CIANO LC 39_Letture Classensi

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CIANO LC 39_Letture Classensi
LETTURE CLASSENSI
Volume 39
Letture e lettori di Dante
L’età moderna e contemporanea
a cura di Marcello Ciccuto
LONGO EDITORE RAVENNA
Indexed in
IBZ – International Bibliography of Periodical Literature
IBZ-CD Rom
ISBN 978-88-8063-678-6
© Copyright 2011 A. Longo Editore snc
Via P. Costa, 33 – 48121 Ravenna
Tel. 0544 217026 – Fax 0544 217554
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Printed in Italy
ROSSEND ARQUÉS
Universitat Autònoma de Barcelona
IL DANTISMO CONTEMPORANEO IN SPAGNA.
PRIMO BILANCIO
(27 marzo 2010)
1. 1. Il nostro contributo a queste conferenze ravennati intende occuparsi soprattutto del dantismo contemporaneo spagnolo, con un’attenzione particolare al
lavoro esegetico che è stato realizzato in questi ultimi due decenni. Erede di poche
ma cospicue personalità appartenenti al passato più o meno recente che si sono distinte nel campo delle esegesi (penso a Asín Palacios), ma anche delle traduzioni1
e delle arti figurative (mi riferisco alle edizioni illustrate di Salvador Dalí o di Miquel Barceló), l’apporto spagnolo al dantismo mondiale da un punto di vista qualitativo e quantitativo di notevole importanza e vivacità. Alla ricerca vera e propria
condotta dai singoli studiosi si è affiancata una certa attività collettiva che i cui risultati sono la creazione di due società (la «Asociación Complutense de Dantología», ACD, presso la UCM e la «Societat Catalana d’Estudis Dantescos»,
SCED), alcune riviste e collane scientifiche (soprattutto «Tenzone», l’organo principale degli studi su Dante in Spagna, e la collana «La biblioteca di Tenzone» in
cui vengono raccolti i risultati degli incontri sulle Rime che sono realizzati annualmente da un piccolo gruppo misto di studiosi italiani e spagnoli), nonché all’organizzazione di convegni, curati da entrambe le società con la partecipazione
di altre università italiane e straniere. Mai come in questo ultimo periodo, dunque,
gli studi su Dante e il suo tempo o in generale sul dantismo hanno conquistato in
Spagna tali vette. Vale la pena quindi esaminarne le metodologie, gli obiettivi e i
risultati fin qui raggiunti.
2. Lasciamo qui da parte il dantismo rinascimentale, che pur ha dato importanti frutti2, se non altro dal punto di vista delle traduzioni e che è l’origine di un
1
Si vedano le versioni della Commedia in castigliano di Angel Crespo o anche di Luis Martínez de Merlo e quelle in catalano di Josep M. de Segarra o di Francesc Mira; inoltre quelle in castigliano del De vulgari eloquentia, del Convivio, a cura di Fernando Molina, e della Vita nuova,
a cura di Raffaele Pinto e dello stesso Luis Martínez de Merlo.
2
Si vedano soprattutto B. SANVISENTI, I primi influssi di Dante, del Petrarca e del Boccaccio
sulla letteratura spagnola, Milano, Hoepli, 1902; A. FARINELLI, Dante in Spagna, Francia, Inghilterra, Germania, Torino, F.lli Bocca, 1922; R. ROSSI, Dante e la Spagna, Milano, [1929];W.P.
FREDERICH, Dante’s Fame Abroad (1350-1850), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1950, pp.
13-55; J. ARCE, El «Triunfo del Marqués» de Diego de Burgos y la irradiación dantesca en torno
a Santillana, «Revista de la Universidad de Madrid», XIX, 1970, pp. 25-39; ID., Dante en España,
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Rossend Arqués
annoso dibattito sull’importanza che l’influsso del poema dantesco ha esercitato
o meno sulla letteratura sia in spagnolo che in catalano; di questo si sono occupati un folto gruppo di studiosi a cominciare dal Sanvisenti. Qui a mo’ di cornice
del nostro discorso vogliamo solo fare un rapido excursus sul dantismo spagnolo
e catalano dei secoli XIX e XX, incominciando dalla seconda metà dell’Ottocento, periodo in cui circolavano parecchie traduzioni integrali e parziali sia in
versi che in prosa. «El hecho que importa señalar – scrive Arce3 – es que incluidas las reimpresiones, son más de 20 las ediciones de la Divina Comedia traducida que fueran publicadas en España entre 1868 y 1900». Ma di questo vasto e
importante lavoro di traduzione legato alla Commedia non esiste a tutt’oggi nessuno studio approfondito. Nell’ambito di questa fioritura dantesca s’inserisce
anche una certa attività di eruditi tra i quali spiccano Manuel Milà i Fontanals
(1856-1884), José Amador de los Ríos (1818-1884) e Marcelino Menéndez y Pelayo (1856-1912). Il primo è autore di una breve ma importante descrizione
della Commedia pubblicata nel 1856 a puntate sul giornale «Diario de Barcelona»4, che diede un grande impulso alla sua divulgazione presso un pubblico
più vasto e non proprio addetto ai lavori. Il Novecento poi vede incrementarsi
il numero non solo delle traduzioni della Commedia – di cui tra il 1900 e il 1990
si pubblicarono più di 50 edizioni, comprese molte riedizioni –, ma anche diverse versioni della Vita nuova (anche in catalano), del Convivio5, del De vulgari eloquentia6, della Monarchia7 nonché delle Rime8. Particolare rilievo hanno,
per lo spagnolo, le traduzioni del poema da parte di Ángel Crespo, realizzate
negli anni 1973-19779, di Ángel Chiclana (1979)10, di Luis Martínez de Merlo
appendice a Dante, Divina Comedia, edizione di Giorgio Petrocchi e Luis Martínez de Merlo, Madrid, Cátedra, 1996, pp. 745-757. Per una bibliografia più esaustiva sul dantismo spagnolo fino al
1965, si veda J. ARCE, La bibliografia hispanica sobre Dante y España entre dos centenarios
(1921-1965), in Dante nel mondo, a cura di Vittore Branca, Firenze, Olschki, 1965, pp. 403-431.
3
J. ARCE, Dante en España, cit. p. 761; più avanti aggiunge: «Por lo que se refiere a las ediciones, casi todas las traducciones dantescas de finales del XIX son ahora impresas o reimpresas
sin descanso. Más de cincuenta traducciones de la Divina Comedia se publican entre 1900 y 1990».
4
«Diario de Barcelona» 3, 10 e 17 agosto, 3, 6, 14, 24 e 28 settembre 1856. Dopo pubblicati
in M. MILÀ I FONTANALS, Obras completas, t. IV, Barcelona, Librería de Álvaro Verdaguer, 1892,
pp. 472-522.
5
Trad. di Francisco Palacio, 1941; di Cipriano Rivas Cherif, 1948; di Nicolás González Ruiz,
1956 (in Obras completas, BAC) e di Fernando Molina, Madrid, Cátedra, 2005.
6
Ed. castigliana di Manuel Gil Esteve e Matilde Rovira, Madrid, 1982; trad. catalana di Gómez
Pallarés, con un'introduzione molto estesa di Mirko Tavoni, Vic, Eumo, 1995.
7
Trad. de Ernesto Palacio, Buenos Aires, 1941; trad. Ángel María Pascual, 1947; ed. e trad.
di Laureano Robles Carcedo y Luis Frayle Delgado, 1992.
8
J.R. Masoliver, 1940 (1943) e M. Durán, 1961.
9
A. Crespo pubblica la sua prima versione del Infierno nel 1973, Purgatorio nel 1976 e del
Paraíso nel 1977 (le tre a Barcellona, per i tipi della casa editrice Seix Barral); qualche anno più
tardi usciranno le tre cantiche sotto il nome di Divina Commedia (Barcelona, Círculo de Lectores,
1981; casa editrice che nel 2002-2003 pubblicherà l’edizione illustrata da Miquel Barceló). Ma le
complesse vicende editoriali delle traduzioni di Crespo non finiscono qui e non possono essere affrontate convenientemente in questa sede.
