Atti Dies Palmarum 1999

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Atti Dies Palmarum 1999
San Remo Villa Ormond – 3 e 4 dicembre 1999
Storia, tradizione, biologia e tecniche di potatura
delle palme in Riviera e Costa Azzurra.
Atti Convegno
DIES PALMARUM – GIORNATE TECNICHE ISA A SAN REMO – Villa Ormond
COMUNE DI SAN REMO – Settore Patrimonio Servizio Beni Ambientali
Centro Studi e Ricerche per le palme – San Remo
Avv. Giovanni Berrino
Vice Sindaco - Assessore al Patrimonio e Beni Ambientali della Città di San Remo
E’ con grande piacere e soddisfazione che porgo a tutti i partecipanti alle giornate
tecniche sulle palme Dies Palmarum, il più cordiale benvenuto.
Questo Assessorato, in collaborazione con l’ISA Italia, l’Associazione Direttori e
Tecnici dei Giardini, Le Centre de Formation Professionelle Forestière e Il Centro di
Studio e Ricerca per le Palme - San Remo, ha voluto portare un contributo importante per
la conoscenza e la coltivazione delle palme.
Le palme sono un importante elemento del paesaggio della Riviera e dei giardini di
San Remo, testimonianze storiche di un periodo di grande splendore
Le palme fanno parte della storia di San Remo, come documentano gli antichi Statuti
Medioevali della Città; da sempre hanno fatto parte del paesaggio, hanno promosso
l’immagine esotica della città e ispirato artisti e poeti.
L’Assessorato al Patrimonio, consapevole dell’importanza ambientale e turistica dei
parchi e giardini di San Remo ha avviato una serie d’iniziative atte a promuovere e tutelare
le palme come patrimonio botanico, storico e culturale della città.
Le palme sorprendono, oggi come ieri, i turisti del nord e sono il primo elemento
indicatore del mite clima delle nostre coste.
Non potremmo immaginare la Riviera senza le palme, senza il suggestivo richiamo
esotico che queste splendide piante sanno dare con la chioma ondeggiante ai venti del mare.
Ritengo “Dies Palmarum” un momento di grande interesse culturale e scientifico ed
allo stesso tempo una importante occasione d’incontro per un proficuo scambio
d’informazioni ed esperienze tra esperti e tecnici del settore.
Sono convinto che il Convegno rappresenterà un’importante ed utile guida per tutti i
giardinieri ed i tecnici che giornalmente si confrontano con le palme, sia per lavoro che per
passione.
Ringrazio tutti quanti hanno contribuito con il loro impegno all’organizzazione del
Convegno ed auguro a tutti i presenti i migliori auguri di un buon lavoro.
Avv.Gianni Berrino
Vice Sindaco
Assessore al Patrimonio e Beni Ambientali
Città di San Remo
ATTI CONVEGNO – Giornate tecnica ISA a San Remo – Villa Ormond - Dal 3 al 4 dicembre 1999 – Storia,
tradizione, biologia e tecniche di potatura delle palme in Riviera e Costa Azzurra
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DIES PALMARUM – GIORNATE TECNICHE ISA A SAN REMO – Villa Ormond
COMUNE DI SAN REMO – Settore Patrimonio Servizio Beni Ambientali
Centro Studi e Ricerche per le palme – San Remo
Luigi Viacava
Presidente onorario del Centro Studi e Ricerche per le Palme di San Remo, Professore a contratto per la Floricoltura
nell'Università di Genova, Membro del Comitato per i Giardini Storici del Ministero dei Beni Ambientali, già Direttore
dei Giardini e Foreste del Comune di Genova.
Con grande piacere, a nome del “Centro studi e Ricerche per le palme – San Remo”,
rivolgo a tutti i partecipanti di questo Convegno un caloroso ringraziamento.
In particolare in questo ringraziamento vorrei comprendere innanzitutto
L’Amministrazione Comunale, nelle persone del Sindaco Dott. Giovenale Bottini,
dell’Assessore al Patrimonio Avv. Giovanni Berrino che hanno messo a disposizione i
mezzi necessari per lo svolgimento di questi due giorni di studio, sulla storia, sugli aspetti
botanici ed agronomici delle palme.
Credo che sia la prima volta in Italia che un’amministrazione comunale si rivolga ad
un pubblico formato da studiosi, tecnici, operatori del verde pubblico e privato per fare il
punto della situazione sulla Palma, in tutti i suoi aspetti. Questa pianta per secoli, quasi
un millennio, dai primi Statuti del XXII secolo che ne regolavano la vendita, è stata per
San Remo motivo di lavoro e di attività commerciale e fonte di storie e tradizioni locali, tra
le quali, piacevolissima, quella di Capitan Bresca e Papa Sisto V.
In questi due secoli la palma a San Remo e in Riviera è stata uno dei principali, se
non il principale, elemento di decorazione dei giardini e di coltivazione per la produzione di
piante ornamentali e da fogliame.
Il “ Centro studi e Ricerche per le palme – San Remo” è ai primi passi della sua
attività. Si mette a disposizione del Comune di San Remo per l’organizzazione tecnica, per
la raccolta delle relazioni e per la stampa degli atti
Un Augurio di buon lavoro a tutti i partecipanti alle “DIES PALMARUM”!
Il Presidente Onorario
Luigi Viacava
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tradizione, biologia e tecniche di potatura delle palme in Riviera e Costa Azzurra
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DIES PALMARUM – GIORNATE TECNICHE ISA A SAN REMO – Villa Ormond
COMUNE DI SAN REMO – Settore Patrimonio Servizio Beni Ambientali
Centro Studi e Ricerche per le palme – San Remo
Claudio Littardi – Funzionario Beni Ambientali del Settore Patrimonio del Comune di San Remo
Consigliere nazionale ISA Italia e Presidente Centro Studi e Ricerche per le Palme San Remo
Delegato Regionale Associazione Direttore Tecnici di Giardini
Sono lieto ed onorato di presentare “Dies Palmarum”, le prime giornate tecniche
dedicate alle palme. Oggi viviamo un’occasione che, sotto certi aspetti, è unica.
Grazie alla collaborazione tra il Comune di San Remo, l’ISA Italia, l’Associazione
Direttori e Tecnici dei Giardini e il Centro Studi e Ricerche per le Palme – san Remo,
troviamo riuniti studiosi, appassionati, Amministratori, giardinieri e vivaisti, tutti
richiamati da un grande interesse per le palme.
In questi anni si sono svolti tanti convegni, ma forse poco spazio è stato dedicato alle
palme.
Oggi, con Dies Palmarum, vogliamo aprire un’importante “finestra” verso
l’arboricoltura mediterranea.
A San Remo, come in tutta la Riviera, nella vicina Costa Azzurra e lungo le coste
italiane, le palme sono un elemento ricorrente e suggestivo della vegetazione dei giardini
pubblici e privati.
Le palme affondano le radici nella storia di San Remo e della Riviera più
profondamente di molte altre piante. Questo grande patrimonio, che forse fino ad oggi è
stato dato per scontato, è una forte traccia del passato, nostro bagaglio culturale da difendere
e che deve essere conservato, rivalutato e potenziato. Il nostro clima ci permette di fare
grandi cose e possiamo continuare l’opera dei grandi giardinieri che ci hanno preceduto.
La nostra economia turistica ha bisogno delle palme come forte richiamo. Ben lo sanno
le agenzie turistiche che, per pubblicizzare città, hotel o spiagge inseriscono il richiamo
estetico ed ancestrale delle palme.
Oggi, qui, vogliamo stimolare l’interesse ed imparare a conoscere meglio le palme.
Capire com’è la loro struttura meccanica e biologica, conoscere le malattie più diffuse
ed imparare le tecniche di potatura che tengono in grande rispetto la salute delle palme.
Le palme sono un grande patrimonio culturale e ambientale dell’area mediterranea e
dobbiamo conoscere le giuste tecniche di potatura e di coltivazione, ma soprattutto lanciare
un forte segnale per fermare quelle mani incompetenti che, in nome di una “pulizia ben
fatta”, provocano inutili ferite che spesso, dopo anni, si rivelano letali.
Dies Palmarum è anche un’importante occasione per conoscersi, confrontarsi e gettare
le basi per nuovi appuntamenti e forme di collaborazione.
Auguro a tutti buon lavoro e un piacevole soggiorno a San Remo.
Il Funzionario Beni Ambientali
Claudio Littardi
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Centro Studi e Ricerche per le palme – San Remo
Nasce il Centro Studi e Ricerche per le Palme San Remo
Si è costituito a San Remo il Centro Studi e Ricerche per le Palme – San
Remo, un’Associazione che si propone l’approfondimento scientifico di argomenti
riguardanti le palme, la botanica e l’agronomia, la pubblicazione di notiziario ed opere
riguardanti le palme, lo studio e la progettazione di giardini, l’organizzazione d’incontri,
convegni, manifestazioni e visite culturali.
Tra i soci fondatori, in qualità di Presidente Onorario spicca l’autorevole personalità
del dott. Luigi Viacava, grande appassionato e studioso delle palme, nonché autore di
importanti pubblicazioni.
Il Centro Studi e Ricerche per le Palme intende svolgere un ruolo
significativo per la tutela delle palme come patrimonio botanico e culturale della Riviera, e
promuovere l’interesse di un nuovo turismo culturale verso i giardini storici di San Remo.
Il Centro ha la sede presso Villa Ormond in San Remo, uno dei più prestigiosi
parchi pubblici della città, dove è possibile ammirare una ricca collezione di palme e altre
piante esotiche di grande interesse.
L’Associazione opera in stretto rapporto con il Servizio Beni Ambientali del Comune
di San Remo. L’intesa vuole promuovere nuovi stimoli verso la riscoperta del patrimonio
botanico della città i cui giardini hanno vissuto, verso la fine dell’800 e il primo ‘900, una
splendida primavera.
Il Centro Studi ha in programma di avviare contatti e stringere collaborazione con
altre Associazioni, anche straniere, in particolare i Fous de Palmiers e
l’International Palm Society, che da anni svolgono un ruolo fondamentale in campo
mondiale per la conoscenza scientifica e la coltivazione delle palme.
La pubblicazione di un notiziario di collegamento, a tiratura semestrale, divulgherà a
livello nazionale l’attività svolta, le ricerche in corso ed le eventuali pubblicazioni .
Il Centro studi si propone anche come Associazione “no profit” per la redazione di
studi o la progettazione di interventi di conservazione, tutela e realizzazione di nuovi
giardini per conto di Enti Pubblici o Comuni della Riviera, che vogliono conservare o
rinnovare le palme come elemento di caratterizzazione del paesaggio.
Chiunque fosse interessato ad avere ulteriori notizie, può rivolgersi al Centro Studi
e Ricerche per le Palme – San Remo, C.so Cavallotti, 113- 18038 San Remo.
Tel. e Fax 0184 541623 - email [email protected]
Il Presidente
Claudio Littardi
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COMUNE DI SAN REMO – Settore Patrimonio Servizio Beni Ambientali
Centro Studi e Ricerche per le palme – San Remo
Luigi Viacava
Presidente Onorario del Centro Studi e Ricerche per le Palme di San Remo, Professore a contratto per la Floricoltura
nell'Università di Genova, Membro del Comitato per i Giardini Storici del Ministero dei Beni Ambientali, già Direttore
dei Giardini e Foreste del Comune di Genova.
Le Palme di San Remo negli scritti di Giorgio Gallesio (1772-1939).
La città di San Remo, è stata per secoli un centro molto importante per la coltivazione delle Palme.
Quando la Repubblica Democratica Ligure nel 1797 suddivise il proprio territorio in diciannove
giurisdizioni denominò quella di San Remo, suo capoluogo, col titolo "Giurisdizione delle Palme"
tanta era l'importanza e la caratterizzazione che davano queste piante all'ambiente.
