Scaricare CULT Giugno 2016

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Scaricare CULT Giugno 2016
La memoria è la
nostra coerenza
Progetto
Martha Argerich
Intervista a
Lucinda Childs
cult
Il mensile culturale RSI
Giugno 2016
La memoria è la
nostra coerenza
Sandra Sain
Produttrice Rete Due
È il 1985. Oliver Sacks, neurologo ed accademico di chiara fama
che da qualche anno si è fatto conoscere dal grande pubblico
grazie alla pubblicazione di Risvegli, dà alle stampe L’uomo che
scambiò sua moglie per un cappello, raccolta di casi clinici in cui alla
precisione dell’indagine e dell’analisi scientifica Sacks riesce ad
unire limpidezza divulgativa e il calore di uno sguardo empatico,
stupito. Le persone ritratte hanno spesso in comune dei problemi neurologici che intaccano il normale funzionamento della
memoria e si confrontano con amnesie di vario tipo, come quella
strana perdita della capacità di riconoscere le immagini che
porta un brillante docente di musica a scambiare, letteralmente,
sua moglie per un cappello e provare a prenderne la testa per
indossarla… Tra i casi che più colpiscono c’è quello di Jimmie
la cui memoria si è fermata al 1945. La sua mente non è in grado
di trattenere alcuna informazione per più di qualche secondo
facendone un uomo senza ieri, perso in un mondo e in una vita
di istanti isolati e sconnessi. Con approccio ben poco scientifico
e con la leggerezza di un’efficace commedia anche Hollywood
ha provato a immaginare un uomo coniugato in un eterno
presente. Groundhog day vede Bill Murray costretto a celebrare
in eterno il Giorno della marmotta fino a che l’intervento di
Cupido non spezzerà il fatale incantesimo.
Il 20 di giugno Rete Due, come le altre reti RSI, inaugura il
palinsesto estivo che sarà costellato di nuovi programmi e nuove
produzioni, a testimoniare l’impegno, lo slancio e la curiosità
che cerchiamo di coltivare. Allo stesso tempo ci siamo tuffati nei
nostri archivi riemergendone con delle perle: le serie di Roberto
Leydi sulla musica, le trasmissioni dedicate al jazz di Pieranunzi,
le voci delle grandi personalità italiane che nel corso dei decenni hanno varcato la frontiera contribuendo a fare cultura e aprire
gli orizzonti della nostra radio.
Il caso di Jimmie è introdotto da Sacks con le parole di Luis
Buñuel: “Senza memoria la vita non è vita. La nostra memoria
è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento,
persino il nostro agire. Senza di essa non siamo nulla”. In radio
lo si sa bene: il presente scompare in un batter d’ali e prendiamo
tutti, sempre, le mosse dal passato.
ACCENTO
SGUARDI
DUETTO
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Progetto
Martha Argerich
alla 15. edizione:
W il pianoforte!
Intervista a
Lucinda Childs
RENDEZ-VOUS
ONAIR
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L’agenda
di giugno
Alla riscoperta di
Hermann Scherchen
NOTA BENE
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Il Cardinale Scola
e il filosofo Cacciari
incontrano il pubblico
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Recensioni
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Proposte Club
Un instant-drama
sul bombardamento
dell’ospedale di
Kunduz
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Portrait:
un’estate con l’arte
In copertina: la farfalla rappresenta da sempre la trasformazione nel segno della continuità. Hermann Hesse la
definiva “emblema sia dell’effimero, sia di ciò che dura in eterno”. E se liberandosi in volo porta con sé la memoria
della crisalide, spesso sa anche adattarsi sorprendentemente al contesto in cui si muove.
Progetto
Martha Argerich
alla 15. edizione:
W il pianoforte!
Giuseppe Clericetti
Rete Due segue da vicino il programma,
di grandissimo interesse e importanti
contenuti, dei 19 appuntamenti musicali.
Il Progetto della pianista argentina ci offre
l’opprtunità di gustare la Grande Musica,
dal 7 al 30 giugno prossimi, con un preambolo il 1. giugno, una conferenza introduttiva di Guido Salvetti.
SGUARDI
Martha Argerich
È un’occasione di grande importanza, per
la Rete Due, quella del Progetto Martha
Argerich: numerosi gli appuntamenti
concertistici che ci vedono impegnati in
diretta, cinque volte dall’Auditorio Stelio
Molo, una dal LAC e una dal Teatro Sociale; sì, perché questa 15. edizione del Progetto partirà proprio da Bellinzona, per
una maratona pianistica tutta dedicata a
Bach. Ritorno a Bach, questo il titolo della serata concertistica che vedrà alternare
otto pianisti alle tastiere dei due pianoforti
sul palco del Sociale; si tratta di pagine del
cantor di Lipsia arrangiate per due pianoforti da Max Reger e Ferruccio Busoni; la
serata sarà preceduta, il 1. giugno, da una
conferenza di Guido Salvetti, nell’ambito
del ciclo delle Serate d’ascolto promosse
dall’Ufficio cultura ed eventi della Città di
Bellinzona. La conferenza verrà registrata
da Rete Due per essere in seguito diffusa.
I concerti serali in diretta non costituiranno tuttavia l’unico momento dedicato da
Rete Due al Progetto: i concerti verranno
successivamente diffusi nell’àmbito di
Reteduecinque, nel pomeriggio a partire
dalle ore 14.00; nello stesso spazio pomeridiano la nostra programmazione preve-
de l’attualità legata al Progetto, con interviste e commenti. Le dirette serali saranno
inoltre offerte al circuito internazionale
radiofonico Euroradio, e trasmesse in diretta, con conduzione doppia da Lugano
e da Roma, anche da RaiRadioTre nel programma RadioTreSuite.
‹ Irrinunciabile il concerto
del 24 giugno,
con Fasolis, Bartoli e
Argerich al LAC. ›
Numerosi anche quest’anno i luoghi
deputati a ospitare il Progetto: a Lugano,
oltre all’Auditorio Stelio Molo della RSI,
essi saranno la Chiesa evangelica, la Sala
delle Palme di Villa Castagnola, l’Aula
Magna del Conservatorio, e, novità del
2016, la Sala Teatro del nuovo LAC.
