese . Un signore ci vide, ascoltò un pezzo di lezione, e dopo aver costatato che si trattava di una cosa seria, mi propose : "Reverendo, io sono . il proprietario di un club. Se vule, le metto a disposizione il salone . Sabato e domenica però dovete lasciarmelo libero, perché c'è il ballo" . « Accettai al . volo. In quel salone da ballo i miei alunni crebbero velocemente : 40, 50, 6o. Vi rimanemmo quattro anni, e com- 13 Chiesa. Era un grosso edificio in costruzione, e il vescovo mons . Perez ci concesse di stabilirci lì . Quattro classi nella parte centrale della Chiesa, una sull'orchestra accanto all'organo, una in presbitero, una in sacrestia e l'ultima nel campanile . « Ma io ero stufo di quella vita precaria, di non essere mai sicuro del domani . Ero stanco morto di mettere banchi, tirar via banchi, spostare banchi . E anche i ragazzi soffrivano . Dovevo dare una consistenza a quella scuola. E inoltre, sul mio tavolo conservavo quel sasso che mi aveva picchiato in testa . . . « Il terreno per costruirvi la nostra scuola, dopo molte difficoltà, lo ottenni dalla provincia . Poi, con l'aiuto dei miei ragazzi cominciai una serie lunghissima di lotterie e banchi di beneficenza . Abbiamo rotto l'anima a tutti, ma siamo riusciti a radunare i fondi per iniziare gli scavi e le fondamenta . A questo punto i militari ci imprestarono due autocarri, e il sabato e la domenica si trasformarono in giorni lavorativi in cui scendevamo fino all'Oceano Atlantico e caricavamo la sabbia per la costruzione . « Da tempo, frattanto, io andavo al mattino di ogni festa a dir Messa per gli operai della SAIPE, una compagnia dell'ENI che cercava nuovi pozzi di petrolio in Patagonia. Cominciai ad andare a dir Messa a bordo del camion . . . vuoto . E tornavo con il camion pieno di sacchi di cemento, regalati da quella brava gente . :arcerati sul tetto «Nel 1962 finimmo il primo edificio della scuola, e potei ospitare parecchie centinaia di ragazzi . « Prima di cominciare il secondo edificio scolastico ebbi un'idea . Lì a Comodoro Rivadavia ci sono le carceri con una novantina di detenuti . Devono scontare anni e anni di prigione per omicidi, furti, violenze, percosse . Pensai che potevo aiutare quella povera gente . Feci domanda all'autorità di avere 14 I ragazzi dell'oratorio volante . come manodopera, nella costruzione della scuola, i carcerati che si fossero offerti volontari . Li avrei pagati come operai . « Le trattative furono lunghe . Alla fine firmammo una convenzione : avrei potuto utilizzare il lavoro di una trentina di prigionieri, età tra i 2o e i 35 anni . Sul lavoro sarebbero stati vigilati da poliziotti, ma sotto la mia diretta responsabilità . Il denaro del salario lo avrei versato alla loro famiglia, e lo avrei depositato a loro nome in una banca . In base all'impegno dimostrato sul lavoro, avrebbero anche usufruito di un condono di pena . « Si dimostrarono splendidi lavoratori . E potei veramente far loro del bene . La costruzione durò quattro anni . Ripetevo loro che non lavoravano per me, ma per i loro figli che avrebbero potuto entrare in quella scuola . Lo capirono, e il lavoro per un'opera sociale li aiutò a tornare uomini responsabili . Alcuni, durante quei quattro anni, portarono a termine il loro periodo di detenzione . Mi chiesero di rimanere fino al termine della costruzione . Ora alcuni hanno messo su famiglia qui a Comodoro Rivadavia, e portano con orgoglio i bambini a vedere la scuola che hanno fabbricato con le loro mani . Altri, con i risparmi messi da parte durante quegli anni, hanno aperto un pic- colo negozio, e mi sono rimasti molto affezionati . « Ora la scuola, dedicata a Domenico Savio, è terminata in ogni particolare, e ospita 2 .000 ragazzi . i buon lavoro r la povera gente « Interrompo la narrazione per domandargli : "Ma le pareva proprio necessario costruire un collegio ?" . Risponde : "Per voi qui in Italia è difficile capire . Il collegio, la scuola, era per noi l'unica soluzione . Se avessi continuato a dedicarmi soltanto all'oratorio festivo, la mia opera non avrebbe avuto consistenza, concretezza . L'oratorio era una domanda : mille, duemila ragazzi che ogni sabato e ogni domenica mi domandavano : che cosa farai per noi, per il nostro avvenire ? Il collegio, la scuola, è stata la risposta . Per questo il collegio non ha distrutto l'oratorio, che continua fiorentissimo, ma l'ha completato" . « Ma la costruzione del grande edificio non assorbì completamente la mia attività . Una delle necessità più urgenti per la popolazione di Comodoro Rivadavia era un ospedale che funzionasse . Esisteva un ospedale governativo, ma non era mai stato finito, e funzionava come poteva. Formammo un "consiglio amministrativo", e tanto insistem- Un tratto di periferia di Comodoro Rivadavia . mo con il governo che la costruzione venne terminata e il servizio reso efficiente . « Ora quell'ospedale è il primo dell'Argentina diretto dalla comunità . Può ospitare 250 malati . È servito da 8o medici, molti dei quali vengono mandati da Buenos Aires a fare laggiù il corso di pratica obbligatoria, che dura tre anni . La maggior parte della gente non può pagare né il ricovero, né la visita medica, né le medicine . Il servizio mutualistico non è ancora al livello di quello europeo . E allora ce la caviamo così : le persone che si presentano all'ospedale denunciano su una scheda la loro condizione sociale . Il consiglio di amministrazione, di cui sono ancora presidente, decide in base alla condizione del malato la quota di spesa che gli viene assegnata . « Molta gente, però, vive lontana dall'ospedale, e non può recarvisi per piccole necessità . E allora abbiamo costruito in vari punti della zona cinque consultori medici, affiancati da consultori civili, dove la gente viene aiutata a fare le pratiche necessarie per trovare lavoro, per avere l'assegnazione di una casa, per ottenere documenti . « In tre rioni mancavano acqua, luce e gas . Siamo riusciti a farli arrivare . E abbiamo costruito tre Chiese, che oggi funzionano come centro delle comunità . « Mi pare che per la gente povera abbiamo fatto un buon lavoro : oggi sono pochi quelli costretti ad abitare in baracche, e quasi tutte le famiglie mandano i figli a scuola . Nel 1957 non volevano saperne di mandarli . Dovevo andar io nelle catapecchie a tirarli fuori . Oggi quei ragazzi arrivano vestiti decorosamente, ordinati, puliti . File di uom « La difficoltà grave che rimane nel fondo, e contro cui possiamo fare ben poco, è la disoccupazione . « Oggi Comodoro Rivadavia ha 70 mila abitanti . 30 mila sono cileni immigrati. Molti lavorano nel petrolio . Molti altri nelle costruzioni edili o nelle piccole estancias come peones . Ma molti altri rimangono disoccupati . Vedi file di uomini sulla strada, in attesa che qualcuno li chiami a un lavoro qualsiasi : a caricare un camion di sabbia, a trasportare tronchi, a scaricare mattoni e tegole . Sono lavori che vanno e vengono, e lasciano la miseria . Le conseguenze le conosciamo tutti : alcoolismo, degradazione, famiglie dissestate, delinquenza . « È difficile trovare una soluzione radicale a questo problema . L'agricoltura in questa zona è un'impresa difficile e quasi disperata . Manca quasi totalmente l'acqua, piove molto poco . E i venti sono continui e fortissimi : toccano punte di 170-200 chilometri orari . E poi il freddo, che in certi periodi è quasi polare . « Un buon titolo di studio è per molti giovani l'unica soluzione felice per l'avvenire . Perché qui o nelle città più a nord spalanca la porta a un buon impiego . Per questo nella nostra scuola sta sorgendo l'Università Don Bosco . Rilasciamo titoli corrispondenti più o meno ai diplomi italiani di geometra e di ragioniere . La nostra è la prima scuola riconosciuta dallo Stato con decreto nazionale » . « Don Corti - gli dico -, la sua salute, dopo 2o anni di lavoro sfibrante, è al limite di sicurezza . Lei fra poco tornerà in Argentina non più per tornare a Comodoro Rivadavia, ma per trasferirsi, con una "lettera d'ubbidienza" in tasca, a Bahía Blanca, mille chilometri più a nord . Che cosa ricorderà con più piacere ? Il collegio ? L'ospedale ? L'oratorio volante ? La scuola nel salone da ballo ? ». Dopo una lunga pausa di riflessione risponde « Niente di tutto questo . Ciò che ricorderò con più affetto sarà il buzón de la caridad, un cassone di legno che da anni insieme a un gruppo dei miei ragazzi ho piazzato al centro del quartiere più povero della città. È nel bel mezzo di una strada . Ha una fessura come per le elemosine . f poveri ficcano dentro non offerte, ma le loro richieste drammatiche di aiuto, scritte alla meglio su carta blu da zucchero, o su fogli a righe di quaderni scolastici . Ogni giorno, alla sera, passavo a ritirare quei biglietti, e li leggevo insieme ai ragazzi . Quante lacrime su quei pezzi di carta ! Quante miserie segrete, dolorosissime, che non osavano manifestare a nessuno. E il nostro impegno era di portare entro 24 ore una risposta concreta, silenziosa . Ci siamo quasi sempre riusciti . Credo sia questa la cosa più bella che sono riuscito a realizzare in 2o anni » . • 15 « Piovve come mai aveva piovuto . Vedevo quelle povere famiglie sulle baracche-palafitte quasi galleggiare sopra un mare d'acqua . Tornarono pescatori per necessità » - Don Manè, da 45 anni missionario in Thailandia, racconta l'ultimo dramma vissuto nella lunga penisola che scende verso la Malaysia . l1 diario della missione salesiana I in Thailandia, al giorno i i di- cembre del lontano 1928, racconta : «Oggi è una giornata importante . A distanza di un anno dalla fondazione della nostra missione, sono giunti dall'Italia due sacerdoti, due chierici e sedici ascritti che faranno qui il loro noviziato » . Il sesto nome nella lista dei giovanissimi ascritti è Natale Manè, il settimo è Pietro Carretto . Pietro . Carretto, a 45 anni di distanza da quel giorno, è diventato vescovo della diocesi di Surat Thani, Natale Manè è qui davanti a me, faccia cotta dal sole e dal vento, capelli bianchissimi, sguardo mortificato di chi, dopo 45 anni di lavoro tirato alla garibaldina, ha dovuto tornare per un paio di mesi in Italia per « rimettersi in sesto» . Sussurra : «Ero un ragazzone pieno di vita 45 anni fa . Ero andato a Ivrea deciso a partire 16 per le missioni . E sono partito . Fosse oggi, ripartirei un'altra volta . Perché la vita del missionario è durissima, ma è la più bella del mondo . Ora sono ad Asti, a respirare aria nativa . Cerco di rifare in fretta le forze, perché laggiù mi aspettano i miei pescatori-ortolani. « Dieci anni fa l'ispettore mi incaricò di prendermi cura delle famiglie cristiane sparse sul territorio delle grandi province di Surat Thani e di Nakhon Si Thammarat, nel sud della Thailandia . Guardi qui, sulla carta : il cuore della Thailandia è su, al nord, queste province invece fanno parte della lunga e fine penisola che scende verso la Malaysia . Zone di foresta fitta e lussureggiante . « Mi misi in cammino, su qualche sgangherato pullman di linea, chiedendo . un passaggio ai rari camion, ma la maggior parte della strada facendomela a piedi . Queste una famiglie abitano a decine di chilometri l'una dall'altra, ed è una faticaccia . C'era solo un gruppo di pescatori che formavano un gruppo omogeneo, una piccola comunità, alla foce del fiume Thà Chang . Famiglie buone, che ogni volta mi accoglievano come un amico . « Ma su queste famiglie pesava una vera maledizione . Esse vivevano di pesce gettando le reti nel Golfo del Siam. Ma laggiù capita un fenomeno strano : per molti mesi all'anno i pesci lasciano la costa thailandese a ovest, ed emigrano in massa sulla costa del Cambogia, a est. Per quella gente era ogni anno la fame . Vivevano sulle loro squallide palafitte, rassegnate a quella miseria che durava da generazioni . « Che fare? Me lo ero domandato più volte . E finalmente decisi : bisognava persuadere quella gente a cambiare mestiere . Partii . Tre ore di barca sul canale, poi lungo la costa . Celebrai la Messa per loro, e subito dopo, ai capi famiglia raccolti, feci la proposta : lasciare la riva del mare e venire a Surat Thani nei dintorni della fetta residenza missionaria . Avrebbero potuto piantare cocchi, ananas, banani. Lì per lì rimasero sconcertati . Non si abbandona . di punto in bianco un mestiere praticato per tutta la vita . Ma alcuni, dopo qualche ora, erano già sostenitori accaniti della proposta verso quelli che esitavano . Lasciai loro il tempo di decidere . « Intanto tornai a parlare col vescovo, mons . Carretto . Approvò l'idea e mi diede un po' di denaro . Altri aiuti li ottenni da alcune brave persone di Bangkok e di nazioni estere . « Sulla foce del Tha Chang erano ormai tutti decisi a emigrare, e aspettavano un mio cenno . Ma io dovevo ancora comprare un buon terreno per ogni .famiglia nelle nostre vicinanze, degli attrezzi agricoli per la lavorazione dei campi, e il necessario per costruire almeno delle capanne provvisorie, in attesa di tirare su le casette in legno . Mi occorreva inoltre una riserva -di cibo per almeno due anni : bisognava sfamare quella gente nell'attesa del primo raccolto . « Il terreno lo trovai a otto chilometri da Surat, nella località Som Vang . Era una striscia di terreno in riva a un lago, una posizione adatta per la piantagione e per l'irrigazione . Il prezzo, poiché si trattava di foresta incolta, era molto buono . Divisi il terreno tra le prime otto famiglie che emigrarono da Thà Chang . Bisognava lavorare sodo nei primi tempi, e condurre una vita durissima e precaria . I ragazzi potevano averne danno, e li presi con me nella residenza . «Appena ebbi altro denaro comprai due nuove fette di foresta, e chiamai altre dieci famiglie che aspettavano . A destra : «Vivevano alla foce del fiume Thà Chang, gettando le reti del Golfo del Siam» . A sinistra : Una delle baracchepalafitte costruite dagli ex-pescatori nella foresta . di foresta per vivere « I lavori da fare, secondo una graduatoria di urgenza, erano i seguenti : i . Disboscare . 