Policy paper per il governo sui temi postali

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Policy paper per il governo sui temi postali
Sommario
1.
Lo scenario di riferimento .................................................................. 3
1.1.
L’E-SUBSTITUTION ...............................................................................3
1.2.
IL MERCATO POSTALE ITALIANO .................................................................5
1.3.
LE PROSPETTIVE DI RIDUZIONE DEL SERVIZIO UNIVERSALE .................................7
2.
Gli attuali vincoli allo sviluppo del mercato e della concorrenza ......... 9
2.1.
I PROFILI SEGNALATI DALL’ANTITRUST ........................................................9
2.2.
I PREZZI REGOLATI ............................................................................. 12
2.3.
I PREZZI POLITICI .............................................................................. 15
2.4.
LE MACCHINE AFFRANCATRICI ................................................................. 16
2.5.
IL REGIME SULLA PRIVACY ..................................................................... 16
3.
L’innovazione nell’industria postale: il caso del recapito .................. 17
4.
Un piano per l’occupazione responsabile .......................................... 19
Le proposte di Glocus ....................................................................... 20
Il paper è stato curato da Vincenzo Visco Comandini, Docente di Economia delle
Istituzioni - Università di Roma "Tor Vergata".
1. Lo scenario di riferimento
1.1.
L’e-substitution
In coincidenza con l’inizio del nuovo secolo il mercato postale, che nella maggior parte dei
paesi industrializzati era sempre cresciuto in relazione all’aumento del prodotto interno
lordo, ha iniziato a seguire un andamento diverso. I volumi sono dapprima rimasti
costanti, e intorno alla metà del decennio hanno cominciato nel complesso a ridursi
(fig.1). La ragione principale è la cosiddetta e-substitution, ovvero la sostituzione
elettronica della posta cartacea (lettere singole sostituite da email, estratti conto e fatture
inviati on-line, ecc.).
Figura 1
Il decremento osservato dei volumi è relativamente lento ma costante, più accentuato nei
paesi che hanno grandi volumi di posta e dove maggiore è la penetrazione dei servizi di
Internet. La figura 2 indica la riduzione dei volumi dei grandi operatori europei dal 2005 al
2010, dovuta anche alla bassa crescita economica e alla perdita di quote di mercato a
favore dei concorrenti, in Germania, Olanda, Svezia e Italia (ma non negli altri paesi) già
presenti prima della direttiva europea di liberalizzazione completa del mercato, entrata in
vigore nel 2011.
3
Figura 2
La sostituzione elettronica sembra avvenire con intensità diverse anche nei paesi di una
medesima area geografica. Ad esempio le poste danesi, che due anni fa hanno unificato
con quelle svedesi i loro servizi postali nella società PostNord, fra il 2000 e il 2011 hanno
perduto ben il 45% dei propri volumi, mentre nel mercato svedese la riduzione è stata di
pochi punti percentuali.
Per l’Italia le stime più recenti (fonte: TNT) indicano una riduzione media annua (20102015) pari a circa:

-1,3% per la posta business transazionale (e-substitution puro con estratti conto on
line)

-1,3% per posta prioritaria (e-substitution di email, social network)

-1,8% per la posta registrata (tagli alla spesa pubblica spingono le amministrazioni a
contenere il suo utilizzo, PEC)

+ 1,4% per il Direct mail (anche in parte per effetto spostamento volumi da editoria
sempre meno sussidiata).
Come si può osservare, anche in Italia i volumi sono in calo in tutti i segmenti, con la sola
eccezione del direct mail (invii pubblicitari per corrispondenza) che ha invece prospettive
positive di crescita, come vedremo un’opportunità importante da sfruttare.
4
1.2.
Il mercato postale italiano
Il mercato postale italiano è da sempre di dimensioni assai più contenute, circa 100 invii
per abitante contro una media di 300-400 degli altri grandi paesi europei. Le ragioni di
questo differenziale sono di tipo strutturale, quali il mancato sviluppo del direct mail come
mezzo di comunicazione pubblicitario (anche a causa del dominio assoluto della TV, che
nel 2011 veicolava il 51% delle risorse pubblicitarie, la quota più alta fra tutti i grandi
paesi industrializzati), un basso utilizzo dell’e-commerce, una limitata penetrazione
bancaria (ogni transazione genera una riga dell’estratto conto inviato per posta), nonché
una scarsa attitudine all’uso della comunicazione scritta, opposta ad un alto utilizzo di
quella vocale via cellulare (il numero di SIM attive ha superato in Italia i 100 mln).
Bassi volumi di posta, coniugati con gli obblighi di universalità imposti dalla direttiva
europea (recapito 5 giorni a settimana sull’intero territorio nazionale, con precisi obblighi
nei tempi di consegna fissati dal Contratto di Programma, nonché per diversi prodotti
prezzi imposti da norme di legge) hanno reso da anni strutturalmente deficitaria la
gestione dei servizi postali del fornitore nazionale, che pure gode di un consistente
profitto di gruppo, nel 2011 pari a 846 mln € di utile netto, interamente realizzato nei
servizi finanziari e assicurativi.
La terza direttiva europea 6/2008 ha completato la liberalizzazione del mercato postale in
Europa. In Italia il decreto legislativo 58/2011, che l’ha trasposta nell’ordinamento
nazionale, ha mantenuto una limitata area di riserva in favore di
Poste Italiane nelle
notifiche di atti amministrativi e delle multe stradali, e ha escluso dal servizio universale il
direct mail. Il decreto prevede l’applicazione del fondo di compensazione (già previsto
nella normativa del 1999 ma mai realmente applicato), alimentato da tutte le imprese che
operano in aree profittevoli, destinato a sostituire sempre più l’attuale trasferimento
statale in favore del fornitore universale a copertura dell’onere netto del servizio
universale. Il costo del servizio universale andrà ora calcolato non più con il metodo del
costo interamente distribuito (che era misurato come semplice somma delle perdite subite
nei prodotti universali) ma con la nuova procedura dei costi netti evitati, stabilita
dall’allegato alla direttiva europea.
