I LINGUAGGI DELL`ARTE

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I LINGUAGGI DELL`ARTE
ARTE E LINGUAGGI
Guardare, osservare e
costruire il mondo
A cura di
Francesca Campana Maraldi
Federica Foschi
Il grande sentiero non ha porte,
migliaia di strade vi sboccano.
Quando si attraversa quella porta
senza porta si cammina liberamente
tra cielo e terra.
Mumon
“…”Cos'è l'arte" e rispondendo all'interno
del paradigma fenomenologico, possiamo dire
che è un modo di guardare le cose,
è divenire che solo una tassonomica ottusità
della cultura occidentale vuole restringere
in una "materia" scolastica.
Invece essa si espande e prende senso nel
contaminarsi con tutto il resto:
l'estetico è, dunque, partire dallo stupore
per rifondare i sentimenti e poter simboleggiare.”
M. Dallari
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INDICE
Presentazione Daniele Amati
p.5
Introduzione Monica Ricci
p.6
Ricordando un amico, Gianfranco Zavalloni
p.8
Seminario Liberiamo le mani
p.10
Progetto Arte e linguaggi
p. 21
C’era una volta l’arte dei linguaggi
p.28
La poetica delle cose
p.33
Arte per nulla. Laboratori Giochi di china
p.39
Il potere analogico della bellezza
p.43
L’arte del saper fare insieme
p.45
Per non concludere
p.53
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Presentazione
Le Comunità Educanti sono complesse e inevitabilmente
plurime, perciò hanno bisogno di una struttura connettiva che le
sappia leggere e governare: hanno bisogno di un disegno politico
lungimirante, coraggioso, autorevole. L’identità e la comunità sono
binomi inscindibili e la loro relazione è frutto di un equilibrio ed una
ricerca incessante.
La CET – Comunità Educante Territoriale, pensata per
favorire l'integrazione tra scuola e territorio e rinforzata da un Patto
tra Scuole ed Enti Locali, in occasione del ventennale della
Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, approvata il
20/11/1989 e ratificata dall’Italia con legge del 27/05/199, ancora
oggi si pone quale principale obiettivo la costruzione di un sistema
formativo integrato. Un sistema inteso come ambito nel quale, più
luoghi dell’educare, offrono alla comunità molteplici occasioni
d’informazione, di riflessione culturale, di ricerca e di
sperimentazione, funzionando da anello di collegamento tra
istituzioni scolastiche e servizi territoriali; proponendosi come un
sistema integrato di servizi, di enti e istituzioni: Enti Locali, agenzie,
scuole e reti di scuole. In questa direzione si è sviluppato il progetto
di qualificazione dei servizi per l’infanzia (l.r 26/01 e l.r.12/03) che
ha consentito di promuovere, attraverso momenti di informazione ed
incontro con le famiglie e occasioni formative rivolti agli insegnanti,
una cultura dell’infanzia attenta alle relazioni, al confronto,
attraverso personali elaborazioni, dove le risorse di ognuno possono
trovare espressione.
Daniele Amati
Sindaco del Comune di Poggio Berni
e Assessore CET- Unione dei Comuni Valle del Marecchia
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Introduzione
La CET oggi vede coinvolti, attraverso la Fondazione
FO.CU.S., oltre agli Istituti Scolastici e i servizi per la prima
infanzia, i Musei, le Biblioteche di Santarcangelo, Verucchio, Poggio
Berni, Bellaria Igea Marina, Santarcangelo dei Teatri, il Centro
Zaffiria, il Centro per le Famiglie, l’Osservatorio Naturalistico della
Valmarecchia di Torriana. Soggetti che, in un’autentica rete,
rappresentano la costellazione in cui una comunità può ritrovarsi con
l’intento di sostenere e contribuire a diffondere una cultura
dell’infanzia partendo da quelle che sono le competenze, i bisogni ed
i desideri di un bambino, di una bambina, per moltiplicare i processi
di apprendimento critico e quindi per contribuire, sul versante della
formazione della personalità, al superamento di quelle insufficienze e
contraddizioni. Cambiare il mondo in cui si vive è per prima cosa
cambiare se stessi: attraverso la ginnastica dell’immaginazione,
applicando la forza di quest’ultima all’inerzia della realtà.
Lo sviluppo della creatività consente di pensare fuori dagli
schemi noti e di raggiungere conclusioni nuove adatte a risolvere un
problema o a cogliere un’opportunità, attivando quella parte del
cervello “generatrice” di un pensiero “diverso”.
Si tratta di coltivare un’ attitudine che favorisce
l’ampliamento dei propri schemi abituali, attraverso innumerevoli
porte d’accesso.
Didattica dell’arte, educazione al vedere e al sentire,
rappresentazioni della realtà sono aspetti importanti entrati ormai da
diversi anni nel campo della riflessione sul rapporto tra visione e
facoltà immaginative, tra verità e immaginazione artistica. Vedere,
sentire, toccare, manipolare, sono le sensazioni che nel campo della
didattica delle arti si intende sviluppare e far crescere nei bambini
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per uno sguardo più attento e consapevole verso la realtà; è infatti il
tema delle ‘cose’ che delinea tutta l’esperienza della didattica delle
arti, fin dai primi anni del cammino scolastico di ogni bambino.
Questo è il nostro compito e la nostra sfida.
Monica Ricci
Presidente Fondazione Culture Santarcangelo
FO.CU.S.
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Ricordando un amico
Gianfranco Zavalloni
Riportiamo i pensieri dell’educatore Gianfranco Zavalloni,
che sin dai primi anni di attività del CET ha collaborato alla
realizzazione dei progetti 0/6.
…..La mano è lo strumento più importante dell’uomo: è l’arto che
caratterizza gli esseri umani da tutti gli altri esseri viventi del
creato. Con la mano l’umanità è riuscita a costruire (e a volte a
distruggere) intere civiltà. Con le mani la donna e l’uomo
“comunicano”, “creano”, “scoprono”, “ giocano”, “ lavorano”.
A cosa servono le mani?
La mano comunica: abbraccia, accarezza, sfiora, saluta, protegge,
porge... Sono gesti ed azioni quotidiane che esprimono
comunicazione, affetto, sentimenti d’amore. Penso a due innamorati,
a genitori e figli, ai nonni, alle amicizie profonde.
La mano crea: plasma, dipinge, scolpisce, mima, scrive, svela,
volteggia…Sono i gesti e le azioni quotidiane delle espressioni
artistiche. Penso allo scultore, al mimo, al burattinaio, al pittore, al
prestigiatore, allo scrittore, al ballerino.
La mano scopre: muove, enumera, sposta, mischia, classifica,
raggruppa, afferra, appunta... Sono i gesti e le azioni quotidiane di
alpinisti, scienziati, ricercatori, archeologi, biologi.
La mano lavora: avvita, sega, imbullona, punta, assembla, progetta,
zappa, falcia, guida, incide, estrae... Sono i gesti e le azioni
quotidiane di chi nel lavoro usa soprattutto le mani: gli artigiani
delle piccole botteghe, gli operai delle grandi officine, gli agricoltori
delle campagne, ma anche i muratori, i macchinisti, i chirurghi, i
dentisti.
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La mano gioca: lancia, stringe, prende, ruota, manipola,
preme, colpisce, taglia… Sono i gesti e le azioni quotidiane di coloro
che giocano, nuotano, costruiscono giocattoli, si avventurano nel
bosco: bambini, ragazzi e adulti.
Noi tutti sperimentiamo la maggior parte di queste (ed altre) “azioni
quotidiane”, ad eccezione di quelle connaturate con specifiche
professioni. Tutte queste “abilità manuali”, comunque, non si
improvvisano. Sono il frutto di un lungo esercizio, di un lungo
apprendistato che si perfeziona nel corso degli anni . La data di
inizio è il primo giorno di vita. Non ha praticamente termine, se non
nel giorno della nostra morte.
Le opportunità manuali dell’esperienza ludica
I bambini e le bambine che hanno la fortuna di vivere l’esperienza
del laboratorio della manualità si trovano ad avere un “tesoro fra le
mani”. È infatti, una vera e propria bottega per l’apprendistato
della manualità.
Il laboratorio delle mani è un luogo per poter imparare ad usare
utensili e realizzare direttamente con le proprie mani vari oggetti.
