Sicurezza agroalimentare nell`era della globalizzazione

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Sicurezza agroalimentare nell`era della globalizzazione
Sicurezza agroalimentare nell’era della globalizzazione
SICUREZZA AGROALIMENTARE
NELL’ERA DELLA GLOBALIZZAZIONE
di Giosita Variale*
Lo sviluppo della qualità e dell’eccellenza degli alimenti sul mercato europeo passa attraverso l’applicazione di norme fondamentali, che garantiscono
la sicurezza del consumatore. I rischi non si possono eliminare del tutto, ma,
grazie all’adozione di leggi che garantiscono: controlli integrati e programmati lungo tutta la catena alimentare, interventi basati sull’analisi del rischio
e la rintracciabilità dei prodotti lungo la filiera, l’Unione Europea vanta una
valida e attuale politica di sicurezza degli alimenti. È pertanto fondamentale
garantire la sicurezza, sia delle materie prime, sia dei processi tecnologici
impiegati nelle produzioni. Negli ultimi anni, infatti, grazie alle direttive
emanate dai governi la lotta alle sofisticazioni, alle adulterazioni e a tutte
quelle violazioni scoperte nel settore agroalimentare si è inasprita.
The development of quality and excellence of foods on the European market is
linked to the application of basic standards which ensure consumer safety. The risks
can not be entirely eliminated, but by adopting laws that guarantee: built-in controls
and planned all along the food chain, interventions based on risk analysis and product traceability along the supply chain, the European Union has a valid and current
policy on food safety. It is therefore essential to ensure the safety both of the raw materials, and of processes and technology used in production. Thanks to the directives
issued by governments, in recent years the fight has been intensified against adulteration and all those violations discovered in the food industry.
L
a globalizzazione dei mercati internazionali ha aumentato
la concorrenza e contribuito alla diminuzione dei costi e
quindi dei prezzi di enormi quantitativi di derrate alimentari, provenienti spesso da aree situate a migliaia di chilometri di
distanza, prodotte a bassissimi costi, ma non altrettanto sicure
per la salute di masse di consumatori. È, pertanto, fondamentale garantire la sicurezza, sia delle materie prime prodotte in altri
Paesi, sia dei processi tecnologici, impiegati oggi nelle produzioni, a differenza degli anni passati.
È questo il principio a cui si ispirano le direttive emanate negli ultimi anni dai Ministri delle Politiche agricole alimentari e forestali di
lotta alle sofisticazioni, adulterazioni e violazioni nel settore agroa*
Giornalista
SILVÆ - Anno VI n. 13 - 123
Sicurezza agroalimentare nell’era della globalizzazione
limentare. Per garantire la sicurezza degli alimenti ai consumatori e
salvaguardare il settore agroalimentare da crisi ricorrenti, l’Unione
Europea, e l’Italia come Paese membro, hanno adottato la strategia
globale di intervento denominata «sicurezza dai campi alla tavola».
In questa formula è racchiuso lo spirito dell’intervento normativo e di controllo degli ultimi anni: affrontare la sfida di garantire cibi sani e sicuri lungo tutta la filiera produttiva, predisporre
un controllo integrato e abbandonare l’approccio settoriale e verticale. Essa si basa su una combinazione di requisiti elevati per i
prodotti alimentari e per la salute e il benessere degli animali e
delle piante, siano essi prodotti all’interno dell’UE o importati.
Le prime valutazioni sul tema risalgono all’anno 1997 con il «Libro
verde della Commissione sui principi generali della legislazione in materia
alimentare dell’Unione Europea» e hanno trovato la formulazione condivisa nel «Libro Bianco sulla sicurezza alimentare» del 2000. Tali documenti fondamentali hanno ispirato l’impianto normativo comunitario in materia di sicurezza alimentare a partire dal Regolamento
(CE) n. 178/2002 «General Food Law», che ha introdotto il principio
fondamentale di un approccio integrato di filiera, fino all’entrata in
vigore del cosiddetto «Pacchetto Igiene», il 1° gennaio 2006, con cui
sono cambiate definitivamente le regole comunitarie sull’igiene e il
controllo ufficiale degli alimenti. Attraverso il pacchetto igiene tutti
gli Stati Membri hanno adottato gli stessi criteri riguardo l’igiene
della produzione degli alimenti e quindi i controlli di natura sanitaria vengono effettuati secondo i medesimi standard su tutto il territorio della Comunità Europea. Precedentemente esistevano notevoli differenze tra le legislazioni dei vari paesi riguardo ai concetti,
ai principi e alle procedure in materia alimentare. Uniformando le
norme sanitarie, si è resa possibile la libera circolazione di alimenti
sicuri, contribuendo in maniera significativa al benessere dei cittadini, nonché ai loro interessi sociali ed economici.