Una parte dei profitti realizzati da Poste Italiane è quindi di fatto utilizzata per
compensare il deficit dell’area postale: un sussidio incrociato legittimo – non c’è alcun
trasferimento vietato da settori in monopolio a quelli in concorrenza – ma certamente
improprio, che presenta alcune criticità sia di ordine proprietario che di rispetto delle
norme antitrust.
Una separazione esclusivamente divisionale dei servizi postali e finanziari rende
problematica, sotto il profilo della governance, la possibile trasformazione del Bancoposta
in banca vera e propria, come hanno fatto del resto molte poste estere quali Deutsche
5
Post (che ha poi venduto a Deutsche Bank la propria società PostBank) o La Poste
francese (che l’ha mantenuta all’interno del proprio gruppo).
Sotto il profilo antitrust, pur essendo il sistema di separazione contabile applicato da Poste
sufficiente a rendere trasparenti costi e ricavi delle due divisioni, stante il forte
differenziale di profittabilità fra esse, finisce per sollecitare, anziché prevenire, i rischi di
abuso da parte dell’incumbent nel settore postale, dove Poste rimane largamente
dominante.
Il recente caso Posta Time, in cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha
condannato Poste Italiane per prezzi predatori (sentenza peraltro annullata dal TAR e in
attesa del giudizio del Consiglio di Stato) è emblematico al riguardo. La tentazione di
praticare prezzi inferiori ai costi incrementali e/o o adottare comportamenti abusivi è
infatti naturalmente connaturata in tutti gli operatori postali che hanno la possibilità di
compensare perdite di una divisione con i profitti di un’altra. Vale per l’Italia, ma anche
per altri paesi, ad esempio la Germania, dove Deutsche Post ha ricevuto ripetute
condanne per aver praticato prezzi predatori nel mercato dei pacchi (dove i margini sono
minimi e quasi tutti perdono), finanziato dal per lui profittevole segmento mail.
In Italia la liberalizzazione del mercato del 2011 ha rafforzato la concorrenza, oggi
piuttosto vivace, che pure era presente anche in precedenza. In alcuni segmenti le quote
di mercato perdute dall’incumbent Poste Italiane sono simili, se non superiori, a quelle
osservate negli altri stati membri dell’Unione Europea dove c’è concorrenza end-to-end
nel recapito (ad es. Germania, Olanda, Svezia, Spagna).
Nella tavola 1 è mostrata una stima del mercato delle lettere di origine business, ovvero
quello rilevante dal punto di vista della concorrenza, considerato che gli invii singoli (C2C
e C2B) non sono di interesse economico per gli operatori commerciali.
TAV. 1 Il mercato postale delle lettere di origine business in Italia - anno 2010
prodotto
totale
mercato
posta bulk non prioritaria
1892
prioritario
1118
direct mail
1280
raccomandate
255
assicur. atti giudiz. e multe
39
totale posta indirizzata
4584
volumi (mln di invii)
Poste
TNT
altri
It
operatori
1491
260
141
1118
0
0
1267
7
6
245
5
5
33
3
3
4154
275
155
quote di mercato %
Poste
TNT
altri
It
operatori
79%
14%
7%
100%
0%
0%
99%
0,5%
0,5%
96%
2%
2%
85%
8%
8%
91%
6%
3%
Poste Italiane detiene il 91% di quota del mercato business (grandi clienti e retail
professionale), un punto in meno rispetto al 2009 (fonte: Visco Comandini and Mazzarella,
2011).
La tavola 1 mostra che nella posta bulk (che include sia posta massiva di Poste Italiane
che i servizi a valore aggiunto a data e ora certe, perché i due prodotti sono in diretta
concorrenza) la quota di mercato detenuta dai competitors ha raggiunto nel 2010 il 21%.
6
Se si considera che in questo mercato la capacità potenziale di offerta dei concorrenti di
Poste Italiane è salita a circa il 65% dei punti di recapito (famiglie, imprese e
organizzazioni) la quota del mercato realmente contendibile perduta da Poste Italiane è
stimabile intorno al 30%, non diversamente da quanto è accaduto a Telecom Italia nei
servizi broadband TLC dove il ribilanciamento delle quote nel mercato fisso ha però
impiegato più anni a raggiungere tale valore.
L’aumento dei volumi gestiti dai concorrenti privati ha consentito a questi ultimi di
aumentare l’area geografica del mercato contendibile, che oggi ha raggiunto circa il 45%
dei CAP nazionali1. Tale percentuale è destinata a crescere ulteriormente, ma non a
raggiungere il 100% della copertura nazionale perché vaste aree del paese, per ragioni sia
di basso reddito dei destinatari che di insufficiente densità abitativa, sono strutturalmente
antieconomiche, quindi raggiungibili unicamente da un servizio che necessita comunque di
tutela pubblica di universalità.
1.3.
Le prospettive di riduzione del servizio universale
Il calo strutturale dei volumi sta creando tensione sui bilanci degli operatori postali dei
paesi industrializzati, sia in Europa che nel Nord America.
Le due dimensioni in cui è declinabile il servizio postale universale sono la orizzontale e la
verticale. La prima attiene le modalità del suo svolgimento, in primis la frequenza del
recapito, e rimane di stretta competenza dell’Unione Europea che ne fissa criteri e
parametri nelle direttive, la seconda è lasciata invece alla decisione degli stati membri.
Quanto alla prima, le richieste alla Commissione Europea affinché autorizzi, sia attraverso
deroghe ad hoc sia attraverso una revisione della direttiva, una maggiore libertà
nell’obbligo di consegna della posta su un numero inferiore agli attuali 5 la settimana, si
sta facendo pressante. Le ipotesi non sono di allentare in modo generalizzato tale obbligo,
ma modulare il recapito al fine di ridurre la crescente insaturazione dei portalettere
dovuta al calo dei volumi.
Quanto alla dimensione verticale, l’esclusione dal servizio universale dei prodotti mail
tipicamente bulk – ossia quelli che non vengono accettati allo sportello degli uffici postali
ma in grandi quantità direttamente ai centri di smistamento – è un’opzione già esercitata
in diversi paesi fra cui Germania, Belgio, Olanda, Regno Unito (in Francia solo per i
pacchi), ma per ragioni più di tutela della concorrenza e di maggiore libertà nei giorni di
consegna che per reali risparmi di costo conseguibili nel breve periodo. Infatti
permanendo l’obbligo dei 5 giorni la settimana per i prodotti universali (in primis posta
prioritaria), l’organizzazione dei portalettere del fornitore universale rimane comunque
vincolata su tale standard.
