I noduli tiroidei in età pediatrica: Classificazione, inquadramento

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I noduli tiroidei in età pediatrica: Classificazione, inquadramento
Gennaio-Marzo 2014 • Vol. 44 • N. 173 • Pp. 13-19
endocrinologia pediatrica
I noduli tiroidei in età pediatrica:
Classificazione, inquadramento diagnostico e
principi terapeutici
Graziano Cesaretti
Endocrinologia Pediatrica, UO Pediatria Universitaria, Dipartimento Materno-Infantile, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa
Riassunto
I noduli tiroidei rappresentano una delle patologie endocrine più comuni.
In età pediatrica hanno una prevalenza inferiore rispetto a quella nell’età adulta, ma con un grado di malignità maggiore. L’importanza di un corretto inquadramento diagnostico deriva principalmente dalla necessità di ottenere informazioni miranti a selezionare accuratamente i soggetti a rischio di carcinoma tiroideo.
In aggiunta ad una attenta valutazione clinico-anamnestica, mirata alla ricerca di eventuali fattori di rischio neoplastico, l’impiego sempre più diffuso della
diagnostica strumentale ha permesso non solo di evidenziare reperti nodulari clinicamente non rilevabili, ma soprattutto di mettere a punto dei criteri che,
valutati nel loro complesso, consentano di precisare il grado del rischio neoplastico del nodulo.
In particolare, con l’ecografia tiroidea, eseguita da personale esperto, si possono individuare numerose variabili dei noduli (dimensioni, margini, ecostruttura, calcificazioni, “elasticità”, vascolarizzazione) e dei linfonodi cervicali a loro collegati, che consentono di guidare il comportamento diagnostico successivo, rappresentato principalmente dalla esecuzione dell’ago-aspirato del nodulo sotto guida ecografica, assieme alla valutazione mirata delle funzione
tiroidea e ad una eventuale scintigrafia ghiandolare.
L’insieme dei dati così ottenuti consente una “stratificazione” del rischio neoplastico del nodulo e può pertanto indirizzare correttamente verso una appropriata strategia terapeutica, con particolare riferimento alla eventuale necessità dell’intervento chirurgico.
Summary
Thyroid nodules are one of the most common endocrine disorders.
In the pediatric age they have a prevalence lower than that in adulthood, but the degree of malignancy is higher. The role of a correct diagnosis derives
mainly from the need to attain data designed to carefully select the nodules at risk for thyroid cancer.
A careful clinical-anamnestic evaluation is necessary to assess the presence of risk factors for cancer. Furthermore, the increasing employment of diagnostic imaging allowed not only the identification of clinically undetectable nodules, but above all the development of criteria that, considered as a whole,
allow to know the degree of risk for cancer of the nodule.
In particular, the thyroid sonographic evaluation, performed by experts in pediatric age, can discover numerous variables of nodules (size, margins, echogenicity, calcifications, elastography, vascularization) and cervical lymph nodes linked to them, which must guide the consequent diagnostic behavior,
represented mainly by the execution of the fine-needle aspiration biopsy of the nodule under ultrasound guidance, together with a targeted evaluation of
thyroid function and a possible glandular scintiscan.
The set of data thus obtained allows a “stratification” of the risk for cancer of the nodule and can therefore properly direct towards an appropriate therapeutic strategy, with particular reference to the possible need of surgery.
Parole chiave: noduli tiroidei, classificazione, ecografia tiroidea, carcinoma tiroideo, terapia medica e chirurgica.
Key words: thyroid nodules, classification, thyroid ultrasonography, thyroid carcinoma, medical and surgical treatment
Introduzione
Epidemiologia
L’importanza di un corretto inquadramento diagnostico dei noduli
tiroidei deriva principalmente dalla necessità di individuare le condizioni a rischio di carcinoma tiroideo, al fine di poter riconoscere
precocemente i soggetti da sottoporre ad un appropriato percorso
diagnostico-terapeutico.
I noduli tiroidei rappresentano una delle più comuni patologie endocrine. La loro prevalenza nella popolazione adulta oscilla dal 2
al 6% con il metodo palpatorio, dal 19% al 35% con l’ecografia e
dall’8 al 65% nei reperti autoptici (Dean e Gharib, 2008), prevalendo nettamente nelle aree iodo-carenti (Welker e Orlov, 2003). In età
pediatrica e dell’adolescenza i dati disponibili sono piuttosto scarsi,
variando la loro prevalenza dall’1% al 5% dei soggetti (Niedziela,
2006), di cui l’1% con un diametro ecograficamente rilevabile superiore a 5 mm (Hayashida et al, 2013) e con una prevalenza nel
sesso femminile che risulta comunque meno marcata di quella in
età adulta (Halac e Zimmerman, 2005).