10
Dante ALIGHIERI, Divina Comedia, Madrid, Espasa y Calpe, 1979.
Il dantismo contemporaneo in Spagna. Primo bilancio
13
(1988)11 e di Abilio Echevarría (2000); per il catalano, quelle di Josep Maria de
Segarra12 e di Francesc Mira13, che sono state oggetto di qualche studio più approfondito. Meriterebbe invece un discorso a parte la ricezione della Vita nuova,
soprattutto nell’ambito del cosiddetto «modernismo» catalano e in genere spagnolo. Nel periodo in questione non solo furono realizzate traduzioni integrali e
una miriade di versioni parziali, ma l’opera stessa divenne fonte di ispirazione per
canzonieri e prosimetri d’amore14, a testimonianza di una ricezione creativa che
ovviamente, come ha sottolineato Arce, può essere estesa anche alla Commedia.
A questo proposito Arce individua in alcuni autori castigliani, ispanoamericani e
catalani non tanto – per dir così – degli emuli di Dante, quanto dei lettori attenti
e sensibili che da alcuni momenti della Commedia o dalla Vita Nuova traggono gli
spunti per la loro creatività. Penso a autori come Gustavo Adolfo Bécquer, Gaspar
Núñez de Arce, Emilia Pardo Bazán, Juan Valera, Benito Pérez Galdós, Rubén
Darío, Miguel de Unamuno, Ramón María del Valle Inclán, Antonio Machado,
Juan Ramón Jiménez, Jorge Luis Borges, Eloy Sánchez Rosillo, ai quali potremmo aggiungere i catalani Pere Corominas, Joan Maragall, Salvador Espriu,
Maria Merce Marçal, Francesc Mira ecc. Anche sulla biografia di Dante si sono
impegnati alcuni autori con maggiore o minore fortuna interpretativa e critica (da
J.R. Masoliver a V.I. Palau, J. Segrelles, A. Maseras o A. Crespo).
Rispetto alla produzione iconografica dantesca, ambito che di solito è poco
considerato dalla critica e dagli studi, bisogna dire che alcune illustrazioni hanno
raggiunto il livello di un vero e proprio commento grafico al testo. È evidente che
le edizioni illustrate spesso hanno avuto una funzione ermeneutica di primo piano
proprio per il loro messaggio grafico e figurativo che precede la conoscenza della
materia e quindi la lettura dei versi15, spianandone le difficoltà ma allo stesso
tempo condizionandone fortemente la ricezione. In questo senso sono molto importanti le tantissime edizioni spagnole e ispanoamericane corredate dalle illu-
11
Dante ALIGHIERI, Divina Comedia, edizione di Giorgio Petrocchi e Luis Martínez de Merlo,
Madrid, Cátedra, 1986.
12
Le complicate vicende di questa traduzione sono state studiate da G. GAVAGNIN, Classicisme
i Renaixement: una idea d’Itàlia durant el Noucentisme, Barcelona, Publicacions de l’Abadia de
Montserrat, 2005, pp. 214-240 (ma soprattuto nella sua tesi di dottorato, La letteratura italiana
nella cultura catalana nel ventennio fra le due guerra (1918-1936), Percorsi e materiali, Universitat de Barcelona, 1998) e anche da R. ARQUÉS, Reescriure Dante i la «Comèdia», «Reduccions»,
81-82, 2005, pp. 215-225.
13
La prima versione fu pubblicata nel 2000 (Barcelona, Proa) e la seconda edizione rivista nel
2001. Si veda R. ARQUÉS, Reescriure Dante, cit.
14
Si vedano le note di Raffaele Pinto alla sua seconda edizione spagnola della Vita nuova.
15
Si veda a questo proposito quello che scrive Horia-Roman Patapievici, Ochii Beatricei sau
cum arata cu adevarat lumea lui Dante?, Bucarest, 2004 (trad. spagnola: Los ojos de Beatriz.
Cómo era realmente el mundo de Dante, Madrid, Siruela, 2007), che utilizza le illustrazioni di
Phoebe Anna Traquair (1890) e Michelangelo Cactani (1855) come base della sua interpretazione
degli ultimi canti del Paradiso. Ma per la sintesi teorica dell’uso ermeneutico delle illustrazioni, si
veda Giuseppa Z. ZANICHELLI, L’immagine come glossa. Considerazioni su alcuni frontespizi miniati della «Commedia», in Dante e le arti visive, Milano, Edizioni Unicopli, 2006, pp. 109-148.
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strazioni di Gustave Doré16, autentico interprete moderno di Dante, ma anche da
quelle meno famose di Vaquero Turcos17, e poi di Sandro Botticelli18, di John Flaxman19, di F. Blanes20, senza dimenticare quelle imprescindibili di Salvador Dalí21
e di Miquel Barceló22.
C’è da ricordare poi che narratori e poeti argentini del calibro di Jorge Luís
Borges e Victoria Ocampo, così come lo spagnolo José Bergamín, sono autori di
saggi interessantissimi, in particolare quelli del geniale autore di Ficciones23. E
come non citare pure Miguel Asín Palacios (1871-1944) che grazie al saggio La
escatología musulmana en la Divina Comedia [del 1919, ma pubblicato nel 1943
insieme alla Historia y crítica de una polémica] ha segnato il dantismo spagnolo
con un contributo che fino a pochi anni fa era considerato fondante e ha generato,
al di là delle critiche ricevute e del silenzio posteriore da cui è stato avvolto, un
nuovo approccio alla Commedia che qualche decennio fa è stato riscoperto in Italia, suscitando l’interessamento di filologi come Maria Corti, in quanto paradigma
«multiculturale» di cui servirsi nell’interpretazione della Commedia e dei testi
medievali; per quanto debba aggiungere che la sua lezione è stata di recente ridimensionata24.
16
Dante ALIGHIERI, La Divina Comedia, Montaner y Simón, Barcellona. 1884, 2 vols. Nueva
traducción directa del italiano por Cayetano Rosell; completamente anotada y con un prólogo biográfico-crítico escrito por Eugenio Hartzenbusch; ilustrada por Gustavo Doré. Si veda anche Dante
ALIGHIERI, La Divina Comedia, trad. dall'italiano J.A.R., illustrata con gran numero di disegni
ispirati ai famosi disegni di Gustave Doré, Barcellona, Tip. Nueva S. Francisco, 1890, quarta edizione.
17
Dante ALIGHIERI, La Divina Comedia, Biblioteca Nueva, Madrid, 1965. Introduzione, traduzione e note di Antonio J. Onieva, illustrazioni di Vaquero Turcos.
18
Dante ALIGHIERI, Divina Comedia, Círculo del Bibliofilo, Barcelona, 1975. Testo italiano di
Marina Zorzi Kolasinski De Kojen – trad. poetica di Bartolomé Mitre – Ed. realizzata con la collaborazione di Giorgio Perrini. Disegni di Sandro Botticelli – riproduzione dell'edizione di Jean de
Bonnot (Parigi).
19
Dante ALIGHIERI, La Divina Comedia. La vida nueva. Con un estudio crítico por Mariano
Roca de Togores. 111 ilustraciones reproducidas del álbum de John Flaxman, publicado en Florencia en 1851, Aguilar, Madrid, 1967.
20
Dante ALIGHIERI, Divina Comedia, trad. de J. Vila Selma, Illustrazioni di F. Blanes, Ed. G.
Toro, 1970.
