organo della famiglia salesiana

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organo della famiglia salesiana
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ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCVII • N . 17 • 1" SETTEMBRE 1973
Spediz . in abbon . post. - Gruppo 2° (70) - 7 ° quindicina
il QUESTO NU
2 . Una scuola clandestina per tutti
6 . Tuo fratello campesino
10 . Dalla Sicilia un barone santo
11 . Quattro vegliardi di Don Bosco
12 . Su carta blu i drammi dei poveri
16 . Una fetta di foresta per vivere
18 . Un'ora sotto la pelle di un negro
22. Quando i giorni erano tutti festivi
scuola
Moltissimi uomini credono di essere liberi, di
avere «le loro idee» . Invece appena aprono
bocca ci si accorge che hanno le idee del « Corriere della Sera», di Nicola di Bari, di Mike
Bongiorno, di Antonioni . Sono «andati a
scuola» tutti i giorni, e senza accorgersene
hanno imparato bene la lezione .
23 . La tragedia della sete
24 . Dentro l'oceano verde
oi crediamo che i nostri ra-
gazzi vadano a scuola soltanto
N
quando entrano in un'aula sco28 . Nel mondo salesiano
29 . Pubblicazioni salesiane
31 . Microrealizzazioni missionarie
32 . Grazie per l'intercessione di M . Ausiliatrice e dei nostri Santi
34 . Salesiani e Cooperatori defunti
35 . Crociata Missionaria
Due piccoli campesinos sulla Sierra
dell'Ecuador (foto De Censi) . Vedi
servizio a pag . 6.
BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCVII - N . 17 - Settembre 1973
Direttore Responsabile
DON TERESIO BOSCO
Redazione
DON PIETRO AMBROSIO
DON CARLO DE AMBROGIO
Impaginazione
Luigi Zonta - Ufficio Tecnico SEI
Direzione e Amministrazione
Via Maria Ausiliatrice, 32
10100 Torino
Officine Grafiche SEI
lastica, con tanto di banchi e di
lavagna . Invece, sia loro che noi,
anche se non ce n'accorgiamo,
siamo sempre a scuola.
Apriamo il giornale : nel raccontare il suicidio della signora
che, al quarto piano, stanca della
vita e della solitudine, ha aperto
il gas, il giornalista ci insegna le
sue idee sulla vita : se è il caso
• non il caso di farla finita, perché
si vive, perché si muore, la solitudine e la stanchezza perché ci
pesano addosso, ecc .
Apriamo la radio : Nicola di
Bari che canta una canzonetta,
ci dà una lezione sull'amore : se è
l'unica cosa bella della vita o se
è un tormento continuo, se il
cuore è fedele o se è uno zingaro,
se un « lui » può avere molte
«lei », ecc .
Apriamo la TV : Mike Bongiorno che presenta il Rischiatutto ci dà una lezione sul denaro
• sul lavoro . Un sacco di gente
che s'è rotta la schiena per mantenere la famiglia, che' tira la lira
per pagare il fitto e la lavatrice
a rate, vede il Mike che grida
saltellando : «Un milione ! Un applauso al signore che rischia un
milione ! ». E subito dopo : « Risposta esatta ! Ha guadagnato un
milione! Evviva! ». E tutta quella
gente pensa, con una punta di
invidia o di avvilimento, che per
lei il denaro ha significato fatica
• pena, mentre « adesso » basta
una rispostina e tutto è fatto . E
gli adolescenti si domandano : « Vale
la pena lavorare? Non è meglio
affidarsi alla fortuna, al totocalcio,
ai quiz, e (perché no ?) a un piccolo furto che risolva tutto? ».
I registi, nostri maestri
Andiamo al cine : ogni pellicola
(anche se non lo sappiamo) è una
lezione di vita . Il regista, gli attori,
attraverso le immagini ci comunicano un «messaggio », cioè un
insegnamento . Charlie Chaplin ci
dirà che per essere uomini veri
occorre solidarietà e bontà, slancio
generoso verso i poveri e i deboli .
Fellini, con il suo tormentoso susseguirsi di sogni e di incubi, ci
dirà che l'uomo è angosciato, profondamente disperato, che non
sappiamo proprio più perché viviamo . I registi di Hollywood, i
cui films sono penetrati capillarmente in tutto il mondo negli ultimi 45 anni, e che la TV italiana
mette in onda con molta generosità,
ci suggeriscono una concezione di
vita superficiale, fondata sul denaro e il successo materiale, con
sentimenti poco profondi e una
moralità perbenistica e piuttosto
ipocrita : quella concezione di vita
che oggi viene chiamata piccoloborghese . Un mucchio di registi
più recenti, meno famosi e più
affamati, ci insegnano che per
essere felici occorre ubriacarsi di
sesso, di denaro, di vita violenta .
Giornali, radio, dischi, TV, cinema sono chiamati oggi MASSMEDIA, cioè « mezzi per influenzare la massa » . La massa siamo
noi . Usando « bene » quei mezzi,
i politici, gli industrialoni, i po-
cl~nheStina
tenti, possono insegnarci quello
che vogliono, farci credere ciò che
vogliono, trasformare noi e i nostri adolescenti da «uomini liberi »
in «consumatori tranquilli» .
Anche sulla religione e sulla
Chiesa questa gente ci «informa» .
Ma notizie e persone sono quasi
sempre
incomplete, deformate,
tendenziose . In una serie di film
volgarmente ridanciani, preti, frati,
suore sono presentati come gente
corrotta, ipocrita, perfino oscena .
Moltissimi uomini credono di
essere, liberi, di avere « le loro
idee » . Invece appena aprono bocca
ci si accorge che hanno le idee
del Corriere della Sera, di Nicola
di Bari, di Mike Bongiorno, di
Antonioni . Sono « andati a scuola »
tutti i giorni, e senza accorgersene
hanno imparato bene la lezione .
T più esposti ad assorbire le
« lezioni » dei mass-media sono gli
adolescenti, perché sono forniti di
scarso « senso critico ».
Malattie da mass-media
La medicina moderna sta scoprendo gruppi di malattie che derivano da determinati fenomeni
della vita moderna . Esistono le
malattie da inquinamento : bronchiti croniche, anemie, epatiti virali, emicranie . . . ; le malattie da
automobile : nervosismo eccessivo,
flaccidità, infarti . . . ; le malattie da
rumore, da catena di montaggio,
ecc .
Gli psicologi hanno scoperto nei
nostri adolescenti alcune malattie
da mass-media, specialmente da
cinema : malattie che non danno
febbre, né costringono a prendere
antibiotici, ma che feriscono nel
profondo la personalità degli uomini . Esse colpiscono coloro che
usano con troppa frequenza e senza
senso critico i mass-media, specialmente coloro che diventano dei
« patiti » dello schermo cinematografico .
Evasione,
un mezzo per consolarsi
Gli adolescenti sentono spesso
più degli adulti la fatica di vivere .
La scuola diventa dura, in famiglia le relazioni con papà e
mamma si fanno tese, nascono
nuovi problemi e nuove sensibilità . Per consolarsi di questa fatica (a volte molto pesante) gli
adolescenti cercano di evadere, cioè
di dimenticare la vita reale immergendosi in una vita di fantasia :
sognano ad occhi aperti, leggono
montagne di fumetti con avventure violente e impossibili, vanno
al cine con la maggior frequenza
possibile . Ci sono . adolescenti che
si vedono la stessa pellicola tre
o quattro volte di seguito .
La vita sullo schermo e sulla
pagina del fumetto è vivace, avventurosa, fatta di colpi di scena
continui . Giorni, mesi ed- anni
(che nella vita bisogna vivere minuto per minuto) qui sono saltati con la massima disinvoltura .
Il guaio capita alla fine del fumetto o all'uscita della sala cinematografica : lo scontro con la
vita vera, ordinaria, spesso grigia,
che ha pochissimi colpi di scena,
è uno scontro durissimo . L'adolescente (che dovrebbe essere aiutato a scoprire la gioia e la bellezza
della vita reale) si trova più solo,
sfiduciato, irritato, triste . È malato di evasione .
Divismo, una malattia
per personalità deboli
Una recente inchiesta condotta
da psicologi specializzati, ha chiesto a 32 mila adolescenti europei :
« Descrivi la persona alla quale
vorresti assomigliare » . Se si prendono in esame soltanto i 4800
intervistati italiani, i risultati dell'inchiesta sono i seguenti : il
18,6% degli adolescenti del nostro
Paese trova il suo «tipo ideale »
in un compagno ; il 14,2 % in un
divo dello spettacolo, dello sport,
della canzone ; l'r 1 ,3 % vorrebbe
assomigliare a un componente della
sua famiglia ; il 5,3 % vorrebbe
imitare nella vita qualche eroe,
antico o moderno (da Garibaldi
a Kennedy) ; il 3 % trova il suo
« tipo ideale » in qualche personaggio dei fumetti . Seguono altre
percentuali .
Una delle conclusioni che gli
esperti hanno tratto da queste
cifre è che il 17,2 % dei nostri
adolescenti è malato di divismo
(14,2% spettacolo, sport, canzone
e . 3 % fumetti) .
È una percentuale molto brutta .
Quasi un quinto dei nostri adolescenti non ha come ideale di vita
un personaggio valido," positivo,
affascinante, ma vuole imitare un
« divo », cioè un sottoprodotto
dell'industria dei mass-media, un
personaggio falso, fatuo, irreale .
Ma non sono solo gli adolescenti
4
ammalati di divismo : i divi dello
schermo, della canzone, della vita
brillante alimentano la cronaca
quotidiana, ora banale, ora tragica, ora nauseante . I « paparazzi »
sono in continua caccia della foto
scandalistica, o almeno stuzzicante .
E così i rotocalchi di serie B
grondano ogni settimana di notizie sugli scandali, le bizze, le
asinerie dei divi nazionali e internazionali . I giornalisti e ~ « paparazzi » si difendono affermando
che il pubblico « ha diritto di sapere » . Ma non è questo il punto .
Gli ammalati di divismo, attirati
dai titoli provocanti, comprano il
rotocalco, e portano soldi a chi
produce il giornale . Si obbedisce
così soltanto alla legge delle tirature e dei conti in banca : cose
da gente mediocremente civile .
Una delle conseguenze più negative del divismo è che la personalità prepotente (e falsa) del
divo schiaccia la debole personalità del suo tifoso (chiamato fan) .
Ognuno di noi ha una sua personalità originale, con tratti ben caratteristici . Il fan, invece di sviluppare questa sua personalità facendosi convinzioni proprie, maniere di agire e di comportarsi
autonome, scimmiotta il divo : fa
il duro alla Marlon Brando, si
pettina alla Mastroianni, cammina
alla Claudia Cardinale, ride alla
Franco Franchi, e vedrà la vita
con gli occhi, le idee e la mentalità
dei divi e delle dive .
Solipsismo, una maniera
per diventare ansiosi
La maniera più umana di divertirsi è «divertirsi insieme» . La
solitudine, l'isolamento (nel vivere, nel lavorare, nel divertirsi)
provocano l'ansia, l'angoscia, rendono a poco a poco insopportabile
la vita .
Il cinema è per sua stessa costituzione un divertimento che isola .
Si è soli davanti allo schermo,
anche se la sala buia è piena di
persone, si è soli ad assorbire quelle
avventure, a ridere o a commuoversi . Quasi identica è la situazione di chi legge valanghe di
fumetti .
Usare troppo di un diverti-
mento solitario (come appunto il
cinema e il fumetto) può portare
la nostra personalità a «piegarsi
su se stessa » : una malattia che gli
psicologi chiamano con una parola difficile solipsismo, e che provoca ansia, angoscia, addirittura
pazzia .
Gli adolescenti sono già portati
per la loro età a isolarsi . L'abuso
di cinema e di fumetti può aggravare questa loro situazione .
Livellamento di massa
pensare in serie
Lo spettatore nella sala cinematografica buia, e il telespettatore
davanti al video, sono in una condizione onirica, cioè vicina a quella
del sogno . In questa condizione
si ha un abbassamento dei poteri
di controllo della coscienza e un
abbassamento del senso critico .
Questo permette un'assimilazione
più facile dei contenuti offerti dagli
spettacoli .
La partecipazione dello spettatore e del telespettatore è profonda dal punto di vista emotivo,
ma superficiale dal punto di vista
dell'impegno personale di scelta
e di critica . Egli assorbe con facilità le idee, i sentimenti, gli atteggiamenti che i produttori hanno
deciso di proporgli . Al «risveglio »,
quanto più la sua personalità è
debole, tanto più sarà convinto
e deciso a seguire gli atteggiamenti
che lo schermo e il video gli
hanno proposto .
È facile perciò capire che esperienze cinematografiche e televisive moralmente e psicologicamente negative, poco per volta
alimentano le inclinazioni negative, sopiscono le reazioni della
coscienza, inclinano alla forma-zione di una società sempre più
«permissiva » . Pio XII affermava
giustamente che « il cinema costituisce lo strumento più formidabile per propagandare attitudini,
sentimenti, costumi e idee » .
I ragazzini, dopo aver «bevuto »
Gringo, si scazzottano nello stile
dei saloon, e fanno crepitare agli
angoli dell'isolato il ta-ta-ta delle
mani spianate in immaginari duelli .
Gli adulti manifestano il fermento
dei germi nuovi in maniera meno
Chaplin ci dirà che per essere uomini veri
occorre solidarietà e bontà verso i poveri
e i deboli.
puerile e simpatica, ma assai più
importante per la vita : i loro apprezzamenti, i loro giudizi, la
visione delle cose, la concezione
della vita, dell'amore, della famiglia, del benessere e del successo, si modellano su quanto
hanno visto proiettato sullo schermo e sul video .
« I nostri films fanno i nostri
ragazzi », scrisse Foreman . Questa
affermazione si può estendere : i
nostri films, la nostra TV, i nostri giornali, i nostri mass-media
insomma, fanno noi, la nostra
maniera di pensare e di agire .
Temperanza e senso critico
A livello sociale questi dati di
fatto pongono gravi responsabilità .
La società deve poter difendere se
stessa, e specialmente i propri adolescenti . Deve avere i mezzi per
garantire a se stessa che la prossima generazione sarà una generazione di uomini, e non di robot
teleguidati da alcuni super-potenti .
Altrimenti la libertà, anche se
proclamata in ogni discorso politico, rimane un mito .
A livello individuale possiamo
indicare due mezzi per salvaguardare noi stessi e i nostri F ragazzi
la virtù umana e cristiana della
temperanza, e il senso critico .
« È certo che l'aumentare dei
mass-media - scrive Paul Mederic - pone con crudezza all'uomo del XX secolo il problema
del loro uso prudenziale . È bene
ricordare una regola d'oro, che
va via via assumendo un significato sempre più pertinente : —Ci
si sa servire di una cosa quando si
è diventati capaci di farne a
meno" . TV, cinema, radio, dischi,
giornali di ogni genere, trovano
la loro misura di apporto all'autentica felicità dell'uomo in una
virtù umana e cristiana che si
chiama sempre temperanza . Gli
abusi, qui più che in ogni altro
campo, fanno correre alla civiltà
il pericolo di essere sopraffatta
dal peso delle sue scorie » .
Temperanza significa uso moderato, significa saper dir basta
quando i mass-media diventano
una droga che avvilisce la nostra
capacità di pensare e di decidere
in libertà .
Accanto alla temperanza occorre
risvegliare e rinvigorire il senso
critico nostro e dei nostri adolescenti . Quando entriamo in una
sala cinematografica, apriamo un
giornale o ci sediamo di fronte
al video, non dobbiamo essere
«pronti a bere* tutto quello che
ci verrà detto . Occorre rimanere
«cittadini liberi », capaci di pensare con la propria testa e di di-
scutere. Discutere, un verbo che
i giovani coniugano in continuità,
non è una mania della nuova generazione . È l'unica maniera per
formarsi le proprie idee e rimanere liberi . Occorre trovare il
tempo di discutere in famiglia,
nell'ambito degli amici, nei circoli dell'oratorio e della parrocchia . Più i mass-media vogliono
farci scolari docili della loro scuola
clandestina, più dobbiamo trovare
il tempo e il coraggio di discutere,
di approfondire, di pensare . Per
rimanere liberi : « La verità afferma la Scrittura - vi farà liberi » .
campo
e.qin
ons . Candido Rada, 68 anni
M.vescovo
di Guaranda (EcuaNel 1975 celebrerà 3o anni
6
dor)
di episcopato . Con il suo fluido
italiano appreso mentre studiava
teologia a Torino, si presenta da
solo
« Da ragazzo ero allievo dei Gesuiti . Mio papà era spagnolo, un
fiero basco-navarro dal temperamento ardente e faceva l'organista
presso i Gesuiti. Allevava con affetto burbero i suoi quattordici
figli . Io ero il tredicesimo . Nacqui
a Punta Arenas, in Cile, ma a
scuola dai Gesuiti andai a Santiago, nella capitale .
« Avevo 8 anni quando un padre
della Compagnia mi domandò così
scherzando se volevo farmi Gesuita . Risposi che da grande avrei
fatto il macchinista del treno .
Avevo fatto, per venire nella capitale, un lunghissimo viaggio in
treno, in un paesaggio fantastico
di montagne e di mare, e condurre
il treno mi pareva la cosa più
grande del mondo .
«Poi conobbi i Salesiani . Ero
un appassionato giocatore di calcio,
e quando ci chiamavano in Chiesa
nascondevo il pallone in qualche
buco . Ma un giorno me lo rubarono . Ottenuto da papà un secondo pallone, cercavo per nasconderlo un posto sicuro . Mi vide
monsignor Aguilera, e mi consegnò
la chiave del suo ufficio : "Vai a
metterlo là, vedrai che sarà al sicuro . E vieni a prenderlo quando
vuoi, come se fossi a casa tua" .
Allora i vescovi erano una cosa
importante - ride mons. Rada
- e quelle parole mi fecero impressione .
Il dramma dell'Ecuador : su 633 .218 proprietà agricole, 470 mila
sono fazzolettini su cui è impossibile vivere - Come la Chiesa
ha spezzato i latifondi - FEEP : l'iniziativa di mons . Rada per
dare ai campesinos fertilizzanti e sementi selezionate - Diocesi e religiosi tassati dell'uno per cento - Sulla Sierra, a
3500 metri, volontari italiani lavorano tra i poverissimi .
«Andando molte volte a portare
e prendere il pallone finii per diventare amico di quel grand'uomo .
Entrai in confidenza . Un giorno
gli parlai del mio avvenire . "Perché
non diventi sacerdote ?" mi disse .
Io ci pensai, poi : "Per me va benissimo" . Lui sorrise e mi disse
delle parole che presi per scherzo :
"Tu diventerai vescovo, e io ti
darò questa croce" .
«Avevo 15 anni . Tre anni dopo
entrai in noviziato avendo per
maestro l'indimenticabile don Berruti . Ricordo che avevo un assistente italiano, don Specchia .
Aveva fatto la grande guerra negli
alpini . Nei momenti in cui lo
facevamo dannare ripeteva : "In
guerra ero incaricato di 50 muli
e me la sono cavata, ma con voi
17 novizi non ce la faccio proprio" .
« Poi passarono tanti anni, i più
belli vissuti alla Crocetta, con un
gruppo straordinario di salesiani :
don Vismara, don Grosso, don
Mezzacasa, don Nigra ... Mi fecero
vescovo nel 1945 . Quel giorno
venne da me l'ispettore don Manachino con una scatoletta . Disse
"Qui c'è la croce pettorale di
mons. Aguilera . È per te" . Monsignor Aguilera era morto dodici
anni prima . Prendendo quella croce
ho pianto « .
ono un grosso problema
Ma monsignor Rada non è in
Italia per un viaggio di ricordi.
È arrivato dall'Ecuador con fogli
irti di cifre e di tabelle : progetti
concreti e sodi da cui dipendono
la vita e la morte di molte persone .
Ha la voce roca a forza di spiegare le sue cifre e le sue tabelle
lo ha fatto in Inghilterra, in
Germania, in Irlanda . Ora lo fa
davanti a un piccolo microfono,
per i lettori del Bollettino Salesiano
« Un contadino dell'Ecuador ricava dalla sua terra tre sacchi di
patate : uno lo mangia, uno lo
vende, uno lo semina . Un'economia
di sussistenza a livello familiare .
Ora su quel campo arrivano dei
tecnici : esaminano la terra, indicano quali sementi selezionate usare, quali fertilizzanti impiegare .
Il contadino riceve un prestito,
oppure direttamente sementi e fertilizzanti . Risultato : la terra produce 30 sacchi di patate . Il contadino ora ne può mangiare tre,
tre vanno per la semina, gli altri
24 li vende . La quantità della
terra è rimasta la stessa, il prodotto è decuplicato . Un enorme
passo avanti per la famiglia di
quel contadino . Con mezzi mo-
desti ma impiegati con intelligenza .
« Questo dei sacchi di patate è
un particolare banale, se volete,
di una autentica rivoluzione che
sta avvenendo in Ecuador . Questa
nazione è eminentemente agricola .