Alcuni esempi posso essere i nidi artificiali per gli uccelli e le
mangiatoie, i giocattoli costruiti con materiali di recupero o con
elementi naturali (legnetti di nocciolo, sambuco, sanguinello,
canne… che facilmente si possono raccogliere nelle siepi o lungo i
fossi).
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Seminario
LIBERIAMO LE MANI
Dalle riflessioni di Gianfranco Zavalloni, che la CET ha fatto
proprie, è scaturita l’esperienza del seminario Liberiamo le mani
svoltosi nel settembre 2012; un seminario dedicato alla qualità della
didattica per riscoprire e giocare attraverso le mani, per ritrovare il
gusto di esplorare, di lasciare che l’errore generi nuovi percorsi, per
provare strumenti e assumere nuovi punti di vista.
A stimolare la creatività e la manualità negli insegnanti è
stato l’artista parigino Hervè Tullet, conosciuto dagli insegnanti per
i suoi libri d’artista innovativi, che trasformano il modo di leggere.
Insieme a lui i docenti hanno disegnato, dipinto, per arrivare poi a
stimolare i bambini verso un’espressività che promuova il loro
benessere. I libri di Hervé Tullet sono « oggetti interattivi » che
danno l’opportunità di mettere in scena storie possibili, di dare voce
a segni e personaggi. L’interazione è suggerita anche con i
movimenti: tocca, strofina, soffia, il libro diventa luogo dell’azione e
interazione. Ogni gesto induce una trasformazione nella pagina
seguente, giocando, in modo artistico e divergente, con le dinamiche
ben note dei touch screen e dei videogiochi. Mettendo il bambino al
centro: con la sua azione, il bambino crea la storia, la modifica, può
saltare le pagine. E può giocare: cerca quello che è cambiato, gioca a
nascondino…
A partire da alcuni elementi base (sfondo/forma;
chiaro/scuro; bianco e nero/colori; ripetizione/alternanza) propone un
ritmo che coinvolge il bambino attraverso i sensi. Tullet è affascinato
dai segni che i bambini e gli adolescenti fanno su quaderni, libri e
diari quando si annoiano a scuola, quando cominciano a vagare in un
mondo immaginario. Il grafismo di quelle rêveries sono per Tullet
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dei veri tesori, protagonisti nelle sue pagine. Il gioco delle impronte,
la possibilità di grattar via il colore (per togliere e non solo per
mettere…), i collages con qualsiasi materiale sono tecniche che
Tullet usa per mostrare al bambino alcune possibilità e invitarlo a
cominciare poi una personale sperimentazione.
Riprendendo la suggestione di Bruno Munari sull’importanza
del togliere, del semplificare, ecco che Tullet toglie materiale ai suoi
stessi libri. Il buco, quello spazio che diventa vuoto (e
paradossalmente pieno) nella pagina, permette di vedere attraverso,
di passare dalle due alle tre dimensioni permettendo al bambino una
manipolazione con più possibilità.
Riportiamo l’intervento dell’artista durante il seminario
Pubblico: Come è possibile aiutare i bambini ad esprimersi, a usare il
colore senza che abbiano paura di sporcarsi?
Tullet: Non ho una risposta. Quando arrivo in atelier comincio a
lavorare - con la modalità dello scarabocchio e dei punti - ed è
normale sporcarsi. Non mi faccio troppo carico dei blocchi dell’uno
o dell’altro, anche perché probabilmente si sbloccano lavorando
insieme. Creare una situazione di gioco e di attività facilita il
coinvolgimento dei bambini e delle bambine.
Il mio lavoro è dare il la al laboratorio con i gesti.
La successione degli elementi che ci ha dato, la sequenza dei segni
che ci ha fatto fare, è casuale oppure è guidata, c’è una logica dietro?
Tullet:Ho una sola logica in tutti i miei esercizi: quella di arrivare al
disegno attraverso il gioco. Se arrivassi al disegno attraverso il
disegno, probabilmente ci sarebbero dei blocchi. Mentre se arrivo al
disegno attraverso il gioco, esso diventa un gioco e dunque si
dimentica l’idea del disegno stesso. E quindi si dimentica il concetto
di disegnare bene o disegnare male. Se dico di disegnare una casa,
diventa difficile, bisogna disegnare una casa. Invece facendo così
come ho appena dimostrato, diventa un gioco [Tullet prende dei
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piattini e li sbatte sul foglio]. Non è un esempio di bel disegno. Ma
partendo da queste macchie fatte col piatto si può aggiungere una
casa, si può aggiungere una macchina, si può aggiungere un
signore, qualunque cosa. Il lavoro di partenza è liberare il gesto.
Però non liberarlo tanto per liberarlo, ma liberarlo per arrivare ad
un momento più serio, in cui il disegno verrà preso in
considerazione in maniera seria e verrà utilizzato per farne
qualcosa. Ed è proprio questo il momento che preferisco.
Quando si fa questa attività in buone condizioni, come nel caso del
laboratorio che abbiamo appena fatto, all’inizio i bambini si sentono
persi. Devono cambiare posto, devono dimenticare il migliore
amico. Ma di colpo si sente una differenza netta e si installa una
specie di ritmo. Allora posso cominciare a dire: un puntino un
trattino un puntino un trattino, e mi rendo conto che tutto va bene. Si
installa il ritmo del gioco, come una danza. Il mio lavoro diventa
quello di guardare cosa succede.
Dopodiché vi è una seconda parte, in cui cerco di dire ai bambini
che è serio, che il disegno appartiene loro. E quello è un momento
splendido per me, perché il disegno mi sfugge completamente. Il mio
ruolo diventa quello di passare dai bambini e entrare in contatto con
loro individualmente, per incoraggiarli in un senso, per far loro
ingrandire il disegno, prendere il pennello, far qualcosa con
qualcun altro. Adesso che quest’esercizio è arrivato al punto giusto,
mi piace che ci sia della musica – la mia musica - come se fossi nel
mio atelier, la musica che ascolterei io. I disegni mi sono sempre
sfuggiti, ma sempre in un senso positivo. Non ho mai avuto dei
fallimenti in questo tipo di disegno. C’è un aspetto che permette di
raggiungere un certo livello di serietà. È commovente.
Le forme che vede apparire le intravede lei o le lascia vedere ai
bambini? Dopo che ha individuato le forme significative, lascia fare
ai bambini?
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Tullet:Per me l’aspetto principale è l’interpretare. Se comincio a
vedere troppi fiori con i petali, il mio lavoro diventa dire che non
sono quelli i fiori. Sono delle forme con uno stelo, con delle foglie,
che poi diventano fiore. Il mio compito è di togliere i petali e il
cuore, perché sono stereotipi.
Sono un dittatore della libertà. Per dare questa libertà devo essere
un po’ dittatore. Ma questa dittatura porta all’autonomia. Ed è così
che lavoro per me stesso. Non riesco sempre a farlo, ma quando
riesco a lavorare in questo modo sono felicissimo. Seguire il ritmo,
seguire la musica, seguire le macchie di colore, e lasciarsi
sorprendere da forme che nascono per caso. Quando poi si è
insegnanti si può ricollegare questa attività alla storia dell’arte. Il
passaggio dallo scarabocchio a Jackson Pollock è molto facile. Ci
sono molti altri artisti degli anni cinquanta che si avvicinano a
questa idea, a questo modo di vedere la libertà.
C’è una ragione per cui le sue consegne riguardano sempre forme
fluide - cerchi, punti, spirali – e non figure con degli spigoli?
Tullet:E’ sempre una scelta che si lega alla semplicità. Posso darvi
degli altri esempi. Ad esempio si possono prendere dei rotoli di
carta, si possono incrociare, sovrapporre, si possono mettere un po’
dappertutto. Utilizzo spesso dei rotoli di carta. Nel vostro caso ho
utilizzato dei fogli di carta, ma spesso utilizzo i rotoli. Lancio questi
rotoli in tutte le direzioni, si possono anche incrociare, sovrapporre.