2 . Con pali, assi e bambù costruire le abitazioni . Coprire i tetti con assi e foglie . 3 . Scavare un canale largo tre metri e lungo quasi due chilometri, affinché tutti i terreni avessero acqua per l'irrigazione . « Due anni . Il disboscamento era a buon punto, e lo scavo del canale pure, quando il diavolo ci mise la coda . «Piovve come mai aveva piovuto . L'acqua del lago gonfiò, straripò, inondò la campagna . Quei poveretti, stanchi e avviliti, guardavano tutto il loro lavoro distrutto in poche ore . «Io ero desolato, disperato . Non riuscii a dormire per parecchie notti . Mi vedevo quelle povere famiglie sulle baracche-palafitte (fortunatamente le avevano costruite così, perché loro le case le sanno fare solo così), quasi galleggiare sopra un mare d'acqua, senza alcuna risorsa per vivere . Tornarono pescatori per neces- sità . Ognuno aveva portato con sé, in fondo al fagotto degli arnesi familiari, gli ami per la pesca . Seduti alla porta di casa, i piedi immersi nell'acqua, gettavano gli ami, e rimanevano con gli occhi socchiusi a fissare immobili l'acqua, dove guizzava qualche raro pesce . Quei pesci e un sacco di riso che riuscii a distribuire furono lo scarso cibo per molti giorni . « Poi finalmente il Signore ebbe compassione di noi . L'acqua del lago tornò al livello abituale, e potemmo rinnovare le piantagioni . « Sette mesi fa, a marzo, prima di partire per l'Italia andai a salutare quelle famiglie . Vennero con le loro barchette a ricevermi alla sponda del lago . Si vedeva che erano contenti della loro nuova vita di ortolani . Tra spari di petardi e grida di Xajo ! (evviva!) mi condussero a visitare i loro frutteti e i loro orti . Vollero che assaggiassi i primi aranci e le prime banane . Un sapore che porterò con me insieme al chiasso festoso dei ragazzi e al sorriso timido degli adulti . ∎ 17 Intervista con un giovane salesiano da otto anni nello Zaire (ex Congo Belga) - Turbe di giovani hanno lasciato i villaggi e intasano la periferia di Lubumbashi - Se la polizia li rispedisce ai villaggi, tornano in città anche a piedi - I molti che lasciano la scuola finiscono sulla strada, dove le bande, il vizio, la droga li aspettano - « I missionari europei lavorano molto per gli africani, ma non li amano » : un'affermazione che fa rabbia, ma fa anche pensare. (si chiamava ElisaL ubumbashi bethville nell'ex-Congo Belga) ha oggi una popolazione dieci volte maggiore di quella che aveva 20 anni fa . Giovani dovunque . Trascinano la loro noia lungo le larghe strade dei quartieri residenziali (citiamo da A . Gillet), incollano gli occhi avidi alle scintillanti vetrine dei negozi, assediano le entrate dei caffè, cinema, luoghi pubblici . Nell'immensa cintura di capanne che circonda la città, brulica un mare di gente giovane . La maggior parte di questi giovani sono sradicati . Hanno abbandonato nella brousse (la boscaglia dove sono i villaggi, dove viveva la maggioranza della gente fino a vent'anni fa) il loro clan, la loro tribù, che li radicava in un modo di vivere tradizionale, che dava loro leggi e usanze tramandate da secoli . E non sono riusciti a integrarsi nella grande città . La scuola elementare, nella brousse, ha loro insegnato l'alfabeto e le quattro operazioni, ed essi hanno sognato che questo « sapere » sarebbe stato sufficiente ad aprire le porte della città moderna, ricca, bella, con tutte le comodità a portata di mano . La maniera di vivere dei vecchi 18 colonizzatori è diventata un'attrat- tiva irresistibile ; le leggi della tribù e l'autorità dei capi tradizionali hanno perso la loro forza ; al posto del tam-tam risuona nella foresta la radio, e la sua voce rimpiazza quella degli antenati e degli stregoni . Il sogno di ogni giovane è « andare in città e studiare » . Studiare fino a prendere un diploma che dia diritto a un posto . Il « posto » è il mito, il traguardo a cui si sacrifica qualunque cosa. Ma le statistiche dicono che nella scuola secondaria metà degli allievi iscritti non va oltre il primo anno . Lasciano i banchi per mille motivi : incapacità allo studio, mancanza di qualcuno che li alloggi, che provveda il cibo . E finiscono sulla strada . Le strade della città, specialmente alla sera, diventa un luogo molto pericoloso . Le bande, l'alcool, la droga, il vizio offrono il miraggio dell'evasione, o anche soltanto il gusto di vivere di espedienti . Ci sono molti ragazzini tra loro : età 12-13 anni . Molti sono anche quelli che finiscono in prigione . E la prigione non è certo un ambiente educativo . Tutte queste componenti danno come risultato una generazione giovane in fermento. Una generazione che non ce la fa ad integrarsi nella società, che non riesce a vedere una qualunque via d'uscita . E che perciò è disponibile per qualsiasi tentativo disperato. È tra questa generazione giovane e sradicata che i Salesiani lavorano dal 1964. . Il i° aprile di quell'anno si mise a punto un piano di «soccorso urgente » . Il 16 giugno un salesiano iniziò l'avventura prendendo alloggio tra le rovine di una casa in periferia . Ospitò fin dai primi giorni qualche giovanotto . Iniziava così la « Cité des jeunes » . Oggi essa ospita un centinaio di giovani interni (vanno a scuola in città) e circa 250 esterni, che vanno dai Salesiani a imparare un mestiere . Ma i lavori sono ancora in corso . Il traguardo è di accogliere almeno 1 .500 giovani . E saranno sempre pochi rispetto a quelli che bussano alla porta . jeunes, che mi pare un'opera azzec- Don Mario Valente, 35 anni, 8 passati a Lubumbashi, prima nella Cité des jeunes, ora in un'opera sperimentale alla periferia della città. Abbiamo chiacchierato per un'ora davanti al microfono . Un'intervista franca, aperta, che a tratti s'incamminava su binari imprevedibili, difficilmente riconducibili allo schema iniziale . - Hai regalato 8 anni ai giovani negri di Lubumbashi . Da quando sei prete sei là . Tra le parole che in 8 anni quei giovani ti hanno detto, ce n'è stata qualcuna che ti ha disturbato profondamente, che ti ha offeso? - Offeso no . Disturbato sì . Una affermazione che mi sono sentito ripetere, che sentirò ancora, e che è un pugno nello stomaco : « Vous étes garantis » . Difficile tradurre . Un ragazzo si lamenta per la vita difficile, per i mille problemi di ogni giorno. Io gli dico : « Ti capisco » . E lui : « No, tu non puoi capirmi, tu sei garanti, assicurato contro la miseria . Tu hai la vita « garantita », io di garantito non ho niente . Difficile dire che ha torto . - Ma se la vita è difficile in città, perché non tornano ai loro villaggi, alla brousse ? - Anche se la polizia li arrestasse e li ficcasse a forza sul treno, alla prima stazione scenderebbero e tornerebbero a piedi in città . Non è difficile, in fondo, capirli . La città per i giovani è come la droga . Una volta assaggiata, non riescono più ad adattarsi al villaggio . Il futuro dell'Africa non è la brousse, ma la città . Mi diceva un missionario : nella brousse restano i vecchi che devono morire, qualche donna, i piccoli che aspettano di diventare un po' più grandi per andare in città . Solo in città ci sono le scuole che possono dare i diplomi, e perciò i « posti » . E si spera sempre in un « colpo buono ». - Otto anni di vita sono una bella fetta . Ti pare di avere realizzato qualcosa di concreto in questi otto anni? - Ho lavorato alla Cité des cata, una presenza utilissima a Lubumbashi . Le scuole professionali mi sembrano essenziali per i nativi : hanno bisogno di istruirsi nella tecnica, in maniera da sapersela cavare da soli, senza dipendere dai tecnici stranieri . E anche l'internato per studenti mi pare un'opera soda : ragazzi che riescono bene negli studi, e che per circostanze varie sarebbero costretti a sprecare il loro talento, col nostro aiuto riescono ad andare fino in fondo . - Qualche «diploma» in piu, qualche «posto» in più . Tutto qui il frutto del vostro lavoro? Qualche « uomo » in più . Perché prima di tutto noi siamo educatori . E questo mi pare importante . - Riuscite anche a dare una formazione religiosa a questi giovani? Ne fate dei cristiani? - Spesso noi lavoriamo a li- vello di pre-evangelizzazione . Cerchiamo cioè di creare quel substrato di valori umani su cui possa attecchire il messaggio genuinamente cristiano. Ma molti dei ragazzi della Cité, che hanno una media di 18 anni, sono già cristiani, e alcuni sono veramente convinti e sodi nella loro fede . Su questi noi cerchiamo di far leva, perché siano lievito nella massa . Ricordo un ragazzone di 2o anni . Frequentava l'ultimo anno di scuola tecnica-commerciale . Intelligente, animatore entusiasta . Lo ricorderò sempre perché non solo sapeva animare i suoi amici, ma le cantava anche a noi preti europei in maniera chiara e franca . Non aveva peli sulla lingua, e per questo i suoi amici lo rispettavano . - L'impressione più violenta di questi tuoi 8 anni? - Ti sembrerà strano . È stata una affermazione del colonnello (o generale che fosse) O'Brien comandante del reparto irlandese delle truppe dell'ONU nella guerra del Katanga . Aveva girato molto nell'interno, nella brousse, e aveva visto molti missionari . Aveva notato il gran lavoro di questi missionari a favore degli africani . E 19 Il salesiano Simone Kazadi . dello Zaire, nel novembre scorso è stato ordinato sacerdote nella sua città natale di Kalwezi . di sentire . Non ha costruito nulla, eppure lo ammirano e lo amano per la sua capacità umana, la sua cordialità semplice. Per anni ha lavorato nell'ospedale provinciale dove vengono curati solo i negri . Era estremamente confortante per gli indigeni sapere che lì trovavano uno che capiva la loro lingua, i loro disturbi, le loro paure, senza sentirsi dire le solite, banali espressioni degli europei : «'Questo è una sciocchezza», «Ma, non farmi erderé tempo » . - E importante parlare la loro lingua? - Mi pare essenziale . La lingua affermò : « I missionari europei lavorano molto per gli africani, ma non li amano ». Queste parole mi fecero arrabbiare . Dicevo : « Ma cosa capisce questo qui? Noi abbiamo lasciato tutto, veniamo qui a spendere la vita per gli africani . E lui bello bello scopre che noi non li amiamo*. Ma a forza di pensarci su, dovetti concludere che in quell'affermazione c'è della verità . È una battuta, naturalmente, è un paradosso, ma contiene della verità . Capita che noi ci ammazziamo di lavoro per gli africani, e che loro ci ammirano ma non ci amano . Perché? Perché tante volte non li amiamo come dovremmo amarli. Vogliamo bene a questa gente come vogliamo bene a un poveraccio stracciato a cui diamo l'elemosina dicendo : vai a vestirti COME DICO IO, a fare QUEL CHE TI DICO IO, perché soltanto così puoi riuscire . Praticamente noi imprestiamo loro le NOSTRE soluzioni, li vogliamo far entrare nella NOSTRA mentalità, invece di entrare noi nella loro . È difficile dimenticarci di essere europei . - Che cosa bisognerebbe fare? - Mah ! Forse, ogni missionario che arriva quaggiù, prima di cominciare a costruire, a fare, a sorprendere questa gente con 20 le proprie capacità « europee », do- vrebbe mettersi seduto vicino a loro, ascoltarli, cercare di osservarli, accettare la loro mentalità . Diventare insomma zairese con gli zairesi, entrare nella loro pelle . I Padri Bianchi : mesi e mesi a chiacchierare con gli indigeni - Quanto tempo occorre? - Non ci si arriva mai . E forse è questo che scoraggia . Un missionario, dopo 4o anni vissuti qui, mi diceva che avrebbe dato chissà che cosa per passare un'ora' sotto la pelle di un negro . - Conseguenze ? - Finiamo per «europeizzare » senza volerlo. Ci imponiamo con la nostra capacità di elencare tutto, catalogare tutto, organizzare il lavoro, costruire grossi edifici, e specialmente (ciò che più di ogni altra cosa impressiona il negro) con la nostra capacità di programmare e di prevedere . Lui farà uno sforzo enorme per imitarci . Ma non riuscirà, e si perderà di coraggio . - C'è stato qualche salesiano che è riuscito a entrare nella «pelle dei negri? ». - Padre Picron . Fu ispettore . Imparò le lingue più parlate (il Ki-bemba e il Ki-zwaili) meglio degli stessi africani. E si sforzò moltissimo di entrare nella loro mentalità, di acquistare il loro modo esprime la mentalità di una gente, il suo modo di ragionare, di vedere le cose . I Padri Bianchi, che hanno lavorato per tanto tempo in Africa, dopo il loro arrivo passavano mesi e mesi a chiacchierare con gli indigeni . Fino a saper parlare in maniera né sprezzante né paternalistica . Senza lasciarsi scappare i soliti : « Questo te lo spiego io», e « Sì, figliolo, capisco benissimo » . Partendo da tabula rasa, senza pregiudizi di razza, di mentalità né di cultura . Noi non ce n'accorgiamo, ma abbiamo molti pregiudizi del genere . Alcuni di noi, quando arrivano ; «sanno già tutto » degli africani, e quindi hanno già . una risposta per ogni domanda, un giudizio per ogni atteggiamento degli africani. Tutto questo fa sì che sovente il negro ci ammira, ma meno sovente ci ama . - Ma allora, come dovremmo essere per aiutare davvero questi nostri fratelli africani? - Esperti in umanità . Esperti, prima di tutto, nella « nostra » umanità : conoscere i difetti e i pregiudizi che ci ostacolano nell'azione . Quella brutta cosa che si chiama « selezione » - Forse siamo andati un po' lontano . Vogliamo tornare a parlare dell'opera salesiana a Lubumbashi? Un giovane zairese in una fattoria agricola . - Senz'altro . I primi salesiani, nel Katanga, cominciarono lavorando nella