Testo - Bibliografia del Parlamento italiano e degli studi elettorali
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Testo - Bibliografia del Parlamento italiano e degli studi elettorali
LE ELEZIONI GENERALI Una Rassegna di Scienze Sociali e Politiche, che segue con amore vivissimo tutto quello che avviene nel nostro paese e che adoprasi alacremente per il suo benessere sociale e politico non può astenersi dal manifestare francamente il proprio pensiero sulla gravissima situazione che le Elezioni Generali indette fra breve hanno creato. Di indole non esclusivamente politica, di spirito non battagliero, di carattere indipendente, questa Rassegna meglio dei giornali di politica militante può trovare ascolto presso gli elettori e far loro apprendere la importanza politica del voto che sono chiamati a dare. Pubblichiamo perciò questo primo articolo sulle Elezioni Generali, dichiarando che la Direzione è lieta di assumerne colP egregio scrittore intiera responsabilità. L A DIREZIONE. I. Ormai il dado è tratto. Se il recriminare giovasse, potremmo ritornare sulle ragioni o sui casi che indussero il Governo all'arduo passo; e discutere sul consiglio così prevaluto; e giudicare se altra via si offrisse meno aspra o più promettente a vincere le difficoltà gravissime, le quali impedivano il retto e fecondo esercizio dell' azione politica e legislativa. Ma ogni considerazione sarebbe, come esame retrospettivo, inutile: imperocché, le situazioni vanno accettate quali sono, piuttosto che vanamente rimpiante quali si sarebbe vagheggiato che fossero. Nelle lotte elettorali, condizione precipua ed essenziale è porre con chiarezza innanzi al paese, uomini, quistioni, programmi, partiti. I prossimi comizi non vedranno di fronte a sé uomini: ma un uomo solo. Forse si è esagerato nella forma più che nel pensiero. Rassegna, ecc. — Anno IV, Voi. I. — Fase. 77. ^ 17 228 asserendo che le elezioni avranno in Italia carattere plebiscitario. Ma è certo che l'urna dovrà decidere anzi tutto, sopra tutto, e come complesso di tutto, la sorte dell'on. Depretis. In che, deve riconoscersi un errore, e un pericolo. Un errore, perchè quando un cittadino ha poggiato all'altezza cui giunse Fon. Depretis, ha l'obbligo di pensare e provvedere non solo alla sua stabilità, ma alla propria successione: sovrano in Parlamento, sua cura assidua deve essere il prepararsi per ogni eventualità un erede: ma l'onorevole Depretis s'impose per lunghi anni Re a Montecitorio, e non si curò di apprestare, di educare, né di additare il Delfino. Un pericolo, imperocché venendo meno il fondatore di una grande opera, ma mancandone il continuatore, l'opera stessa non può fuggire per virtù ordinaria di tempo, ò per straordinario volgere di casi a forte perturbazione, e rischia vacillare in lui, e cadere con lui. ^ " Gli uomini dunque difettano; e, che è peggio, non possono essere suppliti dalle quistioni che mancano affatto. Se nel Parlamento, si fosse aperto animato contrasto politico o finanziario, o amministrativo; se fosse venuta in contesa un'ardita riforma per l'interno, o un passo audace per l'estero, o una legge dura per nuovo peso tributario, e se il Gabinetto si fosse trovatS^in minoranza, allora si capirebbe nelle sue cause legittime l'appello alla nazione, ed allora essa sarebbe in grado di pronunziare con sicura coscienza il suo supremo verdetto. Ma nessuno di questi termini si verifica oggi. Il conflitto che determinò, il 5 marzo, la rottura fra il Governo e la Camera, fu un assalto politico, mascherato da attacco finanziario. Si discusse a lungo per costatare od oppugnare un minore o maggior disavanzo, ammettendolo in* ogni ipotesi lieve, e consentendo tutti — e prima d'altri il Ministro — nella necessità di colmare con inflessibile austerità la lacuna più o meno riconosciuta o negata. E poi, quando fu chiarito che con quest'arme non si faceva breccia, non avendo potuto colpire il Depretis nel Magliani, si volsero le fiere punte al petto del Depretis, per tentare di ridurlo, in una col Magliani, in terra. La ferita non uccise subito; ma mortale dovette- essere, per chi la inferse, e non per chi la subì. E ciò ammesso, come si può sperare o pretendere che un simile voto serva di base ad un edifizio elettorale, vuoi per il Governo, vuoi per il paese ? * E se la quistione chiara e vera non v'è, e per averla si sarà ridotti ad inventarne una simulata e fittizia, a che invocare programmi diversi, o differenti partiti? Programmi e partiti non si * • * 229 affermano senza idee che costituiscano gli uni, o senza uomini che personifichino gli altri; senza la divergenza palese che li crei, senza il contrasto reale che li alimenti. Si vide fprse qualche cosa di questo in tre anni? Vi-si arieggiò, anco lontamente il 5 marzo? Si condannò l'indirizzo del Governo, per additarne uno opposto? No. "Si eccedette in lusso di ardenti declamazioni, per significare un concetto e rappresentare una situazione che avrebbero potuto riassumersi in due sole parole: Depretis e Trasformismo. E quando si fu alla conclusione, non si avvertì che anco demolendo l'individuo, non si sarebbe mai condannata l'idea. Bisogna, invero, esser ciechi, per non scorgere che il Trasformismo, parola che si dovrebbe cambiare, perchè troppo si è tentato metterla in odio e in disprezzo delle moltitudini, fu una tendenza che si manifestò, e una necessità che s'impose alla • Camera, poco dopo il 1876. Gli uomini politici che adesso s'iscrivono sotto le insegne dell'on. Cairoli, e contro il Trasformismo levano più fiera e più alta la voce, dimenticano donde nel 1877 venne il primo raggio di questa lucéxDa chi fu insidiato e per chi cadde il primo gabinetto di sinistra? La storia è recente. Fu Fon. Cairoli che balzò di seggio Fon. Depretis; ma a tanto non sarebbe riuscito, se non avesse stesa e stretta la mano dell'onorevole Sella. È il Sella, capo della Destra, e il Cairoli, duce della Sinistra, non crederono coli'intimo, sebbene non durevole, amplesso, venire meno né al rispetto di se medesimi, né alle tradizioni, né agli obblighi, né al decoro dei partiti da essi rappresentati. Egli è, che andando a fondo, con spirito sereno nell'esame del delicato problema, si trova che non fu mai ne è adesso possibile nel nostro paese foggiare, ordinare, o reggere i partiti politici coi principi, coi metodi e colle norme con cui si stabiliscono e funzionano in altri Stati costituzionali. In Italia, il grande partito conservatore si astiene dai Comizi. Presso noi, il Parlamento non accoglie che gente la quale è, o si crede, o si vanta liberale. Se Leone X I I I abbassasse la bandiera alzata da Pio I X , se i clericali entrassero nell'aula legislativa, come seggono nei consessi amministrativi; se a Montecitorio prendessero posto ottanta o cento cattolici, intenti e saldi a contendere a noi ogni progresso di libertà politica e civile, allora si vedrebbe non quale trasformazione, ma quali metamorfosi avverrebbero nella Camera nella parte liberale. Di fronte al pericolo, cesserebbero pregiudizi e fisime; finzioni ed equivoci; incertezze e parodie. Il campo sarebbe uno. Ma i clericali stanno fuori: e in realtà, in Italia, l'attrito 230 della vita parlamentare si riduce ad una gara in cui i partiti armeggiano per essere, per mostrarsi o per parere gli uni più liberali degli altri; senza-che sempre si abbia del liberalismo chiaro concetto: confondendolo spesso coi patriottismo, che è cosa assolutamente diversa: e senza che, parecchie volte, si comprenda da qual lato militino i liberali veri, nel