Prima di entrare nel vivo dell'argomento delle Palme di Sanremo in riferimento agli scritti di
Giorgio Gallesio ritengo necessario illustrare, seppure brevemente, la figura di questo naturalista di
Finalborgo vissuto a cavallo dei secoli XVII e XVIII, precisamente nato nel 1792, morto a Firenze
nel 1839, e sepolto tra i Grandi Italiani in Santa Croce.
Gallesio è stato un intellettuale con una preparazione culturale vasta e complessa, forse di
derivazione illuministica: fu naturalista, botanico, pomologo, genetista, scrittore, ed uomo politico.
Si laureò in giurisprudenza a Pavia, fu Uditore in Consiglio di Stato a Parigi, Vice Prefetto a Savona
e successivamente a Pontremoli. Partecipò nel 1814, come segretario della Legazione genovese, al
Congresso di Vienna assieme al Marchese Emanuele Brignole Sale dove difese, anche se mancò il
successo, il mandato ricevuto dal governo di mantenere l'indipendenza di Genova.
Gallesio, come naturalista, è conosciuto soprattutto per la "Pomona Italiana", il grande trattato delle
piante da frutto pubblicato a Pisa in fascicoli dal 1817 al 1839
. Nel mondo scientifico Gallesio era molto conosciuto in particolare per il "Traité du Citrus"
dedicato al Prefetto di Savona Chabrol, pubblicato a Parigi nel 1811 e per la "Teoria della
riproduzione vegetale" pubblicato a Vienna nel 1814. Quest'ultima pubblicazione riscosse
incondizionati elogi da parte di Agostino Decandolle e di Carlo Darwin e fece considerare Gallesio
come un precursore delle leggi elaborate da Gregorio Mendel.
L'argomento della Palma costituisce l'ultimo capitolo della "Pomona Italiana". La Palma è stata
inoltre l'unica pianta Monocotiledone trattata e l'unica pianta della "Pomona" che non veniva
coltivata in Liguria ed in Italia per la produzione del frutto ma per la foglia recisa.
A San Remo vi furono, in periodi successivi a Gallesio, altri importanti studiosi delle Palme, quali
Antonio Zirio, un avvocato che s'interessò molto di agricoltura e che pubblicò nel 1870 pregevoli
articoli sulle Palme nella rivista "Liguria Agricola" e Francesco Panizzi, Presidente del locale
"Comizio Agrario" e grande amico di Clement Bicknell e Thomas Hanbury, anch'egli conoscitore
delle Palme coltivate a San Remo e redattore di importanti resoconti sull'agricoltura sanremese.
La personalità scientifica e culturale di Gallesio rispetto alla Palma sarà, credo, conosciuta in modo
esaustivo solo dopo la pubblicazione dei manoscritti ancora inediti che ho trascritto e commentato
per invito dell'Accademia dei Georgofili di Firenze. La pubblicazione farà parte di una serie di
opere inedite del Gallesio, diretta dal prof. Enrico Baldini Emerito nell'Università di Bologna. Devo
innanzitutto premettere che questo e molti altri manoscritti sulle opere del Gallesio è stato e sarà
possibile conoscere per la generosità ed apertura culturale della famiglia Gallesio Piuma Ferraro di
Genova che ha messo a disposizione questi manoscritti inediti.
Il manoscritto sulle Palme in corso di pubblicazione è composto da circa 500 pagine. Ritengo che la
pubblicazione avverrà durante l'anno 2000.
In questi manoscritti ho trovato descrizioni e notizie del massimo interesse per quanto si riferisce
alla coltivazione ed al commercio delle Palme in Liguria.Un rilievo storico e scientifico particolare
è stato dato alle Palme della città di San Remo.
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Gallesio, sempre molto attento a tutti gli aspetti riguardanti la Palma, tramite l'avv. Grossi di
Sanremo, un importante storico di questa città ed il sindaco dott. Siro Andrea Carli, ricordato nelle
cronache come sindaco e come medico per essere stato molto attivo durante una epidemia
verificatasi durante il suo mandato sindacale, riesce ad avere il testo dello Statuto del 1565, lo copia
dal latino, lo traduce ed inserisce ambedue i testi nei suoi scritti. È infatti interessante conoscere le
normative locali che hanno regolato il comercio delle Palme dal secolo XII sino a gran parte del
secolo XVIII.
Questi Statuti, studiati profondamente da Nilo Calvini, importante studioso sanremese che ci ha
lasciato recentemente, autore di un importante studio pubblicato dal Casinò di San Remo nel 1983,
sono complessi di norme di amministrazione e di giustizia, che possono farsi risalire a due
documenti, entrambi del 26 giugno 1143, quando l'Arcivescovo di Genova, signore feudale di
Sanremo e di Ceriana pretende di essere riconosciuto Signore e Conte. Uno di questi documenti è il
giuramento prestato dagli uomini di Sanremo raggruppati in "Compagna", associazione di cittadini
che si riuniscono per tutelare i loro diritti; l'altro documento si riferisce al giuramento dei Consoli di
Sanremo all'Arcivescovo di Genova, promettendo di amministrare con giustizia, lealtà ed onestà.
Ma fu solo il 6 maggio del 1225 che i Consoli giurarono ancora di amministrare la giustizia secondo
le leggi romane e si dedicarono alla formulazione dei capitoli per la città di Sanremo. Questi
capitoli rappresentano il primo segno dell'esistenza degli Statuti che dovevano permettere
l'amministrazione della città con " buona fede, senza inganno, ne odio, né amore". Nel corso dei
secoli questi Statuti vennero continuamente elaborati e perfezionati. Un'importante edizione venne
pubblicata, dopo quella del 1225, nel 1435; altra edizione, l'ultima, venne pubblicata nel 1565.
Praticamente, dall'inizio del tredicesimo secolo sino all'inglobamento della Repubblica di Genova e
quindi di Sanremo nell'Impero Napoleonico, nel 1797, che stabilì l'abolizione delle leggi e dei
regolamenti di natura comunale, gli Statuti regolarono in maniera egregia la vita della città.
Questi Statuti erano veramente un compendio di tutte le leggi e dei regolamenti, regolavano i
rapporti con la Chiesa, col Podestà, col consiglio comunale e con tutte le strutture cittadine,
compresi i Boni Viri, il Notaio, il Nunzio e tutti gli altri esponenti del potere nel territorio. Anche la
Giustizia doveva riconoscere, difendere e far rispettare "ad unguem" questi capitoli.
Con questa necessaria premessa si può in seguito capire l'interesse di Gallesio per questi documenti
che ebbe in visione dal Marchese Borea, sindaco particolarmente attivo nell'epoca napoleonica.
Infatti al capitolo n.181 dello Statuto del 1565, che corrisponde al capitolo n.57 dello Statuto del
1435 veniva trattato e regolamentato il commercio de "Palmis et cireis et limonis". Un documento
quindi che ci permette di conoscere molte cose sulla coltivazione ed il commercio degli agrumi e
delle palme, ambedue gruppi di piante che sommamente interessavano Gallesio e che costituivano
insieme all'olivo la parte fondamentale dell'agricoltura sanremese d'allora. Accenno solo che le altre
attività industriali e commerciali a San Remo e nella Riviera come la floricoltura, il turismo, i
giardini delle grandi ville in particolare per la borghesia del nord Europa, l'industria dei bagni di
mare, iniziarono una cinquantina d'anni dopo la morte del Gallesio, a seguito dell'attivazione della
strada ferrata.
Negli scritti lasciati e nella stessa "Pomona Italiana" quest'argomento degli Statuti viene trattato
diffusamente. Gallesio trascrive infatti tutto il testo in latino completando con la traduzione in
italiano.
Nello Statuto del 1435 vi è la conferma che gli agrumi sono il prodotto principale nell'agricoltura di
Sanremo, costituiscono la maggiore fonte di ricchezza, essendo prodotti abbastanza serbevoli per
cui possono essere usati dalla marineria. La stessa Marina Militare inglese ne faceva scorta sulle
navi per prevenire e combattere lo scorbuto nel XVII e nel XVIII secolo.
La coltivazione delle Palme è anch'essa molto antica, secondo Nilo Calvini quanto quella degli
agrumi, anche se non è possibile stabilire delle precise date di introduzione. Le Palme da migliaia di
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anni esistevano sulla riva Meridionale del Mediterraneo per cui la introduzione in Italia non può
mai essere certa. Tramite seme, per esempio, si potevano introdurre nei paesi meridionali del
continente europeo, con qualsiasi nave di piccolo o medio cabotaggio. Per questo motivo non mi
pare molto interessante la discussione sulla introduzione delle Palme dall'Africa in Italia. I Romani
si cibavano sicuramente di datteri, per cui la presenza di semi fertili di dattilifera nell'Impero è
argomento privo di dubbi. Si ricorda che il Bracelli, nell'ultimo periodo del XV secolo, informava
della vistosa presenza a Sanremo "delle numerose Palme" aggiungendo che " la qual pianta è
sconosciuta in tutta la regione circostante". Lo stesso Bracelli prima di arrivare a Sanremo ha
attraversato la Provenza, Narbonne, poi Nizza e Monaco, Mentone e Ventimiglia, ma solo arrivando
a Sanremo può citare con meraviglia le Palme. Insiste su questa situazione particolare ricordando
che anche i romani pontefici ricorrono al territorio di Sanremo per l'acquisto delle Palme per le
funzioni della Settimana Santa.
Il rapporto di vendita tra cedri e Palme è abbastanza singolare. È evidente che la richiesta delle
Palme era superiore alla produzione. Mentre la quantità dei cedri e dei frutti degli agrumi in
generale era elevata per il più largo areale geografico di coltivazione rispetto alle Palme,si
ponevano problemi per il commercio. Le vendite degli agrumi erano lente e difficoltose, per le
grandi quantità di merce esistenti sul mercato, in particolare a causa della concorrenza di Mentone e
di altri centri agricoli della vicina Francia mentre la vendita delle foglie recise di Palma si doveva
purtroppo concentrare in due periodi ben precisi, il prodotto all'"ebrea" in autunno ed il prodotto
alla "papalina" in primavera.. I consoli addetti alla direzione delle vendite avevano trovato una
singolare soluzione: chi voleva le Palme doveva comperare altrettanti cedri per un valore uguale a
quello delle Palme. "tot cireos quot palmas"
Nel contesto dello Statuto si ricordano ripetutamente le lingue di Palma e le palmites. Se questi due
argomenti sono riusciti a rimanere nella normativa statutaria per circa mezzo millennio significa che
l'importanza e la produzione di questi prodotti non erano trascurabili. In merito alla bontà ed alla
ricercatezza delle lingue di Palma ne parla il Germonio. Il Bracelli, molto esplicitamente segna con
stupore: solo a S. Remo si mangiano lingue di Palma e le Palmites sono migliori dei cardi. È questo
il segno dell'importanza di questi prodotti, anche se bisogna prendere atto che su questi termini è da
molto tempo esistita confusione tanto che lo stesso Gallesio scrive ai bordi di una pagina
dell'archivio Gallesio Piuma: "Ma che cosa si intende per linguae palmarum?"
Secondo la più recente letteratura tecnica al riguardo per "Linguae palmarum" potrebbero
corrispondere alle infiorescenze giovani, ancora racchiuse nella loro spata o in ogni modo in uno
stadio molto precoce del loro sviluppo.
Le "palmites" invece sarebbero le giovanissime foglie, probabilmente il cuore della Palma, sia nella
corona centrale che nelle parti tenere dei polloni; certamente un alimento tenero, gustoso e di molto
pregio;
Inoltre già ai tempi del Gallesio la Palma dattilifera veniva coltivata per le foglie verdi recise: per la
festa ebrea dei Tabernacoli, che cade nei mesi di settembre-ottobre;
La più importante produzione era invece quella delle foglie eziolate, (imbiancamento delle foglie
mediante legamento con tralci di clematide e fasciatura della corona fogliare, foglie alla "papalina")
e recise per la Pasqua cattolica, che cade in primavera.