Su questi rotoli metto degli ostacoli. Mi è venuta questa idea un
giorno in cui ero in una scuola e ho visto del materiale per fare dei
giochi ginnici: dei cerchi, dei cubi, e ho iniziato a disporre questi
elementi sopra i fogli di carta. Poi ho disposto tutti i bambini
attorno, ho chiesto loro di fare un punto. Dopodiché ho chiesto loro
di immaginare che il pennello non fosse più un pennello ma una
macchina e ho proposto loro di andare a fare un giro. Quindi ci
sono angoli, ci sono tanti percorsi possibili. Vedo che si
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sovrappongono, che si accavallano uno sull’altro. E questo è il
gioco. Il mio compito diventa controllare che tutti quanti si
muovano, e se c’è qualcuno fermo, chiedergli: “ma cosa fai lì
fermo?”, oppure: “tu vai troppo veloce, lavori nella polizia?”.
Quindi seguo i bambini e controllo che il disegno cresca. E quando
il disegno è cresciuto e sufficientemente pieno, secondo la mia
opinione, a quel punto tolgo gli ostacoli. Gli ostacoli hanno creato
degli spazi bianchi, e a questo punto dico ai bambini: “ecco la
vostra città, non vi resta che aggiungere le persone, le macchine, le
case”. A quel punto il disegno mi sfugge. Ma a volte trovo degli
alberi che mi piacciono e dico: “questo alberi sono splendidi, falli
là, là e là”, e questo in base a ciò che succede nel rapporto
personale, individuale col bambino.
Vorrei chiedere una cosa rispetto ai bimbi piccoli del nido. Il
percorso che abbiamo fatto nell’altra stanza è stato partire dalla
forma, il cerchio, per arrivare al disegno. Con bimbi così piccoli non
è possibile. È difficile partire dalla forma, anche il puntino in sé non
lo capiscono.
Tullet:Ho poca esperienza nei nidi, ma ne ho. Devo dire che i
Turlututù funzionano benissimo fin dai primi anni, molto presto.
Anche un libro è un oggetto, uno strumento, che può funzionare
molto presto. L’ultima volta che sono stato in un asilo nido, sono
arrivato lì e non c’erano pennelli, c’erano dei foglietti A4, e mi sono
detto: “oh oh”. Mi sono girato e ho trovato un cartone di un
imballaggio, molto grande. Eravamo cinque adulti per cinque
bambini, non mi ricordo bene. Siccome non c’erano pennelli,
all’inizio hanno proposto di utilizzare i guanti, ma hanno tolto i
guanti molto rapidamente. Ho iniziato a prendere dei bicchieri di
plastica e a stendere la pittura sopra, ho fatto l’impronta. Poi davo
il bicchiere e il bicchiere entrava nella sua funzione di stampino. Poi
prendevo il dito e lo mettevo nel colore, poi prendevo il dito e facevo
uno stelo, poi prendevo un piatto e facevo delle macchie. Quindi ho
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creato una specie di gioco attorno al gesto. Anche in questo caso è
molto importante la lettura, l’approccio iniziale, il momento in cui si
crea il contatto.
Che fine fanno tutti quei fogli che abbiamo fatto?
Tullet:Ci sono molte cose che ho fatto che in questo momento mi
tornano alla mente. Facevo dei dettati grafici. Ad esempio: “fate un
cerchio in alto a sinistra, fate un cerchio in alto a destra, mettete un
bastone al centro, mettete un U in basso” e questo creava l’omino.
Però è un mio disegno. Ma non è sempre così. Ero io che
immaginavo di dettare in modo tale da creare il volto di una
persona. Ma si può fare anche altro, si può trasformare, e anche
questo è interessante.
Un’altra cosa che facevo era prendere due fogli di carta in una
classe. Ne mettevo uno nella prima fila e uno nell’ultima fila, e il
gioco consisteva nel disegnare una forma diversa sui due fogli nel
momento in cui passavano. Alla fine il risultato era una serie di
brutti scarabocchi. Ma magari da qualche parte si potevano
riconoscere degli oggetti, magari qualcuno aveva fatto una forma.
In seguito riproducevo la forma che mi interessava sulla lavagna.
Poi ricominciavo con altri due fogli, e altri due ancora e altri due.
Sempre mantenendo la regola: nel momento in cui uno ha il foglio
davanti deve disegnare velocemente. Ma prima bisogna chiudere gli
occhi e riflettere su quello che si andrà a disegnare. Quindi pian
piano, selezionando delle forme, delle idee, si vede che qualcosa
appare: un disegno. Magari non un disegno figurativo. E dopo si
può dire: bene, adesso disegniamo. E a quel punto tutti quanti si
appropriano dei trattini, delle forme, delle varie cose che sono a
disposizione.
Ho fatto questo gioco, che adesso è un gioco in scatola ma prima
era un gioco che facevo a scuola. Faccio disegnare una forma. La
forma la si può disegnare con un annaffiatoio, con un piatto, con
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qualunque cosa. Dopodiché prendo un dado. Sarebbe meglio se ci
fosse un dado per ogni bambino. Questo può essere fatto su dei
piccoli fogli o su dei grandi fogli. Nel caso dei fogli più grandi,
questa volta faccio circolare dei colori. Poi dico: “prendete un
dado, lanciatelo, e il numero che esce corrisponderà al numero di
occhi”, e poi il naso, la bocca e le orecchie. Per quanto riguarda le
gambe e le braccia va bene tutto quanto, ma per quanto riguarda i
capelli se esce uno o due non è molto, tre o quattro è normale, e
cinque o sei è molto. In questo modo il disegno è diventato un gioco.
Si possono creare dei mostri senza riflettere, senza rendersi conto di
fare dei mostri. Un mostro è una forma con degli occhi, con dei
particolari, e diventa rapidamente un gioco. È sempre l’idea di voler
cambiare lo sguardo, di passare da un gioco a un disegno,
dimenticando il fatto che in quel momento si sta disegnando
veramente.
Volevo sapere se esiste un rapporto con Bruno Munari, e se esiste
qual è?
Tullet:Sì, credo che ci sia un rapporto evidente. Ma fortunatamente
per me non conoscevo Munari quando ho fatto il mio primo libro. È
una cosa che è venuta pian piano: Bruno Munari e Enzo Mari sono
stati fonte d’ispirazione. Il libro che conoscevo fin dall’inizio è
Piccolo Blu e Piccolo Giallo. Questo era il libro che io volevo
realizzare, il libro che volevo in qualche modo superare.
Il nipote di Lionni mi raccontò come nacque quel libro. Non so se
fosse vera. Però questa storia è veramente emblematica di ciò che
amo: svolgere delle attività vive, fare qualcosa che sia vivo, farlo
senza pensare a ciò che si andrà a fare. Ed è proprio per questo che
corteggio molto il caso, per trovare questa cosa che quando
compare, quando appare, è magnifica. È per questo motivo che mi
piace l’arte grezza, l’arte di quelle persone che hanno bisogno di
disegnare, senza riflettere sulle tecniche, sulla carta, sui formati, ma
riflettendo su ciò che hanno bisogno di esprimere. In questo trovo
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molti collegamenti col disegno dei bambini, con l’idea che i bambini
fanno questi scarabocchi e, nel momento in cui fanno questi
scarabocchi, si creano nella loro testa una storia. Ed è vero che
sono a scuola per imparare, però penso che l’energia collettiva
permetta di imparare molte cose senza passare necessariamente
dall’insegnamento. Energia collettiva che può diventare un progetto,
che può diventare una mostra, che può diventare una forma di
corrispondenza, che può diventare una ricerca per trovare cose che
possano alimentarne altre.
A cura di Alessandra Falconi
Centro Zaffiria (Bellaria – Igea Marina)
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Progetto
ARTE E LINGUAGGI
GUARDARE, OSSERVARE E COSTRUIRE
IL MONDO
II progetto “Arte e linguaggi”, ha teso alla promozione di
azioni volte alla qualificazione dei servizi dell'infanzia ed alla
continuità orizzontale e verticale, attraverso il raccordo tra nidi
d’infanzia, scuole dell’infanzia, primo ciclo della scuola primaria e
al sostegno della genitorialità; offre un contributo alla realizzazione
del sistema integrato dei servizi divenendo garanzia di un'elevata
qualità dell'offerta educativa.
Il progetto che si viene a presentare intendeva attuare le linee
d'indirizzo provinciali ed in particolare:
 Una progettazione partecipata
 L’articolazione del progetto pluriennale
 Lo sviluppo del raccordo tra i servizi educativi per la prima
infanzia, le scuole dell’infanzia e la scuola primaria.