Tre sono i concerti ospitati dal LAC:
i due appuntamenti sinfonici dell’OSI,
diretti da Diego Fasolis e Alexander Vedernikov, e un concerto da camera, il 26
giugno. Tra le eccellenti presenze svizzere,
ricordiamo anche Giuliano Sommerhalder, impegnato nel geniale Settimino di
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Alexander Vedernikov
Diego Fasolis
Cecilia Bartoli
Saint-Saëns, ed Elena Schwarz, grande
specialista del Novecento, direttrice del
Kammerkonzert di Berg.
‹ Sette i concerti in diretta,
con la conduzione doppia
da Lugano e da Roma,
insieme alla RAI. ›
Il concerto del 24 giugno si annuncia
come un appuntamento irrinunciabile:
sul palco del LAC Diego Fasolis, con l’OSI
e il Coro della RSI, dirigerà brani di Mozart
e di Beethoven, con la presenza di Cecilia
Bartoli, sua partner musicale da diversi
anni, artista con la quale ha registrato dischi osannati dalla critica e apprezzati dal
pubblico. Il concerto si chiuderà con due
meraviglie, la cantata Meeresstille und glückliche Fahrt, su testo di Goethe, e la Fantasia
corale op. 80, che affianca un’impegnativa
parte solistica di pianoforte alla presenza
di soli e coro: una Nona in miniatura! Cecilia Bartoli, sempre con Martha Argerich,
sarà presente in un’altra occasione, cameristica, il 26 giugno al LAC, per una serie di
canti di Rossini e di Schubert.
SGUARDI
Martha Argerich vestirà i panni concertistici e cameristici: offrirà l’esecuzione del Concerto in sol di Ravel, nonché il
Prélude à l’après-midi d’un faune di Debussy con Kovacevic, la Sonata Arpeggione di
Schubert con Mischa Maisky, e soprattutto, dopo anni di rinuncia a eseguire brani
per pianoforte solo, nientemeno che Gaspard de la nuit di Ravel, con l’aggiunta dei
poemi di Aloysius Bertrand, alla base della
composizione di Ravel, recitati da Annie
Dutoit.
A proposito di pianoforte solo, i recital pianistici che si svolgeranno alla Chiesa evangelica saranno cinque, e tutti tematici e ben profilati: Jorge Menor propone
un concerto monografico dedicato a Enrique Granandos nel centenario della nascita; Mauricio Vallina sceglie nove brani
che riguardano il mondo latinoamericano, dal Souvenir de la Havane di Gottschalk
fino al repertorio della zarzuela; Dinara Klinton esegue l’integrale degli Studi
d’esecuzione trascendentale di Liszt; Sergey
Babayan l’intero primo libro della Tastiera ben temperata di Bach; Dong-Hyek Lim
esegue un recital interamente dedicato a
Stephen Kovacevich
Chopin. Saremo invece all’Auditorio Stelio Molo per ascoltare il recital offerto da
Stephen Kovacevich, che, dopo la Quarta
partita di Bach, interpreterà sei composizioni di Brahms. Il recital del 20 giugno
sarà a 4 mani, con i pianisti Alio Coria e
Sergio Escalera. Il concerto sinfonico del
10 giugno offrirà l’opportunità di ascoltare ben cinque concerti solistici: il Primo
concerto di Chopin, oltre a composizioni
di Busoni, Szpilman, Ravel e Lalo, con
solisti come Polina Leschenko, Renaud
Capuçon, Akane Sakai, Martha Argerich
e Mischa Maisky.
Mischa Maisky
Il Progetto chiuderà l’edizione 2016
con un gran finale, il 30 giugno all’Auditorio Stelio Molo, dove, accanto alla monumentale Sonata per due pianoforti KV 448 di
Mozart con Martha Argerich e Sergey Babayan, ascolteremo pagine di Sant-Saëns
alternate a tanghi di Piazzolla, Hubert,
Nisinman, con l’ensemble ReEncuentros.
Informazioni aggiornate sul sito
rsi.ch/argerich
‹ Martha Argerich
torna al repertorio solistico
con Gaspard de la nuit
di Ravel. ›
Tra le presenze storiche nelle varie
edizioni del Progetto, figura il mitico violinista Ivry Gitlis, che quest’anno organizzerà una Master Class al Conservatorio,
con la possibilità per il pubblico di assistere alle lezioni, il pomeriggio del 13 e 14
giugno.
Fotografie: pagina 5, Martha Argerich - Adriano
Heitmann. Pagina 6, Diego Fasolis, Alexander
Vedernikov - Dániel Vass. Cecilia Bartoli - ceciliabartolionline.com. Pagina 7, Stephen Kovacevich theartdesk.com. Mischa Maisky - Hideki Shiozawa
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Rete Due / Reteduecinque
da lunedì 6 a venerdì 10
Rete Due / Colpo di scena
da lunedì 6 a venerdì 17 alle ore 13.30
rsi.ch/colpo-di-scena
LA 1 / Paganini
domenica 12 alle ore 10.30
rsi.ch/paganini
Alla riscoperta di
Hermann Scherchen
Christian Gilardi
Uno dei musicisti più influenti ed interessanti che ha soggiornato e vissuto nel nostro Paese è Hermann Scherchen (1891–
1966), direttore d’orchestra, compositore, teorico, pedagogo
e animatore musicale. Già nel 1934, il direttore tedesco soggiornò a Riva San Vitale ma fu a partire dal 1954 che si stabilì
a Gravesano dove fondò uno Studio Sperimentale Elettroacustico, le cui ricerche confluirono nei “Gravesaner Blätter”, alla
cui redazione diedero il loro contributo numerosi studiosi con
dissertazioni su un ampio ventaglio di argomenti musicali.
Alcuni aspetti di questa straordinaria esperienza scientifica
e artistica, purtroppo oggi quasi completamente dimenticata,
sono stati rievocati da Carlo Piccardi, Ermanno Briner e
Abraham Moles sul n. 48 di Bloc Notes (giugno 2003) con
un importante contributo di Paolo Keller.
Pochi direttori, della generazione del nostro, hanno giocato
un ruolo determinante, come operatori e didatti, per la diffusione della musica moderna e la formazione didattica dei giovani.
