I LINGUAGGI DELL`ARTE
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I LINGUAGGI DELL`ARTE
ARTE E LINGUAGGI Guardare, osservare e costruire il mondo A cura di Francesca Campana Maraldi Federica Foschi Il grande sentiero non ha porte, migliaia di strade vi sboccano. Quando si attraversa quella porta senza porta si cammina liberamente tra cielo e terra. Mumon “…”Cos'è l'arte" e rispondendo all'interno del paradigma fenomenologico, possiamo dire che è un modo di guardare le cose, è divenire che solo una tassonomica ottusità della cultura occidentale vuole restringere in una "materia" scolastica. Invece essa si espande e prende senso nel contaminarsi con tutto il resto: l'estetico è, dunque, partire dallo stupore per rifondare i sentimenti e poter simboleggiare.” M. Dallari 3 INDICE Presentazione Daniele Amati p.5 Introduzione Monica Ricci p.6 Ricordando un amico, Gianfranco Zavalloni p.8 Seminario Liberiamo le mani p.10 Progetto Arte e linguaggi p. 21 C’era una volta l’arte dei linguaggi p.28 La poetica delle cose p.33 Arte per nulla. Laboratori Giochi di china p.39 Il potere analogico della bellezza p.43 L’arte del saper fare insieme p.45 Per non concludere p.53 4 Presentazione Le Comunità Educanti sono complesse e inevitabilmente plurime, perciò hanno bisogno di una struttura connettiva che le sappia leggere e governare: hanno bisogno di un disegno politico lungimirante, coraggioso, autorevole. L’identità e la comunità sono binomi inscindibili e la loro relazione è frutto di un equilibrio ed una ricerca incessante. La CET – Comunità Educante Territoriale, pensata per favorire l'integrazione tra scuola e territorio e rinforzata da un Patto tra Scuole ed Enti Locali, in occasione del ventennale della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, approvata il 20/11/1989 e ratificata dall’Italia con legge del 27/05/199, ancora oggi si pone quale principale obiettivo la costruzione di un sistema formativo integrato. Un sistema inteso come ambito nel quale, più luoghi dell’educare, offrono alla comunità molteplici occasioni d’informazione, di riflessione culturale, di ricerca e di sperimentazione, funzionando da anello di collegamento tra istituzioni scolastiche e servizi territoriali; proponendosi come un sistema integrato di servizi, di enti e istituzioni: Enti Locali, agenzie, scuole e reti di scuole. In questa direzione si è sviluppato il progetto di qualificazione dei servizi per l’infanzia (l.r 26/01 e l.r.12/03) che ha consentito di promuovere, attraverso momenti di informazione ed incontro con le famiglie e occasioni formative rivolti agli insegnanti, una cultura dell’infanzia attenta alle relazioni, al confronto, attraverso personali elaborazioni, dove le risorse di ognuno possono trovare espressione. Daniele Amati Sindaco del Comune di Poggio Berni e Assessore CET- Unione dei Comuni Valle del Marecchia 5 Introduzione La CET oggi vede coinvolti, attraverso la Fondazione FO.CU.S., oltre agli Istituti Scolastici e i servizi per la prima infanzia, i Musei, le Biblioteche di Santarcangelo, Verucchio, Poggio Berni, Bellaria Igea Marina, Santarcangelo dei Teatri, il Centro Zaffiria, il Centro per le Famiglie, l’Osservatorio Naturalistico della Valmarecchia di Torriana. Soggetti che, in un’autentica rete, rappresentano la costellazione in cui una comunità può ritrovarsi con l’intento di sostenere e contribuire a diffondere una cultura dell’infanzia partendo da quelle che sono le competenze, i bisogni ed i desideri di un bambino, di una bambina, per moltiplicare i processi di apprendimento critico e quindi per contribuire, sul versante della formazione della personalità, al superamento di quelle insufficienze e contraddizioni. Cambiare il mondo in cui si vive è per prima cosa cambiare se stessi: attraverso la ginnastica dell’immaginazione, applicando la forza di quest’ultima all’inerzia della realtà. Lo sviluppo della creatività consente di pensare fuori dagli schemi noti e di raggiungere conclusioni nuove adatte a risolvere un problema o a cogliere un’opportunità, attivando quella parte del cervello “generatrice” di un pensiero “diverso”. Si tratta di coltivare un’ attitudine che favorisce l’ampliamento dei propri schemi abituali, attraverso innumerevoli porte d’accesso. Didattica dell’arte, educazione al vedere e al sentire, rappresentazioni della realtà sono aspetti importanti entrati ormai da diversi anni nel campo della riflessione sul rapporto tra visione e facoltà immaginative, tra verità e immaginazione artistica. Vedere, sentire, toccare, manipolare, sono le sensazioni che nel campo della didattica delle arti si intende sviluppare e far crescere nei bambini 6 per uno sguardo più attento e consapevole verso la realtà; è infatti il tema delle ‘cose’ che delinea tutta l’esperienza della didattica delle arti, fin dai primi anni del cammino scolastico di ogni bambino. Questo è il nostro compito e la nostra sfida. Monica Ricci Presidente Fondazione Culture Santarcangelo FO.CU.S. 7 Ricordando un amico Gianfranco Zavalloni Riportiamo i pensieri dell’educatore Gianfranco Zavalloni, che sin dai primi anni di attività del CET ha collaborato alla realizzazione dei progetti 0/6. …..La mano è lo strumento più importante dell’uomo: è l’arto che caratterizza gli esseri umani da tutti gli altri esseri viventi del creato. Con la mano l’umanità è riuscita a costruire (e a volte a distruggere) intere civiltà. Con le mani la donna e l’uomo “comunicano”, “creano”, “scoprono”, “ giocano”, “ lavorano”. A cosa servono le mani? La mano comunica: abbraccia, accarezza, sfiora, saluta, protegge, porge... Sono gesti ed azioni quotidiane che esprimono comunicazione, affetto, sentimenti d’amore. Penso a due innamorati, a genitori e figli, ai nonni, alle amicizie profonde. La mano crea: plasma, dipinge, scolpisce, mima, scrive, svela, volteggia…Sono i gesti e le azioni quotidiane delle espressioni artistiche. Penso allo scultore, al mimo, al burattinaio, al pittore, al prestigiatore, allo scrittore, al ballerino. La mano scopre: muove, enumera, sposta, mischia, classifica, raggruppa, afferra, appunta... Sono i gesti e le azioni quotidiane di alpinisti, scienziati, ricercatori, archeologi, biologi. La mano lavora: avvita, sega, imbullona, punta, assembla, progetta, zappa, falcia, guida, incide, estrae... Sono i gesti e le azioni quotidiane di chi nel lavoro usa soprattutto le mani: gli artigiani delle piccole botteghe, gli operai delle grandi officine, gli agricoltori delle campagne, ma anche i muratori, i macchinisti, i chirurghi, i dentisti. 8 La mano gioca: lancia, stringe, prende, ruota, manipola, preme, colpisce, taglia… Sono i gesti e le azioni quotidiane di coloro che giocano, nuotano, costruiscono giocattoli, si avventurano nel bosco: bambini, ragazzi e adulti. Noi tutti sperimentiamo la maggior parte di queste (ed altre) “azioni quotidiane”, ad eccezione di quelle connaturate con specifiche professioni. Tutte queste “abilità manuali”, comunque, non si improvvisano. Sono il frutto di un lungo esercizio, di un lungo apprendistato che si perfeziona nel corso degli anni . La data di inizio è il primo giorno di vita. Non ha praticamente termine, se non nel giorno della nostra morte. Le opportunità manuali dell’esperienza ludica I bambini e le bambine che hanno la fortuna di vivere l’esperienza del laboratorio della manualità si trovano ad avere un “tesoro fra le mani”. È infatti, una vera e propria bottega per l’apprendistato della manualità. Il laboratorio delle mani è un luogo per poter imparare ad usare utensili e realizzare direttamente con le proprie mani vari oggetti. Alcuni esempi posso essere i nidi artificiali per gli uccelli e le mangiatoie, i giocattoli costruiti con materiali di recupero o con elementi naturali (legnetti di nocciolo, sambuco, sanguinello, canne… che facilmente si possono raccogliere nelle siepi o lungo i fossi). 