brousse, ma quasi subito si condensarono nella città . Qui si lavora sul serio per la gioventù « povera e abbandonata » . C'è una massa di giovani che viene a bussare alla nostra porta, o per imparare un mestiere o per avere un posto nell'internato. Per alcuni anni ho dovuto occuparmi io di quella brutta cosa che si chiama «selezione » : cioè accettare qualcuno e scartare tutti gli altri . Piange il cuore tante volte a dover dire di no, eppure è inevitabile, i posti sono pochi . Si scelgono quelli che hanno le qualità migliori e le condizioni più disperate . Salesiani dopodomani - A questi ragazzi date anche un'educazione « sociale »? Cioè fate di loro solo il bravo operaio, o anche il cittadino responsabile? - Anche qui occorre entrare nella mentalità africana . Gli africani hanno una mentalità sociale «alla loro maniera », e in certo senso più sviluppata della nostra . Le « relazioni tra persone dello stesso clan » sono strettissime, molto più che tra noi, dove la famiglia è monocellulare . Hanno innumerevoli legami di sangue : sono tutti grandi fratelli, piccoli fratelli, zii, cugini . Una rete di vincoli per noi inconcepibile . E questa situazione etnica ha delle conseguenze pratiche fortissime . Caso concreto : il lavoro . Un europeo che lavora lo fa praticamente solo per sé, la propria moglie, i figli . Un africano tiene invece conto dei suoi fratelli e sorelle, dei fratelli e sorelle della moglie . Se è l'unico che guadagna, distribuirà il suo stipendio a tutti i parenti che vengono a bussare alla sua porta . È quindi chiaro che parlare di « risparmio», di «previsione», di . « investimento » del proprio denaro alla maniera europea, per l'africano è un non senso . E questo forma tutta una mentalità diversa . Per noi distribuire il denaro così è sprecarlo, i postulanti sono parassiti . Per loro sono parenti e basta . E il denaro non è sprecato, ma investito in una maniera diversa dalle nostre : oggi è lui che mantiene i parenti, domani forse saranno i parenti a mantenere lui . Se si tirano le conseguenze da questo e da altri atteggiamenti fondamentali della mentalità africana, nascono nuovi valori «sociali », nuove impostazioni dei problemi anche a livello di grande società . Perciò, volere impostare problemi sociali che sentiamo « noi », alla nostra maniera «europea », fa sempre parte di quel «colonialismo di mentalità* da cui occorre purificarsi . - Credi che tra questi ragazzi potranno domani venir fuori delle vocazioni salesiane? - Direi «dopodomani* . Non è in questione la validità della nostra educazione . Diventare religioso, oggi, per un giovanotto di Lubumbashi, vuol dire capovolgere un mucchio di atteggiamenti, mentali e pratici . I legami familiari a cui accennavo, per esempio . Uno che riesca a studiare, a raggiungere un certo livello di cultura, sente attorno a sé una spinta familiare fortissima : devi sposarti, farti una posizione, e poi pensare a tutta la piramide della tua famiglia . Non credo che la difficoltà consista nella scelta della castità religiosa, come pensa qualcuno . Bisognerà pensare forse a un « modo africano » di essere religiosi, chissà. - Quelli che escono dalle nostre opere, gli exallievi, dimostrano riconoscenza nei nostri confronti? - Penso non ci sia nessuna dif- ferenza tra l'Africa e l'Italia . Ci sono di quelli che, una volta partiti, non li rivedi più (eccetto abbiano bisogno di qualcosa) . Altri invece ritornano, e solo per rivederci, salutarci . Ho molte lettere di ex-allievi di Lubumbashi . Mi scrivono non per avere qualcosa, ma per ringraziare, per scambiare parole con un amico . Ciò che più rimane vivo in loro è lo «sforzo di comprensione » . Uno mi dice : « Tu non hai scaricato il tuo camion di roba europea davanti a noi, dicendo : prendete . Tu sei stato zitto accanto a noi e ci hai lasciato parlare ». - Se dovessi venir via dallo Zaire, che cosa ricorderai? - Tante cose . Certo non di- menticherò mai le due domande che mi fece il primo ragazzo africano con cui parlai . Mi domandò quanti anni di studio avevo fatto e quante volte mangiavo al giorno . E non dimenticherò nemmeno un gesto, un piccolo gesto che non feci . Ero appena arrivato nello Zaire . Scesi dall'aereo, vidi un salesiano che mi aspettava con alcuni giovanotti negri . Li salutai ma non tesi loro la mano . Seppi poi che ci avrebbero tenuto moltissimo . Darei qualunque cosa per aver fatto quel gesto. TERESIO BOSCO 21 QUANDO 1 1IORN9 Nel presentare, nel numero di luglio-agosto, la figura di Don Cimatti, abbiamo dovuto sorvolare per necessità di spazio, sugli anni «favolosi» di Vaisalice . Questo, evidentemente, non è piaciuto a tanti exallievi di Don Cimatti, che rivivono nel ricordo quegli anni come i più belli della loro vita . Tentiamo di colmare quel «vuoto » con la testimonianza affettuosa e pensosa di un grande exallievo : Nazareno Padellaro, presidente del Centro Europeo dell'Educazione . Valsalice, dove sono stato dal igo8 al ign, ho avuto la rivelaA zione di quella magia che dall'adolescenza ci traeva alla giovinezza, in un tempo che non aveva giorni feriali, perché tutti erano festivi . Ero veramente nell'isola dei beati . I miei successi scolastici mi davano quella sicurezza e quel coraggio che tì fanno sentire la voce dell'avvenire come un agognato richiamo . I professori e i superiori incarnavano la vocazione salesiana in maniera veramente esemplare . L'allegria di Don Bosco saturava tutta l'atmosfera . Persino quell'innocente umorismo di cui i giovani sono avidi e hanno veramente bisogno, traeva la sua materia di spasso da quelle manie innocenti che caratterizzavano tutti i nostri insegnanti . Tranne uno : don Cimatti . Non c'era spazio nella sua figura per la più piccola nota umoristica . Mi sono chiesto tante volte il perché di questa impermeabilità alle nostre arguzie divertite . Oggi posso dire che don Cimatti non poteva essere raggiunto dai nostri tiri, perché perennemente immerso in una tumescenza di serenità mite che invitava alla confidenza . Questa serenità era diventata in lui una seconda natura . Ma la prima natura qual era? Non è possibile dirlo perché non ha lasciato trasparire mai il contrasto delle due nature : credo però che la lotta tra esse sia stata drammatica . Tutti lo ritengono una figura disegnata direttamente da Don Bosco, di cui incarnava tutte le virtù . Eppure del Santo egli non ebbe quegli acuti spirituali che colpiscono con 22 la percussione della virtù dominante . ERANO TUTfI 'ESTIMI Non ci appariva umile perché si collocava fuori del contesto di questa virtù . Non era penitente perché delle mortificazioni non aveva le torsioni agonistiche . Non aveva quei trasporti che caratterizzano i colloqui privilegiati con Dio . anche in questo, egli si distingueva da tutti gli altri professori per i quali solo la loro materia era importante . Era « nato » don Cimatti Mi insegnò anche musica ; e io che avevo buona sensibilità musicale ma inettitudine ancestrale a muovere le mani sulla tastiera, misi a dura prova la sua pazienza che era inesauribile . Maestri di musica, in seguito, ne ho conosciuti tanti, ma don Cimatti fu l'unico che non maltrattava gli esecutori stanchi o distratti . Con un sorriso ci incitava a ritentare la frase che offendeva il suo orecchio di musicista straordinariamente dotato . Per la verità, l'uomo aveva qualità straordinarie di intelligenza scientifica, estetica, pedagogica . Ai giovani bisogna insegnare (fu il segreto di Don Bosco) a tramutare la loro allegria intermittente in gioia di vivere perché la vita è il capolavoro di Dio . L'uomo aveva compreso che i giovani si allontanano istintivamente, pur venerandoli, da coloro che danno alla propria virtù cifre troppo alte di perfezione . L'allegria, al contrario dell'angoscia esistenziale a cui oggi « gioiosamente » la gente si abbandona, era il catalizzatore di tutti i fermenti interiori . Don Cimatti, agli occhi nostri, era nato don Cimatti, e non ci era diventato . Il suo occhio di miope scrutatore sapeva dove posarsi a individuare le pene e le lotte interiori di coloro che erano in continuo travaglio . Allora una sua parola, un gesto di sfuggita, afono, per così dire, giungevano inaspettati a consolare e rinfrancare . Tutti siamo stati consolati da don Cimatti ; ma nessuno, credo, sa dire perché il consolatore era quell'uomo che ti passava accanto schermando la sua luce invisibile . Se i miei libri sull'educazione hanno qualche idea feconda, l'ho tratta dal suo modo d'insegnare . Agraria, pedagogia, erano le due materie sue . Le ore di lezione volavano, perché certamente erano state a lungo preparate . Lo desumo dal fatto che egli teneva sott'occhio brindelli di carta che di sfuggita consultava . La sua voce, bellissima, illimpidiva le notizie più aride . Camminava, mentalmente, con l'intelligenza di ciascuno di noi ; e quelli di passo intellettuale lento (che non umiliava mai), non lo perdevano mai di vista . La ripetizione era un suo segreto didattico . Così non soltanto i più intelligenti, ma anche i meno dotati, a lezione finita, sapevano le cose essenziali sull'argomento . Saliva in cattedra come se essa fosse il più incomodo dei banchi per l'ultimo della classe . Era tra noi sempre, perché quel suo occhio dolcissimo e incerto di miope aveva per ciascuno un cenno d'intesa . Non era mai apodittico e categorico, e Le vittime più disponibili : i giovani Tutti i salesiani si dicono figli di Don Bosco ; ma don Cimatti aveva impressi i tratti di colui che fu veramente l'apostolo della gioventù, in modo così evidente da esserne il ritratto più fedele . Era l'incarnazione di quelle virtù che di Don Bosco han fatto il Santo dei nostri tempi ; un'immagine perfetta di chi svelò il segreto di salvare la gioventù, quella soprattutto di oggi che corre dietro la canaglieria più spaventosa : la canaglieria del disgusto . Filosofi, pedagogisti, sociologi, psicologi hanno insegnato ai ragazzi come si fa ad essere infelici . Oggi capisco quelle parole con cui don Cimatti ci salutava : «Stammi allegro». Allora mi sembrava una formula di congedo . Oggi la considero la ricetta che potrebbe salvare anche i cercatori delle drogate estasi più pericolose, e guarirci dal delirio degli abissi . Questa società tecnicoerotica divora specialmente i giovani . Il rispetto che salvaguardava la funzione educativa oggi è diventato arcaico . Don Cimatti potrebbe farci ritrovare i valori perduti . Un altare scolastico Dopo Valsalice, lo rividi a Roma . Mi venne a trovare nel mio ufficio di Provveditore agli studi . La sua barba missionaria non aveva alterato nessuna delle linee fanciullesche del suo volto, e mi sembrò che essa fosse fittizia . Gli chiesi un giudizio sui Giapponesi . Compresi che li amava perché parlò delle loro doti in modo entusiasta . Riconobbi in lui l'uomo di Valsalice, ossia l'uomo di Don Bosco . Crisi, rivoluzioni, contestazioni, droghe, suicidi sono misfatti che ci vengono documentati ogni giorno dai giornali e dai mezzi di comunicazione di massa . Dietro queste parole che cosa c'è? Una lotta insanabile tra una società che rifiuta i giovani e i giovani che rifiutano la società . L'unico dono che la cultura ha fatto ai giovani è l'erotismo . Un dono fatale che ha per epilogo la disperazione . Purezza e allegria potrebbero ridare ai giovani la gioia di vivere . Per questo don Cimatti deve essere posto su un altare scolastico . Un altare che sia così alto che tutti i giovani e gli educatori possano vederlo . Io non so se sarà la Chiesa a porlo su questo altare . Ad ogni modo la sua figura è illuminata dai raggi del mattino, da quei raggi che gli occhi dei giovani possono ricevere senza che le loro pupille siano offese . NAZARENO PADELLARO t [A TRAGEDIA DI[[ Don Daniele Venia, missionario in India, ci scrive dal Maharashtra : « I villaggi sono deserti . Le porte sprangate . La gente sparita in cerca di lavoro . A perdita d'occhio la desolazione di terra brulla e arida con rari alberi spogli e scheletrici . I cani non hanno forza di abbaiare e si nascondono subito alla vista di uno sconosciuto . Non un frullo di uccelli : sono volati via» . Queste le impressioni del corrispondente di « Newsweek », l'inviato speciale Ramanujam, al ritorno della sua visita dallo Stato assetato del Maharashtra . Nonostante i miracoli della moderna tecnica agricola, introdotti durante gli ultimi dieci anni in Asia, le capricciose e implacabili forze della natura dominano ancora supreme . Per tre anni il monsone portatore di vita è fallito . Nei tre distretti occidentali del Maharashtra dove generalmente arrivano 50 cm . di pioggia quest'anno sono caduti poco meno di 20 cm . Da ottobre dello scorso anno non si è vista ancora una goccia d'acqua arrivare dal cielo . Quasi tutto il raccolto dell'anno '72 è fallito e oggi 20 milioni di persone sono attanagliate dallo spettro della fame . Le piogge invernali sono state così rare nelle altre regioni dell'India che il governo deve prepararsi seriamente ad affrontare le difficoltà di un magro raccolto dei prodotti agricoli stagionali . Dopo la grave carestia degli anni 60 il governo prudentemente ammassò dieci milioni di tonnellate di granaglia per ogni emergenza . Oggi queste riserve sono consumate così rapidamente (quasi un milione di tonnellate al mese), che New Delhi ha dovuto cercare altre provviste dagli USA, dal Canada e dall'Argentina . Gli spacci alimentari governativi e comu- SETE nali hanno ridotto la razione mensile da 4 kg . a 2 kg . a testa quasi in tutte le zone . La razione del mese, per alcuni lavoratori, è sufficiente solo per tre giorni . . . Con i pozzi secchi e i fiumi ridotti a rigagnoli la gente disperatamente cerca acqua da bere ; nei villaggi centinaia di persone si accodano dietro l'autocisterna che porta 4000 litri d'acqua con i loro recipienti di ottone, terracotta o alluminio per ottenere un sorso del prezioso elemento . In altri posti, sedute vicine al parapetto per interminabili ore, altre donne riempiono i loro vasi con acqua che arriva goccia dopo goccia da una fessura di una parete rocciosa . Migliaia hanno abbandonato ì campi ed i villaggi in cerca di lavoro, riversandosi in Bombay, Poona ed altri grossi centri . Si accampano alla periferia arrangiandosi nei campi disponibili . Per arginare questa fiumana di umanità affamata, il governo del Maharashtra ha trovato lavoro per due milioni e mezzo . Lavoro contro la carestia : nuovi pozzi, frantumazione di rocce per selciare strade e inghiaiare la via ferrata . Molti contadini hanno venduto o abbandonato il bestiame a prezzi irrisori per mancanza di foraggio . Altri l'hanno portato in campi governativi organizzati per 500 .000 capi di bestiame . C'è foraggio artificiale fatto con i rifiuti della canna da zucchero . In un campo ho visto 900 vacche sotto l'ombra di spinosi alberi bulbul . Alcune erano morte o moribonde, altre con riluttanza si sforzavano di ingoiare la strana biada . La prossima pioggia è attesa e dovrebbe arrivare col monsone . Se anche questa non arrivasse, la situazione potrebbe diventare tragica ed esplosiva . 