Ogni tre ecuadoriani, due lavorano nei campi . Il dramma principale non sono, come si crede,
i latifondi . Essi non sono molti, e
non sussistono grossi ostacoli al
loro spezzamento . II vero dramma
sono i "minifondisti", cioè i piccolissimi proprietari . Su 633 .218
proprietà agricole, 470 mila sono
inferiori ai 5 ettari, e di queste
350 mila sono inferiori a un ettaro
e mezzo . Veri fazzolettini di terra
su cui è impossibile vivere, se si
continua a lavorare questa terra
con zappa e vanga, senza fertilizzanti e senza sementi selezionate . Con un'agricoltura in queste
condizioni, una famiglia media
ecuadoriana (ricca di molti figli)
per vivere decentemente dovrebbe
poter disporre di io-12 ettari di
buon terreno .
« A questo si deve aggiungere
che i campesinos vivono sparpagliati, raramente formano nuclei
dove ci si possa dare una mano a
vicenda . Non hanno strade, né
scuole, né ambulatori . Quelli che
noi chiamiamo "servizi sociali"
non li conoscono . Il campesino
diventa così un emarginato sociale, e la mortalità infantile in
campagna è altissima.
.a riforma agraria
iella Chiesa ecuadoriana
« I poveri esistono anche nelle
città e nei sobborghi, d'accordo,
ma i più poveri sono i contadini .
La città diviene sempre più ricca,
la campagna sempre più povera .
« Preso atto di questa condi-
zione, la Chiesa ecuadoriana ha
iniziato la sua riforma agraria .
La Conferenza Episcopale ha istituito un'organizzazione chiamata
CESA (Centrale ecuadoriana de
servicios agrícolos) . È un insieme
di agronomi, sociologi, veterinari
ed esperti nei vari rami agricoli .
Essi ricevono dalle diocesi e dagli
istituti religiosi le grandi estensioni di terra che fino a ieri erano
proprietà della Chiesa, e li distribuiscono ai braccianti e ai piccolissimi proprietari . L'archidiocesi di Quito ha messo a disposizione una "hacienda" di 3649 ettari ; la diocesi di Rio Bamba un
insieme di "haciendas" per complessivi 28 .550 ettari . Anche i Salesiani hanno donato 2400 ettari .
Il fondo complessivo è risultato
di circa 6o mila ettari .
Campesinos indigeni di Simiatug, sulla
Sierra, a 3200 metri d'altezza . « Il loro tenor
di vita è tristemente famoso » (foto De Censi) .
7
« Evidentemente l'opera principalre non consiste nel distribuire
queste terre, ma nel distribuirle
in maniera socialmente e scientificamente utile . Se ci fosse stato
un frazionamento e basta, nello
spazio di io anni i campesinos
avrebbero venduto nuovamente i
loro piccoli fondi per sopperire a
necessità improvvise, e si sarebbe
ricostituito il latifondo . Il passaggio
di proprietà invece avviene mentre
si risolvono complessi problemi di
irrigazione, costruzione di strade,
organizzazione di cooperative . I
campesinos sono assistiti dai tecnici della CESA nella semina,
nella coltivazione, nell'allevamento
del bestiame .
La soluzione davanti
a un assegno di rooo dollari
« Ma tutto questo - continua
monsignor Rada - interessa quei
contadini che vivono sui grandi
fondi che furono della Chiesa . E
io mi domandai : per tutti gli altri,
per i piccolissimi proprietari sparsi
nell'immensa campagna ecuadoriana, la Chiesa non può proprio
far nulla? Pensavo, cercavo soluzioni . Ed ecco che il giorno in
cui compivo 25 anni di episcopato,
Mons. Rada (a destra) con il suo segretario .
È arrivato dall'Ecuador con fogli irti di cifre
e tabelle : progetti da cui dipendono la vita e
la morte di molte persone .
la Congregazione Salesiana mi regalò 1000 dollari per i poveri della
diocesi . Davanti a quell'assegno
vidi la soluzione del problema .
Avrei persuaso gli altri vescovi
ecuadoriani a formare insieme un
fondo di denaro, e l'avremmo imprestato ai campesinos che avessero desiderato uscire dalla condizione di agricoltura primitiva .
« Il progetto man mano si articolò . Ed ecco come lo esposi
nella "lettera di presentazione" ai
cristiani dell'Ecuador :
" .Scopo .: aiutare i poveri che vogliono aiutarsi . Non saremo noi
a risolvere la situazione dei campesinos . Saranno loro a risolverla
con il nostro aiuto .
Ciò che `non' intendiamo fare
costruire infrastrutture, cioè ponti,
strade, acquedotti . Queste opere
sono troppo costose e toccano allo
stato, ai comuni, alle comunità .
Ciò che intendiamo fare : prestare
denaro ai piccoli proprietari per
raggiungere quattro obiettivi : fertilizzanti, sementi selezionate, piccoli strumenti agricoli (aratri), organizzazione di cooperative di vendita diretta senza passare attraverso intermediari. La CESA metterà a disposizione i suoi tecnici
per aiutare i contadini a impostare
scientificamente le loro coltivazioni" .
« Ora che avevo articolato sufficientemente il mio progetto dovevo fare due passi avanti : sensibilizzare al problema i vescovi e
i sacerdoti dell'Ecuador, e radunare il denaro per costituire il
fondo-prestiti .
« Il primo passo fu semplicissimo . Il cardinale Mufloz Vega
non solo approvò il progetto, ma
mi disse testualmente : "Questa è
la strada per rendere presente la
Chiesa tra il nostro popolo" . Nel
1970 la Chiesa ecuadoriana assunse in proprio il progetto, battezzandolo FEPP : Fondo Ecuadoriano Populorum Progressio .
« Il secondo passo cominciò a
«A quell'altezza di 3500 metri, per quella
strada spesso bloccata dalle frane e dalla
neve, è giunto un gruppo di volontari . Hanno
aperto dieci acuolette per ragazzi e adulti . . . ».
zione Salesiana si è dedicata ai
40 mila indigeni che sono nell'Oriente . Ma sulla Sierra ci sono
3 milioni di persone che hanno
assoluto bisogno di sacerdoti e di
evangelizzatori .
Don Bosco è qui con noi
realizzarsi quando le diocesi e i
religiosi dell'Ecuador si tassarono,
per il fondo, dell'uno per cento
del loro bilancio annuale . Cinque
diocesi e la Congregazione Salesiana anticiparono la loro prima
"tassazione", permettendo di avviare immediatamente i prestiti ai
campesinos .
«Ora che i vescovi, i preti e i
religiosi avevano fatto il primo
gesto concreto, si poteva chiedere
ai cristiani laici di unirsi allo
sforzo . E si lanciò la prima "Campagna quaresimale in favore del
campesino" .
«Dopo questa prima campagna
potevamo disporre di 40 mila
dollari, e allargammo i prestiti.
Temevamo una certa diffidenza
nell'ambiente contadino, sempre
piuttosto restìo alle novità . Invece la risposta fu molto favorevole. Avessimo avuto subito 2
milioni di dollari, li avremmo potuti distribuire tutti in piccoli
prestiti . Ma lentamente speriamo
di soddisfare tutti quelli che hanno
fatto appello al FEPP.
Un groviglio
di altri problemi drammatici
« Questo è il problema base che
noi, Chiesa dell'Ecuador, intendiamo risolvere . Certo non è l'uni-
co, ed è aggrovigliato con altri
problemi drammatici . Per esempio,
la crescita esplosiva della popolazione . Negli ultimi 23 anni la
popolazione dell'Ecuador' è raddoppiata : da 3 .200 .000 a 7 .000 .000 .
E continua a salire in maniera
impressionante . Non basta perciò
aiutare la gente "di oggi" . Bisogna mettere le basi di una sana
agricoltura per sfamare le bocche
di domani, che si saranno moltiplicate .
«Sono venuto in Europa portando con me 7 grossi progetti di
sviluppo. Uno, per esempio, è un
piano di allevamento di pecore
nelle terre alte, che potrà essere
una buona fonte di benessere in
futuro. Un secondo riguarda lo
sviluppo degli indigeni dell'Oriente
ecuadoriano, dove sono -le nostre
missioni : prevede l'assegnazione
di animali da pascolo e da latte
alle famiglie indigene . Ho portato questi progetti in Irlanda,
Inghilterra, Belgio, Germania . . .
Sono stati parzialmente adottati
da organizzazioni internazionali come la CIRO, l'OXFAM . Altre
organizzazioni li stanno studiando
a fondo.
« C'è un altro problema, che
per noi cristiani è il primo problema : l'evangelizzazione e l'assistenza religiosa . La Congrega-
«La parte alta della mia diocesi è abitata in gran parte da
indigeni campesinos dediti alla pastorizia e all'agricoltura nelle sue
forme più rudimentali . Il loro
tenor di vita è tristemente famoso,
così com'è noto che essi sono
pressoché privi di difesa di fronte
alla minoranza bianca che spesso
vive letteralmente del loro faticoso
lavoro . Hanno bisogno di una
azione evangelica che incontri e
salvi tutto l'uomo : una evangelizzazione che, cercando prima di
tutto il Regno di Dio, sappia
anche vedere nella tragica realtà
di quelle persone la presenza di
Cristo che continua la sua Passione .
« A quell'altezza di 3500 metri,
per quella strada spesso bloccata
dalle frane e dalla neve, è giunto
un gruppo di volontari italiani dell'Operazione Mato Grosso che stanno lavorando molto bene . Hanno
aperto dieci scuolette per ragazzi
e adulti, hanno realizzato una
cooperativa agricola, stanno costruendo una "casa del campesino" che si contrapporrà alla
"cantina", finora unico luogo di
raduno di quella povera gente .
Quei giovani pregano con i campesinos, dirigono le "celebrazioni
della Parola di Dio", spiegano
alla gente le parabole del Signore,
che parlano di alberi, di sementi,
di campi, proprio il loro linguaggio .
«Quando riesco ad arrampicarmi
fin lassù, mi sento felice . Dico :
"Don Bosco ha cercato nella società del suo tempo quelli che
nessuno cercava, quelli che oggi
vengono chiamati gli emarginati .
Se Don Bosco oggi incontrasse
un ragazzo campesino, gli dedicherebbe con passione e con gioia
tutte le sue energie . Noi facciamo
così . Questi giovani fanno così .
Per questo sento che siamo sulla
buona strada, che Don Bosco è
qui con noi" » .
•
9
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SANTO
UN
popolani del fumoso caseggiato
alla periferia di Palermo che un
giorno videro un giovanotto ben
vestito scopare le scale dello stabile al posto della solita vecchina
frusta dagli anni, non immaginavano che si trattasse del barone
Antonino Petix .
La cosa era andata così . Alla
vecchina il padrone consentiva di
abitare un sottoscala dell'edificio,
a condizione che scopasse le scale .
Ma un giorno le mancarono le
forze, a scopare non ce la faceva
più . Quel giovanotto che ogni
settimana andava con un collega
a trovarla e le lasciava il pacchetto
della San Vincenzo condito con
buone parole che la aiutavano a
vivere, quel giorno la vide in lacrime : il padrone l'aveva sfrattata, doveva andarsene e non sapeva dove . Il giovanotto era corso
dal padrone : « Se qualcun altro
scoperà al suo posto, la lasciate
dove sta?». Il padrone a malincuore aveva accondisceso, ma lì
per lì il barone Petix non aveva
trovato altri, per scopare, che se
stesso .
Con l'entusiasmo
dei realizzatori
Questo « servo dei poveri », questo « prete in giacchetta», come
lo chiamarono poi, era nato a
Casteltermini (Agrigento) il 5 giugno 1874 in una famiglia di fede
all'antica, secondo di dieci figli .
Nel '79 Don Bosco aveva aperto
il suo primo collegio della Sicilia
a Randazzo (Catania), e lì quattro
anni dopo entrava il piccolo Antonino «per un'educazione cristiana più compiuta» . Sensibile e
duttile, in poco tempo assimilò
per sempre lo spirito di Don
i o Bosco .
Alcuni dati esteriori - presidente per alcuni anni degli Exallievi di Palermo ; un'agenda personale con i lutti della Congregazione salesiana ; le annate del
Bollettino Salesiano e di Voci Fraterne raccolte in bell'ordine suggeriscono appena la sua compenetrazione, avvenuta in profondità, con lo spirito e la causa di
Don Bosco . Ne dice assai di più
la sua vita intera, vissuta in pienezza con l'entusiasmo dei realizzatori .
Conseguita la laurea in giurisprudenza, nel 1896 si unì in matrimonio a una discendente dei
marchesi di Villarena, nobile non
meno di fede che di casato . Nel
1902 fondò le « Cucine economiche » per i poveri ; nel 1904
fondò la prima « Conferenza di
San Vincenzo » di Palermo (« I
confratelli della San Vincenzo diceva ai primi volontari - non
sono dei fattorini distributori di
buoni alimentari, ma degli inviati da Dio, per portare Dio, il
suo sorriso e la sua provvidenza ») .
L'elenco completo delle iniziative che lo ebbero fondatore o
sostenitore sarebbe lungo : c'era
il « Segretariato dei poveri » in cui
i bisognosi ogni giorno ottenevano
consigli e qualche aiuto per uscire
dai loro guai ; c'era il « Guardaroba
dei poveri » che distribuiva indumenti ; la « Visita agli Ospedali e
alle Carceri » ; la « Biblioteca educativa » circolante fra le famiglie
assistite ; il « Patronato per i giovani operai » con scuole serali,
oratorio, circolo, palestra, musica
e biblioteca ; l'annuale « Lotteria
per i poveri ». . .
Nel 1908 il terremoto di Messina spinse dodicimila profughi a
cercare rifugio in Palermo, e Petix
si buttò a capofitto nell'organiz-
II 4 aprile scorso si
è chiuso positivamente in Roma il « Processo sulla fama di
santità del servo di Dio
Antonino Petix, laico ».
È un passo avanti verso gli altari compiuto
da questo eccezionale
Exallievo salesiano, al
cui funerale nel 1935 il
suo vescovo rifiutò di
recitare il Requiem dicendolo superfluo .
zare i soccorsi, e non si dette
pace finché non fu trovata per
tutti una qualche sistemazione .
Petix aderì al Terz'Ordine Francescano, fu a lungo militante nell'Azione Cattolica, fu membro attivo del Partito Popolare. Rifiutò
la candidatura a deputato ma fu
più volte Consigliere e Assessore
al Comune per poter meglio risolvere i tanti problemi della povera gente . Dette un apporto decisivo (anche finanziario, e non
indifferente) alla fondazione del
quotidiano cattolico « Corriere di
Sicilia » .
Uomo pubblico e assorbito da
mille attività, non trascurò per
questo la sua famiglia .
La sua casa era una scuola
Ebbe nove figli . « Li ho accettati, Signore - scrisse -, come
sacro deposito, conscio del dovere
che ho di custodirli gelosamente, di
educarli nella via del bene, di
insegnar loro ad amare Voi autore
della Vita, perché seguano Gesù
nell'aspro sentiero del calvario,
per riunirsi un giorno coi propri
genitori nella celeste Gerusalemme . .. ».
Racconta il suo direttore spirituale, padre Timpanaro : « La sua
casa era una scuola dove egli era
ve liardi
di u. bosco
il maestro . La preghiera in comune, la spiegazione del Vangelo,
la lettura di libri spirituali, tutto
egli praticava per istillare nei figli
i principi santi di Gesù».
In questa calda spiritualità due
figlie maturarono la loro vocazione
religiosa ed egli ne fu felicissimo .
Ma non fece la minima pressione
per provocare queste scelte . E
quando accompagnò a Roma la
prima figlia che entrava nel noviziato delle « Ancelle del Sacro
Cuore », giunto al portone le disse
« Suona tu » . Ma dopo la festa
della vestizione affidò al diario
tutta la sua gioia : « La mia figlioletta è felice in Gesù, e io
partecipo della sua felicità . . . Gesù
sorride a lei, e un riverbero di
questo sorriso si posa sulla mia
famigliola e riscalderà i nostri
cuori » .
Quest'uomo realista e reso disincantato dallo scontro con la
vita, conservò fino all'ultimo un'altissima carica ideale . Due mesi
prima della morte scriveva a una
figlia parole che sembrano di Domenico Savio : « Il Signore ci vuole
santi, e noi non dobbiamo volere
altro che farci santi : volerlo, fortemente volerlo, incessantemente
volerlo . . . » . Poi aggiungeva un « PS .
Conducendo con noi anche i nostri
cari e gli altri ».
Una malattia breve ma violenta
lo stroncava il 18 ottobre 1 935 a
61 anni . Per sua volontà la camera
ardente fu drappeggiata non col
nero del lutto, ma di bianco . E
per sua volontà, a trasportarlo al
cimitero fu la «carrozza della carità» : quella riservata ai poveracci . Il suo vescovo, al funerale,
rifiutò di recitare il Requiem . Disse
che per Antonino Petix era inutile .
ENZO BIANCO
Il Papa Paolo VI ha conferito la Croce
pro Ecclesia et Pontefice a quattro illustri
e venerandi salesiani, con le seguenti motivazioni :
Sac . Garelli Sante (anni 90), uno dei
fondatori delle Missioni salesiane in Cina,
inviato di Pio XI a Mosca come Cappellano dell'Ambasciata italiana, ispettore
del Medio Oriente e Vicario del Rettor
Maggiore per le Figlie di Maria Ausiliatrice .
Sac . Rastello Francesco (anni 91), benemerito in campo scientifico e scolastico,
ha retto importanti opere della Congregazione distinguendosi per doti di governo e profondo attaccamento allo spirito di Don Bosco .
Sac . Vesco Giuseppe (anni 93) ha diretto importanti opere salesiane, eccellendo in modo particolare nella composizione ed esecuzione di musica sacra,
assunta anche da varie Cappelle musicali .
Sac . Pentore Giuseppe (anni 96) ha
dedicato la vita all'insegnamento, riscuotendo la simpatia di innumerevoli allievi
che appresero da lui la scienza umana e
la sapienza cristiana .
«Ai carissimi e benemeriti quattro
grandi Crociati di Don Bosco» il Rettor
Maggiore don Ricceri ha scritto di suo
pugno questo augurio : « Dopo le tante
croci da voi portate in Congregazione con
valore ed efficacia è giusto che la Chiesa
- su richiesta della stessa Congregazione - vi dia la Croce che attesti tutta
la generosità con cui avete servito la
Chiesa nella Congregazione .
Grazie e - se ce n'è bisogno - avanti
ancora puntando sui cento anni e poi . . .
si vedrà» .
L'augurio non si è purtroppo avverato
per don Vesco, tornato a Dio pochi giorni
dopo la festa organizzata in suo onore dai
confratelli della Casa di Cumiana, ove
risiedeva .
A Comodoro Rivadavia
(Argentina) il petrolio
ha creato i ragazzi della
strada - La strana avventura di un salesiano
di Lecco : ha inventato
un oratorio volante,
una scuola in un salone
da ballo, con 30 carcerati ha costruito una
casa per 2000 ragazzi .
Il suo capolavoro è un
cassone, piazzato nel
mezzo di una strada .
aso piatto da pugile, voce
N
rauca mangiata dal vento della
pampa argentina, parola magniloquente e velocissima dei sudamericani di razza . _ Xnvece è nato a
Lecco, si chiama don Giovanni
Corti, fece le sue prime esperienze
salesiane a Bologna, e avendo
scelto per sua seconda patria l'Argentina, andò a finire i suoi studi
laggiù.
Per 2o anni ha lavorato a Comodoro Rivadavia, nel sud dell'Argentina. Ha costruito un ospedale
per 250 malati, 5 dispensari medici, un collegio frequentato da
2 .000 ragazzi . Lo hanno aiutato
le mani di 30 carcerati, le piccole offerte di 70 mila cittadini
in maggior parte poverissimi, e
il cemento dell'ENI . Il suo capolavoro però non è fatto di cemento
armato : è il « buzón de la caridad »,
un cassone di legno piazzato al
centro del quartiere della povera
gente, nel bel mezzo di una strada .
Ha una fessura come per le elemosine . 1 poveri ficcano dentro
non offerte, ma richieste drammatiche di aiuto, scritte alla meglio su pezzi di carta blu da zucchero, o su pagine a righe di quaderni scolastici . E nello spazio di
24 ore ricevono la risposta, concreta, silenziosa, portata da un
gruppo di ragazzi che leggono
quei biglietti ogni sera insieme al
parroco .
È venuto a Torino per la festa
di Maria Ausiliatrice . Sono riuscito a trascinarlo davanti a un registratore, e a pezzi e bocconi mi
ha raccontato la sua storia .
In un drammatico sogno Don
12
Bosco vide il futuro delle missioni
salesiane in America Latina . Raccontò che nel suolo del Brasile e
dell'Argentina si sarebbero trovate miniere colossali di carbon fossile e giacimenti enormi di petrolio . Disse che quel petrolio sarebbe stato la ricchezza di quelle
nazioni. Non disse (o non volle
dire) che sarebbe stato anche la
disperazione per molta gente .
Nel dicembre del 19o7, a Comodoro Rivadavia nel sud argentino, si perforava il terreno alla
ricerca di acqua . Scaturì petrolio .