9 Seminario LIBERIAMO LE MANI Dalle riflessioni di Gianfranco Zavalloni, che la CET ha fatto proprie, è scaturita l’esperienza del seminario Liberiamo le mani svoltosi nel settembre 2012; un seminario dedicato alla qualità della didattica per riscoprire e giocare attraverso le mani, per ritrovare il gusto di esplorare, di lasciare che l’errore generi nuovi percorsi, per provare strumenti e assumere nuovi punti di vista. A stimolare la creatività e la manualità negli insegnanti è stato l’artista parigino Hervè Tullet, conosciuto dagli insegnanti per i suoi libri d’artista innovativi, che trasformano il modo di leggere. Insieme a lui i docenti hanno disegnato, dipinto, per arrivare poi a stimolare i bambini verso un’espressività che promuova il loro benessere. I libri di Hervé Tullet sono « oggetti interattivi » che danno l’opportunità di mettere in scena storie possibili, di dare voce a segni e personaggi. L’interazione è suggerita anche con i movimenti: tocca, strofina, soffia, il libro diventa luogo dell’azione e interazione. Ogni gesto induce una trasformazione nella pagina seguente, giocando, in modo artistico e divergente, con le dinamiche ben note dei touch screen e dei videogiochi. Mettendo il bambino al centro: con la sua azione, il bambino crea la storia, la modifica, può saltare le pagine. E può giocare: cerca quello che è cambiato, gioca a nascondino… A partire da alcuni elementi base (sfondo/forma; chiaro/scuro; bianco e nero/colori; ripetizione/alternanza) propone un ritmo che coinvolge il bambino attraverso i sensi. Tullet è affascinato dai segni che i bambini e gli adolescenti fanno su quaderni, libri e diari quando si annoiano a scuola, quando cominciano a vagare in un mondo immaginario. Il grafismo di quelle rêveries sono per Tullet 10 dei veri tesori, protagonisti nelle sue pagine. Il gioco delle impronte, la possibilità di grattar via il colore (per togliere e non solo per mettere…), i collages con qualsiasi materiale sono tecniche che Tullet usa per mostrare al bambino alcune possibilità e invitarlo a cominciare poi una personale sperimentazione. Riprendendo la suggestione di Bruno Munari sull’importanza del togliere, del semplificare, ecco che Tullet toglie materiale ai suoi stessi libri. Il buco, quello spazio che diventa vuoto (e paradossalmente pieno) nella pagina, permette di vedere attraverso, di passare dalle due alle tre dimensioni permettendo al bambino una manipolazione con più possibilità. Riportiamo l’intervento dell’artista durante il seminario Pubblico: Come è possibile aiutare i bambini ad esprimersi, a usare il colore senza che abbiano paura di sporcarsi? Tullet: Non ho una risposta. Quando arrivo in atelier comincio a lavorare - con la modalità dello scarabocchio e dei punti - ed è normale sporcarsi. Non mi faccio troppo carico dei blocchi dell’uno o dell’altro, anche perché probabilmente si sbloccano lavorando insieme. Creare una situazione di gioco e di attività facilita il coinvolgimento dei bambini e delle bambine. Il mio lavoro è dare il la al laboratorio con i gesti. La successione degli elementi che ci ha dato, la sequenza dei segni che ci ha fatto fare, è casuale oppure è guidata, c’è una logica dietro? Tullet:Ho una sola logica in tutti i miei esercizi: quella di arrivare al disegno attraverso il gioco. Se arrivassi al disegno attraverso il disegno, probabilmente ci sarebbero dei blocchi. Mentre se arrivo al disegno attraverso il gioco, esso diventa un gioco e dunque si dimentica l’idea del disegno stesso. E quindi si dimentica il concetto di disegnare bene o disegnare male. Se dico di disegnare una casa, diventa difficile, bisogna disegnare una casa. Invece facendo così come ho appena dimostrato, diventa un gioco [Tullet prende dei 11 piattini e li sbatte sul foglio]. Non è un esempio di bel disegno. Ma partendo da queste macchie fatte col piatto si può aggiungere una casa, si può aggiungere una macchina, si può aggiungere un signore, qualunque cosa. Il lavoro di partenza è liberare il gesto. Però non liberarlo tanto per liberarlo, ma liberarlo per arrivare ad un momento più serio, in cui il disegno verrà preso in considerazione in maniera seria e verrà utilizzato per farne qualcosa. Ed è proprio questo il momento che preferisco. Quando si fa questa attività in buone condizioni, come nel caso del laboratorio che abbiamo appena fatto, all’inizio i bambini si sentono persi. Devono cambiare posto, devono dimenticare il migliore amico. Ma di colpo si sente una differenza netta e si installa una specie di ritmo. Allora posso cominciare a dire: un puntino un trattino un puntino un trattino, e mi rendo conto che tutto va bene. Si installa il ritmo del gioco, come una danza. Il mio lavoro diventa quello di guardare cosa succede. Dopodiché vi è una seconda parte, in cui cerco di dire ai bambini che è serio, che il disegno appartiene loro. E quello è un momento splendido per me, perché il disegno mi sfugge completamente. Il mio ruolo diventa quello di passare dai bambini e entrare in contatto con loro individualmente, per incoraggiarli in un senso, per far loro ingrandire il disegno, prendere il pennello, far qualcosa con qualcun altro. Adesso che quest’esercizio è arrivato al punto giusto, mi piace che ci sia della musica – la mia musica - come se fossi nel mio atelier, la musica che ascolterei io. I disegni mi sono sempre sfuggiti, ma sempre in un senso positivo. Non ho mai avuto dei fallimenti in questo tipo di disegno. C’è un aspetto che permette di raggiungere un certo livello di serietà. È commovente. Le forme che vede apparire le intravede lei o le lascia vedere ai bambini? Dopo che ha individuato le forme significative, lascia fare ai bambini? 12 Tullet:Per me l’aspetto principale è l’interpretare. Se comincio a vedere troppi fiori con i petali, il mio lavoro diventa dire che non sono quelli i fiori. Sono delle forme con uno stelo, con delle foglie, che poi diventano fiore. Il mio compito è di togliere i petali e il cuore, perché sono stereotipi. Sono un dittatore della libertà. Per dare questa libertà devo essere un po’ dittatore. Ma questa dittatura porta all’autonomia. Ed è così che lavoro per me stesso. Non riesco sempre a farlo, ma quando riesco a lavorare in questo modo sono felicissimo. Seguire il ritmo, seguire la musica, seguire le macchie di colore, e lasciarsi sorprendere da forme che nascono per caso. Quando poi si è insegnanti si può ricollegare questa attività alla storia dell’arte. Il passaggio dallo scarabocchio a Jackson Pollock è molto facile. Ci sono molti altri artisti degli anni cinquanta che si avvicinano a questa idea, a questo modo di vedere la libertà. C’è una ragione per cui le sue consegne riguardano sempre forme fluide - cerchi, punti, spirali – e non figure con degli spigoli? Tullet:E’ sempre una scelta che si lega alla semplicità. Posso darvi degli altri esempi. Ad esempio si possono prendere dei rotoli di carta, si possono incrociare, sovrapporre, si possono mettere un po’ dappertutto. Utilizzo spesso dei rotoli di carta. Nel vostro caso ho utilizzato dei fogli di carta, ma spesso utilizzo i rotoli. Lancio questi rotoli in tutte le direzioni, si possono anche incrociare, sovrapporre. Su questi rotoli metto degli ostacoli. Mi è venuta questa idea un giorno in cui ero in una scuola e ho visto del materiale per fare dei giochi ginnici: dei cerchi, dei cubi, e ho iniziato a disporre questi elementi sopra i fogli di carta. Poi ho disposto tutti i bambini attorno, ho chiesto loro di fare un punto. Dopodiché ho chiesto loro di immaginare che il pennello non fosse più un pennello ma una macchina e ho proposto loro di andare a fare un giro. Quindi ci sono angoli, ci sono tanti percorsi possibili. Vedo che si 13 sovrappongono, che si accavallano uno sull’altro. E questo è il gioco. Il mio compito diventa controllare che tutti quanti si muovano, e se c’è qualcuno fermo, chiedergli: “ma cosa fai lì fermo?”, oppure: “tu vai troppo veloce, lavori nella polizia?”