Distorsioni delle dita

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Distorsioni delle dita
Distorsioni delle dita:
un problema ad ogni partita
La traumatologia delle dita della mano
rappresenta tutt’oggi il grosso limite al
gioco nella quasi totalità degli sport. Essa
infatti interessa dapprima la pallavolo,
secondariamente anche altri sport di
squadra quali il basket, la pallamano e la
pallanuoto.
Rispetto ad alcuni anni fa l'incidenza è in
netto incremento e le cause principali sono
da attribuirsi a:
1. maggior velocità della palla;
2. maggiore quantità di ore di allenamento
e di gioco;
3. evoluzione della tecnica di muro.
Le distorsioni delle dita della mano sono
possibili anche nelle arti marziali, sebbene
negli ultimi anni la frequenza si sia
notevolmente ridotta grazie all’introduzione
dei mezzi di prevenzione (le protezioni).
Frequenti sono le cosiddette “insaccature”
che costringono l’allenatore ad adottare
mezzi di immobilizzazione precoce a volte
poco anatomici.
In questo breve trattato ripasseremo insieme
i vari tipi di traumi e i bendaggi funzionali
ad essi correlati, affinché ogni squadra
possa trarne utile consiglio sul campo di
gara.
Ripassando l'anatomia ricordiamo che
l’articolazione metacarpo-falangea (MC-F)
collega le ossa metacarpali (ossa che
compongono la mano) alla prima falange;
l’articolazione interfalangea prossimale
(IFP) collega la prima falange con la
seconda;
l’articolazione
interfalangea
distale (IFD) invece collega la seconda
falange alla terza. Le articolazioni
interfalangee del V° dito (mignolo) sono le
sedi più colpite dalle distorsioni; seguono le
articolazioni interfalangee delle dita centrali
e l'articolazione metacarpo-falangea del I°
dito (pollice).
Ogni articolazione possiede un apparato
capsulare e legamentoso che la protegge da
movimenti non corretti: quando le forze in
gioco superano il range di movimento
consentito i sistemi di contenzione vengono
assistiti dall'apparato muscolare.
I traumi a livello delle articolazioni delle
dita possono causare sublussazioni,
lussazioni e fratture. Specie per queste
ultime due il trattamento consiste in
un'adeguata immobilizzazione, a volte
associato a terapia chirurgica. Per tale
Dott. Caforio Marco
Medico CSI – Lombardia
motivo è sempre consigliato, anche se il
trauma sia di lieve entità, un controllo
medico e radiografico.
Il miglior modo per ridurre al minimo
l’incidenza di lesioni traumatiche alle dita,
specie durante lo svolgimento della tecnica
di muro, è quello di effettuare la tecnica in
modo corretto: se essa venisse condotta
secondo i regolamenti previsti il rischio di
distorsioni sarebbe contenuto. Lasciando il
giusto spazio agli Allenatori del Centro
Sportivo
Italiano
nel
preparare
tecnicamente gli atleti di seguito verranno
descritti i differenti tipi di bendaggi
funzionali,
utili
come
prevenzione
secondaria o eventualmente, svolti da mani
esperte, come trattamento.
Il bendaggio funzionale consente di
evitare sovraccarichi funzionali dannosi ai
legamenti danneggiati dal trauma e di
prevenire ulteriori recidive.
Nelle articolazioni che hanno subito un
trauma distorsivo residua una sorta di
debolezza delle strutture di protezione che
condiziona la loro funzionalità e determina
una predisposizione a recidive: risulta
molto importante quindi la funzione
preventiva del bendaggio funzionale.
Le articolazioni interfalangee sono protette
da legamenti collaterali situati sul versante
interno ed esterno della capsula articolare.
Di solito sono questi legamenti che vanno
incontro a sovraccarichi, causa di stiramenti
o lesioni. La funzione del bendaggio è di
creare tiranti esterni che riducono
assorbendo le forze in eccesso e le tensioni
dannose sui legamenti. Con il bendaggio si
cerca di rinforzare il legamento lesionato,
riducendo la mobilità sul piano trasversale
(abduzione-adduzione), e limitando al
minimo la mobilità sui piani restanti
(flesso-estensione).