continuo avvicendarsi delle incoerenze e delle Qontradizioni generali. La trasformazione dei nostri così detti partiti doveva essere e fu la conseguenza logica e inevitabile del" coronamento dell'Italia in Roma. Fino al 1870, la Destra ebbe taccia di conservatrice, e la Sinistra prese vanto di liberale, sol perchè, mirando entrambe ad una meta suprema, divergevano sui modi più acconci a conseguirla. Non era questa, o non avrebbe dovuto essere, sufficiente ragione a divisione di parti in Parlamento. Ma non ve ne era altra. E la quistione era troppo alta, e troppo vitale 1' interesse che vi si collegava, perchè non convenisse accettare la distinzione, in grazia della causa, e finché non se ne fossero scontati gli ultimi effetti.. -Ma quando l'Italia entrò felicemente e si consolidò nella sua capitale, il motivo della separazione cessò. Non potendo immaginarne né sostituirvi altri, .si proseguì a coltivare nelle masse la puerile illusione, secondo cui la libertà era a Destra odio, ed a Sinistra, fede. Pertanto, la Destra cadde, e il sogno svanì. Si era dato ad intendere alle credule moltitudini che essere liberali significasse, combattere le imposte, osteggiare la rigorosa tutela dell'ordine all'interno, aspirare a folli avventure all'estero. Assorta la Sinistra,, èssa fece ogni sforzo per conservare il pareggio del Bilancio, per serbare inviolato il rispetto alla legge, per evitare pericolose complicanze nelle relazioni internazionali. Nelle grandi linee, l'indirizzo del Governo specialmente da principio, non variò. Se in qualche momento, o in alcune occasioni, certi ministri accennarono in seguito ad uscire di carreggiata, l'opinione pubblica, prima che la Camera, fece giustizia e ristabilì nel Governo la misura e l'ordine, pagandosi ben caro il fio dei fuorviamenti, sebbene passeggieri, funesti. Ma dopo ciò, era chiaro che l'antico barocco edifizio nella distinzione dei partiti non reggeva più per nessun conto. Bisognava mutare. Noi non diremo, poiché non lo abbiamo pensato mai, che la Destra nel prestarsi a questo movimento, nel favorire la propria scomparsa, agisse sempre con sagacia, con prudenza e con energia. Forse non seppe rassegnarsi a durare a sufficienza come mi- 231 noranza: forse bruciò troppo, o troppo presto i suoi vascelli, quando piegò a concorrere a formare la maggioranza alle condizioni che le si ingiunsero. Ma forse per giudicare di tutto' ciò, è oggi troppo presto: il fatto è troppo alto per il livello della cronaca, ed è degno di entrare nel dominio della storia; : Ma certo la trasformazione che gli avversari imputano a colpa dell'on. Depretis, s'impose qual legge non solo a lui, ma a tutta la Camera, senza esclusione di sorta. Ed in fatti, della vecchia Destra, e dell'antica Sinistra che rimane oggi? Osservisi: dei due partiti non avanzano ormai fermi e immutati che due uomini, due nomi, due campioni: Spaventa e Crispi: una statua di granito: una sbarra di acciaio. Ambedue sono solitari: e l'isolamento in politica può essere titolo ad ammirazione, ma è condanna all'annullamento. Date fiori ai sepolcri, se vi piaccia non dimenticare che in Parlamento hanno tomba anco i vivi: ma non cercate i* capi partiti nei Mausolei. E questo spirito, questo bisogno .di trasformazióne, si è seni, tito e sì è palesato perfino in quella x parte, che per l'indole o la natura sua, avrebbe dovuto durare di più all'immobilità. Alludiamo alla Montagna. I radicali, nella X V legislatura, furono un nucleo quale nella Camera non si era avuto mai. E giustizia riconoscere che aumentati di numero, non crebbero in baldanza; e la maggior""" forza fu loro ministra di prudenza anzi che di audacia, per guisa che di rado trasmodarono; ne, tranne in qualche rara occasione, caddero in quegli eccessi, di cui in passato, più deboli, avevano porto non infrequente spettacolo. Ma come partito, la estrema Sinistra è oggi quella che era nella legislatura decorsa? A che si riducono gli antichi vantati ideali? Il vero uomo politico, forse il solo uomo di Stato, che il gruppo possa vantare, Pon. Eortis, si è mostrato visibilmente alieno alle intransigenze delle fazioni estreme. Non diciamo che Pon. Eortis abbia compiuta l'evoluzione fino all'ultimo giro. Ma crediamo che al punto cui è pervenuto, nell'integrità della coscienza sua, egli non rifiuterebbe di entrare oggi lealmente nei consigli della Corona, quando gli si offrisse di sedere in un Gabinetto, ove potesse applicare i criteri di libertà, secondo egli la invoca o vagheggia. Il repubblicanismo dell'estrema Sinistra, ammette òrma!, per molti, che della Repubblica si possa fare a meno: e che in determinate condizioni la Corona possa essere suflSciente Berretto frigio, a tutela della libertà. Il che non è piccolo segno, ne lieve grado di trasformismo. Inoltre, vari che si raccolgono sulla Montagna, ri- 232 specchiano le passioni, gl'istinti, le cupidigie delle classi inferiori; rappresentano i deliri morbosi di un Socialismo sfrenato ; ma per essi la questione della forma di Governo è secondaria, e accettano la Repubblica, se e in quanto può o deve favorire quella rivoluzione cui agognano, salutandola come redenzione della plebe. «La trasformazione, adunque, era espressione di fase, o condizione di periodo storico : prima che pensiero, o disegno di uomo o di Governo. Assunto e progetto dell'on. Depretis fu togliere dal disordine dell'antico, l'ordine nuovo: creare un partito di Governo, liberale, temperato, avverso ad ogni estremo, vigile custode delle istituzioni nel loro svolgimento progressivo, sicuro, e ben fecondo. Nobilissima opera questa: la quale doveva iniziarsi, affermarsi nell'assemblea attuale, acquistare favore e prestigio pei primi frutti del presente e per le maggiori promesse per l'avvenire, per poi ricevere efficace sanzione e definitivo suggello dal popolo adul a t o nei Comizi, presentata e raccomandata da un complesso di uomini, che godessero tutti pienezza di fiducia, di favore, e di simpatia. Se così fossero procedute le cose, noi attenderemmo^Ja imminente battaglia con completa serenità. Ma la formazione, imbastita quale effetto della trasformazione, produsse quei primi lieti frutti che dovevano farla penetrare e renderla accetta nella mente e nell'animo delle popolazioni? Ci duole dover rispondere negativamente. Vero che dai corpi in via di costituzione non può attendersi grande feracità: ma vero eziandio che per due o tre anni la sterilità dell'azione politica o della vita legislativa in Italia fu desolante. Il Governo ci dette, con Depretis, il mantenimento dell'ordine all'interno, non senza momenti di agitazioni ne senza periodi d'incertezze. Col Mancini, e più col Conte di Robilant, ci permise sollevare la nostra influenza all'estero dall'umiliante e quasi pauroso livello cui era precipitata, ma segni materiali di questo innalzamento non si ebbero, o si ebbero scarsi, ne tali, da venire apprezzati e sentiti dal pubblico, mentre rimase coperto sempre e non soddisfacente il segreto di una politica coloniale ardita nella sua iniziativa, povera nella sua condotta, nulla nei suoi risultati. Col Magliani, non migliorò le condizioni della pubblica finanza. Col Genala, risolvette, mercè uno sforzo immane, il problema dell'esercizio ferroviario, ma lasciò intatto, seppure non aggravò, il quesito delle nuove costruzioni, cui ben più si legavano le aspirazioni e le illusioni delle masse. Col Ricotti, non vf 233 completò l'opera* della difesa nazionale, e col Brin si limitò a proseguire nell'indirizzo destinato ad assicurarci, in tempo non breve, il sussidio prezioso di un'armata formidabile.