. Quindi seguo i bambini e controllo che il disegno cresca. E quando il disegno è cresciuto e sufficientemente pieno, secondo la mia opinione, a quel punto tolgo gli ostacoli. Gli ostacoli hanno creato degli spazi bianchi, e a questo punto dico ai bambini: “ecco la vostra città, non vi resta che aggiungere le persone, le macchine, le case”. A quel punto il disegno mi sfugge. Ma a volte trovo degli alberi che mi piacciono e dico: “questo alberi sono splendidi, falli là, là e là”, e questo in base a ciò che succede nel rapporto personale, individuale col bambino. Vorrei chiedere una cosa rispetto ai bimbi piccoli del nido. Il percorso che abbiamo fatto nell’altra stanza è stato partire dalla forma, il cerchio, per arrivare al disegno. Con bimbi così piccoli non è possibile. È difficile partire dalla forma, anche il puntino in sé non lo capiscono. Tullet:Ho poca esperienza nei nidi, ma ne ho. Devo dire che i Turlututù funzionano benissimo fin dai primi anni, molto presto. Anche un libro è un oggetto, uno strumento, che può funzionare molto presto. L’ultima volta che sono stato in un asilo nido, sono arrivato lì e non c’erano pennelli, c’erano dei foglietti A4, e mi sono detto: “oh oh”. Mi sono girato e ho trovato un cartone di un imballaggio, molto grande. Eravamo cinque adulti per cinque bambini, non mi ricordo bene. Siccome non c’erano pennelli, all’inizio hanno proposto di utilizzare i guanti, ma hanno tolto i guanti molto rapidamente. Ho iniziato a prendere dei bicchieri di plastica e a stendere la pittura sopra, ho fatto l’impronta. Poi davo il bicchiere e il bicchiere entrava nella sua funzione di stampino. Poi prendevo il dito e lo mettevo nel colore, poi prendevo il dito e facevo uno stelo, poi prendevo un piatto e facevo delle macchie. Quindi ho 14 creato una specie di gioco attorno al gesto. Anche in questo caso è molto importante la lettura, l’approccio iniziale, il momento in cui si crea il contatto. Che fine fanno tutti quei fogli che abbiamo fatto? Tullet:Ci sono molte cose che ho fatto che in questo momento mi tornano alla mente. Facevo dei dettati grafici. Ad esempio: “fate un cerchio in alto a sinistra, fate un cerchio in alto a destra, mettete un bastone al centro, mettete un U in basso” e questo creava l’omino. Però è un mio disegno. Ma non è sempre così. Ero io che immaginavo di dettare in modo tale da creare il volto di una persona. Ma si può fare anche altro, si può trasformare, e anche questo è interessante. Un’altra cosa che facevo era prendere due fogli di carta in una classe. Ne mettevo uno nella prima fila e uno nell’ultima fila, e il gioco consisteva nel disegnare una forma diversa sui due fogli nel momento in cui passavano. Alla fine il risultato era una serie di brutti scarabocchi. Ma magari da qualche parte si potevano riconoscere degli oggetti, magari qualcuno aveva fatto una forma. In seguito riproducevo la forma che mi interessava sulla lavagna. Poi ricominciavo con altri due fogli, e altri due ancora e altri due. Sempre mantenendo la regola: nel momento in cui uno ha il foglio davanti deve disegnare velocemente. Ma prima bisogna chiudere gli occhi e riflettere su quello che si andrà a disegnare. Quindi pian piano, selezionando delle forme, delle idee, si vede che qualcosa appare: un disegno. Magari non un disegno figurativo. E dopo si può dire: bene, adesso disegniamo. E a quel punto tutti quanti si appropriano dei trattini, delle forme, delle varie cose che sono a disposizione. Ho fatto questo gioco, che adesso è un gioco in scatola ma prima era un gioco che facevo a scuola. Faccio disegnare una forma. La forma la si può disegnare con un annaffiatoio, con un piatto, con 15 qualunque cosa. Dopodiché prendo un dado. Sarebbe meglio se ci fosse un dado per ogni bambino. Questo può essere fatto su dei piccoli fogli o su dei grandi fogli. Nel caso dei fogli più grandi, questa volta faccio circolare dei colori. Poi dico: “prendete un dado, lanciatelo, e il numero che esce corrisponderà al numero di occhi”, e poi il naso, la bocca e le orecchie. Per quanto riguarda le gambe e le braccia va bene tutto quanto, ma per quanto riguarda i capelli se esce uno o due non è molto, tre o quattro è normale, e cinque o sei è molto. In questo modo il disegno è diventato un gioco. Si possono creare dei mostri senza riflettere, senza rendersi conto di fare dei mostri. Un mostro è una forma con degli occhi, con dei particolari, e diventa rapidamente un gioco. È sempre l’idea di voler cambiare lo sguardo, di passare da un gioco a un disegno, dimenticando il fatto che in quel momento si sta disegnando veramente. Volevo sapere se esiste un rapporto con Bruno Munari, e se esiste qual è? Tullet:Sì, credo che ci sia un rapporto evidente. Ma fortunatamente per me non conoscevo Munari quando ho fatto il mio primo libro. È una cosa che è venuta pian piano: Bruno Munari e Enzo Mari sono stati fonte d’ispirazione. Il libro che conoscevo fin dall’inizio è Piccolo Blu e Piccolo Giallo. Questo era il libro che io volevo realizzare, il libro che volevo in qualche modo superare. Il nipote di Lionni mi raccontò come nacque quel libro. Non so se fosse vera. Però questa storia è veramente emblematica di ciò che amo: svolgere delle attività vive, fare qualcosa che sia vivo, farlo senza pensare a ciò che si andrà a fare. Ed è proprio per questo che corteggio molto il caso, per trovare questa cosa che quando compare, quando appare, è magnifica. È per questo motivo che mi piace l’arte grezza, l’arte di quelle persone che hanno bisogno di disegnare, senza riflettere sulle tecniche, sulla carta, sui formati, ma riflettendo su ciò che hanno bisogno di esprimere. In questo trovo 16 molti collegamenti col disegno dei bambini, con l’idea che i bambini fanno questi scarabocchi e, nel momento in cui fanno questi scarabocchi, si creano nella loro testa una storia. Ed è vero che sono a scuola per imparare, però penso che l’energia collettiva permetta di imparare molte cose senza passare necessariamente dall’insegnamento. Energia collettiva che può diventare un progetto, che può diventare una mostra, che può diventare una forma di corrispondenza, che può diventare una ricerca per trovare cose che possano alimentarne altre. A cura di Alessandra Falconi Centro Zaffiria (Bellaria – Igea Marina) 17 18 Progetto ARTE E LINGUAGGI GUARDARE, OSSERVARE E COSTRUIRE IL MONDO II progetto “Arte e linguaggi”, ha teso alla promozione di azioni volte alla qualificazione dei servizi dell'infanzia ed alla continuità orizzontale e verticale, attraverso il raccordo tra nidi d’infanzia, scuole dell’infanzia, primo ciclo della scuola primaria e al sostegno della genitorialità; offre un contributo alla realizzazione del sistema integrato dei servizi divenendo garanzia di un'elevata qualità dell'offerta educativa. Il progetto che si viene a presentare intendeva attuare le linee d'indirizzo provinciali ed in particolare: Una progettazione partecipata L’articolazione del progetto pluriennale Lo sviluppo del raccordo tra i servizi educativi per la prima infanzia, le scuole dell’infanzia e la scuola primaria. La realizzazione di interventi che tengano conto di tematiche di particolare rilevanza socioculturali, quali il disagio sociale e l’inclusione dei bambini stranieri e delle loro famiglie . La formazione/informazione rivolta ad insegnanti e genitori di tutti i bambini, utenti e non, dei servizi educativi. La realizzazione della documentazione relativa ai progetti educativi. CONTENUTI Parte del titolo del progetto “Arte e linguaggi” ha portato inevitabilmente alla mente un altro termine: creatività. La creatività è un concetto pervasivo che può essere adottato indifferentemente nei più disparati campi di attività dell’essere umano, che permea il suo stesso modo di essere e di agire. E ancora, la creatività è un modo libero di vedere e sentire il mondo e di stabilire nuovi rapporti tra le cose; un insieme di attitudini e capacità riferibili a qualsiasi campo dello scibile e dell’agire umano. 