IL REALISMO E L`ILLUSIONE
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IL REALISMO E L`ILLUSIONE
Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni Il Realismo e l’illusione EDWARD HOPPER E LA MACCHINA DEI SOGNI Edward Hopper (1882-‐1967) Pittore statunitense, compie tra il 1905 e il 1910 un viaggio in Europa decisivo per la sua formazione. Diventa il maestro della pittura realistica nordamericana del Novecento. I suoi interni illuminati da fredde luci artificiali, le sue figure solitarie saranno capaci di ispirare il cinema. La ricerca della realtà, Il realismo dei Carracci e di Caravaggio, il Neorealismo letterario dell’Italia del secondo dopoguerra, il Realismo magico1 della letteratura sudamericana, il Naturalismo di Zola, il Verismo di Verga. Ancora la ricerca sincera e intransigente di Courbet, il cinema di Pier Paolo Pasolini. Nei secoli, l’arte è tornata spesso a interrogarsi sulla realtà, ricevendone risposte sempre cangianti, mai però instradata su sentieri facili, immediati. Si potrebbe dire paradossalmente che niente è più faticoso e complesso che riprodurre quel che abbiamo davanti agli occhi, sovvertendo il concetto stesso di realtà. La realtà è quello che appare o quello che ci appare? Gli anni Trenta del Novecento sono segnati in America dal vento agitato della depressione economica a partire dal colossale crollo di Wall Street del 1929. 1 Il termine “realismo magico” fu coniato per la prima volta dal critico tedesco Franz Roh negli anni ’20 per designare il realismo insolito del movimento pittorico post-espressionista tedesco. In seguito il “Magischer Realismus” non si limitò più solamente a descrivere questa corrente, ma si allargò fino ad arrivare a caratterizzare quasi totalmente l’ambito letterario americano di lingua spagnola. Occorre precisare innanzitutto che il Realismo Magico consta di due fasi distinte: una prima sviluppatasi all’inizio degli anni ’20 in Europa e caratterizzante principalmente la pittura, e una seconda sviluppatasi invece intorno agli anni ’60 principalmente in America Latina e riguardante soprattutto l’ambito narrativo. Come dice la parola stessa,quella del “Realismo Magico” è una poetica che si situa a metà strada tra l’elemento magico, surrealista e la rappresentazione realista. L’intento principale di questa corrente artistico-letteraria è la descrizione meticolosa, precisa della realtà,che non tralascia alcun dettaglio, ma consegue un effetto di “straniamento” attraverso l’uso di elementi magici( a volte anche uno solo) che sono descritti altrettanto realisticamente. Principali interpreti letterari sono considerati GABRIEL GARCIA MARQUEZ, ISABEL ALLENDE e SALMAN RUSHDIE. IL REALISMO E L’ILLUSIONE Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni Si svela il volto angosciato e ansiogeno della borghesia media. Hopper raffigura questo volto in interni rarefatti, avvolti in una luce metafisica o in paesaggi urbani senza vita. E anche quando la vita c’è, la solitudine prende il sopravvento, unica compagna dei personaggi di Hopper, muti, assorti, trasognati. È un realismo disincantato, dove le figure sono anonime e distaccate, come se il pittore volesse sottolineare l’isolamento tra uomo e uomo, al di là della vicinanza fisica. Nighthawks, 1949 Olio su tela, 76,2 x 144 cm, The Art Institute of Chicago, Chicag o Tra i più popolari artisti nordamericani, Hopper esprime nelle sue opere certo la solitudine, la mediocrità, la banalità, ma anche l’inattesa bellezza del mondo di tutti i giorni. Un’America senza trionfi, senza parate, senza star del cinema. Un’America vuota. People in the sun, 1960 La stanza vuota, 1963 Casa sulla ferrovia, 1925 IL REALISMO E L’ILLUSIONE Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 EDWARD HOPPER Cinema a New York Dario D’Antoni 1939 Olio su tela 82 x 102, MoMA, New York I cinema nei cuori delle nostre città chiudono uno dopo l’altro, cedono il passo ad avvolgenti multisale rimbombanti di lattine che rotolano e di popcorn masticati