Oltre ad essere interprete del repertorio sinfonico e concertistico, tenne a battesimo oltre 200 prime assolute che attraversano le fasi più importanti del Novecento, dal Pierrot Lunaire
di Schönberg (nel 1912) a Terretektorh di Xenaxis (nel 1966).
Scherchen fu molto vicino all’avanguardia musicale italiana
dell’immediato dopoguerra (Nono, Maderna, Manzoni)
ONAIR
e contribuì massicciamente a divulgare il difficile itinerario
musicale di un’esperienza programmaticamente rivolta al progresso dell’uomo ma nello stesso tempo apparentemente negata alla massa. La sua esperienza (fu anche direttore musicale
della Radio svizzera tedesca e direttore titolare dell’Orchestra
dello studio di Beromünster) lo portò ad individuare e valorizzare la radio come strumento di affermazione di un ideale
estetico moderno, capace di essere portatore di sviluppo sociale
e culturale, in grado di abbattere anche le differenze sociali.
La radio dunque vista come mezzo di comunicazione di massa
capace di acculturare gli strati del pubblico rimasto fino ad
allora escluso dal patrimonio storico della musica.
Il Settore Musicale RSI dedica una serie di ascolti allo Scherchen direttore, a cinquant’anni dalla scomparsa, all’interno
di Reteduecinque; in Colpo di scena va invece in onda Una vita
senza respiro - alla ricerca di Hermann Scherchen di Cesare Ferrario.
La trasmissione televisiva Paganini il 12 giugno proporrà
un documentario realizzato negli anni ’80 da Hansjörg Pauli
e un’intervista alla musicologa Angela Ida De Benedictis.
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Rete Due / Laser
giovedì 16 e venerdì 17 alle ore 9.00
rsi.ch/retedue
Il Cardinale Scola
e il filosofo Cacciari
incontrano il pubblico
Michela Daghini
Comprendere il nostro tempo, è questo il titolo della serata pubblica di lunedì 13 giugno all’USI di Lugano, organizzata dalla
RSI, che vede a dialogo un teologo e un filosofo per riflettere
sul complesso momento storico che stiamo vivendo.
L’incontro si inserisce nei Dialoghi di vita buona pensati dal
cardinale Angelo Scola come l’avvio di un processo il cui obiettivo è da un lato far percepire il carattere epocale del momento
attuale, e dall’altro la forza della religione e di visioni etiche
sostantive come energia per il cambiamento e la trasformazione. La cifra della fine di un paradigma e di un modello culturale non è da declinare in termini apocalittici, ma da assumere
piuttosto come strumento di ricerca: si sente il bisogno di
luoghi e di parole che aiutino a comprendere il senso profondo
della transizione in atto, per depotenziare il fatalismo e l’impotenza con cui si guarda ai grandi fenomeni che ci toccano da
vicino, nel nostro quotidiano (dall’economia alle migrazioni,
al clima, passando per la riconfigurazione di tutta l’area mediorientale come conseguenza di un conflitto di identità interno al mondo islamico). A questa impotenza va imputato lo
sfaldamento dei legami sociali e istituzionali in atto in Europa,
oltre che la forte crisi di valori che sta sgretolando l’unità e
l’identità dell’Unione europea. Una riflessione aperta quindi,
di fronte alle sfide, alle fatiche ma anche alle opportunità
di questo tempo.
ONAIR
Lunedi 13 giugno 2016, ore 18.30
Auditorium USI, Lugano
Intervengono:
il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano
e il filosofo Massimo Cacciari, Università Vita-Salute.
Modera Michela Daghini
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Rete Due/ Colpo di scena
da lunedì 20 giugno a venerdì 1. luglio alle ore 13.30
rsi.ch/colpo-di-scena
Un instant-drama
sul bombardamento
dell’ospedale di
Kunduz
sono stati insigniti del Nobel della Pace rispettivamente
nel 1999 e nel 2009) la Rete Due della RSI ha realizzato uno
sceneggiato radiofonico, quasi un instant-drama, che narra
non solo l’attacco all’ospedale, ma anche l’encomiabile opera
di servizio di Msf nei giorni precedenti, sempre nel rispetto
del principio di neutralità in una zona di conflitto.
I principali personaggi dello sceneggiato sono i medici e gli
infermieri. Oltre a quelli di fantasia, interpretati tra gli altri da
Claudio Moneta e Augusto di Bono, ci sono le quattordici
vittime afgane di Msf, alle quali si è voluto fare un omaggio
alla memoria per il loro sacrificio. Accompagnano la recitazione
degli attori varie musiche afgane e gli effetti originali della
guerra in corso nel paese orientale, in un montaggio curato
da Thomas Chiesa, con la regia di Guido Piccoli e la produzione di Francesca Giorzi.
Guido Piccoli,
autore-regista
Nella notte tra il 2 e 3 ottobre 2015, l’ospedale di Medici
senza frontiere (Msf) di Kunduz, Afghanistan, fu bombardato
e mitragliato a più riprese da un aereo AC-130 delle forze Usa
presenti nel paese. Il bilancio dell’azione, che si protrasse
per 75 minuti nonostante i disperati appelli lanciati dallo staff
locale e internazionale di Msf, fu di 42 vittime, tra cui molti
bambini ricoverati e 14 tra medici e infermieri.
Quello di Kunduz, dov’era in atto una battaglia tra le forze
governative afgane e i talebani, è stato il primo di una serie di
attacchi contro le strutture di Msf in vari paesi in guerra, come
lo Yemen e la Siria, l’ultimo dei quali ad Aleppo il 26 aprile
scorso. Ma è stata anche un’azione grave e indicativa della barbarie delle guerre moderne che, a differenza di quanto accadeva
in passato, non rispettano civili e, appunto, nemmeno gli
ospedali. Ed è ancora più grave perché a condurlo non sono
state delle forze armate fuori controllo di paesi “canaglia”
oppure delle unità ribelli, ma l’aviazione statunitense sotto il
comando Nato che oltre tutto alla fine di aprile, dopo una
specie d’inchiesta interna, si è auto assolta, sostenendo di non
avere riscontrato, nell’azione di Kunduz, elementi sufficienti
per configurarla come “un crimine di guerra”.
