Creta e Micene
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Arte e territorio V Creta e micene Anno scolastico 2012.2013 Dario D’Antoni erso la fine del III mil- lennio avanti Cristo, più o meno quando in Egitto cominciava il Medio Regno e in Mesopotamia regnavano gli Accadi, un’altra civiltà emerse nell’isola di Creta, nell’Egeo, al largo del mar Mediterraneo. Aveva contatti sia con l’Egitto che con la Mesopotamia, ma ebbe una evoluzione autonoma. Quella cretese fu una cultura marittima, isolana. E mentre le altre civiltà sgomitavano per controllare territori sempre più vasti, Creta si estendeva in un’area geografica piuttosto ristretta, essendo lunga 240 km e larga al massimo 56 km. L’isola godeva di un clima temperato, senza la siccità e le inondazioni che affliggevano gli altri paesi, ed era autosufficiente producendo grano, vino, olio d’oliva per l’esportazione e lana. Il mare era al tempo stesso via di comunicazione e arma di invalicabile difesa. Della sua storia non sappiamo tantissimo, ma i suoi antichi edifici furono distrutti -probabilmente da un terremoto- intorno al 1730 a.C. Inoltre una catastrofe più recente, forse una eruzione vulcanica sottomarina, seguita da invasioni provenienti dalla Grecia, cancellò le testimonianze artistiche più arcaiche. Creta e Micene Pagina 1 Arte e territorio Anno scolastico 2012.2013 Dario D’Antoni Ma diversamente da quanto accadde presso gli egizi, gli assiri e i babilonesi, i nobili re che la governavano non ci tenevano proprio a conservare le cose come era un tempo. Nel corso delle continue evoluzioni che la riguardarono, Creta imparò ad avere una visione aperta del mondo e ad apprezzare i cambiamenti. Grazie a ciò in questa parte del mondo la storia della civiltà prese a correre molto più rapidamente. Tutto prese a cambiare in fretta e da allora gli uomini non furono mai più sicuri che conviene lasciare le cose così come sono. La storia e l’evoluzione arIl monte Olimpo tistica dell’isola di Creta sono L’ Olimpo, coperto da ghiacciai, era la dimora avvolte nella leggenda, e si ledegli dei; era invisibile perché era sempre avgano indissolubilmente a quelli volto da un mantello di nuvole che lo incapche sono i grandi miti dell’antipucciavano ben bene e per l’altezza della vetta che superava i 3000 metri. chità: divinità sanguigne, va- nitose, invidiose e litigiose, che si cornificavano a vicenda, tutte smaniose di darsi alla bella vita popolavano i • • loro racconti, la loro religione, che si chiamava mitologia, basata sulla nascita dell’universo chiamata cosmogonia. Dei che tracannavano vino e si comportavano come hooli- gans nel bel mezzo di una finale di coppa dei campioni. Ma non fu sempre così, in effetti: i miti della Grecia e delle civiltà pre-greche cercavano di dare una lettura etica, comportamentale all’umanità. • • • • • • • Zeus: era il capo degli "dei", nato da Cronos. Dio supremo dell’Olimpo, signore del fulmine Poseidone: fratello di Zeus e di Ade, era il dio del mare. Viveva negli oceani, guidando un carro trainato da cavalli alati. Ares: dio della guerra. Efesto: dio fabbro. Apollo: che regnava sulle arti, la luce e la salute. Era: dea delle donne e dei lavori di casa. Artemide: dea delle vergini e della caccia. Afrodite: dea della bellezza e dell’amore. Atena: che regnava sulla saggezza e sulle armi. Ade: divenne signore del mondo sotterraneo dopo aver sconfitto il padre Crono, insieme ai fratelli Zeus e Poseidone. Si chiama Ade anche il mondo dei morti. Creta e Micene Pagina 2 Arte e territorio Anno scolastico 2012.2013 Dario D’Antoni Non si può sfuggire al giusto castigo se si pretende di sfidare l’insondabile, la natura, le regole della convivenza. Non si rubano le donne dei re, non si contravvengono le regole della fedeltà, della fiducia, della bontà. Altrimenti, si rischia una