Complicazioni intraoperatorie e postoperatorie del chilotorace
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Complicazioni intraoperatorie e postoperatorie del chilotorace
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Impossibilità di ottenere una linfangiografia Nonostante il fatto che molti animali colpiti vengano alimentati con una dieta ad elevato tenore di grasso prima dell’intervento, il dotto toracico può contenere linfa limpida piuttosto che chilo bianco. La linfangiografia e l’iniezione del blu di metilene nel catetere linfatico possono contribuire ad identificare il dotto; tuttavia, questa procedura non ha un successo uniforme. La linfangiografia è particolarmente difficile negli animali di piccola taglia (particolarmente i gatti). Trovare il dotto, che può essere circondato dal grasso o dal mediastino ispessito, è estremamente difficile in questi casi. Nonostante la bassa percentuale di successo, suggerisco di provare sempre ad eseguire la linfangiografia, perché i tentativi di cateterizzazione di un vaso linfatico mesenterico prolungano di poco la durata complessiva dell’intervento se non hanno successo, mentre se ottengono il risultato sperato rendono il dotto sostanzialmente più facile da identificare. Quindi, io ritengo che il maggior impegno di tempo sia giustificato. In un caso da me operato (chihuahua), il chilotorace ha continuato ad esistere dopo la legatura del dotto toracico e la pericardectomia. Le piccole dimensioni di questo cane hanno impedito l’esecuzione di una linfangiografia per contribuire a localizzare il dotto o confermarne la completa legatura. Cinque settimane dopo l’intervento iniziale venne effettuata una seconda legatura del dotto attraverso una toracotomia a livello del decimo spazio intercostale. Venne visualizzata la cisterna chili, identificando accuratamente e legando i rami del dotto che fuoriuscivano da essa. Dopo questo secondo intervento il versamento pleurico si risolse, il che suggerisce che questi rami erano sfuggiti durante la prima operazione e conferma la necessità di garantire un’occlusione completa del dotto. Pleurite restrittiva La pleurite fibrosante è una complicazione potenzialmente letale del chilotorace cronico del gatto. Oltre che al chilotorace, lo sviluppo di questa condizione è stato associato a piotorace, peritonite infettiva felina, emotorace e tubercolosi. Benché la causa della fibrosi sia sconosciuta, apparentemente si può sviluppare in seguito a qualsiasi versamento prolungato a carattere essudativo o striato di sangue. Gli essudati sono caratterizzati da un elevato tasso di formazione e degradazione di fibrina. La fibrinopoiesi probabilmente aumenta perché gli essudati infiammatori cronici, come il chilotorace ed il piotorace, inducono delle modificazioni delle caratteristiche morfologiche delle cellule mesoteliali, portando ad un aumento della permeabilità, desquamazione delle cellule mesoteliali stesse e innescamento di entrambe le vie della cascata della coagulazione. È stato anche dimostrato che queste cellule mesoteliali desquamate producono collagene di tipo III in coltura cellulare, promuovendo la fibrosi. Inoltre, la presenza cronica di fluido pleurico può portare ad una compromissione del meccanismo di degradazione della fibrina. La fibrinolisi può diminuire perché il danno diretto sulle cellule mesoteliali può ridurre l’attività fibrinolitica intrinseca di questi elementi e/o l’aumento del volume di fluido può ridurre a livello locale l’attivatore del plasminogeno. Quest’ultimo converte il precursore, il plasminogeno, nella sua forma attiva, la plasmina. L’attività fibrinolitica nei mammiferi è attribuibile primariamente a questa serina proteasi. Negli animali con fibrosi, la pleura è ispessita dal diffuso tessuto fibroso che impedisce la normale espansione polmonare. I test di funzione polmonare nei pazienti umani con pleurite fibrosante hanno dimostrato un calo della capacità vitale e della compliance statica, facendo sì che, in confronto ai pazienti sani, per ogni data modificazione del volume polmonare fossero necessarie pressioni intrapleuriche negative più elevate. È importante notare che il grado di pleurite fibrosante non sembra comportare una prognosi sfavorevole nel gatto. Io ho operato animali di questa specie con grave pleurite fibrosante che sembravano clinicamente normali una volta arrestato il versamento. Edema polmonare da riespansione L’edema polmonare (edema polmonare da riespansione, RPE) si può sviluppare in alcuni animali dopo un intervento chirurgico che abbia consentito la riespansione di lobi polmonari da tempo collassati. L’origine della condizione è sconosciuta e probabilmente multifattoriale, ma non sembra essere associata all’insufficienza cardiaca. A partire di solito da poche ore dopo l’intervento, il paziente sviluppa tipicamente dispnea e tachipnea che si aggravano progressivamente. Si riscontra un’ipossiemia che persiste nonostante un’intensa ossigenoterapia. Contrariamente all’esperienza maturata nei pazienti umani, in cui l’edema polmonare da riespansione di Close window to return to IVIS 50° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC solito è monolaterale e, di conseguenza, non pericoloso per la vita del soggetto, nella maggior parte degli animali la condizione è rapidamente fatale. Si ritiene che la riossigenazione dei polmoni collassati da lungo tempo determini il rilascio di radicali superossidi che non possono venire efficacemente eliminati, portando ad un aumento della permeabilità capillare polmonare e ad un edema polmonare. Il tessuto dei polmoni a lungo collassati può avere subito una diminuzione dell’attività mitocondriale della superossidodismutasi e della citocromossidasi. La profilassi e la terapia dei pazienti con edema polmonare da riespansione sono difficili e scarsamente note. La riespansione del tessuto polmonare collassato da tempo deve essere effettuata lentamente (la parete toracica può essere chiusa lasciando uno o due lobi polmonari collassati, in modo da permettere loro di riespandersi lentamente) e bisogna evitare le pressioni di ventilazione elevate (superiori a 25 cm H2O). Le attuali raccomandazioni per il trattamento dell’edema polmonare da riespansione sono rappresentate dall’impiego della ventilazione a pressione tele-espiratoria positiva e dei farmaci che stabilizzano le membrane capillari polmonari (metilprednisolone). Sono attualmente in fase di studio numerosi altri agenti farmacologici, ma non sono ancora disponibili prove definitive dei loro benefici effetti. Pneumotorace Lo pneumotorace può essere una sequela della decorticazione per una pleurite restrittiva. Anche se l’unico trattamento efficace noto per la pleurite fibrosante è la decorticazione, le indicazioni ed il valore di questa procedura negli animali sono sconosciuti. La decorticazione può dare i migliori risultati dal punto di vista funzionale quando la pleurite è di breve durata e la malattia del parenchima polmonare è minima. In questi casi, la pleura ispessita non è saldamente adesa al parenchima sottostante e può venire rimossa senza danneggiare gravemente il polmone; tuttavia, lo pneumotorace è una sequela comune e di solito richiede la toracentesi con inserimento di un drenaggio. Nell’uomo, la decorticazione comporta una prognosi buona se sono coinvolti solo uno o due lobi; tuttavia, quando la fibrosi è diffusa, come avviene in molti animali con chilotorace, anche in caso di decorticazione efficace si impone una prognosi riservata. Quando l’intervento viene eseguito su più di un lobo polmonare, si può avere un edema da riespansione che spesso è fatale. Se la decorticazione ha successo, l’espansione polmonare e la funzione polmonare possono migliorare nell’arco di 2 o 3 mesi. In una recente indagine, sono stati descritti parecchi animali affetti da grave pleurite fibrosante, nonostante che i proprietari affermassero che i segni clinici erano insorti di recente. In questo studio, venne ritenuta necessaria la decorticazione in due gatti perché l’estensione della pleurite era tale che si riteneva che dopo l’intervento potesse essere presente una difficoltà respiratoria, perfino se si fosse risolto l’accumulo di liquido pleurico. Entrambi questi gatti svilupparono un grave pneumotorace e fu necessario un prolungato trattamento intensivo di questa condizione. In un gatto venne accertata una rottura della trachea che guarì spontaneamente nell’arco di due settimane. Nessuno dei due animali sviluppò un edema polmonare da riespansione dopo la decorticazione, per cui è possibile che quest’ultima sia utile negli animali con grave pleurite fibrosante in cui l’aumento dell’espansione polmonare viene ritenuto importante. I proprietari devono essere messi in guardia sull’aumento della morbilità e mortalità associato a questa condizione, in particolare in relazione allo sviluppo dell’edema polmonare da riespansione. La durata dei segni clinici sembra essere un fattore altamente inaffidabile per prevedere il successo della chirurgia o l’estensione della pleurite fibrosante negli animali con chilotorace. Perdurare della produzione di fluido (sieroematico o chiloso) Se nel periodo postoperatorio la produzione di fluido pleurico continua, il chirurgo deve in primo luogo stabilire se il liquido è chiloso o sieroematico. Se si tratta di chilo, è indicata la ripetizione dell’operazione. Se il fluido è di natura sieroematica, si può tentare con uno shunt pleuroperitoneale o con la somministrazione di somatostatina. Quest’ultima è una sostanza presente in natura e dotata di un’emivita estremamente breve. Inibisce le secrezioni gastriche, pancreatiche e biliari (glucagone, insulina, acido gastrico, amilasi, lipasi e tripsina) e prolunga il tempo di transito gastroenterico, riduce la secrezione digiunale e stimola l’assorbimento di acqua nel tratto digerente. Negli ultimi anni, analoghi della somatostatina sono stati utilizzati con successo per trattare il chilotorace in pazienti umani colpiti da questa condizione per cause traumatiche o postoperatorie. In questi pazienti, la riduzione delle secrezioni gastroenteriche può favorire la guarigione del dotto toracico diminuendo il flusso linfatico che lo attraversa. È stato anche riferito che esita in un calo precoce del drenaggio e nella chiusura precoce della fistola in cani con resezione sperimentale del dotto toracico. Il meccanismo con cui il chilotorace non traumatico può trarre vantaggio da questo trattamento non è chiaro, tuttavia, la risoluzione del fluido pleurico è stata segnalata in gatti con chilotorace idiopatico nei quali era stato somministrato octreotide. Quest’ultimo (sandostatina; 10 µg/kg per via sottocutanea 3 volte al giorno per 2 o 3 settimane) è un analogo di sintesi della somatostatina che ha un’emivita prolungata ed effetti collaterali minimi. Si possono avere feci molli che si risolvono dopo la sospensione del farmaco. I trattamenti prolungati sono da sconsigliare perché nei pazienti umani l’impiego per più di 4 settimane è stato associato alla formazione di calcoli alla cistifellea. Io ho utilizzato l’octreotide in due cani; uno con chilotorace ed uno con versamento sieroematico dopo legatura del dotto toracico. Mentre in quest’ultimo caso il versamento si è risolto entro pochi giorni di trattamento, il primo non rispose. L’efficacia dell’octreotide negli animali con chilotorace richiede ulteriori indagini. Indirizzo per la corrispondenza Theresa W. Fossum Tom and Joan Read Chair in Veterinary Surgery Director, Clinical Programs and Biomedical Devices, Michael E. DeBakey Institute Professor of Surgery, Texas A&M University College of Veterinary Medicine College Station, Texas 77843-4474 E-mail: [email protected] Tel: (979) 845-2351 - Fax: (979) 845-6978 This manuscript is reproduced in the IVIS website with the permission of the Congress Organizing Committee