1
La copertura territoriale per CAP della concorrenza è minore di quella per punti di recapito serviti,
perché la popolazione e le imprese hanno una concentrazione maggiore nei CAP più densamente
abitati.
7
La Commissione Europea ha approvato deroghe parziali ai 5 giorni di consegna
settimanale alla Grecia, in considerazione della conformazione geografica in cui una parte
importante della popolazione vive in isole sparse, e alla Finlandia in un’area a sud del
paese a bassa densità abitativa (Itella, l’operatore finlandese sta sperimentando in una
parte di tale area un sistema di recapito elettronico alternativo a quello fisico, vedi
successivo par. 3).
In Italia il decreto legislativo 58/2011 ha innanzitutto ridotto dai precedenti 6 a 5 gli
obblighi di recapito settimanale, ma ha anche dato facoltà a Poste Italiane di introdurre un
sistema di recapito postale ordinario a giorni alterni nelle aree con densità di popolazione
inferiore ai 200 abitanti per Kmq e per un massimo di popolazione di circa 7,5 milioni.
Starà al legislatore e agli organi di regolazione (Dipartimento delle Comunicazioni del
MISE e Agcom) fare in modo che un’eventuale applicazione di tale norma consenta
risparmi di costo senza pregiudicare la qualità e i diritti del servizio universale.
La ratio di tale norma è evidente, se si considera che in gran parte del Mezzogiorno la
media annua delle lettere per abitante non supera le 40, ossia una lettera ricevuta
mediamente ogni 9 giorni, a fronte di un servizio oggi dimensionato per servire
quotidianamente ciascun punto di recapito sul territorio. Si tratta di uno spreco sociale di
risorse incompatibile, nel medio periodo, con l’obiettivo di pareggio nel business postale di
Poste Italiane e con il mantenimento di un servizio universale efficiente.
La riduzione della frequenza ipotizzata riduce, ma non risolve interamente dato l’attuale
rilevante divario fra offerta e domanda esistente in Italia, la questione dell’insaturazione,
e quindi dell’onere che essa implica. Inoltre pone alcuni problemi regolatori di qualità dei
servizi finora offerti. E’ evidente, infatti, che nelle zone a recapito a giorni alterni non
potrà più essere assicurata la qualità del servizio prioritario in j+1 (consegna il giorno
successivo all’impostazione), e potrebbero sorgere reazioni negative da parte della
popolazione che si sentirebbe discriminata.
Dalla ristrutturazione della rete sono da attendersi atteggiamenti negativi da parte della
classe politica e dei media locali, come mostrano le recenti forti critiche sollevate sui
progetti di chiudere un centinaio di piccoli uffici postali in grave deficit (quelli che svolgono
meno di 30 operazioni a settimana). Si tratta dunque di trovare strumenti atti a
compensare i tagli alla rete sostituendone in parte i servizi, a cui potrebbero candidarsi,
come vedremo, i servizi di recapito digitali a banda larga che in Italia necessitano di forti
investimenti infrastrutturali.
8
2. Gli attuali vincoli allo sviluppo del mercato e della
concorrenza
2.1.
I profili segnalati dall’Antitrust
L’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM) ha inviato al Parlamento, nei
primi giorni di ottobre, un documento con le proposte di riforma concorrenziale ai fini della
Legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2013. In riferimento allo stato della
concorrenza nei servizi postali, il documento elenca quelli che a giudizio dell’Autorità sono
i punti critici necessari ad accrescere la concorrenza nel mercato:
1)
L’accesso
riproponendo
all’infrastruttura
l’approccio
già
del
fornitore
sperimentato
nazionale
nelle
dominante.
telecomunicazioni,
L’AGCM,
chiede
una
regolamentazione delle modalità e condizioni d’accesso degli operatori attivi solo su
alcune fasi della filiera. L’idea è un obbligo posto in capo al gestore della rete nazionale di
predisporre
tariffe
wholesale
per
l’accesso
ai
vari
segmenti
dei
servizi.
Tale
regolamentazione già esiste perché, a determinate condizioni predefinite da norme
tecniche (standardizzazione delle buste, prelavorazioni, quantità minime, modalità di
consegna ecc.), consolidatori e concorrenti di Poste al fine di accedere a sconti
consegnano gli invii al fornitore nazionale in determinati punti di accesso (Centri di
smistamento).
Vanno qui distinti i profili tecnici dalle strategie regolatorie da implementare. Quanto ai
primi, l’Autorità di Garanzia nelle Comunicazioni (AGCOM, cui da qualche mese sono state
attribuite le funzioni di Autorità di Regolazione postale) ha in corso di svolgimento
un’istruttoria di loro verifica, che tenga conto delle esigenze di tutti gli operatori delle
diverse fasi della filiera.
Riguardo agli obiettivi della regolamentazione dell’accesso, invece, vanno distinte due
fattispecie diverse. Da un lato un sistema di sconti tariffari che riflette le attività
effettivamente evitate al gestore della rete nazionale (nella raccolta, trasporto e
soprattutto smistamento), che dovrebbero teoricamente riflettere il principio dell’efficient
component pricing (sconti pari ai costi evitati meno un margine minimo di profitto cui
l’operatore di rete rinuncia). La sua piena applicazione è però oggetto anche di critiche,
perché è applicata in modo integrale solo negli Stati Uniti e nel Regno Unito, ma non negli
altri paesi come Germania, Francia o Olanda, dove, entro determinati limiti prefissati, si è
optato per una libera contrattazione fra le parti. I rischi sono infatti prezzi di accesso che
riducono i ricavi per il gestore della rete e al tempo stesso disincentivano la concorrenza
downstream nel recapito. Sotto un determinato prezzo soglia, infatti, ai concorrenti
conviene rinunciare a svolgere in proprio il recapito, e ad avvalersi esclusivamente della
rete dei portalettere dell’operatore dominante.