Fondamentale è il fatto che l'unica Palma allora coltivata e commercializzata ai tempi di Gallesio
fosse la Phoenix dactylifera L.. Il Chamaerops humilis L. non ha avuto che pochissime possibilità
di utilizzazione, già esisteva nelle coltivazioni accanto a quelle della dattilifera ma in quantità molto
marginali. Solo qualche decina d'anni dopo la morte del Gallesio, verso la seconda metà del secolo
XIX, con il sorgere delle costruzioni di lusso, dei parchi e dei giardini nella Riviera, il Chamaerops
humilis L. diventò una pianta di primaria importanza per i giardini. L'altra grande ed importante
phoenicea, la Phoenix canariensis L., arrivò più tardi dalla Francia, nel 1864, proveniente dagli
stabilimenti vivaistici di Linden di Gand, dopo essere stata esposta alle "Floralies Gantoises".
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Gallesio per poter assumere notizie certe, negli ultimi anni della sua vita, si recò ripetutamente in
Riviera, nei centri ove questa coltivazione ha maggiore importanza. Aveva l'intenzione di scrivere
certamente un'opera comprendente tutti gli aspetti inerenti alla vita e all'interesse storico della
Palma. Il capitolo riguardante la Palma di San Remo rappresenta uno degli aspetti più importanti e
più esaurienti di questi scritti ancora inediti.
Bibliografia
BALDINI E:, I giornali dei viaggi, Firenze, Accademia dei Georgofili, 1995.
CALVINI N., Gli Statuti di San Remo, ed. Casinò di San Remo, San Remo, 1983.
CICILIOT F., PAOLA G., Le Palme nella Liguria occidentale durante il medioevo, Medemia, Rivista di Beccariana, Pisa,
1998, pgg. 9-13.
De CANDOLLE A. P., Physiologie végétale, Beché Jeune, Paris, 1832
GALLESIO G., Pomona Italiana, Pisa, N. Capurro,1839.
GALLESIO G., Teoria della riproduzione vegetale, Capurro N., Pisa, 1816
GALLESIO G., Traité du Citrus, P. Didot, Paris, 1811
MATTIOLI A., I discorsi di M. Pietro Andrea Matthioli[…..], Eredi Valgrisi, Venezia, 1581, pgg. 178-181.
VIACAVA L., La Floricoltura in Liguria, SAGEP., Genova, 1982.
VIACAVA L., Giorgio Gallesio e le Palme della Liguria, Atti Conv. "Omaggio di Prasco a Giorgio Gallesio, Prasco, 12
sett. 1998, pp. 145-154
Villa Ormond sud:
Gruppo di Washingtonia robusta
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DANIEL JAQUEMIN
Segretario dell’Associazione francese di appassionati LES FOUS DE PALMIERS.
Introduzione delle palme in Riviera e Costa Azzurra
L’acclimatazione non è altro che l’adattamento di una pianta esotica a un nuovo clima o ad
un nuovo biotopo.
Verosimilmente è l’olivo ad essere stata la prima pianta esotica acclimatata sulle coste settentrionali
del Mediterraneo. Originario della Siria, dove si trovano delle foreste di olivo selvatico viene
introdotto in Gallia con la vite verso il 600 A.C. Sono i Greci dello Ionio che colonizzando il delta
del Rodano, eseguirono la prima acclimatazione di un nuovo albero che assumerà un grande valore
economico in Europa meridionale.
L’habitat naturale di numerose piante può essere notevolmente ampliato grazie all’intervento
dell’uomo e se per mantenere certi vegetali al di fuori del loro luogo di origine sono necessarie cure
specifiche, altri non solo si adattano ma riescono a volte a naturalizzarsi completamente.
Il litorale mediterraneo, con le sue Riviere italiana e francese, è senza dubbio il luogo privilegiato
delle introduzioni, in particolare delle vegetazioni del sud del Mediterraneo, subtropicali e anche
tropicali.
Gli sforzi per le prime acclimatazioni sono stati effettuati per piante utili, di tipo alimentare,
economiche e industriali (tessili) o medicinali. Ugualmente vengono introdotte piante di tipo
ornamentale e tra queste, indiscutibilmente, sono le palme che stravolgono l’aspetto della flora delle
nostre coste dando un aspetto esotico oggi ancora molto presente.
Regina del Regno Vegetale (così la nomina Linneo), la palma non è del tutto straniera in Riviera e
Costa Azzurra. In effetti, una, forse due, sono indigene sul nostro litorale. La prima, il Chamaerops
humilis, è molto comune in Spagna sino alla provincia di Barcellona dove si trova ancora una
colonia naturale abbastanza grande. E’ menzionata da numerosi autori, tra cui Allioni, come specie
endemica nella zona di Nizza, tra Villefranche e Monaco, all’inizio del secolo. Per la seconda, la
Phoenix dactylifera o palma da datteri, si fanno due ipotesi: o è spontanea, quindi naturale o
introdotta quindi naturalizzata.
Probabilmente è spontanea. Presente in Europa occidentale nell’Era Terziaria dell’Oligocene,
scomparve al nord e rimase al sud durante tutto il Miocene. Alcune palme riuscirono a sopravvivere
in Europa in settori molto localizzati beneficiando di un microclima privilegiato.
E’ per questo che le Phoenix dactylifera, in Spagna, in Costa Azzurra, in Riviera, in Dalmazia ed in
Grecia, secondo la tesi di Pierre Minier, nella sua opera “la Palma da datteri”, non sarebbero il
risultato di un’introduzione ma le reliquie di popolazioni naturali molto antiche.
Secondo un’altra tesi potrebbe essere stata introdotta. E’ quello che lascia intendere la storia delle
origini dei palmeti d’Elche in Spagna o di Bordighera in Italia.
In ogni caso, spontanea o introdotta, venne coltivata e moltiplicata in Italia poiché nel 1563 Mattioli
afferma: “…palme di grandi dimensioni sono presenti in numerose città italiane…” e Durante nel
1585 conferma “…Si possono vedere delle palme di dimensioni impressionanti nei numerosi parchi
e giardini, il che indica che sopportano il nostro clima…”.
Da fonte inglese si viene a conoscenza che nel 1597 la Phoenix dactylifera farà parte delle prime
“orangeries” inglesi e che qualche anno più tardi secondo Guiglaris la si trova nel sud della Francia.
Victor Rantonnet, primo vivaista di piante esotiche della Provenza e sicuramente della Francia, la
propone nel suo catalogo di piante ornamentali nel 1820.
Anche se qualche palma è stata introdotta in Europa nelle serre dei giardini botanici, bisogna
aspettare gli anni 1820-1850 per vedere la loro sistemazione in pien’aria sulla costa mediterranea.
Sono dapprima raccolte da ricchi proprietari e appassionati di piante delle capitale europee.
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tradizione, biologia e tecniche di potatura delle palme in Riviera e Costa Azzurra
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Seguendo l’esempio dato dall’Imperatrice Giuseppina, vengono effettuati invii regolari verso le
regioni più calde della Francia al fine di acclimatare le piante ed ornane quindi i giardini.
La Riviera italiana, da parte sua, beneficia delle attività commerciali e portuali di Genova, dove
ricchi armatori possiedono ville superbe attorniate da magnifici giardini che presentano delle
collezioni interessanti di palme. Per logica conseguenza nel 1810 il Professor Viviani crea il
Giardino Botanico di Genova, ingrandito nel 1835 dal Professor Sasso ed in seguito dal celebre
botanico De Noaris, giardino botanico che divenne rapidamente un luogo privilegiato per
l’acclimatazione delle palme.
Personaggi come il Barone Vincenzo Ricasoli, appassionato d’orticoltura, realizza a titolo privato
uno dei più importanti giardini d’acclimatazione d’Europa presso la Villa della Casa Bianca ai piedi
del Monte Argentario, dove introduce e studia una moltitudine di piante esotiche tra cui un
centinaio di palme.
Ma è soprattutto sotto l’impulso di Ludovico Winter, eccellente vivaista ed appassionato dotato di
un senso innato del giardino, che nascono i prestigiosi giardini della Riviera Italiana. Dotato di
grande talento e di una profonda passione per le piante, si assicura la celebrità con la realizzazione
del Giardino della Mortola, proprietà della Famiglia Hanbury.
In Francia nel 1837, il Conte di Pierlas riunisce nel suo giardino del Ray a Nizza qualche esemplare
raro come il Chamaerops martiana, la Chamadorea elegans e la Chamadorea sartori, ma si dovrà
attendere la seconda metà del XVIII° secolo per assistere alla grande diffusione di piante tropicali e
subtropicali.
Nel 1859, grazie ad un terreno in lascito da Hector Riquier alla Città di Hyères, si vedrà realizzato il
primo giardino di acclimatazione sulla Costa Azzurra. Affidato al Giardino d’Acclimatazione di
Parigi, sotto la direzione di Geoffroy Sain-Hilaire, vengono messe a dimora un gran numero di
palme: Jubaea chilensis, Butia jatay, B. capitata, Phoenix silvestris, Erythea armata, E. edulis,
Livistona sinensis, L. australis e tutta una collezione di Sabal.
Nello stesso periodo (1855) e sempre sotto l’egida del Giardino di acclimatazione di Parigi viene
creato un Giardino delle Piante a Marsiglia. Ad Antibes, Gustave Thuret fonda nel 1865 il Giardino
Botanico che porta ancora oggi il suo nome, ma fu Charles Naudin fervente difensore della Jubaea,
che arricchì il giardino di una importante collezione di Cycadacee e di Arecacee: Jubaea chilensis
naturalmente ma anche Nannorops ritchieana, Trachycarpus spp., Livistona ecc.
Nello stesso anno, a Nizza, viene creato sulla Route du Var il Giardino d’Orticoltura, di Zoologia e
Acclimatazione di circa 10 ha.
Nel 1867 Sir Thomas Hanbury crea il Giardino Botanico della Mortola nei pressi di Ventimiglia e
introduce la Copernicia alba, la Trithrinax campestris, l’Erythea dulcis oltre ad una moltitudine di
piante australiane. Sempre sulla Riviera, ma questa volta a San Remo, il Barone Von Huttner fa
costruire la Villa Parva nel quartiere Berigo ad est della città e mette a dimora una importante
collezione di palme tra cui la prima Ceroxylon andicola.
Il Signor Marsaglia, proprietario del bellissimo parco che ancora oggi è possibile ammirare a
ridosso di C.so Imperatrice, acquista all’epoca Villa Zirio, sede attuale dell’Ufficio Turismo del
Comune di San Remo, dove mette a dimora splendidi esemplari di Butia capitata, Archontophoenix
cunninghamiana, Sabal palmetto ecc.
Nel 1870 i Vivai Sahut a Lattes vicino a Montpellier commercializzano delle Jubaea che hanno
sopportato inverni rigidi a -10/-12 e Eugène Mazel fonda il suo Giardino d’Acclimatazione a
Montsauve nei pressi di Anduze dove vengono coltivate Jabaea chlilensis, Trachycarpus fortunei,
Cocos australis e anche altre piante come i Bambusa mitis e i Phyllostachis aurea, giardino che
diventerà in seguito la famosa “Bambouseraie d’Anduze”.
Il celebre botanico italiano Edoardo Beccari, Direttore del Giardino Botanico di Firenze, si
specializza, tra l’altro, in palmacee e tra due viaggi in Estremo Oriente, descrive numerose specie
classificando la maggior parte dei generi di palme. Le sue ricerche scientifiche fanno testo ancora
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oggi. Purtroppo nel suo giardino del Pian vicino a Firenze sono scomparse quasi tutte le sue palme,
come nel Giardino Winter a Bordighera in stato di completo abbandono. A poco a poco questi due
magnifici giardini si degradano e la comunità scientifica ed i comuni, forse per ignoranza, non si
preoccupano della cura di questo patrimonio vegetale inestimabile.