23 L'indigeno disse minaccioso : « Tu non salvando, noi a tutti morte dando ». « Ma io non sono un chirurgo », balbettò suor Maria. « Lei operi - tagliò corto madre Ispettrice . Noi andremo a pregare ». Suor Maria chiuse gli occhi un attimo, trasse di tasca un coltellino e lo passò su una fiamma, poi diede un taglio deciso - La figura di suor Troncatti, una grande missionaria perita nella selva . iacomo Troncatti non era ricco, G tuttavia possedeva una baita e un buon tratto di terreno all'alpe, e una casetta giù a Corteno di Brescia . Nella chiesa del paese don Bortolo aveva benedetto il suo matrimonio con Maria Rodondi, e versato l'acqua battesimale su un bel numero di figli . Maria era nata il 16 febbraio 1883, e il giorno dopo, con la neve alta mezzo metro, avvolta nello scialle della nonna, era divenuta figlia di Dio . Lassù la vita era dura per tutti . D'estate si passava la settimana all'alpe, e la domenica si scendeva in paese per la messa, il catechismo, i vespri e la benedizione . D'inverno si chiudeva la baita, e i ragazzi tornavano a scuola . Maria era intelligente, sensibile, ricca di fantasia . Una volta al mese la maestra le imprestava una rivista che arrivava da Torino, e si intitolava Bollettino Salesiano . Maria leggeva con avidità le avventure dei missionari, le grazie di Maria Ausiliatrice, la storia di Don Bosco . La sera raccontava quelle cose con un'abilità tutta sua . La ascoltavano a bocca aperta . Un giorno fece una confidenza alla sorella Caterina : « Voglio farmi suora e partire missionaria . Voglio andare tra i lebbrosi . Ma non dirlo a nessuno » . Una lettera segreta 1900 . Maria ha ormai 17 anni, e confida il suo sogno a don Bortolo . Questi la rispedisce a casa con un 24 « no » chiaro e tondo . Anche il papà dentro è contrario : fantasie da adolescente, passeranno . Maria non si impunta . Aspetta, continua a lavorare e a cantare, anche se è piuttosto stonata . 1904, ventun'anni . Maria per la prima volta scrive una lettera segreta . La indirizza a Torino, a Don Michele Rua, successore di Don Bosco, e gli chiede di essere accettata come suora missionaria . La risposta arriva da Nizza Monferrato : l'aspettano per la metà di ottobre . Don Bortolo si convince che quella è la volontà di Dio, e persuade anche papà Giacomo . Mamma e sorelle preparano il corredo . Cercano di non pensare troppo al giorno del distacco . « Andrai nell'Equatore » «Addio mamma, addio papà » . La casa è piena di gente . Singhiozzano come a un funerale . La mamma l'abbraccia : « Ti benedico di cuore . Va' dove Dio ti chiama » . A Nizza i primi tempi furono duri . Si sentiva sperduta in quella casa immensa, tra tante facce nuove . Non rispondeva che a monosillabi « Sì, no, grazie* . Un giorno incontrò la Madre generale . «Oli, Maria, come va?* . Risposta, un fiume di lacrime . Madre Daghero la conduce nell'orto . « Hai ragione di piangere . Ho pianto anche io, molto . Guarda queste zucche : sono grosse così perché le hanno innaffiate le lacrime delle postulanti » . Furono sei mesi di lotta ; poi, dopo una fervorosa novena a Don Bosco, venne il sereno . Fu ammessa al noviziato, e il 12 settembre 19o8 poté vestire l'abito delle Figlie di Maria Ausiliatrice con l'impegno di vivere povera, obbediente- e casta a servizio della gioventù povera . 1922 . L'Istituto delle Figlie di M . A . festeggia mezzo secolo di vita, e le Superiori generali sono riunite a Nizza in lunghe sedute di consiglio . Madre Daghero si incontra dinuovo con Sr . Troncatti, che si trova in quella casa in qualità di infermiera, dimostrando non comuni capacità . - Tu hai fatto domanda per le missioni ? - Sì, madre . - Bene . Andrai nell'Equatore . Ma prima andrai al paese a salutare i tuoi . Tre giorni a Corteno, l'ultimo abbraccio ai genitori che non vedrà più in terra . Poi in treno fino a Marsiglia e l'imbarco . Per ventidue giorni nient'altro che cielo e mare, e volenterosi sforzi per imparare lo spagnolo . Poi ancora battello, treno, cavallo, e finalmente eccola a Chunchi, un grosso villaggio equatoriano a sud di Quito, dove alcune suore missionarie vivono in estrema povertà . L'ispettrice, madre Mioletti, la presenta alla minuscola comunità : «Ecco la vostra Direttrice » . Suor Maria è colta alla sprovvista, vorrebbe protestare . Ma non c'è tempo : bisogna riparare il soffitto rovinato dalle piogge, bisogna fare scuola, curare i malati . Si è già sparsa la voce che è arrivata la «madre fisica », cioè una dottoressa, con una grossa provvista di medicine miracolose, e i malati, indios e bianchi, accorrono . Suor Maria si prodiga . La medicina più efficace è la sua bontà . Una vera mamma . « Sono la "medica" del paese - scrive ai suoi - . A qualunque ora sono chiamata . Se vedest come mi vogliono bene ! Quando mi vedono montare a cavallo, mi vengono vicino e mi dicono : "Madrecita, dove vai? Torna presto . Noi ti vogliamo tanto bene" » . Operazione chirurgica nella selva Ma Chunchi non è che l'inizio . La sua destinazione è la selva, in mezzo ai Shuar . Eccola dinuovo in viaggio, a cavallo, a piedi, per montagne selvagge oltre i tremila In piena selva ecuadoriana . metri, in una solitudine paurosa rotta soltanto da urla di fiere e strida di uccelli, talvolta sotto torrenti di pioggia . Un viaggio estenuante nella selva, dentro una vegetazione inverosimile e inestricabile, che non lascia penetrare il sole, su un fondo viscido e fangoso, e il martirio degli insetti . Come Dio volle, arrivarono a Méndez . Padre Corbellini, capo della missione, e un buon numero di Shuar, accolsero le suore con gioia esplosiva . Ma l'allegria durò poco . In quei giorni due gruppi di indios si erano scontrati duramente, e la figlia del1' Unt (capo) era stata ferita da una pallottola . L'avevano portata alla missione, ma nessuno si era sentito capace di farei qualcosa . Allora l' Unt con aria minacciosa si era rivolto al missionario nel suo spagnolo approssimativo a base di gerundi : «Tu curando, noi aiutando ; tu non salvando, noi a tutti morte dando » . Non c'era da scherzare . Gli sguardi si volsero disperati a suor Maria . « Ma io non sono un chirurgo balbettò - . E poi, con quali strumenti ? » . « Lei operi - tagliò corto madre Ispettrice -- . Noi andremo tutti in cappella a pregare » . La pallottola aveva perforato il braccio sinistro e si era conficcata nel seno già da quattro giorni . La ragazza (dodici o tredici anni) bruciava di febbre . Suor Maria chiuse gli occhi per un attimo, invocò Maria Ausiliatrice . Poi ordinò che facessero bollire dell'acqua, preparassero tintura di iodio e asciugatoi puliti . Si lavò scrupolosamente le mani, trasse di tasca un coltellino e lo sterilizzò alla fiamma . Passò la tintura su tutta la zona da operare, poi diede un taglio deciso . La pallottola schizzò fuori e cadde sul pavimento . Scoppiarono risate formidabili : gli indios saltavano di gioia, dandosi grandi pacche sulle spalle . Quella notte il tuntui, il tamburo degli Shuar, annunciò a tutti gli abitanti della selva : « È arrivata una stregona più potente di tutti gli stregoni : passo libero per sempre a lei e a tutti quelli che sono con lei » . Le domande dello stregone Ora suor Maria è a Macas . Ha allestito una specie di ambulatorio in una povera capanna, e cura polmoni sibilanti, tossi cavernose, febbri endemiche, deperimenti cronici, piaghe e ferite di ogni genere . « Cosa metti nelle tue medicine che fanno sempre guarire? » domanda il brujo (stregone) . « È un segreto che tu non conosci ci metto la preghiera » . Ce ne metteva davvero tanta, di giorno e di notte . Una fede da trasportare le montagne . E un gran cuore di mamma, assieme a una preparazione scrupolosa, che aveva perfezionato frequentando l'ospedale di Guayaquil . Ma l'isolamento nella selva è spaventoso . Suor Maria era espansiva, affettuosa, generosa, e tuttavia non riusciva a vincere del tutto la paura . Un giorno non ce la fece proprio più . Uscì dalla capanna piangendo, si mise a correre finché arrivò in cima a una collinetta . Voleva essere sola per dar libero sfogo alla sua angoscia . Singhiozzava forte, gridava, gemeva . Suor Manuelita la raggiunse, la prese per mano, la condusse indietro, davanti al Tabernacolo della povera Cappella . Nel colloquio con Dio suor Maria ritrovò calma e coraggio . Ricordò che un giorno aveva scritto : « Quando incontrerò il sacrificio dirò : l'ho voluto io, accettando la vocazione missionaria » . 25 rwa ia ieiiwi a Venne maggio, il mese di Maria . Un pomeriggio le tre suore della missione videro una indietta correre verso di loro . Poteva avere dieci o dodici anni . Accarezzava i loro abiti ; le mani, sorrideva, parlava . Ma che cosa diceva ? Chiamarono una giovane che conosceva la lingua shuar . « Sono fuggita - diceva la ragazzina - . I miei genitori sono morti . Ho tanta paura . Tenetemi con voi » . La tennero . Le diedero un vestitino, un lettuccio, le insegnarono lo spagnolo, le parlarono di Dio . Qualche giorno dopo ne arrivò un'altra . All'inizio dell'anno scolastico 1926-27 le due piccole indie entrarono in classe con le figlie dei coloni . Cadeva una barriera secolare . Un giorno portarono un indio neonato ; la mamma l'aveva abbandonato, perché gobbo . Suor Maria l'accolse come fosse stato suo . Il 18 febbraio 1927 mons . Comin poté battezzare nove piccoli Shuar . Suor Maria mandava una fotografia alla sorella e spiegava : «Vedi dove vivo? In questa capanna si trova la felicità. Vedi queste tre selvaggette ? Quella di mezzo è da poco che è con noi . Aveva paura a farsi fotografare . Le altre due sono già battezzate » . Bambini abbandonati, orfanelle, malati, vecchi, feriti, suore e missionari sfiniti dalle fatiche, la tenevano occupata giorno e notte . Pronta a ogni chiamata, non esitava ad affrontare la selva, attraversare fiumi magari con l'acqua fino al petto . La paura di un tempo era scomparsa, la sua forza era la preghiera . Grosse difficoltà venivano dai colonizzatori . Erano abituati a trattare gli indios come esseri inferiori a loro servizio, e non potevano perdonare ai missionari di insegnare che tutti siamo uguali davanti a Dio, che tutti abbiamo dei diritti fondamentali che debbono essere rispettati ; e li ostacolavamo in tutti i modi . Ma suor Maria non era il tipo da lasciarsi intimorire . Si recò dal «tenente politico » e gli ricordò che aveva il dovere di difendere i diritti di tutti, senza distinzione di pelle . E continuò imperterrita il suo insegnamento . Un giorno il tuntui annunciò una novità straordinaria : alla missione un indio e una india, istruiti e battezzati, avevano celebrato le nozze di loro propria volontà . Un fatto inaudito : mai fino allora una ragazza 26 shuar aveva potuto scegliere libera- mente il marito . Ora questo diritto veniva affermato, e nascevano le prime famiglie cristiane shuar . Alla fine del 1930 suor Maria scrisse nella sua relazione annuale : «Abbiamo 7o alunne nelle classi elementari ; 8o ragazze, e fidanzate o spose nel laboratorio per esterne ; 2o kivarette e 8 orfane bianche interne ; 200 kivari al catechismo » . 1932 . Di porta in porta, da una capanna all'altra, Macas è scossa da una notizia improvvisa : madre Maria parte . Le donne corrono alla missione : « È vero suor Carlotita ? » . Suor Carlotita non ha bisogno di rispondere : ha gli occhi rossi e gonfi di lacrime . Madre Maria non c'è, è andata a vedere un malato grave . Le donne decidono di aspettarla . Dicono : « Come faremo senza di lei?* E ricordano, in coro : suor Maria le aveva curate durante l'epidemia, aveva rimediato a ferite gravissime, guarito piaghe croniche, anche quando i medici non sapevano più cosa fare . Andavano da lei a confidarle tutto, anche le cose più segrete ; perfino gli uomini si confidavano con lei . Sempre pronta a donare tutto quello che aveva . E sempre col rosario in mano . Lo sapevano tutti : si alzava alle quattro, e faceva un'ora di adorazione prima delle pratiche comuni . Ogni sera la Via Crucis . In certi momenti, quando non sapeva proprio più come cavarsela, correva in Cappella, pregava a lungo, e la soluzione veniva . Gli indios l'amavano più che una mamma . Una volta, guadando un fiume, aveva corso serio rischio di annegare . L'indio che l'accompagnava, lottando come un toro contro la corrente, era riuscito a trascinarla a riva . Poi si era gettato a terra singhiozzando : «Ah, madrecita, che paura ho avuto di perderti ! Se tu morivi, che sarebbe stato di noi?