9
Dall’altro gli sconti quantità che, se consentono al richiedente l’accesso allo sconto, lo
trasformano in un operatore virtuale che opera unicamente sul margine realizzabile fra
tariffe wholesale e retail, senza un apprezzabile guadagno di benessere sociale, che
invece è teoricamente conseguibile con l’accesso a costi evitati. Qui appaiono rilevanti
considerazioni di politica industriale, se si considera che l’ingresso degli operatori virtuali
mobili (VMO) in Italia è stato procrastinato di una decina di anni per consentire il
consolidamento della redditività degli operatori di rete mobile. Applicato con maggiore
incisività rispetto alle norme attuali (che già comunque lo prevedono: tutti gli operatori
concorrenti nelle diverse fasi lo utilizzano da tempo) si tradurrebbe in una semplice
perdita ulteriore di ricavi per Poste Italiane.
Appare al proposito rilevante assegnare al regolatore funzioni di controllo, verifica e
monitoraggio dei flussi informativi relativi agli invii immessi nella rete di Poste Italiane, al
fine di eliminare sia possibili abusi e favoritismi, come lamentato da concorrenti di Poste
Italiane, sia anche costituire la principale fonte d’informazione per determinare la
dimensione effettiva del mercato postale. Infatti, a differenza delle telecomunicazioni dove
i sistemi di rilevazione di prezzi e quantità dei servizi offerti sono tutti digitalizzati, nei
servizi postali la rilevazione del mercato è affidata a dichiarazioni degli operatori, che
spesso non hanno interesse a mostrare i veri volumi gestiti lungo le diverse fasi della
filiera.
2) Il mantenimento della riserva per gli invii raccomandati attinenti alle procedure
giudiziarie e per i servizi inerenti le notificazioni a mezzo posta. Secondo l’AGCM, tale
riserva non appare fondata su motivazioni di carattere pubblicistico o di sicurezza delle
stesse notifiche. Tuttavia, va ricordato che tale norma, inclusa nel dlgs 58/2011, è stata
dettata più da esigenze di evitare un brusco e ulteriore calo dei ricavi di Poste Italiane, già
compromessi
dall’e-substitution
e
dalla
concorrenza,
che
di
reale
protezione
di
quest’ultima, perché è di fatto in parte bypassata dalla possibilità posta in capo
all’amministrazione pubblica appaltante di nominare messi notificatori i portalettere degli
operatori alternativi.
3) La ridefinizione del perimetro del servizio universale
Il problema è già stato affrontato sotto i profili strategici nel precedente par. 1.3. Sotto il
profilo regolatorio va ricordato che alcuni stati membri hanno esercitato l’opzione verticale
di esclusione del bulk mail dal servizio universale. Tale scelta è oggi ulteriormente
rafforzata dai principi contenuti nella Comunicazione della Commissione del 20 dicembre
2011 sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato alla
compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale,
secondo cui non è desiderabile attribuire obblighi specifici di servizio pubblico ad
un’attività che è già fornita in modo soddisfacente dal mercato. Il bulk mail, che nella
gran parte dei paesi è il prodotto che consente al fornitore nazionale di realizzare profitti,
presenta proprio tale caratteristica, e dovrebbe pertanto, come suggerisce l’AGCM, essere
escluso dal servizio universale.
10
Tuttavia in Italia il calo dei volumi di questo prodotto (dovuto, come già osservato sia
all’e-substitution che alla concorrenza) il prodotto bulk di posta massiva presenta negli
anni più recenti un deficit crescente rilevato dalla separazione contabile di Poste Italiane,
che potrebbe ulteriormente far aumentare il già rilevante passivo del suo settore postale.
D’altro canto, il semplice mantenimento di posta massiva nel servizio universale presenta
la seria implicazione anticoncorrenziale determinata dall’assoggettamento asimmetrico
dell’IVA (in Europa esclusa dal servizio universale a seguito della sentenza della Corte di
Giustizia Europea2), segnalato dall’AGCM che ha aperto una procedura per abuso di
posizione dominante di Poste Italiane proprio su tale profilo. Infatti, i clienti che utilizzano
posta massiva (non gravata da IVA) e che, come banche, assicurazioni, pubblica
amministrazione e organizzazioni non profit, non la raccolgono, hanno un incentivo a
continuare ad utilizzarla anche se il prodotto equivalente dei concorrenti, il servizio a data
e ora certe fuori del servizio universale assoggettato ad IVA, presenta un prezzo inferiore.
Una possibile soluzione viene dalla stessa sentenza europea sopracitata che così recita:
“l’esenzione IVA va interpretata in senso strettamente restrittivo, applicabile solo agli
operatori che forniscono servizi postali rivolti a soddisfare bisogni essenziali della
popolazione”3, ossia in quanto fornitori di “servizi sostanzialmente diversi da quelli offerti
da altri operatori”4. Questa interpretazione della Corte di Giustizia, fatta propria
dall’AGCM, è coerente con il principio della neutralità fiscale, chiaramente violato
dall’attuale normativa IVA italiana, e potrebbe concretizzarsi in una distinzione interna al
medesimo prodotto di posta massiva, che verrebbe quindi sdoppiato in due prodotti
diversi.
Un primo prodotto di posta massiva includerebbe i servizi con contratti stipulati da clienti
che chiedono un servizio identico, per prezzi e prestazioni, a quelli definiti nel Contratto di
Programma, e rimarrebbe all’interno del servizio universale; al contrario, il secondo
prodotto, che include i contratti che prevedono prezzi e prestazioni diversi e personalizzati
sulle esigenze specifiche del clienti, ne sarebbe invece escluso, quindi assoggettato ad
IVA.
Tale soluzione che si applicherebbe così sia fra prodotti sia fra aree geografiche e/o CAP, e
aggiusterebbe le disparità fiscali oggi vigenti, minimizzando peraltro l’aggravio dell’IVA
per i clienti che non la possono dedurre nei loro bilanci, riportando condizioni di parità
concorrenziale per tutti gli operatori di mercato. Infatti nei CAP dove c’è concorrenza, tutti
gli operatori fornirebbero un servizio con IVA, in quelli antieconomici in cui opera il solo
fornitore universale, invece, il servizio sarebbe, come oggi, esente IVA.
2
Caso C-357/07, TNT Post UK Ltd v. The Commissioners for Her Majesty’s revenue and Customs,
[2009] ECR I-3025.