A fianco di questi giardini di acclimatazione a vocazione botanica, numerosi appassionati e amici
delle piante mettono insieme delle ricche collezioni di palme. Il Barone di Bostetten, il Barone di
Prailly e Alphonse Denis a Hyères, il Duca di Vallombrosa a Cannes, Nabonnand e Eugène Mazel a
Golfe-Juan, attraverso scambi, ricerche, viaggi, visite, riuscirono ad riunire collezioni di palme
anche superiori a quelle delle Istituzioni.
Ma in questo desiderio collettivo di esotismo, sono solo tre o quattro tra una folla di palmofili che
lasceranno un segno indelebile sulla nostra costa mediterranea imponendo le palme come emblema
delle nostre Riviere. Bisogna menzionare alcuni veterani del vivaismo che hanno avuto un ruolo
importante come Linden e Verschaffelt in Belgio, Vietch e Hooker in Inghilterra, Hubert e Geoffroy
Saint-Hilaire in Francia e Gullino e Winter in Italia.
Il Conte di Vigier nel 1862 introduce senza saperlo la Phoenix canariensis nel giardino nella Villa
Vénitienne di sua proprietà a Nizza. Acquistata assieme a molte altre specie negli stabilimenti
Linden a Gand, questa nuova palma sorprende tutti per la sua vigoria e rusticità. Mal classificata
inizialmente perché di origine incerta, Chabaud, Capo Botanico al Giardino della Marina di Tolone,
effettuerà la prima descrizione botanica nella Rivista Orticola nel 1865. La P. canariensis è
considerato oggi come la palma più bella dei climi temperati ed è presente in tutte le città sulla costa
del Mediterraneo.
Anche J.B. Chabaud contribuisce largamente alla diffusione delle specie esotiche e appassionato di
palme divide le sue conoscenze con i lettori della Rivista Orticola il cui Direttore è Edouard André.
Nel 1915 scrive il primo libro di volgarizzazione delle palme ornamentali, “Le Palme della Costa
Azzurra”, che divenne e resta un punto di riferimento sino alla stampa del libro di Alain Moinié “Le
Palme per i climi temperati” – Editions Champflour, nel 1991.
Un terzo esperto ed appassionato, il Conte d’Esprémesnil, raggruppa nel 1883 nella sua Villa des
Cocotiers a Golfe-Juan più di 5000 piante esotiche tra cui 60 specie o varietà di palme. E’
l’importante periodo dell’introduzione delle palme brasiliane: Cocos australis, C. botryophora, C.
odorata ecc. grazie agli stretti rapporti mantenuti con Barbarosa Rodrigues allora Direttore del
Giardino Botanico di Rio de Janeiro.
Il Dottor Alex Robertson-Prochowsky è sicuramente il più grande appassionato di palme che la
Costa Azzurra abbia mai conosciuto. Nel 1892 aveva riunito nel suo Giardino “Les Tropiques” a
Nizza, più di 130 specie o varietà di palme oltre ad una notevole quantità di alberi da frutta esotici.
Malgrado un terreno molto accidentato e poco propizio alla coltivazione, situato nel quartiere delle
“Grottes de Siante Hélène”, attraverso un lavoro paziente e minuzioso, riesce a sperimentare e
testare la resistenza al freddo oltre lo sviluppo e la crescita di una grande parte delle palme
conosciute all’epoca.
Altresì, non si può parlare di palme sulla Riviera senza menzionare Giorgio Roster. In effetti, Roster
dopo essersi laureto in medicina e chirurgia all’Università di Pisa si dedica al professorato
all’Istituto di Studi Superiori di Firenze. Si appassiona alla botanica e alla fotografia, che a
quell’epoca era agli albori, e come Direttore del Giardino Botanico dell’Ottonella, volgarizza
tramite numerosi articoli, la coltivazione delle palme.
Tali pionieri non potevano che ispirare la nascita di numerose vocazioni orticole, il loro esempio
suscitò spirito di emulazione e così insieme, vivaisti, Comuni, appassionati e turisti trasformarono
la Costa azzurra e la Riviera in un immenso giardino.
Daniel JAQUEMIN
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Barnabe Moya Sanchez – Giardino Botanico di Valencia – Università di Valencia
BIOLOGIA DELLE PALME
1. CARATTERISTICHE GENERALI
Regno vegetale
Phylum: Euphyta
Divisione: Angiospermae
Classe: Monocotiledoni
Ordine: Spadiciflorae
Famiglia: Palmae
Comparsa: esistono da 120 milioni di anni.
Dal punto di vista evolutivo le palme si avvicinano alle yucche, alle agavi, alle graminacee ed alle
orchidee. Risultano molto differenti dalle fanerofite dicotiledoni e la definizione di “erba gigante”
seppur popolare è molto indicativa. Esistono 120 generi e oltre 2800 specie, ancor oggi si
continuano a scoprire delle nuove entità.
Geograficamente la loro espansione è limitata dalla temperatura media di 18° centigradi per i mesi
più freddi dell’anno. Sono sensibili alle gelate forti e prolungate. Si presentano in numerosi e
differenti biotopi: foreste umide, montagne, deserti e macchia mediterranea, sempre comunque nella
fascia subtropicale e tropicale. L’area naturale delle palme si estende fino alle zone aride ma,
presenta una netta preferenza per quelle zone con suoli profondi ed umidi, per i bordi dei ruscelli, i
fondi valle e le oasi in zone desertiche. Un proverbio arabo dice: “le palme amano avere i piedi
nell’acqua e la testa al sole”.
2. PARTI DELLE PALME
Dal punto di vista morfologico-strutturale si può dividere una palma in tre parti: radici, tronco o
stipite e chioma.
Radici
Hanno come funzione quella di nutrire la pianta, sostenerla ed accumulare le sostanze nutritive.
Sono fascicolate, fibrose, carnose e rigide. Nascono alla base del tronco, direttamente da un organo
chiamato bulbo e si dirigono in tutte le direzioni. I fattori che dirigono la loro crescita secondo
geotropismo negativo sono la ricerca dell’acqua, della sostanza organica e dell’aria. Possono
estendersi sino a 18 metri dal tronco e raggiungere una profondità di 6 metri.
La crescita delle radici è continua, rallenta solo quando le temperature sono basse o molto elevate e
quando il suolo è troppo secco.
Si classificano le radici in due tipi: primarie e secondarie, in funzione della loro dimensione. Le
primarie appaiono a partire dal bulbo, generalmente hanno crescita orizzontale sono di 1-2
centimetri di diametro e hanno numerose ramificazioni. A partire da queste si sviluppano le radici
secondarie che possono essere ascendenti o discendenti con un diametro di 0,5 centimetri e una
lunghezza variabile da 10 a 15 centimetri, su quest’ultime si trovano i peli radicali assorbenti.
Talvolta possono apparire delle radici lungo il tronco, hanno una funzione meccanica di sostegno e
rafforzamento delle strutture deboli, possono formare delle grandi espansioni alla base e sulla parte
inferiore del tronco.
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Le radici sono molto sensibili al compattamento ed al freddo, preferiscono terreno ricco in sostanza
organica e acqua per il loro accrescimento.
Tronco o stipite
Le palme non hanno un tronco come quello degli altri alberi, perché questo non ingrossa con il
tempo e non ha un sistema vascolare dotato di cambio per accrescimento circolare. Le sue funzioni
sono di sostenere la chioma e la gemma apicale, accumulare le sostanze di riserva (amido, acqua,
etc.) e servire da collegamento tra le radici e la chioma. Generalmente il tronco è cilindrico, anche
se esistono delle palme con dei tronchi multipli, anche interrati o rampicanti.
La superficie del tronco può essere liscia o presentare degli intercicli di fibre formanti la base della
foglia morta caduta. Alla fine della decomposizione la superficie rimane liscia e presenta le cicatrici
delle vecchie foglie.
Il midollo è formato dai vasi conduttori, dalle fibre, dalle cellule stegmate, parenchimatiche, etc.
Nella parte centrale il midollo appare formato da un gran numero di fasci conduttori che si
sviluppano longitudinalmente all’interno del tronco, contornati da fibre che danno al tronco la
resistenza e l’elasticità.
I fasci conduttori (circa 70.000 per le palme da datteri), possiedono all’interno dei tubi di xilema e
di floema, che assicurano rispettivamente la circolazione della linfa grezza ed elaborata. Si trovano
anche dei corpi silicei, chiamati cellule stegmate che migliorano la resistenza meccanica del tronco.
Questo spiega perché gli utensili da taglio (asce, seghe) si consumano rapidamente.
Le cellule parenchimatiche sono deputate all’accumulo delle sostanze di riserva (zuccheri, amido,
etc.).
Il periciclo è la parte che separa il midollo dalla corteccia. E’ un tessuto sottile responsabile della
crescita delle radici sul tronco.
La corteccia è costituita dai fasci del midollo che si orientano verso l’esterno e comunicano con le
foglie. Generalmente è formata dai resti della base delle foglie, lo spessore varia da qualche
millimetro a 10 centimetri.
Il legno risulta fibroso, contiene una grande quantità di acqua che, quando è verde lo rende
particolarmente pesante. Nel tronco si possono trovare delle alterazioni del legno che si secca o si
decompone (alterazione dura o molle) per diverse cause (patologie, etc.) che gli fanno perdere la
flessibilità e lo rendono fragile e soggetto a fratture.
Può presentare una forma conica e delle strozzature, questo è dovuto a degli stress nutrizionali che
sono spesso la conseguenza di patologie, di vecchiaia o di potature drastiche e ripetute.
Chioma
L’insieme delle fronde forma la parte terminale del tronco e protegge il germoglio apicale e
l’apparato riproduttore. La gemma apicale si trova a circa 50 centimetri sotto le foglie e ha una
forma conica. A partire dal suo sviluppo si formano tutti gli organi della parte aerea del tronco, le
foglie, i fiori e i frutti.
Le palme dispongono di un solo germoglio apicale, che rappresenta il punto debole della pianta e
che se viene danneggiato porta alla morte della palma. La resistenza del germoglio apicale alle
gelate è il fattore determinante della sua distribuzione geografica. Possiede anche protezioni contro
gli animali grazie allo sviluppo di spine, tessuti e sostanze velenose, etc.
Le foglie partono dal cuore della palma (posizione apicale) e formano un pennacchio verticale che
si curva verso il basso con gli anni. Le nuove foglie appaiono sempre dall’alto, mentre le più
vecchie sono localizzate alla base della chioma. Partendo dall’alto verso il basso si incontrano in
successione: foglie giovani, adulte, mature e morte. In generale le foglie si rinnovano
continuamente, dunque la superficie fogliare resta più o meno costante nel tempo.
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L’eliminazione delle foglie verdi provoca uno stress nutrizionale delle palme, comportando una
diminuzione della crescita ed un aumento della sensibilità alle malattie, nonché una perdita della
resistenza meccanica del tronco.
Le palme da datteri hanno dei germogli axilari alla base delle foglie giovani che possono produrre
dei polloni nella parte inferiore del tronco. Questi appaiono abitudinalmente nelle piante giovani e
tale caratteristica tende a ridursi con l’invecchiamento.
Apparato riproduttore
E’ consigliabile eliminare le infiorescenze in occasione del traspianto delle palme, per conservare
al massimo le riserve nutrizionali.
Attualmente si producono delle ibridazioni tra specie e generi per il fatto che avviene la
coltivazione di differenti specie nello stesso luogo. E’ il caso ad esempio della palma da datteri che
si ibrida con quella delle Canarie.
3.CRESCITA E SVILUPPO
Nelle palme si distingue una crescita primaria (in diametro) e una crescita secondaria (in altezza).
In un primo tempo la pianta cresce principalmente in grossezza e poco in altezza fino a che
raggiunge il diametro definitivo del tronco. Una volta raggiunto, questo non aumenta ulteriormente
durante tutta la vita della pianta.
