Il microcarcinoma papillifero della tiroide, una condizione frequente

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Il microcarcinoma papillifero della tiroide, una condizione frequente
Oggi
Vol. 100, N. 1, Gennaio 2009
Pagg. 1-3
Il microcarcinoma papillifero della tiroide, una condizione frequente
con un comportamento biologico ancora poco conosciuto
Pierpaolo Trimboli
Riassunto. Il recente avvento dell’ecografia ha determinato un notevole aumento della
diagnosi di noduli tiroidei di piccole dimensioni e, conseguentemente, un aumento anche
della diagnosi di microcarcinoma tiroideo (mPTC), in accordo con la ridotta mortalità dovuta a cancro tiroideo riportata in diversi paesi europei. Contrariamente all’ipotesi secondo la quale la progressione del carcinoma tiroideo sia dovuta al progressivo accumulo
di alterazioni molecolari, diversi lavori riportano come l’età media del mPTC sia significativamente maggiore rispetto agli altri istotipi di carcinoma tiroideo. Recentemente è
stato suggerita, per il mPTC, la definizione “papillary microtumor”, in quanto più appropriata alla sua scarsa aggressività, che potrebbe contribuire a ridurre il frequente eccesso di trattamento.
Parole chiave. Carcinoma papillifero della tiroide, microcarcinoma tiroideo.
Summary. The thyroid papillary microcarcinoma, a frequent scenario
with a not well known biological behaviour.
The advent of high resolution ultrasonography resulted in the increased detection of
small thyroid nodules and, consequently, in the diagnosis of thyroid microcarcinoma
(mPTC). This agrees with the reduced mortality rate from thyroid cancer recently recorded in several European countries. Contrary to the hypothesis that thyroid cancer progression should be due to the progressive accumulation with time of molecular alterations, in different reports mPTC age was significantly higher than other thyroid cancers.
Recently, a report suggested that “papillary microtumor” sounds the more appropriate
for a low aggressive lesion. This term could reduce the large use of overtreatment, unchanging the patient’s expected life.
Key words. Papillary thyroid carcinoma, thyroid microcarcinoma.
La larga maggioranza dei carcinoma tiroidei è
rappresentata dal carcinoma differenziato, papillifero (PTC) o follicolare (FTC), da cui si suppone
che derivi, attraverso processi di dedifferenziazione, il carcinoma indifferenziato o anaplastico. La
prognosi e la sopravvivenza dei pazienti affetti da
carcinoma differenziato della tiroide varia a seconda dell’istotipo e dei diversi fattori prognostici,
quali le dimensioni del tumore, la sua estensione,
l’età del paziente al momento della diagnosi, il
coinvolgimento linfonodale e la presenza di metastasi a distanza. Diversi lavori riportano come l’incidenza del carcinoma tiroideo sia profondamente
cambiata negli ultimi decenni, probabilmente a
causa dell’incremento del PTC. Infatti, tra tutti i
carcinomi tiroidei, il PTC è aumentato da una prevalenza del 50% riportata negli anni 60 a quella
dell’80% registrata più recentemente1,2.
Questo notevole incremento del PTC è principalmente dovuto alla aumentata diagnosi di microcarcinoma papillifero (mPTC) che alcuni autori
definiscono come patologia subclinica che non
avrebbe un reale impatto sulla incidenza del carcinoma tiroideo1.
Il mPTC, definito come PTC di diametro massimo non superiore ad 1 cm, conosciuto in passato come occult PTC, latent PTC, small PTC,
nonencapsuled thyroid tumor o occult sclerosing
carcinoma, rappresenta oggi un sempre più frequente scenario per l’endocrinologo. In passato,
questo tumore veniva riscontrato in ambiente di
anatomia patologica: in ghiandole tiroidee asportate per patologie benigne o in pazienti sottoposti ad autopsia e deceduti per altri motivi. In
particolare, la prevalenza autoptica raggiungeva il 36%.
Servizio di Endocrinologia e Diabetologia, Ospedale Israelitico, Roma
Pervenuto il 16 dicembre 2008.
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Recenti Progressi in Medicina, 100, 1, 2009
Il recente avvento dell’ecografia e la larga diffusione dell’ecografia del collo eseguita per motivi
non inerenti la tiroide, ha determinato un notevole aumento della diagnosi di noduli asintomatici e
di piccole dimensioni che vengono sottoposti ad
agoaspirato per esame citologico. Conseguentemente, si è registrato un notevole aumento anche
di mPTC, fino a 5 volte, aumento che potrebbe
spiegare la ridotta mortalità per carcinoma tiroideo riportata in diversi paesi europei. Questi dati
indicherebbero che il mPTC abbia uno scarso impatto clinico tanto che, alla luce della sua elevata
frequenza e ridotta aggressività, alcuni autori lo
hanno definito come una condizione “normale” 3.
Tale definizione è correlata alla (generalmente)
molto favorevole prognosi del mPTC; tuttavia non
mancano i riscontri di mPTC con comportamento
aggressivo. Un recente lavoro dimostra come, in
un’ampia casistica, non esistono differenze tra il
mPTC e gli altri PTC per quanto riguarda l’età del
paziente alla diagnosi, il genere, la multifocalità
della lesione, la sua estensione extratiroidea ed il
coinvolgimento linfonodale. In aggiunta, durante
il follow-up di questi pazienti, il mPTC ha sviluppato metastasi linfonodali più frequentemente degli altri PTC. Ciò starebbe a suggerire che qualunque carcinoma papillifero, indipendentemente dalle sue dimensioni, dovrebbe essere trattato con terapia chirurgica seguita dalla terapia radioiodiometabolica4. A supporto di questa indicazione, un
lavoro molto recente mostra che il 31% dei pazienti con mPTC, sottoposti a dissezione del compartimento centrale del collo, presenta metastasi linfonodale5.