I principi generali sui quali verte la nuova legislazione comunitaria sono: controlli integrati lungo tutta la catena alimentare;
interventi basati sull’Analisi del Rischio; responsabilità primaria
dell’operatore del settore per ogni prodotto da lui realizzato, trasformato, importato, commercializzato o somministrato; rintracciabilità dei prodotti lungo la filiera; consumatore come parte
attiva della sicurezza alimentare.
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Regolamenti del Pacchetto Igiene
Regolamenti “chiave”:
• Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i
requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure
nel campo della sicurezza alimentare.
• Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 29 aprile 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari.
• Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in
materia di igiene per gli alimenti di origine animale.
• Regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche
per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano.
• Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 29 aprile 2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a
verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di
alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.
Regolamenti “applicativi”:
• Regolamento (CE) n. 2073/2005 della Commissione del 15 novembre 2005 sui criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari.
• Regolamento (CE) n. 2074/2005 della Commissione del 5 dicembre 2005 recante modalità di attuazione relative a taluni prodotti
di cui al Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo
e del Consiglio e all’organizzazione di controlli ufficiali a norma
dei Regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) n.
854/2004 e (CE) n. 882/2004, deroga al regolamento (CE) n.
852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e modifica dei
Regolamenti (CE) n. 853/2004 e (CE) n. 854/2004.
• Regolamento (CE) n. 2075/2005 della Commissione del 5
dicembre 2005 che definisce norme specifiche applicabili ai
controlli ufficiali relativi alla presenza di trichine nelle carni.
• Regolamento (CE) n. 2076/2005 della Commissione del 5
dicembre 2005 che fissa disposizioni transitorie per l’attuazioSILVÆ - Anno VI n. 13 - 125
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ne dei regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio
(CE) n. 853/2004, (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 e che
modifica i Regolamenti (CE) n. 853/2004 e (CE) n. 854/2004.
Oltre alla legislazione generale, valida per tutti i prodotti alimentari, in Italia sono in vigore norme specifiche riguardanti aspetti
particolari della sicurezza degli alimenti, ad esempio: l’uso di
pesticidi, integratori alimentari, coloranti, residui di farmaci veterinari e contaminanti, addizione di vitamine, minerali e sostanze
analoghe, materiali e prodotti a contatto con gli alimenti.
Il Regolamento (CE) 882/2004 rappresenta la norma quadro per
l’organizzazione dei controlli ufficiali in materia di alimenti,
mangimi, salute e benessere degli animali.
Gli Stati membri garantiscono che i controlli ufficiali siano eseguiti periodicamente, in base ad una valutazione dei rischi e con frequenza appropriata, per raggiungere gli obiettivi del regolamento,
tenendo conto: dei rischi identificati associati con gli animali, con i
mangimi o con gli alimenti, con le aziende del settore dei mangimi
e degli alimenti, con l’uso dei mangimi o degli alimenti o con qualsiasi trasformazione, materiale, sostanza, attività o operazione che
possano influire sulla sicurezza dei mangimi o degli alimenti, sulla
salute o sul benessere degli animali. Sono presi in esame, inoltre, i
dati precedenti relativi agli operatori del settore dei mangimi e
degli alimenti, per quanto riguarda la conformità alla normativa in
materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul
benessere degli animali, l’affidabilità dei propri controlli già eseguiti e qualsiasi informazione che possa indicare un’eventuale non
conformità. Inoltre, ciascuno Stato membro elabora un unico piano
integrato di controllo nazionale pluriennale.
