Dicembre Vol.2 N° 3 - 2006

Transcript

Dicembre Vol.2 N° 3 - 2006
Vol. 2, n. 3, September-December 2006
Efficacy and tolerability of cyclosporine microemulsion in chronic idiopathic urticaria.
An Italian multicentre collaborative study
Delia M. Colombo, Antonino Di Pietro
Lipoatrophia semicircularis:
a transient condition, mainly due to trauma, probably underextimated?
Ivano Luppino, Giuseppe Noto
The treatment of abdomen skin laxicity with non ablative radiofrequency
using FACES technique
Fabio Rinaldi, Elisabetta Sorbellini, Paola Bezzola
Efficacy and skin tolerability of a new depigmenting cosmetic cream
Federica Tamburi, Carolina Bussoletti, Alessandra D’Amore, Leonardo Celleno
Topical treatment of actinic keratoses with 3% diclofenac in 2.5% hyaluronan gel
Lucia Brambilla, Biancamaria Scoppio, Monica Bellinvia
Poly-L-lactic-acid: our experience and future perspectives
Piero Rosati, Stefano Corallini
Proliferative and morphologic variations of the fibroblasts of human origin
in cultivations added with jaluronic acid
Maurizio Cavallini, Marco F. Papagni, Alberto Mangano, Mario Marazzi
Clothing dermatitis
Paolo D. Pigatto, Lucretia A. Frasin
Phytotherapy in Dermatology: lights and shades
Piera Fileccia
Nutrition and oral cancer
Antonio D’Alessandro, Antonella Barone, Annalisa Aggio, Mario Giannoni
The doctor-patient communication. Verbal, para-verbal and non-verbal languages
Elisabetta Perosino
Indexed in: EMBASE, EMNursing, Compendex, GEOBASE
Cari Amici,
nel 2006 l’ISPLAD ha compiuto il suo sesto anno di vita.
Come è noto l’ISPLAD è una Società Scientifica nata per aff e r m a re il ruolo primario del dermatologo nel campo di tutte le problematiche legate all’invecchiamento e agli inestetismi cutanei.
Ad oggi l’ISPLAD ha circa 2.000 associati la cui età media è di circa 40 anni.
Ciò vuol dire che il dermatologo di oggi ha interpretato le nuove esigenze dei pazienti ed ha voluto allinearsi alle richieste con
scienza e competenza. Oltre alla patologia infatti, ha deciso di occuparsi di prevenzione e benessere cutaneo, di cosmetologia, di
terapie dermoplastiche e di nuove tecnologie.
Questo non può e non deve prescindere dalla formazione clinica in cui il dermatologo si è “specializzato”, anche perché occuparsi di invecchiamento cutaneo vuole dire, inevitabilmente, occuparsi anche di diagnostica differenziale con una particolare attenzione alla patologia oncologica spesso presente su una cute non più giovane.
In linea con gli obiettivi di formazione scientifica
Dear Friends,
l’ISPLAD nel 2006 ha organizzato il I Congresso di
In 2006, ISPLAD celebrated its sixth birthday.
D e rmatologia Plastica a Stresa (VB), 7 Corsi di
As everyone knows, ISPLAD is a scientific society that was established for the main purpose of
Aggiornamento sulle terapie dermoplastiche, 2
affirming the primary role of dermatology in dealing with problems related to the aging process
Meeting-Day sull’Ipertricosi e Irsutismo, 3 Corsi di
and cutaneous aesthetics.
Aggiornamento in Dermatologia Plastica nei
Today, ISPLAD has approximately 2,000 members, in which the average age is around 40 years.
Congressi ADOI a Recanati, ADMG a Giardini Naxos
This shows that today’s dermatologists seek to understand their patients’ new needs and to
(ME) e nelle XII Giornate di Terapia in Dermoalign themselves according to the related demands in a scientific and competent way. In fact,
venereologia a Catania.
in addition to pathology, they have decided to preoccupy themselves with prevention, cutaneous
Molto importante è stata la partecipazione
well-being, cosmetology, dermoplastic therapy, and new technologies.
dell’ISPLAD al Congresso di Dermocosmetologia
This cannot, and must not, diminish the importance of the core clinical aspect of the field of
Spagnola svoltosi a Lanzarote il 26-28 Ottobre. In
dermatology. Preoccupation with cutaneous aging inevitably means preoccupation with differquesta occasione si sono stabiliti importanti accordi
ential diagnostics, with a particular emphasis on oncological pathology, which is often present
di collaborazione tra i dermatologi spagnoli e italiani.
in aged skin.