punizione che non è la morte, ma un castigo generazionale, esteso ai figli e a tutte le stirpi discendenti. E di tali castighi, di queste vendette divine o pseudo moraleggianti narrarono i grandi scrittori greci, come Sofocle, Eschilo, Euripide. Furono sir Arthur Evans e l’imprenditore tedesco Heinrich Schliemann che, spinti dalle loro passioni per i poemi omerici, nell‘800 si adoperarono con scavi e campagne archeologiche per restituire credibilità a quanto narrato dai grandi scrittori antichi. Eppure, poiché i conseguenti ritrovamenti sono avvolti dalla polvere dei millenni, è sempre difficile dare una assoluta certezza storica a reperti tanto antichi. Quando alla fine dell’Ottocento venne in luce il palazzo del re a Cnosso, sembrò impossibile che uno stile così libero e armonioso potesse essersi sviluppato nel secondo millennio avanti Cristo. Le capitali più fiorenti -dette Città palazzo- furono certamente proprio Cnosso, Festo e Mallia. La civiltà che si sviluppò a Creta è detta palaziale, in quanto le città che vi sorgevano non erano difese da possenti mura, non si sviluppavano in altezza né si ergevano su inaccessibili montagne, bensì assumevano la forma di un esteso e organizzato palazzo, costruito intorno a Ricostruzione del Palazzo di cnosso un cortile centrale, sul quale si affacciavano le botteghe artigiane e la sala del trono destinata al re. La via d’accesso, denominata sacra, conduceva ai Propilei, monumentale porta d’accesso. Il palazzo di Cnosso fu governato dal mitico re Minosse, che suggerì il nome a questa civiltà, denominata appunto minoica. Creta e Micene Pagina 3 Arte e territorio Anno scolastico 2012.2013 Dario D’Antoni Adagiata sul Mediterraneo come una foglia d’acero che galleggia sull’acqua, la Grecia si compone di una parte continentale -il Pelo- ponneso- e di una insulare -il Dodecanesoformato da dodici isole maggiori, tra le quali spiccano Creta, Rodi, Corfù, Naxos, Zante, Lesbo. Tutte queste terre non erano soggette a un solo padrone. Erano rifugio di avventurosi uomini di mare, di re pirati che viaggiavano in lungo e in largo accumulando enormi ricchezze nei loro castelli e nelle città portuali, grazie al commercio e alle scorrerie. Però l’espressione artistica libera e fantasiosa MICENE che nacque a Creta fu copiata nel continente greco, specialmente a Micene. Siamo nel cuore del Peloponneso, dove si parlava una specie di greco arcaico. Intorno all’anno 1000 avanti Cristo, tribù guerriere provenienti dall’Europa penetrarono nella penisola greca e nell’Asia Minore combattendo e sconfiggendo gli abitanti. Nei poemi omerici, l’Iiade e l’Odissea, sopravvive qualcosa dell’antico splendore e della bellezza dell’arte di quei tempi. Nei primi secoli del dominio miceneo, l’arte di queste tribù fu piuttosto rozza e primitiva. Non c’è nulla, in essa, del gaio dinamismo proprio dello stile cretese, piuttosto sembra che superi per rigidezza gli egizi. Traspare però una amorevole cura per la semplicità e la disposizione ordinata, soprattutto nell’architettura. Questo amore verrà trasmesso alle generazioni successive che edificheranno i templi. Creta e Micene Pagina 4 Arte e territorio Anno scolastico 2012.2013 Dario D’Antoni Ma resta travolgente la sensazione di un’arte che sembra provenire dalle viscere della terra, che sembra voler modellare le montagne e plasmare le rocce, il fango per fornire loro PaMicene, la città alta dimensioni solazzo fortificata vrumane e reale e residenze dei possenti. principi Le mura guerrieri Cisterna per la conservazione delle risorse idriche e alimentari Porta dei leoni Mura ciclopiche. Prendono questo nome perchè sono talmente gigantesche (anche 10 m di spessore alla base) che si diceva fossero costruite dai mitologici ciclopi, titani con un solo occhio. enormi delle città micenee sono talmente grandi