20 La Creatività può essere definita come l’attitudine a rompere gli schemi tradizionali di risposta attraverso la libertà. La Creatività è progettare, è gettare in avanti (gettare-pro). Altre definizioni della creatività ci riportano a: Erich Fromm: capacità di vedere e di rispondere. Rollo May: processo che porta qualcosa di nuovo nell’esistenza. Kahlil Gibran: avere idee è raccogliere fiori, pensare è fare ghirlande. Umberto Galimberti: carattere saliente del comportamento umano, particolarmente evidente in alcuni individui capaci di riconoscere, tra pensiero ed oggetti, nuove connessioni che portano a innovazioni e cambiamenti. Donald W. Winnicott: è un universale, appartiene al fatto di essere vivi. Carl Rogers: l’espressione più piena di quella tendenza a realizzare se stessi e a sviluppare in modi realmente efficaci le proprie potenzialità, che costituisce la molla stessa dell’esistere e della crescita psicologica. La creatività nel quotidiano è proprio questo: non ritenere che le cose siano stabilite una volta per tutte ma, al contrario, rendersi conto che niente è irreparabile. Cambiare il mondo in cui si vive è per prima cosa cambiare se stessi: attraverso la ginnastica dell’immaginazione, applicando la forza dell’immaginazione all’inerzia della realtà. Lo sviluppo della creatività consente di pensare fuori dagli schemi noti e di raggiungere conclusioni nuove adatte a risolvere un problema o a cogliere un’opportunità, attivando quella parte del cervello “generatrice” di un pensiero “diverso”. 21 Si tratta di coltivare un’attitudine che favorisce l’ampliamento dei propri schemi abituali, attraverso innumerevoli porte d’accesso. Didattica dell’arte, educazione al vedere e al sentire, rientrano e si fondono nel rapporto tra visione e facoltà immaginative, tra verità e immaginazione artistica. Vedere, sentire, toccare, manipolare, sono le sensazioni che nel campo della didattica delle arti si intende sviluppare e far crescere nei bambini per uno sguardo più attento e consapevole verso la realtà; è infatti il tema delle ‘cose’ che delinea tutta l’esperienza della didattica delle arti, fin dai primi anni del cammino scolastico di ogni bambino. FINALITA’ • Sostenere momenti di incontro e confronto fra tutti gli “attori" dei processi educativi in un’ottica di continuità verticale tra servizi educativi-scolastici (Nidi d’Infanzia e scuole dell’Infanzia pubbliche e private) e orizzontale tra servizi educativi-scolastici e famiglie. • Promuovere un contesto familiare attento ai bisogni dell'infanzia in cui i genitori possano farsi parte attiva nella crescita dei figli. • Garantire la formazione dei genitori circa i propri stili educativi favorendo lo sviluppo di "buone prassi" e attivare momenti di formazione/informazione per insegnanti e genitori al fine di individuare strategie comuni e condivise. 22 SULLA DIDATTICA DELLE ARTI E DEI LINGUAGGI DUE ESPERIENZE DIVERSE… PER UN OBIETTIVO COMUNE Il progetto Didattica dei linguaggi poetici svolto nell’anno scolastico 2012/2013 dalle direzione didattiche I e II circolo di Santarcangelo di Romagna (scuole dell’Infanzia) si è sviluppato seguendo un filo conduttore fondamentale: la didattica delle arti, attraverso la quale gli oggetti e le cose vengono rappresentati da un punto di vista artistico, riflettendo e avvicinandosi alla realtà circostante. Il progetto, realizzato e sviluppato con la collaborazione e la consulenza scientifica e antropologica dell’Istituto dei Musei Comunali (nella persona del direttore Mario Turci) è partito da concetti importanti, che si sono rivelati utili per favorire la produzione di cultura da parte dei bambini attraverso lo sviluppo dei linguaggi: 23 SCRITTURE Composizione del discorso ARTE Osservazione /Visione /Espressione INSTALLAZIONE Linguaggi delle cose Cumuli e Liste Di seguito lo schema del progetto iniziale che le scuole del I e II circolo hanno sviluppato seguendo percorsi diversi rivolti non solo alla formazione degli insegnanti sul tema della didattica dell’arte, ma soprattutto alla realizzazione di esperienze laboratoriali sul rapporto osservazione/manipolazione, lo sviluppo dell’espressività e dell’estetica della percezione degli oggetti e della realtà, l’esperienza di osservazione e narrazione del vissuto individuale di ogni bambino e bambina. 24 Progetto “Didattica dei linguaggi poetici – Antropologia dell’ arte” – II Circolo Santarcangelo LA POETICA DELLE COSE • Poetica > guardare ed esprimere il mondo Lo sguardo poetico è un modo di guardare • Visione > dal guardare al vedere. • Oggetti in co-azione > costruire il mondo L’arte è un modo di esprimere l’esperienza dello sguardo poetico Nell’ambito del progetto “C’era una volta l’arte dei linguaggi” I Circolo Santarcangelo LINGUAGGI DELLE COSE • Poetica > guardare il mondo Lo sguardo poetico è un modo di guardare • Linguaggio > Esprimere la visione del mondo • Oggetti in azione > costruire il mondo Il teatro delle cose come forma d’espressione dello sguardo poetico POETICA - Guardare il mondo (osservazione-percezione) - Costruire il mondo (espressione) SOSTANZA - le cose pensano (la sostanza delle cose – le cose hanno un anima narrante) - le cose parlano (le cose raccontano storie) 25 II Circolo Santarcangelo I Circolo Santarcangelo LA NATURA UMANA DELLE COSE - Oggetti d’affezione (la vita relazionale) - Oggetti migranti (trasformazione e progetto) - Oggetti impertinenti (immaginazione produttiva) - Oggetti salienti (contenitori esistenziali) IL TEATRO DELLE COSE - Anim/AZIONE - Narr/AZIONE - Spettacol/AZIONE - Esposizione Un Metodo a)Incontro d’esplorazione delle idee e delle intenzioni progettuali b)Realizzazione lineamenti progettuali e obiettivi didattici (Insegnanti) c)Lineamenti d’antropologia e incontri di formazione (museo) d)Incontri periodici di verifica e approfondimento e)Valutazione finale e preparazione dell’esposizione f)Esposizione 26 C’ERA UNA VOLTA L’ARTE DEI LINGUAGGI C’era una volta…l’arte dei linguaggi” Se anche le cose son sempre le stesse ognuno di noi le crea diverse perché ciò che cambia son le persone è il cuore, la testa…l’immaginazione! Il progetto educativo-didattico del primo circolo di Santarcangelo è stato caratterizzato dall’interesse rivolto alla dimensione estetico del bambino, legato alla narrazione, alle emozioni e al viaggio. L’arte è stata considerata un “motore rigeneratore”, perché ritenuta una fonte da cui ricavare nuove energie per i nostri sensi. Le opere d’arte non sono state proposte ai bambini come un testo di apprendimento, di studio o di riflessioni, ma come un pre-testo, un’occasione per assumere un atteggiamento estetico, capace di distaccarsi dall’arte per rivolgersi con uno sguardo rinnovato a tutto ciò che ci circonda. Le opere d’arte sono diventate così materiale didattico prezioso ed insostituibile per sensibilizzare, alfabetizzare e costruire l’immaginario dei bambini; non testi rispetto ai quali attivare meccanismi di comprensione, spiegazione e conoscenza, ma occasioni per attivare processi mentali, culturali e produttivi, suggeriti e indotti dalla familiarità acquisita con il lavoro degli artisti. Non si è