Sempre nel 2006 L’ISPLAD ha creato due gruppi di
In 2006, in line with its scientific objectives, ISPLAD organized the first Congress of Plastic
ricerca e terapia: uno sulle lipodistrofie (cellulite,
Dermatology in Stresa, seven supplementary courses on dermoplastic therapy, two Meeting
lipomi, lipoatrofie, etc) ed uno sulle eritrosi; inoltre
Days on Hypertrichosis and Hirsutism, three supplementary courses on plastic dermatology at
ha potenziato il sito www.isplad.org ed ha effettuato
the ADOI Congress in Recanati, the ADMG Congress in Giardini Naxos (ME), and at the
una Campagna di sensibilizzazione sulla cute sana.
Twelve Days of Therapy in Dermatovenereology in Catania.
Cosa farà l’ISPLAD nei prossimi mesi? Secondo la
ISPLAD’s participation at in Congress of Spanish Dermocosmetology in Lanzarote on 26-28
tradizione didattica dell’ISPLAD, nel 2007 verranno
October was very important. On this occasion, significant agreements of collaboration between
svolti 11 corsi di Aggiornamento sulle terapie
Spanish and Italian dermatologists were established.
Dermoplastiche; essi dureranno un giorno e si terAgain in 2006, ISPLAD has created two groups of research and therapy; one on lipodystrophy
ranno in diverse città italiane.
(cellulite, lipoms, lipoatrophy, etc.) and one on erythrosis. Furthermore, it has strengthened its
Altre iniziative sono in via di definizione tra cui l’orwebsite www.isplad.org and has initiated an Awareness Campaign on Healthy Skin.
ganizzazione del 2° Congresso ISPLAD che avverrà
What will ISPLAD do in the upcoming months? In 2007, according to the tradition of ISPLAD,
nel 2008 con una manifestazione a carattere internaeleven supplementary courses on dermoplastic therapy will take place, each lasting one day in
zionale.
a different Italian city.
Ma non possiamo dimenticare il Master di II Livello
Other initiatives will soon be precisely determined. Among them is the second ISPLAD
in Dermatologia Plastica dell’Università di Tor
Congress, which will take place in 2008 with an international touch to it.
Vergata a Roma; sarà un’occasione molto import a nAlso, we must not forget the Master of Level II in Plastic Dermatology of the Tor Vergata
te per ottenere un indiscusso riconoscimento uniUniversity in Rome. It will be a very important occasion for obtaining a valuable university
versitario.
acknowledgement.
Per tutte le informazioni sui progetti futuri
For information on all the future projects of ISPLAD, please visit our website at www.isplad.org.
dell’ISPLAD potrai collegarTi sul nostro sito
I wish you all peaceful Christmas holidays and a happy 2007 filled with success.
www.isplad.org.
Auguro a tutti i colleghi di trascorrere serene le
prossime feste natalizie e un felicissimo 2007 ricco
Antonino Di Pietro
di successi.
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
1
Sommario
Journal of Plastic Dermatology
pag. 5 Efficacy and tolerability of cyclosporine microemulsion
in chronic idiopathic urticaria. An Italian multicentre collaborative study
Delia M. Colombo, Antonino Di Pietro
Editor
Antonino Di Pietro (Italy)
Editor in Chief
pag. 13 Lipoatrophia semicircularis:
a transient condition, mainly due to trauma, probably underextimated?