-Col Coppino, condannò l'onda della Minerva a gora poco meno che morta. Col Taianijasciò penetrare il sospetto, il malcontento, la sfiducia nei sacerdoti della Giustizia e nel tempio. Col Grimaldi, la legislazione sociale sarebbe rimasta un'oscurissima incognita, se prima non fosse comparsa coi segni manifesti di un'amarissima delusione. Questo il bilancio della produzione del Governo. Quanto al Parlamento, in tre anni non si chiarì capace che di discutere tre grandi leggi: la riforma dell'istruzione superiore, l'azienda ferroviaria affidata all'industria privata, la perequazione fondiaria. La prima non arrivò in porto perchè scampata per miracolo agli scogli della Camera, arrenò in Senato, bastando soltanto a proclamare un urgente bisogno per l'alto insegnamento nazionale, senza soddisfarlo in alcun modo. La seconda fu ardua e nobile conquista, ma/non di quelle che s'impongono al suffragio popolare per benefizi chiari o immediati. La terza deve essere salutata come trionfo di giustizia; ma sventuratamente suscitò in estese regioni aspro contrasto, e vi sparse amari germi di sdegno e malcontento implacabili. Questo il bilancio della produzione del Parlamento. Or l'uno e l'altro si possono nel loro valore assoluto discutere e giudicare diversamente, con severità o * con indulgenza secondo i vari sentimenti o le differenti opinioni: ma esaminandoli nel merito relativo, ossia dal punto di vista delle elezioni, è d'uopo riconoscere che sono scarsi, e non possono di sé promettere troppo. P e r segnalare in astrattola trasformazione al battesimo dell'urna, avrebbe occorso raccomandarvela con ragione concreta, convincente ed allevatrice, la quale non si vede; e se non manca, è insufficiente al bisogno. Inoltre, questa trasformazione, in principio logica, provvida, quasi fatale, ha avuto, nel fatto — e che è peggio — negli ultimi fatti, un colpo, là donde meno avrebbesi dovuto attenderlo. Si sa che quel movimento si iniziò, e per molto tempo s'imperniò nel Centro della Camera. E i dissidenti, il gruppo che riuscì più infesto all'onor. Depretis, gli uomini che costrinsero il Governo alle scosse permanenti, alle crisi continue, e che all'ultimo lo obbligarono a precipitare la crise parlamentare, figurarono precisamente e combatterono dal Centro. Essi, che vagheggiarono la nuovità, che la caldeggiarono colla parola, colla penna, col voto, lungi dal reggerla p 234 ' . o dall'avvalorarla, concorsero a minarla, rischiando il 5 marzo di farla saltare nell'assemblea: seminarono ed educarono la pianta per poi lasciarla, o permettere che altri la recidesse, innanzi che arrivasse a fertile rigoglio. Tali condizioni di fatto non sembrano troppo favorevoli alla bandiera con cui il Governo si presenta al paese. Né la situazione apparisce migliore, se si considerano gli uomini che saranno chiamati ad alzarla. Il giuoco cui l'on. Depretis espone sé stesso e il suo" programma è grosso. Non credendo di potervisi sottrarre^ avrebbe dovuto prima di cimentarvisi, circondarsi di tutte forze vive, gagliarde, simpatiche; o almeno liberarsi dagli elementi che " sapeva essere, pel Gabinetto, cause di fiacchezza, di sfavore, di antipatia, e quindi di pericolo. Al 6 marzo, appunto in vista delle . non lontane elezioni, le modificazioni ministeriali gli si presentavano come una immediata necessità; e il suffragio della vigilia g i u d i c a v a i ministri di cui un supremo interesse pubblico reclamava il sacrifizio. Si erano veduti, per tacere di altre classificazioni, professori, generali, magistrati, già legati alla maggioranza, votare contro il Governo. Ne emergeva che alcuni ministri erano piuttosto esausti che logori. Quel suffragio ammoniva ajcganbiarli senza indugio, per paralizzare immediatamente nelF assemblea, e di riflesso nel paese, quelle correnti ostili al Governo; per sostituire a quei ministri, altri che determinassero correnti nuove" e diverse, onde non arrischiarsi, nella battaglia dell'urna, a dover sfidare come contingenti nemici le Università, le Caserme, e i Tribunali. Ma l'on. Depretis capì l'avvertimento. Non ne fece suo prò. Forse non potè. Ed allora, il programma della trasformazione, il quale non poteva raccomandarsi troppo per quel doppio bilancio politico e legislativo cui accennavamo più sopra, non potrà neppure dare affidamento di lieto esito, per tutti gli uomini che dovranno rappresentarlo, e propugnarlo dall'alto dei Consigli della Corona. Infine, v ' h a un'ultima circostanza, alla quale vuoisi attribuire, . se noi non c'inganniamo, peso • non lieve. Il Governo fu tacciato d'immoralità. Simili corde non dovrebbero toccarsi mai, ma quando si fanno vibrare, il .suono che mandano è triste; e gli echi s e n e ripercuotono alti e se ne diffondono lontani. Si ebbero veramente nel Parlamento indizi d'immoralità o casi? Studio difficile questo; e indagine sempre-dannosa ad approfondirsi. Ma supposto chela tabe della corruzione si fosse infiltrata nella rappresentanza nazionale, nessuno ebbe cura di risalire alle sue vere origini più 235 chiare, ó alle sue cause reali più manifeste. Non si ricordò che il vanto dei grandi caratteri, che è forza e gloria delle rivoluzioni politiche nei. primi loro periodi, scema poi grado a grado quando ' i rivolgimenti sono compiuti e consolidati, perchè a coloro i quali -ebbero il merito di assicurarli col sacrificio si aggiungono, e talvolta si sostituiscono, quelli che anelano a sfruttarli, coll'interesse. Non si riflettè che la riforma elettorale applicando il suffragio poco meno che universale, ad un paese non preparato a tanta larghezza né tutto educato o esperimentato al vivere libero, do*" veva per forza aprire le porte di Montecitorio a taluni' aspiranti , al mandato, per 1' onore non per 1' onere; non per la responsabilità, ma pel benefizio; non per il paese ma per sé medesimi. Non si considerò finalmente che lo scrutinio di lista, il peggiore degli strumenti anco nelle mani migliori, imposto all' Italia, doveva essere e fu elemento ed impulso a trattative scorrette fra i candidati diversi; e non di rado a patti ignobili, o a indecorose transazioni: per guisa, che il Corpo legislativo uscì dall'urna macchiato di un peccato originale, il quale recò per effetto il far discendere il grado della moralità nel termometro della Camera, tanto quanto (ecevi salire quello della mala influenza dei Parlamentarismo nell'amministrazione. Ma a queste cause non si guardò: questi fatti non si vollero riconoscere. Tornò, più facile o parve più comodo proclamare che immorale era il Governo, solo il Governo il Governo sempre: e che V immoralità era ad un'ora fondamento, legge, e conseguenza " del Trasformismo. Dunque dall'insieme delle considerazioni fin qui svolte, e dei fatti menzionati,, e, meglio che per noi si potesse, commentati, ci sembra debbasi arguire e concludere che la campagna elettorale non si apre pel Governo sotto, auspici troppo favorevoli, né troppo sicuri. Con che, la maggior parte del nostro lavoro sarebbe compiuta. Ma il modesto nostro studio non può dirsi completo, se non passa a rassegna, dopo il campo del Governo è del suo partito, il terreno o meglio i terreni degli avversari dell'uno e dell'altro. Quando le forze saranno così poste di contro, si avrà modo di prevedere,' per quanto è umanamente possibile, il rièultato del cozzo delle armi. E dai presagi potranno discendere non inutili insegnamenti, circa ai pericoli che potessero per avventura sovrastare non tanto agli uomini o ai partiti che premono