trattato di un percorso di educazione artistica quanto piuttosto di educazione estetica. Etimologicamente estetica significa “rapportarsi a qualcosa attraverso i sensi”; l’educazione estetica si 27 propone di acuire e potenziare la dimensione delle facoltà sensoriali. Educare alla sensibilità e al pensiero estetico vuol dire dare più spazio nella situazione educativa alla sensorialità, alla capacità di sentire, all’allenamento dell’utilizzo dei cinque sensi e delle emozioni, attraverso meccanismi di stupore e di meraviglia, coinvolgendo i bambini in esperienze plurisensoriali e globali. Coinvolgere i bambini in esperienze di apprendimento legate ai sensi, significa infatti porli nella condizione di poter far scaturire le proprie emozioni e i propri sentimenti, dando loro la possibilità di riflettere ed agire in modo personale e non stereotipato, conducendoli gradualmente ad un’autonomia di giudizio. L’impostazione estetico-artistica scelta ha segnato tutta l’attività educativa, dove il laboratorio è stato un luogo del vivere quotidiano e no un’esperienza saltuaria, un luogo di ricezione e produzione di saperi, nel quale i bambini sono stati invitati a svolgere un ruolo attivo nel processo di creazione e trasformazione. Il laboratorio è diventato una vera e propria palestra estetica, finalizzata a stimolare i sensi dei bambini: ad allenare gli occhi a vedere, le orecchie a sentire e le mani a toccare. Come in tutte le esperienze estetiche, a differenza di quelle comuni o scientifiche, il risultato avrà un’importanza relativa rispetto al vivere intensamente ogni momento del percorso. Il prodotto finale sarà il risultato di un sentire… non solo di un fare. Una delle finalità raggiunte è stata quella di avvicinare i bambini al livello estetico della comprensione di un “prodotto artistico”, comprensione che letteralmente vuol dire prendere dentro di sé, non solo nella mente ma anche nel cuore. I bambini sono diventati artisti, hanno espresso loro stessi, hanno raccontato il loro mondo interiore attraverso il canale comunicativo che più si avvicina al modo di essere di ognuno di loro. 28 L’approccio all’arte è stato plurisensoriale: visivo, musicale, motorio e così anche quello del racconto – il libro ha rappresentato uno strumento importante per la lettura dell’arte, per svelarla attraverso immagini e parole (l’albo illustrato è un racconto che trova la sua forza nell’equilibrio fra immagini e parole, fra testo ed illustrazione, è oggetto d’arte di per sé. La finalità principale del nostro progetto è stata quella di far compiere ai bambini e a noi insegnanti insieme a loro, non un percorso di educazione artistica quanto piuttosto di educazione estetica. Dove per estetica si intende “rapportarsi a qualcosa attraverso i sensi”. L’impostazione estetico-artistica che abbiamo scelto di dare al nostro progetto ha permeato tutta l’attività educativa, diventando uno stile metodologico dell’educare. Il laboratorio è stato un luogo del vivere quotidiano, un luogo di ricezione e produzione del sapere nel quale i bambini sono stati invitati a svolgere un ruolo attivo nel processo di creazione e trasformazione, è stato soprattutto un luogo di elaborazione e costruzione delle identità dei protagonisti. L’attività laboratoriale è stata per i bambini una vera e propria palestra estetica, finalizzata a stimolare i loro sensi: ad allenare gli occhi a vedere, le orecchie a sentire e le mani a toccare. Uno dei nostri obiettivi è stato quello di far sì che i bambini potessero tirar fuori il coraggio di praticare l’arte, di essere artisti, di esprimere sé stessi, di raccontare il proprio mondo interiore attraverso il canale comunicativo che più si avvicinava al modo di essere di ognuno di loro; per questo il nostro approccio all’arte è stato plurisensoriale, ha tenuto uniti tutti i linguaggi: visivo, musicale, motorio e anche quello del racconto. 29 Come in tutte le esperienze estetiche, a differenza di quelle comuni o scientifiche, il risultato ha avuto un’importanza relativa rispetto al vivere intensamente ogni momento del percorso. Il nostro è stato un viaggio emozionante nel mondo dei linguaggi e dei materiali, dei segni e dei gesti, dei colori e degli odori, dei fili e degli oggetti. Il risultato finale è stato questo, il risultato di un sentire … non solo di un fare. I CIRCOLO – Santarcangelo di Romagna Scuola dell’Infanzia IL DRAGO Scuola dell’Infanzia MARGHERITA Scuola dell’Infanzia FLORA Scuola dell’Infanzia IL GIARDINO INCANTATO 30 31 LA POETICA DELLE COSE Arte e narrazione della natura umana delle cose La natura umana delle cose Le cose sono necessarie, indispensabili. Senza gli oggetti non possiamo costruire insieme agli altri il mondo. Le cose parlano di noi, del nostro corpo. Sono l’espressione di desideri, aspettative, relazioni, sogni. Le cose hanno una natura umana, perché sono fatte dagli esseri umani, per rispondere a bisogni umani. Le cose raccontano storie Gli oggetti parlano di noi e “la poetica delle cose” è l’arte dell’anima delle cose, sguardo su di esse per scoprirne l’anima. Tutte le cose possono raccontare la loro storia… che è la storia delle umanità che le hanno vissute. Gli oggetti esistono in quanto narrabili. Gli oggetti hanno un’anima perché “pensano”, pensano perché “parlano”, parlano delle nostre anime, parlano di noi. Gli oggetti sono veicoli, segni, parole, porte per condurci in altri posti, in altri mondi. Arte e narrazione della natura umana delle cose Se le cose hanno un’anima e la poetica ricerca quell’anima attraverso storie e narrazioni, l’arte, ne è la sintesi espressiva. 32 I prodotti d’arte sono l’espressione dell’anima delle cose attraverso i linguaggi creativi. La poetica delle cose nella didattica La ricerca didattica ha condotto insegnanti e bambini ad indagare la realtà e i suoi oggetti. Sono emerse storie legate a quegli oggetti. Sono state realizzate “opere d’arte” capaci di dare espressione, “volto”, sintesi a quelle narrazioni. La mostra di tali inusuali, inattesi, impropri “prodotti d’arte” rappresenta l’opera finale del percorso. Ciascuno ha una storia da narrare: LA CARTA PARLA Ogni oggetto che partecipa alla nostra vita ha voce ed è ascoltando le storie di ogni cosa che percepiamo noi stessi e gli altri. Tra realtà e fantasia l’ “oggetto-carta” ci fa scoprire nuovi mondi, attraverso antiche emozioni. Il rispetto e il riciclo risveglieranno l’animo gioioso della natura: il suo sorriso sarà il nostro sorriso. Scuola dell’Infanzia S. Agata – Canonica LEGGERE L’ORA ATTRAVERSO GLI SPECCHI La nostra storia si snoda da un riflesso all’altro. Lo specchio e l’orologio, due oggetti senza soluzione di continuità, entrambi affascinanti e inesorabili, riflettono qualcosa di noi, dei nostri perché. Lo specchio cattura e riflette noi e lo spazio, l’orologio cattura e riflette il tempo. Essi parlano della nostra storia, del 33 nostro passato, facendoci riflettere anche sul nostro futuro, ma soprattutto ci aiutano a vivere e a godere del nostro presente. Scuola dell’Infanzia Pollicino – San Martino dei Mulini L’OFFICINA DEL SANDALO La scarpa è il luogo in cui si vive, il luogo dell’agio, il luogo dell’intimo. Nella scarpa c’è la sostanza delle persone che la abitano. Passo dopo passo la scarpa prende forma e trattiene l’impronta delle esperienze vissute. E’ nell’incontro col mondo degli oggetti, nel dialogo che ne scaturisce, che la scarpa assume una nuova forma, un nuovo significato, diventando altro da sé: sintesi artistica. Il luogo, fisico e simbolico, in cui tale sintesi ha preso forma, è stata l’officina del sandalo. Scuola dell’Infanzia Biancaneve – Sant’Ermete VIAGGIO: MEMORIA E IMMAGINAZIONE “Non importa la meta, ma il viaggio, il sentiero si fa camminando” Un viaggio