 La realizzazione di interventi che tengano conto di tematiche
di particolare rilevanza socioculturali, quali il disagio sociale
e l’inclusione dei bambini stranieri e delle loro famiglie .
 La formazione/informazione rivolta ad insegnanti e genitori
di tutti i bambini, utenti e non, dei servizi educativi.
 La realizzazione della documentazione relativa ai progetti
educativi.
CONTENUTI
Parte del titolo del progetto “Arte e linguaggi” ha portato
inevitabilmente alla mente un altro termine: creatività. La creatività è
un concetto pervasivo che può essere adottato indifferentemente nei
più disparati campi di attività dell’essere umano, che permea il suo
stesso modo di essere e di agire.
E ancora, la creatività è un modo libero di vedere e sentire il
mondo e di stabilire nuovi rapporti tra le cose; un insieme di
attitudini e capacità riferibili a qualsiasi campo dello scibile e
dell’agire umano.
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La Creatività può essere definita come l’attitudine a rompere
gli schemi tradizionali di risposta attraverso la libertà. La Creatività è
progettare, è gettare in avanti (gettare-pro).
Altre definizioni della creatività ci riportano a:
Erich Fromm: capacità di vedere e di rispondere.
Rollo May: processo che porta qualcosa di nuovo nell’esistenza.
Kahlil Gibran: avere idee è raccogliere fiori, pensare è fare
ghirlande.
Umberto Galimberti: carattere saliente del comportamento umano,
particolarmente evidente in
alcuni individui capaci di riconoscere, tra pensiero ed oggetti, nuove
connessioni che portano a
innovazioni e cambiamenti.
Donald W. Winnicott: è un universale, appartiene al fatto di essere
vivi.
Carl Rogers: l’espressione più piena di quella tendenza a realizzare
se stessi e a sviluppare in modi
realmente efficaci le proprie potenzialità, che costituisce la molla
stessa dell’esistere e della crescita
psicologica.
La creatività nel quotidiano è proprio questo: non ritenere
che le cose siano stabilite una volta per tutte ma, al contrario,
rendersi conto che niente è irreparabile.
Cambiare il mondo in cui si vive è per prima cosa cambiare
se stessi: attraverso la ginnastica dell’immaginazione, applicando la
forza dell’immaginazione all’inerzia della realtà.
Lo sviluppo della creatività consente di pensare fuori dagli
schemi noti e di raggiungere conclusioni nuove adatte a risolvere un
problema o a cogliere un’opportunità, attivando quella parte del
cervello “generatrice” di un pensiero “diverso”.
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Si tratta di coltivare un’attitudine che favorisce
l’ampliamento dei propri schemi abituali, attraverso innumerevoli
porte d’accesso.
Didattica dell’arte, educazione al vedere e al sentire,
rientrano e si fondono nel rapporto tra visione e facoltà
immaginative, tra verità e immaginazione artistica. Vedere, sentire,
toccare, manipolare, sono le sensazioni che nel campo della didattica
delle arti si intende sviluppare e far crescere nei bambini per uno
sguardo più attento e consapevole verso la realtà; è infatti il tema
delle ‘cose’ che delinea tutta l’esperienza della didattica delle arti, fin
dai primi anni del cammino scolastico di ogni bambino.
FINALITA’
• Sostenere momenti di incontro e confronto fra tutti gli “attori" dei
processi educativi in un’ottica di continuità verticale tra servizi
educativi-scolastici (Nidi d’Infanzia e scuole dell’Infanzia pubbliche e
private) e orizzontale tra servizi educativi-scolastici e famiglie.
• Promuovere un contesto familiare attento ai bisogni dell'infanzia in
cui i genitori possano farsi parte attiva nella crescita dei figli.
• Garantire la formazione dei genitori circa i propri stili educativi
favorendo lo sviluppo di "buone prassi" e attivare momenti di
formazione/informazione per insegnanti e genitori al fine di
individuare strategie comuni e condivise.
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SULLA DIDATTICA DELLE ARTI E DEI
LINGUAGGI
DUE ESPERIENZE DIVERSE… PER UN OBIETTIVO
COMUNE
Il progetto Didattica dei linguaggi poetici svolto nell’anno
scolastico 2012/2013 dalle direzione didattiche I e II circolo di
Santarcangelo di Romagna (scuole dell’Infanzia) si è sviluppato
seguendo un filo conduttore fondamentale: la didattica delle arti,
attraverso la quale gli oggetti e le cose vengono rappresentati da un
punto di vista artistico, riflettendo e avvicinandosi alla realtà
circostante.
Il progetto, realizzato e sviluppato con la collaborazione e la
consulenza scientifica e antropologica dell’Istituto dei Musei
Comunali (nella persona del direttore Mario Turci) è partito da
concetti importanti, che si sono rivelati utili per favorire la
produzione di cultura da parte dei bambini attraverso lo sviluppo dei
linguaggi:
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SCRITTURE
Composizione del discorso
ARTE
Osservazione /Visione /Espressione
INSTALLAZIONE
Linguaggi delle cose
Cumuli e Liste
Di seguito lo schema del progetto iniziale che le scuole del I
e II circolo hanno sviluppato seguendo percorsi diversi rivolti non
solo alla formazione degli insegnanti sul tema della didattica
dell’arte, ma soprattutto alla realizzazione di esperienze laboratoriali
sul
rapporto
osservazione/manipolazione,
lo
sviluppo
dell’espressività e dell’estetica della percezione degli oggetti e della
realtà, l’esperienza di osservazione e narrazione del vissuto
individuale di ogni bambino e bambina.
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Progetto “Didattica dei linguaggi poetici –
Antropologia dell’ arte” – II Circolo Santarcangelo
LA POETICA DELLE COSE
• Poetica > guardare ed esprimere il mondo
Lo sguardo poetico è un modo di guardare
• Visione > dal guardare al vedere.
• Oggetti in co-azione > costruire il mondo
L’arte è un modo di esprimere l’esperienza dello
sguardo poetico
Nell’ambito del progetto “C’era una volta
l’arte dei linguaggi” I Circolo
Santarcangelo
LINGUAGGI DELLE COSE
• Poetica > guardare il mondo
Lo sguardo poetico è un modo di guardare
• Linguaggio > Esprimere la visione del
mondo
• Oggetti in azione > costruire il mondo
Il teatro delle cose come forma
d’espressione dello sguardo poetico
POETICA
- Guardare il mondo (osservazione-percezione)
- Costruire il mondo (espressione)
SOSTANZA
- le cose pensano
(la sostanza delle cose – le cose hanno un anima narrante)
- le cose parlano
(le cose raccontano storie)
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II Circolo Santarcangelo
I Circolo Santarcangelo
LA NATURA UMANA DELLE COSE
- Oggetti d’affezione (la vita relazionale)
- Oggetti migranti (trasformazione e
progetto)
- Oggetti impertinenti (immaginazione
produttiva)
- Oggetti salienti (contenitori esistenziali)
IL TEATRO DELLE COSE
- Anim/AZIONE
- Narr/AZIONE
- Spettacol/AZIONE
- Esposizione
Un Metodo
a)Incontro d’esplorazione delle idee e
delle intenzioni progettuali
b)Realizzazione lineamenti progettuali e
obiettivi didattici (Insegnanti)
c)Lineamenti d’antropologia e incontri di
formazione (museo)
d)Incontri periodici di verifica e
approfondimento
e)Valutazione finale e preparazione
dell’esposizione
f)Esposizione
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C’ERA UNA VOLTA L’ARTE DEI LINGUAGGI
C’era una volta…l’arte dei linguaggi”
Se anche le cose son sempre le stesse
ognuno di noi le crea diverse
perché ciò che cambia son le persone
è il cuore, la testa…l’immaginazione!
Il progetto educativo-didattico del primo circolo di
Santarcangelo è stato caratterizzato dall’interesse rivolto alla
dimensione estetico del bambino, legato alla narrazione, alle
emozioni e al viaggio.
L’arte è stata considerata un “motore rigeneratore”, perché
ritenuta una fonte da cui ricavare nuove energie per i nostri sensi. Le
opere d’arte non sono state proposte ai bambini come un testo di
apprendimento, di studio o di riflessioni, ma come un pre-testo,
un’occasione per assumere un atteggiamento estetico, capace di
distaccarsi dall’arte per rivolgersi con uno sguardo rinnovato a tutto
ciò che ci circonda. Le opere d’arte sono diventate così materiale
didattico prezioso ed insostituibile per sensibilizzare, alfabetizzare e
costruire l’immaginario dei bambini; non testi rispetto ai quali
attivare meccanismi di comprensione, spiegazione e conoscenza, ma
occasioni per attivare processi mentali, culturali e produttivi,
suggeriti e indotti dalla familiarità acquisita con il lavoro degli artisti.