In ogni caso, i tumori della tiroide rappresentano la neoplasia en-
Definizione
Si definisce nodulo tiroideo una formazione di aspetto e dimensioni variabili situata nel contesto della ghiandola tiroidea con peculiarità strutturali
diverse nei confronti del restante parenchima, oppure con caratteristiche
simili, ma parzialmente o totalmente distinte dal tessuto circostante.
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G. Cesaretti
docrina più frequente in età pediatrica (Halac e Zimmerman, 2005)
e il loro grado di malignità è decisamente maggiore (10-40% dei
casi) rispetto ai soggetti adulti (Corrias et al, 2010; Dinauer, 2008;
Gupta et al, 2013).Da rilevare che la percentuale di malignità, indipendentemente da tutte le altre condizioni, è più elevata nel sesso
maschile, aumenta nei noduli isolati (20-40%) e si riduce (1%) nel
gozzo multinodulare.
Tabella I.
Criteri di classificazione dei noduli tiroidei.
1. “Status” tiroideo:
In soggetti senza tireopatia
In soggetti con tireopatia di varia natura
2. Sede:
Intratiroidea: nel contesto del parenchima ghiandolare
Classificazione
Peritiroidea: in contiguità alla ghiandola
I noduli possono essere distinti in base a numerosi criteri (Tab. I).
Extratiroidea: nella regione cervicale, non in diretto contatto con il
tessuto tiroideo
Rilievi clinici
3. Origine:
Fattori di rischio
Da tessuto tiroideo
Di natura embriologicamente non tiroidea
A livello familiare, devono essere attentamente valutati i soggetti
con familiarità per neoplasie tiroidee o per tireopatie in genere. Da
notare che le forme ereditarie di carcinoma midollare della tiroide
[il 25-40% dei casi sono familiari o facenti parte delle malattie endocrine multiple (MEN) di tipo 2], caratterizzate dalla mutazione del
proto-oncogene RET/PTC, sono trasmesse come carattere autosomico dominante e che esistono anche altri rari istotipi (3%) a carattere ereditario, come il carcinoma familiare papillare tiroideo (Halac
e Zimmermann, 2005).
Da rilevare anche la presenza di altre numerose condizioni geneticamente determinate, anche se rare, che si associano ad una
maggiore frequenza di noduli e di tumori tiroidei, come la sindrome
amartoma-tumore PTEN, la poliposi familiare intestinale, la sindrome di Peutz-Jeghers, il complesso Carney e la sindrome di McCuneAlbright (Corrias e Mussa, 2013).
Le indagini molecolari hanno recentemente consentito di individuare
altre alterazioni geniche implicate nell’insorgenza dei tumori tiroidei,
come mutazioni dei geni BRAF/AKAP-9, RAS, PAX-8, CTNNB-1, p53
(Yamashita e Saenko, 2007; Ferraz et al, 2011).
A livello personale, deve essere indagata la residenza, attuale o
precedente, in zone a carenza iodica, la pregressa effettuazione di radioterapia o di chemioterapia (Brignardello et al, 2008),
la esposizione a radiazioni ionizzanti, soprattutto nella regione
tiroidea (per patologie benigne del collo, della testa o del torace) o l’impiego di mezzi diagnostici interferenti sulla funzione
tiroidea.
4. Numero:
Esame clinico locale
9. Rapporto con i tessuti circostanti
Costituisce la base essenziale per un corretto inquadramento diagnostico (Tab. II).
Da rilevare che il riscontro di tumefazioni linfonodali costituisce
spesso il primo segno di carcinoma tiroideo nell’infanzia (Corrias et
al, 2001; Dinauer et al, 2008).
L’esame clinico locale dovrà essere integrato dalla ricerca di:
• segni locali di compressione del nervo ricorrente, quali disfonia,
dispnea, disfagia, tosse e stridore;
• segni generali di alterata funzione tiroidea (ipotiroidismo e, soprattutto, ipertiroidismo);
• note dismorfiche evocative di quadri clinici specifici, predisponenti all’insorgenza di noduli tiroidei (ad esempio: sindromi di
McCune-Albright, di Gartner e di Peutz-Jeghers, complesso
Carney, malattie poliendocrine).