fino a un certo punto e che presto passano, quanto alle .istituzioni che im- 236 portano ben altrimenti e ben più, e che devono restare a guarentigia della sicurtà e della grandezza della patria; Però, per questa seconda parte, destinata a fissare i grandi doveri che s'impongono agli elettori liberali, patriotti, onesti e zelanti del pubblico bene, nella tutela del loro supremo interesse r Pesame non avrebbe oggi dati* sufficienti, e il giudizio ne sarebbe prematuro. H decreto di scioglimento della Camera è appena pubblicato: finora non fa emanato che il primo grido di guerra. Attendiama le voci che presto vi faranno eco in ogni parte d'Italia: e nel prossimo fascicolo diremo il resto. Roma, 29 aprile. CARLO D I D. * * # LEVI. LE ELEZIONI GENERALI 1 n. Descritte, non sappiamo se con sufficiente chiarezza, ma certo con assoluta imparzialità, le condizioni del Governo e dei suoi amici nella lotta elettorale, debbonsi passare a rassegna i diversi campi a loro avversi. E diciamo subito che, a parere nostro, se Messene piange, Sparta non solo non ride, ma singhiozza. Le forze, o, se piace così chiamarli, i partiti ostili al Ministero e alla antica sua maggioranza possono considerarsi e dividersi così: Pentarchia, Dissidenti, Radicali. La Pentarchia sorge contro Toner. Depretis, fivendicatrice della Sinistra storica. In ciò, non la sola, ma la principale e la prima causa della sua debolezza. Le vecchie divisioni della Camera come caddero in essa, così dileguarono e finirono nell'opinione pubblica. Chi si ostinasse ad evocare l'ombra della Destra.quale fu innanzi il 18 marzo, perderebbe tempo e fatica, al pari di chi tentasse galvanizzare il. cadavere della Sinistra dopo il 19 maggio. Sono o furono due periodi chiusi. La Pentarchia, o più veramente i suoi Capi ebbero il torto di non riconoscere o di non ammettere questa assoluta e indeclinabile necessità di tempi e di cose. Eglino accusarono, investirono il Depretis, rimproverandolo per essersi gettato in braccio alla Destra per risollevarla con sé al Governo: e quindi per fronteggiarlo, crederono sufficiente asserire che essi rimanevano nella Sinistra stretti, fedeli, ed immobili; e per ciò, e come tali contro lui si schieravano. Ma in Parlamento le semplici affermazioni valgono poco: e la efficacia ne diminuisce, quando, loro mercè, si pretenda convincere il pubblico, e cattivarsene la fiducia e la simpatia. I Pentarchi per attaccare con seria speranza di successo il Gabinetto e il suo*- Vedi fascicolo LXXVII della Rassegna. Rassegna, ecc. — Anno IV, Voi. I. — Fase- 78 * iV. d. D. 21 282 • colore qualunque fosse, avrebbero dovuto in due o tre anni contrapporre al suo indirizzo uno diverso: ma un indirizzo chiaro, determinato, positivo in politica interna od estera, militare o sociale, in amministrazione o in finanza. Allora la gara si sarebbe espressa in precisi termini : ognuno avrebbe potuto giudicarla, prima nell'assemblea, poi nei Comizi. Allora, la gente che sapeva da un lato ciò che voleva l'onor. Depretis, dall'altro ciò che in contrasto voleva l'onor. Cairoli, avrebbe avuto ragione, impulso, * e modo di scegliere fra i due: e la Pentarchia oggi dinanzi all'urna si leverebbe forte, e probabilmente sicura di se stessa e di altrui. Però, la Opposizione censurando e deridendo il famoso verbo di Stradella, non trovò in tutta la Legislatura un terreno differente sul quale posare, per bandirvi il proprio. Si legò al diniego. Rimase nell'incerto, nel vago, nell'astratto: sperò emergere dal vuoto, senza accorgersi che affondava invece nel nulla. Spesso fu, suo malgrado, costretta ad appoggiare le maggiori leggi caldeggiate dal Governo, come la riforma dell'insegnamento superiore, e la perequazione fondiaria. .Talvolta, le convenne, per durare nell'assalto, rinnegare i principi e le tradizioni della Sinistra, combattendo, ad esempio, le convenzioni ferroviarie, dopo aver propugnato l'esercizio privato in offesa e in supremo danno della Destra. E non di rado — e lo si vide per le leggi così dette sociali — se il Governo riuscì^ a recare a riva taluna di quelle povere barche avariate, lo dovette all'appoggio palese dell'Opposizione. Quanto al conflitto con le linee.generali dell'azione governativa, è sempre fresco il ricordo delle scene cui assistemmo. Piacque e fu agevole tacciare il # Depretis come illiberale o reazionario nel regime interno. .Ma in realtà non si produsse un fatto nel quale la Pentarchia potesse seriamente sostenere che trovandosi al Governo, non avrebbe pensato, sentito, ed agito ugualmente. Si fece il viso dell'arme al Conte di Robilant; ma il Cairoli fu benigno di riconoscere che l'alleanza cogl' imperi centrali era il vincolo che meglio conveniva all'Italia per la sua sicurtà attuale, e per la sua futura grandezza. Si die voce a screditare la politica coloniale, ma non si potè negare che essa era stata vagheggiata ed iniziata dalla Sinistra, perchè il possesso di Massaua non era altro, che conseguenza dell'acquisto di Assab; e si convenne che ormai l'interesse e il decoro della nazione esigevano che la bandiera italiana rimanesse alta, a qualunque costo, nei lontani paraggi ove era stata impiantata. *. 283 Infine, all'ultimo momento* non si risparmiò l'onor. Magliani: ma in tale giostra, la Pentarchia si confinò alla riserva: si provò a colpire il Magliani nella lusinga di ferire-il Depretis, ma in materia di finanza non si avventurò a significare una sola idea # nuova, non che a mettere innanzi un uomo, designandolo e acclamandolo nelle file proprie. Ne accadde, questo: l'attrito caldo, costante, spesso violento delle resistenze nella X V Legislatura valse senza dubbio, per le ragioni che abbiamo già svolte, a stancare e logorare il Groverno; ma simile consumo non profittò menomamente alla Opposizione. L'onor. Depretis declinò; ma ciò non valse all'onor. Cairoli, né giovò a prepararne la resurrezione. E non basta. Il vizio intimo che visibilmente insidiava, affliggeva e intristiva la maggioranza era la non omogeneità. Un corpo in istàto di formazione nato con sqarsa virtù organica, non aveva, malgrado le affinità, acquistato benefizio vero e vera forza di coesione. Donde — lo abbiamo già avvertito — la sua sterilità. Or dunque, se di contro a questo corpo, la Opposizione avesse potuto o saputo mostrarsi istituto omogeneo, compatto, organico, le ne sarebbero derivati grande autorità e grandissimo prestigio. In tal caso, essa sarebbe oggi non* sólo potente, ma prevalente. Ma le condizioni della Pentarchia sono note. Si hanno cinque uomini, e cinque gruppi: gli uomini in dissidio: i gruppi in sospetto, in gelosia, in conflitto fra loro. Dipende ciò da natura di animo, da valore d'ingegno, e più che altro, da profonde ed invano dissimulate divergenze di opinioni. Né è da ora che la verità riluce manifesta. La vita intiera di Cairoli, di Crispi, di Nicotera, di Zanardelli e di Baccarini è là, per provare che il Cairoli non potrà mai intendersi con Crispi, né il Nicotera con Zanandelli, né alcuno di loro forse col Baccarini. Stringerli in un fascio per demolire è facile: unirli per riedificare è assurdo. Il no può avvicinarli: il sì li separa. E al Groverno non si sale, o certo non si resta in ragione negativa. Perchè il pubblico se ne convincesse, non v'era bisogno di prove novelle. Ma se ne fosse stato mestieri, la prova sarebbe * risultata luminosa nei discorsi elettorali dell'onor. Nicotera, massime in quello pronunziato nell'occasione più solenne, a Reggio. Basta accennarvi di volo ; L'onor. Nicotera parlando a benefizio