Iniziò la corsa verso quella terra
desolata, arida, spazzata incessantemente dal vento : industriali,
commercianti, e povera gente in
cerca di lavoro e di fortuna . Accanto ai pozzi di petrolio nacque
una città .
I Salesiani arrivarono cinque
anni dopo . Aprirono un oratorio
e una scuola professionale per i
figli degli operai del petrolio. Intanto attorno alla città cominciava
a costruirsi la triste cintura di
baracche dei semi-occupati, dei
disoccupati, dei miserabili arrivati
da chissà dove per tentare la fortuna . E per le strade cominciarono a circolare frotte di bambini
smunti e sporchi.
Un sasso in testa al prete
195o . Da Cordoba, dove studia
teologia, Giovanni Corti scende
a « passare le vacanze scolastiche »
a Comodoro Rivadavia. 2 .000 chilometri. Racconta : « La città stava
raggiungendo i 50 mila abitanti .
Ragazzi poveri e stracciati s'in-
contravano dovunque per le strade
della periferia . Cominciai a farmeli amici, organizzando partite
al pallone in aperta campagna .
Ma i più grandi mi guardavano
con occhio cattivo, ridevano della
mia veste nera . Un giorno, in un
barrio poverissimo, mi presero di
mira con le fionde . Un sasso mi
colpì forte alla testa e mi fece
sanguinare . I ragazzi smisero di
giocare e mi vennero intorno,
preoccupati . Allora feci un gesto
forse teatrale, di cui però non mi
pentii mai . Raccolsi il sasso da
terra e dissi ai ragazzi : "Questa
sàrà la prima pietra della scuola
che costruirò per voi" . E me lo
ficcai in tasca » .
Appena ordinato sacerdote, don
Giovanni Corti chiede di essere
mandato a lavorare a Comodoro
Rivadavia. Fa scuola ai figli degli
operai nel collegio « Maria Ausiliatrice », presta servizio in alcune
parrocchie, ma il sabato e la domenica li dedica interamente al
suo « oratorio volante » .
« Per dodici anni - racconta vissi con i ragazzi della strada .
Un exallievo, vedendomi girare
con quel mucchio di giovani poveri, abbandonati e affamati, disse
"Se me li porta qui ogni domenica, pago la colazione a tutti
pane e latte, e quando potrò anche
la pizza e il budino" . Fu l'inizio
della Provvidenza . Accanto alla
sua casa c'era un vasto terreno,
piatto come un biliardo, e vuoto .
Avrebbe potuto costituire il luogo
di raduno per i miei ragazzi .
Mi informai : era di proprietà di
un nostro benefattore . Non ebbi
plessivamente credo di aver avuto
45o allievi. Appena il numero fu
rilevante, li divisi in classi, separate con tramezzi di carta e stecche
di legno .
« Ogni venerdì sera tiravamo via
tutto . Lasciavo posto al ballo. Il
lunedì mi presentavo alle cinque
del mattino, buttavo fuori gli ultimi ubriachi (i "resti della festa")
e cominciavo a scopare . Alle sei
arrivavano i miei primi ragazzi,
12-13 anni . Mi davano una mano
a pulire e a preparare . Alle nove
cominciava la scuola .
« Dopo quattro anni, dal salone da ballo passammo in una
bisogno di rivolgergli molte preghiere : appena seppe che volevo
portarci dei ragazzi il sabato e la
domenica, rispose : "Faccia pure.
Non ho difficoltà" .
« Quei ragazzi erano circa 500 .
Giocavano, venivano con me in
chiesa . Poi alla sera della domenica ci salutavamo con tristezza .
Quando domandavo a qualcuno
"cosa farai in questa settimana ?",
la risposta era quasi sempre una
alzata di spalle e una parola :
"niente" . Avrebbero potuto andare a scuola, ma né la provincia
né lo Stato in quegli anni potevano
costruire tutte le scuole di cui
c'era bisogno . E un giorno decisi
di tentare io .
Scuola nel salone da ballo
« Scelsi un gruppetto di ragazzi
veramente intelligenti : una ventina . Mi pareva un delitto lasciare
che quelle testoline si spegnessero nell'ozio . Cominciai a fare
loro scuola sulla strada . Pochi
libri, il terreno per lavagna, un
via vai di curiosi. Ma sulla strada
non rimanemmo nemmeno un
mese . Un signore ci vide, ascoltò
un pezzo di lezione, e dopo aver
costatato che si trattava di una
cosa seria, mi propose : "Reverendo, io sono . il proprietario di
un club. Se vule, le metto a disposizione il salone . Sabato e domenica però dovete lasciarmelo
libero, perché c'è il ballo" .
« Accettai al . volo. In quel salone da ballo i miei alunni crebbero velocemente : 40, 50, 6o. Vi
rimanemmo quattro anni, e com-
13
Chiesa. Era un grosso edificio in
costruzione, e il vescovo mons .
Perez ci concesse di stabilirci lì .
Quattro classi nella parte centrale
della Chiesa, una sull'orchestra
accanto all'organo, una in presbitero, una in sacrestia e l'ultima
nel campanile .
« Ma io ero stufo di quella vita
precaria, di non essere mai sicuro
del domani . Ero stanco morto di
mettere banchi, tirar via banchi,
spostare banchi . E anche i ragazzi soffrivano . Dovevo dare una
consistenza a quella scuola. E
inoltre, sul mio tavolo conservavo
quel sasso che mi aveva picchiato
in testa . . .
« Il terreno per costruirvi la
nostra scuola, dopo molte difficoltà, lo ottenni dalla provincia .
Poi, con l'aiuto dei miei ragazzi
cominciai una serie lunghissima di
lotterie e banchi di beneficenza .
Abbiamo rotto l'anima a tutti, ma
siamo riusciti a radunare i fondi
per iniziare gli scavi e le fondamenta . A questo punto i militari
ci imprestarono due autocarri, e
il sabato e la domenica si trasformarono in giorni lavorativi in cui
scendevamo fino all'Oceano Atlantico e caricavamo la sabbia per la
costruzione .
« Da tempo, frattanto, io andavo
al mattino di ogni festa a dir
Messa per gli operai della SAIPE,
una compagnia dell'ENI che cercava nuovi pozzi di petrolio in
Patagonia. Cominciai ad andare a
dir Messa a bordo del camion . . .
vuoto . E tornavo con il camion
pieno di sacchi di cemento, regalati da quella brava gente .
:arcerati sul tetto
«Nel 1962 finimmo il primo
edificio della scuola, e potei ospitare parecchie centinaia di ragazzi .
« Prima di cominciare il secondo
edificio scolastico ebbi un'idea .
Lì a Comodoro Rivadavia ci sono
le carceri con una novantina di detenuti . Devono scontare anni e
anni di prigione per omicidi, furti,
violenze, percosse . Pensai che potevo aiutare quella povera gente .
Feci domanda all'autorità di avere
14
I ragazzi dell'oratorio volante .
come manodopera, nella costruzione della scuola, i carcerati che
si fossero offerti volontari . Li
avrei pagati come operai .
« Le trattative furono lunghe .
Alla fine firmammo una convenzione : avrei potuto utilizzare il
lavoro di una trentina di prigionieri, età tra i 2o e i 35 anni . Sul
lavoro sarebbero stati vigilati da
poliziotti, ma sotto la mia diretta
responsabilità . Il denaro del salario lo avrei versato alla loro famiglia, e lo avrei depositato a
loro nome in una banca . In base
all'impegno dimostrato sul lavoro,
avrebbero anche usufruito di un
condono di pena .
« Si dimostrarono splendidi lavoratori . E potei veramente far
loro del bene . La costruzione durò
quattro anni . Ripetevo loro che
non lavoravano per me, ma per
i loro figli che avrebbero potuto
entrare in quella scuola . Lo capirono, e il lavoro per un'opera sociale li aiutò a tornare uomini responsabili . Alcuni, durante quei
quattro anni, portarono a termine
il loro periodo di detenzione . Mi
chiesero di rimanere fino al termine della costruzione . Ora alcuni hanno messo su famiglia
qui a Comodoro Rivadavia, e portano con orgoglio i bambini a vedere la scuola che hanno fabbricato con le loro mani . Altri, con
i risparmi messi da parte durante
quegli anni, hanno aperto un pic-
colo negozio, e mi sono rimasti
molto affezionati .
« Ora la scuola, dedicata a Domenico Savio, è terminata in ogni
particolare, e ospita 2 .000 ragazzi .
i buon lavoro
r la povera gente
« Interrompo la narrazione per
domandargli : "Ma le pareva proprio necessario costruire un collegio ?" . Risponde : "Per voi qui
in Italia è difficile capire . Il collegio, la scuola, era per noi l'unica
soluzione . Se avessi continuato a
dedicarmi soltanto all'oratorio festivo, la mia opera non avrebbe
avuto consistenza, concretezza .
L'oratorio era una domanda : mille,
duemila ragazzi che ogni sabato
e ogni domenica mi domandavano :
che cosa farai per noi, per il
nostro avvenire ? Il collegio, la
scuola, è stata la risposta . Per
questo il collegio non ha distrutto
l'oratorio, che continua fiorentissimo, ma l'ha completato" .
« Ma la costruzione del grande
edificio non assorbì completamente
la mia attività . Una delle necessità
più urgenti per la popolazione di
Comodoro Rivadavia era un ospedale che funzionasse . Esisteva un
ospedale governativo, ma non era
mai stato finito, e funzionava come
poteva. Formammo un "consiglio
amministrativo", e tanto insistem-
Un tratto di periferia di Comodoro Rivadavia .
mo con il governo che la costruzione venne terminata e il servizio
reso efficiente .
« Ora quell'ospedale è il primo
dell'Argentina diretto dalla comunità . Può ospitare 250 malati . È
servito da 8o medici, molti dei
quali vengono mandati da Buenos
Aires a fare laggiù il corso di pratica obbligatoria, che dura tre
anni . La maggior parte della gente
non può pagare né il ricovero, né
la visita medica, né le medicine .
Il servizio mutualistico non è ancora al livello di quello europeo .
E allora ce la caviamo così : le
persone che si presentano all'ospedale denunciano su una scheda la
loro condizione sociale . Il consiglio di amministrazione, di cui
sono ancora presidente, decide in
base alla condizione del malato
la quota di spesa che gli viene
assegnata .
« Molta gente, però, vive lontana dall'ospedale, e non può recarvisi per piccole necessità . E
allora abbiamo costruito in vari
punti della zona cinque consultori
medici, affiancati da consultori civili,
dove la gente viene aiutata a fare
le pratiche necessarie per trovare
lavoro, per avere l'assegnazione
di una casa, per ottenere documenti .
« In tre rioni mancavano acqua,
luce e gas . Siamo riusciti a farli
arrivare . E abbiamo costruito tre
Chiese, che oggi funzionano come
centro delle comunità .
« Mi pare che per la gente povera abbiamo fatto un buon lavoro : oggi sono pochi quelli costretti ad abitare in baracche, e
quasi tutte le famiglie mandano i
figli a scuola . Nel 1957 non volevano saperne di mandarli . Dovevo
andar io nelle catapecchie a tirarli fuori . Oggi quei ragazzi arrivano vestiti decorosamente, ordinati, puliti .
File di uom
« La difficoltà grave che rimane
nel fondo, e contro cui possiamo
fare ben poco, è la disoccupazione .
« Oggi Comodoro Rivadavia ha
70 mila abitanti . 30 mila sono cileni
immigrati. Molti lavorano nel petrolio . Molti altri nelle costruzioni edili o nelle piccole estancias
come peones . Ma molti altri rimangono disoccupati . Vedi file di
uomini sulla strada, in attesa che
qualcuno li chiami a un lavoro
qualsiasi : a caricare un camion
di sabbia, a trasportare tronchi, a
scaricare mattoni e tegole . Sono
lavori che vanno e vengono, e lasciano la miseria . Le conseguenze
le conosciamo tutti : alcoolismo,
degradazione, famiglie dissestate,
delinquenza .
« È difficile trovare una soluzione radicale a questo problema .
L'agricoltura in questa zona è
un'impresa difficile e quasi disperata . Manca quasi totalmente l'acqua, piove molto poco . E i venti
sono continui e fortissimi : toccano punte di 170-200 chilometri
orari . E poi il freddo, che in
certi periodi è quasi polare .
« Un buon titolo di studio è per
molti giovani l'unica soluzione felice per l'avvenire . Perché qui o
nelle città più a nord spalanca
la porta a un buon impiego . Per
questo nella nostra scuola sta sorgendo l'Università Don Bosco . Rilasciamo titoli corrispondenti più
o meno ai diplomi italiani di geometra e di ragioniere . La nostra
è la prima scuola riconosciuta
dallo Stato con decreto nazionale » .
« Don Corti - gli dico -, la
sua salute, dopo 2o anni di lavoro
sfibrante, è al limite di sicurezza .
Lei fra poco tornerà in Argentina non più per tornare a Comodoro Rivadavia, ma per trasferirsi,
con una "lettera d'ubbidienza" in
tasca, a Bahía Blanca, mille chilometri più a nord . Che cosa ricorderà con più piacere ? Il collegio ? L'ospedale ? L'oratorio volante ? La scuola nel salone da
ballo ? ».
Dopo una lunga pausa di riflessione risponde
« Niente di tutto questo . Ciò
che ricorderò con più affetto sarà
il buzón de la caridad, un cassone
di legno che da anni insieme a
un gruppo dei miei ragazzi ho
piazzato al centro del quartiere più
povero della città. È nel bel mezzo
di una strada . Ha una fessura
come per le elemosine . f poveri
ficcano dentro non offerte, ma le
loro richieste drammatiche di aiuto,
scritte alla meglio su carta blu
da zucchero, o su fogli a righe di
quaderni scolastici . Ogni giorno,
alla sera, passavo a ritirare quei
biglietti, e li leggevo insieme ai
ragazzi . Quante lacrime su quei
pezzi di carta ! Quante miserie
segrete, dolorosissime, che non osavano manifestare a nessuno. E
il nostro impegno era di portare entro 24 ore una risposta concreta, silenziosa . Ci siamo quasi
sempre riusciti . Credo sia questa
la cosa più bella che sono riuscito
a realizzare in 2o anni » .
•
15
« Piovve come mai aveva piovuto . Vedevo quelle povere famiglie sulle baracche-palafitte quasi galleggiare sopra un mare
d'acqua . Tornarono pescatori per necessità » - Don Manè,
da 45 anni missionario in Thailandia, racconta l'ultimo dramma vissuto nella lunga penisola che scende verso la Malaysia .
l1 diario della missione salesiana
I in Thailandia, al giorno i i di-
cembre del lontano 1928, racconta : «Oggi è una giornata importante . A distanza di un anno
dalla fondazione della nostra missione, sono giunti dall'Italia due
sacerdoti, due chierici e sedici
ascritti che faranno qui il loro
noviziato » . Il sesto nome nella
lista dei giovanissimi ascritti è
Natale Manè, il settimo è Pietro
Carretto .
Pietro . Carretto, a 45 anni di
distanza da quel giorno, è diventato vescovo della diocesi di
Surat Thani, Natale Manè è qui
davanti a me, faccia cotta dal
sole e dal vento, capelli bianchissimi, sguardo mortificato di chi,
dopo 45 anni di lavoro tirato
alla garibaldina, ha dovuto tornare per un paio di mesi in
Italia per « rimettersi in sesto» .
Sussurra : «Ero un ragazzone
pieno di vita 45 anni fa . Ero
andato a Ivrea deciso a partire
16
per le missioni . E sono partito .
Fosse oggi, ripartirei un'altra volta .
Perché la vita del missionario è
durissima, ma è la più bella del
mondo . Ora sono ad Asti, a respirare aria nativa . Cerco di rifare in fretta le forze, perché
laggiù mi aspettano i miei pescatori-ortolani.
« Dieci anni fa l'ispettore mi
incaricò di prendermi cura delle
famiglie cristiane sparse sul territorio delle grandi province di
Surat Thani e di Nakhon Si
Thammarat, nel sud della Thailandia . Guardi qui, sulla carta : il
cuore della Thailandia è su, al
nord, queste province invece fanno
parte della lunga e fine penisola
che scende verso la Malaysia .
Zone di foresta fitta e lussureggiante .
« Mi misi in cammino, su qualche
sgangherato pullman di linea, chiedendo . un passaggio ai rari camion, ma la maggior parte della
strada facendomela a piedi . Queste
una
famiglie abitano a decine di chilometri l'una dall'altra, ed è una
faticaccia . C'era solo un gruppo
di pescatori che formavano un
gruppo omogeneo, una piccola comunità, alla foce del fiume Thà
Chang . Famiglie buone, che ogni
volta mi accoglievano come un
amico .
« Ma su queste famiglie pesava
una vera maledizione . Esse vivevano di pesce gettando le reti nel
Golfo del Siam. Ma laggiù capita un fenomeno strano : per
molti mesi all'anno i pesci lasciano la costa thailandese a ovest,
ed emigrano in massa sulla costa
del Cambogia, a est. Per quella
gente era ogni anno la fame . Vivevano sulle loro squallide palafitte, rassegnate a quella miseria
che durava da generazioni .
« Che fare? Me lo ero domandato più volte . E finalmente decisi : bisognava persuadere quella
gente a cambiare mestiere . Partii .
Tre ore di barca sul canale, poi
lungo la costa . Celebrai la Messa
per loro, e subito dopo, ai capi
famiglia raccolti, feci la proposta :
lasciare la riva del mare e venire
a Surat Thani nei dintorni della
fetta
residenza missionaria . Avrebbero
potuto piantare cocchi, ananas,
banani. Lì per lì rimasero sconcertati . Non si abbandona . di punto
in bianco un mestiere praticato
per tutta la vita . Ma alcuni, dopo
qualche ora, erano già sostenitori
accaniti della proposta verso quelli
che esitavano . Lasciai loro il tempo
di decidere .
« Intanto tornai a parlare col
vescovo, mons . Carretto . Approvò
l'idea e mi diede un po' di denaro .
Altri aiuti li ottenni da alcune
brave persone di Bangkok e di
nazioni estere .
« Sulla foce del Tha Chang
erano ormai tutti decisi a emigrare, e aspettavano un mio cenno .
Ma io dovevo ancora comprare
un buon terreno per ogni .famiglia
nelle nostre vicinanze, degli attrezzi agricoli per la lavorazione
dei campi, e il necessario per costruire almeno delle capanne provvisorie, in attesa di tirare su le
casette in legno . Mi occorreva
inoltre una riserva -di cibo per
almeno due anni : bisognava sfamare quella gente nell'attesa del
primo raccolto .
« Il terreno lo trovai a otto chilometri da Surat, nella località
Som Vang . Era una striscia di
terreno in riva a un lago, una
posizione adatta per la piantagione
e per l'irrigazione . Il prezzo, poiché
si trattava di foresta incolta, era
molto buono . Divisi il terreno tra
le prime otto famiglie che emigrarono da Thà Chang . Bisognava
lavorare sodo nei primi tempi, e
condurre una vita durissima e
precaria . I ragazzi potevano averne
danno, e li presi con me nella
residenza .
«Appena ebbi altro denaro comprai due nuove fette di foresta,
e chiamai altre dieci famiglie che
aspettavano .
A destra : «Vivevano alla foce del fiume
Thà Chang, gettando le reti del Golfo del
Siam» . A sinistra : Una delle baracchepalafitte costruite dagli ex-pescatori nella
foresta .
di
foresta
per
vivere
« I lavori da fare, secondo una
graduatoria di urgenza, erano i
seguenti : i . Disboscare . 2 . Con
pali, assi e bambù costruire le
abitazioni . Coprire i tetti con assi
e foglie . 3 . Scavare un canale
largo tre metri e lungo quasi due
chilometri, affinché tutti i terreni avessero acqua per l'irrigazione .
« Due anni . Il disboscamento era
a buon punto, e lo scavo del canale pure, quando il diavolo ci
mise la coda .
«Piovve come mai aveva piovuto . L'acqua del lago gonfiò,
straripò, inondò la campagna . Quei
poveretti, stanchi e avviliti, guardavano tutto il loro lavoro distrutto in poche ore .
«Io ero desolato, disperato . Non
riuscii a dormire per parecchie
notti . Mi vedevo quelle povere
famiglie sulle baracche-palafitte
(fortunatamente le avevano costruite così, perché loro le case le
sanno fare solo così), quasi galleggiare sopra un mare d'acqua,
senza alcuna risorsa per vivere .
Tornarono pescatori per neces-
sità . Ognuno aveva portato con
sé, in fondo al fagotto degli arnesi
familiari, gli ami per la pesca .
Seduti alla porta di casa, i piedi
immersi nell'acqua, gettavano gli
ami, e rimanevano con gli occhi
socchiusi a fissare immobili l'acqua,
dove guizzava qualche raro pesce .
Quei pesci e un sacco di riso che
riuscii a distribuire furono lo
scarso cibo per molti giorni .
« Poi finalmente il Signore ebbe
compassione di noi . L'acqua del
lago tornò al livello abituale, e
potemmo rinnovare le piantagioni .