immaginario verso luoghi sconosciuti e mondi favolosi, per riportare alla memoria ricordi legati agli oggetti e alle piccole cose. Scuola dell’Infanzia Peter Pan – Poggio Berni …CI VUOLE UN FIORE Le cose di ogni giorno raccontano segreti. A chi le sa guardare. A chi le sa ascoltare. Come la storia di un tavolo. E del fiore da cui 34 tutto nasce. Perché la natura ci insegna quanto siano importanti i gesti e i doni semplici. Tutti i bambini delle scuole dell’infanzia con l’insegnante di religione cattolica APRIAMO GLI OCCHI SUL MONDO! Il mondo invade l'aula con le voci degli oggetti che usiamo tutti i giorni. Irrompe con storie, ricordi di viaggi, notizie....emozioni. Parla di guerra, il mondo, di povertà, ma anche di speranza, della ricerca di una vita migliore. Ma dentro il nostro cuore troviamo spesso tanta indifferenza. Noi dobbiamo sconfiggere l’indifferenza, continuare a riempire il mondo di storie, di emozioni, di colori vivi. Classe III scuola primaria F/lli Cervi-Sant'Ermete Anche le insegnanti hanno avuto una storia da raccontare LA VITA DELLE DONNE…. RESPIRI DI VITA La vita delle donne? Sintesi espressiva di: passato, presente, futuro. Un tutto pieno, a tutto tondo che palpita al ritmo di intimi respiri di vita. LA CURA… PROFUMI D’AMORE La cura richiede tempo: è dare tempo all’altro… Nella tenerezza di uno sguardo, di una presenza, di un silenzio le donne hanno la possibilità di sperimentare quotidianamente la ricchezza e la 35 fecondità del loro agire la cura. Come l’educazione, anche la cura è “questione di cuore”. VIAGGIARE…CERCARE E TROVARE Una valigia ci trasporta in luoghi lontani dove ciascuno può ritrovare momenti sereni (nonostante tutto) e scoprire una vita nuova. II CIRCOLO Santarcangelo di Romagna Scuola dell’Infanzia POLLICINO Scuola dell’Infanzia BIANCANEVE Scuola dell’Infanzia PETER PAN Scuola dell’Infanzia S. AGATA Scuola primaria F.LLI CERVI classe III 36 37 ARTE PER NULLA Laboratori Giochi di china Il laboratorio “Giochi di china” prevedeva il suo allestimento in un’aula scolastica diversa da quella di lezione, per dare la possibilità ai bambini di lavorare in uno spazio diverso, stimolando così in loro concentrazione e curiosità. La china, protagonista dell’attività laboratoriale, è stato il materiale principale utilizzato per la realizzazione conclusiva di un libro, realizzato con i disegni dei bambini. I bambini si sono mostrati subito molto incuriositi dalla possibilità di costruire un libro con i loro manufatti, chiedendo spesso quante “pagine” potesse avere il loro libro; alla risposta che avrebbero potuto fare quanti disegni volevano, sono apparsi eccitati all’idea di poter creare più disegni possibili. L’aula è stata divisa, per la prima parte del laboratorio, in cinque postazioni. La postazione centrale è stata indicata come la postazione della pulizia con gli strumenti che i bambini hanno poi utilizzato al termine del loro lavoro per poter pulire i tavoli utilizzati e passare alla fase successiva di elaborazione del loro libro. Attorno a questa sono state allestite altre quattro postazioni in cui i bambini hanno sperimentato i materiali diversi messi a loro disposizione. I bambini si sono mostrati molto indipendenti nello svolgimento dell’attività e responsabili nei confronti dei loro elaborati. Alla prima fase di sperimentazione delle singole tecniche separatamente è seguita la creazione dei disegni, diventati successivamente le pagine del libro e di una storia inventata da loro. La fase di completamento del libro prevedeva il riallestimento delle postazioni con altri materiali, alcuni dei quali 38 conosciuti e usati comunemente (come i pennarelli neri) e altri più insoliti (come i pennini e la china condensata). Durante la presentazione di questi strumenti l’attenzione si è focalizzata sulla scelta dello strumento in relazione al segno grafico che si voleva ottenere e in questo contesto molto interessanti sono state le osservazioni sulle possibili diversità di segno ottenibili con pennarelli di punte di dimensioni diverse che i bambini sono soliti utilizzare anche in altri contesti. Procedendo al completamento dei disegni alcuni bambini hanno mostrato interesse a sperimentare tutti i materiali, altri invece si sono concentrati nella ricerca di particolari effetti, scegliendo uno strumento piuttosto che un altro. In alcune occasioni si è notata la volontà di creare una storia con i disegni realizzati e quindi il completamento mirava a inserire le parti mancanti che la narrazione del racconto necessitava, in altri bambini invece si è osservato il desiderio di utilizzare i nuovi materiali come ulteriori strumenti grafici per tracciare dei segni senza interferire pesantemente con le realizzazioni precedenti, volendo mantenere la bellezza grafica e astratta del loro elaborato. Terminata anche questa fase i bambini sono stati invitati a riordinare le pagine del loro libro scegliendo una copertina e procedendo alla rilegatura. Sia quando il bambino ha immaginato di raccontare una storia con i suoi disegni, sia quando la storia non c’era e il libro è risultato un catalogo di sperimentazioni libere e di quadri a se stanti, la scelta dell’ordine delle pagine e della posizione della rilegatura è stata fatta con molta cura e attenzione. Interessante è stato notare come bambini solitamente irrequieti o disattenti hanno mostrato interesse e concentrazione nello svolgimento del laboratorio, producendo a volte un numero molto elevato di disegni. Dal confronto con le insegnanti è inoltre emerso che anche bambini che non amano particolarmente il disegno hanno apprezzato l’attività e si sono impegnati nella ricerca di texture e di 39 creazione di immagini usando materiali inconsueti che li hanno distolti dal loro blocco nel rapporto con il foglio bianco. Obiettivi: • • • • • saper esplorare i concetti; sviluppare l’apprendimento attraverso la scoperta; realizzare progetti di ricerca con il gruppo classe; sviluppare la voglia di condividere il lavoro con la comunità di appartenenza; promuovere la cultura prodotta nella scuola come possibile strumento di crescita per il territorio. Hanno partecipato le scuole primarie di Bellaria Igea Marina, Santarcangelo, Poggio Berni, Verucchio 40 41 SEMINARIO IL POTERE ANALOGICO DELLA BELLEZZA Seminario per insegnanti condotto da Chiara Guidi e Fabrizio Ottaviucci Quale storia è nascosta in un suono o, al contrario, come nascondere una storia in un suono? Quale sinfonia si ode nell’orchestrazione di più voci o, al contrario, come le singole voci possono diventare sinfonia? Quale senso racchiude un ritmo o, al contrario, come può un senso essere racchiuso in un ritmo? A volte tra le domanda e la risposta vi è uno spazio così contratto che il pensiero deve diventare veloce come un cavallo al galoppo. Il ragionamento da ponderato si fa istantaneo e, come diceva Galileo, il discorrere diventa una corsa. Come dunque trovare in noi questa capacità di creare risposte veloci come se fossero guidate da un’apparente lentezza? Come intuire in poco tempo una nuova proporzione, analoghìa, che permette di scoprire suoni, voci e visioni interiori? Sappiamo ancora immaginare e superare la semplice descrizione di ciò che gli occhi vedono? Siamo ancora capaci di sentire? Il potere analogico della bellezza parte da qui, dalla necessità quotidiana, soprattutto nella scuola, di dover dare in fretta, anche nelle piccole questioni, una risposta capace di creare quella proporzione che sempre l’urgenza della bellezza porta con sé. Il seminario, rivolto a insegnanti, ha posto come punto centrale l’immaginazione attraverso esercizi e questioni pratiche ispirate dal teatro e dalla musica. 