che si racconta vennero edificate dai mitologici ciclopi. Al contrario di quello che accadde nella civiltà di Creta, le città micenee, che furono popolate dai principi Achei, le cui gesta sono cantate nei poemi omerici, sono passate alla storia come città-for- tezza. Vere e proprie cittadelle inaccessibili fortificate e invalicabili, costruite tra tortuose salite e profondissimi burroni, per non essere violate dai nemici. Non erano mai densamente popolate, spesso divise in due parti: una bassa e fortificata città, dove viveva la popolazione con le sue attività produttive, e una parte più elevata (detta anche acropoli), difesa da solide mura, dove sorgevano i templi dedicati alle divinità e le residenze principesche, che serviva anche da riparo durante gli attacchi nemici. Creta e Micene Pagina 5 Arte e territorio Anno scolastico 2012.2013 Dario D’Antoni Per accedere alla città alta l’unico ingresso era la monumentale dei Leoni , Porta un imponente varco restaurato con successo e perizia da Heinrich Schliemann nella seconda metà dell’Ottocento. Alto quasi otto metri, largo tre e con uno spessore che arriva a cinque metri, questo a n t i c o m o n umento (risale circa al 1300 a. C.) è composto da quat- tro grandi lastroni monolitici (formati da una sola pietra). Quello orizzontale prende il nome di architrave, i due lastroni verticali si chiamano piedritti. Compongono insieme il sistema trili- tico, che sta alla base delle più impor- PIEDRITTI tanti architetture greche. In sommità, una grande lastra triangolare con scolpite due leonesse acefale1 divise da una colonna esprime al meglio la potenza indomabile di questa antica e fiera civiltà. acèfalo agg. e s. m. [dal lat. acephălus, gr. ἀκέϕαλος «senza capo», comp. di ἀ- priv. e κεϕαλ ή «capo»]. – Senza capo (in senso proprio e fig.): statua a.; larve a., in zoologia, le larve di alcuni ditteri (ciclorrafi) con capo ridotto o invaginato nel torace; albero a., ramo a., che manca di un’unica cima (v. acefalia). Nella metrica greca classica, di serie metrica o verso che manca di una sillaba iniziale (per es., alcuni esametri nei poemi omerici). 1 Creta e Micene Pagina 6 Arte e territorio Anno scolastico 2012.2013 Dario D’Antoni A collegare le due città, quella bassa e quella alta, sorgeva la Via Sa- cra, percorribile durante le sacre processioni anche con i carri. Lungo la Via Sacra, scavate nelle viscere della terra e occultate alla vista, sorgevano le sepolture dei re micenei. Il rapporto dei greci con la morte fu unico: a differenza degli ebrei, che vedevano nell’aldilà la ricompensa per una vita terrena di dolore e sofferenza, a differenza degli egizi che pensavano a divinità mostruose con sembianze animali che si incarnavano nella figura del faraone e a differenza delle civiltà orientali, che cercavano nella spiritualità e nella meditazione il significato dell’esistenza, i greci erano estremamente concreti. Il senso dell’esistenza era per loro racchiuso nelle attività umane; in ciò che essi facevano sulla Terra era concentrato il valore morale, militare, umano. Nell’esperienza e nel ragionamento vedevano i migliori strumenti di evoluzione. Sostennero con forza l’idea dell’hic et nunc, qui ed ora, e del carpe diem, cogli l’attimo. Così un mondo ultraterreno e invisibile, che apparteneva a divinità cariche di difetti e antropomorfe2, non suscitava la loro passione. L’aldilà era un regno oscuro, pieno di ombre erranti, consapevoli di aver perduto la preziosa opportunità della vita e confinate in uno spaventoso tempo sospeso e immobile. Non era importante né risolutivo conservare il corpo del defunto, semmai era giusto dedicargli un ambiente di riposo silenzioso, nascosto e sotterraneo. Il corpo veniva bruciato in un grande fuoco e le ceneri si conservavano in urne antropomorfe (vasi funerari) chiamate