« Sette mesi fa, a marzo, prima
di partire per l'Italia andai a salutare quelle famiglie . Vennero
con le loro barchette a ricevermi
alla sponda del lago . Si vedeva
che erano contenti della loro nuova
vita di ortolani . Tra spari di petardi e grida di Xajo ! (evviva!)
mi condussero a visitare i loro
frutteti e i loro orti . Vollero che
assaggiassi i primi aranci e le
prime banane . Un sapore che porterò con me insieme al chiasso
festoso dei ragazzi e al sorriso
timido degli adulti .
∎ 17
Intervista con un giovane salesiano da otto
anni nello Zaire (ex
Congo Belga) - Turbe
di giovani hanno lasciato i villaggi e intasano
la periferia di Lubumbashi - Se la polizia li
rispedisce ai villaggi,
tornano in città anche
a piedi - I molti che lasciano la scuola finiscono sulla strada, dove le bande, il vizio, la
droga li aspettano - « I
missionari europei lavorano molto per gli
africani, ma non li amano » : un'affermazione
che fa rabbia, ma fa
anche pensare.
(si chiamava ElisaL ubumbashi
bethville nell'ex-Congo Belga)
ha oggi una popolazione dieci volte
maggiore di quella che aveva 20
anni fa . Giovani dovunque . Trascinano la loro noia lungo le larghe
strade dei quartieri residenziali (citiamo da A . Gillet), incollano gli
occhi avidi alle scintillanti vetrine
dei negozi, assediano le entrate
dei caffè, cinema, luoghi pubblici .
Nell'immensa cintura di capanne
che circonda la città, brulica un
mare di gente giovane .
La maggior parte di questi giovani sono sradicati . Hanno abbandonato nella brousse (la boscaglia
dove sono i villaggi, dove viveva
la maggioranza della gente fino a
vent'anni fa) il loro clan, la loro
tribù, che li radicava in un modo
di vivere tradizionale, che dava
loro leggi e usanze tramandate da
secoli . E non sono riusciti a integrarsi nella grande città . La scuola
elementare, nella brousse, ha loro
insegnato l'alfabeto e le quattro
operazioni, ed essi hanno sognato
che questo « sapere » sarebbe stato
sufficiente ad aprire le porte della
città moderna, ricca, bella, con
tutte le comodità a portata di
mano .
La maniera di vivere dei vecchi
18 colonizzatori è diventata un'attrat-
tiva irresistibile ; le leggi della tribù
e l'autorità dei capi tradizionali
hanno perso la loro forza ; al posto
del tam-tam risuona nella foresta
la radio, e la sua voce rimpiazza
quella degli antenati e degli stregoni .
Il sogno di ogni giovane è « andare in città e studiare » . Studiare
fino a prendere un diploma che
dia diritto a un posto . Il « posto »
è il mito, il traguardo a cui si
sacrifica qualunque cosa. Ma le
statistiche dicono che nella scuola
secondaria metà degli allievi iscritti
non va oltre il primo anno . Lasciano i banchi per mille motivi :
incapacità allo studio, mancanza
di qualcuno che li alloggi, che
provveda il cibo . E finiscono sulla
strada .
Le strade della città, specialmente alla sera, diventa un luogo
molto pericoloso . Le bande, l'alcool, la droga, il vizio offrono il
miraggio dell'evasione, o anche
soltanto il gusto di vivere di espedienti . Ci sono molti ragazzini tra
loro : età 12-13 anni .
Molti sono anche quelli che finiscono in prigione . E la prigione
non è certo un ambiente educativo .
Tutte queste componenti danno
come risultato una generazione giovane in fermento. Una generazione
che non ce la fa ad integrarsi nella
società, che non riesce a vedere
una qualunque via d'uscita . E che
perciò è disponibile per qualsiasi
tentativo disperato.
È tra questa generazione giovane e sradicata che i Salesiani
lavorano dal 1964. . Il i° aprile di
quell'anno si mise a punto un
piano di «soccorso urgente » . Il
16 giugno un salesiano iniziò l'avventura prendendo alloggio tra le
rovine di una casa in periferia .
Ospitò fin dai primi giorni qualche
giovanotto . Iniziava così la « Cité
des jeunes » .
Oggi essa ospita un centinaio di
giovani interni (vanno a scuola in
città) e circa 250 esterni, che vanno
dai Salesiani a imparare un mestiere . Ma i lavori sono ancora in
corso . Il traguardo è di accogliere
almeno 1 .500 giovani . E saranno
sempre pochi rispetto a quelli che
bussano alla porta .
jeunes, che mi pare un'opera azzec-
Don Mario Valente, 35 anni, 8
passati a Lubumbashi, prima nella
Cité des jeunes, ora in un'opera
sperimentale alla periferia della
città. Abbiamo chiacchierato per
un'ora davanti al microfono . Un'intervista franca, aperta, che a tratti
s'incamminava su binari imprevedibili, difficilmente riconducibili
allo schema iniziale .
- Hai regalato 8 anni ai giovani negri di Lubumbashi . Da quando
sei prete sei là . Tra le parole che
in 8 anni quei giovani ti hanno
detto, ce n'è stata qualcuna che ti
ha disturbato profondamente, che
ti ha offeso?
- Offeso no . Disturbato sì . Una
affermazione che mi sono sentito
ripetere, che sentirò ancora, e che
è un pugno nello stomaco : « Vous
étes garantis » . Difficile tradurre . Un
ragazzo si lamenta per la vita difficile, per i mille problemi di ogni
giorno. Io gli dico : « Ti capisco » .
E lui : « No, tu non puoi capirmi,
tu sei garanti, assicurato contro la
miseria . Tu hai la vita « garantita »,
io di garantito non ho niente .
Difficile dire che ha torto .
- Ma se la vita è difficile in
città, perché non tornano ai loro
villaggi, alla brousse ?
- Anche se la polizia li arrestasse e li ficcasse a forza sul treno,
alla prima stazione scenderebbero
e tornerebbero a piedi in città .
Non è difficile, in fondo, capirli .
La città per i giovani è come la
droga . Una volta assaggiata, non
riescono più ad adattarsi al villaggio . Il futuro dell'Africa non è
la brousse, ma la città . Mi diceva
un missionario : nella brousse restano i vecchi che devono morire,
qualche donna, i piccoli che aspettano di diventare un po' più grandi
per andare in città . Solo in città
ci sono le scuole che possono dare
i diplomi, e perciò i « posti » . E
si spera sempre in un « colpo
buono ».
- Otto anni di vita sono una
bella fetta . Ti pare di avere realizzato qualcosa di concreto in questi
otto anni?
- Ho lavorato alla Cité des
cata, una presenza utilissima a Lubumbashi . Le scuole professionali mi sembrano essenziali per i nativi : hanno bisogno di istruirsi nella tecnica, in maniera da sapersela
cavare da soli, senza dipendere dai
tecnici stranieri . E anche l'internato per studenti mi pare un'opera
soda : ragazzi che riescono bene
negli studi, e che per circostanze
varie sarebbero costretti a sprecare
il loro talento, col nostro aiuto
riescono ad andare fino in fondo .
- Qualche «diploma» in piu,
qualche «posto» in più . Tutto qui
il frutto del vostro lavoro?
Qualche « uomo » in più .
Perché prima di tutto noi siamo
educatori . E questo mi pare importante .
- Riuscite anche a dare una
formazione religiosa a questi giovani? Ne fate dei cristiani?
- Spesso noi lavoriamo a li-
vello di pre-evangelizzazione . Cerchiamo cioè di creare quel substrato di valori umani su cui possa
attecchire il messaggio genuinamente cristiano. Ma molti dei ragazzi della Cité, che hanno una
media di 18 anni, sono già cristiani, e alcuni sono veramente
convinti e sodi nella loro fede . Su
questi noi cerchiamo di far leva,
perché siano lievito nella massa .
Ricordo un ragazzone di 2o anni .
Frequentava l'ultimo anno di scuola
tecnica-commerciale . Intelligente,
animatore entusiasta . Lo ricorderò
sempre perché non solo sapeva
animare i suoi amici, ma le cantava anche a noi preti europei in
maniera chiara e franca . Non
aveva peli sulla lingua, e per
questo i suoi amici lo rispettavano .
- L'impressione più violenta di
questi tuoi 8 anni?
- Ti sembrerà strano . È stata
una affermazione del colonnello
(o generale che fosse) O'Brien
comandante del reparto irlandese
delle truppe dell'ONU nella guerra
del Katanga . Aveva girato molto
nell'interno, nella brousse, e aveva
visto molti missionari . Aveva notato il gran lavoro di questi missionari a favore degli africani . E 19
Il salesiano Simone Kazadi . dello Zaire, nel
novembre scorso è stato ordinato sacerdote
nella sua città natale di Kalwezi .
di sentire . Non ha costruito nulla,
eppure lo ammirano e lo amano
per la sua capacità umana, la sua
cordialità semplice. Per anni ha
lavorato nell'ospedale provinciale
dove vengono curati solo i negri .
Era estremamente confortante per
gli indigeni sapere che lì trovavano uno che capiva la loro lingua, i loro disturbi, le loro paure,
senza sentirsi dire le solite, banali
espressioni degli europei : «'Questo
è una sciocchezza», «Ma, non
farmi erderé tempo » .
- E importante parlare la loro
lingua?
- Mi pare essenziale . La lingua
affermò : « I missionari europei lavorano molto per gli africani, ma
non li amano ». Queste parole mi
fecero arrabbiare . Dicevo : « Ma
cosa capisce questo qui? Noi abbiamo lasciato tutto, veniamo qui
a spendere la vita per gli africani .
E lui bello bello scopre che noi
non li amiamo*. Ma a forza di
pensarci su, dovetti concludere che
in quell'affermazione c'è della verità . È una battuta, naturalmente,
è un paradosso, ma contiene della
verità . Capita che noi ci ammazziamo di lavoro per gli africani,
e che loro ci ammirano ma non
ci amano . Perché? Perché tante
volte non li amiamo come dovremmo amarli.
Vogliamo bene a questa gente
come vogliamo bene a un poveraccio stracciato a cui diamo l'elemosina dicendo : vai a vestirti
COME DICO IO, a fare QUEL
CHE TI DICO IO, perché soltanto così puoi riuscire . Praticamente noi imprestiamo loro le
NOSTRE soluzioni, li vogliamo
far entrare nella NOSTRA mentalità, invece di entrare noi nella
loro . È difficile dimenticarci di
essere europei .
- Che cosa bisognerebbe fare?
- Mah ! Forse, ogni missionario che arriva quaggiù, prima
di cominciare a costruire, a fare,
a sorprendere questa gente con
20 le proprie capacità « europee », do-
vrebbe mettersi seduto vicino a
loro, ascoltarli, cercare di osservarli, accettare la loro mentalità .
Diventare insomma zairese con gli
zairesi, entrare nella loro pelle .
I Padri Bianchi : mesi e mesi
a chiacchierare con gli indigeni
- Quanto tempo occorre?
- Non ci si arriva mai . E forse
è questo che scoraggia . Un missionario, dopo 4o anni vissuti qui,
mi diceva che avrebbe dato chissà
che cosa per passare un'ora' sotto
la pelle di un negro .
- Conseguenze ?
- Finiamo per «europeizzare »
senza volerlo. Ci imponiamo con
la nostra capacità di elencare tutto,
catalogare tutto, organizzare il lavoro, costruire grossi edifici, e specialmente (ciò che più di ogni
altra cosa impressiona il negro) con
la nostra capacità di programmare
e di prevedere . Lui farà uno sforzo
enorme per imitarci . Ma non
riuscirà, e si perderà di coraggio .
- C'è stato qualche salesiano
che è riuscito a entrare nella «pelle
dei negri? ».
- Padre Picron . Fu ispettore .
Imparò le lingue più parlate (il
Ki-bemba e il Ki-zwaili) meglio
degli stessi africani. E si sforzò
moltissimo di entrare nella loro
mentalità, di acquistare il loro modo
esprime la mentalità di una gente,
il suo modo di ragionare, di vedere le cose . I Padri Bianchi, che
hanno lavorato per tanto tempo
in Africa, dopo il loro arrivo passavano mesi e mesi a chiacchierare
con gli indigeni . Fino a saper parlare in maniera né sprezzante né
paternalistica . Senza lasciarsi scappare i soliti : « Questo te lo spiego
io», e « Sì, figliolo, capisco benissimo » . Partendo da tabula rasa,
senza pregiudizi di razza, di mentalità né di cultura . Noi non ce
n'accorgiamo, ma abbiamo molti
pregiudizi del genere . Alcuni di
noi, quando arrivano ; «sanno già
tutto » degli africani, e quindi
hanno già . una risposta per ogni
domanda, un giudizio per ogni
atteggiamento degli africani. Tutto
questo fa sì che sovente il negro ci
ammira, ma meno sovente ci ama .
- Ma allora, come dovremmo
essere per aiutare davvero questi
nostri fratelli africani?
- Esperti in umanità . Esperti,
prima di tutto, nella « nostra »
umanità : conoscere i difetti e i
pregiudizi che ci ostacolano nell'azione .
Quella brutta cosa
che si chiama « selezione »
- Forse siamo andati un po' lontano . Vogliamo tornare a parlare
dell'opera salesiana a Lubumbashi?
Un giovane zairese in una fattoria agricola .
- Senz'altro . I primi salesiani,
nel Katanga, cominciarono lavorando nella brousse, ma quasi subito si condensarono nella città .
Qui si lavora sul serio per la gioventù « povera e abbandonata » .
C'è una massa di giovani che viene
a bussare alla nostra porta, o per
imparare un mestiere o per avere
un posto nell'internato. Per alcuni
anni ho dovuto occuparmi io di
quella brutta cosa che si chiama
«selezione » : cioè accettare qualcuno e scartare tutti gli altri .
Piange il cuore tante volte a dover
dire di no, eppure è inevitabile, i
posti sono pochi . Si scelgono quelli
che hanno le qualità migliori e le
condizioni più disperate .
Salesiani dopodomani
- A questi ragazzi date anche
un'educazione « sociale »? Cioè fate
di loro solo il bravo operaio, o
anche il cittadino responsabile?
- Anche qui occorre entrare
nella mentalità africana . Gli africani hanno una mentalità sociale
«alla loro maniera », e in certo
senso più sviluppata della nostra .
Le « relazioni tra persone dello stesso clan » sono strettissime,
molto più che tra noi, dove la famiglia è monocellulare . Hanno innumerevoli legami di sangue : sono
tutti grandi fratelli, piccoli fratelli, zii, cugini . Una rete di vincoli per noi inconcepibile . E questa
situazione etnica ha delle conseguenze pratiche fortissime . Caso
concreto : il lavoro . Un europeo
che lavora lo fa praticamente solo
per sé, la propria moglie, i figli .
Un africano tiene invece conto dei
suoi fratelli e sorelle, dei fratelli
e sorelle della moglie . Se è l'unico
che guadagna, distribuirà il suo
stipendio a tutti i parenti che vengono a bussare alla sua porta . È
quindi chiaro che parlare di « risparmio», di «previsione», di . « investimento » del proprio denaro
alla maniera europea, per l'africano è un non senso . E questo
forma tutta una mentalità diversa .
Per noi distribuire il denaro così
è sprecarlo, i postulanti sono parassiti . Per loro sono parenti e
basta . E il denaro non è sprecato,
ma investito in una maniera diversa dalle nostre : oggi è lui che
mantiene i parenti, domani forse
saranno i parenti a mantenere lui .
Se si tirano le conseguenze da
questo e da altri atteggiamenti fondamentali della mentalità africana,
nascono nuovi valori «sociali »,
nuove impostazioni dei problemi
anche a livello di grande società .
Perciò, volere impostare problemi
sociali che sentiamo « noi », alla
nostra maniera «europea », fa sempre parte di quel «colonialismo di
mentalità* da cui occorre purificarsi .
- Credi che tra questi ragazzi
potranno domani venir fuori delle
vocazioni salesiane?
- Direi «dopodomani* . Non è
in questione la validità della nostra educazione . Diventare religioso, oggi, per un giovanotto di
Lubumbashi, vuol dire capovolgere un mucchio di atteggiamenti,
mentali e pratici . I legami familiari a cui accennavo, per esempio .
Uno che riesca a studiare, a raggiungere un certo livello di cultura, sente attorno a sé una spinta
familiare fortissima : devi sposarti,
farti una posizione, e poi pensare
a tutta la piramide della tua famiglia . Non credo che la difficoltà
consista nella scelta della castità
religiosa, come pensa qualcuno . Bisognerà pensare forse a un « modo
africano » di essere religiosi, chissà.
- Quelli che escono dalle nostre
opere, gli exallievi, dimostrano riconoscenza nei nostri confronti?
- Penso non ci sia nessuna dif-
ferenza tra l'Africa e l'Italia . Ci
sono di quelli che, una volta partiti, non li rivedi più (eccetto abbiano bisogno di qualcosa) . Altri
invece ritornano, e solo per rivederci, salutarci . Ho molte lettere
di ex-allievi di Lubumbashi . Mi
scrivono non per avere qualcosa,
ma per ringraziare, per scambiare
parole con un amico . Ciò che più
rimane vivo in loro è lo «sforzo
di comprensione » . Uno mi dice :
« Tu non hai scaricato il tuo
camion di roba europea davanti a
noi, dicendo : prendete . Tu sei
stato zitto accanto a noi e ci hai
lasciato parlare ».
- Se dovessi venir via dallo
Zaire, che cosa ricorderai?
- Tante cose . Certo non di-
menticherò mai le due domande
che mi fece il primo ragazzo africano con cui parlai . Mi domandò
quanti anni di studio avevo fatto
e quante volte mangiavo al giorno .
E non dimenticherò nemmeno un
gesto, un piccolo gesto che non
feci . Ero appena arrivato nello
Zaire . Scesi dall'aereo, vidi un salesiano che mi aspettava con alcuni
giovanotti negri . Li salutai ma non
tesi loro la mano . Seppi poi che
ci avrebbero tenuto moltissimo .
Darei qualunque cosa per aver fatto
quel gesto.
TERESIO BOSCO
21
QUANDO 1 1IORN9
Nel presentare, nel numero di
luglio-agosto, la figura di Don
Cimatti, abbiamo dovuto sorvolare per necessità di spazio,
sugli anni «favolosi» di Vaisalice . Questo, evidentemente,
non è piaciuto a tanti exallievi
di Don Cimatti, che rivivono
nel ricordo quegli anni come
i più belli della loro vita . Tentiamo di colmare quel «vuoto » con la testimonianza affettuosa e pensosa di un grande exallievo : Nazareno Padellaro, presidente del Centro
Europeo dell'Educazione .
Valsalice, dove sono stato dal
igo8 al ign, ho avuto la rivelaA
zione di quella magia che dall'adolescenza ci traeva alla giovinezza, in un
tempo che non aveva giorni feriali,
perché tutti erano festivi .
Ero veramente nell'isola dei beati .
I miei successi scolastici mi davano
quella sicurezza e quel coraggio che
tì fanno sentire la voce dell'avvenire
come un agognato richiamo . I professori e i superiori incarnavano la
vocazione salesiana in maniera veramente esemplare . L'allegria di Don
Bosco saturava tutta l'atmosfera . Persino quell'innocente umorismo di cui
i giovani sono avidi e hanno veramente bisogno, traeva la sua materia
di spasso da quelle manie innocenti
che caratterizzavano tutti i nostri insegnanti . Tranne uno : don Cimatti .
Non c'era spazio nella sua figura per
la più piccola nota umoristica . Mi
sono chiesto tante volte il perché
di questa impermeabilità alle nostre
arguzie divertite . Oggi posso dire
che don Cimatti non poteva essere
raggiunto dai nostri tiri, perché perennemente immerso in una tumescenza di serenità mite che invitava
alla confidenza .
Questa serenità era diventata in
lui una seconda natura . Ma la prima
natura qual era?
Non è possibile dirlo perché non
ha lasciato trasparire mai il contrasto delle due nature : credo però
che la lotta tra esse sia stata drammatica .
Tutti lo ritengono una figura disegnata direttamente da Don Bosco,
di cui incarnava tutte le virtù . Eppure del Santo egli non ebbe quegli
acuti spirituali che colpiscono con
22 la percussione della virtù dominante .
ERANO TUTfI 'ESTIMI
Non ci appariva umile perché si
collocava fuori del contesto di questa
virtù . Non era penitente perché delle
mortificazioni non aveva le torsioni
agonistiche . Non aveva quei trasporti
che caratterizzano i colloqui privilegiati con Dio .
anche in questo, egli si distingueva
da tutti gli altri professori per i
quali solo la loro materia era importante .
Era « nato » don Cimatti
Mi insegnò anche musica ; e io
che avevo buona sensibilità musicale
ma inettitudine ancestrale a muovere
le mani sulla tastiera, misi a dura
prova la sua pazienza che era inesauribile .
Maestri di musica, in seguito, ne
ho conosciuti tanti, ma don Cimatti
fu l'unico che non maltrattava gli
esecutori stanchi o distratti . Con un
sorriso ci incitava a ritentare la frase
che offendeva il suo orecchio di
musicista straordinariamente dotato .
Per la verità, l'uomo aveva qualità
straordinarie di intelligenza scientifica, estetica, pedagogica .
Ai giovani bisogna insegnare (fu
il segreto di Don Bosco) a tramutare
la loro allegria intermittente in gioia
di vivere perché la vita è il capolavoro
di Dio .
