Quando i migranti eravamo noi Gli italiani di successo in Svezia
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Quando i migranti eravamo noi Gli italiani di successo in Svezia
16 GIOVEDÌ 26 LUGLIO 2012 I FRATELLI CARINCI DI LUCA Dalla Ciociaria l’exploit del made in Italy: vincente il business degli articoli da ufficio Venivano dalla Ciociaria, i fratelli Carinci e, una volta giunti in Svezia, dove si prospettava un futuro migliore per chi era sfuggito all’orrore della guerra, si dettero subito da fare. Fin dall’età di dieci anni, Carlo Carinci e i suoi fratelli impararono l’arte del venditore, vendendo statuine di gesso e palloncini nelle fiere paesane. Una volta cresciuti e inseritisi nel settore degli articoli per ufficio, essi ebbero la geniale idea di aprire il primo supermercato di quella categoria (Kontorab), includendovi tutto ciò che può servire a chi lavora a una scrivania. Il LA PARTENZA DA FANO IN LAMBRETTA: ADESSO È LUI IL RE DEGLI ALIMENTARI Era il 1961 e la Svezia era lontana, soprattutto per chi voleva recarvisi in Lambretta, partendo da Fano. Ma Fernando Di Luca, una volta giunto nel Paese scandinavo, pensò di aver fatto la scelta giusta. Cominciò subito a lavorare nel settore alberghiero e ben presto trovò la sua «nicchia» nel settore alimentare. Puntando decisamente sui benefici della dieta mediterranea, egli è riuscito ad imporsi all’apprezzamento e alla simpatia degli svedesi e adesso – allargando la gamma di prodotti della sua floridissima società "Zeta", che va dall’olio di oliva alla pasta, dall’aceto balsamico alle verdure conservate, passando per tutto il repertorio dei prodotti italiani di qualità, ivi incluso il vino – egli è diventato un vero «re degli alimentari». Tanto che spesso viene citato dai mass media svedesi come il rappresentante del mangiare sano, anche in virtù dei programmi televisivi di cui è stato protagonista lodando i pregi della cucina italiana. (F.S.Al.) successo fu immediato ed oggi i fratelli Carinci contano ben ventuno grandi supermercati di articoli per ufficio sparsi in tutta la Svezia. Carlo Carinci dice: «Abbiamo sempre fatto affidamento solo sulle nostre forze, espandendoci con cautela. Vendiamo di tutto, anche via Internet: cancelleria, macchine, arredi, articoli pubblicitari, computer. Le nostre eleganti borse 24 ore e le cravatte vengono dall’Italia così come gran parte del nostro assortimento. Perché siamo o non siamo maestri del design?». (F.S.Al.) © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA IERI E OGGI Carlo Carinci la «scalata» Salvatore Grimaldi, partito dalla natìa Taranto, approdò in Scandinavia: iniziò come operaio, diventò imprenditore, ora è titolare delle bici Bianchi DA STOCCOLMA FRANCESCO SAVERIO ALONZO rano gli anni in cui eravamo noi “i migranti”, quelli cioè che, dopo aver vissuto i disastri della seconda guerra mondiale, cercavano il lavoro e il pane altrove, spesso in Paesi lontani e sconosciuti, avvolti di mistero. E così deve essere apparsa la Svezia a Salvatore Grimaldi che, nel 1947 (aveva 7 anni), giunse dall’assolata Taranto, al seguito dei genitori, in una nazione che offriva occupazione e sicurezza ai nostri connazionali, soprattutto nel settore metalmeccanico. Il piccolo Salvatore, pur vivendo in una “Little Italy” nella città di Västeraas, imparò rapidamente lo svedese e si fece onore a scuola. L’unica preoccupazione per la mamma era la sua mania di smontare gli orologi per vedere come funzionassero. Ma la sua predilezione per la meccanica si manifestava anche, abbinata ad un precoce senso degli affari, in E Fernando Di Luca Dal Nord le vicende di diversi connazionali che hanno unito fantasia, creatività e impegno arrivando ad essere leader Quando i migranti eravamo noi Gli italiani di successo in Svezia modo pratico e redditizio. Sin da bambino riusciva infatti a riparare le biciclette dei coetanei di tutto il vicinato... e a farsi pagare! Diplomatosi tecnico