I controlli devono essere: programmati in base alla valutazione
del rischio, concentrando gli interventi sui settori, attività, operatori associabili a maggiore rischio per la salute del consumatore; integrati, visto che tutta la filiera deve essere considerata
come un unico processo e le varie autorità che intervengono nel
controllo devono essere coordinate per consentire un’azione più
efficiente ed evitare le sovrapposizioni.
L’attuazione dei controlli ufficiali in Italia è affidata alle Autorità,
organismi competenti istituzionalmente, quali: le Aziende Sanitarie Locali (ASL), le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bol126 - SILVÆ - Anno VI n. 13
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zano, il Ministero della Salute, anche attraverso gli Uffici veterinari e medici periferici - PIF, UVAC, USMAF e il Comando Carabinieri per la tutela della salute. Intervengono, inoltre, nel controllo
delle materie prime provenienti da altri paesi e, quando queste
vengono lavorate nel territorio nazionale, anche il Ministero delle
Politiche agricole e forestali, e dell’Economia e delle Finanze, quest’ultimo attraverso l’Agenzia delle Dogane e la Guardia di Finanza. Importante è anche il compito del Corpo forestale dello Stato
nella lotta alle contraffazioni alimentari, alle sofisticazioni, falsificazioni ed importazioni di derrate di dubbia provenienza.
I controlli, secondo il principio della sicurezza «dai campi alla
tavola», sono finalizzati all’accertamento di conformità o meno
alla normativa in materia di mangimi e di alimenti ed alle norme
sulla salute e sul benessere degli animali. Infatti, l’attività di vigilanza e controllo è svolta in primo luogo sui prodotti agricoli e
sui mangimi per animali.
Ulteriori controlli vengono svolti negli allevamenti per garantire la
salute ed il benessere animale; proseguono nei macelli e nelle industrie di trasformazione e continuano puntuali nella fase della commercializzazione e di somministrazione, con la verifica anche delle
modalità di etichettatura e del rispetto dei requisiti di informazione al consumatore. Ad integrazione dei controlli ufficiali, disposti
dalle norme in vigore, le imprese del settore alimentare sono tenute ad attuare programmi di autocontrollo secondo i principi dell’HACCP (Hazard Analysis Critical Control Points), rivolti a documentare l’igienicità dei processi, a prevenire i rischi per la salute
dei consumatori, a definire le procedure di intervento nei casi di
non conformità ed a monitorare l’efficacia del programma stesso.
Un aspetto importante della sicurezza alimentare è la «rintracciabilità», definita dal Regolamento (CE) 178/2002, come «la possibilità di
ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta
ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime, attraverso tutte le fasi
della produzione, della trasformazione e della distribuzione». Lo scopo è
quello di far sì che tutto ciò che entra nella catena alimentare (mangimi, animali vivi destinati al consumo umano, alimenti, ingredienti,
additivi, etc.) conservi traccia della propria storia, seguendone il percorso dalle materie prime, fino all’erogazione al consumatore finale.
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La rintracciabilità consiste nell’utilizzare le «impronte», ovvero la
documentazione raccolta dai vari operatori coinvolti nel processo di
produzione, per isolare un lotto produttivo in caso di emergenza, e
consentire al produttore e agli organi di controllo, che hanno il dovere di vigilare sulla sicurezza alimentare del cittadino, di gestire e controllare eventuali situazioni di pericolo attraverso la conoscenza dei
vari processi produttivi (flussi delle materie prime con relativa documentazione). Fino al 2005 erano rintracciabili solo alcuni prodotti,
quali carni, pesce e uova, quelli cioè più a rischio per la salute del
consumatore. Dal 1° gennaio 2006, con l’entrata in vigore del «Pacchetto Igiene» l’obbligo della rintracciabilità è stato esteso a tutti i prodotti agroalimentari, il che consente di individuare qualsiasi prodotto in ognuna delle fasi del ciclo produttivo. I requisiti minimi per
l’applicazione della rintracciabilità da parte degli operatori del settore alimentare sono specificati nell’Accordo del 28 luglio 2005 tra il
Governo, le Regioni e le Province Autonome (Gazzetta Ufficiale n.
