Resoconto incontro del 25

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Resoconto incontro del 25
Proposta di PIATTAFORMA NAZIONALE dei LAVORATORI della
precari della RICERCA CNR parasubordinati, assegnisti e td per
l'estensione dei diritti e la stabilizzazione.
Premessa
In tutti i principali paesi del mondo, da quelli di più antica industrializzazione alle nuove potenze
globali, i sistemi della conoscenza, oltre ad essere presupposto fondamentale della crescita civile e
culturale, generano innovazione; quest’ultima è il motore dello sviluppo sostenibile (democratico,
sociale, ambientale ed economico), della produttività e della competitività. In tale quadro la libertà
di ricerca è valore e condizione indispensabile per produrre conoscenze. Anche per questo ha come
suo cardine la responsabilità sociale, che deve essere promossa, alimentata e fatta crescere nella
comunità scientifica, una delle poche che, pur con tutte le criticità (scarse risorse ed in costante
diminuzione, burocratizzazione, clientelismo, eccetera), è riuscita a raggiungere lo stato di comunità
sopranazionale. La precondizione di una ricerca scientifica pubblica e di qualità è garantire
trasparenza in tutte le decisioni che influiscono sulla creazione e gestione dei processi di ricerca,
anche, ed a maggior ragione, quando un’organizzazione di ricerca e sperimentazione è oggetto di
processi di riordino. La trasparenza infatti garantisce la valutazione critica delle scelte che si
vogliono compiere e consente di verificare la validità o meno delle condizioni che vengono definite
per il funzionamento dell’organizzazione di ricerca.
Fare ricerca significa avere idee ed anche capacità di trasformarle in risultati, ma per far ciò è
necessario essere inseriti in un ambiente favorevole costruito e mantenuto nel tempo, disporre di
adeguate risorse umane, finanziarie e strumentali
In una fase di profondo cambiamento dei paradigmi dello sviluppo sostenibile (costo crescente per
produrre avanzamenti nella ricerca, aumento della quantità di conoscenza per produrre beni e
servizi ad alto valore aggiunto, riduzione della scala temporale di validità di una nuova
invenzione/soluzione, ma anche maggiore richiesta di partecipazione democratica nelle scelte che
riguardano la ricerca, mutamento nel rapporto tra discipline, per tutte le quali diviene centrale
l’informatica, a vantaggio delle scienze biologiche, delle scienze ambientali, dei beni culturali, che
rivestono un ruolo sempre più strategico di promozione e trasferimento delle conoscenze
incorporate nei prodotti e promosso e sostenuto dalle scienze economico-sociali) è necessario che
aumenti il tasso di consapevolezza sociale dei lavoratori della conoscenza e quello di
comunicazione dei risultati. In generale le caratteristiche che definiscono la responsabilità sociale di
un lavoratore della conoscenza (indipendenza della ricerca, pubblicazione dei risultati, processi di
valutazione che siano coerenti e condivisi), comporta la presenza di un sistema di contrattazione
inclusivo di tutti i lavoratori, subordinati e parasubordinati, di regole sociali, quindi di una
regolamentazione condivisa e trasparente a cui rapportarsi.
In un recente intervento in occasione del “novantennale” del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il
Presidente della repubblica ha richiesto con forza che alle “persone della ricerca” fosse garantito un
“minimo di serenità”. L’uso del termine persone, avverso all’abuso del termine “risorse”, ha
ricordato come dietro i termini ricercatori, tecnologi, tecnici, amministrativi vi siano donne e
uomini con le loro attese ed i loro bisogni.
1
La deduzione scioglie i nodi circa la collocazione costituzionale della persona che vive di ricerca. Il
richiamo solo all’art. 33 e al giusto esercizio di libertà dell’azione scientifica ha avuto come effetto
distorto la delimitazione delle persone della ricerca in un dominio di liberi ed incontrollati
pensatori, mentre la loro attività è parte del fondamento stesso della democrazia repubblicana e, pur
essendo creativo, visionario, libero, è, semplicemente, un lavoro. Infatti l’articolo 9 della
Costituzione repubblicana (“Rapporti etico-sociali”) indica nello Stato il promotore e sostenitore
della ricerca e lo pone come ultimo garante della stessa libertà di ricerca.
Le “persone della ricerca” sono lavoratori della conoscenza e come lavoratori esigono, come
contropartita all’esercizio del proprio dovere, l’accesso ad ogni diritto.