delle provincie del mezzogiorno, e a tutela dei loro interessi in armonia cogl'interessi nazionali, si chiarì fautore di un trasformismo diverso, ma più profondo di quello attribuito a colpa all'onorevole N, 284 Depretis: si protestò nemico dello*scrutinio di lista, ed alieno nella riforma della legge comunale e provinciale alla nomina del Sindaco rilasciata in tutti i Municipi ai Consigli. Con che, se ben » si guarda, egli abbattè d'un colpo la base delPedifìzio della Pentarchia, e lunge dall'aprire le braccia, dette in un istante le spalle a tutti e quattro i colleghi. I quali faranno, fino all'ultimo, di ogni lor possa, per cuoprire lo screzio; ma non riusciranno mai • a persuadere alcuno che la Pentarchia sia un partito omogeneo ed organico capace e degno di assumere il Governo. La Pentarchia adunque, notisi bene, la Pentarchia come partito, non ha, secondo noi, probabilità di successo nella prova dell'urna. A meglio spiegarci, il Cairoli e lo Zanardelli personalmente avranno voce nella Lombardia e nel Veneto: il Baccarini avrà influenza in Romagna: il Crispi avrà peso più o meno scarso in Sicilia: il Nicotera avrà seguaci più numerosi nel Napoletano. Vedremo qua e là prevalenza di opposizioni difformi: ma vittoria di partito, successo di Sinistra non si avrà. La quindicesima Legislatura segnò la nascita e la morte della Pentarchia. La sedicesima le darà tomba non gloriosa. Questo a noi sembra uno dei pochi presagi sicuri che possano formarsi fino da oggi. E d ^ un primo e assai importante dato che vuoisi registrare nel conto, imperocché più oltre dovremo ricordarlo e valutarlo, quando saremo alla somma di tutto. Dopo la Pentarchia, si offrono nella rassegna i Dissidenti, pei quali l'esame occorre più facile, e il ragionamento più breve. Dissidenza non significa fede o ragione permanente. Può essere attitudine in Parlamento, non bandiera pei Comizi. Alcune molecole si disgregarono dal corpo della maggioranza, 6 perchè aspirarono a un sistema di Groverao più fermo o più energico, o perchè vollero una finanza più rigorosa e più austera, o per disdegno di ogni confine di disciplina, o per impulso di sconfinata "ambizione. Ma non v'è alcuno, il quale possa sognarsi di presentarsi magagli elettori per vagheggiare un Governo instabile o fiacco, o una fi- ' nanza rovinosa o prodiga; come non v'è alcuno che confesserà mai di credersi chiamato al comando anzi che all'obbedienza, o di sentirsi punto dal rovello di volere assorgere ai primi onori del regno* malgrado ogni indifferenza ingiusta, e a dispetto di ogni ingrato oblìo. Come dùnque si può sorgere in contrasto coi dissidenti, se si considerano partito politico o frazione parlamentare? Nondimeno, gli scismatici del Piemonte si avventurarono all'esperimento di figurare come gruppo. Si ebbe il manifesto firmato * 285 dai sedici, alla testa dei quali s'iscrisse l'onor. Berti. Ma di rado si lesse un documento nel quale alla miseria della sostanza tanto rispondesse la povertà della forma. Monumento ammirabile per vacuità e per incoerenza destinato a cadere prima quasi di mettersi in vista degli elettori. I dissidenti, insomma sfuggendo alla collettività di partito lotteranno come individui, e la sorte che coronerà l'opera loro, dipend e r à dall'influenza personale che eserciteranno nei collegi, anzi che dal distacco dalla maggioranza di cui credettero assumere la responsabilità.* La lotta elettorale nel nostro paese si intende e si pratica ^n modo sì strano, lo scrutinio di lista ha portato l'incertezza e la confusione a tal grado, che pei dissidenti noi saremo il 23 maggio riservati ad uno spettacolo leggiadramente illogico: vedremo concordati in una stessa lista, nomi, alcuni dei quali il 5 marzo votarono per il Ministero, con altri che gli si pronunziarono ostili, per morbo cronico o per repentino accesso di febbre di dissidenza. Le coalizioni così formate non saranno o non appariranno fra le peggiori o fra le piuSmdecorose: ma basteranno a determinare qual peso i dissidenti, come pensiero o come forza, meritino nella bilancia elettorale. Ben diverse corrono le ragioni pei radicali, e ben diversi vogliono argomentarsene gli effetti. Quando nei Consigli della Corona si agitava e pendeva* incerta la questione della crise parlamentare, molti spiriti, anco non soliti a intimidirsi, si rivelarono inquieti ed allarmati. Le elezioni politiche fatte in questo momento avrebbero — si disse — aperte le porte di Montecitorio ad un nugolo di radicali: anzi era a temersi che lo esperimento si volgesse, all'ultimo, esclusivamente a profìtto loro. La Montagna si previde che sarebbe tornata forte almeno per ottanta adesioni, o per lo meglio si sarebbe raddoppiata da quella che era fin qui. Queste preoccupazioni durano ancora; e per molti il maggior grido di battaglia è guerra ai radicali, come se essi fossero i soli e i più incalzanti nemici da combattere. Ma se non ci inganniamo, tali inquietudini vogliono reputarsi non infondate, ma sibbene esagerate. Anzi tutto, le più estese regioni d'Italia sfuggono all'influsso delle fazioni veramente estreme. Al di là del Tronto, non si conosce che sia influenza repubblicana, o socialista, o sovversiva. I l mezzogiorno all'Estrema Sinistra dette e darà l'onor. Bovio. Forse non altri: un forte ingegno che porta il Parlamento sulla cattedra, * * 286 ed in compenso drizza la cattedra in Parlamento: professore nebuloso e deputato idealista: poeta libero chiamato agli alti versi che suonano molto ma creano poco: odio di Ugo Foscolo in arte: indifferenza per non dire disdegno di Cammillo Cavour in politica. Or quando in un gran paese, la zona più vasta si sottrae a certe correnti, si ha duplice motivo di sicurezza contro esse: imperocché si può stare tranquilli su quella zona: e si possono adoperare tutte r le forze per combatterle in altre. Ma per vari riguardi, il partito si combatte da se. La discordia intima lo turba e lo corrode. Abbiamo veduto t il Manifesto, dopo lunga gestazione e dopo tanta aspettativa, pubblicato a Bologna. Se Esopo vivesse oggi, si dubiterebbe che da quel documento avesse tratta ispirazione per la sua favola eterna sulla nascita del Topo. Ed è in omaggio alla penna di Aurelio Saffi se diciamo che si aveva il diritto di chiedere ed attenderne ben • più. Ma indipendentemente dal valore, preme aver occhio ai p ò - , chi nomi che figurano in calce a quel programma ossìa ai molti che si negarono a firmarlo. La disgregazione del partito ne appare evidente. Ed era naturale. Nel precedente articolo,* noi, non a caso, notavamo come la necessità o la legge della trasformazione non avesse risparmiata neanche la Estrema sinistra. Il movimento non rimase ai pochi di Montecitorio : si estese al di fuori nel partito. I maggiorenti del partito si trovarono consci, o inconsapevoli, alcuni forse loro malgrado, divisi : chi faceva quistione assoluta di forma di Governo, e chi no : chi aspirava a massimo trionfo di libertà con la repubblica, e chi a suprema soddisfazione dei diritti popolari col problema sociale: chi teneva per l'azione calma nella sfera di r e latiya legalità, e chi invocava la licenza per approdare all' anarchia. Non è quindi da sorprendersi se oggi, mentre la battaglia è impegnata, mancano l'armonia nei Duci, la chiarezza nel comando, Punita nella bandiera; vale a dire difettano le condizioni essenziali per la vittoria. Ma il movimento di disgregazione iniziato nella Camera e comunicato ai Capi, non doveva arrestarsi, bensì allargarsi gradualmente e scendere fino alle masse. Ed abbiamo