21
Le vicende editoriali delle illustrazioni di Salvador Dalí sono assai complesse e non è questa la sede per farlo. Si vedano in questo senso Gian Luca GUALANDI, L’incubo e la catarsi: un’ipotesi su Dalí lettore della Commedia. Analisi critica, in Salvador Dalí. La Commedia e altri temi:
opere grafiche, seconda edizione, Bologna, Edizioni Bora, 1994; Ilaria SCHIAFINI, From Hell to Paradise or the Other Way Round? Salvador Dalí’s Divina Commedia, in Dante on view. The reception of Dante in the Visual and Performing Arts, a cura di Antonella Braida e Luisa Calè,
Farnham, Ashgate, 2007, pp. 141-150; J.P. BARRICELLI, Dante’s Vision and the Artist. Four Moderns
Illustrators of the Commedia, New York, Peter Lang, 1992, pp. 81-93.
22
DANTE ALIGHIERI, Divina Comedia, Ilustrada por Miquel Barceló, edición bilingüe, traducción y notas de Ángel Crespo, Barcelona, Círculo de Lectores, 2002, 3 voll.
23
Per una visione della critica dantesca del dopoguerra, si veda Enzo ESPOSITO, La critica dantesca in Spagna dal 1950 al 1970, «Letture classensi», 20-21, Ravenna, Longo, 1992, pp. 13-20.
24
Le sue tesi sono state confutate da Massimiliano CHIAMENTI (Intertestualità Liber Scale
Machometi-Commedia, in Dante e il locus inferni. Creazione letteraria e tradizione interpretativa,
Il dantismo contemporaneo in Spagna. Primo bilancio
15
Le opere critiche che ho citato fin qui, tutte comunque meritevoli di attenzione
e d’interesse almeno per coloro che studiano il dantismo in Spagna, si collocano
a nostro avviso a un livello inferiore rispetto alle ricerche portate avanti in questi
ultimi decenni da diversi centri universitari spagnoli e catalani per qualità, programmatico impegno scientifico e produzione editoriale. Ho già fatto cenno ai
due gruppi più attivi in questo campo, cioè il gruppo che fa riferimento all’Università Complutense di Madrid e quello delle Università Catalane25, ma è arrivato
ora il momento di descrivere e analizzare per sommi capi la metodologia di studio e la base euristica su cui si fondano queste ricerche – mai come in questa accezione il plurale è d’obbligo. Come vedremo, il gruppo di Madrid risulta molto
più coeso e sistematico, mentre quello catalano appare più composito. Entrambi
però coincidono nell’indirizzo da dare al loro studio: «sviluppare e maturare una
dantologia, cioè un’ermeneutica dantesca di tipo statale, rivolta non più a un’esia cura di S. Foà e S. Gentili, Roma, Bulzoni, 1999, pp. 45-51) e da Stefano RAPISARDA (La "Escatologia dantesca" di Asin Palacios nella cultura italiana contemporanea. Una ricezione ideologica?, in Claudio Gabrio ANTONI, Echi letterari della cultura araba nella lirica provenzale e nella
«Commedia» di Dante, Udine, Campanotto, 2006, pp. 159-190), il quale ricostruisce le polemiche
generate dalle prime edizioni dell'opera di Asín Palacios nonché la ricezione italiana di essa soprattutto dalla pubblicazione della sua traduzione italiana per i tipi della casa editrice Pratiche
(1994). «Insomma – secondo Rapisarda – il quadro è questo: in Italia la tesi di Asín Palacios è stata
ignorata, o osteggiata o confutata, poi è stata in latenza per vari decenni, in un limbo di silenzio
pressoché universale, finché all'improvviso si è scatenato il “fenomeno”, il dibattito, che è diventato quasi un dibattito sulla World Literature o sulla political correctness in letteratura» (p. 162).
Si veda anche Maria CORTI, Dante e la cultura islamica, in Per correr miglior acque (2001), vol.
I, pp. 183-202 [poi in Il Dante di Sapegno nella critica del Novecento (2002), pp. 19-40; trad. inglese dal titolo: Dante and Islamic culture (1999) in «Dante Studies» CXXV, 2007, pp. 57-75 (vol.
monografico dal titolo: Dante and Islam)]; ID., La "Commedia" di Dante e l'oltretomba islamico,
in «L'Alighieri. Rassegna bibliografica dantesca», 36, n.s., V, 1995, pp. 7-19 [anche in «Belfagor»
50, CCXCVII, 1995, 3, pp. 301-314; poi in Scritti su Cavalcanti e Dante (2003), pp. 365-379]; Andrea CELLI, Figure della relazione. Il Medioevo in Asín Palacios e nell’arabismo spagnolo, con una
presentazione di Adone Brandalise, Roma, Carocci, 2005.
25 Ma per esaustività non bisognerebbe tralasciare neanche quello di Santiago de Compostela,
che di recente ha prodotto una Guía a la lectura de la Divina Comedia, a cura di I. González – J.
Benavent, Valencia, Alfons el Magnànim, 2007. Isabel González ha anche pubblicato alcuni altri
studi sulla similitudine in Dante: La comparación en el Inferno dantesco, in Estudios Románicos,
Homenaje al Prof. Luis Rubio, Murcia, Universidad de Murcia, 1987-89), t. IV, pp. 461-499; La
comparación en el Purgatorio dantesco, in Homenaje a Alonso Zamora Vicente, Castalia, Madrid,
1991, t. III, pp. 31-47; La comparazione nel «Paradiso» dantesco, in Homenaxe ó Prof. Constantino García, Universidade de Santiago de Compostela, 1991, t. II, pp. 319-349; “Significar per
verba”. Lessico e similitudini nel canto I del «Paradiso», «Letture Classensi», 20/21, Ravenna,
Longo, 1992, pp. 175-183; La similitudine nella Vita Nuova, in Homenaje a Françoise Jourdan e
Isolina Sánchez, Santiago de Compostela, Universidad de Santiago de Compostela, 1995, pp. 401406; La comparación en las «Rime» de Dante, in Scripta Philologica in memoriam Manuel Taboada Cid, A Coruña, Servicio de Publicaciones, Universidade da Coruña, 1996, t. II. pp. 871-883
e un’edizione castigliana della Vita Nuova (nueva lectura), a cura di I. González, Madrid, Centro
de Lingüística Aplicada Atenea, 2000; «Donne gentili… pure femmine» («Donne ch’avete intelletto d’amore», «Vita Nuova», XIX), in Pola melhor dona de quantas fez nostro Senhor. Homenaxe
á Profesora Giulia Lanciani, Santiago de Compostela, Centro Ramón Piñeiro para Investigación
en Humanidades, 2009, pp. 253-262.
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gua élite di specialisti, ma a una comunità di studiosi con ambizioni di crescita in
comune» (López Cortezo) e attuata con attento rigore scientifico e metodologico.
3. L’ermeneutica dei gesti e delle similitudini. La cosiddetta «escuela de Madrid»
È stato Carlos López Cortezo, il fondatore della cosiddetta scuola di Madrid,
a fissare nell’introduzione al primo volume della rivista «Tenzone» (2000) l’obiettivo primario del Seminario che è formato da persone convinte:
de que gran parte de los problemas que plantean los textos dantianos no deben ser atribuibles únicamente al tiempo que de ellos nos separa, sino que les son intrínsecos en
la medida en que el poeta quiso hacer de su obra un reto a la inteligencia y no un texto
simplemente bello [...]: aceptar tal reto supone no sólo leer lo que es «legible», sino
también inteligir lo que su autor quiso que fuera «inteligible», esto es, accesible a nuestro conocimiento mediante unos procedimientos de elaboración textual cuya función
primaria es, precisamente, la de facilitar ese acceso. Determinar y estudiar estos procedimentos ha sido y sigue siendo el objetivo básico de nuestro Seminario y justifica
la atención preferente que hemos prestado a ese constante y redundante fenómeno de
los símiles a los gestos y, últimamente, a la interpretatio nominum.