La scelta di investire sempre meno risorse economiche nella ricerca ed alcune scellerate
“innovazioni” legislative in tema di tipologie contrattuali, hanno condizionato anche la definizione
dei rapporti formali dei lavoratori con gli Enti di Ricerca, premiando i contratti di lavoro
parasubordinato o, quando va meglio, a tempo determinato. Questo ha stravolto le condizioni di
lavoro per la maggior parte dei giovani ricercatori italiani (ma anche per molti meno giovani).
Molte sono le conseguenze negative di questo abuso.
a) Ha di fatto stabilito una dipendenza di questi lavoratori non più dall’Ente e, quindi, dallo
Stato, ma da chi, direttore o ricercatore, è in grado di coprire economicamente il contratto.
Copertura ovviamente variabile nel tempo che ha inverosimilmente moltiplicato l'incertezza
sul futuro lavorativo di questi “ricercatori/addetti alla ricerca” e esasperato la condizione di
ricattabilità derivante da una “contrattazione individuale”. Questa dipendenza diretta,
inoltre, ne ha fortemente limitato la libertà di ricerca , principio chiave sia della nostra
costituzione che della Carta Europea dei Ricercatori che recita: “I ricercatori dovrebbero
orientare le loro attività di ricerca al bene dell’umanità e all’ampliamento delle frontiere
della conoscenza scientifica, pur godendo della libertà di pensiero ed espressione, nonché
della libertà di stabilire i metodi per risolvere problemi, secondo le pratiche e i principi
etici riconosciuti.” Per la stessa ragione, la Carta Europea afferma il principio della
“Stabilità e continuità dell’impiego: i datori di lavoro e/o i finanziatori dovrebbero
garantire che le prestazioni dei ricercatori non risentano dell’instabilità dei contratti di
lavoro e dovrebbero pertanto impegnarsi nella misura del possibile a migliorare la stabilità
delle condizioni di lavoro dei ricercatori, attuando e rispettando le condizioni stabilite nella
direttiva 1999/70/CE del Consiglio1...” Questa mancanza di stabilità e indipendenza è una
grave perdita per la collettività tutta, che viene così privata della possibilità usufruire
appieno delle potenzialità innovative di tutti i ricercatori, siano essi giovani o più esperti.
b) In questo modo sono stati impediti e bloccati i percorsi di carriera e la giusta remunerazione
del personale, sono state ridotte le possibilità di ricambio generazionale e determinato, oggi
e per il futuro, un vincolo strutturale che impedisce e/o condiziona gli anni di lavoro nella
ricerca considerati tra i più produttivi. Si è arrivati inoltre all'impossibilità per questi
lavoratori di godere di moltissimi diritti fondamentali, soprattutto inerenti il welfare: basti
pensare che chiunque abbia un contratto parasubordinato in un ente di ricerca non ha diritto
al TFR, all'Indennità di disoccupazione, ASPI miniASPI e finanche all'UNA TANTUM.
Lo stato dei rapporti di lavoro ha raggiunto oramai, nell’intero comparto della ricerca italiana, livelli
d’emergenza2. In particolare in questi ultimi anni abbiamo subito un impiego estensivo dei contratti
1
Direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul
lavoro a tempo determinato (GU L 175 del 10.7.1999, pag. 43), che mira ad impedire che i lavoratori a tempo
determinato siano trattati meno favorevolmente dei lavoratori a tempo indeterminato analoghi, a prevenire gli abusi
derivanti dal ricorso a contratti di durata determinata successivi, a migliorare l'accesso alla formazione per i lavoratori a
tempo determinato e a garantire che i lavoratori a tempo determinato siano informati sui posti fissi vacanti.
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Per approfondimenti FLC Nazionale “Ricostruiamo l’Italia cominciamo dalla ricerca” 2012
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di lavoro atipici ed a termine, che hanno sostituito la “buona occupazione” che fa seguire al
concorso l’ingresso in ruolo3.
L’enorme diffusione di tipologie contrattuali atipiche potrebbe far pensare che ci sia un effettivo
vantaggio per la ricerca italiana nell’utilizzare dei collaboratori non strutturati come consulenti per
la ricerca. Analizzando però il reale svolgimento di queste collaborazioni ci si accorge che in realtà
(salvo i casi di effettivi percorsi formativi) in nulla differiscono dalle attività dei lavoratori
strutturati, siano essi a tempo indeterminato o determinato: non per orari di lavoro, non per i ruoli di
responsabilità né per la partecipazione alla strutturale attività della ricerca dell'istituzione ospitante.