già i fatti che ne porgono testimonianza. Citiamo *clue città: Forlì e Milano. Eorlì si è pronunziato per Cipriani. Cercate fra i membri più autorevoli della Estrema Sinistra nella Camera defunta, o fra i Capi più rispettabili del partito che militano nelle associazioni, o nei circoli, voi non ne troverete uno, che accetti quel nome, o piuttosto quel numero, come segnacolo nel proprio vessillo. i 287 Milano per la X V Legislatura dette quattro voti alla Montagna; e fu miracolo se scampò il quinto, e se 1' on. Correnti si salvò come rappresentante della minoranza. Ma il risultalo che parve enorme, e che stupì soltanto coloro i quali preferiscono deplorare tardi gli effetti anzi che per .tempo studiarne le cause e provvedervi, quel risultato si dovette alla unione ammirabile di tutte le attività ostili al Governo e nemiche alle istituzioni. Tutte le onde furono raccolte e conversero al Consolato Operaio. Repubblicani, socialisti, anarchici, tutti vi affluirono. Formarono un mare. E in quelle acque, perchè negarlo? la nave costituzionale andò a picco. Oggi la bisogna accenna già a procedere diversa. Il fascio antico è spezzato. I repubblicani non si conciliano coi socialisti in una linea comune di pensiero o di azione, ed è difficile che convengano nella scelta dei medesimi candidati. E intanto gli anarchici si appartano e disertano: si ribellano alla tirannia borghese espressa anco nella forma di Estrema Sinistra: confidarono già nelBertani: oggi ne disdegnerebbero se fosse vivo: sperarono nel Maffi: oggi lo pongono a paro con Visconti Venosta: proclamano l'astensione, perchè il popolo deve difendersi non alle urne, ma sulle barricate. Il trasformismo sorto come prima luce nei consigli della Corona, manda Pestremo suo raggio nei bassi fondi della piazza, romoreggiante a demagogia. La conclusione è superflua a trarsi. Se non che, spingendo più a fondo lo studio imparziale, si trova nn altro argomento che persuade ad attenuare i timori di una eccessiva invasione dei radicali nella nuova assemblea. Sono occorsi in questi ultimi tempi in Europa avvenimenti gravissimi per fissare l'attenzione, e destare l'interesse delle classi conservatrici in Italia. Gli scioperi della Erancia e del Belgio segnano un grande ammonimento. Le lotte di Decazeville, le distruzioni di Charleroi sono lezioni che non possono passare inosservate a cui deve premere farne suo prò. In Italia siamo adesso da simili orrori lontanissimi, anco perchè la grande vita industriale può dirsi che trovasi presso noi, in confronto della Francia o del Belgio, appena in embrione. Ma intanto le agitazioni che danno poi maggior contributo alla Montagna in Parlamento sono cominciate ed hanno preso vigore nei centri in cui la industria nazionale più fiorisce e meglio promette. La Esposizione di Milano, pochi anni or sono, fu una splendida rivelazione per l'Italia; ma il primo Consolato Operaio si costituì non altrove che a Milano. Ora quando si mette piede in certe 288 chine si sa e si vede come e dove si comincia, ma s'ignora e nessuno può presagire "dove si arriva, o come si precipita. In Italia,. le Associazioni Operaie non sono temibili per resistenze, per scioperi, o per sedizioni vere e proprie, fino a che il Governo può tutelarne la onesta libertà, e frenarne ad un tempo la licenza nelle sue forme svariate. Date un Governo forte, e avrete in generale, sodalizi ordinati e relativamente quieti. Però, quando la causa della licenza, in onta a quella della libertà, trova molti e arditi fautori nel Parlamento: quando il Governo è fiacco contro' il loro numero o la loro audacia; quando non può dominarne o respingerne l'urto costante, allora gli elementi tristi e torbidi nelle officine, nelle fabbriche, o nei laboratori (e in Italia ormai, pur troppo, deve aggiungersi anche nelle campagne) risentono subito e rispecchiano in se medesimi gli effetti dell'audacia e dell'energia dei loro rappresentanti nell'assemblea: allora fra gli uni e gli altri si stabilisce una mutua corrente di appoggio e d'incoraggiamento: ed è allor.a che alla declamazione dell'aula legislativa succedono la commozione e la rivolta nelle piazze, e nei campi. Le classi conservatrici, quindi, o tutti coloro cui sta a cuore di sottrarre alla violenza cieca e brutale la soluzione dell'arduo problema della conciliazione fra capitale e lavoro non possono oggidì farsi illusioni. Se la Estrema Sinistra conquistasse nella Camera il dominio che da molti le si suppone non lontano, non andrebbe a lungo, e la quistione sociale entrerebbe anco in Italia in un periodo deplorevolmente acuto. Non si avrebbero gli eccessi lamentati altrove, perchè noi non abbiamo né enormi bacini carboniferi, ne miniere inesauribili, né stabilimenti colossali: ma il danno sarebbe forse maggiore dappoiché • colpirebbe una nazione non ricca, mentre si conforta dei primi progressi della sua vita industriale, e mentre getta e coltiva felicemente i germi di una produzione, i quali colla libertà e coli'ordine danno promessa di ricchissimi frutti. E lecito credere che chi ha interesse a prevenire siffatto pericolo, avendone il mezzo sicuro, si persuaderà ad usarne. I • conservatori liberali (il più forte dei contingenti) dovranno destarsi. E a questa classe che si fa guerra e si minaccia offesa: de re sua agitur. La indifferenza, l'accidia, l'abbandono, essa sa ciò che significherebbero per lei, e quali tempi e quali prove le preparerebbero. E poiché è affare suo, ed affare urgentissimo, così vuoisi credere che vi provvederà. > Malgrado ciò, non siamo sì ingenui, da sperare che i radicali * . 289 nella Camera nuova non verranno, probabilmente accresciuti di numero. Dissentiamo con molti sul presagio relativo alla cifra. Nella X V Legislatura, essi contarono per 30, o 3^: abbiamo fede che nella sedicesima non sommeranno a 50.-* Infine, per nostro avviso, le elezioni non avranno carattere radicale. In questo concetto ci confortano una osservazione e un ricordo. Malgrado il primo esperimento della riforma, malgrado lo scrutinio di lista, malgrado l'articolo 100, la Camera caduta, per chi la seguì assiduo ed intento in tutta la sua vita, apparve e fu (se qualche cosa fu) conservatrice. I n tre anni gl'istrumenti non mutarono affatto; ne gli animi possono essere grandemente cambiati. Le passioni estreme in Italia scarseggiano come regola: si accendono ed erompono per eccezione. Il buon senso francheggia non pur gli ordini elevati o mediani, ma anco, in generale, le moltitudini. V'ha in esse l'intuito dell'inganno demagogico, e la coscienza del pericolo rivoluzionario. Intuito e coscienza le assisteranno nella imminente battaglia. Pervenuti a tal punto, comprendiamo che il lettore dovrà chiederci: voi avete impiegata la £rima parte del vostro studio a dimostrare che il Governp ed il suo partito affrontano la *lotta in momenti ed in condizioni infelici per sé, e difficilissime: a segno da ripromettersi poco bene dell'esito. I n questa seconda, voi fin qui vi siete argomentato di provare che i nemici del Ministero, i Pentarchi, i Dissidenti, i Radicali non versano in termini migliori, né sorride loro probabilità di lieto successo nel cozzo delle armi. Se, a mente vostra, tutti i combattenti, qual più qual meno, sono destinati a perdere, chi vincerà? # Rispondiamo tosto, e con una sola parola: nessuno. E vorremmo che la replica fosse, come a primo aspetto sembrerà, un paradosso: ma a noi questo apparisce oggi resultato evidente, il solo che nelle contingenze attuali possa attendersi. Cominciamo a dire che la confusione