Non si è trattato di un percorso di educazione artistica quanto
piuttosto di educazione estetica. Etimologicamente estetica significa
“rapportarsi a qualcosa attraverso i sensi”; l’educazione estetica si
27
propone di acuire e potenziare la dimensione delle facoltà sensoriali.
Educare alla sensibilità e al pensiero estetico vuol dire dare
più spazio nella situazione educativa alla sensorialità, alla capacità di
sentire, all’allenamento dell’utilizzo dei cinque sensi e delle
emozioni, attraverso meccanismi di stupore e di meraviglia,
coinvolgendo i bambini in esperienze plurisensoriali e globali.
Coinvolgere i bambini in esperienze di apprendimento legate
ai sensi, significa infatti porli nella condizione di poter far scaturire
le proprie emozioni e i propri sentimenti, dando loro la possibilità di
riflettere ed agire in modo personale e non stereotipato, conducendoli
gradualmente ad un’autonomia di giudizio.
L’impostazione estetico-artistica scelta ha segnato tutta
l’attività educativa, dove il laboratorio è stato un luogo del vivere
quotidiano e no un’esperienza saltuaria, un luogo di ricezione e
produzione di saperi, nel quale i bambini sono stati invitati a
svolgere un ruolo attivo nel processo di creazione e trasformazione.
Il laboratorio è diventato una vera e propria palestra estetica,
finalizzata a stimolare i sensi dei bambini: ad allenare gli occhi a
vedere, le orecchie a sentire e le mani a toccare. Come in tutte le
esperienze estetiche, a differenza di quelle comuni o scientifiche, il
risultato avrà un’importanza relativa rispetto al vivere intensamente
ogni momento del percorso. Il prodotto finale sarà il risultato di un
sentire… non solo di un fare.
Una delle finalità raggiunte è stata quella di avvicinare i
bambini al livello estetico della comprensione di un “prodotto
artistico”, comprensione che letteralmente vuol dire prendere dentro
di sé, non solo nella mente ma anche nel cuore.
I bambini sono diventati artisti, hanno espresso loro stessi,
hanno raccontato il loro mondo interiore attraverso il canale
comunicativo che più si avvicina al modo di essere di ognuno di loro.
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L’approccio all’arte è stato plurisensoriale: visivo, musicale,
motorio e così anche quello del racconto – il libro ha rappresentato
uno strumento importante per la lettura dell’arte, per svelarla
attraverso immagini e parole (l’albo illustrato è un racconto che trova
la sua
forza nell’equilibrio fra immagini e parole, fra testo ed illustrazione,
è oggetto d’arte di per sé.
La finalità principale del nostro progetto è stata quella di far
compiere ai bambini e a noi insegnanti insieme a loro, non un
percorso di educazione artistica quanto piuttosto di educazione
estetica. Dove per estetica si intende “rapportarsi a qualcosa
attraverso i sensi”.
L’impostazione estetico-artistica che abbiamo scelto di dare
al nostro progetto ha permeato tutta l’attività educativa, diventando
uno stile metodologico dell’educare.
Il laboratorio è stato un luogo del vivere quotidiano, un
luogo di ricezione e produzione del sapere nel quale i bambini sono
stati invitati a svolgere un ruolo attivo nel processo di creazione e
trasformazione, è stato soprattutto un luogo di elaborazione e
costruzione delle identità dei protagonisti.
L’attività laboratoriale è stata per i bambini una vera e
propria palestra estetica, finalizzata a stimolare i loro sensi: ad
allenare gli occhi a vedere, le orecchie a sentire e le mani a toccare.
Uno dei nostri obiettivi è stato quello di far sì che i bambini
potessero tirar fuori il coraggio di praticare l’arte, di essere artisti, di
esprimere sé stessi, di raccontare il proprio mondo interiore
attraverso il canale comunicativo che più si avvicinava al modo di
essere di ognuno di loro; per questo il nostro approccio all’arte è
stato plurisensoriale, ha tenuto uniti tutti i linguaggi: visivo,
musicale, motorio e anche quello del racconto.
29
Come in tutte le esperienze estetiche, a differenza di quelle
comuni o scientifiche, il risultato ha avuto un’importanza relativa
rispetto al vivere intensamente ogni momento del percorso.
Il nostro è stato un viaggio emozionante nel mondo dei
linguaggi e dei materiali, dei segni e dei gesti, dei colori e degli
odori, dei fili e degli oggetti.
Il risultato finale è stato questo, il risultato di un sentire …
non solo di un fare.
I CIRCOLO – Santarcangelo di Romagna
Scuola dell’Infanzia IL DRAGO
Scuola dell’Infanzia MARGHERITA
Scuola dell’Infanzia FLORA
Scuola dell’Infanzia IL GIARDINO INCANTATO
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31
LA POETICA DELLE COSE
Arte e narrazione della natura umana delle cose
La natura umana delle cose
Le cose sono necessarie, indispensabili. Senza gli oggetti non
possiamo costruire insieme agli altri il mondo. Le cose parlano di
noi, del nostro corpo. Sono l’espressione di desideri, aspettative,
relazioni, sogni.
Le cose hanno una natura umana, perché sono fatte dagli esseri
umani, per rispondere a bisogni umani.
Le cose raccontano storie
Gli oggetti parlano di noi e “la poetica delle cose” è l’arte
dell’anima delle cose, sguardo su di esse per scoprirne l’anima.
Tutte le cose possono raccontare la loro storia… che è la
storia delle umanità che le hanno vissute. Gli oggetti esistono in
quanto narrabili.
Gli oggetti hanno un’anima perché “pensano”, pensano
perché “parlano”, parlano delle nostre anime, parlano di noi.
Gli oggetti sono veicoli, segni, parole, porte per condurci in
altri posti, in altri mondi.
Arte e narrazione della natura umana delle cose
Se le cose hanno un’anima e la poetica ricerca quell’anima
attraverso storie e narrazioni, l’arte, ne è la sintesi espressiva.
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I prodotti d’arte sono l’espressione dell’anima delle cose
attraverso i linguaggi creativi.
La poetica delle cose nella didattica
La ricerca didattica ha condotto insegnanti e bambini ad
indagare la realtà e i suoi oggetti. Sono emerse storie legate a quegli
oggetti. Sono state realizzate “opere d’arte” capaci di dare
espressione, “volto”, sintesi a quelle narrazioni.
La mostra di tali inusuali, inattesi, impropri “prodotti d’arte”
rappresenta l’opera finale del percorso.
Ciascuno ha una storia da narrare:
LA CARTA PARLA
Ogni oggetto che partecipa alla nostra vita ha voce ed è ascoltando
le storie di ogni cosa che percepiamo noi stessi e gli altri.
Tra realtà e fantasia l’ “oggetto-carta” ci fa scoprire nuovi mondi,
attraverso antiche emozioni. Il rispetto e il riciclo risveglieranno
l’animo gioioso della natura: il suo sorriso sarà il nostro sorriso.
Scuola dell’Infanzia S. Agata – Canonica
LEGGERE L’ORA ATTRAVERSO GLI SPECCHI
La nostra storia si snoda da un riflesso all’altro. Lo specchio e
l’orologio, due oggetti senza soluzione di continuità, entrambi
affascinanti e inesorabili, riflettono qualcosa di noi, dei nostri
perché. Lo specchio cattura e riflette noi e lo spazio, l’orologio
cattura e riflette il tempo. Essi parlano della nostra storia, del
33
nostro passato, facendoci riflettere anche sul nostro futuro, ma
soprattutto ci aiutano a vivere e a godere del nostro presente.
Scuola dell’Infanzia Pollicino – San Martino dei Mulini
L’OFFICINA DEL SANDALO
La scarpa è il luogo in cui si vive, il luogo dell’agio, il luogo
dell’intimo. Nella scarpa c’è la sostanza delle persone che la
abitano. Passo dopo passo la scarpa prende forma e trattiene
l’impronta delle esperienze vissute.