Assegni di ricerca e contratti di collaborazione sono stati di fatto utilizzati in sostituzione di
contratti di lavoro subordinato, a tempo indeterminato o a tempo determinato4. La ripetitività dei
contratti e l’alternanza tra diverse forme di contratto atipico, sono giustificate solo dalla
disponibilità di risorse, e rendono evidente la qualificazione non genuina di quei contratti. L’unico
motivo reale, per cui si sceglie di attivare un contratto di tipo parasubordinato è il risparmio
economico che, a parità di mansioni, si configura come un vero e proprio abuso contrattuale.
Le lavoratrici ed i lavoratori con contratto atipico non godono delle tutele, dei diritti come ad
esempio quelli sindacali e di elettorato attivo/passivo e delle opportunità previsti del contratto
nazionale di lavoro del comparto ricerca e dagli accordi di Ente, pur trattandosi di colleghe e
colleghi che danno da anni all’Ente ed alla ricerca pubblica il proprio contributo d’intelligenza e
passione. Un precariato quindi “elefantiaco” che compromette significativamente la qualità stessa
della ricerca che viene prodotta.
La FLC CGIL, osservando che il lavoratore della ricerca è, a prescindere dalla forma
contrattuale, essenziale per il successo scientifico e che partecipa strutturalmente alle attività
dell’Ente di appartenenza, chiede che, da subito, l’unica forma di rapporto di lavoro nella
ricerca sia il contratto a tempo indeterminato.
STABILIZZAZIONE
DETERMINATO
DEL
PERSONALE
CON
CONTRATTO
A
TEMPO
Sia il decreto 101\2013 sulla pubblica amministrazione sia la legge finanziaria per l'anno 2014 non
hanno incluso il personale a tempo determinato degli Enti di Ricerca nei percorsi di stabilizzazioni
ed anzi il blocco del turn over tuttora in vigore negli Enti impedisce ogni soluzione per la
stabilizzazione di questo personale. Una considerevole parte di questo personale ha una lunga
anzianità con contratti a tempo determinato e una anzianità pregressa con contratti parasubordinati.
Occorrono quindi urgenti misure per la stabilizzazione del personale con contratto a tempo
determinato con almeno 36 mesi di anzianità con la diretta conversione per coloro che sono già
idonei a seguito di concorso pubblico e con la predisposizioni di concorsi per la valutazione della
idoneità per gli altri.
Questo provvedimento è alla base della successiva conversione dei contratti parasubordinati in
contratto a tempo determinato in modo da ricondurre il precariato negli Enti in un percorso certo,
selettivo di accesso da una forma impropria di organizzazione quale è ora.
FINANZIAMENTO DELLA CONVERSIONE
La conversione dei contratti parasubordinati in essere in corrispondenti contratti a tempo
determinato rappresenta un costo per gli Enti. La gran parte di questo costo è dovuto all'esenzione
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Per approfondimenti FLC-Coordinamento nazionale precari della conoscenza “Contributi per una riflessione –
Ricerca” 2012
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Per approfondimenti FLC Nazionale “Linee guida per superare il precariato negli enti di ricerca” 2012
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dalla tassazione degli assegni di ricerca, costo che nel bilancio aggregato dello Stato non sarebbe
però presente. Un finanziamento della conversione mediante credito di imposta dallo Stato al CNR
non comporta alcun aggravio di spesa pubblica, poiché quelle imposte sugli assegni di ricerca non
sono versati, ma permette di realizzare l'operazione con costi complessivi molto ridotti e per quali
comunque si chiede un finanziamento dedicato. Questa operazione, assieme al contemporaneo
divieto e/o limitazione dell'uso dell'assegno di ricerca negli EPR, rappresenta nel medio periodo
pure un vantaggio per la finanzia pubblica poiché tutti i nuovi ingressi sarebbero a costo pieno e
quindi contribuirebbero alle finanze pubbliche e porterebbero all'emersione di un costo eluso.