L'uomo aveva compreso che i giovani si allontanano istintivamente,
pur venerandoli, da coloro che danno
alla propria virtù cifre troppo alte
di perfezione .
L'allegria, al contrario dell'angoscia
esistenziale a cui oggi « gioiosamente »
la gente si abbandona, era il catalizzatore di tutti i fermenti interiori .
Don Cimatti, agli occhi nostri, era
nato don Cimatti, e non ci era diventato . Il suo occhio di miope
scrutatore sapeva dove posarsi a individuare le pene e le lotte interiori
di coloro che erano in continuo travaglio . Allora una sua parola, un
gesto di sfuggita, afono, per così
dire, giungevano inaspettati a consolare e rinfrancare . Tutti siamo
stati consolati da don Cimatti ; ma
nessuno, credo, sa dire perché il
consolatore era quell'uomo che ti
passava accanto schermando la sua
luce invisibile .
Se i miei libri sull'educazione
hanno qualche idea feconda, l'ho
tratta dal suo modo d'insegnare .
Agraria, pedagogia, erano le due
materie sue . Le ore di lezione volavano, perché certamente erano state
a lungo preparate . Lo desumo dal
fatto che egli teneva sott'occhio brindelli di carta che di sfuggita consultava .
La sua voce, bellissima, illimpidiva le notizie più aride . Camminava,
mentalmente, con l'intelligenza di
ciascuno di noi ; e quelli di passo
intellettuale lento (che non umiliava
mai), non lo perdevano mai di vista .
La ripetizione era un suo segreto
didattico . Così non soltanto i più
intelligenti, ma anche i meno dotati,
a lezione finita, sapevano le cose
essenziali sull'argomento .
Saliva in cattedra come se essa
fosse il più incomodo dei banchi
per l'ultimo della classe . Era tra noi
sempre, perché quel suo occhio dolcissimo e incerto di miope aveva
per ciascuno un cenno d'intesa . Non
era mai apodittico e categorico, e
Le vittime più disponibili :
i giovani
Tutti i salesiani si dicono figli di
Don Bosco ; ma don Cimatti aveva
impressi i tratti di colui che fu veramente l'apostolo della gioventù, in
modo così evidente da esserne il
ritratto più fedele . Era l'incarnazione
di quelle virtù che di Don Bosco
han fatto il Santo dei nostri tempi ;
un'immagine perfetta di chi svelò
il segreto di salvare la gioventù,
quella soprattutto di oggi che corre
dietro la canaglieria più spaventosa :
la canaglieria del disgusto .
Filosofi, pedagogisti, sociologi, psicologi hanno insegnato ai ragazzi
come si fa ad essere infelici . Oggi
capisco quelle parole con cui don
Cimatti ci salutava : «Stammi allegro». Allora mi sembrava una formula di congedo . Oggi la considero
la ricetta che potrebbe salvare anche
i cercatori delle drogate estasi più
pericolose, e guarirci dal delirio
degli abissi . Questa società tecnicoerotica divora specialmente i giovani .
Il rispetto che salvaguardava la funzione educativa oggi è diventato arcaico . Don Cimatti potrebbe farci
ritrovare i valori perduti .
Un altare scolastico
Dopo Valsalice, lo rividi a Roma .
Mi venne a trovare nel mio ufficio
di Provveditore agli studi . La sua
barba missionaria non aveva alterato
nessuna delle linee fanciullesche del
suo volto, e mi sembrò che essa
fosse fittizia . Gli chiesi un giudizio
sui Giapponesi . Compresi che li
amava perché parlò delle loro doti
in modo entusiasta . Riconobbi in lui
l'uomo di Valsalice, ossia l'uomo di
Don Bosco .
Crisi, rivoluzioni, contestazioni,
droghe, suicidi sono misfatti che ci
vengono documentati ogni giorno dai
giornali e dai mezzi di comunicazione di massa . Dietro queste parole
che cosa c'è? Una lotta insanabile
tra una società che rifiuta i giovani
e i giovani che rifiutano la società .
L'unico dono che la cultura ha
fatto ai giovani è l'erotismo . Un dono
fatale che ha per epilogo la disperazione . Purezza e allegria potrebbero
ridare ai giovani la gioia di vivere .
Per questo don Cimatti deve essere
posto su un altare scolastico . Un altare che sia così alto che tutti i giovani e gli educatori possano vederlo .
Io non so se sarà la Chiesa a porlo
su questo altare . Ad ogni modo la
sua figura è illuminata dai raggi del
mattino, da quei raggi che gli occhi
dei giovani possono ricevere senza
che le loro pupille siano offese .
NAZARENO PADELLARO
t
[A TRAGEDIA DI[[
Don Daniele Venia, missionario in India, ci scrive dal Maharashtra :
« I villaggi sono deserti . Le porte sprangate . La gente sparita in cerca di lavoro .
A perdita d'occhio la desolazione di terra
brulla e arida con rari alberi spogli e scheletrici . I cani non hanno forza di abbaiare
e si nascondono subito alla vista di uno
sconosciuto . Non un frullo di uccelli :
sono volati via» . Queste le impressioni
del corrispondente di « Newsweek », l'inviato speciale Ramanujam, al ritorno della
sua visita dallo Stato assetato del Maharashtra .
Nonostante i miracoli della moderna
tecnica agricola, introdotti durante gli ultimi dieci anni in Asia, le capricciose e
implacabili forze della natura dominano
ancora supreme .
Per tre anni il monsone portatore di
vita è fallito . Nei tre distretti occidentali
del Maharashtra dove generalmente arrivano 50 cm . di pioggia quest'anno sono
caduti poco meno di 20 cm . Da ottobre
dello scorso anno non si è vista ancora
una goccia d'acqua arrivare dal cielo .
Quasi tutto il raccolto dell'anno '72 è
fallito e oggi 20 milioni di persone sono
attanagliate dallo spettro della fame . Le
piogge invernali sono state così rare nelle
altre regioni dell'India che il governo deve
prepararsi seriamente ad affrontare le difficoltà di un magro raccolto dei prodotti
agricoli stagionali .
Dopo la grave carestia degli anni 60
il governo prudentemente ammassò dieci
milioni di tonnellate di granaglia per ogni
emergenza . Oggi queste riserve sono consumate così rapidamente (quasi un milione di tonnellate al mese), che New
Delhi ha dovuto cercare altre provviste
dagli USA, dal Canada e dall'Argentina .
Gli spacci alimentari governativi e comu-
SETE
nali hanno ridotto la razione mensile da
4 kg . a 2 kg . a testa quasi in tutte le zone .
La razione del mese, per alcuni lavoratori,
è sufficiente solo per tre giorni . . .
Con i pozzi secchi e i fiumi ridotti a rigagnoli la gente disperatamente cerca
acqua da bere ; nei villaggi centinaia di
persone si accodano dietro l'autocisterna
che porta 4000 litri d'acqua con i loro
recipienti di ottone, terracotta o alluminio per ottenere un sorso del prezioso
elemento . In altri posti, sedute vicine al
parapetto per interminabili ore, altre donne
riempiono i loro vasi con acqua che arriva goccia dopo goccia da una fessura
di una parete rocciosa .
Migliaia hanno abbandonato ì campi
ed i villaggi in cerca di lavoro, riversandosi
in Bombay, Poona ed altri grossi centri .
Si accampano alla periferia arrangiandosi nei campi disponibili .
Per arginare questa fiumana di umanità affamata, il governo del Maharashtra
ha trovato lavoro per due milioni e mezzo .
Lavoro contro la carestia : nuovi pozzi,
frantumazione di rocce per selciare strade
e inghiaiare la via ferrata .
Molti contadini hanno venduto o abbandonato il bestiame a prezzi irrisori per
mancanza di foraggio . Altri l'hanno portato in campi governativi organizzati per
500 .000 capi di bestiame . C'è foraggio
artificiale fatto con i rifiuti della canna
da zucchero . In un campo ho visto
900 vacche sotto l'ombra di spinosi alberi bulbul . Alcune erano morte o moribonde, altre con riluttanza si sforzavano
di ingoiare la strana biada .
La prossima pioggia è attesa e dovrebbe arrivare col monsone . Se anche
questa non arrivasse, la situazione potrebbe diventare tragica ed esplosiva .
23
L'indigeno disse minaccioso : « Tu non salvando, noi a tutti morte
dando ». « Ma io non
sono un
chirurgo »,
balbettò suor Maria.
« Lei operi - tagliò corto madre Ispettrice . Noi andremo a pregare ». Suor Maria chiuse
gli occhi un attimo,
trasse di tasca un coltellino e lo passò su
una fiamma, poi diede
un taglio deciso - La
figura di suor Troncatti, una grande missionaria perita nella selva .
iacomo Troncatti non era ricco,
G
tuttavia possedeva una baita e
un buon tratto di terreno all'alpe,
e una casetta giù a Corteno di
Brescia . Nella chiesa del paese don
Bortolo aveva benedetto il suo matrimonio con Maria Rodondi, e versato l'acqua battesimale su un bel
numero di figli . Maria era nata il
16 febbraio 1883, e il giorno dopo,
con la neve alta mezzo metro, avvolta nello scialle della nonna, era
divenuta figlia di Dio .
Lassù la vita era dura per tutti .
D'estate si passava la settimana all'alpe, e la domenica si scendeva in
paese per la messa, il catechismo,
i vespri e la benedizione . D'inverno
si chiudeva la baita, e i ragazzi tornavano a scuola .
Maria era intelligente, sensibile,
ricca di fantasia . Una volta al mese
la maestra le imprestava una rivista
che arrivava da Torino, e si intitolava Bollettino Salesiano . Maria leggeva con avidità le avventure dei
missionari, le grazie di Maria Ausiliatrice, la storia di Don Bosco . La
sera raccontava quelle cose con
un'abilità tutta sua . La ascoltavano
a bocca aperta .
Un giorno fece una confidenza
alla sorella Caterina : « Voglio farmi
suora e partire missionaria . Voglio
andare tra i lebbrosi . Ma non dirlo
a nessuno » .
Una lettera segreta
1900 . Maria ha ormai 17 anni, e
confida il suo sogno a don Bortolo .
Questi la rispedisce a casa con un
24 « no » chiaro e tondo . Anche il papà
dentro
è contrario : fantasie da adolescente,
passeranno .
Maria non si impunta . Aspetta,
continua a lavorare e a cantare,
anche se è piuttosto stonata .
1904, ventun'anni . Maria per la
prima volta scrive una lettera segreta . La indirizza a Torino, a Don
Michele Rua, successore di Don
Bosco, e gli chiede di essere accettata come suora missionaria . La risposta arriva da Nizza Monferrato :
l'aspettano per la metà di ottobre .
Don Bortolo si convince che quella
è la volontà di Dio, e persuade anche
papà Giacomo . Mamma e sorelle
preparano il corredo . Cercano di non
pensare troppo al giorno del distacco .
« Andrai nell'Equatore »
«Addio mamma, addio papà » . La
casa è piena di gente . Singhiozzano
come a un funerale . La mamma l'abbraccia : « Ti benedico di cuore .
Va' dove Dio ti chiama » .
A Nizza i primi tempi furono duri .
Si sentiva sperduta in quella casa
immensa, tra tante facce nuove .
Non rispondeva che a monosillabi
« Sì, no, grazie* .
Un giorno incontrò la Madre generale . «Oli, Maria, come va?* . Risposta, un fiume di lacrime . Madre
Daghero la conduce nell'orto . « Hai
ragione di piangere . Ho pianto anche
io, molto . Guarda queste zucche :
sono grosse così perché le hanno innaffiate le lacrime delle postulanti » .
Furono sei mesi di lotta ; poi,
dopo una fervorosa novena a Don
Bosco, venne il sereno . Fu ammessa
al noviziato, e il 12 settembre 19o8
poté vestire l'abito delle Figlie di
Maria Ausiliatrice con l'impegno di
vivere povera, obbediente- e casta
a servizio della gioventù povera .
1922 . L'Istituto delle Figlie di
M . A . festeggia mezzo secolo di vita,
e le Superiori generali sono riunite
a Nizza in lunghe sedute di consiglio .
Madre Daghero si incontra dinuovo
con Sr . Troncatti, che si trova in
quella casa in qualità di infermiera,
dimostrando non comuni capacità .
- Tu hai fatto domanda per le
missioni ?
- Sì, madre .
- Bene . Andrai nell'Equatore . Ma
prima andrai al paese a salutare i
tuoi .
Tre giorni a Corteno, l'ultimo abbraccio ai genitori che non vedrà
più in terra . Poi in treno fino a
Marsiglia e l'imbarco . Per ventidue
giorni nient'altro che cielo e mare,
e volenterosi sforzi per imparare lo
spagnolo . Poi ancora battello, treno,
cavallo, e finalmente eccola a Chunchi,
un grosso villaggio equatoriano a sud
di Quito, dove alcune suore missionarie vivono in estrema povertà .
L'ispettrice, madre Mioletti, la
presenta alla minuscola comunità :
«Ecco la vostra Direttrice » . Suor
Maria è colta alla sprovvista, vorrebbe protestare . Ma non c'è tempo :
bisogna riparare il soffitto rovinato
dalle piogge, bisogna fare scuola,
curare i malati . Si è già sparsa la
voce che è arrivata la «madre fisica »,
cioè una dottoressa, con una grossa
provvista di medicine miracolose, e
i malati, indios e bianchi, accorrono .
Suor Maria si prodiga . La medicina più efficace è la sua bontà .
Una vera mamma . « Sono la "medica" del paese - scrive ai suoi - .
A qualunque ora sono chiamata . Se
vedest come mi vogliono bene !
Quando mi vedono montare a cavallo, mi vengono vicino e mi dicono : "Madrecita, dove vai? Torna
presto . Noi ti vogliamo tanto bene" » .
Operazione chirurgica
nella selva
Ma Chunchi non è che l'inizio .
La sua destinazione è la selva,
in mezzo ai Shuar . Eccola dinuovo
in viaggio, a cavallo, a piedi, per
montagne selvagge oltre i tremila
In piena selva ecuadoriana .
metri, in una solitudine paurosa rotta
soltanto da urla di fiere e strida di
uccelli, talvolta sotto torrenti di
pioggia . Un viaggio estenuante nella
selva, dentro una vegetazione inverosimile e inestricabile, che non lascia
penetrare il sole, su un fondo viscido
e fangoso, e il martirio degli insetti .
Come Dio volle, arrivarono a
Méndez . Padre Corbellini, capo della
missione, e un buon numero di Shuar,
accolsero le suore con gioia esplosiva .
Ma l'allegria durò poco . In quei
giorni due gruppi di indios si erano
scontrati duramente, e la figlia del1' Unt (capo) era stata ferita da una
pallottola . L'avevano portata alla
missione, ma nessuno si era sentito
capace di farei qualcosa . Allora l' Unt
con aria minacciosa si era rivolto al
missionario nel suo spagnolo approssimativo a base di gerundi : «Tu
curando, noi aiutando ; tu non salvando, noi a tutti morte dando » .
Non c'era da scherzare . Gli sguardi
si volsero disperati a suor Maria .
« Ma io non sono un chirurgo balbettò - . E poi, con quali strumenti ? » .
« Lei operi - tagliò corto madre
Ispettrice -- . Noi andremo tutti in
cappella a pregare » .
La pallottola aveva perforato il
braccio sinistro e si era conficcata
nel seno già da quattro giorni . La
ragazza (dodici o tredici anni) bruciava di febbre .
Suor Maria chiuse gli occhi per
un attimo, invocò Maria Ausiliatrice . Poi ordinò che facessero bollire dell'acqua, preparassero tintura
di iodio e asciugatoi puliti . Si lavò
scrupolosamente le mani, trasse di
tasca un coltellino e lo sterilizzò alla
fiamma . Passò la tintura su tutta la
zona da operare, poi diede un taglio
deciso . La pallottola schizzò fuori e
cadde sul pavimento . Scoppiarono
risate formidabili : gli indios saltavano di gioia, dandosi grandi pacche
sulle spalle . Quella notte il tuntui,
il tamburo degli Shuar, annunciò a
tutti gli abitanti della selva : « È
arrivata una stregona più potente di
tutti gli stregoni : passo libero per
sempre a lei e a tutti quelli che sono
con lei » .
Le domande dello stregone
Ora suor Maria è a Macas . Ha
allestito una specie di ambulatorio
in una povera capanna, e cura polmoni sibilanti, tossi cavernose, febbri
endemiche, deperimenti cronici, piaghe e ferite di ogni genere .
« Cosa metti nelle tue medicine
che fanno sempre guarire? » domanda il brujo (stregone) .
« È un segreto che tu non conosci
ci metto la preghiera » .
Ce ne metteva davvero tanta, di
giorno e di notte . Una fede da trasportare le montagne . E un gran
cuore di mamma, assieme a una preparazione scrupolosa, che aveva perfezionato frequentando l'ospedale di
Guayaquil .
Ma l'isolamento nella selva è spaventoso . Suor Maria era espansiva,
affettuosa, generosa, e tuttavia non
riusciva a vincere del tutto la paura .
Un giorno non ce la fece proprio
più . Uscì dalla capanna piangendo,
si mise a correre finché arrivò in
cima a una collinetta . Voleva essere
sola per dar libero sfogo alla sua
angoscia . Singhiozzava forte, gridava, gemeva . Suor Manuelita la
raggiunse, la prese per mano, la
condusse indietro, davanti al Tabernacolo della povera Cappella . Nel
colloquio con Dio suor Maria ritrovò calma e coraggio . Ricordò che
un giorno aveva scritto : « Quando
incontrerò il sacrificio dirò : l'ho
voluto io, accettando la vocazione
missionaria » .
25
rwa ia ieiiwi a
Venne maggio, il mese di Maria .
Un pomeriggio le tre suore della
missione videro una indietta correre
verso di loro . Poteva avere dieci o
dodici anni . Accarezzava i loro abiti ;
le mani, sorrideva, parlava . Ma che
cosa diceva ? Chiamarono una giovane che conosceva la lingua shuar .
« Sono fuggita - diceva la ragazzina
- . I miei genitori sono morti . Ho
tanta paura . Tenetemi con voi » .
La tennero . Le diedero un vestitino, un lettuccio, le insegnarono
lo spagnolo, le parlarono di Dio .
Qualche giorno dopo ne arrivò un'altra . All'inizio dell'anno scolastico
1926-27 le due piccole indie entrarono
in classe con le figlie dei coloni . Cadeva una barriera secolare .
Un giorno portarono un indio neonato ; la mamma l'aveva abbandonato,
perché gobbo . Suor Maria l'accolse
come fosse stato suo . Il 18 febbraio 1927 mons . Comin poté battezzare nove piccoli Shuar . Suor
Maria mandava una fotografia alla
sorella e spiegava : «Vedi dove vivo?
In questa capanna si trova la felicità. Vedi queste tre selvaggette ?
Quella di mezzo è da poco che è
con noi . Aveva paura a farsi fotografare . Le altre due sono già battezzate » .
Bambini abbandonati, orfanelle,
malati, vecchi, feriti, suore e missionari sfiniti dalle fatiche, la tenevano
occupata giorno e notte . Pronta a
ogni chiamata, non esitava ad affrontare la selva, attraversare fiumi
magari con l'acqua fino al petto .
La paura di un tempo era scomparsa,
la sua forza era la preghiera .
Grosse difficoltà venivano dai colonizzatori . Erano abituati a trattare gli indios come esseri inferiori
a loro servizio, e non potevano perdonare ai missionari di insegnare che
tutti siamo uguali davanti a Dio,
che tutti abbiamo dei diritti fondamentali che debbono essere rispettati ; e li ostacolavamo in tutti i modi .
Ma suor Maria non era il tipo da
lasciarsi intimorire . Si recò dal «tenente politico » e gli ricordò che aveva
il dovere di difendere i diritti di
tutti, senza distinzione di pelle . E
continuò imperterrita il suo insegnamento .
Un giorno il tuntui annunciò una
novità straordinaria : alla missione
un indio e una india, istruiti e battezzati, avevano celebrato le nozze di
loro propria volontà . Un fatto inaudito : mai fino allora una ragazza
26 shuar aveva potuto scegliere libera-
mente il marito . Ora questo diritto
veniva affermato, e nascevano le
prime famiglie cristiane shuar . Alla
fine del 1930 suor Maria scrisse nella
sua relazione annuale : «Abbiamo
7o alunne nelle classi elementari ;
8o ragazze, e fidanzate o spose nel
laboratorio per esterne ; 2o kivarette
e 8 orfane bianche interne ; 200 kivari
al catechismo » .
1932 . Di porta in porta, da una
capanna all'altra, Macas è scossa da
una notizia improvvisa : madre Maria
parte . Le donne corrono alla missione :
« È vero suor Carlotita ? » .