E’ nell’incontro col mondo degli oggetti, nel dialogo che ne
scaturisce, che la scarpa assume una nuova forma, un nuovo
significato, diventando altro da sé: sintesi artistica.
Il luogo, fisico e simbolico, in cui tale sintesi ha preso forma, è stata
l’officina del sandalo.
Scuola dell’Infanzia Biancaneve – Sant’Ermete
VIAGGIO: MEMORIA E IMMAGINAZIONE
“Non importa la meta, ma il viaggio, il sentiero si fa camminando”
Un viaggio immaginario verso luoghi sconosciuti e mondi favolosi,
per riportare alla memoria ricordi legati agli oggetti e alle piccole
cose.
Scuola dell’Infanzia Peter Pan – Poggio Berni
…CI VUOLE UN FIORE
Le cose di ogni giorno raccontano segreti. A chi le sa guardare. A
chi le sa ascoltare. Come la storia di un tavolo. E del fiore da cui
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tutto nasce. Perché la natura ci insegna quanto siano importanti i
gesti e i doni semplici.
Tutti i bambini delle scuole dell’infanzia con l’insegnante di
religione cattolica
APRIAMO GLI OCCHI SUL MONDO!
Il mondo invade l'aula con le voci degli oggetti che usiamo tutti i
giorni. Irrompe con storie, ricordi di viaggi, notizie....emozioni.
Parla di guerra, il mondo, di povertà, ma anche di speranza, della
ricerca di una vita migliore.
Ma dentro il nostro cuore troviamo spesso tanta indifferenza. Noi
dobbiamo sconfiggere l’indifferenza, continuare a riempire il mondo
di storie, di emozioni, di colori vivi.
Classe III scuola primaria F/lli Cervi-Sant'Ermete
Anche le insegnanti hanno avuto una storia da raccontare
LA VITA DELLE DONNE…. RESPIRI DI VITA
La vita delle donne? Sintesi espressiva di: passato, presente, futuro.
Un tutto pieno, a tutto tondo che palpita al ritmo di intimi respiri di
vita.
LA CURA… PROFUMI D’AMORE
La cura richiede tempo: è dare tempo all’altro… Nella tenerezza di
uno sguardo, di una presenza, di un silenzio le donne hanno la
possibilità di sperimentare quotidianamente la ricchezza e la
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fecondità del loro agire la cura. Come l’educazione, anche la cura è
“questione di cuore”.
VIAGGIARE…CERCARE E TROVARE
Una valigia ci trasporta in luoghi lontani dove ciascuno può ritrovare momenti sereni (nonostante tutto) e scoprire una vita nuova.
II CIRCOLO Santarcangelo di Romagna
Scuola dell’Infanzia POLLICINO
Scuola dell’Infanzia BIANCANEVE
Scuola dell’Infanzia PETER PAN
Scuola dell’Infanzia S. AGATA
Scuola primaria F.LLI CERVI classe III
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ARTE PER NULLA
Laboratori Giochi di china
Il laboratorio “Giochi di china” prevedeva il suo allestimento
in un’aula scolastica diversa da quella di lezione, per dare la
possibilità ai bambini di lavorare in uno spazio diverso, stimolando
così in loro concentrazione e curiosità.
La china, protagonista dell’attività laboratoriale, è stato il
materiale principale utilizzato per la realizzazione conclusiva di un
libro, realizzato con i disegni dei bambini.
I bambini si sono mostrati subito molto incuriositi dalla
possibilità di costruire un libro con i loro manufatti, chiedendo
spesso quante “pagine” potesse avere il loro libro; alla risposta che
avrebbero potuto fare quanti disegni volevano, sono apparsi eccitati
all’idea di poter creare più disegni possibili.
L’aula è stata divisa, per la prima parte del laboratorio, in
cinque postazioni. La postazione centrale è stata indicata come la
postazione della pulizia con gli strumenti che i bambini hanno poi
utilizzato al termine del loro lavoro per poter pulire i tavoli utilizzati
e passare alla fase successiva di elaborazione del loro libro. Attorno a
questa sono state allestite altre quattro postazioni in cui i bambini
hanno sperimentato i materiali diversi messi a loro disposizione.
I bambini si sono mostrati molto indipendenti nello
svolgimento dell’attività e responsabili nei confronti dei loro
elaborati. Alla prima fase di sperimentazione delle singole tecniche
separatamente è seguita la creazione dei disegni, diventati
successivamente le pagine del libro e di una storia inventata da loro.
La fase di completamento del libro prevedeva il
riallestimento delle postazioni con altri materiali, alcuni dei quali
38
conosciuti e usati comunemente (come i pennarelli neri) e altri più
insoliti (come i pennini e la china condensata). Durante la
presentazione di questi strumenti l’attenzione si è focalizzata sulla
scelta dello strumento in relazione al segno grafico che si voleva
ottenere e in questo contesto molto interessanti sono state le
osservazioni sulle possibili diversità di segno ottenibili con
pennarelli di punte di dimensioni diverse che i bambini sono soliti
utilizzare anche in altri contesti. Procedendo al completamento dei
disegni alcuni bambini hanno mostrato interesse a sperimentare tutti i
materiali, altri invece si sono concentrati nella ricerca di particolari
effetti, scegliendo uno strumento piuttosto che un altro. In alcune
occasioni si è notata la volontà di creare una storia con i disegni
realizzati e quindi il completamento mirava a inserire le parti
mancanti che la narrazione del racconto necessitava, in altri bambini
invece si è osservato il desiderio di utilizzare i nuovi materiali come
ulteriori strumenti grafici per tracciare dei segni senza interferire
pesantemente con le realizzazioni precedenti, volendo mantenere la
bellezza grafica e astratta del loro elaborato.
Terminata anche questa fase i bambini sono stati invitati a
riordinare le pagine del loro libro scegliendo una copertina e
procedendo alla rilegatura. Sia quando il bambino ha immaginato di
raccontare una storia con i suoi disegni, sia quando la storia non
c’era e il libro è risultato un catalogo di sperimentazioni libere e di
quadri a se stanti, la scelta dell’ordine delle pagine e della posizione
della rilegatura è stata fatta con molta cura e attenzione.
Interessante è stato notare come bambini solitamente
irrequieti o disattenti hanno mostrato interesse e concentrazione nello
svolgimento del laboratorio, producendo a volte un numero molto
elevato di disegni. Dal confronto con le insegnanti è inoltre emerso
che anche bambini che non amano particolarmente il disegno hanno
apprezzato l’attività e si sono impegnati nella ricerca di texture e di
39
creazione di immagini usando materiali inconsueti che li hanno
distolti dal loro blocco nel rapporto con il foglio bianco.
Obiettivi:
•
•
•
•
•
saper esplorare i concetti;
sviluppare l’apprendimento attraverso la scoperta;
realizzare progetti di ricerca con il gruppo classe;
sviluppare la voglia di condividere il lavoro con la comunità
di appartenenza;
promuovere la cultura prodotta nella scuola come possibile
strumento di crescita per il territorio.
Hanno partecipato le scuole primarie di Bellaria Igea Marina,
Santarcangelo, Poggio Berni, Verucchio
40
41
SEMINARIO
IL POTERE ANALOGICO DELLA BELLEZZA
Seminario per insegnanti condotto da Chiara Guidi e Fabrizio
Ottaviucci
Quale storia è nascosta in un suono o, al contrario, come
nascondere una storia in un suono?
Quale sinfonia si ode nell’orchestrazione di più voci o, al
contrario, come le singole voci possono diventare sinfonia?
Quale senso racchiude un ritmo o, al contrario, come può un
senso essere racchiuso in un ritmo?
A volte tra le domanda e la risposta vi è uno spazio così
contratto che il pensiero deve diventare veloce come un cavallo al
galoppo. Il ragionamento da ponderato si fa istantaneo e, come
diceva Galileo, il discorrere diventa una corsa.
Come dunque trovare in noi questa capacità di creare
risposte veloci come se fossero guidate da un’apparente lentezza?
Come intuire in poco tempo una nuova proporzione, analoghìa, che
permette di scoprire suoni, voci e visioni interiori? Sappiamo ancora
immaginare e superare la semplice descrizione di ciò che gli occhi
vedono? Siamo ancora capaci di sentire?