L’attività di diverse oncoproteine è ritenuta cruciale nell’insorgenza di vari tipi di carcinoma.
Poiché le protein-chinasi regolano i meccanismi alla base dell’attività cellulare, le chinasi mutate contribuiscono allo sviluppo tumorale. Si ritiene che la progressione tumorale sia dovuta all’accumulo nel tempo di diverse mutazioni genetiche e che le oncoproteine attivate dalla mutazione di un gene riscontrata nelle fasi precoci di
questa progressione rappresentino i drivers essenziali per l’espansione del tumore. Per questi
motivi, tutte le alterazioni e in particolare le alterazioni dei geni coinvolti nelle fasi precoci, vengono studiate come possibili markers terapeutici,
e il carcinoma differenziato della tiroide rappresenta un ottimo modello di questa teoria6-8.
Sebbene derivanti dalle stesse cellule, i carcinomi differenziati della tiroide mostrano peculiari caratteri istologici e uno specifico comportamento biologico conseguenti alle differenti alterazioni genetiche6-8. Mutazioni attivanti le MAPchinasi svolgono un ruolo importante nella patogenesi del PTC, che è associata con la mutazione
di sei diversi geni codificanti per proteine che
compaiono nelle diverse fasi di questo meccanismo. Una precoce mutazione di BRAF è di frequente riscontro nel PTC, essendo presente nel
45% dei casi di PTC, ma è anche presente nel
mPTC9-12. Mutazioni attivanti RET o NTRK determinano l’espressione di proteine chimeriche
che portano all’attivazione costitutiva di alcune
protein-chinasi. Infine, mutazioni puntiformi di
NRAS, HRAS e KRAS sono meno frequenti e sono riscontrate principalmente in alcune varianti
istologiche del PTC. Alcuni autori hanno riportato come l’espressione di p53, il principale oncosoppressore nell’uomo, e il più importante indicatore di prognosi sfavorevole, sia presente nel 34%
dei mPTC13. L’espressione non sembra correlata
con alcuno dei seguenti caratteri: età del paziente, genere, invasione della capsula, metastasi linfonodali, multifocalità, varianti istologiche, dimensioni del tumore. Tali dati non spiegano perché la maggior parte dei mPTC rimangono asintomatici, mentre una piccola parte di essi ha un
comportamento aggressivo. È stato suggerito che
la crescita del mPTC sia correlata alla vascolarizzazione della lesione riscontrabile istologicamente, ma il dato non è stato confermato14.
Sulla base dell’ipotesi secondo la quale la progressione tumorale sia dovuta al progressivo accumulo nel tempo di alterazioni molecolari a carico di geni che controllano la proliferazione cellulare, la differenziazione e l’apoptosi, ci si aspetterebbe che il mPTC sia maggiormente frequente
nell’età giovanile. Al contrario, l’età media dei pazienti con mPTC risulta spesso significativamente superiore rispetto a quella dei pazienti con
PTC2, e la maggior parte dei mPTC con TNM stadio I ha una età superiore a 45 anni 4. Poiché l’età
superiore o inferiore a 45 anni al momento della
diagnosi rappresenta un fattore prognostico indipendente per i carcinomi differenziati tiroidei, si
pone la domanda se questo sia vero anche per il
mPTC. Probabilmente, il mPTC rimane silente
per molto tempo e viene riscontrato solo occasionalmente, ma ciò non aiuta a discriminare le sue
forme più aggressive.
L’elevata frequenza del mPTC è una questione
di attualità fin dagli anni 40, quando veniva chiamato “nonencapsuled thyroid tumor”15. Nel 1985
fu proposto di chiamarlo “occult papillary tumor”
allo scopo di ridurre l’estensione dell’approccio chirurgico per una condizione “normale”3. Infine, nel
2003, alcuni autori suggerirono che i termini microPTC, occult PTC, latent PTC, small PTC, nonencapsuled thyroid tumor oppure occult sclerosing carcinoma microPTC non fossero corretti, e
che l’espressione papillary microtumor fosse più
appropriata alla sua scarsa aggressività. Tale definizione, insieme ad altri importanti fattori (età
alla diagnosi, multifocalità, inusuale presentazione microscopica, riscontro incidentale nell’ambito
di una lesione benigna), avrebbe dovuto portare ad
una riduzione dell’eccesso di trattamento di questa condizione, pur senza modificare l’aspettativa
di vita del paziente16. Quest’ultima appare oggi
una idea affascinante ma che necessita di ulteriori approfondimenti.
Il principale dilemma per il clinico è infatti rappresentato, oggi come ieri, dalla discriminazione, nell’ambito dei numerosi mPTC, di quelle forme con un comportamento biologico aggressivo.
P. Trimboli: Il microcarcinoma papillifero della tiroide
In questo ambito, i sistemi di stadiazione anatomo-patologica (TNM, AGES, etc.) pongono le dimensioni come un importante fattore prognostico,
ma questo non aiuta a prevedere il comportamento del tumore. Pertanto, fino a quando non saranno ottenute nuove evidenze cliniche o molecolari
circa il comportamento del mPTC, esso dovrebbe
essere considerato simile alle altre forme di PTC,
e il suo trattamento non dovrebbe essere diverso.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Pierpaolo Trimboli
Ospedale Israelitico
Via Fulda, 14
00148 Roma
E-mail: [email protected]
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