Suor Carlotita non ha bisogno di
rispondere : ha gli occhi rossi e
gonfi di lacrime . Madre Maria non
c'è, è andata a vedere un malato
grave . Le donne decidono di aspettarla . Dicono : « Come faremo senza
di lei?* E ricordano, in coro : suor
Maria le aveva curate durante l'epidemia, aveva rimediato a ferite gravissime, guarito piaghe croniche,
anche quando i medici non sapevano
più cosa fare . Andavano da lei a
confidarle tutto, anche le cose più
segrete ; perfino gli uomini si confidavano con lei . Sempre pronta
a donare tutto quello che aveva . E
sempre col rosario in mano . Lo sapevano tutti : si alzava alle quattro,
e faceva un'ora di adorazione prima
delle pratiche comuni . Ogni sera la
Via Crucis . In certi momenti, quando
non sapeva proprio più come cavarsela, correva in Cappella, pregava
a lungo, e la soluzione veniva . Gli
indios l'amavano più che una mamma .
Una volta, guadando un fiume,
aveva corso serio rischio di annegare . L'indio che l'accompagnava,
lottando come un toro contro la
corrente, era riuscito a trascinarla
a riva . Poi si era gettato a terra
singhiozzando : «Ah, madrecita, che
paura ho avuto di perderti ! Se tu
morivi, che sarebbe stato di noi?* .
Un'altra volta era partita con un
giovane indio per visitare un vecchio
ammalato, molto lontano . Al ritorno,
stanchissima, aveva dato un gemito
ed era svenuta . Il giovane la trascinò sull'erba e le tenne la testa
sulle ginocchia, piangendo come un
bambino . Quando suor Maria riaperse gli occhi «Ah, madre Maria gridò pieno di gioia -, sei viva,
sei viva ! Che felicità ! » .
Ora suor Maria doveva partire .
Passò sei anni a Guayaquil, tra i
civilizzati . Sua madre da Corteno
le scrisse di non tornare più nella
selva . Rispose : «Non lo chiedo,
perché voglio proprio fare la santa
volontà di Dio . Ma se i superiori
mi mandano, con tutto il cuore ci
vado : il mio pensiero è sempre alla
missione » .
E quando i superiori vollero che
tornasse a Macas, scrisse dinuovo
« Qui con gli indios mi trovo molto,
molto contenta : molto più che a
stare nella città di Guayaquil in
mezzo all'aristocrazia . Qui, in questa
selva, lontana da tutte le bugie del
mondo, catechizzando, curando infermi, allevando poveri bambini, mi
sento veramente felice . . . » . Ma «Quante volte mi trovo in mezzo a voi col
pensiero ! Quante volte desidero vedervi, sentirvi, parlarvi . Quanto desidero abbracciare la cara mamma e
dirle tantissime cose ! Tutte le volte
che penso ad essa piango, sentendola
tanto lontana . . . Ai piedi di Gesù
mi consolo . Uno sguardo al Crocifisso mi dà vita e ali per lavorare . . . » .
Un giorno arrivò un indio sconosciuto che le disse : «Vieni presto,
mia moglie è molto ammalata » . Era
tardi, questa volta suor Maria esitava . L'indio insistette, disse che
non era lontano . Suor Maria afferrò
la valigetta del pronto soccorso e lo
seguì . Cammina, cammina . Venne
notte . D'improvviso la selva risuonò
di spari, di urla . L'indio disse :
«Aspettami qui » ; e scomparve . Rimase sola, in mezzo alla selva, nel
buio della notte, senza conoscere la
strada del ritorno . Che fare ? Prese
a recitare il rosario . A un tratto
si trovò davanti un cagnolino bianco .
Carino! Lo accarezzò, e continuò a
pregare . Il cane le addentò la falda
dell'abito, e prese a tirare . Suor
Maria lo seguì un poco, poi si fermò
incerta . Ma quello dinuovo a tirare .
«Ebbene, vengo con te, diamine .
Vediamo dove mi conduci » . La
condusse davanti alla missione . Le
due suore la stavano aspettando,
preoccupate . « Date qualcosa da mangiare a questo ca . . . » . Le morì la
parola in bocca . Era scomparso .
Suor Maria ricordò che anche a
Don Bosco in momenti difficili Dio
aveva mandato un cane, il «grigio» .
In quegli anni la seconda guerra
mondiale massacrava milioni di esseri
umani . Nella selva la cronaca registrava : «Una kivara ci porta una
bambina di due anni senza mamma . . .
Riceviamo una kivaretta di otto
Il disastro aereo in cui peri suor Troncatti .
mesi . . . una di sei anni . . . una bambina di tre anni . . . cinque fratellini
rimasti orfani . . . una figlia di nove
anni . . . una di diciannove . . . » .
« Madrecita, ma come facciamo a
sfamare tante bocche ? ».
«Ci vuole fede, diamine!* .
uue aerei neri
Gli anni passano . Suor Maria ha
ormai varcato i 6o .
Novembre 1947 . Si diffonde una
notizia strabiliante : ci sarà un servizio aereo per la selva . Bisogna preparare le piste di atterraggio . L'anno
dopo, il 24 aprile, la foresta è scossa
da un rombo pauroso . «Per la prima
volta - registra la cronaca - due
magnifici aeroplani atterrano in questa missione ».
Il 2 ; agosto suor Maria Troncatti
salì per la prima volta sull'aereo,
e volò a Quito per gli Esercizi spirituali . Guardò dall'alto la selva insidiosa con i suoi ponti malsicuri, i
fiumi vorticosi, i serpenti . Finiti i
viaggi interminabili in mezzo a tanti
pericoli . Cominciava un'era nuova .
Suor Maria passò gli otto giorni del
suo ritiro quasi esclusivamente in
Chiesa a ringraziare il Signore . Inginocchiata presso l'altare, col capo
leggermente appoggiato all'orlo della
mensa .
Nella selva arrivò la prima jeep,
si impiantò la luce elettrica, una
stazione radio, un mulino, una trebbiatrice . Si coltivava razionalmente
il terreno, si allevava il bestiame, si
cominciava a disporre di un vitto
meno povero e scadente .
Due shuar, sposandosi, vollero dimostrare la loro riconoscenza a suor
Maria regalandole una mucca . Suor
Maria la regalò subito a un povero
indio rimasto solo : « È tua, - gli
disse - e tuo è il primo vitello .
Ma il secondo sarà mio, e così di
seguito, uno a te, uno a me . Ti va ? » .
Quando il vitello pattuito arrivava,
suor Maria lo regalava a un'altra
famiglia povera alle stesse condizioni .
Una catena di carità .
La nonnina dice : « va
16 febbraio 1953 . Suor Troncatti
compie settant'anni . La sua fibra,
provata da tante fatiche e da qualche
malattia, non è più quella di una
volta . Viene esonerata dal peso della
direzione, e mandata a Sucùa . La
sua direttrice è giovane, spesso non
sa come cavarsela, allora si confida
con lei . « Non si preoccupi - risponde suor Maria - . Vado a pregare . Tutto si aggiusterà » . Dal canto
suo, non si risparmia . Vengono a
chiamarla a mezzogiorno . « Mio padre
sta male, ma non vuole che nessuno
lo curi se non lei » . Suor Maria
potrebbe dire : « Ho le gambe gonfie,
non posso più camminare » ; oppure :
« Lasciami almeno mangiare un boccone, poi verrò » . Dice semplicemente : « Vamos », e parte con la
sua valigetta di medicinali . La chiamano affettuosamente abuelita, nonnina . Tutti : i bianchi, gli indios,
le suore, i salesiani, che debbono
alle sue cure materne e alla sua
bontà soprannaturale il ricupero delle
forze fisiche e non di rado anche di
quelle morali .
I Shuar si uniscono in Federazione .
Suor Maria ne è entusiasta : le sembra
che l'avvenire dei suoi cari indios
sia meno insicuro .
In Italia è nata l'Operazione Mato
Grosso . Arriva fino a Sucùa . Il
20 ottobre 1968 suor Maria scrive
alla sorella : « Sedici giovani, sei ragazze e due sacerdoti sono venuti
a lavorare proprio nella nostra missione di Sucùa, da quattro mesi .
Hanno fatto una casa grande, hanno
messo una radio trasmittente ; hanno
portato tante medicine, curato tanta
povera gente, vestito tanti poveri . . .
Mi hanno detto : "suor Maria, noi
le paghiamo il viaggio, la portiamo
in Italia a rivedere i suoi" . Io li ringraziai, ma sono troppo vecchia . In
Paradiso staremo vicini e godremo
per tutta l'eternità, a Dio piacendo . . . ».
La morte v
25 agosto 1969 . Suor Maria ha
96 anni . Deve recarsi a Quito per
gli Esercizi spirituali . Sale con altre
due suore su un aereo della compagnia
TAO . I motori sono già accesi, il
pilota ha premura e parte immediatamente . Pochi secondi, poi la tragedia . L'aereo si schianta su un
campo a 50o metri dalla pista . I
piloti si sono gettati nel vuoto . Una
suora si ritrova in piedi fra i rottami, l'altra è nella morsa delle lamiere contorte . Suor Maria è distesa sull'erba . Dio è venuto a
prenderla .
La radio dà la triste notizia a
tutto l'Ecuador : « Un aereo si è
schiantato al suolo . Portava tre suore .
Una è morta sul colpo, suor Maria
Troncatti » . Una sciagura nazionale .
Al funerale c'erano tutti, anche le
mamme con i bimbi in fasce, anche
i vecchi appoggiati al bastone . Singhiozzavano come se fossero morti
padre e madre insieme .
Sulla tomba, una grande croce
con queste parole : « Suor Maria
Troncatti, F .M .A ., incomparabile interprete della bontà di Cristo » .
PIETRO AMBROSIO
(Sulla figura di MARIA TRONCATTI è stato
pubblicato il volume « Selva, patria del
cuore*, di M . D . Grassiano) .
27
Ii NEL MONDO SALESIANO
~` ~w1
..
A
MAF
BORGOFRANCO-LIVORNO :
GEMELLAGGIO MISSIONARIO
C'è un «laboratorio missionario» a
Borgofranco d'Ivrea, fondato dalla signora Broglio, che mobilita le donne di
buona volontà dei piccolo paese ai
piedi della Serra, e le impiega in un
prezioso lavoro di retrovia per aiutare i
missionari . L'iniziativa, segnalata dall'Agenzia Notizie Salesiane e dal Bollettino, ha avuto una piacevole conseguenza .
È successo che le donne di buona
volontà della parrocchia San Pio X
(via Donnini, 167) di Livorno, hanno
letto la notizia, e hanno deciso di mettere su anche loro un «laboratorio missionario» . Col parroco don Luciano
hanno scritto domandando informazioni, e chiedendo se potevano fare un
salto su a Borgofranco per vedere con
28 i propri occhi . Certo che potevano .
Perciò andarono, incontrarono la signora Broglio e le sue 150 «missionarie», e presero nota di tutto .
Ora, messo su il loro laboratorio,
hanno invitato a loro volta la signora
Broglio . Che ha passato una giornata a
Livorno, ha visto le donne della parrocchia al lavoro . « Per me è stupendo
- dice . - Ho visto tutta la passione e
l'animazione che ci mettono, lo spirito
di comunità e di fratellanza da cui sono
animate . E penso come sarebbe bello
se potessimo risvegliare tutto il mondo
così . Se tutte le parrocchie facessero
altrettanto, la fame dal mondo sparirebbe ».
Perciò le parrocchie di Borgofranco
e Livorno hanno stretto alleanza e
hanno firmato un «gemellaggio», in
attesa che altre donne di buona volontà
si uniscano a loro : per aiutare il lebbrosario di Tura in Assam, per le missioni
della Tanzania, per i profughi del Pakistan . Eccetera .
Da Livorno viene quindi una conferma : c'è nel mondo un grande capitale di buona volontà ; a volte mancano
idee per metterlo a frutto ; ma anche
una modesta notizia pubblicata su un
modesto periodico può suggerire queste
idee . Poi, da cosa nasce cosa . (ANS)
MONS . MARENGO
ALLA NUOVA DIOCESI DI TURA
La Santa Sede ha dismembrato dall'archidiocesi di Shillong-Gauhati il territorio di Tura erigendolo in diocesi suffraganea, e ha nominato il vescovo salesiano mons . Oreste Marengo suo amministratore apostolico ad nutum .
Nato nel 1906 a Diano d'Alba (Cuneo), mons . Marengo è assamese di elezione. In Assam ha fatto il noviziato
(1923) e gli studi filosofici e teologici,
è stato nominato sacerdote e ha lavorato ininterrottamente fino a oggi .
Tempra di iniziatore, è stato il primo
vescovo di Dibrugarh, il primo vescovo
di Tezpur, e ora ricomincia nella nuova
diocesi di Tura .
NUOVI STATUTI E REGOLAMENTI
PER EXALLIEVI E COOPERATORI
Si intensifica in questi mesi il lavoro
per la stesura del nuovo «Statuto degli
Exallievi di Don Bosco» e del nuovo
«Regolamento dei Cooperatori» .
In fase di avanzata preparazione si
trova già lo Statuto degli Exallievi . Una
sua prima stesura è stata inviata ai Consigli Nazionali del movimento, che hanno
formulato le loro osservazioni .
Lo Statuto consta di tre parti : una
Dichiarazione iniziale sull'identità dell'Exallievo di Don Bosco, lo Statuto
vero e proprio, e un documento aggiunto contenente norme pratiche .
Il Regolamento dei Cooperatori è invece ai suoi primi passi .
II 7 e 8 aprile si è riunita in Roma
una commissione tecnica, di cui facevano parte rappresentanti dei vari rami
della Famiglia Salesiana ed esperti provenienti da Italia, Francia, Spagna e
Portogallo. La commissione ha preso in
esame il piano del documento, lo ha
discusso e ha proposto correzioni .
Ora esso risulta articolato in due
parti : una Regola di Vita («Chi siamo
noi Cooperatori»), e Norme per l'Associazione («Come siamo organizzati») .
La Regola di Vita, per il contenuto
s'ispira a tutta una serie di documenti
precedenti, che vanno dal Regolamento
preparato a suo tempo da Don Bosco
alle deliberazioni dei Capitoli Generali
Salesiani (specie dei due ultimi) .
Questo aggiornamento di Statuti e Regolamenti si rendeva indispensabile per
dare nuovo slancio a Exallievi e Cooperatori . (ANS)
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
NOVITA LDC - 10096 TO-Leumann
1800 CHILOMETRI
SUL REO NEGRO
Alle 9 usciamo di casa . Dovremo affrontare un viaggio sul Rio Negro di
circa 1800 chilometri . La lancia e il
battello attendono a riva : carichiamo
sacchi e cassette contenenti viveri che
distribuiremo nei vari villaggi .
Il motore del battello non funziona
bene : per due volte siamo costrette a
fermarci : il meccanico lavora febbrilmente : noi preghiamo e speriamo . Si
riprende la navigazione, ma alle due
dopo mezzanotte un forte urto ci sveglia : il battello si è incagliato . Si resta
bloccati per più di un'ora .
L'alba . Lungo la riva, di quando in
quando, sorgono piccole case sparse :
gli abitanti accorrono e ci salutano festosamente da lontano .
Il viaggio si prolunga per circa un
mese e mezzo . Al terribile «passo della
Cachoeira » siamo costretti a lasciare
lancia e battello che, dagli indios, sono
tirati con grosse corde al lato opposto
della collina . Noi, coi cuore in gola,
dalla sponda cominciamo lentamente a
salire . Non c'è alcun sentiero, né terra,
né filo d'erba, ma solo scogli aguzzi e
lisci . Posiamo i piedi in piccole buche ;
una distrazione o la perdita d'equilibrio
ci lancerebbero a picco nelle acque
agitate e minacciose.
Dall'alto gli indios ci incoraggiano
con timidi sorrisi : nessuno ci viene
incontro perché l'aiuto stesso potrebbe
complicare l'ascesa e renderla fatale .
Da Tunui a Tapiraconta impieghiamo
otto ore sotto la pioggia . Nel battello
entra acqua, la togliamo continuamente
con . . . una scodella . Qui la natura è
triste ; non vi sono né alberi, né persone,
né uccelli .
Finalmente verso sera avvistiamo cinque capanne abbandonate. Decidiamo
di passarvi la notte . È una notte veramente missionaria, di sofferenza e di
offerta . Numerosi insetti ci assaltano :
entrano nella pelle e producono un
forte prurito ; è necessario toglierli uno
ad uno con la punta dell'ago!
Tanti sacrifici e tanti rischi trovano
ricompensa. Approdiamo nei villaggi,
c'intratteniamo con gli abitanti, facciamo
catechismo, preghiamo insieme, ascoltiamo i loro problemi .
L'accoglienza è ovunque cordiale,
però il tono di vita cristiana è più sensibile là dove si trovano exallievi ed exallieve che hanno ricevuto una buona
formazione negli internati salesiani e
nostri .
Ad Arari Pirà un bravo ragazzo,
Francesco, lavora seriamente. Se ne vedono gli effetti . Desidera che battezziamo un suo fratello. Gli domando se è
preparato . Sorride :
- Ho fatto del mio meglio . Adesso
o lo battezzi tu, o lo battezzo io!
Nella borgata di Uapuì sono tutti
cattolici . Incontriamo due nostre care
exallieve . Una di esse, Emilia, ha sposato il figlio del «capo», Samuele . Ha
un bel bambino di appena dieci giorni .
-- Vorrei battezzarlo subito - mi
dice Samuele . - Come lo chiameremo?
- Scegli un bel nome - rispondo .
- No, sceglilo tu .
- Non ti piacerebbe chiamarlo Paolo ?
È il nome del Papa .
- È bello . Qui nessuno ce l'ha .
Ora da lontano penso con affetto a
quel piccolo bambino . Sono felice che
lungo le rive del Rio Negro un piccolo
Paolo cresca come un ricordo vivo del
Papa .
8r. M . ROSA MERONI - F .M .A .
Temi di pastorale della famiglia,
a cura di L. Baracco . Pag . 272 .
L. 2000
Quattro parti : Preparazione al matrimonio e fidanzamento - Amore coniugale e vita familiare - La famiglia
"Chiesa domestica' - L'aborto, violenza contro la persona umana .
I temi sono stati studiati e discussi
durante due corsi semestrali di specializzazione tenuti a Torino, dai migliori esperti di problemi matrimoniali e familiari in Italia .
C . Fiore - A . Paoli, Giovani pop .
Pag . 184 . L . 1000
I giovani danno una valutazione spietata sui loro contemporanei . II discorso investe la società, la contestazione giovanile, l'appoggio dei giovani alla costruzione di un mondo
nuovo . Arturo Paoli conclude tracciando un quadro vigoroso e profetico della migliore gioventù .
G . Barra, Il sentiero dell'Horeb .
Pag . 152 . L . 1000
È vero che i giovani hanno riscoperto
la preghiera ? E che significa per
loro pregare : evadere dal loro impegno terrestre o calarsi più profondamente nella pasta umana quotidiana?
In questo volumetto le esperienze di
preghiere di Spello, Bose, ecc . e le
testimonianze vive dei giovani .
P . Hamon, Chi sei tu, Maria?
Pag . 280 . L . 1700
Tre parti : ciò che la gente dei nostro
tempo pensa di Maria ; ciò che la
Chiesa pensa di Maria ; interrogativi
e risposte . In questo tempo in cui
sono in forte ribasso i sentimentalismi e le forme puerili di devozione,
questo libro intende dare il senso
profondo della vera devozione alla
Madre del Signore .
B . Bartolini, Maria, madre di un
figlio che cresce - Maria, madre
dell'uomo nuovo. Ciasc. L . 200 .
Sono rispettivamente 7 celebrazioni
mariane di preghiera per ragazzi e
7 per giovani .
ALTRE NOVITA
Aborto problema d'oggi . Pag . 72 .
L . 280 - Ed . SDB - Viale dei Salesiani 9 - 00175 ROMA .
Un sussidio contro la campagna per
rendere legale l'aborto . Contiene : il
testo della legge Fortuna, l'insegnamento della Chiesa, affermazioni di
scienziati e teologi .
M . Molineris, Miracoli di Don
Bosco . Pag . 480 . L . 1500
È una rassegna delle principali grazie
e guarigioni operate da Don Bosco
in vita, in morte e dopo morte . È il
terzo volume della collana « La vita
di Don Bosco in fatti» .
29
PER I PICCOLI VIETCONG
I Salesiani di Dalat (Vietnam del Sud) lavorano anche in un carcere che raccoglie 600 Vietcong minorenni . Alcuni di essi
sono battezzati, ma quando c'è una Messa accorrono tutti a vedere . Nella
foto : durante la Messa, un giovane prigioniero riceve la Comunione, mentre
gli altri osservano con stupore .
IL RETTOR MAGGIORE
A CASERTA
II 6-7 maggio 1973 la Casa salesiana
di Caserta ha celebrato il 75° della sua
fondazione e insieme ha festeggiato la
Beatificazione di Don Rua che di quella
casa fu l'iniziatore .
I vari discorsi commemorativi hanno
permesso di ripercorrere le vicende dell'opera salesiana, e di rievocare le figure
più significative della sua storia .
È stata ricordata la prima benefattrice dell'opera, la signora Laserre, originaria di Pau nei Pirenei, che si può
dire visse per la gioia di quel gesto
generoso : per 23 anni aveva capitalizzato i frutti del suo lavoro e messo insieme il necessario alla costruzione dell'opera salesiana .