Ivano Luppino, Giuseppe Noto
Francesco Bruno (Italy)
pag. 17 Trattamento della lassità cutanea dell’addome mediante radiofrequenza
Associate Editors
Francesco Antonaccio (Italy)
Mariuccia Bucci (Italy)
Franco Buttafarro (Italy)
Ornella De Pità (Italy)
Giulio Ferranti (Italy)
Andrea Giacomelli (Italy)
Alda Malasoma (Italy)
Steven Nisticò (Italy)
Elisabetta Perosino (Italy)
Andrea Romani (Italy)
Nerys Roberts (UK)
Editorial Board
Lucio Andreassi (Italy)
Kenneth Arndt (USA)
Bernd Rüdiger Balda (Austria)
H.S. Black (USA)
Günter Burg (Switzerland)
Michele Carruba (Italy)
Vincenzo De Sanctis (Italy)
Aldo Di Carlo (Italy)
Paolo Fabbri (Italy)
Salvador Gonzalez (USA)
Ferdinando Ippolito (Italy)
Giuseppe Micali (Italy)
Martin Charles Jr Mihm (USA)
Joe Pace (Malta)
Lucio Pastore (Italy)
Gerd Plewig (Germany)
Eady Robin AJ (UK)
Abel Torres (USA)
Umberto Veronesi (Italy)
non ablativa con manipolo bipolare con tecnica FACES
Fabio Rinaldi, Elisabetta Sorbellini, Paola Bezzola
pag. 25 Valutazione della tollerabilità cutanea,
dell’efficacia e delle qualità cosmetiche di un prodotto cosmetico coadiuvante
nel trattamento delle iperpigmentazioni cutanee
Federica Tamburi, Carolina Bussoletti, Alessandra D’Amore, Leonardo Celleno
pag. 31 Trattamento topico delle cheratosi attiniche
con diclofenac al 3% in gel di ialuronato al 2,5%
Lucia Brambilla, Biancamaria Scoppio, Monica Bellinvia
pag. 39 Acido-L-polilattico: nostra esperienza e prospettive future
Piero Rosati, Stefano Corallini
pag. 43 Variazioni proliferative e morfologiche dei fibroblasti di origine umana
in colture addizionate con acido jaluronico
Maurizio Cavallini, Marco F. Papagni, Alberto Mangano, Mario Marazzi
pag. 47 Patologie cutanee da tessuti
Paolo D. Pigatto, Lucretia A. Frasin
pag. 55 La fitoterapia in Dermatologia: luci ed ombre
Piera Fileccia
pag. 61 Nutrition and oral cancer
Antonio D’Alessandro, Antonella Barone, Annalisa Aggio, Mario Giannoni
pag. 67 La comunicazione medico-paziente.
Linguaggio verbale, non verbale e paraverbale
Elisabetta Perosino
pag. 73 Corsi ISPLAD
pag. 79 From PubMed.
Selezione di articoli dalla Letteratura
English editing
Rewadee Anujapad
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comunicando per iscritto la propria decisione a:
Edizioni Scripta Manent s.n.c.
Via Bassini, 41 - 20133 Milano
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
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Efficacy and tolerability of cyclosporine
microemulsion in chronic idiopathic
urticaria. An Italian multicentre
collaborative study
Delia M. Colombo
Antonino Di Pietro
SU M M A R Y
Efficacy and tolerability of cyclosporine microemulsion in chronic
idiopathic urticaria. An Italian multicentre collaborative study
Background: Chronic idiopathic urticaria (CIU) is the most common form of urticaria
(70-80% of cases). Conventional treatment with either anti-histamines and/or corticosteroids is often not satisfactory. A number of studies have suggested the efficacy of
cyclosporine (CsA) administered orally in resistant CIU. We evaluated the efficacy
and tolerability of CsA in the treatment of CIU over a 6 months period.
Method: We performed an open, non comparative, collaborative multicenter study.
One-hundred and twenty adult patients were treated with oral CsA: 5±1 mg/kg/day
for 14 days; 4±1 mg/kg/day from day 15 to day 28; then 3±1mg/kg/day up to six
months. Symptoms severity and pruritus were evaluated by the Breneman’s scale, a
100 mm visual analog scale (VAS) and a 4-point verbal rating scale (VRS).
Results: The actual mean CsA dosage administered was 4.0 mg/kg/day at study
beginning, 3.0 mg/kg/day after 1 month and 2.4 mg/kg/day up to 6 months. The
Breneman’s total score improved significantly (-41%; p=0.0001) by day 14, with further progressive reductions at day 28 (-62% vs. baseline; p=0.0001), month 2 (-79%
vs. baseline; p=0.0001) and month 5 (-88% vs. baseline; p=0.0001), then remained
stable during month 6. Pruritus (VAS) decreased significantly (-38%; p=0.0001) at
day 14 and continued decreasing (up to -86% vs. baseline; p=0.0001). CsA treatment
was well tolerated, with only 2 patients discontinuing treatment due to adverse
events, which were not severe (mild increase in systolic blood pressure; nausea).
Conclusions: The results suggest good efficacy and tolerability of up to 6 month CsA
treatment in resistant CIU.