Col titolo significativo - e sarcastico - di Bombe di pace (ricorda
che sia Msf che Barack Obama, capo delle Forze Armate Usa,
ONAIR
Quello che rimane dell’ospedale di Kunduz dopo i bombardamenti ad opera delle forze USA.
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La nostra memoria beneficia da sempre di supporti esterni che si sono evoluti e modificati nel corso della storia.
Dalle incisioni su pietra alla carta fino alle contemporanee memorie digitali. Uno sviluppo continuo e sempre più veloce
che mette a dura prova storici e archivisti e obbliga a un costante trasferimento e salvataggio di dati da una
tecnologia a quella successiva.
LA 1 / Portrait
da giovedì 16 giugno a giovedì 25 agosto alle ore 23.05
rsi.ch/portrait
Portrait:
un’estate con l’arte
Silvana Bezzola Rigolini
Paul Gauguin La donna dei manghi, 1896, olio su tela 97 x 130 cm, Museo Pushkin, Mosca
ONAIR
L’estate alla RSI si tinge di creatività per la seconda edizione
dell’appuntamento con la documentaristica sull’arte, Portrait.
Dal 16 giugno al 25 agosto, undici incontri con artisti svizzeri ed europei per accompagnare la visita a grandi esposizioni
oppure per ripercorrere vita e opere di artisti che celebrano
proprio quest’anno anniversari importanti. Un percorso che
spazia dalla Svizzera primitiva all’Europa intera e che abbraccia
diverse correnti artistiche, dal realismo al postimpressionismo,
dai pittori del Rinascimento agli artisti dell’esplorazione
della percezione.
Per iniziare, un maestro della rivoluzione artistica postimpressionista, Paul Gauguin (16 giugno, Paul Gauguin. Alla ricerca
dell’Eden), artista che sta vivendo in questi ultimi mesi una
rinascita popolare esplosiva, dalla magnifica esposizione
alla Fondazione Beyeler di Basilea nel 2015 a quella più recente al museo delle culture MUDEC di Milano, con giocosità
polinesiane.
Della stessa corrente artistica, ma con incursioni nell’arte
naïve, di cui è stato il precursore, è Henri Rousseau (18 agosto,
Henri Rousseau, il doganiere autodidatta), di cui è in corso
un’importante retrospettiva al Musée d’Orsay di Parigi fino
al 17 luglio.
Inserito nella corrente Realista invece Gustave Courbet
(28 luglio, Ma chi è lei, signor Courbet?), che nel 1866 fece scandalo con l’ormai famosissima opera L’origine del mondo e di cui
si ripercorreranno vita e opere con il bel documentario svizzero
di Isabelle Brunnarius.
Nella programmazione non poteva poi mancare la figura
dell’artista svizzero per eccellenza, molto diversa dagli artisti
citati sopra, di cui ricorre quest’anno l’anniversario dei 120 anni
dalla nascita, che ha vissuto e operato nella Svizzera profonda
delle origini, Heinrich Danioth (4 agosto, Danioth, il pittore
del diavolo).
Portrait non mancherà di sottolineare i vent’anni dalla morte
di Alberto Giacometti (23 giugno, Alberto Giacometti, scultore dello
sguardo), i 100 dalla nascita del movimento artistico svizzero
DADA, i 30 anni dalla morte dell’artista surrealista svizzera
Meret Oppenheim, l’inaugurazione del LAC e della prima monografia ivi esposta, quella dello svizzero Markus Raetz. Infine la
programmazione terminerà con un documentario sul pittore del
diavolo per antonomasia, Hieronymus Boesch, l’olandese di cui
ricorrono quest’anno i 500 anni dalla morte, celebrata anche
nella sua città natale, Bois-le-Duc, con un’imperdibile esposizione (25 agosto, Hieronymus Boesch, baciato dal diavolo).
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Intervista a cura
di Tiziana Conte
rsi.ch/laser
Lucinda Childs
Quando l’avanguardia
diventa un valore
permanente
“Come i veri innovatori, i più coraggiosi o avventati, quelli che sperimentando
si assumono i rischi di territori impervi o inesplorati, l’americana Lucinda Childs,
portavoce del più cristallizzato e dispotico astrattismo, visse un debutto
di contrasti burrascosi. Oggi si dimostra tutt’altro: un paradigma di elegante
classicismo. Un prodotto solido, perfettamente contemporaneo: un valore che
basta a se stesso, nella sfida a ogni etichetta di tendenza. Un’avanguardia
che non è più tale, che sa resistere al tempo e alle mode”.
Così scrive di lei la giornalista Lietta Tornabuoni. È un’opinione condivisa dagli
storici e critici della danza che definiscono Lucinda Childs la sacerdotessa
della danza minimalista.
Nata a New York nel 1940, Lucinda Childs inizia a danzare all’età di 6 anni.
La sua formazione avviene, cresce e si alimenta in quella corrente artistica nata
e sviluppatasi a New York, conosciuta come “post modern dance”. Nella sua
formazione e storia artistica fondamentali sono stati gli incontri avvenuti al
Sarah Lawerence College, dove il suo maestro è Merce Cunningham. In quegli
anni incontra Yvonne Reiner, con la quale partecipa ai lavori di ricerca del
Judson Dance Theater insieme a Steve Paxton e Trisha Brown. In seguito, nel
1973, fonda a New York la Lucinda Childs Dance Company.
DUETTO
L’occasione di incontrare Lucinda
Childs è stata data dal Festival Antigel
che in collaborazione con l’ADC,
Association Contemporaine de danse
a Ginevra, l’ha invitata con un suo
spettacolo leggendario del 1979:
Dance, un capolavoro che ha segnato
la storia della danza, creato sulla
musica di Philip Glass e l’impianto
visivo di Sol LeWitt, per la prima
volta presentato in Svizzera.
Vorrei iniziare questa conversazione partendo da Dance, un
capolavoro.
Come è riuscita ad intessere delle
collaborazioni con Philip Glass
e Sol LeWitt, ciascuno di loro,
come lei stessa, mostri sacri nella
galassia della propria arte?