È stato ricordato Don Rua che accettò l'offerta della signora Laserre, si
recò a Caserta nel '96 per la posa della
prima pietra, e vi tornò per l'inaugurazione nel '98 .
t stato ricordato il tragico eccidio
perpetrato il 28 settembre 1943 per
rappresaglia dalle truppe tedesche, di
quattro indifesi Salesiani che i casertani
hanno voluto commemorare con una
via intitolata ai « Martiri Salesiani» .
La visita del Rettor Maggiore e le
tante manifestazioni di amicizia tributate dai convenuti ai festeggiamenti,
sono un giusto premio ai Salesiani di
Caserta che da 75 anni lavorano per la
gioventù della città . (ANS)
NUOVO VESCOVO SALESIANO
L'Osservatore Ror>i o del 25 maggio pubblicava : « II Santo Padre ha
eretto, con territorio distaccato dalla
Diocesi di Dibrugarh (India) la Diocesi
di Kohima-Imphal . . . Ha inoltre nominato Vescovo di Kohima-Imphal il reverendo sacerdote Abraham Alamgimattathil, della Società Salesiana di
San Giovanni Bosco, Vicario Generale
di Dibrugarh » .
A don Abraham un cordialissimo
«buon lavoro», nel nuovo ministero cui
30 lo chiama 13 Chiesa .
1 BOLLETTINI SALESIANI :
UN MILIONE DI COPIE
L'Ufficio Stampa Salesiano ha condotto recentemente un'inchiesta sui Bollettini Salesiani che si pubblicano in
tutto il mondo . Ecco i dati più significativi emersi dall'inchiesta :
Il Bollettino Salesiano è attualmente
pubblicato in 13 lingue : croato, fiammingo, francese, inglese, italiano, malayalam (India), maltese, olandese, portoghese, sloveno, spagnolo, tamul (India), tedesco .
I più antichi Bollettini Salesiani sono
stati fondati da Don Bosco stesso : le
edizioni italiana e francese . Quattro risalgono all'800 : italiano (1877), francese (1881), irlandese (1892) e tedesco (1895) .
La tiratura dei vari Bollettini è assai
disparata : dalle 360 mila della edizione
italiana, giù giù fino alle 800 del Bollettino Salesiano indiano in lingua Tamul . La tiratura complessiva annua supera di molto gli 11 milioni di copie,
quella mensile si avvicina alle 950 mila
copie .
L'«OSCAR DON BOSCO»
A ROMA
Non si tratta, evidentemente, del premio che si dà ogni anno ai migliori interpreti e registi del cinema . La statuetta di Don Bosco premia invece a
Roma ogni anno « i tre ragazzi in gamba» dell'anno, scelti tra gli alunni delle
scuole elementari e medie, che hanno
risposto ad un intelligente questionario
sulla vita di San Giovanni Bosco .
La festa di quest'anno si è celebrata
il 6 maggio scorso, nell'istituto salesiano
di Via Marsala . Sono convenuti centinaia di ragazzi, dalle scuole di Roma
ma anche da città e paesi lontani : da
Pescasseroli a Cassino, da Civitavecchia a Frosinone . La consegna degli
«Oscar» è stata allietata da canti corali, balletti in costume, canzoni romanesche .
«L'Oscar Don Bosco - ha scritto
l'Osservatore Romano è un piccolo
seme gettato con generosità dai Salesiani, che certamente darà i frutti attesi per una società migliore» .
IL VANGELO
IN PERSIANO MODERNO
Il salesiano don Natale del Mistro,
vicario della diocesi di Teheran, ha tradotto il Vangelo in lingua persiana moderna . II volume, che costituisce in se
stesso un notevole fatto culturale, prende
posto in un programma più vasto di
opere destinate all'evangelizzazione .
(AN S)
MICROREALI11A1IONI
MISSIONARIE
Mi presento come l'incaricato dell'Ufficio Missionario .
Ho speso 34 anni in India e sono pertanto a conoscenza dei problemi missionari e del bisogno di aiuti per portare a termine i diversi progetti che i
missionari s impongono per far fronte alla povertà ed alla miseria che li circonda e li avvolge .
Ho pensato di presentare ai lettori del Bollettino Salesiano, nella luce della
strenna del Rettor Maggiore, delle Microrealizzazioni, per far pervenire ai
nostri Missionari i necessari aiuti, di cui ci fanno continua richiesta .
Vuole essere questo un modo concreto per prepararci a celebrare nel 1975 il
Centenario delle Missioni Salesiane .
Proporrò delle Micro di modeste proporzioni e vi invito a mandare il vostro
aiuto a :
Padre Giuseppe Baracca - c .c .p . N . 2 /36 546
Club dei Centomila - Opere Don Bosco
Via Maria Ausiliatrice 32
10152 Torino,
specificando la Microrealizzazione .
Daremo mese per mese un resoconto sulle Micro .
Eccovi la Micro di questo mese :
[A MICRO DEI MESI N. 1
a
Corea del Sud .
Kurodong, alla periferia di Seoul, capitale della Corea del Sud .
RESPONSABILE : Padre Paolo Bahillo SDB .
OGGETTO :
Dormitorio per giovani operai .
Occorrono ancora 2 milioni per terminarlo .
COSTO :
DESCRIZIONE : Fu incominciato due anni fa e da più di un anno tutto è fermo
per mancanza di mezzi per finirlo . Centinaia di giovani arrivavano dalla campagna in cerca di lavoro . Appena arrivati e
prima di trovare un lavoro (il più delle volte ci vogliono dei
mesi) questi ragazzi non sanno dove andare . Se riescono a
trovare un po' di lavoro, rimane loro ancora il problema
dell'alloggio . Molti di loro devono rimanere sulla strada o
rifugiarsi in posti così affollati e poco salubri che ne va di
mezzo la salute .
È per venire incontro ai bisogni di questi giovani che Padre
Bahillo ha pensato di costruire un centro giovanile, dove i
giovani operai trovino un posto di riposo, pace e sollievo,
dove si rifacciano delle dodici lunghe ore del lavoro giornaliero . È penoso pensare che un dormitorio così necessario
non possa essere portato a termine .
Per salvare il progetto occorre si proceda a tutto ritmo al
completamento dell'opera .
Intendiamo quindi aiutare P . Bahillo a terminare la sua «via
di salvezza » per tanti giovani .
31
NAZIONE :
LOCALITA :
PER INTERCESSIONE
DI MARIA AUSILIATRICE
DI SAN GIOVANNI BOSCO
UNO SCHIANTO NELLA NEBBIA
Più volte nella mia vita ho ricevuto per intercessione di
Maria Ausiliatrice e San Giovanni Bosco delle grazie che
hanno del prodigioso ; ma una specialissima risale al dicembre
del '72 . Mio figlio viaggiava con la sua «500» quando, per
la fitta nebbia che da più di una settimana gravava sulla pianura, andò a incastrarsi sotto un pullman di servizio . La macchina fu ridotta in stato da demolizione ; chi vide pensò che
gli occupanti fossero morti . Invece tanto mio figlio quanto la
giovane che era con lui riportarono soltanto traumi cranici
che con quindici giorni di ospedale, sotto le amorevoli cure
dei sanitari, guarirono senza lasciare conseguenze. Anche i
più scettici sono usciti in espressioni come queste : « lo credo
poco, ma qui c'è proprio un miracolo della tua Ausiliatrice» .
Ringraziamo la cara Madonna e Don Bosco, che invochiamo
ogni giorno con fiducia .
Saluggia (Vercelli)
OLGA GARIONE IN BARBERIS
UNA MEDAGLIA E TANTA FEDE
Mi ero recata a trovare mio padre, che da qualche tempo
stava poco bene . Improvvisamente, lo vidi venir meno . Non
seppi far altro che invocare la Madonna, e mettergli al collo
la medaglia di Maria Ausiliatrice . Proprio in quel momento
arrivò mio fratello, che gli praticò la respirazione artificiale ;
poi lo portammo subito in ospedale . Si trattava di trombosi,
con semiparalisi, accompagnata da forte febbre. I medici dissero che non c'era più niente da fare, solo un miracolo lo
poteva salvare . Allora chiedemmo alla Madonna la sua intercessione uniti nella preghiera : la mia famiglia, le suore e le
novizie della mia comunità, e tutti quelli che ci conoscevano .
Ebbene, dopo aver ricevuto i Sacramenti mio padre cominciò
a stare meglio ; la febbre scomparve, e dopo un mese è tornato a casa . Ha ripreso a camminare e ora si spera nella guarigione completa . Siamo tanto riconoscenti alla nostra cara
Ausiliatrice.
Palermo
SUOR ADELE SAMMARTINO, F.M.A .
mi consigliò di metterlo sotto la protezione di San G . Bosco :
mi diede una medaglia per lui, e mi raccomandò di pregare
tutti i giorni il Santo dei giovani . Non passò una settimana
che venne accettato come apprendista in un garage, sebbene
non avesse un titolo di studio sufficiente . Si è subito affezionato al lavoro, è diventato calmo e tranquillo, e ha ripreso
gli studi nella scuola serale . Don Bosco, continua a proteggere
mio figlio!
Paarl, USA
(lettera firmata)
UN BAMBINO DI OTTO ANNI DOVEVA MORIRE
A mio nipote di otto anni fu casualmente riscontrata una
tumefazione al braccio destro. I medici diagnosticarono trattarsi di ciste o di fibroma, per cui si rese necessaria l'operazione . Ma insieme sorsero dei sospetti sulla natura del male,
per cui fu consigliato l'esame istologico . Valenti professori di
anatomia patologica e dell'Istituto tumori dissero che si trattava di tumore maligno . Inutile dire l'angoscia dei genitori,
che sono medici, e di tutti i parenti .
Con fiducia pregai Maria Ausiliatrice perché ottenesse dal
Signore il miracolo contro tutte le umane speranze . Qualche
giorno dopo il ragazzo fu sottoposto a un altro intervento, fu
riesaminato il tessuto, e lo stesso professore che aveva prima
riscontrato tumore maligno, lo trovò immune da qualsiasi malattia . In fede
Casalnuovo (Napoli)
MONS. VINCENZO PASSARO
È TORNATA Al SUOI LAVORI DI CASA
Una mia carissima exallieva era tra la morte e la vita . Inutile ogni rimedio . I dottori pronosticavano prossima la fine .
Angosciata, le consigliai una novena a Maria Ausiliatrice e
a San Giovanni Bosco . Prodigio : man mano che i giorni passavano, l'ammalata migliorava . Al termine della novena i medici costatarono, stupiti, la guarigione . Ora è tornata ai suoi
lavori di casa . Di cuore ringraziamo i nostri Santi, implorando
la loro continua assistenza .
Alessandria
SUOR MARIA RINALDI, F.M.A .
L'ANSIA DI UNA MAMMA
Mio figlio era intento al piazzamento di una ringhiera nella
sua abitazione a cinque metri dal suolo, quando all'improvviso
cadde, sotto gli occhi atterriti di quanti gli stavano vicini .
Andò a finire a terra tra il trattore e alcuni massi, senza riportare ferite, ma soltanto un grave stato di choc. In quel momento io stavo pregando Maria Ausiliatrice e Don Bosco,
perché mi era venuta una strana ansia . Ringrazio per questo
favore che mi sembra miracoloso .
Torino
MARIA BA/MA
UN FIGLIO FUORI STRADA
Quante notti insonni passai a causa di mio figlio! Provai
a metterlo in collegio, ma dopo un anno non vollero più accettarlo . Tornò alla scuola di stato, ma i compagni lo rovinarono completamente e prima del termine dell'anno si fece
espellere . Non vedevo più speranze per il suo avvenire . Col
cuore pieno di angoscia, mi recai dalle Suore, che già tante
32 volte mi avevano dato aiuto e conforto . La signora Direttrice
« Una nostra insegnante laica desidera ringraziare pubblicamente Maria Ausiliatrice per una grazia che le stava tanto
a cuore . Abbiamo pregato tutte Maria Ausiliatrice e siamo
state esaudite» (Sr. Filomena P., Ve/%re, India) .
CI HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Agnese Giacinta (S . D . Savio) - Albertozzi Giuseppe - Andreoletti Terzi
Armida - Aspesi Enrica (S . D. Savio) - Austori Maria e Anna - Bagnati
Ersilio e Luciana - Barale Pietro e Elide - Barbieri Mercedes - Baudo Piccardo Irene (S . D . Savio) - Benvegnu de Dea Gabriella - Bertucci Antonella - Bianchi Luigi - Bordignon Roberta - Bonsangue Pietrina - Bottini
Alfonsina - Brovia Lucia - Bucci Anita ved . Rombai - Calia Lucia - Cangrano Francesca - Capra Luigi - Carcasola Antonina - Carani Angela Cardullo Nunziatina - Carlomagno Caterina - Carrel Cecilia - Casassa
Dilia (S . D . Savio) - Castoro Famiglia - Cavallo Caterina - Cereda Laura
Luigi (S . D . Savio) - Chesta Felicina - Chironna Grazia - Ciompellini
Bruna - Colonna Ferdinanda - Conti Antonia - Corbo Caterina - Corrado
Virginia - Costa Camilla - Costarella Caterina - Cozzani Adele - Curlante
Maria - Dafflitto Smina - D'Amico Pina - Danna Emilio - Dellarovere
E DI ALTRI SANTI
E SERVI DI DIO
UN PO' DI CONFORTO PER UNA MAMMA
Mia figlia era prossima alla maternità, e io l'avevo raccomandata tanto a San Domenico Savio . Un giorno non la
vedemmo venire in negozio, e allora con un altro figlio mi
recai a casa sua. La trovammo in preda a convulsioni . Fu
subito trasportata in clinica . I medici non mi nascosero che
era gravissima, ma speravano di salvarla col taglio cesareo,
dato che era in atto un blocco renale.
L'operazione riuscì, ma sopraggiunsero crisi e convulsioni tali che i medici disperavano di salvarla . Non so dire
la mia angoscia, tanto più che ero ancora nel lutto per un'altra
figlia, uccisa in un incidente proprio davanti a quella clinica .
Invocavo l'aiuto di Dio con tutto il cuore, interponendo in
modo speciale l'intercessione di S . D . Savio . Le crisi la lasciavano cianotica e senza forze, ogni volta sembrava la
fine. I medici e gli infermieri si prodigavano con tutti i mezzi
a loro disposizione ; un po' alla volta le crisi presero a diminuire di frequenza e di intensità . Poi cadde in un sonno pesante e prolungato, da cui riemerse lentamente : riprese conoscenza, ma non la memoria . Ora è a casa, e sta rimettendosi rapidamente in forze . Anche la memoria si sta ridestando .
Grazie di cuore al caro santino!
Boltiere (Bergamo)
LUIGIA MAZZOLENI IN ROSSI
« Il professore aveva detto ai miei che forse avevo un
tumore al fegato, e data la mia età l'operazione si presentava molto difficile . Allora ho pregato San Domenico Savio .
L'operazione è andata bene, si trattava di calcoli . Ora sono
tornata a casa e sono guarita » (Anna Giacosa, Savigiiano,
Cuneo) .
LE PIO BELLE FRA MOLTE GRAZÌE
Vorrei segnalare almeno le più belle tra le molte grazie
che ho ricevuto in questi dieci anni per intercessione del
Servo di Dio Don Filippo Rinaldi .
Nel 1962 fui trasportata d'urgenza all'ospedale in gravi
condizioni . Nonostante la gravità del male, mi sentivo tranquilla, perché avevo affidato il mio caso a Don Rinaldi, e
le novizie lo pregavano intensamente con me. Dopo due
mesi potei lasciare l'ospedale e riprendere lentamente le
mie occupazioni . Ma nel 1966 dovetti essere di nuovo ricoverata d'urgenza : era ricomparso il male, con altre com-
Margherita - De Lucia Elisabetta - Denarier Benedetto - Di Fede Santa
- Dinoi Addolorata - D'Ottavio Rosa - Facchi Agnese - Ferrara Lina Ferrarini Angela (S . D . Savio) - Fini Elena - Fiore Laura - Flesia Mariagrazia - Fossati Anna - Garancini Emilia - Gallo Annamaria - Gattà Assunta - Giaccone Matilde - Gidaro Virginia - Giorgis Teresina - Glavinaz
Franco e Leonia - Gonella Alessandro - Gribaudo famiglia - Gualfredo
(a D. Rinaldi) - Lamera Isabella - La Sorte famiglia - La Vaccara Margherita (S. D . Savio) - Leggiero Olimpia - Lombardi Rasaria - Lorandini
Angese - Maccagnan Maria - Mangiapane Lio Pino e Pina - Marchesi
Cora - Maroccolo Gian Gaetano - Mascia Assunta - Mattei Carla - Messano Trofimena - Migliaccio Serafina - Molaro Liliana (S . D . Savio) Montante Michela - Mori Scotuzzi Franca - Morra Rosa - Musurca Flora
- Nardella Michelina - Natele Lidia Aiello - Negro Rosa - Nuvoloni Giu-
plicazioni, per cui i medici disperavano di salvarmi . Ma io
continuavo a porre la mia fiducia in Don Rinaldi : « Pensaci
tu », gli dicevo . E anche questa volta me la cavai, con gioia
e meraviglia dei medici che mi avevano curata con tanta
dedizione .
Poco dopo, un altro guaio : cataratta agli occhi . Al Policlinico di Padova il professore non voleva operarmi, perché
l'analisi del sangue non era rassicurante . Ma io lo assicurai
che Don Rinaldi avrebbe fatto quello che la scienza non
poteva . Subii due interventi, e ora ci vedo bene, posso ancora lavorare e rendermi utile .
L'anno scorso il figlio dell'autista della nostra scuola materna rimase vittima di un grave incidente . La sua macchina
andò a sbattere contro un platano, e tu portato all'ospedale
in tin di vita . lo dissi alla mamma : « Non disperi . Preghiamo
Don Rinaldi, lui otterrà il miracolo» . Di fatto, contro ogni
speranza, il ragazzo cominciò a riprendersi : medici e infermieri costatavano il prodigio giorno per giorno . In breve
poté lasciare l'ospedale, quasi completamente guarito . Sono
certa che Don Rinaldi non lascierà la grazia incompleta .
Lozzo Atestino (Padova)
Sr. GIUSEPPINA FURLAN, F.M.A .
LA GIOIA DI UN FIGLIO MIO
Mi sono sposata nel gennaio del 1965, e tanto io che mio
marito desideravamo molto aver figli . Ma i mesi passavano
invano . Cominciai a consultare un medico dopo l'altro, una
diecina . Tutti mi diedero lo stesso responso : sterilità primaria
niente da fare, non avrei mai potuto essere mamma .
Ero desolata, non poter avere un figlio mio! Visto che la
scienza medica non poteva farci nulla, parlai con mio marito
sulla eventualità di adottare un orfanello . Però prima provammo a pregare Don Filippo Rinaldi . Sapevamo del suo
straordinario intervento in favore del signor Pena, e cominciammo con fervore una novena, promettendo di pubblicare
la grazia sul Bollettino e di chiamare la nostra creatura col
nome di Filippo se fosse stato un maschietto, o col nome
della mamma di Don Rinaldi, se femminuccia .
Nel marzo del 1971 accusai una molesta indisposizione e
mi recai a farmi visitare da una dottoressa . Immaginate la mia
sorpresa e la mia gioia quando, dopo attenti esami, essa mi
disse che sarei diventata mamma 1 Difatti, in agosto mi nacque
un bimbo sano e robusto, una meraviglia I Ormai ha due anni,
ed è la nostra gioia .
Valparaiso (Cile)
CARMEN BUSTAMANTE DE CARRASCO
seppe - Olivari Matilde - Orsini Renato - Pallaro Giovanni - Parodi Lorenzo
- Pasquini Alma - Patrone Luciana - Peduzzi Giuseppina - Perina Maria
Perret Truc Irma - Pilleri Angela - Piperata Gironda (a D . Rua) - Pisanti Lia e Michele (S . D. Savio) - Ponzio Franca - Prestiani Grazia - Rado
Rita - Ricciardolo - Righi Vittorio - Rinaldi Augusta (S . D . Savio) - Rivasi
Antonietta - Rizzo Maria - Roncarolo Antonio - Ronzoni R . (S. D. Savio)
- Rusconi Lorenza - Sacco Rosa (a D . Rinaldi) - Sandretto Marietta - Sarti
Clementina - Schiavini Angelo - Sgandurra Carmelo - Simone Ester Spacesi Giovanna - Spinolo Battezzati Letizia - Stefani Celestino (a Srugi)
- Stramaglia Angela - Tabarelli Angelina (a D . Bosco) - Testa Caterina
(Zefferino Nam .) - Timpano Annunziata - Tomasini Sandra - Trentin
Lina - Trucco Luigi - Vallenga Mina - Vernieri Ferdinando - Vicario
Piera (a D . Rua) - Visconti Matilde - Zanni Paolina - Zanzola Lucrezia
Francesca - Zoppi Maria .