3
Idem, paragrafi 31 e 36.
4
Idem, paragrafi 37-39.
11
L’Autorità, infine, raccomanda un obbligo di valutazione del servizio universale in generale
(che dovrebbe essere svolta a cadenze regolari da AGCOM) basata su un’analisi
approfondita dei livelli di efficienza e qualità prestati dal fornitore universale, e una
condivisibile riduzione della concessione dagli attuali 15 a 5 anni. Perplessità, invece,
costituisce la raccomandazione dell’AGCM di mettere a gara il servizio universale –
opzione fino ad oggi mai implementata in nessun paese al mondo – perché è evidente che
un solo operatore, Poste Italiane, è oggi tecnicamente in grado di offrirlo, così che i
vantaggi tipici dell’asta competitiva che la rendono in teoria preferibile all’assegnazione
diretta della concessione non sarebbero verosimilmente raggiunti.
A tali profili vanno aggiunti quelli, ugualmente problematici, del calcolo del costo netto del
servizio universale e del suo fondo di compensazione. Com’è noto, l’allegato 1 della
direttiva 6/2008 richiede un diverso calcolo, rispetto al precedente basato sul costo pieno
dei prodotti universali in perdita, del suo onere netto, che va ora misurato in termini di
risparmi netti (tenuto conto anche dei benefici) conseguibili dall’operatore universale se
questo fosse lasciato libero di dimensionare la propria rete secondo criteri puramente
commerciali. E’ chiaro dunque che il nuovo metodo presuppone valutazioni generali di
politica industriale, che andranno definite e concordate ex-ante dallo stato proprietario
dell’operatore dominante.
Legato alla misura del costo netto del servizio universale c’è il problema del fondo di
compensazione, istituito fin dal dlgs del 1999, ma di fatto mai implementato, perché il suo
finanziamento, peraltro parziale, era interamente lasciato al sussidio pubblico. Gli stretti
vincoli al bilancio pubblico impongono ora una revisione che implicherà certamente
rendere operativo il fondo, che dovrà essere finanziato da tutte le imprese postali che
operano nelle aree profittevoli e che offrono anche parzialmente servizi sostitutivi di
quello universale. Sorge immediatamente il problema della definizione della base
imponibile del fondo, nonché quello dell’aliquota e del criterio di contribuzione, che
certamente non è risolvibile semplicemente utilizzando il parametro della quota dei ricavi.
Starà al regolatore trovare la quadratura del cerchio, che appare di assai difficile
realizzazione.
Oltre ai vincoli segnalati dall’AGCM, nel settore postale sussistono altre importanti criticità
da affrontare in sede legislativa, attinenti sia i prezzi e criteri di
determinazione dei
prodotti regolati sia delle normative concernenti la privacy.
2.2.
I prezzi regolati
La riduzione d’ampiezza dei mercati postali dovuta al calo dei volumi rende le politiche di
accelerazione della concorrenza particolarmente complesse da implementare, se da
queste ci si attendono benefici reali per i consumatori e le imprese.
12
Il primo dei problemi è quello dei prezzi, che nella gran parte dei paesi sono aumentati
anziché diminuire, indipendentemente dalla liberalizzazione del mercato (Tav.2).
TAV.2 Crescita dei prezzi nelle tariffe lettere in alcuni paesi europei (2001-2011)
Royal Mail
Post Danemark
La Poste
PostNL
Itella (FI)
Posten (Sve)
Deutsche Post
+ 122%
+ 100%
+ 30%
+ 28%
+ 24%
+ 20%
- 2%
fonte: Niederpruem, WIK (2012)
I dati della tav. 2 mostrano un aumento generalizzato dei prezzi, con la sola eccezione di
Deutsche Post, che però nel 2001 presentava il prezzo della lettera più alto in Europa.
Questi dati si riferiscono al servizio lettere più veloce (in Italia lettera prioritaria), e non
tengono conto dei prezzi della posta bulk originata da imprese e organizzazioni, rimasti
invece sostanzialmente stabili e, più di recente, in calo sia in Italia che negli altri paesi.
La ragione è che il servizio prioritario è retail, per sua natura poco soggetto alla
concorrenza (i competitors sono interessati soprattutto, anche se non esclusivamente, alla
posta bulk), gravato da vincoli di universalità, in alcuni paesi come l’Italia trattato da una
rete separata con elevata componente di lavoro manuale, quindi costoso e con
profittabilità strettamente legata a volumi elevati che consentono il godimento di
economie di scala. Gli operatori francese, tedesco e olandese riescono a presentare
margini positivi anche per questo segmento, ma non quello italiano dove i volumi sono
scarsi.
Le prospettive future sono quindi di aumenti ulteriori del prezzo per i segmenti postali
retail, fondamentalmente legati alla crescita del fattore lavoro, e di lievi riduzioni nel
segmento bulk, dove la concorrenza sia end-to-end sia upstream (nel Regno Unito) li
spinge verso il basso.
L’effetto della liberalizzazione del mercato postale sembra dunque tradursi in un iniziale
beneficio per le imprese che hanno anche maggiori possibilità di scelta, ma anche in un
maggior onere per i consumatori singoli, che vedranno ulteriormente crescere i prezzi dei
servizi universali retail. In ogni caso, lo scenario dei volumi in calo non potrà non
condizionare seriamente la regolazione dei prezzi.
Nella tav.3, desunta da uno studio di Cohen e McBride (2012) – il primo aveva pubblicato
in passato lavori empirici che dimostravano come la percentuale dei costi fissi
nell’industria postale risultasse inversamente proporzionale alla dimensione del mercato
(espressa in volumi procapite) – sono mostrate le stime degli effetti del calo dei volumi
sulla variazione dei prezzi necessaria per mantenere inalterato il saldo di gestione
dell’operatore postale ad obblighi di servizio universale inalterati rispetto a quelli
attualmente vigenti.