La crescita in diametro, per le palme da datteri, dura da 5 a 10 anni, in questo lasso di tempo si ha
anche un accrescimento in altezza. Questa crescita differenziata fa si che le palme non possano
cicatrizzare le ferite del tronco, è quindi molto importante non ferire con attrezzi taglienti o con
l’utilizzo di ramponi o delle punte le palme. Per contro va detto che possono essere cerchiate senza
rischiare delle strozzature, contrariamente a quanto accade per gli altri alberi.
Villa Ormond: le Phoenix…
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Roland VIDAL
Rensponsable des formations “taille et soins aux arbres” au CFPF
Formateur spécialisé dans la biologie et la taille des arbres.
TECNICHE DI POTATURA ADATTE ALLE PALME
1 – Le ragioni delle operazioni di potatura
Biologicamente parlando è meglio non potare le palme poiché le foglie secche, oltre ad altri
benefici, procurano loro una miglior protezione contro il freddo, contro i venti violenti, il salino
ecc., inoltre è un apporto naturale di sostanza organica.
Comunque per ragioni di sicurezza, di adattamento al luogo di sistemazione della pianta, e per fini
estetici e colturali ecc., un minimo di manutenzione è necessario. E’ possibile rendere compatibili le
necessità biologiche e umane in modo da ottenere un patrimonio ornamentale di qualità; è
necessario solo che gli interventi tecnici e i materiali utilizzati rispettino al massimo le
caratteristiche biologiche particolari di questo gruppo di vegetali.
E’ necessario in particolare limitare l’utilizzo di ramponi per salire sulla pianta e lasciare foglie vive
il più possibile anche in funzione della zona di impianto e delle caratteristiche ornamentali stabilite.
Il tipo di potatura varia in funzione della specie, del luogo di impianto, della crescita, delle
caratteristiche colturali ecc.
1.1 Le palme più comunemente potate: Tarchycarpus fortunei, Phoenix dactylifera, Washingtonia
robusta, Washingtonia filifera, Butia.
1.2 Le tecniche colturali.
La potatura influisce sulla qualità e il valore estetico delle palme e dipende molto dal concetto
estetico di chi gestisce ed esegue i lavori.



Potature di manutenzione semplice il cui fine è di evitare la caduta delle foglie secche oppure
semplicemente eliminare la loro presenza In realtà, spesso, vengono tolti i 2/3 delle foglie e la
maggior parte delle fruttificazioni al fine di limitare il numero di interventi e di conseguenza i
costi di manutenzione.
Le potature che conservano la forma tondeggiante della chioma, come riscontriamo da
Marsiglia a Antibes, hanno forme che variano secondo le abitudini delle imprese o dei servizi
tecnici. Queste forme permettono di mantenere una certa protezione contro il freddo a
condizione che non si tolgano troppe foglie verdi.
Le potature a corona o “margherite” e simili che riscontriamo principalmente nella regione di
Nizza, sono forme particolarmente elaborate e sono riservate a luoghi protetti dalle aggressioni
invernali. Sono potature dettate da usi locali molto raffinati e possono anche indebolire molto la
pianta sino alla morte in caso di freddi intensi, come si sono verificati qualche anno fa.
Le potature che determinano una forma alla chioma sono sempre accompagnate dalla sistematica
pulizia dello stipite.
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2
– I periodi di potatura:
In riferimento alle epoche di intervento, la miglior cosa è di evitare, in funzione della resistenza
specifica di ogni specie, il periodo di rischio maggiore per il gelo. Sicuramente alcune palme non
dovranno essere potate se vogliamo garantire la loro sopravvivenza.
La frequenza e le epoche di intervento devono assolutamente tener conto delle caratteristiche delle
specie nei problemi di gestione. Una potatura eseguita in un periodo sbagliato, soprattutto freddo e
umido, può provocare un attacco parassitario grave (marcescenza rosa) che si unirà ai danni
climatici classici. Quindi si raccomanda una potatura nel periodo estivo.
3
– Tecniche di potatura
La potatura delle palme adulte è uno dei compiti più pericolosi, duri e difficili che può eseguire un
potatore professionista. Le difficoltà sono l’accesso, i tempi di esecuzione, la posizione, il materiale
di risulta ecc.
Modalità di esecuzione:
Una potatura ben eseguita deve:






mantenere la protezione dell’apice vegetativo
permettere la massima utilizzazione delle riserve delle foglie
sostenere meccanicamente le prime foglie
eliminare le infiorescenze ed infruttescenze sulla maggior parte delle specie
evitare di ferire stipite e foglie
disinfettare gli attrezzi da taglio tra una palma e l’altra.
Frequenza degli interventi:
Ogni due o tre anni.
Partendo da questi elementi tutte le forme sono ammesse, tenendo conto delle particolarità dei
differenti climi, utilizzando il miglior attrezzo.
Attrezzi da taglio
Roncole, asce, cesoie, seghe, motoseghe: quali di questi attrezzi non ha subìto modifiche non
regolamentari per essere più adatta alla potatura delle palme?
Materiale di sicurezza
Arnesi da potatura, corde con anima d’acciaio, casco equipaggiato di occhiali, cuffie antirumore.
Materiale di risalita
Il materiale per la risalita comprende la scala e la piattaforma per le zone più accessibili, ma sono
limitate in altezza. I ramponi, la cui fabbricazione è sovente artigianale, sono di utilizzazione
veloce ma faticosi e non molto sicuri.
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Una ferita sul tronco è irreparabile in ragione della fisiologia stessa della palma (assenza di
cambio), quindi l’uso ripetuto di punte degrada la parte esterna e ornamentale dello stipite. Queste
ferite possono servire da porta di ingresso ad agenti patogeni.
Attualmente qualche comune e amministrazione tenta di limitare l’utilizzo di questi attrezzi. E’ il
caso di Mentone, Nizza e delle Antille.
Oltre alle vecchie cinghie in corda, i soli attrezzi in grado di permettere l’accesso alle zone
d’intervento senza provocare danni e con più sicurezza sono l’”Ecureuil” (sciattolo) degli
stabilimenti Komet e la “Selle grimpante ” (sella arrampicante) d’Elmethern.
Le “biciclette” presentano una sicurezza massima. Sono comode, molto meno rapide che i ramponi,
ma non feriscono gli stipiti.
Le staffe sono indispensabili per le palme inclinate.
Villa Ormond: Brahea dulcis
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Philippe RIGOLLOT
Agent de maitrise avec fonction de technicien
Détaché au sevice des jardins à la Ville de Menton
Responsable de l’arboriculture ornementale.
LE PALME
PATOLOGIA
Introduzione
Ogni specie di palma ha esigenze proprie legate al clima ed al tipo di terreno del suo paese di
origine. Bisogna prestare sempre attenzione e rispettare queste esigenze. A tal fine è necessario
avere una perfetta conoscenza botanica della pianta. Una pianta indebolita resiste meno bene alle
aggressioni esterne. Alcune palme delle zone aride temono gli inverni umidi e freddi, i terreni
compatti e argillosi che provocano l’asfissia delle radici.
Un altro parametro da prendere in considerazione relativo alla recrudescenza di malattie è il tipo di
piantagione. Se si pianta una sola specie la possiamo paragonare ad una monocoltura, ed in questo
caso, se i primi sintomi di una malattia non sono individuati subito, si può arrivare ad un’epidemia
catastrofica.
Altre cause sono da considerare:
 I trattamenti di alcune malattie effettuati in modo sistematico con lo stesso fungicida possono
provocare l’apparizione di ceppi resistenti.
 L’introduzione di nuove specie non ancora adattate al nuovo ambiente resistono meno bene agli
attacchi parassitari. Alcune palme, a volte, vengono messe a dimora al loro limite climatico.
Bisogna conoscere la sensibilità al freddo delle diverse specie. Da notare che una palma resiste
meglio al freddo secco che a quello umido.
 La crescita degli scambi commerciali internazionali aumenta notevolmente i rischi
d’introduzione accidentale di parassiti in paesi dove sono assenti.
 Termino con la potatura delle palme. Questa pratica può avere solo ragioni estetiche e di
sicurezza. Bisogna capire che una potatura è una porta di entrata per le malattie in particolare
per i funghi patogeni tipo “Gliocadium vermoesi” Gli interventi di potatura dovranno sempre
essere effettuati in periodi secchi e caldi: luglio/agosto. Per essere certi di non infettare le palme
potate, la temperatura ideale è di 33° C.
1 – SVILUPPO DEI FUNGHI.
Tra tutte le malattie delle palme i funghi costituiscono una delle principali cause di infezione.
Per svilupparsi un fungo ha bisogno di temperatura elevata e umidità. Alcuni oidium producono
addirittura, con l’avvicinarsi dell’inverno, un micelio a membrana più spessa, adatta a resistere al
freddo.
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Per comprendere meglio le problematiche legate ai funghi affrontiamo il discorso del loro sviluppo
che comprende quattro fasi.




la disseminazione
la penetrazione
l’incubazione
l’apparizione dei sintomi.
1.1 - LA DISSEMINAZIONE
Si verifica attraverso l’azione del vento, dell’acqua, degli insetti, degli uccelli e dell’uomo.
1.2 - LA PENETRAZIONE
Può verificarsi attraverso gli stomi, le cellule epidermiche, le ferite, le cicatrici fogliari, (gelo,
grandine) ma anche attraverso il suolo, i nematodi infatti creano delle vie di infezione.
1.3 -L’INCUBAZIONE
E’ il periodo durante il quale i funghi si sviluppano all’interno dei tessuti senza provocare dei
sintomi visibili. La durata di questa fase varia a seconda dei funghi ma anche secondo la pianta, e
dipende da alcuni fattori esterni come la temperatura, l’umidità o l’alimentazione.
1.4 – L’APPARIZIONE DEI SINTOMI
Due cause che originano l’apparizione dei sintomi sono da prendere in considerazione.
 La prima è la rottura dell’equilibrio tra l’aggressività del fungo e la resistenza della pianta, con
l’apparizione di lesioni che interessano alcuni organi come l’ingiallimento delle foglie o il
disseccamento e morte delle stesse.
 La seconda è l’apparizione del fungo all’esterno della pianta.
1.41 – Sintomi derivanti dall’azione parassitaria dei funghi.
1.411 – Le marciscenze
Due forme di marciscenza possono essere osservate:
 Le marciscenze umide: sono caratteristiche dei funghi capaci di distruggere molto rapidamente
delle membrane vegetali: è il contenuto cellulare liquido che fuoriuscendo dalle cellule dà
questo aspetto umido alle lesioni.
 Le marciscenze secche: sono dovute ai funghi che si diffondono lentamente all’interno dei
tessuti vegetali. Le cellule si disidratano lentamente assumendo delle colorazioni diverse a
seconda dei parassiti presenti.
1.412 – Le necrosi.
I sintomi sono simili alle marciscenze secche. Con questo termine si intende un azione che si
traduce in una morte rapida delle cellule, accompagnata da una diminuzione notevole del volume
dei tessuti colpiti, a volte sino alla scomparsa di questi ultimi. Tutti gli organi possono essere
colpiti. Sugli stipiti, le necrosi evolvono il più delle volte in cancri più o meno profondi, che
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possono provocare anche la rottura o il dissecamento delle foglie. Su queste, la necrosi determina il
dissecamento rapido del lembo in zone o macchie spesso ben delimitate.
1.42 – Sintomi che permettono di riconoscere gli attacchi fungini.
1.421 – Le croste.
Sono ammassi di micelio che si sviluppano sulla superficie delle foglie.
1.422 – Il micelio
Sono dei filamenti che portano delle spore, da questo l’aspetto polveroso o farinoso.
1.423 – Marciumi radicali.
E’ quello che si chiama comunemente “il bianco di fungo”, spesso associato a dei cordoni nerastri.