KEY WORDS: Breneman’s total score, Chronic Idiopathic Urticaria, Cyclosporine A,
Pruritus, Verbal scale, Visual Analog Score
Introduction
Chronic idiopathic urticaria (CIU) is
the most frequent form of urticaria, accounting
for 70-80% of the cases (1). CIU is defined as a
6-week or longer history of urticaria in the
absence of detectable physical, allergic, vasculitic, infectious or drug-induced causes (2). The
presence of autoantibodies directed toward IgE
or to the high-affinity IgE Fc receptor, detected
by intradermal test with autologous serum, has
been reported in approximately 30% of patients
with CIU (3). A substantial proportion of
patients with chronic urticaria and positive
autologous serum skin test (ASST) could be
recognized as an autoimmune urticaria autoreactive subgroup. Symptomatic treatment
with antihistamines is the first choice for CIU
but these drugs are not always effective. When
symptoms are severe, corticosteroids are com-
Dermatology Office
Marchesi Hospital
Inzago (MI), Italy
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
5
M.D. Colombo, A. Di Pietro
monly used, but they are not suitable for chronic treatment due to the high incidence of
adverse effects and the risk of inducing more
severe attacks after drug discontinuation. The
demonstration that chronic urticaria is frequently autoimmune has encouraged a more
aggressive therapeutic approach. There is currently little experience in the treatment of
chronic urticaria by removal of autoantibodies.
Plasmapheresis has been shown to be of temp o r a rybenefit in severely affected patients (4).
Alternatively, immunological approaches with
high-dose immunoglobulin infusions (5) or
agents inhibiting antibody production like
CsA (6-7) have proven to be helpful. The short
term use of CsA in severe CIU not responsive
to first line treatments has been investigated
by several authors in different countries (811). The efficacy of the treatment has always
been very satisfactory: pruritus always rapidly
decreased, and incidence of adverse events was
generally low. Longer treatment courses, i.e. 2
to 4 months, were also studied showing good
efficacy and tolerability, and in some cases also
showing a trend toward reduction of incidence and severity of relapses (12-15). Further
and even more prolonged experience with CsA
therapy is required in order to determine the
extent of efficacy and tolerability of this
approach in the treatment of resistant CIU.
This study was aimed at assessing the long
term efficacy and safety of CsA treatment (up
to 6 months) administered with decreasing
dosages (from 5mg/kg/day to 3mg/kg/day) in
severe resistan CIU. As severe cases are not so
common, a number of centers decided to cooperate following a common treatment schedule and to collect data in a natural clinical setting, i.e. without deviating from each centerspecific treatment procedures except for the
drug administration regimen and the duration
of patients’ follow-up. Therefore, this is a collaborative study aimed at sharing experience
to gather a body of data large enough to draw
significant clinical conclusions on the use of
CsA in severe resistant CIU.
Subjects and methods
Patients and treatment
After signing a written informed consent, male and female patients, aged ≥ 18 years,
6
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
Males (%)
Females (%)
Age, years (mean ± SD)
Weight, kg (mean ± SD)
Breneman score (mean ± SD)
53 (44.2)
67 (55.8)
44.9 ± 13.5
69.4 ± 12.1
10.4 ± 7.5
Table 1.
Patients’ baseline
characteristics (n=120).
meeting the clinical diagnostic criteria for
CIU and having failed to respond to first line
antihistamines, were admitted to CsA tre a tment in 20 Italian centers.
Patients were treated with oral CsA micro emulsion (Neoral®, Novartis) according to
the following schedule: 5±1 mg/kg/day for 14
days; 4±1 mg/kg/day from day 15 to day 28;
then 3±1 mg/kg/day up to six months.
Study design and assessment criteria
This was an open, non comparative,
collaborative, multicentre study. Control
visits were scheduled two and four weeks
after treatment initiation and then monthly
up to six months.
The primary efficacy end-point was the
reduction in the Breneman scale total score
at week 4 as compared to baseline.
S e c o n d a ry end-points were the Breneman’s
total score reductions versus baseline at
week 8 and at the end of the 6 - month follow-up. Safety and tolerability were evaluated by vital signs, laboratory tests and adverse events re p o rting.
Patients’ history of CIU and demographic
data were collected upon treatment initiation. At each visit, weight, diastolic blood
p re s s u re (DBP), systolic blood pre s s u re
(SBP) and routine laboratory parameters
Figure 1.
Mean CsA dosage at
baseline and after 2, 4, 8
weeks and 6 months of
treatment.
Efficacy and tolerability of cyclosporine microemulsion in chronic idiopathic urticaria. An Italian multicentre collaborative study
Results
Patient population and treatment
Figure 2.
Severity of symptoms,
evaluated through the
Breneman total score, after
2, 4, 8 weeks, and 6
months of treatment.
w e re evaluated and patients were scored on
the Breneman scale (16). Briefly, this scale
takes into account the number of lesions,
number of separate episodes, average size of
lesions, average duration of lesions and pruritus intensity as follows: 0=no symptoms;
1=mild urticaria (1–4 points); 2=moderate
urticaria (5–9 points); 3=severe urticaria (10
points). Pruritus severity was also evaluated
by means of a 100 mm VAS and a 4-point
VRS (0=absent, 1=mild, 2=moderate, 3=
severe).