13
TAV. 3 Stima della variazione dei prezzi necessaria a mantenere costante il saldo di
bilancio degli operatori postali al variare dei volumi di posta
 volumi 2009- aumento dei prezzi 2009-2020 aumento
% costi fissi su 2020
necessario
per
mantenere annuale
% costi fissi su totale
scenario totale costi al 2009
invariato il saldo di bilancio
prezzi
costi al 2020
(2009=100)
1
60
125
-16,0%
-1,6%
54,6
2
60
100
+0,9%
+0,1%
60,3
3
60
75
+32,2%
+2,6%
67,5
4
60
50
+104,5%
+6,7%
75,6
5
60
25
+350,0%
+15,0%
85,0
6
40
75
+19,4%
+1,6%
48,4
7
40
50
+62,9%
+4,5%
59,8
fonte: Cohen - McBride (2012) Implications of declining mail volumes on the financial sustainability
of the US Postal Service and other Posts, IDEI, Toulouse University
Nella tavola sono presentati i valori caratteristici del mercato postale italiano, dove a
causa dei bassi volumi l’incidenza dei costi fissi dell’operatore postale nazionale è stimata
dal modello di Cohen intorno al 60% (scenari 1-5), posti a confronto con quelli tipici dei
grandi operatori europei, dove l’incidenza del costo fisso è stimata intorno al 40%.
Si vede subito che se nel 2020 in Italia i volumi si ridurranno del 25% rispetto agli attuali
(stima conservativa), sarà comunque necessario un aumento medio annuo dei prezzi pari
al 2,6%, ma che se il calo dovesse essere del 50%, l’aumento dei prezzi richiesto
salirebbe a 6,7%. Migliore situazione per i paesi in cui il costo fisso è oggi al 40%: a
fronte di riduzione dei volumi del 25% e del 50%, l’aumento dei prezzi sarebbe più
contenuto, rispettivamente 1,6% e 4,5%. Da osservare, infine, nell’ultima colonna, che
l’effetto finale del calo dei volumi implica necessariamente un aumento della componente
fissa dei costi.
A tal fine appare quanto mai opportuno aggiornare alle nuove esigenze del mercato
liberalizzato il regime di regolazione dei prezzi dei prodotti universali, fissato dal
provvedimento CIPE del 2003. In quel provvedimento il price cap era stato agganciato ad
un più stringente subsidy cap: in sostanza veniva lasciato più spazio agli incrementi
tariffari in cambio di una progressiva e più che proporzionale riduzione del trasferimento
statale.
L’aggiornamento
del
modello
regolatorio
dovrà
tenere
conto
dell’effetto
concorrenza: alcuni prodotti o segmenti di essi (posta massiva recapitata nelle aree
urbane dove operano i concorrenti) non necessita di alcun controllo essendo i prezzi
determinati dal mercato e del probabile calo dei volumi nel medio periodo. Inoltre, sarà
necessaria una scelta fra modelli di price cap multi basket (che consentono una maggiore
flessibilità nella fissazione dei prezzi) o single-basket (che vincolano prodotto per prodotto
la crescita del prezzo). Ciascuna delle due soluzioni ha effetti distributivi diversi: la prima
consente di accrescere la differenza di prezzo fra prodotti bulk e prodotti retail, la seconda
la limita.
14
2.3.
I prezzi politici
In molti paesi i prezzi di alcuni servizi postali “meritori” come i prodotti per l’editoria e il
non profit vengono offerti a prezzi sottocosto, con sussidi governativi compensativi
trasferiti al fornitore nazionale. In Francia un sussidio statale è garantito a La Poste a
completa copertura dei costi. Non così in Italia dove già i prezzi, inferiori ai costi, vengono
fissati da decreti ministeriali con approvazione del Parlamento, e mai coperti da adeguate
compensazioni concesse a Poste, rimborsate a consuntivo dopo anni, con “sconti” ulteriori
richiesti dal Tesoro. Più di recente, tagli alla spesa pubblica hanno quasi azzerato i sussidi
ai prodotti postali, ma la logica della fissazione di prezzi imposti per via politica è rimasta
pressoché inalterata.
Il mantenimento di questo regime è incompatibile con la liberalizzazione del mercato 5, sia
perché preclude libere scelte imprenditoriali da parte dell’operatore postale nazionale,
tentato di effettuare scambi politici anziché di mercato, sia perché impedisce che altri
operatori, che hanno il vincolo della redditività e che non godono della medesima
possibilità di accedere ai sussidi, entrino in questo segmento di mercato.
Le nuove norme in materia di tariffe postali agevolate addirittura estendono tale
distorsione. In data 20 luglio 2012, è stata pubblicata la legge 16 luglio 2012, n. 103, che
ha convertito il decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, recante “disposizioni urgenti in
materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa
quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale”. In sede di conversione, detta legge ha
inserito nel testo del decreto-legge originario l’art. 5-bis, rubricato “semplificazioni in
materia di editoria per le associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro e le associazioni
d’arma e combattentistiche” che estende agli enti non-profit le tariffe postali agevolate
fissate dal Decreto del Ministro delle Comunicazioni del 13 novembre 2002, già applicabili.
Di conseguenza, si è aperta la possibilità per una parte significativa della clientela
utilizzatrice del direct mail, come le associazioni e organizzazioni senza fini di lucro iscritte
nel Registro degli operatori di comunicazione (ROC), di avvalersi delle tariffe agevolate
(ovvero a prezzi ancora inferiori) finora riservate alle imprese editrici di libri, quotidiani e
periodici.
Queste norme di fatto costituiscono un forte disincentivo per tutti gli operatori, sia quello
dominante sia i suoi concorrenti, a sviluppare il mercato del direct mail, che tende a
svuotarsi (i suoi prezzi, ancorché inferiori ai costi, sono infatti superiori a quelli fissati in
favore dei prodotti editoriali sovvenzionati). In altre parole, per favorire alcune categorie
di utilizzatori di posta si precludono le opportunità di sviluppo dell’unico segmento mail
che crescerà in futuro.
5
Nel 1993 l’operatore postale svedese accettò la liberalizzazione del mercato a condizione di non
essere più gravata da tale imposizione.
15
2.4.
Le macchine affrancatrici
In molti paesi gli operatori postali, al fine di incentivare lo sviluppo dei volumi postali,
spingono i clienti retail di maggiori dimensioni come studi professionali, istituti di ricerca o
istituzioni, ad utilizzare le macchine affrancatrici (MA), semplificandone fortemente
l’attività d’impostazione. Con la liberalizzazione del mercato, i produttori di macchine
affrancatrici hanno sviluppato e commercializzato modelli multicarrier, che consentono di
avvalersi con la medesima macchina di più operatori.
