Quando i migranti eravamo noi Gli italiani di successo in Svezia

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Quando i migranti eravamo noi Gli italiani di successo in Svezia
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GIOVEDÌ
26 LUGLIO 2012
I FRATELLI CARINCI
DI LUCA
Dalla Ciociaria l’exploit del made in Italy:
vincente il business degli articoli da ufficio
Venivano dalla Ciociaria, i fratelli Carinci
e, una volta giunti in Svezia, dove si
prospettava un futuro migliore per chi
era sfuggito all’orrore della guerra, si
dettero subito da fare. Fin dall’età di
dieci anni, Carlo Carinci e i suoi fratelli
impararono l’arte del venditore,
vendendo statuine di gesso e palloncini
nelle fiere paesane. Una volta cresciuti e
inseritisi nel settore degli articoli per
ufficio, essi ebbero la
geniale idea di aprire il
primo supermercato di
quella categoria
(Kontorab),
includendovi tutto ciò
che può servire a chi
lavora a una scrivania. Il
LA PARTENZA DA FANO IN LAMBRETTA:
ADESSO È LUI IL RE DEGLI ALIMENTARI
Era il 1961 e la Svezia era lontana, soprattutto per chi
voleva recarvisi in Lambretta, partendo da Fano. Ma
Fernando Di Luca, una volta giunto nel Paese
scandinavo, pensò di aver fatto la scelta giusta.
Cominciò subito a lavorare nel settore alberghiero e
ben presto trovò la sua «nicchia» nel settore
alimentare. Puntando decisamente sui benefici della
dieta mediterranea, egli è riuscito ad imporsi
all’apprezzamento e alla simpatia degli svedesi e
adesso – allargando la gamma di prodotti della sua
floridissima società "Zeta", che va dall’olio di oliva alla
pasta, dall’aceto balsamico alle verdure conservate,
passando per tutto il repertorio dei prodotti italiani di
qualità, ivi incluso il vino – egli è diventato un vero «re
degli alimentari». Tanto che spesso viene citato dai
mass media svedesi come il rappresentante del
mangiare sano, anche in virtù dei programmi
televisivi di cui è stato protagonista lodando i pregi
della cucina italiana. (F.S.Al.)
successo fu immediato ed oggi i fratelli
Carinci contano ben ventuno grandi
supermercati di articoli per ufficio sparsi
in tutta la Svezia. Carlo Carinci dice:
«Abbiamo sempre fatto affidamento solo
sulle nostre forze, espandendoci con
cautela. Vendiamo di tutto, anche via
Internet: cancelleria, macchine, arredi,
articoli pubblicitari, computer. Le nostre
eleganti borse 24 ore e le cravatte
vengono dall’Italia
così come gran
parte del nostro
assortimento.
Perché siamo o non
siamo maestri del
design?». (F.S.Al.)
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IERI
E OGGI
Carlo Carinci
la «scalata»
Salvatore Grimaldi,
partito dalla natìa Taranto,
approdò in Scandinavia:
iniziò come operaio,
diventò imprenditore, ora
è titolare delle bici Bianchi
DA STOCCOLMA
FRANCESCO SAVERIO ALONZO
rano gli anni in cui eravamo noi “i migranti”, quelli cioè che, dopo aver vissuto i disastri della seconda
guerra mondiale, cercavano il lavoro e il pane altrove, spesso in
Paesi lontani e sconosciuti, avvolti di mistero.
E così deve essere apparsa la Svezia a Salvatore Grimaldi che, nel
1947 (aveva 7 anni), giunse dall’assolata Taranto, al seguito dei
genitori, in una nazione che offriva occupazione e sicurezza ai
nostri connazionali, soprattutto
nel settore metalmeccanico.
Il piccolo Salvatore, pur vivendo
in una “Little Italy” nella città di
Västeraas, imparò rapidamente
lo svedese e si fece onore a scuola. L’unica preoccupazione per
la mamma era la sua mania di
smontare gli orologi per vedere
come funzionassero. Ma la sua
predilezione per la meccanica si
manifestava anche, abbinata ad
un precoce senso degli affari, in
E
Fernando Di Luca
Dal Nord
le vicende di diversi
connazionali
che hanno unito
fantasia, creatività
e impegno
arrivando
ad essere leader
Quando i migranti eravamo noi
Gli italiani di successo in Svezia
modo pratico e redditizio. Sin da
bambino riusciva infatti a riparare le biciclette dei coetanei di
tutto il vicinato... e a farsi pagare! Diplomatosi tecnico industriale, Salvatore fu assunto alla
Volvo come rettificatore e si rivelò subito il più abile di tutti.