Statistical analysis
Figure 3.
Pruritus intensity evaluated
by means of a 4-point VRS
after 2, 4, 8 weeks and 6
months of treatment.
Continuous variables have been
described by mean, standard deviation, minimum and maximum value, while categorical
variables by means of absolute and perc e n t age fre q u e n c y.
Statistical comparisons have been performed
by means of Wilcoxon test for paired data,
continuous variables and ordinal categorical
variables. SAS‚ statistical software (version
8.2) was used to perform statistical analysis.
One-hundred and twenty adult
patients (median age 44.8 years, range 16-83;
67 women) were enrolled (Table 1). We
report the data collected by March 2003. A
total of 17 patients withdrew from the study
within the first 8 weeks: 2 withdrew due to
adverse events, one for an intercurrent disease, one because of treatment failure and 13
were lost to follow-up. After week 8, a progressively increasing number of patients were
lost to follow-up (n=65 at month 5, n=25 at
month 6). Anyway, the analysis of efficacy
refers to the actual population at each visit.
The actual mean CsA dosage administered
was 4.0 mg/kg/day at study beginning, 3.0
mg/kg/day after 1 month and 2.4 mg/kg/day
up to 6 months (Figure 1).
Efficacy results
Severity of symptoms, evaluated by
the Breneman scale total score (Figure 2), significantly improved in comparison to baseline as
early as by week 2 (n=104): from 10.4±7.5 to
6.1±3.6 (p=0.0001). At week 4 (n=103), which
was the primary end-point of the study, the
total score dropped to 3.9±3.3 (p=0.0001 vs
baseline). At the secondary end-point (week 8;
n=103) the score further decreased to 2.1±3.0
(p=0.0001 vs baseline). After 5 months of tre a tment (n=65) the score was 1.2±1.9 (p=0.0001
vs baseline), and remained stable at 1.2±2.4 at
6 months (n=25) (p=0.0001 vs. baseline). All
symptoms included in Breneman’s scale re f l e cted the general trend to a progressive decrease
over time. Particularly noteworthy was the
effect on pruritus, as evaluated both on a VRS
and a VAS. On the VRS, at baseline, 91% of
patients classified their pruritus as
moderate/severe (36% and 55%, respectively),
2% as absent and 7% as mild at baseline (Figure
3). At week 2, 23% of patients were free from
pruritus, 32% classified it as mild, 41% as
moderate and only 4% as severe (p=0.0001). At
week 4, 41% of patients had no pruritus, 39%
classified it as mild; 18% as moderate and only
2% as severe (p=0.0001 vs baseline). A further
decrease was re p o rted at week 8: 58% of
patients had no pruritus, 32% had mild pruritus, 8% moderate and 2% severe (p=0.0001 vs
baseline). After 6 months no patients had seve-
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
7
M.D. Colombo, A. Di Pietro
re pruritus, in 84% pruritus was absent, in 12%
mild and in 4% moderate (p=0.0001 vs baseline). Similar results were obtained on the VAS
(Figure 4): the mean baseline value was
73.1±15.2 mm; after 2 weeks it decreased to
45.3±23 mm. At week 4, the mean further
decreased to 31.5±25.0 mm and at week 8 to
19.9±23.3 mm (all decreases: p=0.0001 vs baseline). In one patient the Breneman’s score dropped from 10 at baseline to 1 after 2 weeks, but
raised again to 7 after the first dose reduction
and the patient was withdrawn from the study.
Safety results
Two patients interrupted the treatment due to adverse events (AE). One patient
had an increase of arterial blood pressure after
two weeks, which was not severe: baseline
SBP/DBP 130-85 mmHg; 14th day 140-85
mmHg. At follow-up after CsA discontinuation, blood pressure was 140-80 mmHg. The
second patient discontinued the treatment
due to the onset of nausea. Another patient
w i t h d rew due to an interc u r rent disease
(influenza).
A total of 35 AE were reported by 21 patients
during the entire study. The most commonly
reported AE possibly related to treatment was
hypertension (6 patients, including one out of
the drop-outs); the next in frequency (4
patients) was headache and the third (3
patients, including one drop-out) was nausea/vomiting. Mean SBP and DBP increased
slightly during the study. The average increase
was never >2-3 mmHg compared to baseline
and was neither clinically nor statistically
significant.
DiscusThesionmanagement of CIU is often problematic in common clinical practice, and in
many cases diff e rent treatment strategies
should be attempted. Antihistamines are not
always effective and corticosteroids are not
advisable for long term therapies. Other proposed therapies have been studied in small populations or in not properly controlled trials.