fu il primo auspicio sotto cui il popolo venne invitato nei comizii; né da sementa di formentone si vide mai nascere granp gentile. Ma v'è di più e di peggio. Non si dimentichi che tutti i *partiti commisero l'immenso l'imperdonabile errore di contribuire a che la X V legislatura si chiudesse con funèsto suggello, con bollo di immoralità. Oggi stesso, chi si vanta ammonito dalla esperienza, chi invoca, come lezione, i ricordi della Camera morta, sorge da ogni lato con uii grido: guerra all'affarismo ! A schermo contro la corruzione futura, si rammenta e si cita la corruzione passata. • • . . • " * 290 Suppongasi una società antica di nobili e rispettabili dame, la quale per lunga epoca sia stata additata all'ammirazione della gente. Fino a che si manterrà integra, o fino a che la fama- di sua onestà durerà nel pubblico, nissun elemento eterogeneo tenterà di penetrare nel suo seno. I l nome le sarà scudo invulnerabile. Immaginisi che talune di quelle femmine illustri vengano meno al proprio onore, e che il grido dell'errore si diffonda,. e invece di attenuarlo, lo si esageri, e il discredito si sparga su tutto il corpo già riconosciuto per intemerato. Che accadrà? Certune dalle casate più eccelse comincieranno a ritirarsene, disgustate o sdegnose. Tutto il dèmi monde che si era tenuto lontano dalla casa, fino a che essa aveva risplenduto per luce di purezza, si sentirà attratto da invincibile desiderio di entrarvi, traendo profitto dell'ombra improvvisa, cadutavi ;Sopra. H sacrario votato a Vesta comparirà accessibile a Erine. E per insinuarsi nel sacrario, le mezze virtù, o i completi vizi, le donne leggere o fors'anco le femmine da conio non verranno innanzi colla realtà loro, ne colle spoglie veraci. Né per aprirsi il varco già insperato non che conteso, esse ostenteranno vezzi lascivi, *o si comporranno a procaci atteggiamenti rivelatori dell'indole, o accusatori del costume: no: simuleranno tutte le virtù: alzeranno la voce contro la corruzione: si protesteranno vindici di moralità: verseranno lacrime amare sulla nequizia dei tempi: reclameranno l'onore ed il merito di ristabilire fra le mura inquinate, il regno del -virgineo pudore. E quando mercè la vergognosa commedia, saranno entrate nella società che non seppe a tempo difendere il suo decoro, e tutelare la sua reputazione, riprenderanno presto il primitivo aspetto, prontissime, per quanto sarà da loro, a convertire il tempio in Suburra. Ecco, ciò che noi temiamo. Si è voluto dipingere Montecitorio come una Borsa. Si è provato quasi una voluttà segreta ed acre • nel denudarvi la piaga dell'affarismo. Ed ecco che il Earini ed il Visconti Venosta ed altri — sintomo allarmante — declinano ogni candidatura. E quale nuovo e seducente albero di cuccagna si &» alzato agli affaristi! Essi sono già in moto. Se ne vedranno — non oggi ma in breve — di ogni qualità, di ogni colore. Largo agli spostati, agli sfaccendati, agi'intriganti, ai procaccianti, a chi nulla ha da perdere, a chi tutto ha da guadagnare! Finora ebbero ritegno, perchè non si disse aperto mai che a Montecitorio, si drizzava mercato di coscienze e di voti. Oggi che l'accusa è pubblica, chiunque non abbia coscienza, vede giunto il suo mo- * •• • • 2 9 1 - mento, per chiedere i voti altrui, onde vendere poi a caro prezzo il proprio. Gli elettori, si troveranno — massime in alcune provincie — alle prese con candidati che rappresenteranno appunto le male femmine cui sopra accennavamo, e che ispirati dagli stessi sentimenti, si varranno delle medesime simulazioni, per usare ed abusare della buona fede di tanti e tanti, i quali non si accorgeranno che nel desiderio di sanare una piaga, commetteranno la loro fiducia a gente, delegata e dedita a convertirla in cancrena. Questo il guaio maggiore, contro cui non sapremmo raccomandare abbastanza l'attenzione delle masse elettorali, e degl'individui, o dei Comitati destinati a dirigerle. Tutelino come suprema necessità la moralità: ma all'uopo si guardino, sospettosi, assidui, alacri da chi si atteggi o si adoperi, e soprammodo si affanni a farsi della moralità, sgabello per salire sublime.. Ma il maggior guaio non ne esclude altri. Abbiamo già, fin da principio, notato e lamentato che per le elezioni difettano gli uomini, e nòn^possano essere suppliti dalle vere e grandi quistioni che mancano affatto. Che cosa ne deriverà? Per i deputati vecchi, ossia per coloro che riprenderanno il posto fin qui occupato, la condizione è chiara e semplice.. Gli amici del Ministero si schiereranno per Fon.. Depretis: i Dissidenti rimarranno appartati, durando fra color che son sospesi: i radicali si raccoglieranno sulla Moiìtagna: e i devoti alla Pentarchia rientreranno nell'orbita antica. Porse per quest'ultimo partito, i termini intimi saranno, poi, più difficili che per gli altri, imperocché dopo la campagna dell'oli. Nicotera nel mezzogiorno non sarà agevole nemmeno il fingere una sua conciliazione con Cairoli^ o con Crispi, con Zaìiardelli o con Baccarini, ó coi loro adepti. Ma infine, poiché sul primo la Opposizione dovrà limitarsi alla resistenza passiva, ed all'affermazione negativa, così la Pentarchia potrà associarsi nel no, anco il Nicotera e i suoi. Però, ammesso che ne il Ministero né i suoi avversari, per le condizioni in cui scendono in campo, acquistassero nel ritorno degli elementi vecchi maggior prevalenza che in passato, l'uno sugli altri a vicenda, ne seguirebbe che in giugno noi vedremmo a Montecitorio la stessa situazione verificatasi in marzo. L'on. Depretis avrebbe sempre la maggioranza per restare al Governo*: non la forza per governare. L'on. Cairoli avrebbe vigore per impedire il Governo, non diritto ad assumerlo. La prova dovrebbe % • m riconoscersi fallita per ambedue i campi: ma veramente battuto o colpito a morte ne rimarrebbe il Governo come quello che aprì lo steccato, per tentare di risorgere giudicandosi e confessandosi in terra. La prospettiva, adunque, in quanto si riferisce ai rappresentanti che otterranno conferma &\ mandato non è sorridente per la Camera. Ma si avranno i deputati nuovi. Se ne annunziano moltissimi. Si crede che ne conteremo oltre cento. E.questa è la grande incognita. Solita nota, e solite, pur troppo, vane recriminazioni. Se nell'attrito parlamentare si avessero in Italia idee chiare, partiti distinti, programmi espliciti e positivi, cento, centocinquanta deputati nuovi sarebbero non benefici, ma preziosi: basterebbero essi a sciogliere o a spezzare tutti i nodi che avviluppano, stringono, e soffocano la nostra vita legislativa. Ma i nuovi, che sorgeranno, potranno essere diversi dai vecchi? Ecco il problema. Non insistiamo sui tristi, che possono vantaggiarsi dell'ora propizia, e far siepe all'urna. Abbiamo accennato a loro, per segnalare un terribile pericolo. Ma il cenno deve bastare. Ci fissiamo sui candidati onesti. Essi verranno avanti e si mostreranno pronunziandosi anzi tutto in favore o contro De- * pretis. Ma'parteggiare a sostegno o in conflitto dell'on. Depretis significherà poco: né certo tutti coloro che respingeranno lui inclineranno per Cairoli. L'on. Depretis, invero, può rappresentare un'idea non ben spiegata, non compresa nelle sue cause, non apprezzata nei suoi effetti, e quindi non meritevole di adesione: ma l'on. Cairoli come idee non rappresenta nulla. E il nulla non fu mai bandiera, per ascrivervisi, o per durarvi seriamente. I più fra gli uomini nuovi, segnatamente se teniamo conto dell'inesperienza che li diminuirà, non saranno una forza sicura e stabile per