canòpi, secondo un’usanza proveniente dall’Egitto e utilizza- ta anche tra gli Etruschi. antropomòrfo agg. e s. m. [dal gr. ἀνϑρωπόµορϕος, comp. di ἄνϑτωπος «uomo» e -µορϕος «-morfo»]. –agg. Che ha sembianze di uomo, o è raffigurato in sembianze umane: divinità antropomorfe. In zoologia, scimmie a. (o antropoidi), primati della famiglia pongidi (gibbone, gorilla, orango, scimpanzé), che per aspetto esteriore e struttura anatomica si avvicinano molto all’uomo. 2 Creta e Micene Pagina 7 Arte e territorio Anno scolastico 2012.2013 Dario D’Antoni Le tombe dei re micenei erano importanti come le grandi piramidi d’Egitto, ma non raggiungevano la loro imponenza e soprattutto, al contrario delle spettacolari tombe egizie, erano ipogee, ossia scavate nel sottosuolo, per essere introvabili e riprodurre nel silenzio della terra l’oscurità dell’oltretomba. Queste semplici e antiche sepolture prendono il nome di tholos, dalla forma circolare della camera principale, destinata a sala per i rituali. Nascoste dalla pendenza naturale della collina nella quale venivano scavate, hanno accesso da un corridoio lungo 36 m e largo 6m, che si chiama dromos. La camera mortuaria vera e propria è posta dietro la tholos. Creta e Micene Pagina 8 Arte e territorio Anno scolastico 2012.2013 Dario D’Antoni Le porte d’ingresso al dromos e alla camera mortuaria sono simili, entrambe costituite da uno stretto squarcio nelle pareti ciclopiche, sormontato da un triangolo vuo- to, che assume forse un significato metafisico, che rimanda alla geometrica purezza della morte, e anche una funzione statica di alleggerimento dei pesi dei grandi blocchi di pietra. Dopo aver percorso il dromos, esperienza angosciante e difficile, in uno spazio opprimente per la mancanza di luce e di aria, si accede quasi con “sollievo” alla tholos, la camera circolare, alta circa 14 mt con un diametro di 13 mt, destinata ai riti funebri e alla presentazione delle offerte per i principi defunti. Una perfetta rappresentazione del percorso che mette in dolorosa comunicazione la gioia della vita con l’angoscia della morte. La regolarità dell’ambiente della tholos, quasi perfettamente circolare, rafforza la sensazione di trovarsi all’interno di un ambiente metafisico, quasi sospeso tra l’esistenza e il non-essere, e ci troviamo come avvolti in una esperienza che sembra coinvolgere tutti i nostri sensi percettivi. La stanza circolare è coperta da una pseudo-cupola, che termina con una forma acuta e non sferica: il funzionamento strutturale è differente da quello della cupola semisferica tradizionale; infatti i pesi della struttura vengono scaricati sia sul terrapieno circostante che sul terreno sottostante. Creta e Micene Pagina 9 Arte e territorio Anno scolastico 2012.2013 Dario D’Antoni Nella camera mortuaria veniva posta l’urna con le ceneri del principe defunto. Grazie ancora agli scavi di Schliemann è stato possibile rinvenire quella che è considerata la più importante tomba micenea, il Tesoro di Atreo (dedicato al famoso principe dell’Iliade). Al suo interno sono stati rinvenuti preziosi reperti, spade, pugnali e Maschera di Agamennone: sul soprattutto la cosiddetta viso del cadavere veniva posto un panno bagnato, sul quale veniva colato dell’oro fuso che prendeva le sembianze del defunto. Delle vere e proprie istantanee che servivano a ricordare ai posteri le fattezze degli antichi eroi. Una volta indurita, la colata d’oro veniva appiattita e modellata nei particolari, a sbalzo e con il cesello. Traspare la compostezza della morte e tutta la fierezza dei principi micenei. Tutte le considerazioni sono rielaborate e sintetizzate da Dario D’Antoni. Le citazioni sono liberamente tratte dal testo Ernst H. Gombrich Pablo Echaurren Il mondo dell’arte (Verona 1952) Controstoria dell’arte (Roma 2011) Creta e Micene Pagina 10