Di seguito viene riportato l'esecuzione di un
bendaggio funzionale per il terzo dito, ma
tale esempio è facilmente trasferibile alle
altre tre dita della mano.
Solitamente viene elongato il complesso
capsulo-legamentoso tra la prima e la
seconda falange.
Prima di iniziare un bendaggio funzionale è
buona norma valutare il piano e la quantità
della lassità, nonché il dolore provocato.
Tale movimento andrà ripetuto alla fine del
bendaggio per verificare, attraverso la
riduzione della lassità e del dolore, la sua
efficacia.
Di solito il nastro da bendaggio funzionale
è largo 5 cm: per ottenere delle strisce più
piccole o si utilizza il nastro più stretto (2
cm) (fig.1)
oppure si strappa
longitudinalmente quello largo.
I primi due circolari di ancoraggio
avvolgono la prima e la seconda falange, se
l’articolazione colpita è la prossimale (IFP)
(Fig.2); se l’articolazione colpita è la distale
(IFD) i primi due ancoraggi avvolgono la
seconda e terza falange. Successivamente
si incrociano due tiranti sul legamento
collaterale,
partendo
dalla
falange
prossimale a quella distale, prima da un
versante (Fig.3), poi dal versante opposto
(Fig.4). Se si fa passare infatti un tirante
sull'articolazione interessata si riesce a
stabilizzare maggiormente le superfici
articolari, e di conseguenza a limitare le
tensioni dannose sul sistema capsulo
legamentoso. Terminati questi passaggi
dunque è possibile notare come il range di
movimento in abduzione e adduzione sia
impedito dal bendaggio (Fig.5); limitato ma
non impossibile risulterà invece il
movimento di flesso-estensione (Fig.6).
Per distorsioni importanti, o distorsioni che
coinvolgono articolazioni di più dita, può
essere utile una “sindattilia” (“fusione di
due differenti dita, legate insieme”)
(Fig.7,8,9) con dei circolari di ancoraggio.
La scelta del dito di supporto è molto
soggettiva: l'atleta, quindi, in base a come
sente più confortevole palleggiare, sceglie il
dito di supporto. E’ consigliato comunque
confezionare una sindattilia “legando” il
dito traumatizzato con il dito adiacente di
maggiori dimensioni (quindi per una
distorsione di V° dito si “lega” quest’ultimo
al IV°), dopo aver compiuto comunque i
passaggi precedenti (Fig.2,3,4).
La tecnica di bendaggio per il pollice, qui
sotto riportata, è diversa da quella delle
altre quattro dita. Tale differenza è dettata
dalla diversa mobilità, dal non avere
strutture (dita) affiancate da utilizzare come
supporto e dall'impossibilità di effettuare
alcuni gesti, quali il palleggio, con il pollice
bloccato al palmo della mano.
Realizzare dei semplici circolari non è
sufficiente dunque a garantire una adeguata
protezione
delle
strutture
capsulo
legamentose: è necessario effettuare dei
tiranti che permettano di scaricare le forze
in gioco sulle ossa metacarpali (ossa del
palmo della mano) o sul polso.
Il movimento da limitare, di solito, è
l'estensione adduzione (fig. 1), perciò il
confezionamento dei primi tiranti deve
avvenire in leggera flessione (Fig.2). Il
primo (fig. 1), il secondo (fig. 2), e il terzo
tirante (fig. 3) scaricano le tensioni sul
palmo della mano con direzioni sempre più
orizzontali, fino a raggiungere il lato
opposto al polso (Fig.3); distalmente
vengono ancorati al pollice attraverso un
circolare (Fig.4,5). Si completa il
bendaggio facendo passare un circolare
coprente l’articolazione interfalangea o
metacarpofalangea,
sia
dall’esterno
(Fig.6,7) che dall’interno (Fig.8,9).
Bibliografia:
Immagini tratte da:
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www.chirurgiadellamano.com