nessuno. La confusione generale produrrà in essi speciali incertezze. Taluni s'ispireranno a pregiudizi contro il Depretis, altri cederanno ad illusioni per Cairoli: e all'atto pratico i pregiudizi si dilegueranno, e cadranno le illusioni. Altri accetteranno l'indirizzo del Governo, ma si reputeranno obbligati a cambiare, in ragione personale, chi lo guida. Altri proferiranno o si terranno vincolati a serbar fede, in omaggio della Sinistra, al cenere di Sicheo; ma non si appagheranno di Cairoli, e aspireranno ad obbedire agli ordini di Nicotera o di Zanardelli, di Crispi o di Baccarini, secondo, la gradazione, secondo gl'impegni, secondo i gusti, ed ahimè! secondo le... regioni. Altri, e forse non saranno i meno, > * 293 si proclameranno indipendenti, e crederanno di cogliere e. meritare i primi onori del Parlamento, inconsci o immemori che Parlamento è accolta di legioni; e che armata senza disciplina, invano aspira a gloria o a conquista. Altri infine cadranno' in balia di chi primo saprà sorprenderli e sfruttarli. Avvertasi che noi non presumiamo definire, e neppure stimiamo opportuno indagare, .se pei dati o per le notizie che finora si hanno l'on. Depretis avrà, o non avrà la maggioranza nella futura assemblea. P e r noi, il responso, assumente carattere plebiscitario, non ha valore, vuoi se suoni favorevole, vuoi se risulti contrario a chi lo provoca, quando non sentenzia schiettamente sul suo passato, sul suo presente, e sul suo avvenire, per le idee che rappresenta e propugna. La persona che a tanti par tutto, a noi* par nulla, per sé medesima o assai poco. A noi il concetto, ispiratore della politica dell'on. Depretis, sembrò sempre, e tuttavia sembra ottimo; ma l'ardita nuovità di cuisi fece iniziatore, per quanto rispondente alla legge inesorabile di un periodo storico, non "può l e g a r s e l i ' i n t e l l e t t o , al polso, all'autorità, alla vita, al succèsso di un uomo. L'urna può dargli torto: egli avrà sempre, per avviso nostro, ragione. Ma consentiamo di buon grado che noi possiamo trovarci in errore, e che nella controversia o nel dubbio il paese dovesse essere invocato giudice ed arbitro sovrano. Ma all'uopo, sarebbe occorso che questo povero paese del cui nome tanto si abusa, fosse stato posto in grado di discernere con chiarezza, di distinguere con esattezza, di sentenziare con cognizione di causa, con fondamento, con sincerità. In tal caso l'urna, qualunque fosse il suo verdetto, parlerebbe a vantaggio della saldezza e del prestigio delle istituzioni. Invece, stando a quanto oggi è lecito arguire, i comizii possono non approvare la trasformazione vagheggiata dall'on. Depretis in quanto fu iniziata e condotta da esso; ma non possono fare assorgere i nemici di lui, in quanto si affermano avversi ad ogni trasformazione, perchè la trasformazione è legge universale, non solo, ma per troppe . manifestazioni è fatto compiuto. Mancando la lucidità, manca la sincerità. L'opinione pubblica o è. indotta nel falso, o è condannata all'oscuro: brancola nel buio. Molti che esalteranno il Depretis lo faranno per deprimere il Cairoli: e molti che solleveranno Cairoli lo faranno per abbattere il Depretis. P e r tal guisa, l'appello alla nazione finisce per avere un doppio carattere plebiscitario, con antitesi di due nomi, l'uno * effetto della situazione, l'altro prodotto obbligatorio di una alter* • . 294 nativa forzata. L'urna si trasforma in tal maniera/alla sua volta, e si muta in Lotteria. : La cabala non ha seduzione per noi; e rinunziamo a fantasticare m. se all'on. Depretis -sorriderà o no la sorte del terno. Gli elettori Italiani dovrebbero prendere in gran dispetto i nomi, tutti i nomi senza eccezione: non badare a Depretis, più che a Cairoli, a Nicotera o ad altri. Dovrebbero favorire e cementare coi loro candidati la costituzione di un grande partito nazionale alieno ad intransigenze, nemico ad intemperanze; un partito liberale, assiduo ma moderato nelle aspirazioni di ogni progresso politico e civile, un partito che-garantisse le istituzioni rendendole promettitrici e feraci di sicurezza, di prosperità, e di nuova grandezza all'Italia. Non dubitiamo che questa sarà la meta che alcuni collegi si prefiggeranno, specie nelle provincie più illuminate: ma un movimento generale, quale sarebbe stato necessario in questo s$nso, reclamava tempo non breve di maturazione e di preparazione. Se le elezioni si fossero protratte a novembre, i deputati sempre investiti dell'alto mandato sarebbero tornati presso gli elettori, ne avrebbero studiate le tendenze,* avrebbero con essi conyinicato per altre ragioni o con altre viste, che per chieder loro la conferma del suffragio, o per rendere loro* conto delle sollecitazioni fatte nei Ministeri, o dei favori ottenuti o promessi per virtù delle sollecitazioni stesse. Le associazioni avrebbero avuto agio di discutere uomini e cose: specialmente cose: la stampa avrebbe sussidiato un movimento inteso a chiarire gli uni e le altre. Tutto ciò era assurdo pretendere di avviare, non che di effettuare, in un mese. Laonde, a costo di ripeterci dobbiamo concludere che poco ci preoccupa l'indovinare se il Ministero prevarrà o rimarrà sopraffatto. Vinca o perda, a noi questo sembra debba paventarsi : che venga, cioè, una Camera più bassa nel livello intellettuale, morale e politico, di quella che testé scese nella fossa non lacrimabile: una Camera non spiccante per nessun colore determinato né preciso: una Camera creata con vizio ingenito di maggioranze volubili, instabili, indisciplinate, e di minoranze mal compatte irrequiete, dedite all'ostruzione naturale o premeditata: una Camera, degna erede della precedente per logorarsi nell'inerzia che simuli la faticale consumarsi nell'ozio che parodii il lavoro: una Camera inorganica, per dir tutto in una sola parola, e con cui il governare sia difficile spesso, e infecondo sempre. Si dice già da molti che un'assemblea così nascente non può 295 essere destinata a lunga vita. Ne è buon indizio udir parlare di tomba prima di mettere in opera la culla. Ma troppo alla leggiera, sé non c'inganniamo, si discorre di ripetere in Italia le crisi parlamentari. Piano ai ma' passi! Che un Governo sciolga due tre volte la Camera si comprende: ma ad un patto: che siavi in mezzo una grandissima questione: che si debba ad esempio, dopo una guerra aspra e dolorosa, far subire per il meglio della patria alla nazione, un trattato di pace c h e l a ragione impone e che il sentimento respinge: ovvero che per salvare la finanza e Fonore dello Stato sia mestieri, stabilire una tassa dura che il freddo calcolo del Governo esige, e da cui le fantasie riscaldate delle masse rifuggono. Ma insistere nel licenziare le assemblee elettive, solo perchè per ripetuti esperimenti col volere o non volere un uomo, si palesano inorganiche, non dominabili, o sterili, non sarebbe prudenza: perchè all'ultimo ciò che ne andrebbe al di sotto, sarebbero — non giova dissimularselo — le istituzioni. Dunque, la crise che di presente attraversiamo è seria, e si offre al paese mcpmento assai grave. Può essere comodo per taluni il velarsi gli occhi per non vedere la verità: a noi parve e parrà fino all'ultimo debito sacro rivelare intiero il pericolo, perchè così soltanto, si potrà sperare di schivarlo interamente od in parte. E dopo ciò, auguriamoci che il senno e la prudenza soccorrano nella lotta i duci e le schiere, più di quanto non abbiano assistito chi li chiamò sul campo, sì per il tempo, sì per il modo con cui ve li spinse. CARLO DI D. LEVI. * »