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Cari Medici serve un po’ di Marx, per combattere il “marxiano” Renzi
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quotidianosanità.it
Lunedì 26 OTTOBRE 2015
Cari Medici serve un po’ di Marx, per
combattere il “marxiano” Renzi
Benvenuti nella logica del definanziamento viva i tagli lineari da qui
all’eternità. In questo modo Renzi il “marxiano” pensa di ridurre la spesa
in funzione del tempo (legge di decrescita) e in funzione della sua quantità
(tasso di decremento). Ma tutto questo va a finire a coda di pesce cioè in
privatizzazione
I medici, secondo me, dovrebbero essere un po’ “marxiani” (chi si rifà al metodo d'indagine filosofica,
politica, economica e sociale di Marx. Marxista è chi si riferisce alla teoria di Marx in modo
ideologico). Quindi dovrebbero comprendere bene i rapporti che esistono tra la sovrastruttura sociale
(questione medica) e la struttura economica (la legge di stabilità). Renzi (a modo suo) è “marxiano”
(mi si passi il doppio senso), parte dalle politiche economiche (struttura) e ne deduce linearmente
certe politiche sanitarie (sovrastruttura), cioè definanziamenti, decapitalizzazioni, professioni
amministrate, tagli lineari.
L’errore è tenere separate le questioni strutturali da quelle sovrastrutturali nonostante da questo
genere di rapporti nascono la maggior parte dei problemi storici dei medici. La loro proposta (se c’è ne
una) è nettamente giocata sul piano sovrastrutturale e siccome il loro riferimento sono solo i loro
problemi (autoriferimento) essi finiscono per assomigliare al marchese del Grillo quello che diceva
testualmente: “io so io e voi non siete un c...!”
Ma, come ho già spiegato a proposito di “crisi del medico” (QS 26 e 30 marzo 2015), da almeno
mezzo secolo la professione è stata ampiamente deliberalizzata e il suo ruolo, ormai decisamente
“post” a sua volta, ridimensionato. Come dire che i rapporti tra il marchese del Grillo e gli altri...si sono
rovesciati: oggi è il marchese del Grillo a “non essere un c....”.
La speranza dei medici è mobilitarsi per convincere non la politica economica a dare loro “soldi e
libertà” (QS 22 ottobre 2015) ma i politicanti dei partiti a barattare un po di consenso con qualche
“mollichella” a politica economica invariante. La fregatura è che a“politica economica invariante” ,se
esistono come dice Marx, strette connessioni tra struttura e sovrastruttura, invariante resta anche “la
questione medica ” cioè la vecchia professione liberale andrà definitivamente è ad esaurimento fino
al “non medico” .
Siccome, cari amici medici, come sapete, il “non medico” è una prospettiva che pavento e combatto
da anni, (l’idea di “autore” che non so perché vi resta estranea in fin dei conti è un compromesso tra
la vecchia idea di professione liberale e la professione dipendente) mi si permetta di offrirvi una
piccola lezione di logica marxiana. Vorrei spiegarvi perché il marchese del Grillo “non è più un c...”
a causa delle sue insufficienze politiche e ora anche a causa delle politiche di definanziamento .
Procediamo per punti:
· quando una quantità di spesa come quella sanitaria si accresce sul versante della domanda degli
stessi fattori (invecchiamento, innovazione, bisogni, tutele, costi, diritti ecc) siamo in presenza di una
legge di crescita di tipo esponenziale;
· la sua causa è l’autoriproduzione (autocatalisi),la spesa, cioè come i batteri in un brodo di cultura,
catalizza e regola il proprio incremento in relazione alla domanda;
· la tendenza della spesa sanitaria a crescere in modo esponenziale è accentuata dal fatto che
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l’offerta di sanità (nei suoi modelli attuali e nelle attuali professioni ,e quindi nell’attuale idea di tutela)
è sostanzialmente invariante (dalla riforma del 78 ad oggi) cioè il sistema nel suo complesso (in
particolare il lavoro professionale e la sua organizzazione in servizi ) non si adegua e meno che mai
si ripensa rispetto alle novità che la domanda rappresenta ,se non in modo marginale (un po di posti
letto e di ospedaletti in meno, la riduzione del numero delle asl, un po di risparmi sugli acquisti, il
blocco degli organici, un po di razionalizzazione, ecc);
· ad una offerta sostanzialmente invariante nei modelli di spesa corrisponde un modo solo di far
fronte alla domanda che cresce che è quello di crescere a sua volta in modo esponenziale cioè
espandere l’offerta (assumere più personale, aprire più servizi, aumentare i farmaci disponibili,
accrescere le cure e i trattamenti ecc). Questo è ciò che chiedono i medici e le Regioni. Espandere la
spesa sanitaria per coprire le loro necessità di invarianza;
· l’effetto di questa doppia esponenzialità, è una spesa che tende a crescere in modo
iperesponenziale perché ai costi relativi alla crescita della domanda si aggiungono quelli relativi
all’invarianza/incremento dell’offerta (antieconomie e diseconomie);
· questo andamento se non fosse governato nel tempo sarebbe un disastro nel senso che un paese
dovrebbe produrre Pil esclusivamente per mantenersi la sanità.
Una crescita dovrebbe essere classificata in base:
· al variare delle quantità totale nel tempo;
· in base ai tassi di incremento cioè alle variazioni rispetto al tempo.
Si possono distinguere così fondamentalmente due modi di rappresentare il problema della spesa
sanitaria:
· la variazione della sua quantità totale in funzione del tempo (legge di crescita) quella che in genere
viene calcolata in rapporto al Fsn;
· la velocità di crescita in funzione della quantità (tasso di incremento) quella che viene calcolata in
incrementi percentuali in rapporto al Pil.