294 del 19 dicembre 2005) concernente «Linee guida ai fini della rintracciabilità degli alimenti e dei mangimi per fini di sanità pubblica».
La responsabilizzazione dell’operatore del settore alimentare è un
punto cardine della nuova legislazione alimentare, che rovescia,
rispetto all’assetto precedente, l’onere primario di garanzia della
sicurezza alimentare. Infatti, secondo la Definizione del regolamento CE 178/2002 «l’operatore del settore alimentare è la persona fisica o
giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa alimentare posta sotto il suo controllo».
Lo stesso regolamento prevede all’articolo 17 che «spetti agli operatori del settore alimentare e dei mangimi garantire che nelle imprese da essi
controllate, gli alimenti o i mangimi soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare, inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte». Le motivazioni di questo approccio si possono leggere nel Considerando 30 del medesimo, in cui è specificato
che «gli operatori del settore alimentare sono in grado, meglio di chiunque
altro, di elaborare sistemi sicuri per l’approvvigionamento alimentare e per
garantire la sicurezza dei prodotti forniti; essi dovrebbero pertanto essere
legalmente responsabili, in via principale, della sicurezza degli alimenti».
Analogamente, nel Regolamento (CE) n. 852/2004 si ribadisce che
«gli operatori del settore alimentare garantiscono che tutte le fasi della
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produzione, della trasformazione e della distribuzione degli alimenti sottoposte al loro controllo soddisfino i pertinenti requisiti di igiene fissati
nel presente regolamento». Il Regolamento stabilisce che tutto ciò sia
attuato, applicando nell’azienda alimentare l’autocontrollo.
L’autocontrollo in materia di igiene e sicurezza degli alimenti è
obbligatorio per tutti gli operatori del settore alimentare che
siano coinvolti nella filiera della produzione alimentare.
L’HACCP (Hazard analysis and critical control points) è invece
un sistema che consente di applicare l’autocontrollo in maniera
razionale e organizzata, e rappresenta uno strumento teso ad
aiutare gli OSA (Operatori del settore alimentare) a conseguire
un livello più elevato di sicurezza alimentare.
La prima codifica normativa in Europa risale al 1993 con la
Direttiva 43/93/CEE (recepita in Italia con il D. Lgs 26 maggio
1997 n. 155, ora abrogato). Questa normativa è stata sostituita
dal Regolamento CE 178/2002 e dal Regolamento CE 852/2004.
Data l’ampia gamma di imprese alimentari prese in considerazione
dal Regolamento CE 852/2004 e la grande varietà di prodotti alimentari e di procedure di produzione applicate agli alimenti, sono
state redatte dalla Commissione Europea delle Linee guida generali
sullo sviluppo e sull’applicazione delle procedure basate sui principi del sistema HACCP, come documento diretto ad aiutare tutti
coloro che intervengono nella catena della produzione alimentare.
Tali linee-guida si ispirano essenzialmente ai principi enunciati nel
«Codex Alimentarius» CAC/RCP 1-1996 Rev 4-2003, introdotto al
fine di armonizzare il commercio internazionale, a tutela della
sicurezza dei prodotti agroalimentari in campo internazionale e
basato su criteri dettati dalla FAO e dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità, al quale tutti i Paesi del mondo si attengono. Il Codex
ha elaborato più di 237 norme alimentari ed ha stabilito più di 40
direttive e codici per la produzione e la trasformazione degli alimenti. Importanti norme riguardano la composizione e la qualità
degli alimenti, l’igiene, la sicurezza, gli additivi.
Per notificare in tempo reale i rischi diretti o indiretti per la salute
pubblica connessi al consumo di alimenti o mangimi è stato istituito il sistema rapido di allerta comunitario, sotto forma di rete, a
cui partecipano la Commissione Europea, l’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e gli Stati membri dell’Unione.