Il potere analogico della bellezza parte da qui, dalla necessità
quotidiana, soprattutto nella scuola, di dover dare in fretta, anche
nelle piccole questioni, una risposta capace di creare quella
proporzione che sempre l’urgenza della bellezza porta con sé.
Il seminario, rivolto a insegnanti, ha posto come punto
centrale l’immaginazione attraverso esercizi e questioni pratiche
ispirate dal teatro e dalla musica.
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Al seminario hanno partecipato insegnanti del II circolo di
Santarcangelo, dell’Istituto Comprensivo di Bellaria, dell’Istituto
Comprensivo di Igea Marina
Chiara Guidi, attrice e regista teatrale, ha condotto il percorso del
laboratorio insieme al musicista Fabrizio Ottaviucci. Tra teatro e musica, i
partecipanti sono stati guidati alla consapevolezza che ciascuna persona nel
luogo in cui si trova possa agire anche attraverso un atto di creazione, una
capacità improvvisativa che permette di scoprire suoni, voci e visioni
interiori.
43
L’ARTE DEL SAPER FARE INSIEME
LABORATORI PER GENITORI ED INSEGNANTI
“Tutti gli oggetti possono essere trasformati in burattini.
il burattino è un pupazzo che possiamo costruirci da soli.
Una patata infilata in una forchetta, una scatola di fiammiferi che
conversa con un'altra, un fiore tagliato da poco che dialoga
con il coltello o l forbici che lo hanno tagliato. [...]
Attraverso i burattini, qualunque sia la loro forma, possiamo comunicare
ad altre persone le cose che vogliamo dire”.
F. Tontini, G. Zavalloni
Le tematiche trattate durante le conferenze che si sono svolte
per insegnanti e genitori hanno evidenziato l’importanza di realizzare
laboratori con il coinvolgimento delle famiglie insieme al corpo
docente:
I laboratori hanno avuto come sfondo l’incontro tra culture e si sono
articolati in :
A) laboratori del fare (burattini)
B) laboratori del gioco.
A) LABORATORI DEL FARE
Come la parola suggerisce, “ laboratori” è un luogo dove si
lavora, si ricerca, si utilizzano le mani e il corpo, congiunti al
pensiero ed alla creatività.
44
E’ un luogo di scambio di capacità, d’emozioni, di dialogo,
di comunicazione e condivisione, in cui si considerano “le variabili”
di ciascuno.
Sono esperienze consolidate, una forma di mediazione “un
organizzatore” della relazione. Mentre si lavora nascono le parole per
conoscersi, capirsi e comunicare all’interno del gruppo.
L’attività stessa è al lavoro, un senso che necessita di un
tempo: non tutto deve avere la stessa lunghezza d’onda
dell’immediato, come oggi facilmente succede.
Nei laboratori si facilita la formazione di un gruppo che si dà
un’identità, distaccandosi dall’idea di “massa”.
B) LABORATORI DEL GIOCO
La spia di come oggi il gioco sia sempre meno considerato e
trascurato come dimensione fondamentale dell’infanzia è data dalla
Convenzione dell’ONU che ha dovuto sottolineare fra i diritti del
bambini il diritto al gioco.
Il gioco dovrebbe essere considerato l'attività più seria
dell'infanzia scriveva Montaigne e ancora oggi non c’è studioso
dell’età evolutiva che non consideri questa attività come il principale
strumento attraverso il quale il bambino comincia a comprendere il
mondo e ad acquistarne padronanza.
Ma con chi giocano i bambini? Quali sono i loro giochi
preferiti? Ci sono differenze fra bambini e
bambine? Quanto e come i genitori partecipano all’attività ludica dei
figli?
La dimensione ludica del rapporto tra figli e genitori si
estrinseca anche al di là delle attività di gioco in senso stretto. I
momenti che madri e padri dedicano ai figli raccontando o
inventando storie, ascoltando la musica, ballando, accompagnandoli
45
ai giardini, rappresentano attività comunque importanti per la
relazione con i figli.
OBIETTIVI




sviluppare la proprie risorse creative (valorizzazione)
attivare gli strumenti di ascolto e comprensione di sé e
dell'altro per incrementare l'efficacia del proprio ruolo
attivare le risorse creative con possibilità di ricaduta sul
compito educativo
esprimere ed elaborare le difficoltà connesse all'integrazione
La scuola dell'infanzia e’ vista come un sistema di
relazioni basato su una costante comunicazione a tre: educatore,
bambino e genitore. La comunicazione diventa il mezzo e lo
scopo attorno a cui si costruiscono processi comunicativi, di
apprendimento e di partecipazione. I genitori sono coinvolti
spesso nel processo educativo attraverso dei progetti, realizzati
all’interno della scuola, insieme con gli alunni. I laboratori per
bambini e genitori insieme, rappresentano un prezioso luogo
d’incontro, un’occasione informale per gli adulti, genitori ed
insegnanti, per condividere significati, per conoscere i diversi punti
di vista e rinforzare la collaborazione scuola-famiglia . Non solo, il
fare, il procedere all’interno del percorso consente all’adulto di
entrare nei pensieri dei figli, di osservarli, di scoprire sempre nuove
competenze.
È bello per i bambini veder nascere sotto i loro occhi,
insieme a mamma, papà o nonni, un teatrino, un burattino,
un’esperienza del fare e del giocare con poco, oggi quasi perduta.
Attraverso alcune attività si possono scoprire, riconoscere,
raccontare le emozioni, ponendole al centro dell’attenzione
46
educativa, consapevoli che esse compenetrano l’apprendimento e la
costruzione di nuove conoscenze e competenze.
Per i bambini dar forma ai personaggi delle fiabe attraverso
la costruzione del burattino, intermediario tra la realtà e l’interiorità,
rinforza gli effetti di identificazione e proiezione della fiaba perché
permette al bambino di prendere coscienza dei propri sentimenti,
agirli e dominarli.
Il laboratorio coinvolge i bambini soprattutto sul piano
emotivo e sociale in quanto la creazione della storia e
successivamente la creazione e la manipolazione del burattino
stimolano la fantasia, favorendo la nascita di emozioni. I bambini
hanno la possibilità di sperimentarsi sul piano manuale, ma anche su
quello espressivo teatrale approcciandosi così ad un linguaggio che
"tocca" vari aspetti della personalità. Il burattino come dice Mariano
Dolci è “un poco vero e un poco finto” nel senso che il bambino
crede al burattino ma allo stesso tempo sa che è finto
UNA SCATOLA DI STORIE
Nel valore dell’incontro tra genitori/bambini/insegnanti si è
concretizzato un ciclo di incontri laboratoriali sulla costruzione di
baracca e burattini.
Il laboratorio dal titolo “Una scatola di storie” è stato
condotto dall’Associazione Le Pu-pazze e svolto presso la scuola
dell’Infanzia Il Drago (direzione didattica I circolo Santarcangelo).
Il laboratorio si è strutturato sulla costruzione di teatrini e
burattini con materiale di scarto: il teatrino – baracca è stato
realizzato utilizzando cassette della frutta, stoffe, lana, tempere, così
come i burattini sono stati costruiti con l’utilizzo di scarti di legno e
cartone.
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La realizzazione dei personaggi e della baracca era collegata
al progetto che il plesso ha seguito nel corso dell’anno scolastico, in
particolare sui personaggi di Pierino e il lupo.
48
49
A PICCOLI PASSI...
Genitori e figli crescono insieme
Conversazioni con mamme e papà
A completamento del progetto 0/6 si sono organizzati
incontri con i genitori al fine di condividere riflessioni circa le
problematiche relative all’educazione
e promuovere una
genitorialità serena, consapevole, fiduciosa nelle proprie potenzialità.
A partire dalle competenze dei bambini si è attivato un
confronto su questioni importanti, questioni connesse al benessere
dei bambini e alla loro crescita, cercando di comprenderne bisogni,
diritti e potenzialità.
L’esperta, all’interno dei gruppi, introducendo e coordinando
gli incontri non ha fornito un vademecum su come affrontare le
situazioni ma ha sostenuto e facilitato lo scambio di esperienze e di
pensieri. Attraverso questi incontri si è teso a rafforzare i padri e le
madri nei loro ruoli, aiutandoli a costruire la loro identità di genitori
attraverso la circolazione e la condivisione di esperienze, in alcuni
casi rafforzati dall’esperienza vissuta insieme ai propri figli
all’interno dei laboratori creativi. Occasione in cui hanno potuto
osservare le capacità relazionali, di scelta autonoma nei confronti di
un’ idea progettuale.