Ben presto acquistò macchine e
locali mettendosi in proprio. E
per procurarsi lavoro,
annunciò a tutte le industrie del settore: «Facciamo tutto ciò che per
gli altri è impossibile!».
Era il primo passo, audace, verso una formula
adottata da altri nostri
connazionali e basata su
due elementi fondamentali: abilità professionale e duro lavoro.
«Ricordo – dice Grimaldi –, che quando assunsi il mio primo operaio,
mi misi a lavorare il doppio e anche il triplo per la paura di non
riuscire a pagare il suo salario».
In breve la mole di ordinazioni fu
tale che Grimaldi dovette am-
pliare la propria attività, acquistando officine ed assumendo
personale a ritmo serrato. E un
giorno giunse il colpo di fortuna:
a Salvatore fu offerto di acquistare per una cifra irrisoria una
ditta decotta , la Alpha Toolex,
che costruiva macchine per la
produzione di compact disk.«Nel giro di pochi mesi rad-
marchi, fra i quali la Peugeot».
Provenendo dal settore automobilistico, Grimaldi adottò anche per le biciclette gli stessi
principi razionali di approvvigionamento. «Ma mi mancava il
vero fiore all’occhiello, il gioiello che avevo sospirato sin da
bambino e cioè la Bianchi» dice
Grimaldi. Rammenta come fos-
«Quando assunsi il primo
dipendente lavorai il triplo
per esser sicuro di pagargli
lo stipendio». La trattativa
con Giovannino Agnelli per
il marchio di Fausto Coppi
drizzai l’economia
e migliorai i macchinari per cd facendone le migliori del mondo. Poco dopo
vendetti per una cifra enorme la
ditta ed investii nel settore delle
biciclette, acquistando alcuni
Salvatore Grimaldi
se riuscito a convincere il compianto Giovannino Agnelli, presidente della Piaggio, a vendergli la prestigiosa fabbrica italiana. «Ricordo – soggiunge maliziosamente Grimaldi – che mi
telefonò dall’Italia un giornalista, preoccupato della fuga all’estero delle industrie italiane. Si e-
sprimeva in un inglese zoppicante, gli proposi di parlare in italiano. “Ma lei è italiano?” mi
domandò. “Di Taranto”. “Evviva
– urlò –, allora la Bianchi è salva!».
Oggi l’impero industriale di Salvatore Grimaldi si estende al di
là del settore delle biciclette – ne
produce un milione e mezzo di
esemplari l’anno in dodici fabbriche nel mondo – includendo
uno stabilimento in cui si creano sistemi ottico-elettronici per
il controllo dei prezzi nei supermercati, officine metalmeccaniche, fabbriche di filtri industriali e molto altro. Ha ricevuto i più
alti riconoscimenti svedesi ed italiani e il suo impero, che ha un
giro d’affari di mezzo miliardo di
euro, dà lavoro a 2.000 persone.
L’ultima trovata? Il Club “Prêt-àPorteur”, i cui componenti, acquistando una bici, ne regalano
una ad un adolescente africano.
Anche nella beneficenza, Salvatore Grimaldi è riuscito ad essere un grande.
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OLIVA
CON LA CHITARRA E UNA BELLA VOCE
FINO ALLA VETTA DELLA HIT PARADE
Ci vuole un bel coraggio ed un innato spirito
d’avventura per lasciare l’incantevole Amalfi per la
gelida Svezia, ma il 24enne Eddie Oliva era deciso a
scaldare i cuori degli svedesi e, nel 1973, giungeva a
Stoccolma, armato dell’inseparabile
chitarra e della sua bella voce. Ebbe
subito successo sulla scia dei motivi
italiani che allora erano in gran
voga e nel 1980 rimase a lungo in
testa alla "Hit Parade" nazionale
con sue canzoni proprie. Si è esibito
nei più prestigiosi locali,
dimostrando anche doti di comico
e di vero intrattenitore. Nel 1992
Eddie Oliva
cantò in onore di Luciano Pavarotti
ed il re di Svezia lo vuole sempre
alle sue feste per ascoltare le sue belle canzoni. Ma
Eddie Oliva, nonostante il successo è rimasto un
uomo semplice e modesto. Ogni domenica canta nel
coro della cattedrale cattolica di Stoccolma e allieta
spesso gli ospiti delle case di riposo che lo hanno
ribattezzato «L’angelo dei vecchietti». (F.S.Al.)
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