In Italia le norme vigenti sono ancora quelle degli articoli 31, 33 e 243 e ss del DPR 655
del 1982, che sottopongono all’approvazione di Poste Italiane le macchine affrancatrici
installate presso i clienti. Si tratta dunque di cambiare tali norme, sui seguenti punti:
-
Trasferimento delle funzioni di approvazione delle MA ad un soggetto terzo
indipendente, come AGCOM o MISE;
-
Approvazione dei modelli multicarrier;
-
Sistema di accesso on-line delle MA che consenta il pagamento senza bisogno di
recarsi allo sportello postale.
2.5.
Il regime sulla privacy
Le nuove norme sui dati personali introdotte con la Legge 12 luglio 2011 n. 106 (che ha
convertito il legge il cosiddetto “Decreto Sviluppo” - D.L. 13 maggio 2011 n. 70) hanno
modificato il regime di privacy relativo alla pubblicità per corrispondenza (direct mail).
La nuova normativa estende anche agli indirizzi postali il regime dell’opt-out di recente
introdotto nell’ordinamento in materia di trattamento dei numeri telefonici degli abbonati
per l’esercizio del marketing telefonico. Quindi anche per il direct mail si applica il registro
delle opposizioni, per cui gli operatori di marketing diretto cartaceo potranno utilizzare
anche gli indirizzi degli abbonati contenuti nell’elenco telefonico per finalità promozionali
senza bisogno di chiedere il consenso, con la sola condizione che questi ultimi non
abbiano richiesto l’iscrizione del proprio numero telefonico e del proprio indirizzo presso il
registro delle opposizioni di recente istituito dalla Legge n. 166/09 e gestito dalla
Fondazione Ugo Bordoni.
Chiaramente l'obbligo di consultare il registro delle opposizioni riguarda solo coloro che
abbiano intenzione di usare indirizzi tratti dagli elenchi telefonici. Chi usa recapiti di fonte
diversa non è, ad oggi, tenuto a tale adempimento.
Va al riguardo segnalato che la norma più rilevante - quella relativa all'estensione del
registro delle opposizioni al mailing cartaceo – richiede l’emanazione di un regolamento
che definisca come dovrà essere gestita l'attività di consultazione del registro, che il MISE
inspiegabilmente ad un anno di emanazione della norma non ha ancora pubblicato. Ritardi
nella regolamentazione sulla privacy, generando incertezza nei
grandi investitori
pubblicitari, privano l’unico segmento della posta con prospettive positive di crescita della
possibilità di svilupparsi.
16
3. L’innovazione nell’industria postale: il caso del recapito
Date le prospettive di calo del mercato, l’innovazione costituisce la scelta obbligata per gli
operatori postali, che hanno l’opportunità di governare l’e-substitution anziché subirla
passivamente, e di utilizzarla per rendere più efficace e moderno lo stesso servizio
universale, che ha il suo punto nodale nel recapito.
La distribuzione fisica della posta presso il domicilio del destinatario è il punto più delicato
della catena del valore del servizio postale: presenta un’alta componente di costo del
lavoro e perde facilmente di profittabilità a fronte di un calo dei volumi recapitati. E’ stato
definito un “monopolio innaturale” perché una parte della rete, quella con elevata densità
(volumi per punto di recapito) è, per ragioni economiche, facilmente replicabile.
E’ assai verosimile prevedere che la sostituzione del recapito fisico degli invii postali con
quello elettronico implicherà una riduzione del fabbisogno di addetti degli operatori
tradizionali, solo in parte compensato dall’aumento delle consegne di pacchi grazie all’ecommerce. In particolare il focus dei prossimi anni sarà quindi incentrato sulla riduzione
della frequenza del recapito, necessaria per mantenere economicamente sostenibile il
servizio postale.
Diversi operatori esteri, specie quelli che hanno finora goduto di elevati volumi di posta
recapitata, stanno studiando soluzioni capaci di mantenere la qualità del servizio
riducendo però i costi. L’obiettivo è ridurre la frequenza del recapito fisico e migliorare la
qualità del servizio sostituendolo parzialmente con il recapito elettronico su PC e
dispositivi mobili.
Il nuovo servizio, chiamato posta ibrida all’inverso (“reverse hybrid mail”) consiste nella
scansione delle buste destinate al recapito, le cui immagini in formato elettronico vengono
inviate al destinatario il giorno (o i giorni) precedente al recapito fisico, in modo da
avvertirlo del prossimo arrivo. Al destinatario è offerta quindi l’opzione fra il recapito fisico
o quello esclusivamente elettronico, con la scelta supplementare dell’apertura della busta
e la scannerizzazione completa del suo contenuto (a pagamento).
Il reverse hybrid mail è stato sviluppato e posto sul mercato qualche anno fa da Earth
Class Mail negli Stati Uniti, ma questo prodotto presentava lo svantaggio di elevati costi
manuali di trattamento della posta in arrivo e di prezzi della licenza eccessivi, tali da
renderlo economicamente poco attraente per i grandi operatori postali.
Due paesi, la Svizzera e la Finlandia, hanno investito risorse ed esperienze su questo
servizio, e sono passati dalla fase della sperimentazione all’offerta rivolta a tutti.
17
Le poste svizzere hanno creato il loro servizio Swiss Post Box che utilizza una propria
tecnologia proprietaria, capace di ridurre i costi del processo complessivo (specie per la
parte manuale) di oltre il 40% e di rendere semplice la sua gestione all’utente finale,
specie alle aziende. Swiss Post sta lavorando per sviluppare ulteriormente il servizio
riducendone ulteriormente i costi, in cui la scansione delle buste verrà svolta a monte e in
automatico durante la fase del loro smistamento nei centri di meccanizzazione postale.