* . Un'altra volta era partita con un giovane indio per visitare un vecchio ammalato, molto lontano . Al ritorno, stanchissima, aveva dato un gemito ed era svenuta . Il giovane la trascinò sull'erba e le tenne la testa sulle ginocchia, piangendo come un bambino . Quando suor Maria riaperse gli occhi «Ah, madre Maria gridò pieno di gioia -, sei viva, sei viva ! Che felicità ! » . Ora suor Maria doveva partire . Passò sei anni a Guayaquil, tra i civilizzati . Sua madre da Corteno le scrisse di non tornare più nella selva . Rispose : «Non lo chiedo, perché voglio proprio fare la santa volontà di Dio . Ma se i superiori mi mandano, con tutto il cuore ci vado : il mio pensiero è sempre alla missione » . E quando i superiori vollero che tornasse a Macas, scrisse dinuovo « Qui con gli indios mi trovo molto, molto contenta : molto più che a stare nella città di Guayaquil in mezzo all'aristocrazia . Qui, in questa selva, lontana da tutte le bugie del mondo, catechizzando, curando infermi, allevando poveri bambini, mi sento veramente felice . . . » . Ma «Quante volte mi trovo in mezzo a voi col pensiero ! Quante volte desidero vedervi, sentirvi, parlarvi . Quanto desidero abbracciare la cara mamma e dirle tantissime cose ! Tutte le volte che penso ad essa piango, sentendola tanto lontana . . . Ai piedi di Gesù mi consolo . Uno sguardo al Crocifisso mi dà vita e ali per lavorare . . . » . Un giorno arrivò un indio sconosciuto che le disse : «Vieni presto, mia moglie è molto ammalata » . Era tardi, questa volta suor Maria esitava . L'indio insistette, disse che non era lontano . Suor Maria afferrò la valigetta del pronto soccorso e lo seguì . Cammina, cammina . Venne notte . D'improvviso la selva risuonò di spari, di urla . L'indio disse : «Aspettami qui » ; e scomparve . Rimase sola, in mezzo alla selva, nel buio della notte, senza conoscere la strada del ritorno . Che fare ? Prese a recitare il rosario . A un tratto si trovò davanti un cagnolino bianco . Carino! Lo accarezzò, e continuò a pregare . Il cane le addentò la falda dell'abito, e prese a tirare . Suor Maria lo seguì un poco, poi si fermò incerta . Ma quello dinuovo a tirare . «Ebbene, vengo con te, diamine . Vediamo dove mi conduci » . La condusse davanti alla missione . Le due suore la stavano aspettando, preoccupate . « Date qualcosa da mangiare a questo ca . . . » . Le morì la parola in bocca . Era scomparso . Suor Maria ricordò che anche a Don Bosco in momenti difficili Dio aveva mandato un cane, il «grigio» . In quegli anni la seconda guerra mondiale massacrava milioni di esseri umani . Nella selva la cronaca registrava : «Una kivara ci porta una bambina di due anni senza mamma . . . Riceviamo una kivaretta di otto Il disastro aereo in cui peri suor Troncatti . mesi . . . una di sei anni . . . una bambina di tre anni . . . cinque fratellini rimasti orfani . . . una figlia di nove anni . . . una di diciannove . . . » . « Madrecita, ma come facciamo a sfamare tante bocche ? ». «Ci vuole fede, diamine!* . uue aerei neri Gli anni passano . Suor Maria ha ormai varcato i 6o . Novembre 1947 . Si diffonde una notizia strabiliante : ci sarà un servizio aereo per la selva . Bisogna preparare le piste di atterraggio . L'anno dopo, il 24 aprile, la foresta è scossa da un rombo pauroso . «Per la prima volta - registra la cronaca - due magnifici aeroplani atterrano in questa missione ». Il 2 ; agosto suor Maria Troncatti salì per la prima volta sull'aereo, e volò a Quito per gli Esercizi spirituali . Guardò dall'alto la selva insidiosa con i suoi ponti malsicuri, i fiumi vorticosi, i serpenti . Finiti i viaggi interminabili in mezzo a tanti pericoli . Cominciava un'era nuova . Suor Maria passò gli otto giorni del suo ritiro quasi esclusivamente in Chiesa a ringraziare il Signore . Inginocchiata presso l'altare, col capo leggermente appoggiato all'orlo della mensa . Nella selva arrivò la prima jeep, si impiantò la luce elettrica, una stazione radio, un mulino, una trebbiatrice . Si coltivava razionalmente il terreno, si allevava il bestiame, si cominciava a disporre di un vitto meno povero e scadente . Due shuar, sposandosi, vollero dimostrare la loro riconoscenza a suor Maria regalandole una mucca . Suor Maria la regalò subito a un povero indio rimasto solo : « È tua, - gli disse - e tuo è il primo vitello . Ma il secondo sarà mio, e così di seguito, uno a te, uno a me . Ti va ? » . Quando il vitello pattuito arrivava, suor Maria lo regalava a un'altra famiglia povera alle stesse condizioni . Una catena di carità . La nonnina dice : « va 16 febbraio 1953 . Suor Troncatti compie settant'anni . La sua fibra, provata da tante fatiche e da qualche malattia, non è più quella di una volta . Viene esonerata dal peso della direzione, e mandata a Sucùa . La sua direttrice è giovane, spesso non sa come cavarsela, allora si confida con lei . « Non si preoccupi - risponde suor Maria - . Vado a pregare . Tutto si aggiusterà » . Dal canto suo, non si risparmia . Vengono a chiamarla a mezzogiorno . « Mio padre sta male, ma non vuole che nessuno lo curi se non lei » . Suor Maria potrebbe dire : « Ho le gambe gonfie, non posso più camminare » ; oppure : « Lasciami almeno mangiare un boccone, poi verrò » . Dice semplicemente : « Vamos », e parte con la sua valigetta di medicinali . La chiamano affettuosamente abuelita, nonnina . Tutti : i bianchi, gli indios, le suore, i salesiani, che debbono alle sue cure materne e alla sua bontà soprannaturale il ricupero delle forze fisiche e non di rado anche di quelle morali . I Shuar si uniscono in Federazione . Suor Maria ne è entusiasta : le sembra che l'avvenire dei suoi cari indios sia meno insicuro . In Italia è nata l'Operazione Mato Grosso . Arriva fino a Sucùa . Il 20 ottobre 1968 suor Maria scrive alla sorella : « Sedici giovani, sei ragazze e due sacerdoti sono venuti a lavorare proprio nella nostra missione di Sucùa, da quattro mesi . Hanno fatto una casa grande, hanno messo una radio trasmittente ; hanno portato tante medicine, curato tanta povera gente, vestito tanti poveri . . . Mi hanno detto : "suor Maria, noi le paghiamo il viaggio, la portiamo in Italia a rivedere i suoi" . Io li ringraziai, ma sono troppo vecchia . In Paradiso staremo vicini e godremo per tutta l'eternità, a Dio piacendo . . . ». La morte v 25 agosto 1969 . Suor Maria ha 96 anni . Deve recarsi a Quito per gli Esercizi spirituali . Sale con altre due suore su un aereo della compagnia TAO . I motori sono già accesi, il pilota ha premura e parte immediatamente . Pochi secondi, poi la tragedia . L'aereo si schianta su un campo a 50o metri dalla pista . I piloti si sono gettati nel vuoto . Una suora si ritrova in piedi fra i rottami, l'altra è nella morsa delle lamiere contorte . Suor Maria è distesa sull'erba . Dio è venuto a prenderla . La radio dà la triste notizia a tutto l'Ecuador : « Un aereo si è schiantato al suolo . Portava tre suore . Una è morta sul colpo, suor Maria Troncatti » . Una sciagura nazionale . Al funerale c'erano tutti, anche le mamme con i bimbi in fasce, anche i vecchi appoggiati al bastone . Singhiozzavano come se fossero morti padre e madre insieme . Sulla tomba, una grande croce con queste parole : « Suor Maria Troncatti, F .M .A ., incomparabile interprete della bontà di Cristo » . PIETRO AMBROSIO (Sulla figura di MARIA TRONCATTI è stato pubblicato il volume « Selva, patria del cuore*, di M . D . Grassiano) . 27 Ii NEL MONDO SALESIANO ~` ~w1 .. A MAF BORGOFRANCO-LIVORNO : GEMELLAGGIO MISSIONARIO C'è un «laboratorio missionario» a Borgofranco d'Ivrea, fondato dalla signora Broglio, che mobilita le donne di buona volontà dei piccolo paese ai piedi della Serra, e le impiega in un prezioso lavoro di retrovia per aiutare i missionari . L'iniziativa, segnalata dall'Agenzia Notizie Salesiane e dal Bollettino, ha avuto una piacevole conseguenza . È successo che le donne di buona volontà della parrocchia San Pio X (via Donnini, 167) di Livorno, hanno letto la notizia, e hanno deciso di mettere su anche loro un «laboratorio missionario» . Col parroco don Luciano hanno scritto domandando informazioni, e chiedendo se potevano fare un salto su a Borgofranco per vedere con 28 i propri occhi . Certo che potevano . Perciò andarono, incontrarono la signora Broglio e le sue 150 «missionarie», e presero nota di tutto . Ora, messo su il loro laboratorio, hanno invitato a loro volta la signora Broglio . Che ha passato una giornata a Livorno, ha visto le donne della parrocchia al lavoro . « Per me è stupendo - dice . - Ho visto tutta la passione e l'animazione che ci mettono, lo spirito di comunità e di fratellanza da cui sono animate . E penso come sarebbe bello se potessimo risvegliare tutto il mondo così . Se tutte le parrocchie facessero altrettanto, la fame dal mondo sparirebbe ». Perciò le parrocchie di Borgofranco e Livorno hanno stretto alleanza e hanno firmato un «gemellaggio», in attesa che altre donne di buona volontà si uniscano a loro : per aiutare il lebbrosario di Tura in Assam, per le missioni della Tanzania, per i profughi del Pakistan . Eccetera . Da Livorno viene quindi una conferma : c'è nel mondo un grande capitale di buona volontà ; a volte mancano idee per metterlo a frutto ; ma anche una modesta notizia pubblicata su un modesto periodico può suggerire queste idee . Poi, da cosa nasce cosa . (ANS) MONS . MARENGO ALLA NUOVA DIOCESI DI TURA La Santa Sede ha dismembrato dall'archidiocesi di Shillong-Gauhati il territorio di Tura erigendolo in diocesi suffraganea, e ha nominato il vescovo salesiano mons . Oreste Marengo suo amministratore apostolico ad nutum . Nato nel 1906 a Diano d'Alba (Cuneo), mons . Marengo è assamese di elezione. In Assam ha fatto il noviziato (1923) e gli studi filosofici e teologici, è stato nominato sacerdote e ha lavorato ininterrottamente fino a oggi . Tempra di iniziatore, è stato il primo vescovo di Dibrugarh, il primo vescovo di Tezpur, e ora ricomincia nella nuova diocesi di Tura . NUOVI STATUTI E REGOLAMENTI PER EXALLIEVI E COOPERATORI Si intensifica in questi mesi il lavoro per la stesura del nuovo «Statuto degli Exallievi di Don Bosco» e del nuovo «Regolamento dei Cooperatori» . In fase di avanzata preparazione si trova già lo Statuto degli Exallievi . Una sua prima stesura è stata inviata ai Consigli Nazionali del movimento, che hanno formulato le loro osservazioni . Lo Statuto consta di tre parti : una Dichiarazione iniziale sull'identità dell'Exallievo di Don Bosco, lo Statuto vero e proprio, e un documento aggiunto contenente norme pratiche . Il Regolamento dei Cooperatori è invece ai suoi primi passi . II 7 e 8 aprile si è riunita in Roma una commissione tecnica, di cui facevano parte rappresentanti dei vari rami della Famiglia Salesiana ed esperti provenienti da Italia, Francia, Spagna e Portogallo. La commissione ha preso in esame il piano del documento, lo ha discusso e ha proposto correzioni . Ora esso risulta articolato in due parti : una Regola di Vita («Chi siamo noi Cooperatori»), e Norme per l'Associazione («Come siamo organizzati») . La Regola di Vita, per il contenuto s'ispira a tutta una serie di documenti precedenti, che vanno dal Regolamento preparato a suo tempo da Don Bosco alle deliberazioni dei Capitoli Generali Salesiani (specie dei due ultimi) . Questo aggiornamento di Statuti e Regolamenti si rendeva indispensabile per dare nuovo slancio a Exallievi e Cooperatori . (ANS) PUBBLICAZIONI SALESIANE NOVITA LDC - 10096 TO-Leumann 1800 CHILOMETRI SUL REO NEGRO Alle 9 usciamo di casa . Dovremo affrontare un viaggio sul Rio Negro di circa 1800 chilometri . La lancia e il battello attendono a riva : carichiamo sacchi e cassette contenenti viveri che distribuiremo nei vari villaggi . Il motore del battello non funziona bene : per due volte siamo costrette a fermarci : il meccanico lavora febbrilmente : noi preghiamo e speriamo . Si riprende la navigazione, ma alle due dopo mezzanotte un forte urto ci sveglia : il battello si è incagliato . Si resta bloccati per più di un'ora . L'alba . Lungo la riva, di quando in quando, sorgono piccole case sparse : gli abitanti accorrono e ci salutano festosamente da lontano . Il viaggio si prolunga per circa un mese e mezzo . Al terribile «passo della Cachoeira » siamo costretti a lasciare lancia e battello che, dagli indios, sono tirati con grosse corde al lato opposto della collina . Noi, coi cuore in gola, dalla sponda cominciamo lentamente a salire . Non c'è alcun sentiero, né terra, né filo d'erba, ma solo scogli aguzzi e lisci . Posiamo i piedi in piccole buche ; una distrazione o la perdita d'equilibrio ci lancerebbero a picco nelle acque agitate e minacciose. Dall'alto gli indios ci incoraggiano con timidi sorrisi : nessuno ci viene incontro perché l'aiuto stesso potrebbe complicare l'ascesa e renderla fatale . Da Tunui a Tapiraconta impieghiamo otto ore sotto la pioggia . Nel battello entra acqua, la togliamo continuamente con . . . una scodella . Qui la natura è triste ; non vi sono né alberi, né persone, né uccelli . Finalmente verso sera avvistiamo cinque capanne abbandonate. Decidiamo di passarvi la notte . È una notte veramente missionaria, di sofferenza e di offerta . Numerosi insetti ci assaltano : entrano nella pelle e producono un forte prurito ; è necessario toglierli uno ad uno con la punta dell'ago! Tanti sacrifici e tanti rischi trovano ricompensa. Approdiamo nei villaggi, c'intratteniamo con gli abitanti, facciamo catechismo, preghiamo insieme, ascoltiamo i loro problemi . L'accoglienza è ovunque cordiale, però il tono di vita cristiana è più sensibile là dove si trovano exallievi ed exallieve che hanno ricevuto una buona formazione negli internati salesiani e nostri . Ad Arari Pirà un bravo ragazzo, Francesco, lavora seriamente. Se ne vedono gli effetti . Desidera che battezziamo un suo fratello. Gli domando se è preparato . Sorride : - Ho fatto del mio meglio . Adesso o lo battezzi tu, o lo battezzo io! Nella borgata di Uapuì sono tutti cattolici . Incontriamo due nostre care exallieve . Una di esse, Emilia, ha sposato il figlio del «capo», Samuele . Ha un bel bambino di appena dieci giorni . -- Vorrei battezzarlo subito - mi dice Samuele . - Come lo chiameremo? - Scegli un bel nome - rispondo . - No, sceglilo tu . - Non ti piacerebbe chiamarlo Paolo ? È il nome del Papa . - È bello . Qui nessuno ce l'ha . Ora da lontano penso con affetto a quel piccolo bambino . Sono felice che lungo le rive del Rio Negro un piccolo Paolo cresca come un ricordo vivo del Papa . 