3.1. Ermeneutica dei gesti
López Cortezo ha fatto dello studio dei gesti nella Commedia uno dei fondamenti della metodologia esegetica dantesca praticata dal gruppo dell’Universidad
Complutense di Madrid. Quanto da lui teorizzato, soprattutto nel Seminario di
Dantologia dell’UCM, è stato in seguito applicato da Díaz-Corralejo in Los gestos
en la literatura medieval26. Grazie a questi lavori è stata colmata una lacuna negli
studi su Dante e in particolar modo sulla Commedia, evidenziata dal fatto che nessuna voce dell’Enciclopedia dantesca è dedicata sistematicamente ai gesti. Effettivamente la dantologia non aveva mai considerato la gestualità e
l’atteggiamento fisico dei personaggi come uno degli elementi essenziali per l’interpretazione, anzi se mai ne ha sottovalutato l’importanza, non foss’altro perché
Dante non si limita al dettaglio figurativo del gesto, ma si sofferma sulla sua resa
plastica e dinamica:
ond’ei si volse inver’ lo destro lato [Virgilio si gira verso destra]
(Inf. XVI)
Partendo dunque da questa base ermeneutica, Díaz Corralejo esplora in diversi capitoli del libro (¿Por qué los gestos?, Alegoría en la obra de Dante Alighieri, El significato de la gestualidad infernal, El análisis de los gestos y Los
gestos literarios comunican) il significato del gesto in rapporto al luogo dell’In26
Madrid, Gredos, 2004.
Il dantismo contemporaneo in Spagna. Primo bilancio
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ferno in cui avviene l’incontro, al personaggio che lo compie e alla funzione delegata dalla parte del corpo in questione. Nell’analizzare per esempio i versi 6163 del canto XXVIII dell’Inferno, in cui viene descritta un’azione cinetica di
Maometto:
Poi che l’un piè per girsene sospese,
Maometto mi disse esta parola:
indi a partirsi in terra lo distese
(Inf. XXVIII, 61-63)
e partendo dalla convinzione che Dante si avvalga di un codice gestuale, la studiosa si pone la domanda su che significato può avere il fatto che Maometto parli
con un piede sospeso in aria, nonché quello di afferrare la mascella del compagno
per aprirgli la bocca (vv. 103-105) o anche quello del cefaloforo dei versi 118-122,
dove il poeta provenzale Bertran de Born porta la propria testa in mano a modo
di lanterna, per citarne solo alcuni. Ed ecco le sue conclusioni: «Dante hace primero una representación iconográfica, dramático-gestual que alegoriza, anticipa
y representa lo que luego va a desarrollar narrativa y discursivamente» (p. 250).
Grazie a un’analisi minuziosa e decontestualizzata dei gesti e alla loro successiva
ricontestualizzazione, il significato dei versi in cui essi appaiono non solo emerge
più chiaramente ma addirittura a volte con una forza tale da imporsi su altre più
fortunate interpretazioni. «Todo ello confirma – scrive Díaz-Corralejo (p. 256) –
la idea inicial de un significado, en este caso alegórico por medieval, de los gestos, que añade al texto matices o contenidos que enriquecen la percepción que de
él obtiene el lector. [...] Funcionan así como síntomas o huellas externas de que
bajo se oculta «otro» significado, que dará el auténtico alcance al texto analizado,
lo que constituye, a fin de cuentas, la alegoría».
3.2. Le similitudini
L’analisi e la valorizzazione della figura retorica della similitudine in Dante è,
senza dubbio, l’elemento più caratterizzante del lavoro dell’Asociación Complutense de Dantología, e in particolar modo degli studi del suo fondatore, Carlos
López Cortezo, nonché del suo attuale direttore, Juan Varela-Portas. Il metodo
analitico applicato parte dalla convinzione, contrariamente a quanto supposto da
Croce e Venturi e in linea con quanto asserito da Macaulay, Pagliaro, Baldelli,
Hirdt, che la similitudine dantesca ha un significato e gioca un ruolo proprio, sempre però in relazione al suo contesto e non soltanto a quello dei versi limitrofi,
bensì a quello più ampio dell’episodio, del canto o del gruppo tematicamente
omogeneo di canti.
Il metodo, ideato e applicato per primo da Carlos López Cortezo, si colloca
nell’ormai annoso dibattito circa il ruolo e l’importanza delle similitudini nel
poema dantesco (v. Luigi Venturi, Antonio Pagliaro, C.S. Lewis, Ignazio Baldelli,
Willi Hirdt, Oreste Allavena, Richard Lansing, Irma Brandeis ecc.). Contrariamente alla tesi di quanti vedono nelle similitudini dantesche dei semplici inter-
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Rossend Arqués
mezzi narrativi, comunque secondari rispetto all’argomento principale, tutt’al più
dotate di una certa autonomia lirica o estetica che le rende delle brevi e perfette
poesie fruibili per se stesse, la metodologia di López Cortezo valuta le similitudini in quanto organismi nucleari e concettuali dello stesso discorso poetico, facenti parte quindi della struttura stessa del testo. D’altra parte, però, e diversamente
rispetto a gran parte di quelli che hanno concentrato il loro studio sulle similitudini27, la metodologia del gruppo madrileno, in quanto orientata a far emergere il
significato allegorico del testo, per essere correttamente intesa deve partire da una
similitudine completamente decontestualizzata e sezionata nei minimi particolari
in un fitto intreccio di relazioni che rimandano a un livello di riferimenti sempre
superiore. Una volta analizzata e intesa nella totalità dei suoi significati e delle
relazioni esistenti nei differenti livelli, la similitudine è restituita al suo contesto
illuminata da una nuova luce che la rende più chiara all’interpretazione. «Il vantaggio di tale impostazione consiste – scrive Pinto28 – nel fatto di trasformare segmenti a volte minimi del testo, e apparentemente periferici, in universi semantici
in cui il singolo tema o la singola immagine si rivelano come reti globalizzanti di
nessi concettuali».
Secondo questo punto di vista, la similitudine non è solo il mezzo più efficace
che l’autore possiede per rappresentare iconicamente i suoi concetti, ma attraverso il procedimento di segmentazione delle parti, anche minime che la compongono, è pure lo strumento che l’interprete ha a sua disposizione per analizzare
iconicamente il concetto e l’idea che stanno alla base del testo. Vale a dire che la
similitudine è originariamente un mezzo di conoscenza (Juan Varela-Portas). Ciò
che caratterizza l’allegorismo della similitudine è il sovrasenso, l’unità di significato dell’insieme dei diversi elementi, la polisemia a livello esplicito ed implicito. Tutti questi fattori devono essere tenuti sempre presenti per poterla
interpretare correttamente.
Secondo la terminologia proposta da Carlos Cortezo (1994), le similitudini
possono essere di due tipi: quelle che richiedono da parte dell’interprete uno sforzo
speciale di analisi e di comprensione (le analitiche); e quelle che dipanano il loro
significato in modo esplicito e per così dire simultaneo alla lettura stessa (le sintetiche). Applicando questa metodologia ermeneutica, Juan Varela-Portas studia
alcune delle principali similitudini dell’ultima Cantica, dapprima le analitiche
(come l’orologio in Pd. X 139-148, l’arcobaleno in Pd. XII 10-21 e le stelle immaginarie in Pd. XIII 1-21), e in seguito le sintetiche (Pd. X 64-69, 76-78, 79-81
e 88-90; XII 7-9, 97-102 e 127-129 ecc.), giungendo a confermare e a corroborare la tesi iniziale che cioè la similitudine dantesca non è mera risorsa stilistica,
né elemento strutturante del poema, né modo di espressione di una verità tra27
Si veda una ricognizione della questione s0prattutto fin da Luigi Venturi in occasione della
riedizione del suo volume Le similitudini dantesche, in Nicolò MALDINA, Gli studi sulle similitudini di Dante, in «L'Alighieri», 33, 2008, pp.139 e ss.
28
Raffaele PINTO, recensione a Juan VARELA-PORTAS DE ORDUÑA, Introducción a la semántica
de la Divina Comedia: teoría y análisis del símil, Madrid, Ediciones de La Discreta, 2002, in «Tenzone», 4, 2003, pp. 306.
