Povertà: accettare la sfida

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Povertà: accettare la sfida
DOSSIER
Povertà: accettare la sfida
di Jeffrey Sachs
La banca della giustizia internazionale è fallita? In passato i deboli
hanno dimostrato di essere in grado di opporsi all’oppressione tramite un massiccio appello ai valori universali. Pensiamo a Gandhi,
Martin Luter King e Mandela. I poveri non possono aspettare che
siano i ricchi ad avviare la lotta per la giustizia. E se le democrazie
dei Paesi poveri fanno sentire la loro voce...
Contrasto_Corbis
In seguito all’accelerazione della prosperità globale verificatasi negli ultimi due secoli, ogni generazione è stata chiamata
ad affrontare nuove sfide per fare sì che tutta l’umanità possa
vivere in condizioni di benessere. Alcune generazioni hanno
affrontato l’arduo compito di difendere la ragione stessa contro
le isterie e le brutalità di massa del Comunismo, del Fascismo e
degli altri totalitarismi del ventesimo secolo. Altre, risparmiate
dalla guerra e dotate di strumenti sempre più potenti per il
miglioramento della condizione umana, hanno avuto invece
l’opportunità di ampliare i confini della libertà e della ragione.
La nostra generazione vive in una situazione di pace precaria,
minacciata sia dal terrorismo, sia dalla risposta eccessivamente
militaristica degli Stati Uniti, ma pur sempre una pace su cui è
possibile costruire, a patto che riusciamo a mantenerla.
L’eliminazione della povertà è la grande opportunità della
nostra epoca, un impegno che comporterebbe non soltanto l’alleviazione di enormi sofferenze e la diffusione del benessere
economico, ma anche la promozione degli altri obiettivi illuministici quali democrazia, sicurezza globale e progresso scientifico.
Mi viene spesso chiesto come posso credere che società isolazioniste e materialiste come quelle degli Stati Uniti, dell’Europa
e del Giappone possano adottare un ardito programma di
miglioramento sociale, particolarmente un programma diretto
alle fasce più povere del mondo. Non sono forse società grette
ed egoiste, incapaci di rispondere alle esigenze altrui? Penso di
no. Altre generazioni sono riuscite a estendere l’ambito della
libertà e del benessere tramite una combinazione di lotta, persuasione, pazienza e l’enorme vantaggio di essere dal lato giusto
della storia. Vengono in mente tre grandi sfide generazionali, in
cui i diritti dei deboli e dei poveri furono rivendicati. Tali esempi offrono ispirazione e guida per la nostra epoca.
Nel 1789, anno in cui l’Assemblea Nazionale di Francia
adottò i Diritti dell’uomo e del cittadino, proclamando la visione
illuministica che “gli uomini nascono liberi e con eguali diritti,
e tali devono restare”, la schiavitù era ancora in piena diffusione nel mondo e veniva ampiamente praticata negli imperi francese, britannico, ottomano e in altri. Oltre la Manica, a Londra,
un movimento apparentemente donchisciottesco era appena agli
inizi: si stava formando un Comitato per l’abolizione della tratta degli schiavi. I fondatori, il ventisettenne Thomas Clarkson e
i suoi amici, erano quaccheri che si opponevano alla tratta degli
schiavi su basi morali e religiose. Crearono comitati locali aboliCOME SI DISTRIBUISCE LA RICCHEZZA PROCAPITE NEL MONDO
Inferiore a $ 2,000
$2,000-$4,000
$4,000-$20,000
superiore $ 20,000
nessun dato
Fonte: dati World Bank (2004) in dollari Usa
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Contrasto_Corbis
DOSSIER
_William Wilbeforce (foto sopra), campione
parlamentare della causa abolizionista e
Gandhi (foto sotto), paladino dell’indipendenza dell’India per vincere hanno fatto appello
ai valori universali
zionisti e, con le parole dello storico Hugh Thomas “si trattò
della prima importante campagna pubblica in qualunque Paese
per una causa filantropica”. Clarkson incontrò ben presto
William Wilberforce, che sarebbe diventato il campione parlamentare della causa per il successivo quarto di secolo.