L’operatore postale finlandese Itella ha dapprima sperimentato lo scorso anno un servizio
simile, chiamato NetPosti, nel villaggio di Anttila, successivamente lo ha esteso ad un’area
di maggiori dimensioni nel sud-ovest del paese a bassa densità di popolazione e infine
offerto a richiesta sull’intero territorio nazionale. Oggi sono 400 mila gli abbonati al
servizio. I consumatori possono ricevere lettere, quotidiani, riviste e posta commerciale
indifferentemente su un singolo canale digitale oppure nella loro cassetta postale in forma
fisica. L’enfasi maggiore è dedicata al recapito elettronico di giornali e riviste, studiato per
sostituire quello fisico che in Finlandia sta scendendo ad un ritmo stimato fra -5% e -13%
all’anno. Il recapito elettronico, che consente agli editori di recuperare il calo delle
vendite, può avvenire in formato ad alta risoluzione su qualsiasi device (PC, tablet,
Smartphone). Il beneficio principale per i destinatari è la rapidità: ricevono la loro
corrispondenza in formato elettronico in media 1-2 giorni prima. E’ un tipico servizio a
mercati multiversante, il cui successo commerciale cresce in modo più che proporzionale
all’aumentare del numero delle imprese che si avvalgono di Netposti per raggiungere i
loro utenti.
Il progetto ha un modello sostenibile di business, perché quello che l’operatore postale
perde come minori recapiti, lo può recuperare giocando il ruolo di portale che raccoglie,
distribuisce e intermedia i servizi. Poste Italiane, con lo sviluppo dei servizi digitali
realizzati negli ultimi anni, dispone già oggi delle risorse tecnologiche per implementarlo.
E’ evidente che lo sviluppo generalizzato del servizio di reverse hybrid mail ha due vincoli
fondamentali: una disponibilità universale di connessioni a banda larga e una diffusione
generalizzata fra la popolazione dell’uso di Internet. Tali vincoli sono minimi nei due paesi
in cui il servizio è offerto, perché il tasso di utilizzo di Internet è altissimo in Svizzera, e in
Finlandia la banda larga da 1 Mb in download è stata inclusa dal legislatore nel servizio
universale. In altri paesi, e in particolare in Italia dove un’ampia fascia di popolazione è
oggi in digital divide sia per mancanza di connessioni veloci sia perché solo il 50% sa
utilizzare Internet, la sua diffusione appare più problematica.
E’ quindi auspicabile che anche in Italia vengano lanciati, sul modello della Finlandia,
progetti
sperimentali
di
sostituzione
del
recapito
fisico
con
quello
elettronico,
approfittando proprio dei bassissimi volumi oggi recapitati (ancora più bassi proprio nelle
aree rurali) e della attuale grave diseducazione della popolazione di Internet, e della
domanda potenziale di molti servizi su Internet che Poste intermedierebbe. I progetti
dovrebbero essere complementari agli investimenti infrastrutturali di base necessari per
18
collegare comunità locali oggi in digital divide in agenda del Governo e a programmi mirati
di educazione all’utilizzo di Internet nelle medesime comunità, da cofinanziarsi attraverso
programmi comunitari e nazionali.
4. Un piano per l’occupazione responsabile
La contrazione del mercato postale, fenomeno generalizzato in tutti i paesi, rende
necessario, anche e soprattutto in Italia, l’adozione di un piano responsabile di medio
periodo teso a rendere il più indolore possibile la obbligata riduzione degli organici nel
comparto postale. Nel 1993, quando il Governo iniziò la trasformazione dell’allora
amministrazione poste e telegrafi (che perdeva circa 2mila mld di lire l’anno) in azienda, il
suo primo obiettivo fu di predisporre un piano di contenimento dei costi riducendo
gradualmente gli organici (il turn-over naturale dell’azienda è di circa 5-6 mila
addetti
l’anno) e di sfruttare tutte le possibili opportunità per incrementare i ricavi.
Tale obiettivo virtuoso è stato mantenuto per tutto il periodo 1994-2002, ma dall’anno
successivo è stato allentato (l’occupazione totale è rimasta sostanzialmente stabile), forse
anche sulla scia del raggiungimento dell’utile di bilancio.
Le prospettive negative sul versante dei ricavi postali, che difficilmente verranno
compensati da nuovi business, impongono di riprendere con rigore tale obiettivo, che può
essere perseguito se tutti gli attori coinvolti (politica, sindacati, management) si allineano
in vista dell’interesse aziendale e della collettività, il cui interesse di lungo periodo è di
arrivare a disporre di un servizio universale postale efficiente non eterofinanziato dal
contribuente o dalla concorrenza.
19
Le proposte di Glocus

Accesso a rete: affidare le funzioni di controllo e monitoraggio dei flussi di posta
immessa nella rete dell’operatore dominante ad un organo terzo, ad esempio AGCOM,
sia a garanzia dei rischi di abuso sia di costruzione di un sistema informativo
centralizzato di rilevazione delle dimensioni e dei dati relativi all’intero mercato
postale italiano;

Separazione del prodotto posta massiva, attualmente ricompreso nel servizio
universale, in due prodotti, il primo universale (senza IVA) comprendente i contratti
stipulati da Poste per servizi standard (prezzi, qualità, prestazioni) stabiliti dal
Contratto di Programma, il secondo escluso dal servizio universale (con IVA) che
include contratti non standard per prestazioni differenti personalizzate;

Calcolo del costo del servizio universale, da parte dell’AGCOM, con il metodo
richiesto dalla direttiva europea dei costi netti evitati;

Intervento
legislativo
sui
prodotti
editoriali
e
non
profit
per
ridurre
gradualmente la fissazione dei prezzi sussidiati imposta da legge;

Revisione della vecchia normativa sulle macchine affrancatrici, consentendo
l’utilizzo di quelle multicarrier nonché sistemi di pagamento on-line;

Maggiore libertà nella fissazione dei prezzi dei prodotti in concorrenza, ma anche
maggiore aderenza al costo per quelli universali;

Emanazione immediata dei decreti attuativi sul regime di opt-out del direct
mail;

Sperimentazione
in
zone
rurali
di
forme
di
recapito
digitale
alternativo/complementare a quello fisico delle lettere, contestualmente al lancio di
progetti sperimentali, finanziati dallo stato e/o dall’Unione Europea, di riduzione del
digital divide e di alfabetizzazione di specifiche comunità locali all’uso di Internet

Piano di medio termine vincolante di graduale riduzione indolore degli addetti al
settore postale
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