Il dantismo contemporaneo in Spagna. Primo bilancio
19
scendente né riflesso del mondo del suo tempo, ma essenzialmente una forma di
conoscenza.
3.3. Interpretatio nominis
Anche l’interpretatio nominis è un terreno nel quale si è mosso Carlos López
Cortezo, benché non con la frequenza né con l’intensità con le quali si è dedicato
ad altri campi dell’ermeneutica. In esso ci si addentra partendo dalla «convinzione
che il linguaggio sia la diretta manifestazione delle cose, lo specchio fedele del
reale» (Sasso 1990: 25). E poiché l’interpretatio nominis costituisce comunque
uno dei tratti più distintivi del Medioevo, López Cortezo ne congettura l’applicazione in special modo allo studio della Vita nuova, in quanto essa offre la possibilità di esplorare le diverse ragioni e funzioni della nominazione, tra le quali
eccelle quella fonica, più ancora di quella etimologica. L’articolo su La presenza
del «Fiore» nella «Vita nuova» (cap. V e VI), «Tenzone» I, 2000, è quello in cui
meglio è messa a fuoco questa prospettiva analitica.
3.4. Lo studio junghiano della «Vita Nuova»
Rosario Scrimieri, una studiosa animatrice del gruppo della Complutense di
Madrid nonché co-direttrice della rivista «Tenzone», pubblica nel 2005 il suo libro
Despertar del alma. Estudio junguiano sobre la Vita nuova (Ediciones de la Discreta, Madrid, 2005), in cui si muove secondo un criterio condiviso in gran parte
con altri membri della scuola. Nel suo studio si coglie la preoccupazione, del resto
già menzionata in altri punti di questa rassegna, di dar maggior valore al livello letterale dell’immagine letteraria in quanto fonte inesauribile di significati. Tuttavia
uno dei punti di partenza essenziali del suo libro coincide proprio con la definizione
di simbolo e di allegoria, secondo l’accezione junghiana. Il simbolo costituisce la
migliore espressione possibile della designazione anticipata di una situazione di
fatto che ci resta ancora sconosciuta nella sua essenza; invece l’allegoria rappresenta l’espressione di concetti già noti o di un’ideologia già determinata. Contro
la tendenza quindi di interpretare la Vita nuova come allegoria, l’autrice tenta di
restituire ai simboli la loro apertura originaria per scoprire in essi i tratti inerenti
alle immagini archetipiche che secondo Jung segnano il processo di individuazione attraverso il quale il soggetto acquista coscienza di se stesso. Questo studio
infatti tenta di conciliare l’analisi filologica con il processo di individuazione della
psicologia junghiana; tenta cioè di individuare il processo di generazione di una
nuova poetica alla stregua della maturazione di una coscienza; capire e interpretare la nascita di un nuovo tipo di poesia equivale a capire e interpretare il processo di trasformazione e la nascita di una nuova identità. Scrimieri si propone
quindi di dimostrare l’ipotesi secondo la quale «de la unión existente entre vida y
poesía y cómo bajo la evolución de la poesá y de la narración en prosa que la engarza, subyace implícito el proceso de una transformación interior, susceptible de
ser interpretado segun lo que Jung denomina proceso de individuación» (p. 11).
20
Rossend Arqués
3.5 Le «Rime» di Dante: analisi ed edizione spagnola
L’altro grosso progetto capitaneggiato dal gruppo di Madrid coinvolge da anni
un ristretto gruppo di studiosi (R. Arqués, U. Carpi, V. Díaz-Corralejo, E. Fenzi,
E. Pasquini, R. Pinto, R, Scrimieri, N. Tonelli, Juan Varela-Portas e i compianti D.
De Robertis e M. Picone) che si riuniscono annualmente per studiare, uno per
volta, i testi del cosiddetto Libro delle Canzoni di Dante. In uno spazio e in un ambiente dove il delectare si fonde con il prodesse, ogni mese di luglio da ormai
quattro anni questo gruppo di studiosi si ritrovano insieme alternativamente in
una località italiana o spagnola per affrontare l’analisi di una singola canzone dantesca all’interno di un dibattito franco in cui è ammesso anche il dissenso più radicale. Non in vano la rivista che promuove gli incontri si chiama appunto
«Tenzone». Da questi quattro incontri realizzati in ridenti località iberiche e italiane sono derivati tre volumi: Tre donne intorno al cuor mi son venute (a cura di
J. Varela-Portas, Madrid, 2007), Doglia mi reca (a cura di D. de Robertis, Madrid, 2008) e Amor da che convien pur ch’io mi doglia (a cura di E. Pasquini, Madrid, 2009). Il quarto volume che include i lavori dedicati a Voi che ‘ntendendo lo
terzo ciel movete, è in attesa di di essere pubblicato.
In tutti questi lavori si è cercato di presentare nuove ipotesi interpretative anche
su questioni generali, come l’ordinamento dei testi o la paternità delle opere. Questi incontri avviano ogni anno una delle iniziative più vivaci e stimolanti, almeno
nell’ambito dello studio sulle Rime dantesche. Inoltre durante questi incontri è
sorto il progetto di pubblicare un’antologia delle principali Rime di Dante, con la
traduzione e il commento in spagnolo. Attualmente vi lavorano diversi membri
delle due società che vogliono fissare con questa antologia un altro importante
traguardo del dantismo spagnolo attuale. Partendo dall’edizione di De Robertis e
riprendendone gli spunti più originali e innovativi, quale l’ipotesi dell’esistenza del
Libro delle canzoni, sono state fissate le linee guida a cui rispondono tutti gli altri
testi antologizzati, con l’obiettivo di dare la più completa visione possibile della
poesia di Dante all’indomani della Vita nuova, cioè dalla metà degli anni ’90 fino
agli albori del poema, periodo di tempo cruciale per l’evoluzioe poetica e ideologica dell’autore.
4. Il dantismo catalano
Il dantismo catalano è, come dicevamo all’inizio, più composito. Abbraccia almeno due diverse linee di studio, ben distinte tra loro: a) la ricezione delle opere
dantesche, sia da parte della cultura catalana che castigliana, nonché la loro transcodificazione in altri sistemi artistici (cinema, arti figurative ); b) Dante e la letteratura del suo tempo sia in relazione con i trovatori o con altri poeti tanto delle
origini, come del cosiddetto stilnovismo, sia rispetto alla ricezione medievale del
pensiero filosofico greco attraverso le traduzioni dall’arabo in latino dei grandi
commenti delle principali opere di Aristotele, dei medici greci.