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Se in uno dei paesi dell’UE, viene individuato un prodotto pericoloso (in ambito dell’autocontrollo adottato dalle imprese, in
ambito del controllo ufficiale o a seguito di refertazione medica),
le relative informazioni vengono diffuse rapidamente tra i Punti
di contatto delle Autorità competenti dei vari Paesi, attraverso
un sistema di allarme chiamato «Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi» (SARAM). Il sistema facilita la cooperazione
tra le autorità nazionali e quelle europee, al fine di individuare i
prodotti pericolosi e ritirarli immediatamente dal mercato.
Le notifiche di allerta vengono quindi comunicate e condivise, via
rete e in tempo reale, tra gli Stati membri ed all’interno degli Stati
con gli organi di controllo ufficiali in materia di sicurezza alimentare. Compito successivo dell’organo di controllo ufficiale è quello di
vigilare sull’applicazione dell’attività del sistema di allerta che prevede il ritiro di prodotti pericolosi per la salute umana o animale da
parte del produttore e degli altri operatori economici della catena
alimentare (grossisti, trasformatori, negozianti, ristoratori, ecc.).
Nel caso di rischio grave ed immediato, oltre a disporre immediatamente il sequestro dei prodotti tramite l’intervento del Comando
Carabinieri, della Sanità e degli Assessorati Regionali, la procedura
di emergenza può essere integrata con comunicati stampa e in questo caso vengono informati i cittadini sul rischio legato al consumo
di un determinato prodotto. Di questi giorni è il maxi-sequestro, eseguito dai carabinieri dei Nas di Torino grazie a numerose denunce e
segnalazioni di consumatori, di 70.000 mozzarelle che diventano blu
all’apertura della bustina che le contiene, prodotte in Germania per
una società italiana che le commercializza. Immediatamente si è attivato il sistema europeo di allerta in campo agroalimentare.
Il meccanismo delle comunicazioni rapide, sempre più numerose negli ultimi anni, è uno strumento essenziale per la valutazione di eventuali rischi e per la tutela del consumatore.
Il sistema di allerta comunitario trova il fondamento giuridico
nella Direttiva 92/59/ CEE del Consiglio europeo recepita col
decreto legislativo 115/95, relativa alla sicurezza generale dei prodotti e nel regolamento CE 178/2002 del Parlamento europeo e del
Consiglio, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’autorità europea per la sicurezza
alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.
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Il Ministero della Salute, con propria Circolare prot.
606/20.1/3/1110 del 15 maggio 2003, ha fornito indicazioni ai propri uffici periferici (UVAC, PIF, USMA) e alle Regioni e Province
Autonome, in ordine alle competenze e alle modalità operative in
caso di riscontro di «frode tossica o di prodotti nocivi o pericolosi per la
salute pubblica» e ha invitato le Regioni e le Province Autonome a
predisporre un proprio sistema di allerta, per assicurare il flusso
delle comunicazioni tra centro e periferia, nonché per fornire gli
opportuni indirizzi alle Aziende Sanitarie Locali. L’Ufficio VIII
della Direzione Generale della Sicurezza degli alimenti e della
nutrizione del Ministero del Lavoro, Salute e Politiche sociali è il
punto di contatto italiano per il sistema di allerta comunitario.
Il principio fondamentale delle norme UE di etichettatura dei cibi
è fornire ai consumatori informazioni essenziali sulla composizione del prodotto, sul produttore, sui metodi di magazzinaggio e
preparazione. Lo scorso 16 giugno il Parlamento europeo ha inoltre stabilito che le etichette poste sugli alimenti devono obbligatoriamente riportare le informazioni nutrizionali. Approvando la
relazione di Renate Sommer (Ppe, De) per 559 contro 54 con 32
astensioni, i deputati hanno deciso di migliorare la legislazione
sulle etichettature alimentari per garantire ai consumatori la possibilità di compiere scelte basate su informazioni precise, evitando
però di creare oneri amministrativi e finanziari eccessivi per l’industria alimentare. Dunque, etichettatura nutrizionale obbligatoria
con la proposta dei deputati di estendere l’etichettatura obbligatoria sul paese d’origine, oggi in vigore per alcuni alimenti come
carne, miele e olio d’oliva, a tutti i tipi di carne, pollame, prodotti
lattiero-caseari, e altri prodotti a base di un unico ingrediente.