Aderente alla cute sovrastante o ai tessuti molli sottostanti o alle
strutture muscolari limitrofe
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Solitario
Multipli
[Da rilevare che, nell’ambito di una plurinodularità, si definisce
dominante il nodulo che ha caratteristiche particolari che lo
differenziano dagli altri, sia cliniche (maggiori dimensioni e/o
consistenza, rapido accrescimento), sia ecografiche (dimensioni,
ecogenicità, ecostruttura)]
5. Dimensioni o volume
Modificanti significativamente le dimensioni tiroidee (nodulo gozzigeno,
ossia gozzo nodulare)
Non modificanti significativamente le dimensioni tiroidee (noduli non
gozzigeni)
6. Forma:
Regolare: rotondeggianti o ovoidali
Irregolari
7. Consistenza (alla palpazione)
Dura
Elastica
Molle
8. Contenuto (all’indagine ecografica)
Anecogeno (liquido)
Ipoecogeno o normoecogeno o iperecogeno (solido)
Misto
Non aderente
10. Funzione:
Eumetabolici (normofunzionanti)
Tossici (iperfunzionanti)
11. Rilievo scintigrafico
Freddi (“cold”)
Tiepidi (“warm”)
Caldi (“hot”)
12. Caratteristiche biologiche
Citologiche: benigno, maligno, dubbio o non diagnostico
Istologiche: iperplastico, neoplastico, colloide, cistico o tiroiditico
I noduli tiroidei in età pediatrica
Tabella II.
Esame clinico locale.
Ispezione
Caratteristiche della tumefazione cervicale
• Caratteristiche della cute sovrastante (arrossamento, retrazione
cicatriziale)
• Dimensioni, simmetria, eventuale deviazione della trachea
• Mobilità con la deglutizione [La appartenenza di una formazione
nodulare alla tiroide è determinata dalla consensualità del suo
spostamento con l’atto della deglutizione, a meno che non si siano
già instaurate aderenze alle regioni circostanti (carcinoma o tiroidite
cronica invasiva)]
• Presenza del circolo iperdinamico (“danza” delle carotidi)
• Turgore delle vene del collo.
• Caratteristiche dei linfonodi cervicale
• Sede, dimensioni
• Caratteristica della cute sovrastante (arrossamento, retrazione
cicatriziale)
Palpazione
Caratteristiche dei noduli
• Numero
• Eventuale dolorabilità
• Dimensioni (espresse attraverso una comparazione o con una
valutazione centimetrica approssimativa)
• Consistenza, ossia le caratteristiche della superficie (liscia e regolare,
irregolare o bozzoluta)
• Eventuali aderenze con i tessuti limitrofi sovrastanti o sottostanti
Caratteristiche dei linfonodi
• Sede
• Numero
• Dimensioni, consistenza
• Aderenze ai tessuti circostanti
• Mobilità
Auscultazione
• Eventuale soffio sistolico (indice di eventuale nodulo iperfunzionante
o di una tireotossicosi)
Rilievi di laboratorio e strumentali
Esami di funzione tiroidea
In oltre il 90% dei casi la presenza di un nodulo si accompagna ad
una normale funzione tiroidea; talora, comunque si possono evidenziare un ipotiroidismo (TSH aumentato con FT4 normale o ridotta), o
soprattutto un ipertiroidismo da autonomia funzionale di un nodulo:
TSH ridotto o soppresso in presenza di FT4 e FT3 aumentate (ipertiroidismo franco, da adenoma “tossico”), oppure con FT4 e di FT3 non
aumentate (ipertiroidismo subclinico, da adenoma “pretossico”).
Da rilevare che recentemente, analogamente a quanto riportato in
soggetti adulti (Fiore e Vitti, 2012), anche in età pediatrica è stato
descritto il rilievo che valori di TSH compresi nella parte superiore
del range di normalità potrebbero costituire un fattore di rischio per
lo svilupparsi di un carcinoma tiroideo (Mussa et al, 2013).
Può essere utile, in taluni casi, il dosaggio sierico di anticorpi antitireoperossidasi e anti-tireoglobulina ed eventualmente anti-tireorecettore, che indicano la presenza concomitante di una tiroidite
autoimmune o di una tireotossicosi.
