Complicazioni intraoperatorie e postoperatorie del chilotorace

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Complicazioni intraoperatorie e postoperatorie del chilotorace
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Complicazioni intraoperatorie
e postoperatorie del chilotorace
Theresa W. Fossum
DVM, MS, PhD, Dipl ACVS, College Station, Texas, USA
Le complicazioni associate al chilotorace possono essere
rappresentate da: impossibilità di ottenere una linfangiografia, pleurite restrittiva, edema polmonare da riespansione,
pneumotorace e produzione continua di fluido.
Impossibilità di ottenere
una linfangiografia
Nonostante il fatto che molti animali colpiti vengano alimentati con una dieta ad elevato tenore di grasso prima dell’intervento, il dotto toracico può contenere linfa limpida piuttosto che chilo bianco. La linfangiografia e l’iniezione del blu
di metilene nel catetere linfatico possono contribuire ad identificare il dotto; tuttavia, questa procedura non ha un successo
uniforme. La linfangiografia è particolarmente difficile negli
animali di piccola taglia (particolarmente i gatti). Trovare il
dotto, che può essere circondato dal grasso o dal mediastino
ispessito, è estremamente difficile in questi casi. Nonostante
la bassa percentuale di successo, suggerisco di provare sempre ad eseguire la linfangiografia, perché i tentativi di cateterizzazione di un vaso linfatico mesenterico prolungano di
poco la durata complessiva dell’intervento se non hanno successo, mentre se ottengono il risultato sperato rendono il dotto sostanzialmente più facile da identificare. Quindi, io ritengo che il maggior impegno di tempo sia giustificato. In un
caso da me operato (chihuahua), il chilotorace ha continuato
ad esistere dopo la legatura del dotto toracico e la pericardectomia. Le piccole dimensioni di questo cane hanno impedito
l’esecuzione di una linfangiografia per contribuire a localizzare il dotto o confermarne la completa legatura. Cinque settimane dopo l’intervento iniziale venne effettuata una seconda
legatura del dotto attraverso una toracotomia a livello del decimo spazio intercostale. Venne visualizzata la cisterna chili,
identificando accuratamente e legando i rami del dotto che
fuoriuscivano da essa. Dopo questo secondo intervento il versamento pleurico si risolse, il che suggerisce che questi rami
erano sfuggiti durante la prima operazione e conferma la
necessità di garantire un’occlusione completa del dotto.
Pleurite restrittiva
La pleurite fibrosante è una complicazione potenzialmente
letale del chilotorace cronico del gatto. Oltre che al chilotorace,
lo sviluppo di questa condizione è stato associato a piotorace,
peritonite infettiva felina, emotorace e tubercolosi. Benché la
causa della fibrosi sia sconosciuta, apparentemente si può sviluppare in seguito a qualsiasi versamento prolungato a carattere
essudativo o striato di sangue. Gli essudati sono caratterizzati da
un elevato tasso di formazione e degradazione di fibrina. La
fibrinopoiesi probabilmente aumenta perché gli essudati infiammatori cronici, come il chilotorace ed il piotorace, inducono delle modificazioni delle caratteristiche morfologiche delle cellule
mesoteliali, portando ad un aumento della permeabilità, desquamazione delle cellule mesoteliali stesse e innescamento di
entrambe le vie della cascata della coagulazione. È stato anche
dimostrato che queste cellule mesoteliali desquamate producono collagene di tipo III in coltura cellulare, promuovendo la
fibrosi. Inoltre, la presenza cronica di fluido pleurico può portare ad una compromissione del meccanismo di degradazione della fibrina. La fibrinolisi può diminuire perché il danno diretto
sulle cellule mesoteliali può ridurre l’attività fibrinolitica intrinseca di questi elementi e/o l’aumento del volume di fluido può
ridurre a livello locale l’attivatore del plasminogeno. Quest’ultimo converte il precursore, il plasminogeno, nella sua forma attiva, la plasmina. L’attività fibrinolitica nei mammiferi è attribuibile primariamente a questa serina proteasi. Negli animali con
fibrosi, la pleura è ispessita dal diffuso tessuto fibroso che impedisce la normale espansione polmonare. I test di funzione polmonare nei pazienti umani con pleurite fibrosante hanno dimostrato un calo della capacità vitale e della compliance statica,
facendo sì che, in confronto ai pazienti sani, per ogni data modificazione del volume polmonare fossero necessarie pressioni
intrapleuriche negative più elevate. È importante notare che il
grado di pleurite fibrosante non sembra comportare una
prognosi sfavorevole nel gatto. Io ho operato animali di questa
specie con grave pleurite fibrosante che sembravano clinicamente normali una volta arrestato il versamento.