controvoglia, localizzate in decentrate periferie urbane. I film si consumano incessanti su scintillanti schermi di computer. Ma c’è stato un tempo in cui i cinematografi si svolgevano dalle luci acide dell’atrio all’oscurità avvolgente della sala, con le sue poltrone in velluto o in legno immerse in un buio nel quale danzavano le ombre dello schermo. Nel 1939, quando Hopper dipinse questo quadro, il cinema viveva in tutto il mondo la sua età dell’oro. Il divismo regalava splendore e bellezza, i biglietti costavano poco. Fra bancarotte, fallimenti e Depressione, i disoccupati trascorrevano ore nelle sale ben riscaldate, i ragazzi vedevano un film al giorno, e tutti entravano per sognare, immaginare avventure, amore, delitti. Il buio della sale consentiva ogni evasione, trasgressione, garantiva libertà. Hopper era nato nei dintorni di New York, e viveva in un appartamento a Washington Square. IL REALISMO E L’ILLUSIONE Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni I lussuosi cinema di Manhattan ti facevano sognare prima ancora di varcare la soglia. Hopper dipingeva poco e con parsimonia, ha lasciato appena un centinaio di tele. Tante raffigurano platee e gallerie di cinema e teatri, prima dello spettacolo, col sipario ancora abbassato e file di poltrone vuote. Un tema quasi rappresentativo della sua pittura, perché duraturo. The Sheridan Theatre, 1937 First row Orchestra, 1951 Figura solitaria in un teatrro, 1902 Benché avesse sviluppato il suo stile in un’epoca dominata dalle avanguardie e dall’astrattismo, credeva nella rappresentazione della realtà e nella fedeltà oggettiva della visione. Impiegava molto tempo a trovare un oggetto che lo colpisse, e poi a decidere le proporzioni della tela. L’idea del quadro nasceva sempre “dal fatto”, cioè dal “vero”: una casa spettrale lungo la ferrovia, un faro, una strada, una finestra. Ma non prendeva il pennello se non aveva tutto chiaro in mente. L’immagine doveva spogliarsi di qualunque simbolo per diventare una faccenda di forme, colori e soprattutto luce. Nel 1939 Hopper era già il pittore vivente più acclamato d’America. A quarant’anni aveva potuto abbandonare il mestiere di illustratore di pubblicità e disegnatore di poster (anche cinematografici). Nel 1933 il Museum of Modern Art gli aveva già dedicato una retrospettiva2. La critica lo aveva incoronato come il tanto atteso artista nativo americano: un realista, come i narratori della sua generazione (Theodore Dreiser, Sherwood Anderson)3 2 Rassegna, mostra che illustra l'evoluzione di un artista, di un movimento artistico, culturale ecc. 3 Dreiser Theodore. - Scrittore e giornalista statunitense (1871-1945). Dopo i romanzi Sister Carrie (1900), Jennie Gerhardt (1911), The financier (1912), The titan (1914), The genius (1915), pervenne al capolavoro con An American tragedy (1925), romanzo in cui il tema dell'ingiustizia sociale è affrontato con spietata e coraggiosa obiettività. È da considerarsi come il maggior romanziere naturalista americano. Sherwood Anderson (1876–1941) è stato uno scrittore statunitense che si è dedicato soprattutto al racconto breve (short story).È noto al pubblico soprattutto grazie alla raccolta di racconti Winesburg, Ohio che ebbe un'influenza profonda sulla letteratura e sulla narrativa americana , negli scritti di Ernest Hemingway, William Faulkner, John Steinbeck. Il suo epitaffio recita: "La vita, non la morte, è l'avventura più grande". IL REALISMO E L’ILLUSIONE Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni Con la sua pittura rigorosa e puritana aveva saputo cogliere l’essenza dell’America moderna, lo squallore della vita quotidiana, l’alienazione, la solitudine. La tristezza dei paesaggi urbani domenicali, i luoghi anonimi come i diner4, le camere d’albergo e di motel. Nei suoi quadri dominati dagli spigoli delle architetture e da schemi cromatici essenziali, compaiono pochissimi personaggi, sempre isolati, persi nel loro silenzio. Hopper riconobbe però sempre il suo debito con la pittura europea, che