8r. M . ROSA MERONI - F .M .A . Temi di pastorale della famiglia, a cura di L. Baracco . Pag . 272 . L. 2000 Quattro parti : Preparazione al matrimonio e fidanzamento - Amore coniugale e vita familiare - La famiglia "Chiesa domestica' - L'aborto, violenza contro la persona umana . I temi sono stati studiati e discussi durante due corsi semestrali di specializzazione tenuti a Torino, dai migliori esperti di problemi matrimoniali e familiari in Italia . C . Fiore - A . Paoli, Giovani pop . Pag . 184 . L . 1000 I giovani danno una valutazione spietata sui loro contemporanei . II discorso investe la società, la contestazione giovanile, l'appoggio dei giovani alla costruzione di un mondo nuovo . Arturo Paoli conclude tracciando un quadro vigoroso e profetico della migliore gioventù . G . Barra, Il sentiero dell'Horeb . Pag . 152 . L . 1000 È vero che i giovani hanno riscoperto la preghiera ? E che significa per loro pregare : evadere dal loro impegno terrestre o calarsi più profondamente nella pasta umana quotidiana? In questo volumetto le esperienze di preghiere di Spello, Bose, ecc . e le testimonianze vive dei giovani . P . Hamon, Chi sei tu, Maria? Pag . 280 . L . 1700 Tre parti : ciò che la gente dei nostro tempo pensa di Maria ; ciò che la Chiesa pensa di Maria ; interrogativi e risposte . In questo tempo in cui sono in forte ribasso i sentimentalismi e le forme puerili di devozione, questo libro intende dare il senso profondo della vera devozione alla Madre del Signore . B . Bartolini, Maria, madre di un figlio che cresce - Maria, madre dell'uomo nuovo. Ciasc. L . 200 . Sono rispettivamente 7 celebrazioni mariane di preghiera per ragazzi e 7 per giovani . ALTRE NOVITA Aborto problema d'oggi . Pag . 72 . L . 280 - Ed . SDB - Viale dei Salesiani 9 - 00175 ROMA . Un sussidio contro la campagna per rendere legale l'aborto . Contiene : il testo della legge Fortuna, l'insegnamento della Chiesa, affermazioni di scienziati e teologi . M . Molineris, Miracoli di Don Bosco . Pag . 480 . L . 1500 È una rassegna delle principali grazie e guarigioni operate da Don Bosco in vita, in morte e dopo morte . È il terzo volume della collana « La vita di Don Bosco in fatti» . 29 PER I PICCOLI VIETCONG I Salesiani di Dalat (Vietnam del Sud) lavorano anche in un carcere che raccoglie 600 Vietcong minorenni . Alcuni di essi sono battezzati, ma quando c'è una Messa accorrono tutti a vedere . Nella foto : durante la Messa, un giovane prigioniero riceve la Comunione, mentre gli altri osservano con stupore . IL RETTOR MAGGIORE A CASERTA II 6-7 maggio 1973 la Casa salesiana di Caserta ha celebrato il 75° della sua fondazione e insieme ha festeggiato la Beatificazione di Don Rua che di quella casa fu l'iniziatore . I vari discorsi commemorativi hanno permesso di ripercorrere le vicende dell'opera salesiana, e di rievocare le figure più significative della sua storia . È stata ricordata la prima benefattrice dell'opera, la signora Laserre, originaria di Pau nei Pirenei, che si può dire visse per la gioia di quel gesto generoso : per 23 anni aveva capitalizzato i frutti del suo lavoro e messo insieme il necessario alla costruzione dell'opera salesiana . È stato ricordato Don Rua che accettò l'offerta della signora Laserre, si recò a Caserta nel '96 per la posa della prima pietra, e vi tornò per l'inaugurazione nel '98 . t stato ricordato il tragico eccidio perpetrato il 28 settembre 1943 per rappresaglia dalle truppe tedesche, di quattro indifesi Salesiani che i casertani hanno voluto commemorare con una via intitolata ai « Martiri Salesiani» . La visita del Rettor Maggiore e le tante manifestazioni di amicizia tributate dai convenuti ai festeggiamenti, sono un giusto premio ai Salesiani di Caserta che da 75 anni lavorano per la gioventù della città . (ANS) NUOVO VESCOVO SALESIANO L'Osservatore Ror>i o del 25 maggio pubblicava : « II Santo Padre ha eretto, con territorio distaccato dalla Diocesi di Dibrugarh (India) la Diocesi di Kohima-Imphal . . . Ha inoltre nominato Vescovo di Kohima-Imphal il reverendo sacerdote Abraham Alamgimattathil, della Società Salesiana di San Giovanni Bosco, Vicario Generale di Dibrugarh » . A don Abraham un cordialissimo «buon lavoro», nel nuovo ministero cui 30 lo chiama 13 Chiesa . 1 BOLLETTINI SALESIANI : UN MILIONE DI COPIE L'Ufficio Stampa Salesiano ha condotto recentemente un'inchiesta sui Bollettini Salesiani che si pubblicano in tutto il mondo . Ecco i dati più significativi emersi dall'inchiesta : Il Bollettino Salesiano è attualmente pubblicato in 13 lingue : croato, fiammingo, francese, inglese, italiano, malayalam (India), maltese, olandese, portoghese, sloveno, spagnolo, tamul (India), tedesco . I più antichi Bollettini Salesiani sono stati fondati da Don Bosco stesso : le edizioni italiana e francese . Quattro risalgono all'800 : italiano (1877), francese (1881), irlandese (1892) e tedesco (1895) . La tiratura dei vari Bollettini è assai disparata : dalle 360 mila della edizione italiana, giù giù fino alle 800 del Bollettino Salesiano indiano in lingua Tamul . La tiratura complessiva annua supera di molto gli 11 milioni di copie, quella mensile si avvicina alle 950 mila copie . L'«OSCAR DON BOSCO» A ROMA Non si tratta, evidentemente, del premio che si dà ogni anno ai migliori interpreti e registi del cinema . La statuetta di Don Bosco premia invece a Roma ogni anno « i tre ragazzi in gamba» dell'anno, scelti tra gli alunni delle scuole elementari e medie, che hanno risposto ad un intelligente questionario sulla vita di San Giovanni Bosco . La festa di quest'anno si è celebrata il 6 maggio scorso, nell'istituto salesiano di Via Marsala . Sono convenuti centinaia di ragazzi, dalle scuole di Roma ma anche da città e paesi lontani : da Pescasseroli a Cassino, da Civitavecchia a Frosinone . La consegna degli «Oscar» è stata allietata da canti corali, balletti in costume, canzoni romanesche . «L'Oscar Don Bosco - ha scritto l'Osservatore Romano è un piccolo seme gettato con generosità dai Salesiani, che certamente darà i frutti attesi per una società migliore» . IL VANGELO IN PERSIANO MODERNO Il salesiano don Natale del Mistro, vicario della diocesi di Teheran, ha tradotto il Vangelo in lingua persiana moderna . II volume, che costituisce in se stesso un notevole fatto culturale, prende posto in un programma più vasto di opere destinate all'evangelizzazione . (AN S) MICROREALI11A1IONI MISSIONARIE Mi presento come l'incaricato dell'Ufficio Missionario . Ho speso 34 anni in India e sono pertanto a conoscenza dei problemi missionari e del bisogno di aiuti per portare a termine i diversi progetti che i missionari s impongono per far fronte alla povertà ed alla miseria che li circonda e li avvolge . Ho pensato di presentare ai lettori del Bollettino Salesiano, nella luce della strenna del Rettor Maggiore, delle Microrealizzazioni, per far pervenire ai nostri Missionari i necessari aiuti, di cui ci fanno continua richiesta . Vuole essere questo un modo concreto per prepararci a celebrare nel 1975 il Centenario delle Missioni Salesiane . Proporrò delle Micro di modeste proporzioni e vi invito a mandare il vostro aiuto a : Padre Giuseppe Baracca - c .c .p . N . 2 /36 546 Club dei Centomila - Opere Don Bosco Via Maria Ausiliatrice 32 10152 Torino, specificando la Microrealizzazione . Daremo mese per mese un resoconto sulle Micro . Eccovi la Micro di questo mese : [A MICRO DEI MESI N. 1 a Corea del Sud . Kurodong, alla periferia di Seoul, capitale della Corea del Sud . RESPONSABILE : Padre Paolo Bahillo SDB . OGGETTO : Dormitorio per giovani operai . Occorrono ancora 2 milioni per terminarlo . COSTO : DESCRIZIONE : Fu incominciato due anni fa e da più di un anno tutto è fermo per mancanza di mezzi per finirlo . Centinaia di giovani arrivavano dalla campagna in cerca di lavoro . Appena arrivati e prima di trovare un lavoro (il più delle volte ci vogliono dei mesi) questi ragazzi non sanno dove andare . Se riescono a trovare un po' di lavoro, rimane loro ancora il problema dell'alloggio . Molti di loro devono rimanere sulla strada o rifugiarsi in posti così affollati e poco salubri che ne va di mezzo la salute . È per venire incontro ai bisogni di questi giovani che Padre Bahillo ha pensato di costruire un centro giovanile, dove i giovani operai trovino un posto di riposo, pace e sollievo, dove si rifacciano delle dodici lunghe ore del lavoro giornaliero . È penoso pensare che un dormitorio così necessario non possa essere portato a termine . Per salvare il progetto occorre si proceda a tutto ritmo al completamento dell'opera . Intendiamo quindi aiutare P . Bahillo a terminare la sua «via di salvezza » per tanti giovani . 31 NAZIONE : LOCALITA : PER INTERCESSIONE DI MARIA AUSILIATRICE DI SAN GIOVANNI BOSCO UNO SCHIANTO NELLA NEBBIA Più volte nella mia vita ho ricevuto per intercessione di Maria Ausiliatrice e San Giovanni Bosco delle grazie che hanno del prodigioso ; ma una specialissima risale al dicembre del '72 . Mio figlio viaggiava con la sua «500» quando, per la fitta nebbia che da più di una settimana gravava sulla pianura, andò a incastrarsi sotto un pullman di servizio . La macchina fu ridotta in stato da demolizione ; chi vide pensò che gli occupanti fossero morti . Invece tanto mio figlio quanto la giovane che era con lui riportarono soltanto traumi cranici che con quindici giorni di ospedale, sotto le amorevoli cure dei sanitari, guarirono senza lasciare conseguenze. Anche i più scettici sono usciti in espressioni come queste : « lo credo poco, ma qui c'è proprio un miracolo della tua Ausiliatrice» . Ringraziamo la cara Madonna e Don Bosco, che invochiamo ogni giorno con fiducia . Saluggia (Vercelli) OLGA GARIONE IN BARBERIS UNA MEDAGLIA E TANTA FEDE Mi ero recata a trovare mio padre, che da qualche tempo stava poco bene . Improvvisamente, lo vidi venir meno . Non seppi far altro che invocare la Madonna, e mettergli al collo la medaglia di Maria Ausiliatrice . Proprio in quel momento arrivò mio fratello, che gli praticò la respirazione artificiale ; poi lo portammo subito in ospedale . Si trattava di trombosi, con semiparalisi, accompagnata da forte febbre. I medici dissero che non c'era più niente da fare, solo un miracolo lo poteva salvare . Allora chiedemmo alla Madonna la sua intercessione uniti nella preghiera : la mia famiglia, le suore e le novizie della mia comunità, e tutti quelli che ci conoscevano . Ebbene, dopo aver ricevuto i Sacramenti mio padre cominciò a stare meglio ; la febbre scomparve, e dopo un mese è tornato a casa . Ha ripreso a camminare e ora si spera nella guarigione completa . Siamo tanto riconoscenti alla nostra cara Ausiliatrice. Palermo SUOR ADELE SAMMARTINO, F.M.A . mi consigliò di metterlo sotto la protezione di San G . Bosco : mi diede una medaglia per lui, e mi raccomandò di pregare tutti i giorni il Santo dei giovani . Non passò una settimana che venne accettato come apprendista in un garage, sebbene non avesse un titolo di studio sufficiente . Si è subito affezionato al lavoro, è diventato calmo e tranquillo, e ha ripreso gli studi nella scuola serale . Don Bosco, continua a proteggere mio figlio! Paarl, USA (lettera firmata) UN BAMBINO DI OTTO ANNI DOVEVA MORIRE A mio nipote di otto anni fu casualmente riscontrata una tumefazione al braccio destro. I medici diagnosticarono trattarsi di ciste o di fibroma, per cui si rese necessaria l'operazione . Ma insieme sorsero dei sospetti sulla natura del male, per cui fu consigliato l'esame istologico . Valenti professori di anatomia patologica e dell'Istituto tumori dissero che si trattava di tumore maligno . Inutile dire l'angoscia dei genitori, che sono medici, e di tutti i parenti . Con fiducia pregai Maria Ausiliatrice perché ottenesse dal Signore il miracolo contro tutte le umane speranze . Qualche giorno dopo il ragazzo fu sottoposto a un altro intervento, fu riesaminato il tessuto, e lo stesso professore che aveva prima riscontrato tumore maligno, lo trovò immune da qualsiasi malattia . In fede Casalnuovo (Napoli) MONS. VINCENZO PASSARO È TORNATA Al SUOI LAVORI DI CASA Una mia carissima exallieva era tra la morte e la vita . Inutile ogni rimedio . I dottori pronosticavano prossima la fine . Angosciata, le consigliai una novena a Maria Ausiliatrice e a San Giovanni Bosco . Prodigio : man mano che i giorni passavano, l'ammalata migliorava . Al termine della novena i medici costatarono, stupiti, la guarigione . Ora è tornata ai suoi lavori di casa . Di cuore ringraziamo i nostri Santi, implorando la loro continua assistenza . Alessandria SUOR MARIA RINALDI, F.M.A . L'ANSIA DI UNA MAMMA Mio figlio era intento al piazzamento di una ringhiera nella sua abitazione a cinque metri dal suolo, quando all'improvviso cadde, sotto gli occhi atterriti di quanti gli stavano vicini . Andò a finire a terra tra il trattore e alcuni massi, senza riportare ferite, ma soltanto un grave stato di choc. In quel momento io stavo pregando Maria