42 Al seminario hanno partecipato insegnanti del II circolo di Santarcangelo, dell’Istituto Comprensivo di Bellaria, dell’Istituto Comprensivo di Igea Marina Chiara Guidi, attrice e regista teatrale, ha condotto il percorso del laboratorio insieme al musicista Fabrizio Ottaviucci. Tra teatro e musica, i partecipanti sono stati guidati alla consapevolezza che ciascuna persona nel luogo in cui si trova possa agire anche attraverso un atto di creazione, una capacità improvvisativa che permette di scoprire suoni, voci e visioni interiori. 43 L’ARTE DEL SAPER FARE INSIEME LABORATORI PER GENITORI ED INSEGNANTI “Tutti gli oggetti possono essere trasformati in burattini. il burattino è un pupazzo che possiamo costruirci da soli. Una patata infilata in una forchetta, una scatola di fiammiferi che conversa con un'altra, un fiore tagliato da poco che dialoga con il coltello o l forbici che lo hanno tagliato. [...] Attraverso i burattini, qualunque sia la loro forma, possiamo comunicare ad altre persone le cose che vogliamo dire”. F. Tontini, G. Zavalloni Le tematiche trattate durante le conferenze che si sono svolte per insegnanti e genitori hanno evidenziato l’importanza di realizzare laboratori con il coinvolgimento delle famiglie insieme al corpo docente: I laboratori hanno avuto come sfondo l’incontro tra culture e si sono articolati in : A) laboratori del fare (burattini) B) laboratori del gioco. A) LABORATORI DEL FARE Come la parola suggerisce, “ laboratori” è un luogo dove si lavora, si ricerca, si utilizzano le mani e il corpo, congiunti al pensiero ed alla creatività. 44 E’ un luogo di scambio di capacità, d’emozioni, di dialogo, di comunicazione e condivisione, in cui si considerano “le variabili” di ciascuno. Sono esperienze consolidate, una forma di mediazione “un organizzatore” della relazione. Mentre si lavora nascono le parole per conoscersi, capirsi e comunicare all’interno del gruppo. L’attività stessa è al lavoro, un senso che necessita di un tempo: non tutto deve avere la stessa lunghezza d’onda dell’immediato, come oggi facilmente succede. Nei laboratori si facilita la formazione di un gruppo che si dà un’identità, distaccandosi dall’idea di “massa”. B) LABORATORI DEL GIOCO La spia di come oggi il gioco sia sempre meno considerato e trascurato come dimensione fondamentale dell’infanzia è data dalla Convenzione dell’ONU che ha dovuto sottolineare fra i diritti del bambini il diritto al gioco. Il gioco dovrebbe essere considerato l'attività più seria dell'infanzia scriveva Montaigne e ancora oggi non c’è studioso dell’età evolutiva che non consideri questa attività come il principale strumento attraverso il quale il bambino comincia a comprendere il mondo e ad acquistarne padronanza. Ma con chi giocano i bambini? Quali sono i loro giochi preferiti? Ci sono differenze fra bambini e bambine? Quanto e come i genitori partecipano all’attività ludica dei figli? La dimensione ludica del rapporto tra figli e genitori si estrinseca anche al di là delle attività di gioco in senso stretto. I momenti che madri e padri dedicano ai figli raccontando o inventando storie, ascoltando la musica, ballando, accompagnandoli 45 ai giardini, rappresentano attività comunque importanti per la relazione con i figli. OBIETTIVI sviluppare la proprie risorse creative (valorizzazione) attivare gli strumenti di ascolto e comprensione di sé e dell'altro per incrementare l'efficacia del proprio ruolo attivare le risorse creative con possibilità di ricaduta sul compito educativo esprimere ed elaborare le difficoltà connesse all'integrazione La scuola dell'infanzia e’ vista come un sistema di relazioni basato su una costante comunicazione a tre: educatore, bambino e genitore. La comunicazione diventa il mezzo e lo scopo attorno a cui si costruiscono processi comunicativi, di apprendimento e di partecipazione. I genitori sono coinvolti spesso nel processo educativo attraverso dei progetti, realizzati all’interno della scuola, insieme con gli alunni. I laboratori per bambini e genitori insieme, rappresentano un prezioso luogo d’incontro, un’occasione informale per gli adulti, genitori ed insegnanti, per condividere significati, per conoscere i diversi punti di vista e rinforzare la collaborazione scuola-famiglia . Non solo, il fare, il procedere all’interno del percorso consente all’adulto di entrare nei pensieri dei figli, di osservarli, di scoprire sempre nuove competenze. È bello per i bambini veder nascere sotto i loro occhi, insieme a mamma, papà o nonni, un teatrino, un burattino, un’esperienza del fare e del giocare con poco, oggi quasi perduta. Attraverso alcune attività si possono scoprire, riconoscere, raccontare le emozioni, ponendole al centro dell’attenzione 46 educativa, consapevoli che esse compenetrano l’apprendimento e la costruzione di nuove conoscenze e competenze. Per i bambini dar forma ai personaggi delle fiabe attraverso la costruzione del burattino, intermediario tra la realtà e l’interiorità, rinforza gli effetti di identificazione e proiezione della fiaba perché permette al bambino di prendere coscienza dei propri sentimenti, agirli e dominarli. Il laboratorio coinvolge i bambini soprattutto sul piano emotivo e sociale in quanto la creazione della storia e successivamente la creazione e la manipolazione del burattino stimolano la fantasia, favorendo la nascita di emozioni. I bambini hanno la possibilità di sperimentarsi sul piano manuale, ma anche su quello espressivo teatrale approcciandosi così ad un linguaggio che "tocca" vari aspetti della personalità. Il burattino come dice Mariano Dolci è “un poco vero e un poco finto” nel senso che il bambino crede al burattino ma allo stesso tempo sa che è finto UNA SCATOLA DI STORIE Nel valore dell’incontro tra genitori/bambini/insegnanti si è concretizzato un ciclo di incontri laboratoriali sulla costruzione di baracca e burattini. Il laboratorio dal titolo “Una scatola di storie” è stato condotto dall’Associazione Le Pu-pazze e svolto presso la scuola dell’Infanzia Il Drago (direzione didattica I circolo Santarcangelo). Il laboratorio si è strutturato sulla costruzione di teatrini e burattini con materiale di scarto: il teatrino – baracca è stato realizzato utilizzando cassette della frutta, stoffe, lana, tempere, così come i burattini sono stati costruiti con l’utilizzo di scarti di legno e cartone. 47 La realizzazione dei personaggi e della baracca era collegata al progetto che il plesso ha seguito nel corso dell’anno scolastico, in particolare sui personaggi di Pierino e il lupo. 48 49 A PICCOLI PASSI... Genitori e figli crescono insieme Conversazioni con mamme e papà A completamento del progetto 0/6 si sono organizzati incontri con i genitori al fine di condividere riflessioni circa le problematiche relative all’educazione e promuovere una genitorialità serena, consapevole, fiduciosa nelle proprie potenzialità. A partire dalle competenze dei bambini si è attivato un confronto su questioni importanti, questioni connesse al benessere dei bambini e alla loro crescita, cercando di comprenderne bisogni, diritti e potenzialità. L’esperta, all’interno dei gruppi, introducendo e coordinando gli incontri non ha fornito un vademecum su come affrontare le situazioni ma ha sostenuto e facilitato lo scambio di esperienze e di pensieri. Attraverso questi incontri si è teso a rafforzare i padri e le madri nei loro ruoli, aiutandoli a costruire la loro identità di genitori attraverso la circolazione e la condivisione di esperienze, in alcuni casi rafforzati dall’esperienza vissuta insieme ai propri figli all’interno dei laboratori creativi. Occasione in cui hanno potuto osservare le capacità relazionali, di scelta autonoma nei confronti di un’ idea progettuale. 