aveva approfondito a Parigi nel 1907-1908, anche se ammetteva che un artista è sempre poco propenso a riconoscere sinceramente gli influssi per lui decisivi. Nominava Rembrandt, Goya, Manet, Degas. È Degas quello cui doveva di più. Nei quadri di Degas ambientati in squallide stanze d’albergo, uffici deprimenti, stirerie, caffè e platee buie di tea tri, vi sono già molti futuri Hopper, e anche il Cinema a New York. La superficie è divisa in due parti asimmetriche. Non si tratta di un fotomontaggio, di fotogrammi incollati tra loro: è la simultaneità che conta, il tempo fermo, pietrificato in un unico attimo, insignificante e al tempo stesso carico di misteriosa attesa. A sinistra, la platea di un cinema (il Palace di Times Square), immersa in una oscurità grigio-azzurro, come una grotta. Gli stucchi, i rossi e gli ori stridono con la sala semideserta, in cui si distinguono appena due sagome: un uomo e una donna, seduti in file differenti. Il cinema di Hopper non è meno desolato della Casa sulla ferrovia, o dei Nighthawks. Il film proiettato sullo schermo è solo un’ombra confusa. Però è guizzante e mobile, quasi fosse l’unica cosa viva. La parete che separa la sala dal corridoio è interrotta. A destra, la luce elettrica illumina un non-luogo di passaggio, dove indugia una donna, la maschera in divisa. Indifferente al film che si proietta là in fondo, è immersa nei suoi pensieri. Sul fondo, la scala che conduce alla galleria. Le tende accostate lasciano che lo sguardo si inoltri, ed esca dai confini della scena rappresentata forzando i margini del quadro. La figura della donna malinconica, che sembra il marchio di fabbrica del pittore e compare in molti suoi quadri, è quella che costò più fatica ad Hopper. 4 Un diner è il ristorante prefabbricato, tipico di alcuni scenari urbani della vita americana, specialmente nel Midwest, in New York City, in Pennsylvania, nel New Jersey. IL REALISMO E L’ILLUSIONE Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni Dai disegni preparatori sappiamo che inizialmente la immaginò mentre accompagnava in sala uno spettatore. Poi la realizzò com’è adesso, ma più vecchia e meno attraente. Hopper, considerato un uomo dal “carattere di pietra”, somigliava molto ai suoi quadri: non commentava mai, non divagava, non presenziava, non rimarcava mai, né con le parole né con le immagini. Ma ripeteva spesso che l’arte è forse anche piacere, ma è soprattutto fatica. Ogni opera è frutto di un difficile lavoro di sintesi. Semplificazione, quasi denudamento. Così eliminava sempre tutto ciò che poteva affascinare, decorare o svolgere una funzione ornamentale. E il Cinema a New York smaschera la finta e rutilante macchina dei sogni hollywoodiana. Non il film sullo schermo, ma una semplice sequenza di gradini ha la funzione di suggerire l’altrove. Non c’è arte possibile se non nella verità delle cose. Two Comedians, 1965 L’ultimo quadro, Two Comedians, del 1965, propone due clown che, a sipario ormai chiuso, si congedano dal pubblico. I volti sono quelli di Edward e dell’amata moglie Jo. Il gioco pittorico con la realtà è senza dubbio per entrambi la recita di una parte. Questo quadro ci dà un indizio di cosa sia il realismo di Hopper. Non è mai semplice riproduzione della realtà, né dà importanza alla pura rappresentazione. Invece in ogni istante raffigurazione e immaginazione, rappresentazione e costruzione sono direttamente collegate tra loro. Soltanto il gioco che si instaura tra gli insiemi di immagini collegate alla realtà e gli sguardi in grado di decifrarla crea la realtà dipinta da Hopper nei suoi quadri. IL REALISMO E L’ILLUSIONE Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni Tutte le considerazioni sono rielaborate e sintetizzate da Dario D’Antoni. Le citazioni sono dall’articolo apparso sulla rubrica IL MUSEO DEL MONDO pubblicato il 16 giugno 2013 su Repubblica, a firma di Melania Mazzucco. Inoltre si è consultato il testo Edward Hopper, di Rolf G. Renner, Colonia 1991 IL REALISMO E L’ILLUSIONE