Il dantismo contemporaneo in Spagna. Primo bilancio
21
4.1. Studi sulla ricezione
Una parte importante della produzione critica catalana da parecchi anni
ha concentrato il suo interesse sull’analisi della prima traduzione in catalano della Commedia, compiuta da Andreu Febrer, a quanto pare prima del
1429. Subito dopo il rigoroso lavoro di Anna Maria Gallina, curatrice di
un’edizione commentata di questa versione che essa inserisce nel contesto
della cultura catalana del XV secolo, dobbiamo ricordare quelli di Prats
(1988) e Nadal-Prats (1996), sui quali sono state eseguite alcune recenti ricerche che, corredate da un approfondito esame codicologico, mirano ad
evidenziare tutte le varianti che si discostano dalla tradizione principale del
testo italiano29. Altri studi si sono rivolti invece allo studio delle versioni catalane ma unicamente a quelle di Josep Maria de Segarra e di Francesc
Mira30 e un po’ a quelle castigliane più recenti31, anche se non tutte. Al gran
patrimonio delle traduzioni castigliane tra Otto e Novecento della Commedia32
29
Dant ALIGHIERI, Divina Comèdia. Versió catalana d’Andreu Febrer, a cura d’A. M. Gallina,
Barcelona, Ed. Barcino, 1974-1978, 3 voll. Ms. El Escorial L.II.18, ff. 1r-269v, s. XV2/2 (Manid
1046). Edizioni moderne VIDAL i VALENCIANO (1878) e Annamaria GALLINA (1974-1978). Bibliografia: Annamaria GALLINA (1957), Martí de RIQUER (1964: II, 92-111), Antoni M. BADIA i MARGARIT (1973), Modest PRATS, Per a una valoració de la versió catalana de la «Divina Comèdia»
d’Andreu Febrer, in Studia in honorem prof. M. de Riquer, III, Barcelona, 1988, pp. 97-107; Marco
PICCAT, La versione di Andreu Febrer de «La Commedia» in connessione alla varia tradizione manoscritta del testo italiano, in La cultura Catalana tra l’umanesimo e il Barocco, a cura di Rossend
Arqués e Carlos Romero, Padova, Programma, 1994, pp. 155-173; Josep M. NADAL e Modest PRATS,
Història de la llengua catalana, 2. El segle XV, Barcelona, Ed. 62, 1996, pp. 130-143; Giuseppe
SANSONE, Traduzione medievale e traduzione moderna: la ,Commedia’ di Febrer (1429) e di Sagarra
(1941), in «La Parola del Testo. Semestrale di Filologia e Letteratura Italiana e Comparata dal Medioevo al Rinascimento», V, 2001, 291-304; Raquel PARERA (2007).
30
Sulla prima si vedano gli studi di Josep M. FULQUET, El primer cant de l’Inferno a les versions d’Andreu Febrer i de Josep Maria de Sagarra: una anàlisi de traducció, «Quaderns. Revista
de traducció», 4 (1999), pp. 95-116; Gabriella GAVAGNIN, op. cit.; Rossend ARQUÉS, Reescriure
Dante i la Comèdia, «Reduccions», 81-82 (2005), pp. 215-225; e sulla seconda anche quest’ultimo
articolo citato.
31
M. CARRERA DÍAZ, Le traduzioni spagnole della «Divina Commedia», «Letture classensi»,
20-21, 1992, pp. 21-33. Per quella di Ángel Chiclana (Madrid 1979), si veda V. Díaz Corralejo, in
“Cuadernos de Filología italiana”, 2, 1995, pp. 303-304; Per quella di Crespo, invece, G. Chiappini,
Ángel Crespo, traductor de “La Divina Comedia”, in “Anthropos: Boletín de información y documentación”, 15, 1989, (numero speciale dedicato a Ángel Crespo), pp. 186-190 e R. Arqués, Traduzioni e irradiazioni ispaniche novecestesche della “Commedia” di Dante (Ángel Crespo, Luis
Martínez de Merlo, Abilio Echevarría e María Zambrano), in “Critica del testo”, XIV/1, 2011, in
corso di stampa, articolo, quest’ultimo che analizza anche le versioni di L. Martínez de Merlo
(1988) e di A. Echevarría (1994).
32
Mi riferisco a quelle di Cayetano Rosell, Manuel Aranda Sanjuan, Juan de la Pezuela e Bartolomé Mitre. Cayetano Rosell, nato nel 1817 a Madrid, dove è morto nel 1883, tra il 1871 e il
1972 tradusse in versi la Commedia (Barcelona, Montaner y Simón, annotata, con le illustrazioni
di Gustave Doré e un prologo di Juan Eugenio Hartzenbusch, l’introduttore del romanticismo in
Spagna. Questa versione ha avuto in seguito molte ristampe anche in America Latina (per esempio, quelle del 1949 e del 1963 in Messico). Forse l’ultima è stata quella del 1951 con un’introduzione di Jorge Luis Borges y le note di Narciso Bruzzi Costas (Barcelona, Editorial Éxito). La
22
Rossend Arqués
e della Vita nuova33 non è stato finora dedicato nessuno studio approfondito34. Si tratta insomma di un capitolo ancora da scrivere e che meriterebbe maggiore attenzione, insieme a quello delle illustrazioni della Commedia.
Gettano uno sguardo sulla modernità anche i numerosi articoli che Raffaele
Pinto dedica alla presenza di Dante in diversi autori, sia spagnoli che catalani35 e
nella produzione cinematografica di Buster Keaton, Federico Fellini o di Woody
Allen36, così come gli articoli di Eduard Vilella sulla presenza della Vita Nuova nel
Demian di Hermann Hesse o sul parallelismo tra la pioggia eterna di Inf. 8 e quella
altrettanto onnipresente nel film Seven (1995) di David Fischer37; infine le ricerche dell’autore di questo articolo sulla ricezione della Commedia e della Vita
Nuova nella letterature catalana e spagnola contemporanee, del poema dantesco
nelle narrazioni dopo Auschwitz 38 , nonché sulla funzione di Dante in alcuni letterati ispanoamericani del Novecento (Victoria Ocampo e Octavio Paz).
4.2. Intertestualità in Dante
L’intertestualità con la tradizione stilnovistica e trovadorica, nonché con i testi
prima edizione della versione di Manuel Aranda, invece, era uscita nel 1868 (Barcelona, La Ilustración, con note di Paolo Costa). La versione ha avuto al meno le seguenti ristampe: 1871, 1921
(contenente illustrazioni di Gustave Doré, che dopo includeranno la mayor parte di ristampe) 1924,
1933, 1941, 1959 con un prologo di Thomas Carlyle, 1960, sia a Barcellona e a Madrid che a Buenos Aires. Quella di Juan de la Pezuela, Conte di Cheste, nel 1879: Dante ALIGHIERI, La Divina Comedia, traducida al castellano en igual clase y número de versos por el capitán General D. Juan de
la Pezuela, Conde de Cheste, Madrid, [s.n.] (Tip. De Antonio Pérez Dubrull; contenente una «Carta
del traductor» scritta a Madrid 20 febbraio 1865, un’introduzione del Marqués de Molins (t. I) e
delle note brevi alla fine di ciascun volume; lo stesso di dica per l’edizione di Barcelona, Casa
editorial Viuda de Luis Tasso, s.d. (1895 ca.) in 3 voll.; avrà ancora più ristampe sia in Spagna che
nelle principali capitali latinoamericane: 1942, 1948, 1960, 1963. La versione di Mitre, invece,
uscì a Buenos Aires nel 1922 e fu ristampata in seguito nel 1943, 1944, 1946; la versione oggi è
reperibile nella web della Biblioteca de Traductores: http://www.traduccionliteraria.org/biblib/D/
D102.htm. Questa versione è stata anche oggetto di un lungo studio di Leopoldo LONGHI DI BRACAGLIA, Mitre traductor de Dante, Buenos Aires, Institución Mitre, 1936.
33
Mi riferisco alle versioni di Manuel Aranda (1871), di Cipriano Rivas (1921) e di Luis C.
Viada y Lluch (1922), quest’ultima comunque è stata oggetto di una piccola recensione da parte
di B. SANVISENTI in «Bolletino della Società Dantesca», XX (1933), p. 104.
34
Si vedano comunque le note di J. ARCE FERNÁNDEZ, La lengua de Dante en la Divina Comedia y en sus traductores españoles, «Revista de la Universidad de Madrid», 6, n. 53 (1994), pp.
12-48.
35
Rossend ARQUÉS, El rastro de la pantera perfumada (Dante en las poéticas catalanas de
la modernidad), «Tenzone», 1 (2000), pp. 179.
36
Raffaele PINTO, Beatrice, Fellini e gli uccelli, «Dante. Rivista internazionale di studi su
Dante Alighieri», 2 (2005), pp. 89-97; ID., Dante («Inf.» V) e Buster Keaton: la mediazione comica
del desiderio, «Tenzone», 8 (2007, pp. 123-146.
37
Eduard VILELLA, Beatrice en «Demian» de Hermann Hesse, «Cuadernos de filología italiana», 14 (2007), pp. 231-242. ID. Una lluvia eterna, «El Viejo Topo». Especial Dante y el cine,
sett. 2001, pp. 61-62.