Si comprende come vi possa essere necessità di un periodo di transizione, durante il quale si ritiene
doveroso trasformare tutti i contratti parasubordinati in contratti almeno a tempo determinato e, nel
caso dell’attivazione di nuovi rapporti, di fissare il principio:
Il mondo della ricerca rifiuta ogni forma di lavoro “invisibile” e, seppur per periodi limitati,
protegge i propri lavoratori con tutte le tutele dovute al personale di ruolo
Contesto
La “invisibilità” dei lavoratori della ricerca con contratto parasubordinato è testimoniata dalla
estrema difficoltà a censirli. L’attivazione dei contratti di lavoro parasubordinato è appannaggio del
singolo direttore o ricercatore e legato ad un singolo progetto. Ciò, non consente di integrare i dati
ed avere contezza della dimensione di un insieme complesso al quale appartengono persone con
assegno di ricerca, contratto a progetto, partita iva e, inoltre, mette il lavoratore a servizio, nei casi
migliori, di un’idea di ricerca imposta e non lo rende protagonista e liberamente creativo
nell’ambito più ampio delle linee scientifiche dell’ente di appartenenza.
La situazione è tanto più grave perché poggia su un sistema nazionale della ricerca sottoposto da
anni ad attacchi burocratici, ottimisticamente definiti riordini, combinati con leggi liberticide come
il D.lgs. 150/09, che hanno ridotto gli spazi di azione della ricerca pubblica e drasticamente tagliato,
con pesanti interventi sul turn over, gli addetti del settore.
Nel principale Ente di Ricerca italiano, il CNR, i lavoratori parasubordinati sono circa 3500 che
contribuiscono con una percentuale elevata (oltre il 60%) alla produttività scientifica guadagnandosi
sul campo la definizione di “strutturato”.
Rendere trasparenti stato e caratteristiche del precariato è certo una condizione di fondo per poter
monitorare puntualmente l’applicazione della presente proposta sindacale di superamento del lavoro
precario nel principale ente di ricerca italiano; una possibile buona pratica che interessa l’intero
comparto nazionale della ricerca.
Inoltre il recente D.L. 101/13, come già la legge finanziaria 2007, che aveva fissato le regole
per la stabilizzazione, non prende in considerazione le forme di contratto precario che non
siano riconducibili al contratto a tempo determinato, rendendo ancora più urgente e cruciale
il tema della trasformazione di tali forme contrattuali nel contratto a tempo determinato.
Obiettivi
Per quanto esposto in “premessa” e “contesto”, di seguito gli obiettivi per il superamento del
precariato nel CNR:
•
Ricomporre il lavoro frammentato e ricondurlo nel perimetro del CCNL prevedendo uno
specifico accordo di Ente che preveda risorse da destinare alla trasformazione dei contratti atipici in
contratti subordinati a tempo determinato e che ne fissi le regole fondamentali (in base alla
specificità dell’Ente e alla realtà del precariato interno).
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•
Trasformare, nell’arco di attuazione dell’accordo di Ente, assegni e collaborazioni in essere
in contratti subordinati a termine che prevedano, alla scadenza, una valutazione del lavoro svolto
finalizzata alla stabilizzazione del personale ed una trasformazione dei contratti a termine in
contratti a tempo indeterminato, quindi in buona occupazione;
•
Monitorare il raggiungimento degli obiettivi sindacali, impegnando l’Amministrazione nella
costruzione e condivisione con le OOSS di Ente di una vera anagrafe dei lavoratori atipici ed a
termine, acquisendo, centralizzando ed utilizzando tutte le informazioni in possesso degli Enti, al
fine di tracciare le singole posizioni delle lavoratrici e dei lavoratori e poter periodicamente valutare
il conseguimento degli obiettivi
Il nuovo reclutamento deve avvenire dando assoluta priorità al reclutamento a tempo indeterminato.
Attraverso lo strumento dell’accordo sindacale di Ente bisogna prevedere la quota dei “contratti di
formazione” (borse di Dottorato di Ricerca) e dei contratti a tempo determinato, sulla base di una
reale pianificazione e programmazione pluriennali dei fabbisogni e delle capacità assunzionali degli
Enti.
E’ necessario guadagnare, come avviene in tutti i grandi Paese avanzati, uno sguardo prospettico sia
sulla formazione superiore (per la programmazione dei futuri dottorati di ricerca) sia sulle esigenze
più complessive, e meno avvertite, del mondo delle imprese in termini di nuovi fabbisogni
professionali.
Il Sistema Ricerca dovrebbe assumere il compito di individuare fabbisogni di competenze, non solo
di breve termine, di Ente e di mondo produttivo, ma anche quelli di medio termine che deriveranno
dall’impatto delle tecnologie abilitanti sui sistemi produttivi.