Edema polmonare da riespansione
L’edema polmonare (edema polmonare da riespansione,
RPE) si può sviluppare in alcuni animali dopo un intervento
chirurgico che abbia consentito la riespansione di lobi polmonari da tempo collassati. L’origine della condizione è sconosciuta e probabilmente multifattoriale, ma non sembra essere
associata all’insufficienza cardiaca. A partire di solito da
poche ore dopo l’intervento, il paziente sviluppa tipicamente
dispnea e tachipnea che si aggravano progressivamente. Si
riscontra un’ipossiemia che persiste nonostante un’intensa
ossigenoterapia. Contrariamente all’esperienza maturata nei
pazienti umani, in cui l’edema polmonare da riespansione di
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solito è monolaterale e, di conseguenza, non pericoloso per la
vita del soggetto, nella maggior parte degli animali la condizione è rapidamente fatale. Si ritiene che la riossigenazione
dei polmoni collassati da lungo tempo determini il rilascio di
radicali superossidi che non possono venire efficacemente eliminati, portando ad un aumento della permeabilità capillare
polmonare e ad un edema polmonare. Il tessuto dei polmoni a
lungo collassati può avere subito una diminuzione dell’attività mitocondriale della superossidodismutasi e della citocromossidasi. La profilassi e la terapia dei pazienti con edema
polmonare da riespansione sono difficili e scarsamente note.
La riespansione del tessuto polmonare collassato da tempo
deve essere effettuata lentamente (la parete toracica può essere chiusa lasciando uno o due lobi polmonari collassati, in
modo da permettere loro di riespandersi lentamente) e bisogna
evitare le pressioni di ventilazione elevate (superiori a 25 cm
H2O). Le attuali raccomandazioni per il trattamento dell’edema polmonare da riespansione sono rappresentate dall’impiego della ventilazione a pressione tele-espiratoria positiva e dei
farmaci che stabilizzano le membrane capillari polmonari
(metilprednisolone). Sono attualmente in fase di studio numerosi altri agenti farmacologici, ma non sono ancora disponibili prove definitive dei loro benefici effetti.
Pneumotorace
Lo pneumotorace può essere una sequela della decorticazione per una pleurite restrittiva. Anche se l’unico trattamento efficace noto per la pleurite fibrosante è la decorticazione, le indicazioni ed il valore di questa procedura negli
animali sono sconosciuti. La decorticazione può dare i
migliori risultati dal punto di vista funzionale quando la
pleurite è di breve durata e la malattia del parenchima polmonare è minima. In questi casi, la pleura ispessita non è
saldamente adesa al parenchima sottostante e può venire
rimossa senza danneggiare gravemente il polmone; tuttavia,
lo pneumotorace è una sequela comune e di solito richiede
la toracentesi con inserimento di un drenaggio.
Nell’uomo, la decorticazione comporta una prognosi buona se sono coinvolti solo uno o due lobi; tuttavia, quando la
fibrosi è diffusa, come avviene in molti animali con chilotorace, anche in caso di decorticazione efficace si impone una
prognosi riservata. Quando l’intervento viene eseguito su più
di un lobo polmonare, si può avere un edema da riespansione
che spesso è fatale. Se la decorticazione ha successo, l’espansione polmonare e la funzione polmonare possono
migliorare nell’arco di 2 o 3 mesi. In una recente indagine,
sono stati descritti parecchi animali affetti da grave pleurite
fibrosante, nonostante che i proprietari affermassero che i
segni clinici erano insorti di recente. In questo studio, venne
ritenuta necessaria la decorticazione in due gatti perché l’estensione della pleurite era tale che si riteneva che dopo l’intervento potesse essere presente una difficoltà respiratoria,
perfino se si fosse risolto l’accumulo di liquido pleurico.