Ausiliatrice e Don Bosco, perché mi era venuta una strana ansia . Ringrazio per questo favore che mi sembra miracoloso . Torino MARIA BA/MA UN FIGLIO FUORI STRADA Quante notti insonni passai a causa di mio figlio! Provai a metterlo in collegio, ma dopo un anno non vollero più accettarlo . Tornò alla scuola di stato, ma i compagni lo rovinarono completamente e prima del termine dell'anno si fece espellere . Non vedevo più speranze per il suo avvenire . Col cuore pieno di angoscia, mi recai dalle Suore, che già tante 32 volte mi avevano dato aiuto e conforto . La signora Direttrice « Una nostra insegnante laica desidera ringraziare pubblicamente Maria Ausiliatrice per una grazia che le stava tanto a cuore . Abbiamo pregato tutte Maria Ausiliatrice e siamo state esaudite» (Sr. Filomena P., Ve/%re, India) . CI HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE Agnese Giacinta (S . D . Savio) - Albertozzi Giuseppe - Andreoletti Terzi Armida - Aspesi Enrica (S . D. Savio) - Austori Maria e Anna - Bagnati Ersilio e Luciana - Barale Pietro e Elide - Barbieri Mercedes - Baudo Piccardo Irene (S . D . Savio) - Benvegnu de Dea Gabriella - Bertucci Antonella - Bianchi Luigi - Bordignon Roberta - Bonsangue Pietrina - Bottini Alfonsina - Brovia Lucia - Bucci Anita ved . Rombai - Calia Lucia - Cangrano Francesca - Capra Luigi - Carcasola Antonina - Carani Angela Cardullo Nunziatina - Carlomagno Caterina - Carrel Cecilia - Casassa Dilia (S . D . Savio) - Castoro Famiglia - Cavallo Caterina - Cereda Laura Luigi (S . D . Savio) - Chesta Felicina - Chironna Grazia - Ciompellini Bruna - Colonna Ferdinanda - Conti Antonia - Corbo Caterina - Corrado Virginia - Costa Camilla - Costarella Caterina - Cozzani Adele - Curlante Maria - Dafflitto Smina - D'Amico Pina - Danna Emilio - Dellarovere E DI ALTRI SANTI E SERVI DI DIO UN PO' DI CONFORTO PER UNA MAMMA Mia figlia era prossima alla maternità, e io l'avevo raccomandata tanto a San Domenico Savio . Un giorno non la vedemmo venire in negozio, e allora con un altro figlio mi recai a casa sua. La trovammo in preda a convulsioni . Fu subito trasportata in clinica . I medici non mi nascosero che era gravissima, ma speravano di salvarla col taglio cesareo, dato che era in atto un blocco renale. L'operazione riuscì, ma sopraggiunsero crisi e convulsioni tali che i medici disperavano di salvarla . Non so dire la mia angoscia, tanto più che ero ancora nel lutto per un'altra figlia, uccisa in un incidente proprio davanti a quella clinica . Invocavo l'aiuto di Dio con tutto il cuore, interponendo in modo speciale l'intercessione di S . D . Savio . Le crisi la lasciavano cianotica e senza forze, ogni volta sembrava la fine. I medici e gli infermieri si prodigavano con tutti i mezzi a loro disposizione ; un po' alla volta le crisi presero a diminuire di frequenza e di intensità . Poi cadde in un sonno pesante e prolungato, da cui riemerse lentamente : riprese conoscenza, ma non la memoria . Ora è a casa, e sta rimettendosi rapidamente in forze . Anche la memoria si sta ridestando . Grazie di cuore al caro santino! Boltiere (Bergamo) LUIGIA MAZZOLENI IN ROSSI « Il professore aveva detto ai miei che forse avevo un tumore al fegato, e data la mia età l'operazione si presentava molto difficile . Allora ho pregato San Domenico Savio . L'operazione è andata bene, si trattava di calcoli . Ora sono tornata a casa e sono guarita » (Anna Giacosa, Savigiiano, Cuneo) . LE PIO BELLE FRA MOLTE GRAZÌE Vorrei segnalare almeno le più belle tra le molte grazie che ho ricevuto in questi dieci anni per intercessione del Servo di Dio Don Filippo Rinaldi . Nel 1962 fui trasportata d'urgenza all'ospedale in gravi condizioni . Nonostante la gravità del male, mi sentivo tranquilla, perché avevo affidato il mio caso a Don Rinaldi, e le novizie lo pregavano intensamente con me. Dopo due mesi potei lasciare l'ospedale e riprendere lentamente le mie occupazioni . Ma nel 1966 dovetti essere di nuovo ricoverata d'urgenza : era ricomparso il male, con altre com- Margherita - De Lucia Elisabetta - Denarier Benedetto - Di Fede Santa - Dinoi Addolorata - D'Ottavio Rosa - Facchi Agnese - Ferrara Lina Ferrarini Angela (S . D . Savio) - Fini Elena - Fiore Laura - Flesia Mariagrazia - Fossati Anna - Garancini Emilia - Gallo Annamaria - Gattà Assunta - Giaccone Matilde - Gidaro Virginia - Giorgis Teresina - Glavinaz Franco e Leonia - Gonella Alessandro - Gribaudo famiglia - Gualfredo (a D. Rinaldi) - Lamera Isabella - La Sorte famiglia - La Vaccara Margherita (S. D . Savio) - Leggiero Olimpia - Lombardi Rasaria - Lorandini Angese - Maccagnan Maria - Mangiapane Lio Pino e Pina - Marchesi Cora - Maroccolo Gian Gaetano - Mascia Assunta - Mattei Carla - Messano Trofimena - Migliaccio Serafina - Molaro Liliana (S . D . Savio) Montante Michela - Mori Scotuzzi Franca - Morra Rosa - Musurca Flora - Nardella Michelina - Natele Lidia Aiello - Negro Rosa - Nuvoloni Giu- plicazioni, per cui i medici disperavano di salvarmi . Ma io continuavo a porre la mia fiducia in Don Rinaldi : « Pensaci tu », gli dicevo . E anche questa volta me la cavai, con gioia e meraviglia dei medici che mi avevano curata con tanta dedizione . Poco dopo, un altro guaio : cataratta agli occhi . Al Policlinico di Padova il professore non voleva operarmi, perché l'analisi del sangue non era rassicurante . Ma io lo assicurai che Don Rinaldi avrebbe fatto quello che la scienza non poteva . Subii due interventi, e ora ci vedo bene, posso ancora lavorare e rendermi utile . L'anno scorso il figlio dell'autista della nostra scuola materna rimase vittima di un grave incidente . La sua macchina andò a sbattere contro un platano, e tu portato all'ospedale in tin di vita . lo dissi alla mamma : « Non disperi . Preghiamo Don Rinaldi, lui otterrà il miracolo» . Di fatto, contro ogni speranza, il ragazzo cominciò a riprendersi : medici e infermieri costatavano il prodigio giorno per giorno . In breve poté lasciare l'ospedale, quasi completamente guarito . Sono certa che Don Rinaldi non lascierà la grazia incompleta . Lozzo Atestino (Padova) Sr. GIUSEPPINA FURLAN, F.M.A . LA GIOIA DI UN FIGLIO MIO Mi sono sposata nel gennaio del 1965, e tanto io che mio marito desideravamo molto aver figli . Ma i mesi passavano invano . Cominciai a consultare un medico dopo l'altro, una diecina . Tutti mi diedero lo stesso responso : sterilità primaria niente da fare, non avrei mai potuto essere mamma . Ero desolata, non poter avere un figlio mio! Visto che la scienza medica non poteva farci nulla, parlai con mio marito sulla eventualità di adottare un orfanello . Però prima provammo a pregare Don Filippo Rinaldi . Sapevamo del suo straordinario intervento in favore del signor Pena, e cominciammo con fervore una novena, promettendo di pubblicare la grazia sul Bollettino e di chiamare la nostra creatura col nome di Filippo se fosse stato un maschietto, o col nome della mamma di Don Rinaldi, se femminuccia . Nel marzo del 1971 accusai una molesta indisposizione e mi recai a farmi visitare da una dottoressa . Immaginate la mia sorpresa e la mia gioia quando, dopo attenti esami, essa mi disse che sarei diventata mamma 1 Difatti, in agosto mi nacque un bimbo sano e robusto, una meraviglia I Ormai ha due anni, ed è la nostra gioia . Valparaiso (Cile) CARMEN BUSTAMANTE DE CARRASCO seppe - Olivari Matilde - Orsini Renato - Pallaro Giovanni - Parodi Lorenzo - Pasquini Alma - Patrone Luciana - Peduzzi Giuseppina - Perina Maria Perret Truc Irma - Pilleri Angela - Piperata Gironda (a D . Rua) - Pisanti Lia e Michele (S . D. Savio) - Ponzio Franca - Prestiani Grazia - Rado Rita - Ricciardolo - Righi Vittorio - Rinaldi Augusta (S . D . Savio) - Rivasi Antonietta - Rizzo Maria - Roncarolo Antonio - Ronzoni R . (S. D. Savio) - Rusconi Lorenza - Sacco Rosa (a D . Rinaldi) - Sandretto Marietta - Sarti Clementina - Schiavini Angelo - Sgandurra Carmelo - Simone Ester Spacesi Giovanna - Spinolo Battezzati Letizia - Stefani Celestino (a Srugi) - Stramaglia Angela - Tabarelli Angelina (a D . Bosco) - Testa Caterina (Zefferino Nam .) - Timpano Annunziata - Tomasini Sandra - Trentin Lina - Trucco Luigi - Vallenga Mina - Vernieri Ferdinando - Vicario Piera (a D . Rua) - Visconti Matilde - Zanni Paolina - Zanzola Lucrezia Francesca - Zoppi Maria . 33 SALESIANI DEFUNTI t Sac. Pietro Garnero a Campinas (Brasile) Era nato in Argentina da famiglia italiana, e a 17 anni aveva scelto di dedicare la sua vita alla gioventù tra i salesiani di Don Bosco. Compiuti gli studi, e ordinato sacerdote nel 5934, attirò l'attenzione dei superiori per il suo profondo spirito di pietà e per l'entusiasmo con cui lavorava tra i giovani . Così ben presto gli furono affidati posti di responsabilità: fu direttore e poi ispettore. Nel Capitolo Generale del 1965 fu nominato Visitatore di alcune Ispettorie del Sud America, compito che disimpegnò con grande spirito di sacrificio . Tutti coloro che l'hanno incontrato sono stati colpiti dalla gentilezza del suo tratto e dalla sua straordinaria bontà, che era l'espressione esterna di una vivissima pietà. Non pochi religiosi devono la salvezza della loro vocazione alla sua comprensione umana e soprannaturale, che indirizzava con fiducia totale all'Ausiliatrice e a Don Bosco . I viaggi lunghi e faticosi, anche ad altezze impervie, finirono per logorare il suo nobile cuore . Nel Capitolo Speciale del 1975 chiese di essere esonerato dal suo ufficio . Poté così tornare in Brasile, ove già era stato ispettore, con l'umile ufficio di confessore . Ma ormai il cuore non ce la faceva più . Nonostante cure e interventi chirurgici accettati con coraggio, don Garnero ci ha lasciati per congiungersi alla grande famiglia salesiana del Cielo . t Coad. Giuseppe Calvi a S . Paulo (Brasile) a 91 anni . Ricordava con gioia la professione fatta nelle mani di Don Rua, di cui imitava lo spirito di lavoro e di unione con Dio . Lasciò la patria (era della provincia di Bergamo) per il Brasile nel 1901, e fu in diverse case amministratore attivo e fedele, stimato da tutti per la sua laboriosità, bontà e comprensione . Una vita umile e lieta, che si potrebbe scrivere a vera edificazione di tutti, e terminata con fiducioso abbandono alla volontà di Dio . t Coad. Giovanni Murtas a Ancona a 89 anni . Dalla sua Sardegna attinse un carattere forte e vigoroso, permeato di commovente gentilezza . Assolse per molti anni gli umili uffici di dispensiere e di sacrestano con impegno e diligenza, soprattutto nella nostra parrocchia di Ancona, alla quale era stato destinato dal lontano 1945 . Confratelli e parrocchiani ammiravano in lui un profondo spirito di pietà, un forte attaccamento alla Congregazione, e una particolare devozione a Don Bosco e ai suoi successori, tra i quali prediligeva don Rua e don Rinaldi . t Sac . Olinto Calussi a Macerata a 57 anni . Ci ha lasciati nel silenzio della sua cameretta, per un attacco improvviso del male che da mesi lo aveva colpito . Una esistenza lineare : aveva attinto dai genitori, con la nutrita schiera dei fratelli, una fede semplice e robusta, schiettezza e buon senso, intuizione e arguzia . La sua vocazione salesiana maturò per merito di mons . Luigi Olivares, che lo entusiasmò per la vita sacerdotale e pagò tutte le spese per i quattro anni di aspirantato . Sua caratteristica era la povertà, che significava non soltanto rinuncia ai beni materiali, ma distacco da ogni cosa : dal successo, dal prestigio, dai riconoscimenti umani, dal suo interesse personale, e dalla vita stessa, di cui sapeva la fine imminente . t Coad. Nazareno Frattali a Roma a 78 anni . Passò la maggior parte della sua vita salesiana all'istituto Pio XI come educatore e formatore dei giovani nell'arte del vestito, nella quale era un vero maestro, poi, come infermiere . Fece il corso, conseguì il diploma, e cominciò da buon samaritano a curare le piaghe del corpo e insieme a lenire le pene dello spirito . Senza fare cose straordinarie, semplice e laborioso, ha compiuto la sua missione . t Sac. Vito Guarisco a Palermo a 88 anni . Mise a disposizione dei giovani tutte le sue belle doti e i suoi titoli di studio come insegnante e maestro di musica . Soprattutto, svolse un'intensa attività sacerdotale nel ministero della Parola e delle confessioni, anche negli Istituti delle Figlie di M . A . Ottimismo, gioviale cordialità, salesianità semplice e autentica lo rendevano elemento di coesione tra i confratelli, ricercato da alunni ed exallievi . t Sac. Francesco Burger a Benediktbeuern (Germania) a 65 anni . Di lui parleremo in un prossimo numero . COOPERATORI DEFUNTI t Maria Antonio Grazíuso a Brindisi a 103 anni . È certamente la decana tra tutti i cooperatori! Ha speso bene la sua lunga vita : la animava una fede genuina e forte, che diventava preghiera, lavoro, bontà verso tutti, specie verso i familiari che la circondavano di attenzioni e di affetto quasi religiosi . Finché poté continuò a compiere lavori di fine ricamo per la chiesa, alternandoli con pie letture e lunghe preghiere . Poi la corona del rosario rimase l'unica occupazione dei suoi giorni, che si chiusero in Dio . t Avv. Bruno Vítantonio a Brindisi a 68 anni . Fu sindaco della città, presidente della giunta parrocchiale della Cattedrale, vice presidente della « San Vincenzo n, e in ogni attività diede chiara testimonianza di fede cristiana . Come sindaco amministrò con giustizia e imparzialità, sempre pronto a prodigarsi per tutti senza distinzione di idee o di classe sociale . Nelle attività parrocchiali fu guida intelligente e pratica, zelante e generoso, specie in favore dei poveri, di cui difendeva gli interessi, prodigandosi con slancio nonostante i vari mali che ne minavano la salute e che lo portarono alla tomba . t Salvatore