IL PARUTODELLA NAZIONE DAGRAMSCIARENZI

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IL PARUTODELLA NAZIONE DAGRAMSCIARENZI
IL PARUTO DELLA NAZIONE
DAGRAMSCIARENZI
ON cessano le voci di coloro ai quali sorride l'idea
che il Pd renziano diventi né più né meno che il
"Partito della Nazione". Naturalmente tanto per
gli avversari esterni del Pd quanto per le correnti
di minoranza al suo interno e per i vendoliani questa identificazione scatena una violenta allergia, poiché per gli uni
esprime labramadi pigliare tutto, per gli altriil disegno del
premier di snaturare il Pd spostandone decisamente il baricentro dalla sinistra al centro. Pochi giorni or sono la ministra Boschi, che è una donna capace, intelligente e tenace - come dimostrato dal modo in cui ha condotto in porto
la barca dell'Italicum - ha controbattuto alle minoranze
del suo partito che a lanciare sulla scena del dibattito politico la definizione di Partito della Nazione è stata «una delle menti più lucide della sinistra». Certo, a prima vista l'etichetta si presenta bella, quasi commovente: implica l'esortazione a porre in cima a tutto la ricerca del bene del paese,
nessuno escluso, chiama ad assumersi la più alta delle responsabilità. Quale male dunque se uno specifico partito, il
Pd, intende presentarsi nellevestidi Partitodella Nazione?
Devo dire di considerare questo un indirizzo sbagliato,
una sconcertante ingenuità ideologica, un errore da cui
Renzidovrebbe tenersi adistanzadi sicurezza. Nelclimaintorbidito della politica italiana - caratterizzata dalla presenza di una molteplicità di partiti che fanno mestiere di
una conflittualità miseranda dentro e fuori di sé, sono preda di robusti tarli roditori, vedono i propri leader contestarsi reciprocamente e malamente; colpita ogni giorno
dallebombardedeipopulismi; invelenitadaicontrastiintema di riforme istituzionali e costituzionali- l'invito al Pd a
farsi esso coraggiosamente e orgogliosamente carico dei
destini complessivi del Paese indossando i panni di Partito
della Nazione può apparire una ventata di aria fresca. Sennonché occorre ragionare, avvalendosi di qualche riflessione sulla storia italiana, su ciò che in quell'invito non funziona. In tutti i momenti di più grave crisi dello Stato unitario, quando i contrasti tra i partiti politici superarono una
certa soglia, si è fatta avanti l'idea che, contro la divisività
negativa e inconcludente, spettasse ad un soggetto privilegiato assumere l'onere e l'onore di rigenerare il paese come, appunto, "Partito della Nazione". Fu il caso sia del partito, stretto intorno alla monarchia, che nella crisi difine Ottocento Sonnino invocò contro i rossi e i neri; sia del partito
fascista che nel primo dopoguerra si propose di unire il popolo intorno a sé, potando i rami secchi. Vi era in questi nemici della sinistra la convinzione di poter essi soli rappresentare il bene dell'Italia.
Ma anche a sinistra si è nutrita una analoga ambizione.
Si leggano le Tesi di Lione del 1926 stese da Granisci e Togliatti, e si vedrà che lo scopo additato al Partito comunista
era fondare lo Stato del futuro, anche in questo caso tagliando i rami secchi, avendo in mano le chiavi per unire intorno a sé tutte le forze sane del popolo. Dopo la caduta del
fascismo, Togliatti teorizzò senza posa che la missione storica del Partito comunista era strappare dalle mani della
borghesia la bandiera del vero progresso della nazione, di
cui esso rivendicava di essere l'unico interprete, assumendo - affermò - «una funzione di guida in tutti i campi della vita politica e sociale».
Ecco comparire ancora una volta il soggetto preposto a
compiere la rinascita nazionale. Con lo scorrere del tempo
toccò a Veltroni esaltare in tale veste l'Ulivo italiano, addirittura concepito quale modello per l'universo mondo. Cara ministra Boschi, non scambi il vino vecchio per vino nuovo. L'uscita della lucida mente della sinistra che invoca "il
Partito della Nazione" capace di assumere su di sé la croce
dei mali del Paese e di farlo risorgere non è aria fresca ma
l'ultimo eco di una consunta retorica. Chi scrive non pensa
affatto che il Pd renziano sia affetto dalla sindrome dittatoriale che gli attribuiscono i suoi avversari. Ma sarebbe
davvero bene che esso si tenesse alla larga dal cedere alla
sirena di voler presentarsi come Partito della Nazione: anche tenendo nel debito conto che quel nome è stato unavoltapertutte malamente confiscato dal PartitoNazionale Fascista. Nel concetto di Partito della Nazione è di fatto implicita una pretesa totalizzante, boriosa, inopportuna e dannosa. I precedenti non sono di buon auspicio. I sistemi liberaldemocratici riconoscono unicamente "partiti nella nazione". Il Pd aspiri ad essere una attiva forza riformatrice
all'altezza delle sfide che è chiamata ad affrontare. Non indossi i panni di chi guarda i suoi competitori dall'alto di un
salvifico primato; e non ambisca a fare gli interessi di tutti,
poiché le società moderne sono la scena dell'inevitabile
scontro dei diversi interessi politici e sociali. Non inalberi
una bandiera di parole e lasci perdere la vacua, altisonante
etichetta di "Partito della Nazione".