La valutazione della calcitonina fornisce un indice diagnostico
importante nel sospetto di un nodulo da carcinoma midollare. La
maggior parte degli esperti (Pacini et al, 2006) raccomanda il suo
dosaggio come screening, mentre secondo altri (Cooper et al, 2009;
Costante e Filetti, 2011), eseguita di routine, potrebbe rappresentare
un aggravio eccessivo di costi, anche per il frequente verificarsi di
risposte di dubbia interpretazione [mancata standardizzazione dei
valori normali in età pediatrica; fattori interferenti endogeni (malattie
neuroendocrine, nefropatie, autoimmunità tiroidea, anticorpi eterofili
anti-calcitonina) o esogeni (fumo, infezioni, alcool)]. Sicuramente si
tratta di una indagine da eseguire sempre nei casi di familiarità per
carcinoma midollare, per MEN 2 e nel riscontro citologico (vedi infra)
di neoplasie midollari. Nei casi dubbi l’accertamento deve essere
ripetuto dopo stimolo con pentagastrina (Elisei, 2008).
Ecografia tiroidea
Ricopre un ruolo fondamentale e ha sostanzialmente modificato l’iter diagnostico dei noduli tiroidei, consentendo, se eseguita da chi
possiede una esperienza specifica di ecografia pediatrica, di individuare noduli che hanno dimensioni di pochi millimetri (1 mm se di
natura cistica, fino a 3 mm se di natura solida) e di precisarne con
esattezza le caratteristiche idonee a stratificare il rischio neoplastico
(Maia e Zantut-Wittmann, 2012; Goldfarb et al., 2012).
Nello specifico, l’ecografia deve consentire di esaminare numerose
variabili sia a livello tiroideo, sia linfonodale (Tab. III).
Da rilevare che talora possono essere scambiati per noduli degli accumuli di sostanza colloide (lumps) che appaiono come formazioni
anecogene, con diametro inferiore a 10 mm, non circondante da
una capsula ben definita e che hanno probabilmente caratteristiche
dinamiche.
Un aspetto peculiare in età evolutiva è rappresentato dal rilievo in
sede intratiroidea di residui “ectopici” timici, che pongono talora
problemi di diagnosi differenziale nei confronti dei noduli tiroidei
“classici”. In uno studio giapponese (Hayashida et al, 2013) la loro
prevalenza è stata quantificata nell’ordine di circa il 2% nei soggetti
con età compresa tra 3 e 18 anni, con una maggiore frequenza nei
primi anni di età. Dal punto di vista ecografico, il residuo timico si
presenta con un aspetto caratterizzato da una lesione ipoecogena
con multiple strutture interne iperecogene generalmente lineari o
ramificate o, più raramente, punteggiate (King et al, 2012).
L’insieme dei dati ecografici, valutati nel loro complesso, consente
di costruire una stratificazione del rischio neoplastico che deve costituire uno degli elementi fondamentali per stabilire un appropriato
percorso diagnostico-terapeutico, in particolare per l’esecuzione
dell’agoaspirato e il conseguente atteggiamento terapeutico (Horvath et al, 2009).
Agobiopsia con ago sottile
Nella esecuzione eco-guidata, fornisce una accuratezza diagnostica
dell’80-90% ed è un esame accettato anche in età pediatrica, essenziale nell’iter diagnostico di un nodulo tiroideo, essendo considerato il gold-standard diagnostico (Corrias et al., 2001; Kapila et al.,
2010; Stevens et al., 2009). Può essere eseguito anche a livello del
tessuto linfonodale laterocervicale e consente di effettuare, oltre alla
valutazione citologica classica, anche altre indagini sul materiale
prelevato o sul liquido di lavaggio.
È possibile effettuare tale accertamento normalmente su noduli di
dimensioni superiori a 1 cm, ma può essere eseguito da persone
esperte anche per dimensioni di almeno 5 mm.
Le indicazioni all’impiego dell’agobiopsia tiroidea (Gharib et al.,
2010) sono riportate nella tabella IV.
La tecnica di esecuzione può essere quella “a mano libera”, aspirando quando, sotto controllo ecografico, si rileva che l’ago (eco-riflettente) è giunto nella posizione; il prelievo può essere effettuato su
più punti dello stesso nodulo o anche, naturalmente, su più noduli.
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G. Cesaretti
Tabella IIIa.