Amato cav . Spartà a S . Domenica Vittoria (Messina) a 85 anni . Exallievo di Randazzo e cooperatore, fece studiare i suoi quattro figli nello stesso collegio di Randazzo, perché si nutrissero di quell'amore all'Ausiliatrice e a Don Bosco che lo accompagnò per tutta la vita . Si è spento cristianamente dopo aver dedicato le sue energie alla famiglia e all'amministrazione del paesello natio, ove fu per moltissimi anni sindaco . t Giovanna Rizzato a Thiene (Vicenza) a 81 anni . Passò quasi improvvisamente da questa vita alla Casa del Padre, preparata e purificata dalla sofferenza e dalla preghiera . Educò alla fede e all'amore cinque figli, uno dei quali, don Egidio, è diventato sacerdote nella famiglia di Don Bosco . Visse con esemplarità la beatitudine evangelica della povertà dello spirito . t Carlo dr . rag. Mazzucco a Alessandria a 78 anni . Fu allievo del Collegio salesiano di Borgo S . Martino, compagno di don Giovine, negli anni i9o8-Io, e si distinse per la riuscita negli studi . Rimase sempre molto affezionato al suo collegio, e divenne presidente dell'Associazione Exallievi, entusiasta e attivo . Uomo di carattere retto, tutto di un pezzo, visse per il lavoro e la famiglia, illuminato da sincera devozione all'Ausiliatrice e a Don Bosco . t Vincenzo rag. Corcíone a Torre Annunziata (Napoli) a 78 anni . Nobile figura di professionista, umile e buono, animò la sua opera terrena con la fede convinta e con l'incessante ricerca del bene del prossimo . Famiglia e lavoro, fede e onestà furono il tessuto di tutta la sua vita . Amò profondamente Don Bosco e la famiglia salesiana, e seppe accettare la sofferenza e la morte con inalterabile serenità interiore . a Ravenna a Renata Venere Brandolíni 75 anni . Sorella di mons . Vincenzo, già vicario della diocesi ravennate, amò come lui intensamente Don Bosco e le sue opere, per le quali volle lasciare parte dei suoi beni . Fu donna di preghiera . Iddio la venne a prendere mentre sola in casa, recitava il santo Rosario . t Rina Cerrato in Barra t a Torino a 68 anni . Era una donna buona, sincera, generosa, incapace di malizia . Il lavoro e il sacrificio furono compagni costanti della sua vita . Sempre pronta a disturbarsi per gli altri, specie se ammalati, non disturbò mai nessuno, neanche nell'ultima malattia che la portò inaspettatamente alla morte . Era cooperatrice assidua dell'opera salesiana, anche nel laboratorio Mamma Margherita, devota di Don Bosco e di Domenico Savio . t a Piossasco (Torino) a Luigina Pronello 58 anni . È vissuta per la sua famiglia, nell'umiltà di un lavoro assiduo e sacrificato, sorretta da una fede profonda e da una pietà fatta di continua preghiera . Era devotissima di Maria Ausiliatrice, ed ebbe la gioia di donare una figlia, Sr . Maria Teresa, all'Istituto che ne porta il nome . La Madonna le diede la forza di sopportare i dolori dell'ultima malattia, e la volle con sé proprio il giorno della sua festa, il 24 maggio, mentre nella Basilica di Torino si celebrava la Messa solenne . a Falicetto di Verzuolo Pietro Quaranta (Cuneo) a 87 anni . Fratello di Sr . Maria Teresa di Gesù, della quale è in corso la causa di beatificazione, condusse una vita laboriosa ed esemplare . t t Vincenza Margaría Rivoira a Falicetto di Verzuolo (Cuneo) a 64 anni . Exallieva delle F .M .A ., molto affezionata all'opera salesiana . Donna di fede e di lavoro, visse nella preghiera e nel sacrificio . Antonio dr. Bosco t a Carmagnola (Torino) . Era molto devoto di Don Bosco, e affezionato cooperatore . Aiutò quanto poté le opere salesiane, specialmente le missioni, istituendo parecchie «borse missionarie # . Emma Raby a Carmagnola (Torino) . Cooperatrice zelante e generosa, diede il suo contributo di carità e di preghiera al lavoro dei salesiani . Amava filialmente Maria Ausiliatrice, e si era preparata con molta serietà unità a grande fiducia all'incontro con il Signore . t ALTRI COOPERATORI DEFUNTI Alzira Barberini ved . Acuti - Cipriano Andrei - Angela Barberis Raimondo - Marsilio Barsacchi - Elia Bifani - Vittorina Faroppa . L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, eretto in Ente Morale con Decreto 12 gennaio 1924, n . 22, può legalmente ricevere Legati ed Eredità. Ad evitare possibili contestazioni si consigliano le seguenti formule : Se trattasi d'un legato : « ... lascio all'istituto Sa/esiano per /e Missioni con sede in Torino a titolo di legato la somma di Lire . .. (oppure) l'immobile sito in . . . ». Se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l'Istituto, la formula potrebbe essere questa : « .. . Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria . Nomino mio erede universale ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo» . 34 (luogo e data) l'istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, lasciando (firma per esteso) BORSECOMPLETE Borsa : Isidoro Spanò e Teresa Palma a cura dell'Orfanotrofio Salesiano di Marsala (Trapani), L . 50 .000. Borsa : Per uno studente povero aspirante alle Missioni a cura di Amneris Zenith, Rebbio (Como), L . 50 .000 . Borsa : Don Bosco e Don Rua intercedete per noi a cura di N . N., Domodossola (Novara), L . 50 .000. Borsa : Maria SS. Ausiliatrice ap- a cura del dott . Cesare Mancini, Porto S. Giorgio (Ascoli. Piceno), L. 50 .000. Borsa : S. Giovanni Bosco in memoria e suffragio dei miei defunti e di me stesso, a cura di Antonio Naccari, pianate e risolvete il mio difficile caso nel migliore modo per me, a cura di As- Mileto (Catanzaro), L. too .ooo. Borsa : Maria SS . Ausiliatrice in suffragio di Luigi Fontana, a cura di Livia Fontana, Chiaverano (Torino), L. roo .000. Borsa : SS. Trinità di Dio e Maria SS. Madre di tutta l'umanità a ricordo e suffragio dei nostri genitori e sunta Chirico, Reggio Calabria, L . 50 .000 . Borsa : Maria SS . Ausiliatrice a cura di Marisa Mariani, Novara, L . 50 .000 . Borsa : A favore di un Chierico missionario povero a cura di Clelia Ferrari, Como, L. 150 .000. Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e Don Bosco a cura di Anna Rita Carducci, Gualdo Cattaneo (Perugia), L . 50.000 . Borsa: Maria SS . Ausiliatrice e Don Bosco invocando protezione e salute per mio figlio, a cura di N. N ., Calestano (Parma), L. 50 .000 . Borsa: Gesù, Maria, Giuseppe e Santi Salesiani, a cura di A. M. P ., Valdagno (Vicenza), L . 50.000 . Borsa: Maria SS . Ausiliatrice e Don Rua per avere tutte quelle grazie che il Renzo e Maria Colombano, Vignale Monferrato (Aless .), L. 50.000 . Borsa : Maria SS . Ausiliatrice proteggeteci sempre, a cura delle famiglie Bossetti, Turbigo (Milano), L . 50.000 . Borsa : Maria SS . Ausiliatrice, a cura di Mauro Bernasconi, Milano, L . 50.000 . Borsa: In onore di Maria SS . Ausiliatrice con animo riconoscente per promessa fatta, a cura di Adriana Marcosanti, Bologna, L. 50.000 . Borsa: Cav. Giacomo Dolza festeggiato dai suoi cari nel 70° compleanno, a cura della famiglia Dolza, L. 5o .ooo. Borsa : Suor Lucia Bardo F .M .A ., a cura dell'Ex Oratorio di Villa Moglia, Chieri (Torino), L . 50.000 . mio cuore desidera, a cura La Spezia, L . 50 .000 . di N. N ., Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e Don Bosco per grazia di cui ho tanto bisogno, a cura di Adele Invernizzi, Cavaione (Milano), L . 50 .000 . Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco, a cura di Giuseppe e Filomena Canta, Arco Felice (Napoli), L . 50 .000. Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e Don Bosco, a cura di Carla Iannaco, Compiobbi (Firenze), L. 50 .000 . Borsa : Maria SS . Ausiliatrice per un allievo missionario povero a suffragio di una persona a me tanto cara, a cura di R . C., Mondovì (Cuneo), Lire 100.000 . Borsa : Maria SS . Ausiliatrice, S. Giovanni Bosco e Papa Giovanni XXIII invocando la loro protezione, la grazia di una buona vita e per ottenere una santa morte, a cura di N. N ., Ticino (Svizzera), L . 63 .000 . Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e Beato Don Rua invocando aiuto e protezione in vita e in morte per i miei cari e per me, a cura di Sofia Spinelli Grass, Zurigo (Svizzera), L . 72 .000 . Borsa : Papa Giovanni XXIII e Don Manfredi in onore di Maria SS. Ausiliatrice, a cura dei coniugi Manfredi Cerisola, Mondovì (Cuneo), L . 50.000 . Borsa : Maria SS . Ausiliatrice, Beato Don Rua e Don Simonetti, fratelli Orecchia, Torino, L. 50 .000 . Borsa : Mons. Cimatti in suffragio di Paola Nicolello, a cura dei fratelli Orecchia, Torino, L . 50 .000. Borsa : Don Michele Rua per implorare grazie, a cura di N. N., L. 5o.000 . Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e Beato Don Rua, a cura di I . P . V ., Legnago (Verona), L . 50 .000 . Borsa : Don Filippo Rinaldi, a cura dei coniugi Martina, Bagnolo Piemonte (Cuneo), L . 50 .000 . Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e S . Giovanni Bosco per una grazia, a cura di Annetta Pedrazzoli, Pieve di Sacco (Padova), L . 50 .000 . Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco in suffragio delle Borsa : S . Giovanni Bosco, a cura di Francesca Basano, Cavallermaggiore (Cuneo), L. 50 .000. Borsa : Ringraziando Maria SS . Ausiliatrice e S . Giovanni Bosco, a cura di Carla B ., L. 50.000 . Borsa : Per la protezione dei miei cari, a cura di Fernando Cirani, Genova, L . 50.000 . Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e consolatrice, a cura di Adele Peyrache, Torino, L. 50 .000 . Borsa : Maria SS. Ausiliatrice in Borsa : S . Cuore, Maria SS . Ausiliatrice e tutti i Santi Salesiani in ringraziamento per grazia ricevuta, a cura di Ines Bonelli, Grado (Gorizia), L. 50 .000 . Borsa : Gesù Sacramentato e Maria SS . Ausiliatrice, a cura di Paola ladanza, Roma, L . 50.000 . Borsa : Idem come sopra. Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco in riconoscenza e anime più bisognose delle famiglie Nigrone e Frigeri, a cura di Maria Ni- grone, Como, L. ioo .ooo . Borsa : Don Michele Rua per grazia ricevuta e per invocare protezione sulla famiglia, a cura di Giannina Nerini, Suna (Novara) . L . 50 .000 . fratello Arturo, e dell'anima cara di Cesare Gaudio, a cura della famiglia Borsa: Maria SS . Ausiliatrice, a cura di N . N ., Vercelli, L. 5o .o00. Borsa: Maria SS . Ausiliatrice per grazia ricevuta, a cura di Rino e Mariuccia Marconi, Torino, L. roo .ooo. Borsa: Maria SS . Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco per il bene della mia anima, a cura di N. N ., Roma, L . 50.000 . Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco in ringraziamento ed invocando continua protezione, a cura di S . A . D ., L . 50 .000. Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco perché continuino a proteggerci, a cura di Giordano Bressan, Villaverla (Vicenza), L. 50 .000 . Borsa: Ringraziando ed invocando una grande grazia da Maria SS . Ausiliatrice, a cura di N . N ., L. 50 .000 . Borsa : In ringraziamento alla Madonna di Loreto, a cura dei coniugi Aghem, Torino, L . 50 .000 . Borsa : Maria SS . Ausiliatrice in ringraziamento ed in attesa di altra grazia, a cura di A. G., L . 50 .000. Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e Don Bosco vi affido Silvio, a cura di N. N ., L . 50 .000. Borsa : In ringraziamento alla Madonna ed a S . Giovanni Bosco, a cura di Giuseppe Bertone, Frossasco (Torino), L . 50 .000. Borsa : Don Pietro Farina in suffragio di Carla Nicolello, a cura dei memoria e suffragio di Bosio Virgilio, a cura di N. N ., L . 50.000 . Borsa : Maria SS . Ausiliatrice, S . Giovanni Bosco e Don Filippo Rinaldi, a cura di Giovanni Peretti, Orbassano (Torino), L . 50 .000 . Borsa : Maria SS . Ausiliatrice, Don Bosco e Sacro Cuore per i vivi e per i morti, a cura di F. M ., Maggiate Superiore (Novara), L. 50 .000 . Borsa : Per i defunti Mella e Andreani, a cura rispettivamente di figlia e nipote, Novara, L . 50 .000 . Borsa: Papa Giovanni XXIII e S . Biagio chiedendo preghiere, a cura di Evelina D'Erme, Roma, L . 50.000 . Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e S . Giovanni Bosco per ottenere una grazia, a cura di Annetta e Giacomina Pedrazzoli, Pieve di Sacco (Padova), L. 50 .000. supplicando protezione ed aiuto spirituale e materiale, a cura di Giustina Pollini, Pelugo (Trento), L . 50 .000 . Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco, a cura di Caterina Coraglia, Mondovi Piazza (Cuneo), L . 50 .000. Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco, a cura di Felicita Moretti Franchi, Offiaga (Brescia), L. 53 .000 . Borsa : Grazie Maria SS . Ausiliatrice, grazie S . Giovanni Bosco, a cura di N. N ., Piacenza, L . 50 .000 . Borsa : Maria SS . Ausiliatrice, S. Giovanni Bosco e Don Rua, a cura di Margherita Castellino, Villanova Mondovì (Cuneo), L. 50 .000 . Borsa: Regina del Rosario a ricordo e suffragio dei miei cari e dei defunti di numerose famiglie offerenti, a cura di Teresa Ferrero, Moretta (Cuneo), L . 50 .000. Borsa : Gruppo Polifonico Don Bosco, a cura di don Celso Masper, (coanxvn) Ancona, L. 50 .000. BOLLETTINO SALESIANO Si pubblica il 1' del mese per la Famiglia Salesiana; il 15 del mese per i Dirigenti dei Cooperatori S'invia gratuitamente ai Cooperatori, - Benemeriti e amici delle Opere di Don Bosco Direzione e amministrazione : via Maria Ausiliatrice, 32 - 10100 Torino - Tel . 48.29.24 Direttore responsabile : Teresio Bosco Autorizz. dal Trib. di Torino n . 403 del 16 febbraio 1949 Per inviare offerte servirsi del C . C. Postale n . 2-1355 intestato a : Direz . Generale Opere Don Bosco - Torino e C .C.P.1-5115 intest. a Dir. Gen . Opere D. Bosco- Roma Per cambio d'indirizzo inviare anche l'indirizzo precedente Spediz. in abbon. postale - Gruppo 2° (70) - 11 - quindicina w Z 0 SEI: Speditemi contrassegno (più spese postali) n . copie di: Spett. 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