Ho iniziato a lavorare con Philip
Glass per l’opera Einstein on the beach e dopo
quest’esperienza per me magnifica (era la
prima volta che lavoravo con un compositore) abbiamo deciso di continuare a
lavorare insieme. E siccome sarebbe stata
una produzione più o meno classica in teatro, abbiamo voluto coinvolgere un artista visivo contemporaneo e Sol LeWitt ha
accettato di partecipare. LeWitt mi disse
che non gli interessava realizzare qualcosa
di decorativo davanti al quale i danzatori
avrebbero ballato, secondo lui il mio lavoro era già molto astratto e visualmente
complesso. Così decise che la scenografia
doveva essere fatta con gli stessi danzatori,
da qui l’idea di filmare i danzatori mentre eseguono la stessa coreografia che allo
stesso tempo danzano in scena, benché
oggi, dopo trent’anni non siano più gli
stessi danzatori.
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Come si svolge il suo lavoro nella
fase di creazione? Lei è definita
un’artista radicale, che scrive delle
partiture corporee in modo quasi
matematico. Inizia dal corpo o
si lascia ispirare dalla musica...?
Qual è il suo metodo di lavoro?
Inizio sola, in studio, ascoltando la
musica, scritta in questo caso da Philip
Glass, e a poco a poco sviluppo il materiale.
Devo poi preoccuparmi che la mia scrittura possa essere appresa dai danzatori, che
si possa contare, che vi sia un’evoluzione
dei movimenti e che i danzatori la possano
imparare.
Sviluppo poi le relazioni insieme ai
danzatori, frase dopo frase, ad esempio 2
volte 6, poi la seconda frase 4 volte 6, la terza è un mix tra la prima e la seconda...tutto
diventa sempre più complesso, lungo, in
contrasto, sviluppando un dialogo tra la
coreografia e la musica.
Per i danzatori è necessario sapere in
ogni momento dove sono rispetto alla musica, che possano memorizzare la struttura
della musica ed essere molto precisi, sapere
dove sono le entrate, le uscite, ecc. E dopo
tutto questo, scrivo la partitura visiva, trascrivo per ogni danzatore quello che deve
fare esattamente e lo faccio per tutti i miei
balletti. Ci sono dei libri di 60, 100 pagine sulle partiture. Tutto questo materiale
sarà ora conservato al Centro Internazionale della danza a Parigi.
Nella sua storia artistica ci sono
stati degli incontri fondamentali,
in particolare penso alla sua
formazione con Merce Cunningham,
agli anni newyorkesi nel Judson
Theater Dance... Mi pare di intuire
DUETTO
che l’eredità di Cunningham, il suo
modo di lavorare con John Cage,
sia stata una lezione che lei ha
mantenuto nella sua ricerca.
che per lei ha scritto opere fondamentali per la storia delle arti sceniche
del XX secolo. Com’è nata la vostra
collaborazione?
Ho trovato ammirevole la coesistenza della musica e della danza in John Cage
e Merce Cunningham, a volte i danzatori
non potevano sentire la musica che il giorno della prima dello spettacolo. I danzatori contavano i tempi da sé, la coreografia
si mescolava alla musica, ma ogni volta in
modo diverso. Io faccio esattamente il contrario, perché lavoro con la musica, per me
la musica è una sorta di “tavola armonica”
per il movimento e per l’esperienza di mettere insieme la struttura coreografica con
quella musicale.
Quando ho incontrato Bob Wilson
era il 1974, la fine del periodo Judson. Mi
trovavo in una fase di transizione. Mi chiese di fare parte di Einstein on the beach. Per
me era interessante perché dovevo essere un po’ danzatrice, un po’ attrice. Non
c’erano frontiere, si richiedeva la partecipazione di tutti, una specie di performance. È stato interessante per me lavorare per
lui e con lui allo stesso tempo.
Nel suo lavoro anche l’arte visiva
riveste un ruolo evidente, non solo
per quanto riguarda Dance e la
collaborazione con Sol LeWitt...
Sì è vero, a New York nel periodo del
Judson, negli anni sessanta, vi era un momento di grande apertura, c’era la pop art
di Andy Warhol e l’inizio del movimento post moderno e minimalista, da Sol
LeWitt, a Robert Morris, a Frank Stella e
via dicendo. Così a poco a poco mi sono
avvicinata a questo secondo movimento,
perché il primo per me è più legato alle idee
di Cage, molto più concettuale. Sì c’erano
delle relazioni molto forti con gli artisti visivi a New York in quegli anni.
Fondamentale è stato - ed è tutt’ora,
visto che prossimamente farete
un nuovo lavoro insieme - l’incontro
e la collaborazione con Bob Wilson
Corinne Rondeau, autrice di un
saggio su di lei, afferma che nel suo
lavoro lei ricerca la variazione
attraverso la ripetizione, un’eredità
della dissociazione della musica
dalla danza e che di fatto - prendendo a sua volta in prestito le parole
che Susan Sontag scrisse su di lei il suo lavoro è una ricerca della
purezza. Lei che ne pensa?
In effetti per me il materiale è molto
importante, bisogna che questo sia buono
per i danzatori, per la musica, visivamente,
ma la cosa più importante è quello che faccio con il materiale.
C’è la ripetizione che però per me
non è mai ripetizione, perché ogni volta
inserisco qualcosa di diverso, le relazioni
cambiano poco a poco. È questo che mi
interessa enormemente... che è poi anche
l’estetica di Philip Glass. Sono cambiamenti sottili, ci vuole un’attenzione altissima per vederli. La gente può dire “ah, ma
guarda: fanno sempre la stessa cosa”, ma
non è per niente così.
Lei è stata definita come una delle
maggiori esponenti della postmodern
dance. Una definizione, quella di
postmoderno, entrata nel linguaggio
comune. Ma cosa caratterizza
la postmodern dance e da quale
esigenza è nata?
La postmodern va vista in relazione
alla modern dance: quella di Martha Graham, José Limon, di tutti i grandi ballerini americani il cui lavoro è legato ad una
narrazione, ad una storia, un po’ come a
teatro. Merce Cunningham ha liberato la
danza da questo concetto, perché la danza è assolutamente astratta, rimanendo
però al contempo molto umana. C’è sempre un’emozione anche se non so sempre
dire di quale emozione si tratti. Il postmodern dunque è soprattutto anti narrativo,
astratto.