Considerazioni sul Sindacato (FLC)
La precarizzazione del lavoro e della vita è uno dei pilastri della dottrina neo-liberista, praticate con
forza e continuità dai governi Berlusconi e Monti ed a cui si adegua l’attuale governo delle larghe
intese
Il precariato è cresciuto rapidamente, assumendo una connotazione strutturale e, nelle intenzioni
della visione neo-liberista, dovrebbe diventare la condizione generale del lavoro nei prossimi anni,
puntando ad escludere qualsiasi possibilità di contrattare l’organizzazione del lavoro, frantumando
professionalità e competenze; la meritocrazia è lo strumento per rendere il lavoro cognitivo una
competizione tra le persone, rendendolo sostanzialmente una merce di scambio.
Alla frammentazione e precarizzazione del lavoro cognitivo, la nostra risposta consiste nel
sottoporre a tutti i lavoratori precari una piattaforma di Ente che abbia l’obiettivo di ricomporre il
lavoro frammentato e chiudere la stagione della precarietà.
Questa piattaforma si configura come un esperimento di contrattazione inclusiva, intesa come
strumento per potenziare l'attuale azione sindacale in materia di precariato e contratti atipici, per
essere punto di riferimento di tutti i lavoratori della ricerca a prescindere dal loro inquadramento
contrattuale e per riunificarne le rivendicazioni. Dato il contesto normativo non è più possibile
ignorare la precarietà lavorativa ed esistenziale di questi soggetti ed è solo con la contrattazione che
si può influire su queste dinamiche ormai abnormi di organizzazione del lavoro.
Quindi una piattaforma rivendicativa aperta, di verifica sociale del nostro lavoro sindacale, che ha
per orizzonte la democrazia scientifica, intesa come autonomia, autovalutazione e proposta per
l’organizzazione del lavoro e per strumento base la partecipazione dei precari
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Una piattaforma da sottoporre al voto dei precari che intendiamo unitariamente rappresentare ed i
cui problemi di vita e di lavoro intendiamo risolvere; una piattaforma che unisce nuova
progettualità, mobilitazione e se necessario conflitto; tutti elementi che rendono più forte la
democrazia sui posti di lavoro.
Richieste per una migliore condizione dei Lavoratori atipici
•
Il riconoscimento e la valutazione dell’attività di ricerca effettuata sia ai fini delle
pubblicazioni sia ai fini di eventuali assunzioni di personale dipendente o di attivazione di nuove
collaborazioni;
•
le modalità di lavoro e i profili professionali che sono comunque indisponibili a rapporti di
lavoro “parasubordinato o autonomo”;
•
la base di calcolo minima per le retribuzioni che non può essere inferiore a quella prevista
nel CCNL per mansioni assimilabili;
•
l'aggiornamento delle retribuzioni annuali in corrispondenza dei rinnovi contrattuali
nazionali del personale a tempo indeterminato;
•
l’esigibilità dei diritti sindacali;
•
l’esigibilità dei diritti sociali utilizzando, per la malattia, la maternità e l’infortunio i fondi
mutualistici, caricandone i costi sulle Università e gli Enti di Ricerca;
•
la regolamentazione delle modalità e delle tutele in caso recesso o interruzione anticipata del
rapporto;
•
la conciliazione delle controversie;
•
la previsione di tutele assicurative su responsabilità civile e tutela giudiziaria;
•
l’introduzione di meccanismi che consentano la retribuzione di indennità per la fine
collaborazione;
•
le modalità e l’uso degli strumenti e dei tempi di lavoro;
•
la definizione dei gradi effettivi di autonomia e di coordinazione con l’organizzazione
dell’azienda committente;
•
la precisazione dei diritti di informazione con particolare riferimento all’attività che la
persona svolge all’interno e all’esterno della struttura;
•
la garanzia di accesso alla formazione;
•
definizione dei compensi annui e le modalità di corresponsione;
•
indicazione della durata dei contratti;
•
definizione del periodo di congedo per malattia, dei permessi retribuiti e non, stabiliti in
proporzione al periodo di vigenza del rapporto di lavoro (v. norme del CCNL del tempo
determinato);
•
la modalità di godimento delle ferie;
•
il diritto alla fruizione dei servizi messi a disposizione del Personale (mensa, asili nido,
buoni pasto, convenzioni per servizi, ecc.);
•
l’elettorato attivo e passivo alla pari del Personale strutturato.
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