Il movimento antischiavitù in Inghilterra andò completamente contro gli interessi commerciali britannici. Invece di
accelerare la fine di un’industria in declino, l’abolizionismo si
sviluppò contemporaneamente al prosperare della tratta degli
schiavi e delle industrie basate su di essa. L’opposizione alla
schiavitù si fondava su basi morali, politiche ed etiche e su una
visione ideale di società, piuttosto che su interessi ristretti.
Come sempre avviene, gli oppositori dell’eliminazione della
tratta degli schiavi sostennero che avrebbe avuto un effetto
opposto a quello desiderato, proprio come oggi gli oppositori
degli aiuti dall’estero sostengono erroneamente e tendenziosamente che tali aiuti creano più danni che vantaggi. Uno degli
avversari parlamentari di Wilberforce la mise in questi termini:
“Se gli africani non potessero essere venduti come schiavi,
sarebbero massacrati nella loro terra”. Altri sostennero che,
anche se meritoria in teoria, l’idea dell’abolizione della tratta
non aveva alcuna prospettiva pratica. “Se l’abolizione divenisse
legge”, suggerì un altro dei nemici di Wilberforce,“tutti i mercanti di buon senso andrebbero in Francia, dove verrebbero ben
accolti”.
Come nota ironicamente Thomas: “La persistenza è la qualità più importante in politica e Wilberforce ne possedeva in
abbondanza...”. I decenni successivi furono caratterizzati da
dolorosi colpi di scena, cambiamenti e prevaricazioni, ma culminarono nella riuscita abolizione della tratta degli schiavi e della
schiavitù stessa nelle colonie europee. Nel 1807, nel bel mezzo
delle guerre napoleoniche, l’impero britannico abolì la tratta
degli schiavi. Al termine delle guerre napoleoniche nel 1815, al
Congresso di Vienna, i governi di Inghilterra, Francia, Spagna,
Austria, Prussia, Russia e Portogallo si impegnarono a porre
fine alla tratta degli schiavi, sebbene senza fissare una data
certa. A partire dal 1820, e nel decennio che seguì, l’abolizione
della schiavitù stessa nell’ambito dell’impero britannico venne
infuocatamente dibattuta nel parlamento inglese. I fautori dell’abolizione utilizzarono abilmente argomenti morali e pratici.
Sì, riconobbero, la Gran Bretagna avrebbe potuto incorrere in
alcuni inconvenienti finanziari a causa dell’abolizione, ma la
Francia, nazione concorrente, ne avrebbe risentito di più. Infine,
dopo l’attuazione di riforme politiche interne in Gran Bretagna,
la legislazione che sanciva l’abolizione della schiavitù in tutto
l’impero fu adottata nel 1833.
Contrasto_Corbis
La fine del colonialismo
Circa cento anni dopo, Mohandas Karamchand Gandhi guidò
ciò che sembrava un’altra impresa donchisciottesca: strappare
l’indipendenza dell’India all’impero britannico. L’India era il
gioiello dell’impero e Winston Churchill e i suoi colleghi imperialisti erano difficilmente inclini a cedere l’India a colui che
Churchill definì causticamente “un fachiro sedizioso”. La campagna di Gandhi, che ispirò dozzine di movimenti indipendenti-
sti nel mondo coloniale, fa ora parte della tradizione universale:
la lotta non violenta, la campagna per l’autosufficienza
dell’India per provare la capacità di una nazione di provvedere a
se stessa e la richiesta di eguaglianza sociale e politica si estesero alle caste impoverite ed emarginate della società indiana, che
Gandhi denominò harijans, o figli di Dio. La strategia di Gandhi
arricchì il movimento per l’indipendenza dei significati politici,
sociali, economici e morali più ampi.
Chi è in grado di affermare che la mobilizzazione di un misero 0,7% del PIL del mondo sviluppato per porre fine a una
povertà estrema sia una sfida immane, paragonata al rovesciamento dei vincoli del regime imperiale per creare più di cinquanta nuove nazioni indipendenti? Come per la fine della schiavitù,
la fine del regime coloniale sembrò un’impresa disperata all’inizio, ma venne considerata un risultato inevitabile alla fine.
La fine precipitosa del regime coloniale derivò parzialmente
dalle devastanti guerre civili tra le potenze coloniali europeee
tra il 1914 e il 1945, che dissanguarono letteralmente le potenze
coloniali, le esaurirono economicamente e le screditarono
moralmente. Tuttavia, il trionfo fu dovuto a un’azione politica
di massa e al risveglio ovunque nel mondo di numerose
coscienze agli ideali di autogoverno. Senza nascondere la tragica
violenza, il cinismo, il fallimento politico e il despotismo che
spesso hanno rimpiazzato l’imperialismo, è lecito stupirsi della
fenomenale e positiva diffusione dell’ideale illuminista di
governo democratico.