Since the early nineties, studies have been carried on CsA in CIU unresponsive to traditional
treatments (8, 9). The mechanism of action of
CsA in urticaria is due to its activity on mast
cells. CsA blocks degranulation as well as the
8
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
transcriptional activation of several cytokine
genes, such as interleukin 3 (IL-3) and IL-5
(4?), and also the genes involved in leukotriene synthesis. All these events require an incre ase in the concentration of intracellular Ca2+.
F u rt h e r m o re, the cytokine genes that are
blocked in mast cells are largely the same as
those blocked in T cells, suggesting an effect
on a regulatory protein common to mast cells
and T cells. The efficacy and safety of CsA in
severe resistant CIU have been demonstrated
in several clinical studies, but data on more
prolonged use are still needed. We investigated
the effectiveness and tolerability of a 6 month
course of oral CsA treatment at decre a s i n g
doses in this non controlled clinical study
involving 20 hospitals and outpatient clinics
throughout Italy. The first observation concerns the actually administered dosage, which
was in the lowest protocol range, i.e. 4
mg/kg/day at treatment start and 2.4
mg/kg/day during the long-term phase, possibly reflecting a prudent attitude of the investigators toward possible long-term side effects of
CsA treatment. Anyway, it is worth underlying
that these dosages, lower than those usually
re p o rted in CIU clinical trials, showed to be
effective. Actually, only 2 patients dropped out
due adverse events. One patient withdrew
because of an increase in blood pressure after
two weeks, which however was not severe. The
average increase of SBP and DBP was neither
clinically nor statistically significant. All other
adverse reactions were mild to moderate in
severity and did not require treatment discontinuation, except for one case of nausea.
The analysis of efficacy revealed a dramatic
effect of CsA on symptoms severity, as assessed
Figure 4.
Pruritus severity evaluated
by means of a 100 mm
VAS after 2, 4, 8 weeks and
6 months of treatment.
Efficacy and tolerability of cyclosporine microemulsion in chronic idiopathic urticaria. An Italian multicentre collaborative study
Collaborating centres:
Centre
Responsible
Dermatologia - Arezzo
Dr. Greco M. Cristina
Dr. Mazzoli Sabrina
Università degli Studi Magnagrecia - Cosenza
Ambulatorio Immunologia e Allergologia - Ospedale M. Fazzi - Lecce
Clinica Dermatologica - Ancona
Dermatologia IDI Capranica - Viterbo
Dermatologia - Ospedale di Treviso
Istituto di Immunologia e Allergologia Clinica - Policlinico di Bari
Casalnuovo di Napoli
ASL Presidio Ospedale Polla e Sant’Arsenio - Salerno
Dermatologia Ospedale Lanciano - Chieti
Clinica Dermatologica Università Federico II - Napoli
U.O. Dermatologico - Prato
Clinica Dermatologica Policlinico - Pisa
Medicina B - Policlinico Verona
Dermatologia Ospedale di Belluno
Medicina B - Policlinico Verona
Clinica Dermatologica - Università di Genova
Servizio Medicina Osp. - Divisione Dermatologia - Palermo
Clinica Dermatologica Universitaria “La Sapienza” - Roma
Clinica Dermatologica 2° Facoltà Medicina “La Sapienza” - Roma
Divisione Dermatologica Ospedale Frascati - Roma
Dr. Bottoni U.
Dr. Muratore L.
Dr. Cataldi I.
Dr. Laurenti G.
Dr. Simonetto D.
Dr. Nettis E.
Dr. Cerbone l.
Dr. De Paola S.
Dr. Mazzocchetti G.
Dr. Procaccini E.M.
Dr. Salvatore E.
Dr. Nannipieri G.
Prof. Pacor M.L.
Dr. Carrabba E.
Prof. Lunardi C.
Prof. Drago
Dr. Scuderi G.
D.ssa Grieco T.
Dr. Persichino S.
Dr. Del Brocco
by the Breneman’s total score, as early as after
2 weeks and a continuous further improvement until the 5th month. At the 6th month,
the score remained stable around 1. Other
reports had suggested the efficacy and safety
of CsA on CIU during 2 to 4 months of treatment (12, 14, 15). Anecdotal positive experiences were reported up to 6-8 months of low
dose CsA treatment (13). On the other hand,
Baskan et al. suggested that CsA therapy for
more than one month provides little further
benefit (17). Our results seem to confirm that
prolonged CsA administration induces continuous improvement in CIU symptoms, at
least up to 5 months. On the other hand, we
think that the early clinical response to CsA
t reatment probably induced a number of
patients to discontinue the drug before the 6
months end-point and not to attend the
further scheduled visits.