Caratteristiche ecografiche da valutare.
Noduli
Numero [identificazione anche di quelli non palpabili (generalmente con un diametro maggiore inferiore a 1 cm) e definizione dell’eventuale nodulo
“dominante”, ossia quello con caratteristiche più sospette]
Dimensioni {calcolo del volume della formazione attraverso la formula dell’ellissoide di rotazione [lunghezza x spessore x larghezza x 6 (0,52)]; valutazione con esattezza nel follow-up delle eventuali variazioni di volume, considerando significative quelle maggiori del 30%}
Forma
Regolare o irregolare
Rotondeggiante o allungata
[la prevalenza del diametro ventro-dorsale rispetto al trasversale (“more tall than wide”) è considerata un indice di malignità]
Sede esatta
(è possibile convenzionalmente dividere il lobo tiroideo in tre parti per ciascuna delle tre dimensioni, che sono, nell’ordine, la trasversale, la ventro-dorsale
e la cranio-caudale, derivandone la individuazione di 27 settori in cui collocare il nodulo. Naturalmente, a seconda delle dimensioni, il nodulo potrà occupare prevalentemente uno o anche più settori)
Contenuto
interamente solido, ossia parenchimatoso e quindi ecogeno
interamente liquido:
•
cistico, anecogeno a contenuto sieroso
•
colloide (con finissimi echi non strutturati)
•
necrotico-emorragico (con pareti irregolari, setti e corpuscoli ecoriflettenti)
•
misto (solido e liquido)
Ecogenicità: rispetto al parenchima circostante, il nodulo può apparire, in parte o totalmente:
ipo-riflettente ossia ipoecogeno (motivo di sospetta lesione neoplastica)
normo-riflettente, ossia normo-ecogeno
iper-riflettente, ossia iperecogeno (indicativo di benignità nel 99% dei casi)
Ecostruttura, con aspetto:
omogeneo
finemente o grossolanamente disomogeneo
concamerato o cribroso, con eventuale vegetazione interna, caratterizzata da un gettone di tessuto solido in continuità con la parete
Margini:
regolari, lisci e ben presenti (“capsula” o “orletto periferico” o “vallo di benignità” o “halo-sign”)
assenti, in parte o totalmente senza soluzione di continuo col tessuto circostante, irregolari o frastagliati, con infiltrazione del parenchima tiroideo limitrofo
Eventuali calcificazioni:
grossolane, con distribuzione a guscio d’uovo (generalmente con carattere di benignità)
a spruzzo (finemente punteggiate), rilevate soprattutto come microcalcificazioni, identificabili come spot iperecogeni, del diametro inferiore a 2 mm
(orientano verso una patologia maligna, essendo tipiche del carcinoma papillare)
Vascolarizzazione, valutabile con le tecniche del color-doppler o del power-doppler, e con l’ausilio di mezzi di contrasto ecografici:
Di tipo periferico (sostanzialmente “benigno”)
Presente anche all’interno del nodulo (potenzialmente “maligno”).
Elastografia, basata sul principio che il nodulo neoplastico presenta una maggiore durezza rispetto al restante parenchima (Rago e Vitti, 2008):
5 livelli di “elasticità”.
Si possono impiegare tecniche di marcatura della cute sovrastante
al fine di ottimizzare il punto di inserimento dell’ago.
Un’altra tecnica di effettuazione utilizza delle sonde “dedicate” con
la guida dell’ago incorporata, utilizzando uno strumento di puntamento che migliora la qualità dell’accertamento, anche se lo può
rendere più indaginoso. Si fissa una guida alla sonda ecografica, cui
corrisponde una immagine di puntamento sullo schermo, per cui
inserendo l’ago-cannula nella apposita guida, si segue un percorso
ben definito eco-visibile.
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Ricerca su agoaspirato tiroideo
L’esame citologico convenzionale riveste un’importanza fondamentale, consentendo di definire le caratteristiche delle cellule esaminate e di fornire quindi indicazioni sufficientemente precise sulle caratteristiche biologiche del nodulo. Deve essere eseguito da persone
esperte che hanno una specifica esperienza nel settore.
Si ritiene che, per definire adeguato un prelievo citologico di un nodulo
tiroideo, sia necessario identificare almeno due vetrini con almeno sei cluster cellulari formato ciascuno da 10-20 cellule follicolari ben conservate.