_Martin Luther King fu il Gandhi degli Stati
Uniti, il pioniere della mobilitazione di massa
non violenta che nella non violenza ha scoperto il metodo per la riforma sociale
La lotta non violenta di Gandhi dimostrò la validità di un concetto alla base di molte lotte seguenti. Gandhi dimostrò che i
deboli sono in grado di fermare l’oppressione dei potenti tramite un massiccio e inesorabile appello ai valori universali. La
lotta politica di Gandhi per l’indipendenza indiana fu fondamentalmente una lotta per la dignità e i diritti umani dell’India
e, perciò, divenne il modello del movimento dei diritti civili una
generazione dopo negli Stati Uniti e della lotta antiapartheid
che gli fece seguito. Marthin Luther King Jr. fu il Gandhi degli
Stati Uniti, il pioniere della mobilitazione di massa non violenta
che guardò l’oppressione negli occhi e disse: “Basta!”. Nel 1958,
King scrisse: “ È in questi enfasi gandhiana dell’amore e della
non violenza che ho scoperto il metodo per la riforma sociale
che stavo cercando”. L’anno seguente, King fece un pellegrinaggio in India per studiare il modello della protesta non violenta.
Tre decadi dopo, Nelson Mandela ispirò il mondo intero dimostrando come il coraggio morale e l’abilità politica furono in
grado di abbattere il regime razzista in Sudafrica e di consentire
una transizione pacifica verso una democrazia costituzionale.
Nel famoso discorso: Io ho un sogno, King richiamò l’illuminismo e specialmente il documento alla base della fondazione
degli Stati Uniti:
Quando gli architetti della nostra repubblica scrissero le magnifiche
parole della Costituzione e della Dichiarazione d’indipendenza, firmarono una promessa ereditata da ogni americano. La promessa era che a
tutti gli uomini sarebbero stati garantiti gli inalienabili diritti alla
vita, alla libertà e al conseguimento della felicità.
Contrasto_Corbis
Il movimento dei diritti civili e antiapartheid
Davide Casali
DOSSIER
È ovvio oggi che l’America si è allontanata da questa promessa per quanto riguarda i cittadini di colore. Invece di onorare questo sacro dovere, l’America ha rilasciato ai neri un assegno a
vuoto che è stato respinto con la causale: fondi insufficienti. Ma
noi ci rifiutiamo di credere che la banca della giustizia sia fallita.
Ci rifiutiamo di credere che vi siano fondi insufficienti nei grandi
depositi delle opportunità di questa nazione. Perciò siamo venuti
a incassare questo assegno, un assegno che ci darà la ricchezza
della libertà e la sicurezza della giustizia.
Oggi dobbiamo affermare lo stesso concetto che King sostenne quaranta anni fa: la banca della giustizia internazionale non è
fallita. I poveri del mondo non possono accettare un assegno a
vuoto con la scritta fondi insufficienti, specialmente quando è
dolorosamente evidente che i fondi sono abbondanti e persino
presenti nei conti di alcune centinaia dei super ricchi americani,
senza contare i quattro milioni circa di famiglie americane del
valore netto di oltre 1 milione di dollari, oppure gli otto milioni
di famiglie nel mondo o il miliardo di persone in totale che vivono nei Paesi a reddito elevato con un reddito annuale combinato
di circa 30 miliardi di dollari.
I movimenti contro la schiavitù, il colonialismo e il razzismo
condividono alcune caratteristiche di base. Sembrarono donchisciotteschi, persino disperati all’inizio, in quanto appelli ai più
ricchi e più potenti del mondo per estendere la giustizia ai più
poveri e indifesi. Per riuscire, richiesero un misto di azione politica, politiche reali e istruzione delle masse. Fecero appello a interessi personali illuminati come pure a precetti etici e religiosi di
base. Impiegarono anni per dare frutti, la perseveranza ne fu la
chiave. Si appellarono a valori illuministici fondamentali di diritti
e di potenzialità umane. Infine, con un mutamento improvviso
nell’opinione pubblica, trasformarono l’impossibile in inevitabile.