Entrambi questi gatti svilupparono un grave pneumotorace e
fu necessario un prolungato trattamento intensivo di questa
condizione. In un gatto venne accertata una rottura della trachea che guarì spontaneamente nell’arco di due settimane.
Nessuno dei due animali sviluppò un edema polmonare da
riespansione dopo la decorticazione, per cui è possibile che
quest’ultima sia utile negli animali con grave pleurite fibrosante in cui l’aumento dell’espansione polmonare viene ritenuto importante. I proprietari devono essere messi in guardia
sull’aumento della morbilità e mortalità associato a questa
condizione, in particolare in relazione allo sviluppo dell’edema polmonare da riespansione. La durata dei segni clinici
sembra essere un fattore altamente inaffidabile per prevedere il successo della chirurgia o l’estensione della pleurite fibrosante negli animali con chilotorace.
Perdurare della produzione di fluido
(sieroematico o chiloso)
Se nel periodo postoperatorio la produzione di fluido pleurico continua, il chirurgo deve in primo luogo stabilire se il liquido è chiloso o sieroematico. Se si tratta di chilo, è indicata la
ripetizione dell’operazione. Se il fluido è di natura sieroematica,
si può tentare con uno shunt pleuroperitoneale o con la somministrazione di somatostatina. Quest’ultima è una sostanza presente in natura e dotata di un’emivita estremamente breve. Inibisce le secrezioni gastriche, pancreatiche e biliari (glucagone,
insulina, acido gastrico, amilasi, lipasi e tripsina) e prolunga il
tempo di transito gastroenterico, riduce la secrezione digiunale e
stimola l’assorbimento di acqua nel tratto digerente. Negli ultimi anni, analoghi della somatostatina sono stati utilizzati con
successo per trattare il chilotorace in pazienti umani colpiti da
questa condizione per cause traumatiche o postoperatorie. In
questi pazienti, la riduzione delle secrezioni gastroenteriche può
favorire la guarigione del dotto toracico diminuendo il flusso linfatico che lo attraversa. È stato anche riferito che esita in un calo
precoce del drenaggio e nella chiusura precoce della fistola in
cani con resezione sperimentale del dotto toracico. Il meccanismo con cui il chilotorace non traumatico può trarre vantaggio
da questo trattamento non è chiaro, tuttavia, la risoluzione del
fluido pleurico è stata segnalata in gatti con chilotorace idiopatico nei quali era stato somministrato octreotide. Quest’ultimo
(sandostatina; 10 µg/kg per via sottocutanea 3 volte al giorno per
2 o 3 settimane) è un analogo di sintesi della somatostatina che
ha un’emivita prolungata ed effetti collaterali minimi. Si possono avere feci molli che si risolvono dopo la sospensione del farmaco. I trattamenti prolungati sono da sconsigliare perché nei
pazienti umani l’impiego per più di 4 settimane è stato associato alla formazione di calcoli alla cistifellea. Io ho utilizzato l’octreotide in due cani; uno con chilotorace ed uno con versamento
sieroematico dopo legatura del dotto toracico. Mentre in quest’ultimo caso il versamento si è risolto entro pochi giorni di trattamento, il primo non rispose. L’efficacia dell’octreotide negli
animali con chilotorace richiede ulteriori indagini.
Indirizzo per la corrispondenza
Theresa W. Fossum
Tom and Joan Read Chair in Veterinary Surgery
Director, Clinical Programs and Biomedical Devices,
Michael E. DeBakey Institute
Professor of Surgery, Texas A&M University
College of Veterinary Medicine
College Station, Texas 77843-4474
E-mail: [email protected]
Tel: (979) 845-2351 - Fax: (979) 845-6978
This manuscript is reproduced in the IVIS website with the permission of the Congress Organizing Committee