L’etichetta di un alimento deve essere sempre letta con attenzione al momento dell’acquisto, poiché rappresenta la fonte più
immediata ed essenziale di informazioni sul prodotto. Deve
sempre riportare: la denominazione di vendita (il nome dell’alimento - olio extravergine di oliva, farina 00, maionese etc.) eventualmente seguita dal trattamento tecnologico eseguito; l’elenco
degli ingredienti (in ordine di quantità decrescente); il peso
netto; il nome e la sede del produttore; ove necessario, il termine
minimo di conservazione o la data di scadenza; le modalità di
conservazione; le singole unità contenute in una confezione.
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È obbligatorio segnalare, tra gli ingredienti, la presenza degli
additivi. Alcuni (coloranti, conservanti, antiossidanti, emulsionanti, addensanti ecc.) vengono designati con il nome della categoria, cui segue il nome specifico o il corrispondente numero
CEE (es. «antiossidante: acido L-ascorbico o E 300»).
La normativa (D. Lgs 8 febbraio 2006, n 114) prevede, inoltre, l’obbligo di indicazione in etichetta per una serie di ingredienti contenenti
sostanze allergeniche (latte vaccino, lievito, frutta secca, cereali contenenti glutine, crostacei etc.). Su molti prodotti il consumatore può
trovare anche indicazioni nutrizionali e il contenuto energetico, che,
salvo in alcuni casi, sono indicati facoltativamente dal produttore.
L’etichetta può riportare anche altre indicazioni, come la data di
produzione o il marchio di qualità (Dop – Denominazione di origine protetta, Igp – Indicazioni geografiche protette, Stg – Specialità tradizionale garantita), informazioni aggiuntive che il
produttore può inserire a propria discrezione, come caratteristiche di pregio del proprio prodotto. Per le carni bovine esiste un
sistema di etichettatura più vincolante; questa prevede che debbano essere riportate anche le seguenti informazioni: codice di
riferimento, che rappresenta il nesso tra il taglio di carne al
banco e l’animale o il gruppo di animali macellato; il paese di
nascita; il paese di macellazione e numero di riconoscimento
dello stabilimento di macellazione; paese di selezionamento
delle carni e numero di riconoscimento del laboratorio.
La legge stabilisce, oltre agli obblighi, anche dei divieti riguardo
all’etichettatura, la pubblicità e la presentazione di un prodotto
alimentare:
- È vietato indurre in errore il consumatore sulle caratteristiche
qualitative ed organolettiche, composizione, luogo d’origine
del prodotto.
- È vietato aggiungere frasi, aggettivi che abbiano la funzione di
esaltare il prodotto, al fine di ricreare una pubblicità ingannevole.
- È vietato evidenziare caratteristiche particolari, uniche del
prodotto, poiché tutti i prodotti della stessa fascia della stessa
categoria merceologica le possiedono.
Le sanzioni, sia per le contravvenzioni amministrative, sia per i
reati, in questo campo sono piuttosto esigue. Occorrono norme più
severe che consentano di colpire in modo più efficace. Un’inversio132 - SILVÆ - Anno VI n. 13
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ne di tendenza si è registrata con l’emanazione della legge 99 del
2009, che ha introdotto nel Codice penale il reato di contraffazione
dei prodotti agroalimentari, innalzando il livello di deterrenza.
Con la stessa legge è stato previsto il rafforzamento delle azioni
volte alla tutela della qualità delle produzioni agroalimentari,
della pesca e dell’acquacoltura, nonché per il contrasto delle frodi
in campo agroalimentare e nella filiera ittica, attraverso le attività
svolte dagli organi di controllo del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, tra cui il Corpo forestale dello Stato.