Allo stesso modo, la fine della povertà si verificherà rapidamente,
segnata da una rapida transizione. Il fatto che per trentacinque
anni i Paesi ricchi abbiano promesso senza mantenere una cifra
CHI VIVE IN CONDIZIONI DI ESTREMA POVERTÀ
LE CIFRE DELLA POVERTÀ ESTREMA
70
900
1981
2001
800
1981
2001
60
700
50
600
40
500
400
Percentuale della popolazione
30
300
200
Milioni
100
0
Asia
dell’est
Europa
Orientale
e Asia Centrale
America
latina e
Caraibi
Medio
Oriente
e Nord Africa
Asia
del Sud
Africa
sub-sahariana
Fonte dati Chen and Ravallion (2004)
90
20
10
0
Asia
dell’est
Europa
America
Orientale
latina e
e Asia Centrale Caraibi
DATI IN PERCENTUALE
Medio
Oriente
e Nord Africa
Asia
del Sud
Africa
sub-sahariana
Fonte dati Chen and Ravallion (2004)
minima come lo 0,7% del PIL da utilizzare per assistenza ufficiale allo sviluppo, non è un motivo di scoraggiamento, ma la base
per una mobilitazione sociale anche più grande.
Le iniziative da intraprendere
È giunta l’ora di porre fine alla povertà, sebbene si tratti di un
impegno gravoso. Ho individuato le ragioni della coesistenza
della povertà estrema ininterrotta con la grande ricchezza. Ho
indicato le iniziative specifiche necessarie per affrontare e superare questo problema. Ho dimostrato che i costi dell’intervento
sono minimi e invero una frazione minima del costo del non
intervento. Ho identificato una tabella di marcia fino al 2025,
inclusiva degli Obiettivi di sviluppo del millennio come stazione
intermedia nel 2015. Ho dimostrato come le istituzioni chiave
internazionali possano contribuire al processo. Tuttavia, dobbiamo svolgere questi compiti in un contesto di inerzia globale, propensione alla guerra e al pregiudizio e comprensibile scetticismo
sulla diversità ed efficacia di questo tentativo rispetto ad altri del
passato.
Sì, stavolta il risultato può essere diverso ed ecco le nove fasi
necessarie al raggiungimento della meta.
Impegno per l’eliminazione della povertà La prima fase consiste
nell’impegno nel compito assunto. Oxfam e molti altri leader
della società civile hanno abbracciato una causa, rendere la povertà un fatto del passato. Il mondo intero deve dedicarsi a questo
obiettivo. Ci siamo impegnati a dimezzare la povertà entro il
2015. Impegnamoci a porre fine alla povertà estrema entro il
2025.
Adozione di un piano di azione Gli Obiettivi di sviluppo del millennio costituiscono l’acconto per l’eliminazione della povertà.
Sono specifici, quantificati e già promessi nel Patto globale dei
ricchi e poveri. La comunità mondiale deve rinnovare il suo
impegno per il raggiungimento di questi obiettivi, ma è necessario anche che i suoi leader adottino un piano globale specifico per
LE CIFRE DELLA POVERTÀ MODERATA
CHI VIVE IN CONDIZIONI DI POVERTÀ MODERATA
700
50
1981
2001
1981
2001
45
600
40
500
35
30
400
25
Percentuale della popolazione
300
200
Millioni
100
0
Asia
dell’est
Europa
America
Orientale
latina e
e Asia Centrale Caraibi
Medio
Oriente
e Nord Africa
Asia
del Sud
Africa
sub-sahariana
Fonte dati Chen and Ravallion (2004)
20
15
10
5
0
East Asia
Europa
Orientale
e Asia Centrale
DATI IN PERCENTUALE
America
latina e
Caraibi
Medio
Oriente
e Nord Africa
Asia
del Sud
Africa
sub-sahariana
Fonte dati Chen and Ravallion (2004)
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Grazia Neri_AFP
Contrasto_Corbis
raggiungere l’Obiettivo di sviluppo del millennio del tipo delineato nel capitolo 15 e offerto in dettaglio dal Progetto Millennio
delle Nazioni Unite.