33
SALESIANI DEFUNTI
t
Sac. Pietro Garnero
a Campinas (Brasile)
Era nato in Argentina da famiglia italiana, e a
17 anni aveva scelto di dedicare la sua vita alla
gioventù tra i salesiani di Don Bosco. Compiuti
gli studi, e ordinato sacerdote nel 5934, attirò
l'attenzione dei superiori per il suo profondo
spirito di pietà e per l'entusiasmo con cui lavorava tra i giovani . Così ben presto gli furono
affidati posti di responsabilità: fu direttore e
poi ispettore. Nel Capitolo Generale del 1965
fu nominato Visitatore di alcune Ispettorie del
Sud America, compito che disimpegnò con
grande spirito di sacrificio . Tutti coloro che
l'hanno incontrato sono stati colpiti dalla gentilezza del suo tratto e dalla sua straordinaria
bontà, che era l'espressione esterna di una vivissima pietà. Non pochi religiosi devono la
salvezza della loro vocazione alla sua comprensione umana e soprannaturale, che indirizzava
con fiducia totale all'Ausiliatrice e a Don Bosco .
I viaggi lunghi e faticosi, anche ad altezze impervie, finirono per logorare il suo nobile cuore .
Nel Capitolo Speciale del 1975 chiese di essere esonerato dal suo ufficio . Poté così tornare
in Brasile, ove già era stato ispettore, con
l'umile ufficio di confessore . Ma ormai il cuore
non ce la faceva più . Nonostante cure e interventi chirurgici accettati con coraggio, don Garnero ci ha lasciati per congiungersi alla grande
famiglia salesiana del Cielo .
t
Coad. Giuseppe Calvi
a S . Paulo (Brasile)
a 91 anni .
Ricordava con gioia la professione fatta nelle
mani di Don Rua, di cui imitava lo spirito di
lavoro e di unione con Dio . Lasciò la patria
(era della provincia di Bergamo) per il Brasile
nel 1901, e fu in diverse case amministratore
attivo e fedele, stimato da tutti per la sua laboriosità, bontà e comprensione . Una vita umile
e lieta, che si potrebbe scrivere a vera edificazione di tutti, e terminata con fiducioso abbandono alla volontà di Dio .
t
Coad. Giovanni Murtas
a Ancona a 89 anni .
Dalla sua Sardegna attinse un carattere forte e
vigoroso, permeato di commovente gentilezza .
Assolse per molti anni gli umili uffici di dispensiere e di sacrestano con impegno e diligenza,
soprattutto nella nostra parrocchia di Ancona,
alla quale era stato destinato dal lontano 1945 .
Confratelli e parrocchiani ammiravano in lui
un profondo spirito di pietà, un forte attaccamento alla Congregazione, e una particolare
devozione a Don Bosco e ai suoi successori,
tra i quali prediligeva don Rua e don Rinaldi .
t
Sac . Olinto Calussi
a Macerata a 57 anni .
Ci ha lasciati nel silenzio della sua cameretta,
per un attacco improvviso del male che da mesi
lo aveva colpito . Una esistenza lineare : aveva
attinto dai genitori, con la nutrita schiera dei
fratelli, una fede semplice e robusta, schiettezza
e buon senso, intuizione e arguzia . La sua vocazione salesiana maturò per merito di mons .
Luigi Olivares, che lo entusiasmò per la vita
sacerdotale e pagò tutte le spese per i quattro
anni di aspirantato . Sua caratteristica era la
povertà, che significava non soltanto rinuncia
ai beni materiali, ma distacco da ogni cosa : dal
successo, dal prestigio, dai riconoscimenti
umani, dal suo interesse personale, e dalla vita
stessa, di cui sapeva la fine imminente .
t
Coad. Nazareno Frattali
a Roma a 78 anni .
Passò la maggior parte della sua vita salesiana
all'istituto Pio XI come educatore e formatore
dei giovani nell'arte del vestito, nella quale era
un vero maestro, poi, come infermiere . Fece
il corso, conseguì il diploma, e cominciò da
buon samaritano a curare le piaghe del corpo
e insieme a lenire le pene dello spirito . Senza
fare cose straordinarie, semplice e laborioso, ha
compiuto la sua missione .
t
Sac. Vito Guarisco
a Palermo a 88 anni .
Mise a disposizione dei giovani tutte le sue belle
doti e i suoi titoli di studio come insegnante
e maestro di musica . Soprattutto, svolse un'intensa attività sacerdotale nel ministero della
Parola e delle confessioni, anche negli Istituti
delle Figlie di M . A . Ottimismo, gioviale cordialità, salesianità semplice e autentica lo rendevano elemento di coesione tra i confratelli, ricercato da alunni ed exallievi .
t
Sac. Francesco Burger
a Benediktbeuern
(Germania) a 65 anni .
Di lui parleremo in un prossimo numero .
COOPERATORI DEFUNTI
t
Maria Antonio Grazíuso
a Brindisi a
103 anni .
È certamente la decana tra tutti i cooperatori!
Ha speso bene la sua lunga vita : la animava
una fede genuina e forte, che diventava preghiera, lavoro, bontà verso tutti, specie verso i
familiari che la circondavano di attenzioni e di
affetto quasi religiosi . Finché poté continuò a
compiere lavori di fine ricamo per la chiesa,
alternandoli con pie letture e lunghe preghiere .
Poi la corona del rosario rimase l'unica occupazione dei suoi giorni, che si chiusero in Dio .
t
Avv. Bruno Vítantonio a Brindisi a 68 anni .
Fu sindaco della città, presidente della giunta
parrocchiale della Cattedrale, vice presidente
della « San Vincenzo n, e in ogni attività diede
chiara testimonianza di fede cristiana . Come
sindaco amministrò con giustizia e imparzialità,
sempre pronto a prodigarsi per tutti senza distinzione di idee o di classe sociale . Nelle attività parrocchiali fu guida intelligente e pratica,
zelante e generoso, specie in favore dei poveri,
di cui difendeva gli interessi, prodigandosi con
slancio nonostante i vari mali che ne minavano
la salute e che lo portarono alla tomba .
t
Salvatore Amato cav . Spartà
a S . Domenica Vittoria (Messina) a 85 anni .
Exallievo di Randazzo e cooperatore, fece studiare i suoi quattro figli nello stesso collegio di
Randazzo, perché si nutrissero di quell'amore
all'Ausiliatrice e a Don Bosco che lo accompagnò per tutta la vita . Si è spento cristianamente dopo aver dedicato le sue energie alla
famiglia e all'amministrazione del paesello natio,
ove fu per moltissimi anni sindaco .
t
Giovanna Rizzato
a Thiene (Vicenza) a
81 anni .
Passò quasi improvvisamente da questa vita
alla Casa del Padre, preparata e purificata dalla
sofferenza e dalla preghiera . Educò alla fede e
all'amore cinque figli, uno dei quali, don Egidio,
è diventato sacerdote nella famiglia di Don
Bosco . Visse con esemplarità la beatitudine
evangelica della povertà dello spirito .
t
Carlo dr . rag. Mazzucco
a Alessandria
a 78 anni .
Fu allievo del Collegio salesiano di Borgo
S . Martino, compagno di don Giovine, negli
anni i9o8-Io, e si distinse per la riuscita negli
studi . Rimase sempre molto affezionato al suo
collegio, e divenne presidente dell'Associazione
Exallievi, entusiasta e attivo . Uomo di carattere
retto, tutto di un pezzo, visse per il lavoro e
la famiglia, illuminato da sincera devozione all'Ausiliatrice e a Don Bosco .
t
Vincenzo rag. Corcíone
a Torre Annunziata (Napoli) a 78 anni .
Nobile figura di professionista, umile e buono,
animò la sua opera terrena con la fede convinta
e con l'incessante ricerca del bene del prossimo .
Famiglia e lavoro, fede e onestà furono il tessuto di tutta la sua vita . Amò profondamente
Don Bosco e la famiglia salesiana, e seppe accettare la sofferenza e la morte con inalterabile
serenità interiore .
a Ravenna a
Renata Venere Brandolíni
75 anni .
Sorella di mons . Vincenzo, già vicario della
diocesi ravennate, amò come lui intensamente
Don Bosco e le sue opere, per le quali volle lasciare parte dei suoi beni . Fu donna di preghiera . Iddio la venne a prendere mentre sola
in casa, recitava il santo Rosario .
t
Rina Cerrato in Barra t a Torino a 68 anni .
Era una donna buona, sincera, generosa, incapace di malizia . Il lavoro e il sacrificio furono
compagni costanti della sua vita . Sempre pronta
a disturbarsi per gli altri, specie se ammalati,
non disturbò mai nessuno, neanche nell'ultima
malattia che la portò inaspettatamente alla
morte . Era cooperatrice assidua dell'opera salesiana, anche nel laboratorio Mamma Margherita, devota di Don Bosco e di Domenico Savio .
t
a Piossasco (Torino) a
Luigina Pronello
58 anni .
È vissuta per la sua famiglia, nell'umiltà di un
lavoro assiduo e sacrificato, sorretta da una fede
profonda e da una pietà fatta di continua preghiera . Era devotissima di Maria Ausiliatrice,
ed ebbe la gioia di donare una figlia, Sr . Maria
Teresa, all'Istituto che ne porta il nome . La
Madonna le diede la forza di sopportare i dolori dell'ultima malattia, e la volle con sé proprio il giorno della sua festa, il 24 maggio,
mentre nella Basilica di Torino si celebrava la
Messa solenne .
a Falicetto di Verzuolo
Pietro Quaranta
(Cuneo) a 87 anni .
Fratello di Sr . Maria Teresa di Gesù, della
quale è in corso la causa di beatificazione, condusse una vita laboriosa ed esemplare .
t
t
Vincenza Margaría Rivoira
a Falicetto
di Verzuolo (Cuneo) a 64 anni .
Exallieva delle F .M .A ., molto affezionata all'opera salesiana . Donna di fede e di lavoro,
visse nella preghiera e nel sacrificio .
Antonio dr. Bosco t a Carmagnola (Torino) .
Era molto devoto di Don Bosco, e affezionato
cooperatore . Aiutò quanto poté le opere salesiane, specialmente le missioni, istituendo parecchie «borse missionarie # .
Emma Raby
a Carmagnola (Torino) .
Cooperatrice zelante e generosa, diede il suo
contributo di carità e di preghiera al lavoro dei
salesiani . Amava filialmente Maria Ausiliatrice,
e si era preparata con molta serietà unità a
grande fiducia all'incontro con il Signore .
t
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Alzira Barberini ved . Acuti - Cipriano Andrei
- Angela Barberis Raimondo - Marsilio Barsacchi - Elia Bifani - Vittorina Faroppa .
L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, eretto in Ente Morale con Decreto 12 gennaio 1924, n . 22, può legalmente ricevere
Legati ed Eredità. Ad evitare possibili contestazioni si consigliano le seguenti formule :
Se trattasi d'un legato : « ... lascio all'istituto Sa/esiano per /e Missioni con sede in Torino a titolo di legato la somma di Lire . .. (oppure) l'immobile sito in . . . ».
Se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l'Istituto, la formula potrebbe essere questa :
« .. . Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria . Nomino mio erede universale
ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo» .
34
(luogo e data)
l'istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, lasciando
(firma per esteso)
BORSECOMPLETE
Borsa : Isidoro Spanò e Teresa
Palma a cura dell'Orfanotrofio Salesiano di Marsala (Trapani), L . 50 .000.
Borsa : Per uno studente povero aspirante alle Missioni a cura di Amneris
Zenith, Rebbio (Como), L . 50 .000 .
Borsa : Don Bosco e Don Rua intercedete per noi a cura di N . N., Domodossola (Novara), L . 50 .000.
Borsa : Maria SS. Ausiliatrice ap-
a cura del dott . Cesare Mancini,
Porto S. Giorgio (Ascoli. Piceno),
L. 50 .000.
Borsa : S. Giovanni Bosco in memoria e suffragio dei miei defunti e di
me stesso, a cura di Antonio Naccari,
pianate e risolvete il mio difficile caso
nel migliore modo per me, a cura di As-
Mileto (Catanzaro), L. too .ooo.
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice in suffragio di Luigi Fontana, a cura di
Livia Fontana, Chiaverano (Torino),
L. roo .000.
Borsa : SS. Trinità di Dio e Maria
SS. Madre di tutta l'umanità a ricordo e suffragio dei nostri genitori e
sunta Chirico, Reggio Calabria,
L . 50 .000 .
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice a cura
di Marisa Mariani, Novara, L . 50 .000 .
Borsa : A favore di un Chierico missionario povero a cura di Clelia Ferrari, Como, L. 150 .000.
Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e
Don Bosco a cura di Anna Rita Carducci, Gualdo Cattaneo (Perugia),
L . 50.000 .
Borsa: Maria SS . Ausiliatrice e
Don Bosco invocando protezione e salute per mio figlio, a cura di N. N .,
Calestano (Parma), L. 50 .000 .
Borsa: Gesù, Maria, Giuseppe e
Santi Salesiani, a cura di A. M. P .,
Valdagno (Vicenza), L . 50.000 .
Borsa: Maria SS . Ausiliatrice e Don
Rua per avere tutte quelle grazie che il
Renzo e Maria Colombano, Vignale
Monferrato (Aless .), L. 50.000 .
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice proteggeteci sempre, a cura delle famiglie
Bossetti, Turbigo (Milano), L . 50.000 .
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice, a
cura di Mauro Bernasconi, Milano,
L . 50.000 .
Borsa: In onore di Maria SS . Ausiliatrice con animo riconoscente per
promessa fatta, a cura di Adriana Marcosanti, Bologna, L. 50.000 .
Borsa: Cav. Giacomo Dolza festeggiato dai suoi cari nel 70° compleanno,
a cura della famiglia Dolza, L. 5o .ooo.
Borsa : Suor Lucia Bardo F .M .A .,
a cura dell'Ex Oratorio di Villa Moglia, Chieri (Torino), L . 50.000 .
mio cuore desidera, a cura
La Spezia, L . 50 .000 .
di N. N .,
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e Don
Bosco per grazia di cui ho tanto bisogno, a cura di Adele Invernizzi, Cavaione (Milano), L . 50 .000 .
Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, a cura di Giuseppe e Filomena Canta, Arco Felice
(Napoli), L . 50 .000.
Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e
Don Bosco, a cura di Carla Iannaco,
Compiobbi (Firenze), L. 50 .000 .
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice per un
allievo missionario povero a suffragio
di una persona a me tanto cara, a cura
di R . C., Mondovì (Cuneo), Lire
100.000 .
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice,
S. Giovanni Bosco e Papa Giovanni XXIII invocando la loro protezione, la grazia di una buona vita e per
ottenere una santa morte, a cura di
N. N ., Ticino (Svizzera), L . 63 .000 .
Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e
Beato Don Rua invocando aiuto e protezione in vita e in morte per i miei cari
e per me, a cura di Sofia Spinelli
Grass, Zurigo (Svizzera), L . 72 .000 .
Borsa : Papa Giovanni XXIII e
Don Manfredi in onore di Maria SS.
Ausiliatrice, a cura dei coniugi Manfredi Cerisola, Mondovì (Cuneo),
L . 50.000 .
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice,
Beato Don Rua e Don Simonetti,
fratelli Orecchia, Torino, L. 50 .000 .
Borsa : Mons. Cimatti in suffragio di
Paola Nicolello, a cura dei fratelli
Orecchia, Torino, L . 50 .000.
Borsa : Don Michele Rua per implorare grazie, a cura di N. N., L. 5o.000 .
Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e
Beato Don Rua, a cura di I . P . V .,
Legnago (Verona), L . 50 .000 .
Borsa : Don Filippo Rinaldi, a cura
dei coniugi Martina, Bagnolo Piemonte (Cuneo), L . 50 .000 .
Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e
S . Giovanni Bosco per una grazia, a
cura di Annetta Pedrazzoli, Pieve di
Sacco (Padova), L . 50 .000 .
Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco in suffragio delle
Borsa : S . Giovanni Bosco, a cura
di Francesca Basano, Cavallermaggiore (Cuneo), L. 50 .000.
Borsa : Ringraziando Maria SS . Ausiliatrice e S . Giovanni Bosco, a
cura di Carla B ., L. 50.000 .
Borsa : Per la protezione dei miei
cari, a cura di Fernando Cirani, Genova, L . 50.000 .
Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e
consolatrice, a cura di Adele Peyrache, Torino, L. 50 .000 .
Borsa : Maria SS. Ausiliatrice in
Borsa : S . Cuore, Maria SS . Ausiliatrice e tutti i Santi Salesiani in
ringraziamento per grazia ricevuta, a
cura di Ines Bonelli, Grado (Gorizia),
L. 50 .000 .
Borsa : Gesù Sacramentato e Maria
SS . Ausiliatrice, a cura di Paola
ladanza, Roma, L . 50.000 .
Borsa : Idem come sopra.
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco in riconoscenza e
anime più bisognose delle famiglie Nigrone e Frigeri, a cura di Maria Ni-
grone, Como, L. ioo .ooo .
Borsa : Don Michele Rua per
grazia
ricevuta e per invocare protezione sulla
famiglia, a cura di Giannina Nerini,
Suna (Novara) . L . 50 .000 .
fratello Arturo, e dell'anima cara di
Cesare Gaudio, a cura della famiglia
Borsa: Maria SS . Ausiliatrice, a
cura di N . N ., Vercelli, L. 5o .o00.
Borsa: Maria SS . Ausiliatrice per
grazia ricevuta, a cura di Rino e Mariuccia Marconi, Torino, L. roo .ooo.
Borsa: Maria SS . Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco per il bene della
mia anima, a cura di N. N ., Roma,
L . 50.000 .
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco in ringraziamento
ed invocando continua protezione, a
cura di S . A . D ., L . 50 .000.
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e S.
Giovanni Bosco perché continuino a
proteggerci, a cura di Giordano Bressan, Villaverla (Vicenza), L. 50 .000 .
Borsa: Ringraziando ed invocando una
grande grazia da Maria SS . Ausiliatrice, a cura di N . N ., L. 50 .000 .
Borsa :
In ringraziamento alla Madonna di Loreto, a cura dei coniugi
Aghem, Torino, L . 50 .000 .
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice
in ringraziamento ed in attesa di altra grazia,
a cura di A. G., L . 50 .000.
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e
Don Bosco vi affido Silvio, a cura di
N. N ., L . 50 .000.
Borsa : In ringraziamento alla Madonna ed a S . Giovanni Bosco, a
cura di Giuseppe Bertone, Frossasco
(Torino), L . 50 .000.
Borsa : Don Pietro Farina in suffragio di Carla Nicolello, a cura dei
memoria e suffragio di Bosio Virgilio,
a cura di N. N ., L . 50.000 .
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice,
S . Giovanni Bosco e Don Filippo
Rinaldi, a cura di Giovanni Peretti,
Orbassano (Torino), L . 50 .000 .
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice, Don
Bosco e Sacro Cuore per i vivi e per
i morti, a cura di F. M ., Maggiate Superiore (Novara), L. 50 .000 .
Borsa : Per i defunti Mella e Andreani, a cura rispettivamente di figlia e nipote, Novara, L . 50 .000 .
Borsa: Papa Giovanni XXIII e
S . Biagio chiedendo preghiere, a cura
di Evelina D'Erme, Roma, L . 50.000 .
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e
S . Giovanni Bosco per ottenere una
grazia, a cura di Annetta e Giacomina
Pedrazzoli, Pieve di Sacco (Padova),
L. 50 .000.
supplicando protezione ed aiuto spirituale e materiale, a cura di Giustina
Pollini, Pelugo (Trento), L . 50 .000 .
Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, a cura di Caterina Coraglia, Mondovi Piazza (Cuneo), L . 50 .000.
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, a cura di Felicita Moretti Franchi, Offiaga (Brescia), L. 53 .000 .
Borsa : Grazie Maria SS . Ausiliatrice, grazie S . Giovanni Bosco, a
cura di N. N ., Piacenza, L . 50 .000 .
Borsa : Maria SS . Ausiliatrice,
S. Giovanni Bosco e Don Rua, a
cura di Margherita Castellino, Villanova Mondovì (Cuneo), L. 50 .000 .
Borsa: Regina del Rosario a ricordo
e suffragio dei miei cari e dei defunti di
numerose famiglie offerenti, a cura di
Teresa Ferrero, Moretta (Cuneo),
L . 50 .000.
Borsa : Gruppo Polifonico Don
Bosco, a cura di don Celso Masper,
(coanxvn)
Ancona, L. 50 .000.
BOLLETTINO SALESIANO
Si pubblica il 1' del mese per la Famiglia Salesiana; il 15
del mese per i Dirigenti dei Cooperatori
S'invia gratuitamente ai Cooperatori, - Benemeriti e amici delle Opere di Don Bosco
Direzione e amministrazione : via Maria Ausiliatrice, 32 - 10100 Torino - Tel . 48.29.24
Direttore responsabile : Teresio Bosco
Autorizz. dal Trib. di Torino n . 403 del 16 febbraio 1949
Per inviare offerte servirsi del C . C. Postale n . 2-1355
intestato a : Direz . Generale Opere Don Bosco - Torino
e C .C.P.1-5115 intest. a Dir. Gen . Opere D. Bosco- Roma
Per cambio d'indirizzo inviare anche l'indirizzo precedente
Spediz. in abbon. postale - Gruppo 2° (70) - 11 - quindicina
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