Lei ha più volte affermato che
i danzatori ballano e non parlano
e che la danza va danzata, non
spiegata. Che rapporto ha con
il pubblico, ci pensa quando crea?
Il pubblico è importante, perché essere in scena è una responsabilità e ogni danzatore deve trovare il suo modo di essere
in scena con una sua presenza sincera. Io
posso aiutare ad aprire le porte, ma sta a
ogni performer portare questa qualità nel
presentare lo spettacolo.
Dance è stato presentato in occasione del festival Antigel per la prima
volta in Svizzera, offrendo a molti
la possibilità di vederlo dal vivo.
È uno spettacolo del 1979 che lei ha
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ripreso nel 2009. Lo scorso anno
al Festival d’automne ha riproposto
Available light e qualche anno fa
Concerto. Come mai l’esigenza di
riprendere produzioni del passato?
board del film di LeWitt perché è troppo
lontano dall’oggi. La prima è stata in aprile
e per la prima volta ho avuto l’occasione di
rifare il film come lo fece Sol LeWitt.
Per Dance mi è stata fatta una richiesta da un festival negli Stati Uniti che
voleva riproporlo. Sol LeWitt era morto
qualche anno prima. Il film di Sol LeWitt
però era rovinato, il 35 mm è fragile, si deteriora, era impossibile riproiettarlo senza
riversarlo in digitale, una tecnologia che
solo 15 anni fa non esisteva. È un film che
deve avere forza e chiarezza nell’immagine.
Con le nuove tecnologie le immagini e il
suono ora sono migliori. Ma non mi aspettavo questo successo, lo spettacolo ha continuato ad essere richiesto e noi continuiamo a presentarlo perché ci è richiesto e
non perché fosse un mio bisogno.
Un’altra possibilità per riscoprire
il suo lavoro è stata offerta dal
rifacimento di tre sue pièce giovanili,
degli anni sessanta, che lei ha dato
a sua nipote Ruth, anche lei danzatrice, come una sorta di eredità
famigliare. Cosa l’ha spinta a questo
”passaggio di testimone”?
La ripresa di Dance permette
un’amplificazione del tempo e dello
spazio, elementi che già sono
insiti nella concezione della pièce,
ma ora vediamo danzare in scena
i danzatori dell’epoca insieme
ai danzatori di oggi. Secondo lei,
che valore aggiunto ha questo
tipo di operazione?
È evidente: i danzatori nel film non
sono quelli sulla scena, portano le scarpe
da ginnastica, hanno un modo di usare le
braccia diverso che si rifà alla ricerca di uno
stile di quel tempo che si voleva più libero,
eccetera, eccetera. Il film non ha più niente a che fare con l’oggi. Con l’Opera Ballet
di Lyon ora stiamo ricostruendo l’intero
spettacolo con i loro danzatori, seguendo
la coreografia originale ma anche lo storyDUETTO
Mia nipote Ruth si è trasferita a Ginevra dove vive da 12 anni e dove ha frequentato il Ballet Junior, ed è diventata
una professionista.
Abbiamo incominciato a lavorare insieme a dei piccoli progetti. In particolare
mi ha aiutata con la ripresa ad Aix-en-Provence di Concerto. In quell’occasione Ruth
mi ha parlato dei mei solo, del fatto che le
sarebbe piaciuto riprenderli. Questi solo
non sono facili, come non è facile trovare
qualcuno di veramente capace e che al contempo sia così fortemente motivato come
lo era lei. Per me è stato un piacere e una
grande occasione lavorare insieme.
di fatto concettuale... come si vede bene
nel pezzo Museum Piece. Dopo quel periodo sono voluta ritornare al movimento,
ho così iniziato un lavoro in silenzio, sulle
camminate, come si vede nel video Calico
Mingling... per me era interessante lavorare sul cambio di direzione, vedere cosa significava per il corpo, dove portava questa
ricerca.
A questo proposito vorrei riprendere una definizione, un po’
misteriosa, scritta da Susan Sontag,
sul suo lavoro: “La bellezza della
sua arte è nel rifiuto”.
È di Susan Sontag... bisogna chiedere
a lei... È stato magnifico, ha seguito il lavoro di Bob Wilson e il mio... era venuta
anche al Judson anche se all’epoca era in
Francia. Poi quando ho avuto mandato
dal Museo di Los Angeles di realizzare
Available Light con John Adams e Frank
Gehry nel 1983, gli stessi organizzatori
hanno chiesto a Susan Sontag di scrivere
qualcosa su questo lavoro. Ci ha seguito
nella produzione, alla prima, e ora il suo
testo è contenuto in Abécedaire.
Sono dei lavori realizzati negli anni
Sessanta, molto diversi dalla ricerca
che ha sviluppato in seguito.
Lei è riconosciuta come una figura
centrale della storia della danza,
ne ha consapevolezza? Cosa pensa
a tale proposito?
Sì, era un periodo molto diverso: avevo lasciato il Judson dopo aver realizzato
13 lavori, quasi tutti dei solo, in cui avevo sviluppato un vocabolario che partisse
dalla manipolazione degli oggetti, degli
oggetti trovati, partendo dalle idee di Marcel Duchamp, di John Cage... una ricerca
La danza è un lavoro di ogni giorno, quindi si ricomincia ogni giorno... se
no si è perduti. Non si può racchiudere la
danza in una cornice, bisogna farla. È una
disciplina...è la mia vita, è qualcosa che
continuo a fare. Continuo ad allenarmi
per poter mostrare le figure ai danzatori, e
per questo bisogna essere in forma, benché
oggi abbia limitato la mia attività. Penso
che la danza sia un lavoro molto fragile
perché, come detto, è qualcosa che si fa
ogni giorno, non ci si ferma mai.
E Lucinda Childs è davvero in gran
forma, lo dico per chi non può vederla.
Sembra che lei stia attraversando
una sorta di “Back to the future”...
è piena di progetti...
Si, abbiamo un progetto con Philip
Glass per il 2017 con James Turell e credo
che la prima sarà a New York, per festeggiare l’ottantesimo compleanno di Philip
Glass
Vorrei ricordare, a proposito della
fragilità della danza, che lei ha donato
il materiale cartaceo dei suoi lavori
all’archivio del Centro nazionale
di danza a Parigi...