Rafforzamento della voce dei poveri Il Mahatma Gandhi e Martin
Luther King non aspettarono che i ricchi e potenti venissero in
loro soccorso. Proclamarono la loro richiesta di giustizia e presero
posizione di fronte all’arroganza e alla negligenza ufficiale. I
poveri non possono aspettare che siano i ricchi ad avviare la lotta
per la giustizia. Il G8 non sosterrà mai l’eliminazione della
povertà, se i poveri stessi restano zitti. È ora che le democrazie
mondiali del mondo povero, Brasile, India, Nigeria, Senegal,
Sudafrica e dozzine di altri, si uniscano per agire. La voce dei
poveri inizia adesso a farsi sentire tramite il G3 (Brasile, India,
Sudafrica), il G20 (un raggruppamento commerciale che negozia
all’interno del WTO) e altre strutture. È necessario che il mondo
senta risuonare questa voce.
Rivalutazione del ruolo degli Stati Uniti nel mondo La nazione più
ricca e potente del mondo, a lungo leader e ispiratrice di ideali
democratici, è diventata negli anni recenti la nazione più temuta
e maggiormente apportatrice di divisione. La ricerca degli Stati
Uniti di supremazia e libertà d’azione incontestate si è rivelata
un disastro e rappresenta uno dei maggiori rischi per la stabilità
globale. La mancanza di partecipazione degli Stati Uniti alle iniziative multilaterali ha minato la sicurezza globale e il percorso
verso la giustizia sociale e la protezione ambientale. Gli stessi
interessi americani sono stati minati da questa svolta unilaterale.
Forgiati nel crogiolo dell’Illuminismo, gli Stati Uniti possono
diventare il campione della globalizzazione illuminata. Per ripristinare il loro ruolo nel cammino verso pace e giustizia globali,
saranno necessarie azioni politiche all’interno degli Stati Uniti e
dall’estero.
Salvataggio del FMI e della Banca Mondiale Le nostre principali
istituzioni finanziarie internazionali devono rivestire un ruolo
decisivo nell’eliminazione della povertà globale. Hanno l’esperienza e la competenza tecnica per giocare un ruolo importante.
Dispongono della motivazione interna di uno staff altamente
professionale. Tuttavia sono state utilizzate malamente, o meglio
abusate, come agenzie gestite da creditori invece che come istitu-
Contrasto
zioni internazionali rappresentative di tutti i 182 governi membri. È ora di ripristinare il ruolo internazionale di queste agenzie
cosicché non siano più a servizio di governi creditori, ma i campioni della giustizia economica e della globalizzazione illuminata.
Rafforzamento delle Nazioni Unite È inutile biasimare le Nazioni
Unite per i passi falsi degli anni recenti. Le Nazioni Unite sono
espressione delle nazioni potenti del mondo, specialmente gli
Stati Uniti. Per quale motivo le agenzie delle Nazioni Unite sono
meno funzionali di quanto dovrebbero? Non a causa della burocrazia delle Nazioni Unite, anche se esistente, ma perché i Paesi
potenti sono restii a concedere maggiore autorità alle istituzioni
internazionali, temendo una riduzione della loro capacità di
manovra. Le agenzie specializzate delle Nazioni Unite hanno un
ruolo fondamentale da rivestire nell’eliminazione della povertà. È
ora di rafforzare strutture quali il Fondo per l’infanzia,
l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura e molte altre, per consentire loro di
lavorare sul campo, Paese per Paese, compito per cui sono qualificate, aiutando i più poveri dei poveri a utilizzare la scienza e la
tecnologia moderne per superare la trappola della povertà.
Canalizzazione della scienza globale La scienza è stata la chiave
dello sviluppo sin dall’inizio della Rivoluzione industriale, il fulcro tramite cui la ragione diventa tecnologie di miglioramenti
sociali. Secondo la predizione di Condorcet, la scienza ha rafforzato i progressi tecnologici relativi ad alimentazione, sanità,
gestione ambientale e a innumerevoli altri settori base delle esigenze umane e produttive. Tuttavia la scienza tende a seguire le
logiche di mercato oltre che a guidarle. Non è sorprendente, ho
più volte evidenziato, che i ricchi diventino più ricchi in un ciclo
continuo di crescita endogena, mentre i più poveri siano tagliati
fuori da questo circolo virtuoso. Quando le esigenze dei poveri
sono specifiche in relazione a particolari malattie o coltivazioni o
condizioni ecologiche, i loro problemi vengono evitati dalla scienza globale. Pertanto, uno sforzo speciale della scienza globale,
organizzato da centri di ricerca scientifica globale di governi,
accademie e industrie, deve essere specificatamente dedicato alla
risoluzione delle sfide irrisolte dei poveri. Finanziamenti pubblici,
iniziative filantropiche private e associazioni non a scopo di lucro
devono sostenere questo impegno, precisamente perché le forze
di mercato da sole non saranno sufficienti.