50
I gruppi di studio rappresentano, un’ occasione preziosa in
cui dare ascolto alle esigenze delle famiglie; creare opportunità di
confronto esperienziale su temi utili ai genitori nell'impegno
educativo nonché occasioni di continuità scuola-famiglia; per
sostenere i genitori nei compiti educativi e creare occasioni di
confronto e dialogo tra modelli educativi diversi, approfondendo
aspetti specifici dell'educazione dei bambini da 0 a 6 anni con
particolare attenzione al coinvolgimento a all’inclusione delle
famiglie straniere. Se gli incontri di sensibilizzazione, le conferenze,
hanno come scopo quello di offrire alcuni spunti di riflessione ai
genitori, l’esperienza dei piccoli gruppi di discussione per genitori
risulta particolarmente coinvolgente e trasformativa, sollecitando i
padri e le madri a soffermarsi a riflettere in una prospettiva di
continuità, a mettersi in discussione, individuando prospettive di
cambiamento, ad elaborare le difficoltà della relazione educativa,
senza spaventarsi e senza sentirsi in colpa. Il piccolo gruppo infatti
può risultare un ambiente contenitivo, dove i genitori possono
sentirsi accettati nei propri limiti, nelle proprie ansie, nelle proprie
problematiche emotive ed educative nella relazione con i figli in un
clima dove la comprensione reciproca possa prevalere sul giudizio,
l’autenticità sulla presentazione di un falso Sé genitoriale, la
comunicazione sulla formalità, il riconoscimento dei problemi sulla
negazione.
51
PER NON CONCLUDERE
I servizi educativi sono consapevoli della loro collocazione
in un preciso contesto storico, in cui il bambino è sottoposto spesso
ad una logica di vita adulta. Egli non trova talvolta spazio per la sua
esigenza di colloquio e di ascolto, per un uso del proprio tempo
adeguato alla conquista di un’autonomia sul piano manuale e pratico,
per quella vitale manifestazione del suo essere che è il gioco. Privato
talvolta di fondamentali gratificazioni affettive, non viene provocato
dal mondo adulto all’alacrità della scoperta, allo stupore della
ricorrente novità conquistata. La stessa fruizione televisiva, pur
proponendo anche stimoli-istruttivi, risulta spesso così prolungata
nel tempo da ostacolare altre forme di esperienza e può di
conseguenza avere influenze negative. Dalla necessità di compensare
le carenze del contesto socio-culturale in cui il bambino vive, deriva
la necessità di connotarsi come servizi educativi integrali e come
ambienti culturalmente ricchi di testimonianze umane, fertili di
stimoli all’ampliamento di orizzonti, sollecitante originalità ed
autenticità di vita, aperto a tutti i valori che fondano l’esistenza della
persona.
Fervidi stimoli ci vengono dal particolare contributo di una
persona aperta alla scoperta e alla riflessività necessaria all’agire
educativo di noi adulti: educatore, burattinaio, ecologista, dirigente
scolastico che con il suo Manifesto ci ha offerto l’occasione di
assumere uno sguardo olistico circa le esigenze dell’infanzia.
52
Nel percorso realizzato, durante l’anno scolastico 2012-13, si
è voluto approfondire, uno degli articoli contenuti nel manifesto
ideato da Gianfranco Zavalloni, il diritto all’uso delle mani. “Fare”,
vivere esperienze concrete, creative, significa, per noi, offrire
opportunità di crescita valorizzando competenze e bisogni dei più
piccoli creando, scoprendo e ricercando modi per “costruire il
mondo”
Così scrive Gianfranco, nel novembre 2003 sulla Rivista
Bambini, “Un appello ai grandi: genitori, insegnanti, ammistratori,
politici …. Il mondo dei piccoli interroga noi grandi!
53
E' indispensabile prendere coscienza di ciò che rischiamo di non
offrire all’infanzia, e quindi, indirettamente, di derubare ai bambini
proprio perché ritengo che il rischio del furto ci sia. E’ il furto di
opportunità, di esperienze, di competenze di occasioni che o si
vivono nei primi anni di vita oppure si rischia di perdere per
sempre. Quando, in questi ultimi tempi, mi sono ritrovato a riflettere
e a discutere sul problema dei diritti dei bambini e delle bambine…
ho cercato di mettermi nei loro panni…Se oggi dovessimo riscrivere
la Carta internazionale dei diritti dell’infanzia, sicuramente io
aggiungerei anche questi diritti fra quelli che ormai sono considerati
i diritti fondamentali. Ritengo infatti che questi siano veri e propri
diritti naturali dei bambini e delle bambine”.
Abbiamo fatto nostri questi pensieri, coinvolgendo i servizi
per l’infanzia, dal Nido alla Scuola dell’Infanzia, poiché fortemente
convinti che attraverso questi sia possibile offrire ai bambini ed alle
bambine contesti di apprendimento attenti alle sfumature, ai singoli
bambini e bambine, offrendo loro “spazi mentali” diversificati,
opportunità di crescita inusuali per l’attuale organizzazione
scolastica e sociale.
Gianfranco a proposito de Il diritto di sporcarsi scrive:
“ La tendenza del mercato è quella di offrire tutto preconfezionato.
L’industria sforna ogni giorno di oggetti “usa e getta” che non
possono essere riparati. Nel mondo infantile i giocattoli industriali
sono talmente perfetti che non necessitano dell’apporto creativo della
manualità del bambino o della bambina…Nel contempo mancano le
occasioni per svilupparle abilità manuali ed in particolare la
manualità fine…Quello dell’uso delle mani è uno dei diritti più
disattesi della nostra società post-industriale e rischiamo di avere
bambini e bambine capaci di stare ore davanti ad un computer ma
incapaci ad usare un martello o un paio di pinze”
54
Dall’uso delle mani alla creatività, all’arte, alla poetica delle
cose, quali elementi di una educazione al vedere e al sentire, quali
rappresentazioni della realtà: vedere, sentire, toccare, manipolare,
sono le sensazioni che nel campo della didattica delle arti si intende
sviluppare e far crescere nei bambini per uno sguardo più attento e
consapevole verso la costruzione di un pensiero autonomo e in grado
di cogliere le “sfumature”.
Il “viaggio” intrapreso non è concluso…
Viaggiare porta al superamento dell'abitudine, l'uscita dal
rischio della massificazione che la vita quotidiana spesso comporta.
È la rottura della routine, di schemi ritualistici cui il mondo del
lavoro e della grande città ci ha abituato, con lo stress e la ripetitività
dei ritmi che essi comportano. Questo, sia che il lavoro venga vissuto
nelle sue “componenti libidiche, narcisistiche “… sia nel significato
di “necessità “cui l'uomo è costretto e della “naturale avversione ad
esso” che ne consegue, come scrive S. Freud in “Disagio della
Civiltà” (Opere, 1980). Il viaggio è, insomma, “un momento di vita
fuori della quotidianità, ma può essere prezioso anche per capire e
riappropriarsi della vita quotidiana [...]. Certo, per molti viaggiare è
un antidoto all'ansia, una medicina contro i mali della vita urbana e la
durezza di una società estremamente competitiva.
È pure (o può esserlo) un arricchimento alla conoscenza di
realtà anche lontane [...].
Possibili incontri (in tal senso) se vissuti con uno spirito
meditativo, e non come pura emozione consumistica, sviluppano una
sensibilità nuova nel giudicare se stessi e l'ambiente esterno [...].
Paesaggi diversi: non ci sono soltanto quelli reali. Altrettanto reali
sono quelli descritti, raccontati o semplicemente sognati [...]. La
vacanza è un fatto dello spirito, più che una condizione di non lavoro
[...] e come tale frutto della pazienza, della moderazione e della
curiosità” (Corna Pellegrini, 2000).
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“…serve un villaggio per crescere un bambino”. Recita così un
proverbio africano. Quale Comunità Educativa Territoriale, così
come si vuole connotare la CET, non si può che partire da questo,
dai diritti naturali dei bambini e delle bambine, dalla loro
esplorazione… per proseguire nel “Viaggio” di crescita, di
costruzione, di identità per uno sguardo “altro” verso la comunità .
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