La spesa sanitaria se non governata obbedisce tanto ad una legge lineare di crescita quanto ad una
legge esponenziale:
· se il tasso di incremento è costante e la spesa sanitaria cresce proporzionalmente nel tempo si ha
una legge lineare di crescita;
· se il tasso di incremento è invece lineare cioè la velocità è proporzionale alla quantità, si ha una
legge esponenziale;
· se il tasso di incremento cresce con una proporzionalità maggiore di quella lineare si ha una legge
di crescita iperesponenziale in particolare iperbolica.
La spesa sanitaria ha quindi una natura auto catalitica con una tendenza in mancanza di
regolamentazione a crescere. E’ vero che dopo anni di contingentamento della spesa questa si è
ridotta che è la più bassa di Europa, che la nostra sanità costa poco ecc. Ma la spesa è la spesa e le
politiche economiche restano tali con qualunque spesa si ha a che fare.
Per cui per forza bisogna governarla. Ma come? Il ministro Padoan ha definito il definanziamento
programmato come “minore aumento programmato”. Questo governo ha deciso di governare la
crescita della spesa sanitaria programmandone la decrescita vale a dire invertendo (con i tagli lineari,
i piani di rientro, i ripiani dagli scostamenti, i prezzi di riferimento, la medicina amministrata, il taglio
degli ospedali, dell’occupazione, dei salari, i costi standard (prezzi di riferimento), ecc., tanto la sua
tendenziale crescita esponenziale che il suo tendenziale tasso di incremento.
La spesa sanitaria tende a crescere? Bene, dice Renzi, allora tagliamo sull’incremento incompatibile
con la crescita economica del paese. Per cui Renzi il marxiano dice:
· alla crescita esponenziale della spesa si tratta di opporre una sua decrescita esponenziale (Fsn);
· a un certo tasso di incremento si tratta di opporre un tasso di decremento programmato in rapporto
al Pil.
Benvenuti nella logica del definanziamento viva i tagli lineari da qui all’eternità. In questo
modo Renzi il “marxiano” pensa di ridurre la spesa in funzione del tempo (legge di decrescita) e in
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Cari Medici serve un po’ di Marx, per combattere il “marxiano” Renzi
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funzione della sua quantità (tasso di decremento). Ma, come dice giustamente Troise, tutto questo va
a finire a coda di pesce cioè in privatizzazione.
Renzi, il marxiano, preso atto che in sanità non cambia mai veramente niente, e che tutti chiedono
ma senza dare nulla in cambio, e che nessuno a partire dalle Regioni si rende conto del problema
della spesa, e soprattutto che lui ha ben altri problemi da risolvere, ha di fatto commissariato la spesa
fissando ad ogni livello del sistema i suoi parametri di rientro e, per questo, ha commissariato
l’intero sistema istituzionale deputato alla sua definizione (su questo problema e che vede una grave
spaccatura tra regioni e stato centrale mi riservo di tornarci sopra).
L’unico modo per confutare a Renzi le sue politiche marxiane è rispondere in modo
altrettanto marxiano, cioè regolamentare la crescita della spesa con dei meccanismi di
autoregolazione del sistema. Quali? Intervenendo su quei fattori che rendono la spesa sanitaria
quella che è, in quantità e qualità, in modo da regolamentarne l’incremento con lo scopo di avere
minori costi .Si tratta di interferire in modo “marxiano” con l’andamento esponenziale della spesa e
questo si può fare in tanti modi: combattendo le diseconomie, inventando una nuova governance,
ripensando le professioni, riformando i modelli dei servizi, cambiando contratti e convenzioni,
ripensando il lavoro. Per interferire con le politiche di decrescita e con i tassi decrementali calcolati
fino al 2020, di Renzi, c’è un solo modo veramente marxiano : autoriformarsi.
Se l’invarianza rende la spesa iper esponenziale per rendere la spesa ipo esponenziale bisogna
cambiare il sistema da dentro. Altrimenti la partita è persa. All’invarianza del sistema di cui i medici
sono parte costitutiva il governo risponde trasformando i medici in “non medici”, il lavoro in un costo,
il mercato del lavoro in un parcheggio di precari e disoccupati. La domanda alla quale sarebbe
interessante che la Fnomceo ad esempio rispondesse, è la seguente: per evitare che i medici
diventino “non medici” i medici cosa sono disposti a fare?
Una ultima cosa: il presupposto della crescita della spesa sanitaria è che la produzione di cura
superi la produzione di salute. Se i due tassi sono uguali (la produzione della la cura è compensata
dalla produzione di salute) si ha un sistema stazionario cioè esso non si modifica più nelle sue
dimensioni.
Quando personalmente parlo di prevenzione, di ripensare le cure primarie quindi le convenzioni, di
ripensare l’ospedale quindi i contratti, di inventarci l’autore e il reticolo professionale, il contratto unico
degli autori, di fare propriety anziché appropriatezza, di ripensare i distretti per comunità di ridefinire
le professioni come capitale cioè di cambiare il lavoro, di cambiare il genere di azienda , di integrare
questo e quello, di compossibilità e non di compatibilità, non lo faccio come pensano alcuni perché
sono un visionario rompiscatole ,ma perché da riformatore quale sono che vuole salvare la ghirba dei
diritti e che per questo ha bisogno come il pane di un vero medico, penso che il definanziamento lo
posso sconfiggere solo se offro sanità con minore spesa.
I visionari oggi sono gli “invarianti “ quelli che una volta si chiamavano “conservatori” cioè coloro che
nonostante il mondo si sia rovesciato ancora credono di essere come il marchese del Grillo.
Ivan Cavicchi
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