50 I gruppi di studio rappresentano, un’ occasione preziosa in cui dare ascolto alle esigenze delle famiglie; creare opportunità di confronto esperienziale su temi utili ai genitori nell'impegno educativo nonché occasioni di continuità scuola-famiglia; per sostenere i genitori nei compiti educativi e creare occasioni di confronto e dialogo tra modelli educativi diversi, approfondendo aspetti specifici dell'educazione dei bambini da 0 a 6 anni con particolare attenzione al coinvolgimento a all’inclusione delle famiglie straniere. Se gli incontri di sensibilizzazione, le conferenze, hanno come scopo quello di offrire alcuni spunti di riflessione ai genitori, l’esperienza dei piccoli gruppi di discussione per genitori risulta particolarmente coinvolgente e trasformativa, sollecitando i padri e le madri a soffermarsi a riflettere in una prospettiva di continuità, a mettersi in discussione, individuando prospettive di cambiamento, ad elaborare le difficoltà della relazione educativa, senza spaventarsi e senza sentirsi in colpa. Il piccolo gruppo infatti può risultare un ambiente contenitivo, dove i genitori possono sentirsi accettati nei propri limiti, nelle proprie ansie, nelle proprie problematiche emotive ed educative nella relazione con i figli in un clima dove la comprensione reciproca possa prevalere sul giudizio, l’autenticità sulla presentazione di un falso Sé genitoriale, la comunicazione sulla formalità, il riconoscimento dei problemi sulla negazione. 51 PER NON CONCLUDERE I servizi educativi sono consapevoli della loro collocazione in un preciso contesto storico, in cui il bambino è sottoposto spesso ad una logica di vita adulta. Egli non trova talvolta spazio per la sua esigenza di colloquio e di ascolto, per un uso del proprio tempo adeguato alla conquista di un’autonomia sul piano manuale e pratico, per quella vitale manifestazione del suo essere che è il gioco. Privato talvolta di fondamentali gratificazioni affettive, non viene provocato dal mondo adulto all’alacrità della scoperta, allo stupore della ricorrente novità conquistata. La stessa fruizione televisiva, pur proponendo anche stimoli-istruttivi, risulta spesso così prolungata nel tempo da ostacolare altre forme di esperienza e può di conseguenza avere influenze negative. Dalla necessità di compensare le carenze del contesto socio-culturale in cui il bambino vive, deriva la necessità di connotarsi come servizi educativi integrali e come ambienti culturalmente ricchi di testimonianze umane, fertili di stimoli all’ampliamento di orizzonti, sollecitante originalità ed autenticità di vita, aperto a tutti i valori che fondano l’esistenza della persona. Fervidi stimoli ci vengono dal particolare contributo di una persona aperta alla scoperta e alla riflessività necessaria all’agire educativo di noi adulti: educatore, burattinaio, ecologista, dirigente scolastico che con il suo Manifesto ci ha offerto l’occasione di assumere uno sguardo olistico circa le esigenze dell’infanzia. 52 Nel percorso realizzato, durante l’anno scolastico 2012-13, si è voluto approfondire, uno degli articoli contenuti nel manifesto ideato da Gianfranco Zavalloni, il diritto all’uso delle mani. “Fare”, vivere esperienze concrete, creative, significa, per noi, offrire opportunità di crescita valorizzando competenze e bisogni dei più piccoli creando, scoprendo e ricercando modi per “costruire il mondo” Così scrive Gianfranco, nel novembre 2003 sulla Rivista Bambini, “Un appello ai grandi: genitori, insegnanti, ammistratori, politici …. Il mondo dei piccoli interroga noi grandi! 53 E' indispensabile prendere coscienza di ciò che rischiamo di non offrire all’infanzia, e quindi, indirettamente, di derubare ai bambini proprio perché ritengo che il rischio del furto ci sia. E’ il furto di opportunità, di esperienze, di competenze di occasioni che o si vivono nei primi anni di vita oppure si rischia di perdere per sempre. Quando, in questi ultimi tempi, mi sono ritrovato a riflettere e a discutere sul problema dei diritti dei bambini e delle bambine… ho cercato di mettermi nei loro panni…Se oggi dovessimo riscrivere la Carta internazionale dei diritti dell’infanzia, sicuramente io aggiungerei anche questi diritti fra quelli che ormai sono considerati i diritti fondamentali. Ritengo infatti che questi siano veri e propri diritti naturali dei bambini e delle bambine”. Abbiamo fatto nostri questi pensieri, coinvolgendo i servizi per l’infanzia, dal Nido alla Scuola dell’Infanzia, poiché fortemente convinti che attraverso questi sia possibile offrire ai bambini ed alle bambine contesti di apprendimento attenti alle sfumature, ai singoli bambini e bambine, offrendo loro “spazi mentali” diversificati, opportunità di crescita inusuali per l’attuale organizzazione scolastica e sociale. Gianfranco a proposito de Il diritto di sporcarsi scrive: “ La tendenza del mercato è quella di offrire tutto preconfezionato. L’industria sforna ogni giorno di oggetti “usa e getta” che non possono essere riparati. Nel mondo infantile i giocattoli industriali sono talmente perfetti che non necessitano dell’apporto creativo della manualità del bambino o della bambina…Nel contempo mancano le occasioni per svilupparle abilità manuali ed in particolare la manualità fine…Quello dell’uso delle mani è uno dei diritti più disattesi della nostra società post-industriale e rischiamo di avere bambini e bambine capaci di stare ore davanti ad un computer ma incapaci ad usare un martello o un paio di pinze” 54 Dall’uso delle mani alla creatività, all’arte, alla poetica delle cose, quali elementi di una educazione al vedere e al sentire, quali rappresentazioni della realtà: vedere, sentire, toccare, manipolare, sono le sensazioni che nel campo della didattica delle arti si intende sviluppare e far crescere nei bambini per uno sguardo più attento e consapevole verso la costruzione di un pensiero autonomo e in grado di cogliere le “sfumature”. Il “viaggio” intrapreso non è concluso… Viaggiare porta al superamento dell'abitudine, l'uscita dal rischio della massificazione che la vita quotidiana spesso comporta. È la rottura della routine, di schemi ritualistici cui il mondo del lavoro e della grande città ci ha abituato, con lo stress e la ripetitività dei ritmi che essi comportano. Questo, sia che il lavoro venga vissuto nelle sue “componenti libidiche, narcisistiche “… sia nel significato di “necessità “cui l'uomo è costretto e della “naturale avversione ad esso” che ne consegue, come scrive S. Freud in “Disagio della Civiltà” (Opere, 1980). Il viaggio è, insomma, “un momento di vita fuori della quotidianità, ma può essere prezioso anche per capire e riappropriarsi della vita quotidiana [...]. Certo, per molti viaggiare è un antidoto all'ansia, una medicina contro i mali della vita urbana e la durezza di una società estremamente competitiva. È pure (o può esserlo) un arricchimento alla conoscenza di realtà anche lontane [...]. Possibili incontri (in tal senso) se vissuti con uno spirito meditativo, e non come pura emozione consumistica, sviluppano una sensibilità nuova nel giudicare se stessi e l'ambiente esterno [...]. Paesaggi diversi: non ci sono soltanto quelli reali. Altrettanto reali sono quelli descritti, raccontati o semplicemente sognati [...]. La vacanza è un fatto dello spirito, più che una condizione di non lavoro [...] e come tale frutto della pazienza, della moderazione e della curiosità” (Corna Pellegrini, 2000). 55 “…serve un villaggio per crescere un bambino”. Recita così un proverbio africano. Quale Comunità Educativa Territoriale, così come si vuole connotare la CET, non si può che partire da questo, dai diritti naturali dei bambini e delle bambine, dalla loro esplorazione… per proseguire nel “Viaggio” di crescita, di costruzione, di identità per uno sguardo “altro” verso la comunità . 56