La maggior parte di questi marciumi essendo dei funghi superiori, producono dopo un certo tempo
degli organi di fruttificazione facilmente riconoscibili (polipori che crescono a gruppi al piede).
METODI DI LOTTA CONTRO I FUNGHI
2.1 - METODI UTILIZZATI
Attualmente si ricorre a trattamenti chimici utilizzando prodotti ad azione fungicida, unitamente a
tecniche colturali il cui fine è di eliminare l’impianto o lo sviluppo del parassita.
2.11 – Eliminare il fungo
Sono tre i casi che si presentano :
 Per i funghi che sono situati e vivono nel suolo, il metodo più semplice consiste nella
disinfezione del suolo stesso, ma si deve fare attenzione perché dopo questo tipo di trattamento,
il terreno è biologicamente morto e una nuova contaminazione può avere delle conseguenze
molto gravi. Infatti, niente si opporrà allo sviluppo di un nuovo parassita poiché non ha più
organismi antagonisti che creano l’equilibrio ecologico.
 Per i funghi che si sviluppano sulla parte esterna della pianta, (essenzialmente gli oidium), si
utilizzano fungicidi di contatto capaci di distruggere il micelio e le spore.
 Per i funghi che si sviluppano all’interno della pianta utilizzando una sola categoria di prodotti,
quelli sistemici, trattamento che viene effettuato tramite nebulizzazione o irrigazione. Il
prodotto viene assorbito e trasportato dalla linfa, diffondendosi in tutta la pianta. In questo
modo tutti gli organo avranno una protezione sicura dagli attacchi fungini. L’azione di questi
sistemici è estesa su un periodo di 3 settimane. Hanno un’azione preventiva e curativa su
diversi tipi di funghi (polivalenti). Lottano efficacemente contro gli agenti patogeni
responsabili di malattie vascolari tipo “fusariosi”
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2.12 – Separare le parti malate dalle parti sane.
Si pratica questo tipo di intervento sui cancri. Il più semplice consiste ad asportare le ramificazioni
malate durante le potature, e raschiare le lesioni con l’applicazione di fungicidi e le piaghe con
l’applicazione di mastice cicatrizzante fungicida.
La miglior cosa è sempre di impedire al fungo di penetrare nella pianta. Dopo ogni taglio, a titolo
preventivo, è necessario polverizzare un fungicida che distruggerà l’eventuale fungo presente
impedendoli di introdursi e diffondersi all’interno dei tessuti.
3
QUALCHE MALATTIA DELLE PALME
3.1 – IL MARCIUME ROSA: Gliocladium vermoesi
Citato per la prima volta nel 1938 da Bliss. Questa malattia può svilupparsi sulle Phoenix
canariensise e dactylifera, sulle Washingtonia filifera e robusta, sulle Howea e Archontophoenix.
Questo fungo si manifesta attraverso una marciscenza che attacca i piccioli, le fogliole e lo stipite.
Si sviluppa in particolare su piante stressate, su ferite da potatura, o su lesioni da gelo o per
bruciature da eccessiva insolazione.
Prima di tutto si noteranno zone necrotiche scure sullo stipite, in seguito appariranno delle masse di
conidi di color arancio o rosa salmone. Le ferite essendo il principale veicolo di infezione, si
dovranno potare le palme quando la temperatura raggiunge almeno i 30° C.
Al fine di ridurre le possibilità di infezioni, applicazioni di Benomyl associato a Mancozeb danno
buoni risultati.
In caso di trapianto di grandi esemplari è necessario effettuare dei trattamenti sull’insieme della
pianta tramite nebulizzazione o polverizzazione. Per evitare indurimento e blocco vegetativo è
meglio scegliere fungicidi minerali a base di rame. In effetti abbiamo constatato che l’utilizzo di
fungicidi di sintesi sistemici bloccano la vegetazione su un ciclo completo dopo il trapianto.
3.2 – DANNI DA FREDDO
3.3 – DANNI DAL SALINO (brezze e venti marini)
3.4 – CARENZE DI FERRO, MAGNESIO E AZOTO
3.5 – TOSSICITA’ DEGLI ERBICIDI
4
CRESCITA E SVILUPPO
Nelle palme viene distinta la crescita primaria (in diametro) e la crescita secondaria (in grandezza).
In un primo tempo la pianta cresce principalmente in larghezza e poco in altezza sino a quando
raggiungerà il diametro definivo dello stipite. Una volta raggiunto, questo diametro non aumenterà
più durante tutta la durata della vita della pianta.
La crescita del diametro, per la palma da datteri, dura da 3 a 5 anni. Solo più tardi crescerà in
altezza sino alla fine della sua vita.
Questa crescita differenziata fa si che la palma non possa cicatrizzare le ferite sul tronco (assenza di
crescita in diametro). E’ quindi molto importante non ferire con attrezzi taglienti o appuntiti tipo
ramponi. Per contro le palme possono essere fasciate senza alcun rischio di provocare degli
strangolamenti, contrariamente agli alberi.
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5
- - POTATURA DELLE PALME
3.1 - PERCHE’ POTARE LE PALME?
Nei luoghi frequentati, la sicurezza del pubblico richiede delle potature di mantenimento semplici,
come togliere guaine e foglie secche, che portano spine pericolose e rischiano di cadere. In paratica
vengono asportate di solito i 2/3 delle foglie ed il più possibile delle infruttescenze, per ridurre il
numero di interventi e ridurre quindi i costi.
Le ragioni della potatura delle palme in Costa Azzurra sono essenzialmente estetiche e culturali. E’
la dolcezza del clima che permette la sofisticazione della potatura a forma tonda, nella zona di
Tolone o a margherita nella zona da Nizza a Mentone. Queste pratiche non sono senza rischi e le
palme hanno pagato in pesante tributo in occasione delle gelate di questi ultimi anni. In effetti più
foglie togliamo e più indeboliamo le piante. Diventano quindi più sensibili al freddo, soprattutto ai
freddi umidi e al marciume rosa (Gliocladium wermoeseni), uno dei principali agenti patogeni
attuali. In più è necessario sottolineare che per numerose specie uno dei principali motivi di estetica
sono da dati dalle foglie secche che avvolgono lo stipite e dalle pittoresche infiorescenze e
infruttescenze colorate che portano.
Se sulla Costa Azzurra spogliare un Trachycarpus fortunei può essere al limite di cattivo gusto è
sicuramente da incoscienti nel Sud Ovest della Francia, in Bretagna, in Normandia, nella Valle della
Loira o nella regione di Parigi dove questa palma ha bisogno delle sue caratteristiche di rusticità.
Come per gli alberi tutta l’arte della potatura delle palme sarà quella di saper conciliare le
specificità biologiche di queste piante con la sicurezza e le necessità umane, l’estetica con esigenze
colturali. Ma le palme non sono alberi e questa arte presenta qualche particolarità.
3.2 – LE PARTICOLARITA’ DELLA POTATURA DELLE PALME
Due imperativi devono guidare il professionista: conservare il più foglie vive possibile e limitare
l’utilizzo di ramponi per salire sulle palme.
Le specie di grandi dimensioni e comuni allineate o a gruppo, necessitano di una manutenzione
costante, come le Phoenix e le Butia. Le Phoenix canariensis in particolare, una delle più diffuse,
porta anche alcune centinaia di foglie e richie de un notevole lavoro di pulizia. Per di più le sue
spine robuste sono pericolose: sono tossiche e rompendosi si infilano sotto la pelle, provocando
anche delle paralisi serie.
Questi interventi vanno a volte a discapito del loro aspetto naturale, come per le Washingtonia le
cui foglie morte restano fissate allo stipite e non rischiano di cadere.
Sembrano un lusso inutile e pericoloso per il Trachycarpus fortunei. Altre specie infine richiedono
pochi interventi, come la Jubaea chilensis ben messa in valore isolata.
Gli interventi di potatura avranno luogo ogni due o tre anni. Infiorescenze e infruttescenze vengono
eliminate nella maggior parte delle specie. Una potatura ben eseguita, togliendo il minor numero
possibile di foglie permette:
- di proteggere la gemma apicale all’apice dello stipite,
- di mantenere il massimo delle riserve,
- di sostenere meccanicamente le giovani foglie.
Bisogna evitare di ferire lo stipite e le foglie rimaste rispettando un angolo di taglio appropriato, e
disinfettare gli attrezzi da taglio prima di iniziare una nuova palma.
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5.3 IL MATERIALE DI ARRAMPICATA SULLE PALME
Più che le tecniche di potatura è il materiale per salire sulle palme che andrebbe migliorato per
rendere meno difficile questo tipo di intervento che tra i più difficili, pesanti e pericolosi.
Scale: può essere utile solo per zone accessibili e gli interventi sono limitati in altezza.
Etriers (staffe) sono indispensabili per le palme inclinate.
Ramponi: spesso di fabbricazione artigianale, sono di utilizzo veloce ma affaticante e poco sicuri.
Inoltre le ferite che provocano le loro punte agli stipiti si ingrandiscono col tempo nuocendo
all’aspetto estetico della palma, diventano dei punti di debolezza meccanica e sono altresì porte
aperte per gli agenti patogeni.
La sola apparecchiatura moderna che presenta la massima sicurezza è la “bicicletta”. Meno rapida
che i ramponi, richiede dell’esperienza ma sono più comodi e non provocano ferite allo stipite. Il
loro miglioramento dal punto di vista tecnico è lento a causa del mercato troppo ristretto.
Le vecchie cinghie in cordame o corde non provocavano ferite. Il ricorso a materiale moderno,
rispettoso delle palme, comodo e sicuro per gli operatori è ancora troppo limitato. La Città di
Mentone aveva vietato l’uso dei ramponi nel 1997, divieto poi revocato di fronte all’impossibilità di
far applicare immediatamente ed integralmente questa misura. Eppure questa iniziativa dovrebbe
essere adottata da altri enti o collettività, vetrina di un “savoir faire” mostrata al pubblico e
cosciente di dover valorizzare al massimo un patrimonio invidiato.
E’ necessario riconsiderare i tempi delle operazioni, e quindi la preoccupazione del mantenimento
dei costi, di ridefinire le modalità di potatura in funzione dei diversi tipi di luoghi e specie.
Villa Ormond: Washingtonia filifera
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Catherine Ducatillion
Conservateur du jardin botanique de la Villa Thuret – INRA - Antibes
Les palmiers et la Villa Thuret.
Catherine Ducatillion
C’est toujours avec beaucoup de plaisir et d’émotion que j’évoque les collections et les
activités du jardin Botanique de la Villa Thuret et je remercie vivement les organisateurs de cette
manifestation de m’avoir conviée dans leur très belle ville de San Remo.
Mes activités de Botaniste m’incitaient a priori à parler des différentes espèces, de leur
morphologie et de leur architecture; mais ces informations se trouvent dans les livres, mêmes si
elles sont dispersées et quelquefois incomplètes. Alors je vais plutôt aborder un sujet plus
spécifique concernant les relations anciennes ou actuelles, mais toujours très fortes, qui lient la Villa
Thuret à ces «herbes»séduisantes que sont les palmiers.
1. Un peu d’histoire.
Pour planter le décors, je voudrais revenir au siècle dernier. Comme d’autres gens du Nord,
Gustave Thuret s’installe sur la Côte méditerranéenne, à Antibes, et commence ses introductions de
plantes exotiques. C’est un scientifique; il a été formé par Decaisne professeur au Museum
d’Histoire Naturelle de Paris. C’est donc tout naturellement qu’il est en relation avec Charles
Naudin, adjoint de Decaisne, et que commence entre eux une série d’échanges d’avis, de conseils et
de graines. Nos palmiers entrent alors en scène comme en témoigne un courrier de 1859 où Naudin
écrit à Thuret: «…avancez-vous dans votre palmification du Var? …». Il lui enverra l’année
suivante les premières graines du Livistona chinensis qui apparaît ainsi à la Villa Thuret quelques
années après son introduction à Hyères. Un peu plus tard, le 26 Mars 1866, Thuret reçoit des
graines de Jubaea chilensis en provenance directe du Chili. Elles suivent un premier envoi de 1858.