Promozione dello sviluppo sostenibile Mentre gli investimenti
mirati nei settori di sanità, istruzione e infrastrutture possono
sbloccare la trappola della povertà estrema, il continuo degrado
ambientale a livelli locali, regionali e planetari minaccia la sostenibilità a lungo termine di tutti i nostri obiettivi sociali.
L’eliminazione della povertà estrema può alleviare molte pressioni sull’ambiente. Se le famiglie impoverite ottengono una maggiore produttività nelle loro fattorie, la loro esigenza di tagliare le
foreste circostanti in cerca di nuova terra coltivabile diminuisce.
Se i loro figli hanno maggiori possibilità di sopravvivenza, diminuiscono l’incentivo per il mantenimento di tassi di fertilità
molto alti e il connesso svantaggio di una rapida crescita della
popolazione. Tuttavia, anche se la povertà estrema viene eliminata, il degrado ambientale relativo all’inquinamento industriale e i
cambiamenti climatici a lungo termine associati all’uso massiccio
_La voce dei poveri inizia ora a farsi sentire
tramite il G3 (nella foto il presidente messicano Vicente Fox, quello venezuelano Hugo
Chavez e il presidente colombiano Andres Pastrana durante una riunione del G3 a Caracas
nel 2001), il G20, un raggruppamento commerciale che negozia all’interno el WTO e altre struture
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DOSSIER
Unendo i racconti
appassionati di 25
anni di esperienza
sul campo in
Bolivia, Polonia,
Russia, India, Cina
e Africa con una
rigorosa analisi economica Jeffrey
Sachs nel suo ultimo libro The end of
poverty disegna un quadro esaustivo
dell’economia globale.
L’economista di fama mondiale in
questo suo ultimo lavoro, del quale
east pubblica un’anticipazione, traccia
la via da percorrere per far uscire
dalla loro situazione i Paesi in via di
sviluppo e realizzare un mondo più
prospero per tutti
di carburanti fossili dovrà essere affrontato. Vi sono modi di
affrontare queste sfide ambientali senza distruggere la prosperità
(per esempio, costruendo centrali elettriche più intelligenti attrezzate per la cattura e l’eliminazione delle emissioni di carbonio e
tramite un maggiore utilizzo delle fonti di energia rinnovabile). In
contemporanea con l’investimento nell’eliminazione della povertà
estrema, dobbiamo affrontare la sfida in corso dell’investimento
nella sostenibilità globale degli ecosistemi mondiali.
Impegno personale. Alla fin fine, tuttavia, gli individui, lavorando assieme, costituiscono e caratterizzano le società. Gli impegni sociali sono gli impegni degli individui. Le grandi forze sociali, ci ha ricordato con forza Robert Kennedy, non sono altro che
la somma di azioni individuali. Le sue parole sono oggi più significative che mai.
Che nessuno si perda d’animo pensando che non c’è nulla che
uomini o donne possano fare contro gli innumerevoli mali del
mondo, contro la miseria e l’ignoranza, l’ingiustizia e la violenza... Pochi saranno tanto grandi da piegare la storia, ma ognuno
di noi può lavorare per modificare una piccola parte di eventi, e
nella somma di tutte queste azioni sarà scritta la storia di questa
generazione...
La storia umana prende forma da innumerevoli vari atti di
coraggio. Ogni volta che un uomo combatte per un ideale o agisce per migliorare le sorti altrui, o si ribella all’ingiustizia, crea
una piccola corrente di speranza e quando queste correnti si
incontrano, provenienti da milioni di diversi centri di energia e di
audacia, formano un’onda che può travolgere i muri più solidi di
oppressione e resistenza.
Che il futuro dica della nostra generazione che abbiamo propagato potenti correnti di speranza e che abbiamo lavorato assieme per guarire il mondo.
Contrasto_Corbis
IL LIBRO