38
Rossend ARQUÉS, Dante en las narraciones despues de Auschwitz, «Rassegna europea della
letteratura italiana». 33 (2009), pp. 89-112.
Il dantismo contemporaneo in Spagna. Primo bilancio
23
filosofici scolastici è stato uno dei terreni di studio più frequentati da Raffaele
Pinto e, più recentemente, da Eduard Vilella e da Chiara Cappuccio, da qualche
anno trasferitasi a Madrid dove sta continuando i suoi studi in particolare sulla
musica in Dante, tema che ha trattato nella sua tesi dottorale39. Il primo fin dall’inizio grazie a questo metodo ha cercato di svelare ciò che chiama la modernità
di Dante, o, ancor meglio, lo spazio che Dante ha aperto alla modernità. Per farlo
ha continuamente analizzato quei momenti di dibattito, a volte anche aspro, che
potevano essere indicativi di un punto di svolta rispetto a quelle tradizioni e che
portassero all’ambito specifico dell’alterità di Dante. Così nel suo primo libro si
sofferma su un argomento che era stato motivo di polemica tra Cavalcanti e Dante.
Pinto parte dalla malinconia, intesa come ripiegamento introspettivo di carattere
irrazionale e patologico e giunge al lutto, interpretato invece come proiezione oggettiva, razionalizzatrice e culturalmente persuasiva. All’interno di questo percorso Dante si colloca, già fin dalla Vita nuova, in una posizione di superamento
della negatività del desiderio amoroso, di cui invece si faceva promotore il suo
«primo amico», correggendola in senso teologico-tomista. Grazie a questa sovrapposizione, Dante può delineare «le coordinate della cultura letteraria moderna, nella quale la malinconia potrà essere superata [...], ma non soppressa. [...]
Ad essa, il lutto aggiunge il senso positivo del reale, la ricomposizione del rapporto
fra individuo ed il mondo» (p. 55). Gli elementi fondanti di questa polemica ritornano anche in altri capitoli del citato libro, in particolare il capitolo 5, che ha
per titolo: «L’allegorismo dantesco e l’orizzonte ermeneutico della modernità», in
cui l’autore cerca di cogliere nel nesso fra «individualità», quale esperienza esistenzialmente differenziata, e «soggettività», quale attività linguistico-poetica che
esprime e interpreta quella esperienza, la novità «clamorosa» del linguaggio della
Commedia. Molti riflessi della polemica tra Dante e Cavalcanti si ritrovano anche
in altri studi dello stesso critico. Ad esempio, il concetto di «simiglianza» è analizzato in La Simiglianza come decostruzione/ricostruzione espressiva nel dialogo intertestuale fra Guido e Dante40, in cui Pinto definisce i termini della loro
disputa: per Cavalcanti è il desiderio consustanziato con l’alienazione e la malattia; per Dante è invece un nuovo concetto di desiderio che è fonte di salute e d’innalzamento spirituale, grazie al processo di distacco dall’oggetto del desiderio,
dovuto alla morte dell’«oggetto» stesso, e conditio sine qua non di quell’esercizio «della razionalità, la quale si manifesta discorsivamente nell’uso delle similitudini» (p. 43). E ancora, le nozioni di «disdegno», che lo studioso scandaglia in
altri due interessantissimi articoli, e di «novitas», che esamina nell’articolo Novitas e dialettica del desiderio («Tenzone», 6: 193-213). Tutte queste riflessioni
39
Chiara CAPPUCCIO, La costruzione del discorso musicale nella teoria e nella pratica del Trecento: La «Commedia» di Dante, tesi diretta da Rossend Arqués e Francisco Rico, Universitat Autònoma de Barcelona, gennaio 2007.
40
La «simiglianza» come decostruzione/ricostruzione espressiva nel dialogo intertestuale fra
Guido e Dante, in Guido Cavalcanti laico, a cura di Rossend Arqués, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2004, pp. 27-47.
24
Rossend Arqués
sono legate da uno spirito comune: quello di ancorare il valore di Dante all’interno
della tradizione poetica soprattutto in rapporto alla modernità, che, secondo Pinto,
sarebbe stata aperta proprio dal poeta fiorentino.
Vilella è il curatore dell’edizione catalana di un’antologia di sonetti di Guittone d’Arezzo41 e di un articolo sulla presenza di Bertran de Born nella Commedia42 con cui riprende la questione dell’importanza in Dante dell’intertestualità
rispetto, da un lato, alla tradizione occitanica, dall’altro alla più recente poesia siciliana e siculo-toscana. Dante «avrebbe fatto – scrive Vilella – l’esperienza di
ambienti culturali che Carpi chiama “vetero guittoniani” cioè ambienti in cui la
cultura «cortese» era una realtà, per quanto arcaica, fondamentalmente viva, e
non un qualcosa di astratto e lontano e superato ormai da tempo». È questa la realtà culturale in cui Dante avrebbe avuto contatti, in primis con Guittone, che,
come e anzi di più di Bertran de Born e di altri poeti occitanici e delle origini, ha
lasciato una forte impronta nella Commedia. Ci troviamo di fronte a «un sistema
letterario complesso» a cui fa riferimento un’ampia rete di produzione e di ricezione; e questo ci aiuta a intendere meglio il significato della citazione nella Commedia, in quanto aspetto connotativo dell’arte dantesca. Anche lì dove essa
apparentemente è posta a condanna sua e del suo autore, si trova comunque all’interno di un complesso sistema poetico i cui riferimenti ci parlano della Aufhebung di un mondo letterario caduco e irrazionale, ma allo stesso tempo
necessario. Il caso forse più paradigmatico è dato dai riferimenti intertestuali con
Guittone d’Arezzo a cui Vilella ha dedicato una parte importante del saggio introduttivo dell’Antologia e delle note al testo guittoniano, ai quali rimandiamo. Ne
viene fuori che Dante persegue sistematicamente il discostamento spaziale (municipale vs curiale, periferia vs centro) e temporale (antico vs moderno o prima vs
dopo) da Guittone per far emergere dal contrasto la sua propria identità. Se insomma l’approccio di Dante è quello di un critico feroce verso la lezione, per altro
già assimilata, di un ben conosciuto maestro, esso si spiega proprio per la volontà
di meglio definire e costruire il proprio spazio poetico.
4.3. Dalla malinconia al desiderio
Il filo rosso che unisce tutta l’opera degli ultimi quindici o vent’anni del gruppo
barcellonese in quanto tale, e che costituisce tuttora il suo tratto distintivo, è lo studio di Dante e della poesia delle origini secondo una prospettiva particolare: quella
del concetto di vita filosofica formulata dai filosofi dell’Islam, eredi medievali
della filosofia greca, i cui presuposti cosmologici, astrologici, psicologici e etici
ebbero una certa diffusione anche al di fuori delle mura universitarie. Alcuni ca-
41
GUITTONE D’AREZZO, Sonets d’amor, intr., ed. e trad. di E. Vilella, Santa Coloma de Queralt, Edendum, 2008.
42
Eduard VILELLA, «E de fendutz per bustz tro als braiers»: sulla presenza dell’«eredità» di
Bertran de Born nella «Commedia», «Tenzone», 11, 2010.