Our patients were not tested for autologous
serum skin test (ASST) at the beginning of the
study because some authors re p o rted that CsA
works very well in all types of patients (12).
Our data seem to confirm this observ a t i o n .
We are aware that this survey suffers from the
limitations of an open non controlled design
and of the lack of rigorous study procedures.
However, as stated before, we aimed at obtaining a very large number of patients treated in
a natural clinical practice setting to evaluate
the current management of CIU in Italy.
Unfortunately, a small number of patients
reached the 6-month treatment end-point, but
it is a quite common experience in outpatient
studies to lose patients to follow-up upon the
resolution of symptoms. For the above mentioned reasons our results do not allow to draw
definite conclusions, however they reflect the
every day clinical practice in CIU and suggest
that CsA can be effectively and safely used up
to 6 months in patients with CIU not re s p o nding to antihistamines. A further large properly
controlled clinical trial is required to confirm
the efficacy and safety of long-term CsA in the
treatment of resistant CIU, which also addre sses the issue of the relapse rate after treatment
discontinuation.
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
9
M.D. Colombo, A. Di Pietro
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Lipoatrophia semicircularis:
a transient condition, mainly due
to trauma, probably underestimated?
SU M M A R Y
Ivano Luppino1
Giuseppe Noto2
Lipoatrophia semicircularis:
a transient condition, mainly due to
trauma, probably underestimated?
Lipoatrophia semicircularis (LS) is is thought to be a very uncommon condition usually presenting as transient semiannular depressions, usually appearing on the anterior aspects of thighs of young women, due to loss of subcutaneous fat. Mechanical
trauma has been suggested as a main pathogenic event. We describe two cases of LS,
probably to be viewed, in our opinion, as an underestimated condition.
KEY WORDS: Lipoatrophy, Lipoatrophia semicircularis
Introduction
Lipoatrophia semicircularis (LS) is
due to loss of subcutaneous fat, presenting as
semiannular depressions usually located on
the anterior aspects of thighs. Young women
a re most commonly affected. Mechanical
trauma has been postulated as a major pathogenic factor. LS is thought to be a very uncommon condition. We describe two cases of LS,
probably an underestimated disease, occured
in young women.
Report of two cases
healthy areas, appeared not inflamed or thickened and without any sign of trauma or previous infiltration of metabolically active compounds. Palpation revealed a marked re d u ction of fat tissue. Routine blood laboratory test
and urinalysis were within the normal range.
An accurate anamnesis revealed a prolonged
use of self blocking collants during pregnancy.
Ecotomography with a 10 MHz probe showed
a marked reduction of the subcutaneous fat.
Patient refused biopsy. After six months both
lesions resolved without any treatment.
Case 1
A 38-year-old woman in otherwise
good health presented with two semicircular
depressions, with horizontal disposition, located bilaterally on the anteromedial aspect of
thighs (Figure 1). Both lesions measure d
about 5 x 20 cm, had developed during a
recent pregnancy, about ten months before,
and were asymptomatic. The patient had a
strong psychologic discomfort due to aesthetic problems determined by LS.
Lesional skin, as well as the sorrounding
Figure 1. Semicircular depression, with horizontal
disposition, located on the anteromedial aspect of the thigh.
Servizio di Dermatologia Terme Acireale,
ASL 3, Catania, Italy
2
U.O. Dermatologia, Dipartimento Oncologico
"La Maddalena", Palermo, Italy
1
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
13
I. Luppino, G. Noto
Case 2
A 23-year-old woman, presenting for
a dermatological consultation for other causes, showed, on the antero-medial aspect of
both thighs, two elongated depressed areas,
measuring about 4 x 15 cm. Lesional skin did
not show any sign of inflammation or thickening. At physical examination, palpation
showed marked loss of subcutaneous fat. The
patient, in otherwise good health, did not
remember any potential factor or event which
could be indicated as responsible for the
lipoatrophy. A more accurated anamnesis
revealed that she had repeated daily traumas
on the same areas of thighs standing up from
her working desk. She refused further clinical
or laboratory investigations. Lesions disappeared about 9 months later without any
treatment.
Discussion
LS was first described by Gschwandtner and Munzberg in 1974 (1) in three
patients presenting with circular or semicircular depressed areas, disposed on the anteromedial aspect of thighs, clinically presenting
atrophy of the subcutaneous fat.