Occorre, quindi, una maggiore presa di coscienza da parte dei consumatori, della pubblica opinione in generale, per richiedere controlli più serrati, per sapere se la mozzarella di bufala che si compra
proviene da Napoli, dalla Germania o dalla Lituania. Per impedire
questa confusione è impensabile limitare il commercio, pretendere
che paesi come la Cina, il Brasile o il Sudafrica non si sviluppino economicamente con la propria capacità di crescita, imponendo loro di
produrre di meno perché danneggiano troppo; si può però chiedere
loro di produrre secondo le regole, di adeguare le legislazioni nazionali, di consentire la rintracciabilità, questioni che riguardano tutti i
Paesi, anche il nostro come è avvenuto per alcune tipologie di alimenti, pena la chiusura delle singole aziende.
Nella stessa Unione Europea, però, si incontrano difficoltà e ostacoli, come di recente, quando in Italia è stato messo a punto il
decreto sull’olio. Questo si spiega con l’esigenza di non restringere
la concorrenza. Infatti, anche altri Paesi europei vantano prodotti
di eccellenza, per cui il miglioramento di quelli italiani non deve
danneggiare il libero mercato, necessario per di più perché consente di avere prezzi minori. Per il Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura dell’Unione Europea occorre promuovere la competitività sul mercato interno ed internazionale, dando priorità alla qualità e alla sicurezza dei prodotti, avvalendosi di adeguate misure di
sicurezza e di controllo della provenienza del cibo. Viene così ribadito in modo chiaro l’impegno dell’Unione Europea, e dei ministri
delle politiche agricole degli Stati Membri, nel portare avanti il
modello agroalimentare europeo ed i suoi elevati standard qualitativi e regolamenti riguardanti la sicurezza alimentare, la salvaguardia dell’ambiente e quella del benessere animale. Questo in
seguito alle accuse, mosse all’Unione Europea, di attuare, tramite
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tali standard, una sorta di protezionismo, e anche in risposta ai
dubbi sull’eventuale ruolo di tali standard nel frenare ed ostacolare la competitività dei prodotti europei rispetto a quelli provenienti da Stati, in cui le regole sono meno severe.
Lo stesso Commissario per l’Agricoltura, Dacian Ciolos, è intervenuto per ribadire come tali regole e sistemi relativi all’ingresso di produzioni provenienti dai mercati esteri, siano norme
indispensabili per la tutela della sicurezza alimentare. Gli alti
standard di produzione europei, a giudizio di Ciolos, sono ciò
che definisce ed identifica i prodotti dell’UE, sia sul mercato
interno che su quello internazionale.
«Proprio sul mercato interno», sostiene il Commissario, «è
necessario impiegare ogni sforzo per consentire e potenziare la
competitività di tali prodotti, agendo parallelamente sui partner
commerciali esterni per convincerli dei benefici di implementare i loro standard qualitativi per adeguarsi a quelli comunitari».
Di qui l’importanza capitale di difendere l’etichettatura dei prodotti di qualità e delle denominazioni.
Nel discutere di questo argomento si è fatto ampio riferimento alla
Dichiarazione di Siviglia, un documento prodotto lo scorso aprile
alla conferenza sulla Competitività dell’UE tenutasi nella città spagnola, e che ha visto la partecipazione di produttori, industrie, rappresentanti degli Stati Membri e policy-makers dell’UE.
In esso ci sono varie raccomandazioni sulle strategie da attuare per
implementare la competitività dei prodotti europei, senza comprometterne gli standard qualitativi e di sicurezza. Tra questi: una gestione armonizzata del controllo delle importazioni e delle relative leggi
sul territorio comunitario; la promozione dei valori produttivi europei all’OMS, la FAO, il Codex Alimentarius e le altre organizzazioni
extraeuropee; la promozione di standard internazionali il più possibile omogenei; la cooperazione con paesi in via di sviluppo per permettere loro di raggiungere standard elevati quanto quelli europei.
Quindi, alla base dell’applicazione di norme fondamentali di sicurezza, c’è lo sviluppo della qualità e dell’eccellenza degli alimenti sul
mercato europeo. I rischi non si possono eliminare del tutto, ma con
norme di livello elevato, valutando costantemente i rischi e ricorrendo alla migliore consulenza scientifica indipendente possibile, l’UE
può vantare una valida ed attuale politica di sicurezza degli alimenti.
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