I noduli tiroidei in età pediatrica
Tabella IIIb.
Caratteristiche ecografiche da valutare.
Tabella IV.
Indicazioni all’impiego dell’agobiopsia tiroidea con ago sottile.
Linfonodi latero-cervicali
Nodulo unico con diametro superiore a 1 cm
Elementi ecografici suggestivi di lesione sospetta (Niedziela, 2006;
Dinauer et al., 2008; Cooper et al., 2009):
Nodulo dominante in un gozzo multinodulare
•
margini non ben definiti
•
scomparsa o asimmetria dell’ilo
•
rapporto tra asse maggiore e asse minore ridotto (segno di
malignità: < 1,5) con profilo rotondeggiante
•
corticale ispessita o eccentrica
•
presenza di calcificazioni punteggiate all’interno
•
ecostruttura disomogenea con aree simil-parenchimali
•
vascolarizzazione all’interno aumentata e non uniforme
Il reperto citologico viene oggi valutato secondo il sistema di Bethesda (Bongiovanni et al., 2012) che prevede 6 classi citologiche
(I: non diagnostico, II: benigno, III: lesione follicolare indeterminata,
IV: lesione follicolare sospetta, V: malignità sospetta, VI: malignità) e
prospettata l’eventuale ripetizione se il reperto non risultasse diagnostico (materiale insufficiente o reperto dubbio).
La maggior parte dei tumori tiroidei è ben differenziata, prevalendo nettamente il carcinoma tiroideo di tipo papillare (83%), seguito
dalla forma follicolare (10%) e da quella midollare (5%) (Hogan et
al., 2009). Rimane comunque piuttosto difficoltosa la definizione
biologica delle neoformazioni follicolari (classi III e IV di Bethesda:
10-20% di tutti i prelievi citologici), dal momento che la lettura non
consente di discriminare adeguatamente le forme benigne (adenoma follicolare, nodulo iperplastico) dalle forme maligne (carcinoma
follicolare, variante follicolare del carcinoma papillare).
Sul materiale allestito su vetrino è possibile effettuare anche indagini specifiche:
• immunocitochimica, per il riconoscimento di marcatori tumorali, quali galectina-3 umana, Human Bone Marrow Endothelial
Cell-1 (HBME1), citocheratina 19, telomerasi, calcitonina;
• videocitometria (image analysis): studio del contenuto del DNA
cellulare per la valutazione della ploidia;
• ricerca di marcatori, mediante tecniche di biologia molecolare,
come, ad esempio, le mutazioni del proto-oncogene RET/PTC
per il carcinoma midollare, del BRAF per il carcinoma papillare,
o del p53;
Sul liquido di lavaggio dell’ago è possibile:
• dosare marcatori quali la tireoglobulina, la calcitonina ed il paratormone, che identificati su citoaspirati da linfonodi cervicali
indicano la diffusione metastatica del tumore primitivamente
tiroideo (Elisei, 2008; Massaro et al., 2009).
• ricercare mutazioni genetiche caratteristiche del tumore tiroideo.
Scintigrafia tiroidea
È di impiego assai meno frequente rispetto a qualche anno fa, a causa
del miglioramento delle tecniche ecografiche ed ha una capacità di risoluzione non superiore a 8-10 mm. Viene eseguita con tecnezio-99m
pertecnetato (99mTc) o con 131Iodio o, se disponibile con 123Iodio, che ha
una breve emivita e proprietà dosimetriche ottimali in campo pediatrico. Fornisce un’immagine di funzione della ghiandola e del nodulo
(zone di captazione assente, ridotta, normale o aumentata).
Deve essere tenuto ben presente che, anche se l’indice di malignità
è più elevato nel nodulo freddo, sia i noduli tiepidi, sia quelli caldi
Lesioni nodulari nel contesto di malattia di Basedow o di tiroidite
giovanile autoimmune
Aree sfumate di parenchima tiroideo di dubbia interpretazione
nell’ambito di tiroiditi subacute o croniche
Aree ipercaptanti individuate con la esecuzione della PET/CT eseguita
con 18-FDG
Nodulo di qualsiasi dimensione, con presenza di fattori di rischio
significativi sulla base dei rilievi:
• clinico-anamnestici
• ecografici
posseggono percentuali di malignità del 4-9% (Niedziela, 2006) per
cui la presenza di captazione non esclude un carcinoma.