Il dantismo contemporaneo in Spagna. Primo bilancio
25
pitoli del primo libro di Pinto, Dante e le origini della cultura letteraria moderna43,
ci svelano non solo le preoccupazioni intellettuali ed ermeneutiche di Pinto a quel
tempo, ma anche di quelle di una cerchia a lui vicina44, sulla quale planavano le
riflessioni di Agamben in Stanze45. Infatti alcuni dei saggi che fanno parte del
primo capitolo del volume di Pinto e sono raggruppati sotto il titolo «Dalla malinconia al lutto nella lirica medievale» (pp. 7-55) (cioè «Tristitia e acedia nella
Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino», «Le specie della alienatio mentis secondo Arnau di Vilanova», «Il desiderio malinconico nella prima strofa di Can vei
la lauzeta, di Bernard de Ventadorn», «Il sentimento della morte in Guido Cavalcanti» o, il paradigmatico «La polemica sul lutto fra Guido e Dante»), costituiscono alcuni dei momenti dedicati dall’autore all’esplorazione di un tema da lui
considerato il nocciolo della cultura moderna, il desiderio, qui analizzato in rapporto soprattutto al nesso malinconia-lutto e ai riflessi esercitati sulla poesia moderna (p. 35).
L’attività del gruppo catalano, composto essenzialmente da studiosi dell’UB
e dell’UAB non poteva quindi che prendere avvio dagli albori del desiderio amoroso nella lirica italiana delle origini, attraverso l’interrogazione dell’opera del
capostipite della cosiddetta «Scuola siciliana»46. Nel convegno a lui dedicato del
1997, oltre a diversi contributi di taglio storico e storico-linguistico e letterario47,
altri studiosi hanno indagato diversi aspetti del rapporto con la scienza (la medicina, il bestiario e la fisiologia dell’amore) e il pensiero in quell’epoca (la parola
e la dama del cuore, la teologia). A questo primo incontro è seguito nel 2003 il
Convegno su «Guido Cavalcanti e le origini della poesia europea. Poesia, filosofia, scienza e ricezione» che ne ha ereditato la metodologia e le ipotesi di lavoro
scientifiche, in più beneficiando del dibattito interno alle società dantesche gemelle di recentissima creazione, cioè l’ACD e la SCED. In questa seconda occasione è apparso più evidente l’approccio comune agli studiosi partecipanti che,
dopo i chiarimenti di De Libera, più che «averroista» possiamo definire «arabi-
43
Paris, Champion, 1994.
Chi firma questa pagine, per esempio, sosteneva nella presentazione al volume La poesía di
Giacomo da Lentini. Scienza e filosofía nel XII secolo in Siclia en el Mediterraneo occidentale (Palermo 2000, p. 5) che il libro di Pinto offriva «l’espressione, per quanto personale, più alta e elaborata di alcune delle preoccupazioni metodologiche, e anche vitali, che ci hanno occupato per
lunghi anni (la malinconia, l’accidia, la malattia d’amore, ecc.)», e scrisse in quegli anni alcuni articoli sulla letteratura catalana medievale e contemporanea con lo stesso taglio; si vedano Gloses
a la melanconia en Ausias March, «Rassegna Iberistica», 17, 1983, pp. 35-49; La iconografía de
l’accidia en el pensament d’Eugeni d’Ors, «Rassegna iberistica», 34, 1989, pp. 3-16; Cannibalismo e possessione erotica. Una lettura di «Posseït» di Gabriel Ferrater, in M.G. Profeti, Codici
del Gusto, Milano, Franco Angeli, 1992, pp. 425-465.
45
Torino, Einaudi, 1977.
46
Al Convegno tenutosi a Barcellona i giorni 16-18 e 23-24 ottobre 1997 seguì tre anni dopo
la pubblicazione nel prestigioso «Bollettino del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani»,
cit..
47
Di Laura Sciascia, José Enrique Ruiz Doménec, Rosario Coluccia, Riccardo Gualdo, Roberto Antonelli, Mario Mancini e Aniello Fratta.
44
26
Rossend Arqués
sta»48. Grazie a questa metodologia, è sembrato poter interpretare con qualche
certezza il complesso mondo culturale di Dante e del suo tempo. Il tema del desiderio era e resta, all’interno di questo approccio e in particolar modo per Pinto,
il nucleo problematico sul quale porre maggior attenzione, in quanto esso è stato
già prima di Dante, e poi in epoche a lui successive, oggetto di un lungo ed alle
volte aspro dibattito, che ha visto confrontarsi la tesi di derivazione agostiniana
sulla sostanziale incompatibilità fra immagini esterne e conoscenza spirituale con
quella aristotelico-tomista che ritiene invece che ogni oggetto esterno che stimoli
la sensibiltà è un «esser verace», quindi «come naturali e necessari tanto il dispiegarsi della intenzione nella mente (attraverso l’immaginazione e le altre funzioni psichiche che rappresentano la cosa) quanto l’inclinarsi su di essa dell’animo
attraverso il desiderio»49. Soprattutto attraverso la tematizzazione del desiderio,
Pinto formula l’ipotesi che tanto Tommaso d’Aquino quanto Dante avevano visto
con acume il rapporto stretto esistente tra il desiderio e lo stupore che producono
le cose ignote che trascende la atavica diffidenza della cultura antica nei confronti
di ogni conoscenza della realtà sensitiva. La ricerca di Pinto sul nesso «desiderio
e letteratura» è approdata a una sua sistematizzazione nel recente volume Poetiche del desiderio. Saggi di critica letteraria della modernità50, contenente un’indagine genealogica del desiderio moderno, partendo dai trovatori, nei quali questo
impulso diventa il nucleo centrale della poetica amorosa, soffermandosi man mano
su alcuni testi fondamentali fino ad arrivare ai nostri giorni.
5. In questa sicuramente troppo succinta rassegna, dedicata al più recente contributo spagnolo al dantismo contemporaneo, è da sottolineare, accanto all’indiscutibile valore dei risultati raggiunti in tutti i livelli, non ultimo quello
metodologico, la pluralità sia delle tematiche affrontate sia degli approcci sperimentati, nonché lo spirito di apertura partecipativa e per così dire «collettivistica»
48
Il concetto d’«arabismo», in sostituzione di quello ambiguo di averroismo, fu coniato da
Alain DE LIBERA, nel suo libro Penser au Moyen Âge (Paris, Seuil, 1991), dove lo spiega in questo modo: «plutôt que d’ averroïsme, c’est bien d’arabisme qu’il faut parler. […] A quoi bon enseigner l’histoire de la pensée philosophique arabo-musulmane? A quoi bon tenter de renouer avec
l’«heritage oublié»? La réponse est simple et elle se confond avec ce que nous appelons l’arabisme: parce qu’on y trouve une dimension à la fois religieuse, humaniste et rationnelle; parce que
cette dimension fait partie de notre hëritage dans la mesure où les Latins l’ont reconnue comme
telle et qu’ils l’ont soit combattue soit prolongée. En quoi consiste cette dimension? En deux idées
au moins: celle d’une recherche collective, plurielle, voire pluraliste de la vérité; celle d’une destination intellectuelle et éthique de l’homme. Ce que les médiévaux ont connu des falasifa pouvait,
s’ils le voulaient, les mener à une idée de concorde, d’abord, de consonance. Philosophique tout
d’abord: les «philosophes» musulmans – Farabi, Ibn Sina, Ghazali – lisaient et commentaient un
Aristote fortement platonisé, et l’idée d’une «harmonie» possible entre Aristote et Platon restait,
du même coup, à l’horizon de leur travail d’interprète; philosophique et religieuse ensuite; l’idée
d’une «harmonisation» entre l’enseignement des philosophes grecs et celui des prophètes ne semblait pas non plus absurde à certains d’entre eux» (pp. 137 e 139).
49
Novitas e dialettica del Desiderio, «Tenzone», 6, 2005, p. 200.
50
Torino, Aracne, 2010.
Il dantismo contemporaneo in Spagna. Primo bilancio
27
che ha contrassegnato tutte le azioni dei diversi gruppi che hanno voluto ridiscutere alcuni dei punti centrali del Testo, ma anche iniziare con l’esplorazione di
nuovi percorsi finora scarsamente battuti che possono riservare delle sorprese interpretative di considerevole portata: mi riferisco per esempio allo studio della ricezione figurativa e più generalmente artistica come momento ermeneutico
dell’opera dantesca, allo studio delle Rime oppure all’esplorazione del pensiero e
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