Un courrier précisera «…c’est moi qui ai inventé le Jubaea, il y a une quinzaine d’années, alors
que personne n’y songeait encore…». Selon Naudin, les premières introductions de cette espèce
majestueuse dans le sud de la France, d’abord à Collioure, puis à Lattes (région de Montpellier ) et à
Antibes, dateraient donc de 1851 environ.
Nous pouvons suivre, pas à pas, ces années pionnières grâce à la correspondance de Naudin
et aux cahiers d’introduction qu’il a tenus à jour scrupuleusement. C’est ainsi que la Villa Thuret
garde une trace précise de l’introduction de chaque espèce, comme par exemple celle de
Nannorhops ritchieana en 1871, en provenance de Kew.
2. Un patrimoine vivant
2-1 Contenu:
Les collections d’aujourd’hui comptent 120 individus répartis en 14 genres et 31 espèces
(Archontophoenix, Brahea, Butia, Chamaedorea, Chamaerops, Jubaea, Livistona, Nannorhops,
Phoenix, Sabal, Syagrus, Trachycarpus, Trithrinax, Washingtonia). Ces espèces ont, pour la
plupart, des représentants adultes qui ont résisté aux divers aléas climatiques du 19ème et du 20ème
siècles (froids ou sécheresses exceptionnels). A titre indicatif, durant le dernier grand froid, le
thermomètre est descendu à -10 ° C.
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Ces collections sont progressivement enrichies. Le processus reste toutefois modeste, car il
ne fait pas partie des programmes prioritaires d’introduction. En revanche, le patrimoine est
soigneusement renouvelé par la plantation de jeunes individus issus, dans la mesure du possible, de
graines sauvages semées et élevées dans la pépinière du Jardin Thuret.
2-2 Fonctions
Les qualités esthétiques des palmiers en font un support de choix pour le développement
d’activités récréatives et pédagogiques. En effet, dans un contexte géographique où l’image du
paysage méditerranéen s’avère extrêmement diversifiée, voire très floue, et où la plante ne joue
qu’un rôle secondaire, le palmier a imposé sa présence. Celle-ci repose non seulement sur l’idée
sous-jacente d’exotisme, de chaleur, de vacances, mais également sur des qualités physionomiques
intrinsèques faites de simplicité architecturale et de grâce.
Ces particularismes sont exploités dans le cadre des objectifs de diffusion de la culture
scientifique soit à destination du grand public (visites libres ou commentées du jardin, organisation
de manifestations diverses), soit à destination des enfants (programme pédagogique proposé aux
écoles primaires).
Les professionnels (jardiniers, paysagistes, gestionnaires) et les amateurs peuvent également
venir comparer les espèces, in situ, en une lecture libre et directe, pour en acquérir une meilleure
connaissance visuelle.
2-3 Techniques d’entretien
Le jardin Thuret étant prioritairement un site d’observation et d’expérimentation d’espèces
exotiques, les végétaux font l’objet de soins originaux. Une fois installée, la plante aura une
croissance libre, sans taille, ni arrosage, ni traitement chimique, ceci afin de tester sa tolérance aux
conditions locales. En revanche, son comportement sera suivi avec attention, qu’il s’agisse de ses
modalités de croissance, de sa phénologie ou de sa réaction à diverses agressions « naturelles »
d’origine climatique ou biologique.
Les palmiers, quant à eux, reçoivent les soins suivants:
 Importante fumure organique à la plantation,
 Mulch annuel sur les jeunes sujets,
 Arrosage les deux ou trois premières années après plantation,
 Absence de taille des feuilles,
 Sélection de rejets sur certains Chamaerops anciens (conservation de la forme),
 Interventions exceptionnelles (nettoyage de feuilles sèches) dans des cas très particuliers.
Dans de telles conditions, la croissance peut s’avérer lente mais les attaques parasitaires
majeures sont rarissimes (un cas relevé en 11 ans, sur Jubaea). L’absence de taille des feuilles
permet de respecter l’intégrité physique du corps des palmiers:
 Protection hivernale du méristème,
 Absence de plaie donc de porte d’entrée à certains éléments pathogènes,
 Absence d’exportation des réserves utiles contenues dans les bases pétiolaires des
feuilles encore vertes taillées,
 Conservation de l’esthétique naturelle.
Si la présence de feuilles sèches sur un palmier dans une propriété abandonnée laisse une
impression de «désordre» ou de «saleté», le même palmier situé dans un jardin entretenu ne donnera
pas du tout le même sentiment. Il suggèrera plutôt la liberté, le respect d’une nature domestiquée
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sans excès. Dans cette hypothèse, seules des contraintes liées à la sécurité des personnes sont
limitantes, en particulier dans les zones très fréquentées (bord de routes, par exemple).
3. Conclusion : les palmiers et l’INRA d‘Antibes
Le jardin Thuret est géré par le laboratoire de Botanique qui travaille en particulier sur un
programme de Diversification des espèces ornementales méditerranéennes ligneuses. D’autres
laboratoires s’intéressent aux palmiers, en particulier au palmier dattier: culture in vitro, lutte
biologique.
 La culture in vitro est utilisée dans une perspective de régénération et de multiplication
de géniteurs de dattiers résistants au Bayoud. Deux voies sont mises au point : la mise
en culture de micro-apex axillaires et la mise en culture de tissus floraux immatures
avec néoformation de bourgeons végétatifs. La méthode permet de s’affranchir des
contaminations endogènes, tout en maintenant une variabilité génétique induite faible.
 Lutte biologique: il s’agit de mettre au point des méthodes de lutte contre les ravageurs
par introduction d’auxiliaires.

Le potentiel de recherche du centre de recherche d’Antibes est important dans un contexte
méditerranéen où le palmier tient une place prépondérante, tant d’un point de vue ornemental
qu’alimentaire.
Phoenix roebellini in primo piano a Villa Ormond sud
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Francesco De Santis – Presidente Accademia di Flora
La Matematica nelle palme
Premessa
Alcuni esseri viventi sia animali sia vegetali, hanno forme geometriche ben definite, elementari,
immediatamente leggibili. Essi esercitano un fascino particolare perché la loro forma, in qualche
modo, dialoga con l’uomo sia al livello emozionale sia a quello intellettivo.
Anche forme inanimate suscitano il nostro interesse: cristalli, fiocchi di neve, bolle di sapone,
gocce di liquidi. Nel loro evolversi sembra esserci la magia della conoscenza. Magia che riconduce
ai graffiti della preistoria e che ai nostri giorni, è intimamente ricusata per una qualche dignità che
l’uomo moderno vorrebbe affermare rispetto al suo passato.
Le geometrie della forma sono state studiate sin da tempi remoti. Celebri il Silus Pythagorae, il
Pentaculum Salomonis, Il Canone di Policleto, la serie di Fibonacci di sicura matrice araba, il
triangolo di Tartaglia, il numero d’oro con la sezione aurea. Poi il rettangolo di Leonardo da Vinci,
la Divina Proporzione dei Rinascimentali, la spirale d’Archimede e la logaritmica, il Modulor di Le
Corbusier e si può continuare.
Sono stati oggetti d’interesse la forma dell’uomo, le forme pentagonali, triangolari, le forme a
stella, a spirale, a sfera. Per i vegetali negli ultimi duecento anni studi accurati sono stati fatti per la
forma del fusto, della foglia ed in maniera particolare per la disposizione delle foglie tra loro e sul
fusto. Questa disposizione pur essendo caratteristica per ogni specie di pianta è accompagnata da
regole costanti che sono studiate dalla «Fillotassi». E fillotatticamente le palme sono esemplari,
formative e propedeutiche per comprendere forme più complesse.
Nell’ultima parte di questo secolo, dall’osservazione della maestosità degli alberi tropicali nasce
l’idea di catalogare le loro architetture. Dai modelli naturali si procede, per astrazione, a definire
forme teoriche matematiche quindi se ne cercano i riscontri in natura. Morfologia botanica,
geometria, matematica s’incontrano in questo settore della botanica ed anche qui le palme giocano
un ruolo essenziale. In ogni modo, dal semplice al complesso, le forme della palma ci svelano molti
aspetti della bellezza del creato
Numeri di Fibonacci, spirali logaritmiche, rapporti fillotattici, modelli architettonici sembrano
teorie tutte diverse, discorsi antitetici. Sono invece punti prospettici diversi e complementari
dell’interpretazione matematica della natura.
La crescita
Gli esseri viventi, animali e vegetali sono caratterizzati dalla crescita la quale è di due tipi:
crescita individuale e crescita della specie con il numero dei suoi individui.
La crescita individuale interviene subito con la nascita: le dimensioni dell'individuo, che
generalmente rimane simile a se stesso, aumentano per portarlo maturità.
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A questo punto le energie, prima egocentriche, sono destinate anche ad un ciclo di produzione di
nuovi individui e quindi all'incremento della specie. In alcune specie, dopo la riproduzione, l'essere
muore, in altre, i cicli riproduttivi si ripetono periodicamente senza crescita dell'individuo adulto, in
altre ancora i cicli riproduttivi si ripetono periodicamente ma la crescita dell'individuo continua.
Nella crescita individuale esiste una differenza fondamentale tra esseri animali e vegetali. Mentre
gli animali in teoria possono disporre di quantità non limitative di nutrienti e quindi sono
condizionati nella crescita solamente dalla velocità di metabolizzazione delle sostanze acquisite, i
vegetali vengono a trovarsi strettamente condizionati dal tempo per la mancanza di un particolare
nutriente.
I vegetali sono in grado, in condizioni ambientali ideali, di travasare l'acqua e tutti i nutrienti
chimici necessari alla loro crescita, supposti disponibili, direttamente ed immediatamente
dall'esterno all'interno delle loro strutture corporee, salvo il carbonio. Sono condizionati solamente
dalla velocità di metabolizzazione di questo nutriente.
Per utilizzare questa sostanza fondamentale, i vegetali hanno bisogno oltre che dell'anidride
carbonica, anche della luce perché con essa devono effettuare la fotosintesi. La crescita è dunque
condizionata dalla luce e, pertanto, dallo scorrere del tempo perché è nel tempo e con periodicità
ben definita che la luce giunge al vegetale.
È allora facilmente comprensibile come la crescita sia tanto sincronizzata con il tempo da
permettere che si possa leggere nella forma generale dei vegetali come in quella delle parti che li
compongono: foglie, fusti, rami, il periodismo dell'acquisizione dell'energia solare.
Mediante la legge del minimo o legge di correlazione di Mitscherlich (che nella forma più
generica è detta anche legge di Baule) con semplici considerazioni si può giungere ad un'equazione
di crescita degli esseri ed è interessante osservare che tale equazione è di tipo esponenziale.
L'accrescimento simile per tutti gli esseri, per i vegetali ha anche un comportamento periodico.
La crescita esponenziale o logaritmica
Alcuni esseri manifestano vistosamente nella forma la crescita esponenziale (fig. 1), anche detta
logaritmica; tra gli animali, le chiocciole, il Nautilus, tra i vegetali le Palme, Conifere, Crassulacee,
Cactacee.
Se non esistesse una dimensione massima limite, lontano da essa, potremmo dire che
generalmente la quantità dei nutrienti assorbibili e metabolizzati è direttamente proporzionale alla
dimensione dell'essere stesso. L'accrescimento è funzione della sua stessa dimensione. Più è grande,
più l'essere è capace di crescere, almeno se siamo lontani da una dimensione massima, prestabilita
per ogni specie, Se si tiene conto della dimensione massima il discorso si complica ma non in
essenza.