Attualmente l’unica indicazione alla esecuzione della scintigrafia
nelle lesioni nodulari è costituita dalla condizione di iperfunzione
tiroidea, in quanto permette di definire le aree iperfunzionanti ghiandolari, distinguendole dal restante parenchima.
Trattamento
Il trattamento chirurgico di tiroidectomia è indicato per:
• il carcinoma tiroideo;
• le lesioni citologicamente follicolari, in quanto non è possibile
differenziare con la sola indagine citologica le forme maligne da
quelle benigne, ottenendosi con l’asportazione chirurgica anche
una diagnosi definitiva istologica;
• l’adenoma tossico;
• le forme di MEN2, in quanto, dal momento che la penetranza
della mutazione genetica è di fatto quasi completa, è indicata
la tiroidectomia profilattica, da eseguire a diverse età a seconda
del tipo di mutazione (Fialkowski e Moley, 2006).
Il procedimento chirurgico deve essere seguito da un adeguato follow-up, tra cui l’eventuale somministrazione di iodio radioattivo per
ablare il residuo tiroideo o comunque le cellule neoplastiche presenti
a distanza. Con il trattamento con levo-tiroxina il TSH sierico deve
essere mantenuto ai limiti inferiori della norma, utilizzando l’aumento dei livelli di tireoglobulina sierica come marker di recidiva.
I bambini con carcinoma tiroideo, adeguatamente trattati, hanno un
buon indice di sopravvivenza, maggiore di quello degli adulti, arrivando ad un valore del 91% a distanza di 30 anni (Hogan et al., 2009).
Nel caso di noduli tiroidei con lesioni citologicamente benigne, i
soggetti possono essere controllati periodicamente attraverso l’ecografia. Nel caso di un significativo aumento delle dimensioni del
nodulo, può essere indicata la ripetizione dell’agoaspirato o l’eventuale lobectomia.
La terapia con levo-tiroxina sodica, nonostante la mancanza di chiari
effetti benefici nel diminuire le dimensioni nodulari, è impiegata da
diversi centri soprattutto sulla base di esperienze individuali. Teoricamente potrebbe essere utile al fine di prevenire lo sviluppo di
nuovi noduli o la comparsa di gozzo lobare dopo emitiroidectomia. È
sicuramente controindicata in noduli tiroidei autonomi e nei soggetti
in cui il trattamento con T4 apparirebbe rischioso, come per la presenza di patologie cardiache o ossee, per cui non è sostanzialmente
raccomandata per noduli benigni (Camargo et al., 2009).
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Figura 1.
Flow-chart di comportamento diagnostico-differenziale.
Conclusioni
La diagnosi differenziale del nodulo tiroideo è fondamentalmente
quindi tra formazione benigna e carcinoma tiroideo. Si avvale di un
insieme di dati clinico-anamnestici, strumentali e di laboratorio, solo
la cui valutazione complessiva è in grado di fornire le informazioni
atte a stabilire il comportamento diagnostico più adatto e, conseguentemente, la strategia terapeutica più appropriata.
Nella figura 1 è riportata una flow-chart di comportamento diagnostico-differenziale da osservare di fronte ad un nodulo tiroideo in età
pediatrica.
Box di orientamento
Il rilievo di un nodulo tiroideo richiede un adeguato inquadramento diagnostico al fine di individuare i casi con elevato rischio di carcinoma tiroideo.
Devono essere eseguiti un’attenta valutazione anamnestica, un completo esame clinico e le appropriate indagini strumentali, che si avvalgono soprattutto della ecografia, che deve essere effettuata da operatori con particolare esperienza specifica nel settore.
Sulla base di tutti i dati precedenti è possibile “stratificare” il grado di rischio neoplastico del nodulo e stabilire un adeguato percorso diagnosticoterapeutico, con l’obiettivo di ottenere un corretto inquadramento diagnostico ed una appropriata terapia.
La corretta diagnosi consente una ottima sopravvivenza nel caso di neoplasie tiroidee maligne e contemporaneamente evita accertamenti e/o terapie
non necessarie.
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I noduli tiroidei in età pediatrica
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Corrispondenza
Graziano Cesaretti, U.O. Pediatria Universitaria, Dipartimento Materno-Infantile, Azienda Ospedaliera Universitaria, via Roma 35, 56126 Pisa.
Tel.: +39 050 992101. Fax: +39 050 993044. E-mail: [email protected]
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