Sì, hanno accettato di conservare i libri sulla mia danza. Sono molti, per ogni
balletto esiste un libro. Hanno già i film
per un lavoro che ha realizzato il regista
Patrice Bensart, hanno anche conservato
il film di Sol LeWitt. Il materiale d’archivio verrà presentato il prossimo settembre
in un’esposizione sia al Centro Nazionale
della danza di Parigi sia in una grande galleria a Parigi Pantin, la Galerie Thaddaeus
Ropac. È la prima volta e credo che sarà
qualcosa di molto importante.
23
22
6.
2016
Me 1
ore 18.30
Sala Consiglio comunale,
Palazzo civico, Bellinzona
Progetto Martha Argerich
Serate d’ascolto
Bach dalle sette vite
Conferenza di Guido Salvetti
Ma 7
Lu 13
Ve 17
Ve 24
Do 26
Progetto Martha Argerich
Ritorno a Bach
Musiche di Bach e Busoni
Comprendere il nostro
tempo
Dialogo tra il cardinale
Angelo Scola e il filosofo
Massimo Cacciari
Moderatrice Michela Daghini
Progetto Martha Argerich
Musiche di Mozart, Fauré,
Vogel, Ravel e Rachmaninov
Progetto Martha Argerich
Orchestra della Svizzera
italiana
Cecilia Bartoli e Coro della
Radiotelevisione svizzera
Direttore Diego Fasolis
Musiche di Mozart
e Beethoven
Progetto Martha Argerich
Musiche di Dohnányi, Schubert,
Rossini, Argerich, Mogilevsky
e Nowakowski
In differita su Rete Due
sabato 25.6 alle ore 20.30
rsi.ch/retedue
Ma 28
ore 20.30
Teatro Sociale, Bellinzona
In diretta su Rete Due
rsi.ch/retedue
Me 8
ore 20.30
Studio 2 RSI, Lugano Besso
Showcase Elisa
bellinzona.ch
In diretta su Rete Tre
rsi.ch/retetre
Ve 3
Ve 10
ore 19.30
Studio 2 RSI, Lugano Besso
Incontro con l’artista
aperto al pubblico
ospite Markus Poschner
in diretta su Rete Due
ore 20.30
Auditorio Stelio Molo RSI,
Lugano Besso
Mediterranea
Orchestra della Svizzera
italiana
Direttore Markus Poschner
Solista Mísia, voce
Musiche di Schubert, Mísia
e Rodrígues
In diretta su Rete Due
e in videostreaming
rsi.ch/retedue
ore 20.30
Sala Teatro, LAC Lugano
Progetto Martha Argerich
Orchestra della Svizzera
italiana
Direttore Alexander
Vedernikov
Musiche di Chopin, Busoni,
Szpilman, Ravel e Lalo
In diretta su Rete Due
rsi.ch/retedue
Lu 13
ore 11.00
Studio 2 RSI, Lugano Besso
Conferenza stampa
Presentazione nuova
stagione
Concerti RSI 2016-2017
ore 18.30
Auditorium USI, Lugano
Incontro aperto al pubblico
È gradita la prenotazione:
[email protected] o
Tel. +41 91 803 95 84
Lu 13
ore 20.30
Auditorio RSI, Lugano Besso
Progetto Martha Argerich
Direttore Elena Schwarz
Musiche di Brahms, Campogrande, Schubert e Berg
In diretta su Rete Due
e in videostreaming
rsi.ch/retedue
Gio 16
ore 20.30
Auditorio RSI, Lugano Besso
Progetto Martha Argerich
Musiche di Bach, Brahms
e Debussy
ore 20.30
Auditorio RSI, Lugano Besso
In diretta su Rete Due
e in videostreaming
rsi.ch/retedue
Ma 21
ore 20.30
Auditorio RSI, Lugano Besso
Progetto Martha Argerich
Musiche di Bach, Ravel,
De Falla, Guastavino
e Schubert
In diretta su Rete Due
e in videostreaming
rsi.ch/retedue
ore 20.30
Sala Teatro, LAC Lugano
Ve 24
Sa 25
ore 20.00
Piazza Governo, Bellinzona
ore 20.30
Sala Teatro, LAC Lugano
In differita su Rete Due
lunedì 27.6 alle ore 20.30
rsi.ch/retedue
ore 20.30
Auditorio RSI, Lugano Besso
Progetto Martha Argerich
Musiche di Šostakovič, Dvořák
e Schubert
In diretta su Rete Due
e in videostreaming
rsi.ch/retedue
Bellinzona Blues Sessions
da
Gio 23 Do 26
a Sa 2.7
In diretta su Rete Tre
rsi.ch/retetre
ore 10.00
Chiesa di Mario Botta, Mogno
da lunedì a venerdì
su Rete Due
dalle 19.30 alle 20.00,
su Rete Uno
dalle 20.05 alle 24.00
sabato e domenica
dalle 19.05 alle 24.00
Musiche di Palestrina
Coro della Radiotelevisione
svizzera
Direttore Diego Fasolis
Gio 30
ore 20.30
Auditorio RSI, Lugano Besso
Progetto Martha Argerich
Musiche di Mozart, SaintSaëns, Piazzolla, Debussy,
von Weber, Hubert, Nisinman
In diretta su Rete Due
e in videostreaming
rsi.ch/retedue
Lungolago di Ascona
JazzAscona 2016
Collegamenti e ospiti in diretta
rsi.ch/reteuno e rsi.ch/retedue
È gradita la prenotazione:
[email protected] o
Tel. +41 91 803 93 84
RENDEZ-VOUS
25
24
club
Mia madre e
altre catastrofi
Francesco Abate
Einaudi
Andando
el Tiempo
Carla Bley, Andy Sheppard,
Steve Swallow
ECM Records 2487
Laura Forti
Paolo Keller
Di mamma ce n’è una sola,
ma quella di Francesco Abate
fa per due. Deve infatti sostituire un padre malato che
scompare prematuramente
e prendere su di sé le redini
della famiglia tanto da arrivare
a usare il battipanni per mantenere la disciplina con i due figli
maschi. Ideologica e tenera,
ironica e lamentosa è lei, la
signora Mariella, la protagonista
di questo romanzo originale.