Appare evidente che ove manchi un nutriente l'essere debba rallentare la crescita, e un vegetale,
ad esempio, non può crescere più velocemente dell'acquisizione del carbonio, suo solo teorico
fattore limitante. L'equivalente della bocca animale ai fini dell'acquisizione d'anidride carbonica è lo
stoma o meglio l'insieme degli stomi, aperture che sono situate sulle foglie e proporzionali in
numero alla superficie fogliare. In più occorre la luce per la fotosintesi.
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La pianta capta l'energia luminosa con le foglie. Nel complesso dunque sia l'acquisizione del
carbonio che la sua metabolizzazione avvengono in misura direttamente proporzionale alla
superficie fogliare del vegetale. Risulta che, anche per questo essere, l'acquisizione del carbonio, e
quindi la capacità d'accrescimento, è direttamente proporzionale alla sua dimensione.
I viventi che crescono intorno ad un punto o intorno ad un'asse portano, come il Nautilus e come
la palma, molto ben leggibile l'accrescimento logaritmico, quelli per i quali la crescita o ha vari poli
o è diffusa, non dimostreranno chiare strutture a spirale logaritmica, appariranno comunque rapporti
armonici, ossia basati sulla sezione aurea, ed avranno elementi in quantità espresse dai numeri di
Fibonacci
Una particolarità si nota per i vegetali: l'energia luminosa giunge alla pianta non in modo
continuo ma periodico. Dallo zero notturno si giunge ad un minimo delle prime ore del giorno per
avere il massimo del mezzodì e quindi decrescendo lo zero della nuova notte.
Se si esprime l'equazione di crescita di un vegetale in funzione del carbonio, tenendo conto che
la metabolizzazione di questo è funzione del tempo, si ottiene un'espressione di tipo esponenziale e
periodica che può essere graficizzata in coordinate cartesiane ortogonali o più espressivamente in
coordinate polari.
Somiglianze
Un girasole ed un nautilus
Il nautilus (fig. 2) ed il girasole (figg. 5-6), entrambi, mostrano molto chiaramente nella loro
forma la crescita logaritmica. L'equazione di crescita in coordinate polari, è di forma continua (fig.
1) per il nautilus, di forma parametrica (fig. 4) per la parte centrale del girasole. Risulta una spirale
logaritmica piana in entrambi i casi. Anche i petali del girasole sono ottenibili con una spirale
logaritmica (fig. 7), quì il parametro diventa funzione periodica.
Una conifera ed una chiocciola
Il caso visto in precedenza è, in ogni modo, dal punto di vista geometrico una semplificazione di
quello più generale che è la crescita nello spazio. Non esistono, infatti, esseri a due dimensioni e
quando la crescita logaritmica avviene non intorno ad un punto in un piano ma attorno ad una retta,
attorno ad un asse nello spazio, la spirale diventa tridimensionale (fig. 10). Molti animali e vegetali
mostrano tale modello di crescita, e tra questi, noi abbiamo una conifera, la Picea engelmannii (fig.
11) ed una chiocciola tropicale (fig. 14). Anche qui l'animale ha una crescita continua, il vegetale
una crescita parametrica, a scatti diremmo.
Le palme
Il caso delle palme (fig. 17) è particolare: a differenza delle altre piante esse non possono
accrescersi diffusamente. Queste piante non possiedono sulla periferia del fusto quel tessuto,
chiamato cambio che nelle altre piante permette la crescita in diametro, la rimarginazione delle
ferite, la creazione di tessuto nuovo. Le Palme formano nuovi tessuti solamente sulla parte superiore
del tronco, con le foglie, e sulla parte inferiore del tronco, nella terra e sotto il colletto, con le radici.
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tradizione, biologia e tecniche di potatura delle palme in Riviera e Costa Azzurra
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Le Palme possiedono un fusto, il famoso stipite, che non si accresce in larghezza. Verrebbe da
pensare perciò che siano fragili, invece è ben noto come esse siano molto più resistenti di altre
piante rispetto a venti, tempeste ed uragani. Perché questo è possibile?
Le palme sempre e singolarmente hanno interessato gli animi eletti per la loro geometria,
architettura e struttura; esse furono chiamate da Linneo prìncipi del regno vegetale così come
prìncipi degli animali sono i mammiferi.
Nella fase giovanile, dalla germinazione del seme alla fruttificazione, la palma deve occuparsi
del futuro della sua struttura, deve dare allo stipite dimensioni e funzionalità tali da poter sostenere
l'età adulta. Deve prevedere i vasi per la circolazione della linfa ascendente e discendente nonché la
considerevole resistenza meccanica per sforzi di flessione a stipiti alti facilmente 40 metri.
In gioventù la pianta ha un accrescimento logaritmico particolarmente chiaro, e la sua geometria
raggiunge la perfezione formale in foglie, spine ed ogni dettaglio. Dalle sostanze racchiuse nel seme
hanno origine una radichetta ed una fogliola, che subito fotosintetizza, permettendo così la crescita
di un'altra radice ed un'altra fogliola. Le fogliole, ora in due, procedono nel lavoro e così via sino
alla costruzione della massima corona a cui corrisponde un massimo impianto radicolare I fasci che
man mano hanno collegato foglie e radici formano lo stipite, la pianta è adulta.
La pianta è matura, ora la corona che ha un elevato potenziale bioproduttivo destina le energie
alla riproduzione. Una gran quantità di polline è prodotta dagli individui maschi, per le femmine,
una cospicua quantità di fiori e poi di frutti è alimentata, svezzata ed affidata alla natura ma
prestando attenzione che i frutti siano interessanti, più interessanti d'altri frutti, per chi deve
assicurare la dispersione dei semi. Regine tra i principi sono, tra l'altro, per questo motivo la palma
da datteri, il cocco, la palma da olio, il borasso.
Nascono nuove piantine mentre i genitori iniziano un nuovo ciclo. Sono eliminate e rinnovate le
vecchie radici, eliminate e rinnovate le vecchie foglie che portano i segni delle lotte con il clima e i
parassiti mentre per i collegamenti tra radici e foglie sono utilizzati i vecchi fasci, la pianta esegue
solamente i brevi raccordi da vecchie a nuove foglie, da vecchie a nuove radici. Tutto è pronto per
ricominciare.
Ma la pianta non cresce più come individuo, omesso chiaramente l'altezza del tronco, cresce
invece la specie in numero. La palma mostra una chioma sempre identica per numero di foglie e
dimensione, caratteristica d'ogni specie, essa non è simile a se stessa, essa è sempre uguale a se
stessa.
Alcune considerazioni etologiche sarebbero evidenti se si trattasse di un animale: l'essere molto
ben formatasi per il futuro, raggiunta la maturità, dedica tutte le sue energie alla progenie che
genera con ritmo biologico ben cadenzato.
Osservando le palme ci accorgiamo poi di un particolare non trascurabile e valido per tutte le
piante, illustrato come segue: la disposizione delle foglie della corona segue delle spirali, come le
squame di una pigna (fig.12), i petali di un fiore. Cerchiamo sopra una delle spirali due foglie che
siano sulla stessa verticale: dividendo il numero dei giri percorsi per il numero di foglie incontrate si
ha l'angolo formato da due foglie consecutive che è chiamato "divergenza".
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Il calcolo della divergenza per le palme è agevole: le tracce dei peduncoli fogliari rimangono
evidenti sullo stipite e quindi non è necessario riferirsi alla corona. La divergenza, caratteristica
d'ogni specie, risulta sempre essere il rapporto di due numeri della successione di Fibonacci.
Leonardo da Vinci nel codice della pittura diceva: "Ha messo la natura la foglia degli ultimi
rami di molte piante, che sempre la sesta foglia è sopra la prima e così segue successivamente se la
regola non è impedita." Se occorrono due giri per sei foglie la divergenza sarà 2/6.
Quanto più questi due numeri sono elevati come posizione nella successione di Fibonacci, tanto
più la divergenza è prossima ad un valore teorico legato alla sezione aurea del raggio. La differenza
tra valore teorico e reale della divergenza nasconde un dato d'interesse.
Questa differenza, questo resto (che tra l'altro è esprimibile con soli numeri di Fibonacci e
potenze del numero d'oro), è un parametro strettamente legato alla velocità di crescita della pianta, o
meglio della sua porzione, in analisi. Facciamo due esempi:
a)
1 giro e 2 foglie
divergenza =1/2=0,5;
approssimazione 0,618025-0,5=0,118025;
b) 5 giri e 8 foglie,
divergenza=5/8= 0.615385
approssimazione 0,618025-0.615385=0.00264
nel caso b) la velocità di crescita è inferiore al caso a).
L'appassionato di palme potrà verificare, per esempio, quanto succede a Jubaea chilensis rispetto
a Phoenix dactylifera o a Chamaedorea elatior, ma la cosa è applicabile a tutte le piante che
possono essere lette.
Osservare che la corona della palma si sviluppa con un andamento ad elica spiroidale marcata
periodicamente dalla presenza della foglia (fig. 16). Per la foglia stessa occorre distinguere almeno
due casi: la palmata e la pinnata, esse per semplicità possono essere analizzate nel piano.
La foglia palmata si accresce intorno ad un punto fisso, la sua espressione sarà di tipo
esponenziale periodico ed il grafico più espressivo sarà polare, la foglia pinnata si accresce lungo
una retta, anche qui l'espressione sarà di tipo esponenziale periodico, il grafico è più espressivo in
coordinate ortogonali.
La matematica nelle palme noi l'abbiamo appena accennata, speriamo vi abbia svelato qualche
segreto di queste meravigliose piante.
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Bibliografia essenziale:
A. D. Bell: La forma delle piante - Zannichelli, 1993
E. J. H. Corner: The Natural History of Palms - Weidenfeld and Nicolson, London, 1966.
D'Arcy Thompson: On Growth and Form - Cambridge University Press, 1992.
A. Montù: Sezione aurea e forme naturali - ERAT, 1980.
C. J. Snijders: La sezione aurea - Franco Muzio Editore, 1993.
P. S. Stevens: Patterns in Nature - Penguin Books Ltd 1974.
E. Strasburger, F. Noll, H. Schenck, A. F. Schimper: Trattato di Botanica - Delfino, 1986.
P. B. Tomlison: The structural Biology of Palms - Clarendron Press Oxford, 1990.
H. Weil: La simmetria - Feltrinelli - 1962.
S. Wolfram: Mathematica - Addison-Wesley, 1993.
Wolfram Research, Inc., Compact disc: Math Source, 1994.
Figure:
Fig. 1 Spirale logaritmica. F. De Santis.
Fig. 2 Nautilus. Aldus Digital Darkroom 2.0 - Silicon Beach Software, Inc.
Fig. 3 Due spirali logaritmiche a 180 gradi. F. De Santis.
Fig. 4 Spirale logaritmica parametrica. F. De Santis.
Fig. 5 Foto di girasole, parte centrale. Da cd: Fiori 1 - Edizioni Master.
Fig. 6 Foto di girasole. Da cd: Fiori 1 - Edizioni Master.
Fig. 7 Grafico di equazione esponenziale periodica. F. De Santis.
Fig. 8 Grafico di equazione esponenziale periodica. F. De Santis.
Fig. 9 Foto di Anna Bassotti.
Fig. 10 Spirale conica parametrica. F. De Santis.
Fig. 11 Picea engelmannii, disegnata al Computer. F. De Santis.
Fig. 12 Strobilo di pino, ridisegnato da Conifere di Gigliola Magrini - Gorlich, 1967.
Fig. 13 Spirale conica di S. Dickson da S. Wolfram: Mathematica - Addison-Wesley, 1993.
Fig. 14 Foto da G. Melone: Su alcuni Achatinidae raccolti in Uganda - Acc. Naz. Lincei, 1980.
Fig. 15 Triton corrugatus, ridisegnato da D'Arcy Thompson: On Growth and Form Cambridge University Press, 1992.
Fig. 16 Spirali, cilindrica e conica, parametriche. F. De Santis.
Fig. 17 Schizzo di Trachicarpus fortunei di M.C. Escher per l’incisione "Il sesto giorno della
creazione".
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