industriale, Salvatore fu assunto alla Volvo come rettificatore e si rivelò subito il più abile di tutti. Ben presto acquistò macchine e locali mettendosi in proprio. E per procurarsi lavoro, annunciò a tutte le industrie del settore: «Facciamo tutto ciò che per gli altri è impossibile!». Era il primo passo, audace, verso una formula adottata da altri nostri connazionali e basata su due elementi fondamentali: abilità professionale e duro lavoro. «Ricordo – dice Grimaldi –, che quando assunsi il mio primo operaio, mi misi a lavorare il doppio e anche il triplo per la paura di non riuscire a pagare il suo salario». In breve la mole di ordinazioni fu tale che Grimaldi dovette am- pliare la propria attività, acquistando officine ed assumendo personale a ritmo serrato. E un giorno giunse il colpo di fortuna: a Salvatore fu offerto di acquistare per una cifra irrisoria una ditta decotta , la Alpha Toolex, che costruiva macchine per la produzione di compact disk.«Nel giro di pochi mesi rad- marchi, fra i quali la Peugeot». Provenendo dal settore automobilistico, Grimaldi adottò anche per le biciclette gli stessi principi razionali di approvvigionamento. «Ma mi mancava il vero fiore all’occhiello, il gioiello che avevo sospirato sin da bambino e cioè la Bianchi» dice Grimaldi. Rammenta come fos- «Quando assunsi il primo dipendente lavorai il triplo per esser sicuro di pagargli lo stipendio». La trattativa con Giovannino Agnelli per il marchio di Fausto Coppi drizzai l’economia e migliorai i macchinari per cd facendone le migliori del mondo. Poco dopo vendetti per una cifra enorme la ditta ed investii nel settore delle biciclette, acquistando alcuni Salvatore Grimaldi se riuscito a convincere il compianto Giovannino Agnelli, presidente della Piaggio, a vendergli la prestigiosa fabbrica italiana. «Ricordo – soggiunge maliziosamente Grimaldi – che mi telefonò dall’Italia un giornalista, preoccupato della fuga all’estero delle industrie italiane. Si e- sprimeva in un inglese zoppicante, gli proposi di parlare in italiano. “Ma lei è italiano?” mi domandò. “Di Taranto”. “Evviva – urlò –, allora la Bianchi è salva!». Oggi l’impero industriale di Salvatore Grimaldi si estende al di là del settore delle biciclette – ne produce un milione e mezzo di esemplari l’anno in dodici fabbriche nel mondo – includendo uno stabilimento in cui si creano sistemi ottico-elettronici per il controllo dei prezzi nei supermercati, officine metalmeccaniche, fabbriche di filtri industriali e molto altro. Ha ricevuto i più alti riconoscimenti svedesi ed italiani e il suo impero, che ha un giro d’affari di mezzo miliardo di euro, dà lavoro a 2.000 persone. L’ultima trovata? Il Club “Prêt-àPorteur”, i cui componenti, acquistando una bici, ne regalano una ad un adolescente africano. Anche nella beneficenza, Salvatore Grimaldi è riuscito ad essere un grande. © RIPRODUZIONE RISERVATA OLIVA CON LA CHITARRA E UNA BELLA VOCE FINO ALLA VETTA DELLA HIT PARADE Ci vuole un bel coraggio ed un innato spirito d’avventura per lasciare l’incantevole Amalfi per la gelida Svezia, ma il 24enne Eddie Oliva era deciso a scaldare i cuori degli svedesi e, nel 1973, giungeva a Stoccolma, armato dell’inseparabile chitarra e della sua bella voce. Ebbe subito successo sulla scia dei motivi italiani che allora erano in gran voga e nel 1980 rimase a lungo in testa alla "Hit Parade" nazionale con sue canzoni proprie. Si è esibito nei più prestigiosi locali, dimostrando anche doti di comico e di vero intrattenitore. Nel 1992 Eddie Oliva cantò in onore di Luciano Pavarotti ed il re di Svezia lo vuole sempre alle sue feste per ascoltare le sue belle canzoni. Ma Eddie Oliva, nonostante il successo è rimasto un uomo semplice e modesto. Ogni domenica canta nel coro della cattedrale cattolica di Stoccolma e allieta spesso gli ospiti delle case di riposo che lo hanno ribattezzato «L’angelo dei vecchietti». (F.S.Al.) © RIPRODUZIONE RISERVATA