Mia madre e altre catastrofi è
un libro che diverte e commuove, soprattutto quando si intuisce dietro al dialogo apparentemente leggero la presenza
appunto della catastrofe che
può rompere il fragile equilibro
degli affetti, il dolore cui la
famiglia ha dovuto far fronte.
La signora Mariella non è perfetta, ma riesce a insegnare
davvero qualcosa ai figli, a tramandare loro dei valori.
Francesco Abate riesce a farci
sentire la potenza di questo
legame che fortifica, che fa del
bene anche a chi legge e restituisce il ritratto di una donna
importante: una madre da
augurare a tutti.
NOTA BENE
Pubblicato all’inizio dello
scorso mese di maggio proprio
in occasione dell’80.esimo
compleanno di Carla Bley,
Andando el Tiempo è un nuovo capitolo del percorso del
trio composto dalla grande
compositrice, pianista e organista americana, dal bassista
(e suo compagno di vita) Steve
Swallow e dal sassofonista
inglese Andy Sheppard. Attiva
dalla metà degli anni ’90,
questa formazione è uno dei
veicoli principali attraverso
il quale si è espressa la vena
creativa di Carla Bley in questa
recente fase di carriera.
A differenza del precedente
Trios basato su vecchi materiali
rivisitati, quest’album - pure
registrato all’Auditorio RSI di
Lugano, in collaborazione con
Rete Due - è articolato attorno
ad un repertorio nuovo, più
intimo ed emozionale, composto per l’occasione. Una nuova
preziosa testimonianza della
verve d’autrice della Bley e
delle intatte risorse espressive
di uno degli ensemble di
vaglia del jazz cameristico
contemporaneo.
La pazza gioia
di Paolo Virzì,
con Micaela Ramazzotti
e Valeria Bruni Tedeschi
(Italia 2016)
Marco Zucchi
Unire l’ontologica anima popolare del cinema con la sua
aspirazione a farsi arte sociale:
risultato ragguardevole e raro.
È molto più frequente che la
questione si polarizzi. Uno dei
grandi meriti di Virzì riuscirci
qui, arrivando allo spettatore
con il cuore e con la testa, grazie a una scrittura brulicante
e a malinconie silenziose altrettanto forti. Opposti incarnati
nelle due “pazze” del titolo l’aristocratica mitomane (Bruni
Tedeschi) e la ex-cubista
tatuata (Ramazzotti) - che fanno
ridere e fanno piangere, che
smarriscono e poi ritrovano
la strada.
Dimensione
Disegno
a Villa dei
Cedri
“Il disegno si trova veramente fra le arti maggiori dei nostri
tempi poiché offre questa possibilità semplice e immediata di essere spontaneo ma, soprattutto, di essere allo
stesso tempo concettuale”. Così scrive Karine Tissot nel
catalogo della nuova esposizione al Museo Civico di
Villa dei Cedri di Bellinzona.
Dimensione Disegno. Posizioni contemporanee affronta
il mondo del disegno visto attraverso le opere di una
decina di giovani artisti svizzeri che non si limitano al
foglio bianco e alla grafite ma propongono una serie di
lavori che esplora la materia, i supporti, i formati e le infinite combinazioni di un’arte non più regalata allo studio
preparatorio o al gabinetto da disegno. Anzi, quest’esposizione arriva a trasformare, e talvolta a sconvolgere,
gli spazi espositivi in un gioco sorprendente che coinvolge i visitatori.
Sabato 11 giugno alle ore 11.15 il Club Rete Due
propone a soci e simpatizzanti una visita guidata per
approfondire temi, implicazioni e percorsi artistici
della mostra Dimensione Disegno. Posizioni contemporanee.
Durata 1 ora (ritrovo 5 minuti prima, Villa dei Cedri,
piazza San Biagio 9, 6500 Bellinzona).
Domenica 4 settembre
Al KKL per il Lucerne Festival
Anne-Sophie
Mutter
con l’Orchestra della
Lucerne Festival Academy
diretta da Alan Gilbert
Alban Berg
Concerto per violino
e orchestra
Dem Andenken eines Engels,
In memoria di un angelo
Norbert Moret
En rêve Concerto per violino
e orchestra da camera
Arnold Schönberg
Pelléas und Mélisande op. 5
Programma
Alle ore 12.30 partenza dagli
Studi Radio di Besso e alle
ore 13.00 da Camorino sulla
strada principale davanti all’Aldi.
Lungo il tragitto un redattore
musicale di Rete Due introdurrà
il concerto.
Arrivo a Lucerna, tempo a
disposizione e cena libera.
Alle 19.30 inizio del concerto
al KKL. Al termine, rientro in
Ticino.
Prezzo
la quota di partecipazione
comprendente la trasferta in
pullman e il biglietto in platea
e 1. balconata è di CHF 160.per i soci (190.- per i non soci),
in 2. balconata di CHF 110.per i soci (140.- per i non soci)
Iscrizioni
Fosca Vezzoli
T. +41 91 803 56 60
[email protected]
Prezzo ridotto CHF 7.Iscrizioni
Fosca Vezzoli T +41 91 803 56 60, [email protected]
27
26
retedue.rsi.ch
SATELLITE
Satellite Hotbird 3 Posizione 13° Est Frequenza 12.398 GHz
DAB
Club Rete Due
casella postale
6903 Lugano
T +41 (0)91 803 56 60
F +41 (0)91 803 90 85
Produttrice Rete Due
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Frequenze di Rete Due Fm
Bellinzonese 93.5
Biasca e Riviera 90.0 97.9 93.5
Blenio 90.0
Calanca 90.2
Leventina 90.0 93.6 96.0
Locarnese 97.8 93.5 92.9
Luganese 91.5 94.0 91.0
Bregaglia 97.9 99.6 96.1
Malcantone 97.6 91.5
Mendrisiotto 98.8
Mesolcina 90.9 91.8 92.6
Maggia-Onsernone 97.8 93.9 91.6
Val Poschiavo 94.5 100.9
Verzasca 92.3 92.7
Galleria Mappo-Morettina 93.5
Rivera-Taverne 97.3 92.8
INTERNET
16
n.5