LS must be clinically distinguished fro m
annular lipoatrophy as described by FerreiraMarques (2) and Shelley and Izumi (3), for
lacking of complete ring formed by fat
atrophy, and also from lipoatrophia centrifugalis abdominalis infantilis (4).
LS seems to show a marked predilection for
women (5) and although LS is considered a
very uncommon condition, as only about 50
cases have been published in western literature, probably the clinical prevalence of this
condition can be higher (6). Two paediatric
cases have been described (7, 8).
Clinically LS is a very particular condition,
presenting as atrophic areas, with semicircular, ovoidal shape, mainly located on the thighs of young women, usually with horizontal
disposition, quite often symmetrical, with a
normal skin surface, asymptomatic (9). Other
areas can be involved, namely legs (7), arms
and trunk (10).
In the major part of published cases LS resolved spontaneously in a range from 9 months
to 4 years, rarely up to 8 years, uncommonly
with a tendence to relapse (9).
14
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
Figure 2.
Lipoatrophia
semicircularis
of the hips.
Aetiology of LS is actually unknown (11). A
number of factors (neurologic, muscular
metabolic) have been indicated as pathogenic,
and in two sisters diabete was present (12).
Mascàro and Ferrando (12) stated that a
repeated mechanical trauma can give rise to
subcutaneous fat atrophy showing as an
example the wearing of tight jeans. Other
authors suggested that direct pressure on the
affcted area is responsible of LS, which can
resolve after the identified trauma has been
avoided (6, 9, 12). Repeated microtraumas
could give rise to imflammation with sclerosis
and subsequent atrophy (13).
Bloch and Runne (14) suggested a reduction
of blood flow, observed in individuals with a
variation of the course of arteria femoralis circumflexa lateralis; this artery starts in the
posterior area of the thigh and serves fat tissue
of the latero-medial aspect of the thigh alimented by a number of anastomotic branchs,
for this reason chronic micro ischemia could
cause LS, after repeated traumas, in predisposed subjects. The detection of inflammation in
the hypodermal microcirculation during the
early phases of LS support this hypothesis
(15).
Concluding, in our opinion, LS can be viewed
as a transient atrophy of the subcutaneous fat,
in predisposed individuals, mainly due to
repeated trauma.
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Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
15
Trattamento della lassità cutanea
dell’addome mediante radiofrequenza
non ablativa con manipolo bipolare
con tecnica FACES
Fabio Rinaldi
Elisabetta Sorbellini
Paola Bezzola
SU M M A R Y
The treatment of abdomen skin
laxicity with non ablative radiofrequency using FACES technique
Abdominoplasty represents the elective treatment of abdomen skin laxicity. Now non
ablative radiofrequency is a valid alternative to the surgery. In this article we report
the results of a study in 50 female patients with abdomen skyn laxicity treated with
non ablative radiofre q u e n c y. The results were positive in 80% of cases, without re l evant side-effects.
KEY WORDS: Skin laxity, Non invasive radiofrequency, Aluma FACES
Introduzione
Uno dei sintomi dell’invecchiamento
più difficili da trattare è la lassità cutanea, sia
utilizzando tecniche invasive che, ancor di
più, non invasive. Esistono molte metodiche
in grado di curare i segni epidermici e dermici dell’invecchiamento cutaneo (dalla intense
pulse light a specifici laser, ai peeling), ma
poche capaci di determinare una contrazione
del collagene così significativa da determinare
una evidente riduzione della lassità (resurfacing con Co2 ultra pulsato, radiofrequenza
non ablativa).
Tra queste, però, solo la radiofrequenza non
ablativa (NARF) è una tecnica non invasiva e
priva, fondamentalmente, di effetti collaterali.
L’efficacia e la non invasività della NARF ne
hanno fatto una metodica di prima scelta per
il trattamento della lassità cutanea del viso e
del collo.
La radiofrequenza non ablativa si è dimostrata una delle tecniche più efficaci per questo
scopo da ormai qualche anno, e numerose
pubblicazioni hanno ben evidenziato il suo
meccanismo d’azione e gli effetti sul collagene. L’energia elettromagnetica trasmessa dalla
corrente a radiofrequenza di uno strumento
apposito determina una modificazione delle
cariche elettriche con un movimento di elettroni attraverso le varie strutture cutanee, producendo un aumento della temperatura a
livello del derma, del tessuto adiposo fino alla
fascia del muscolo sottostante. Questo fenomeno è governato dalla legge di Ohm: E = I2 x
Z x T, dove l’impedenza (Z) al movimento
degli elettroni crea calore (joule) relativo al
passaggio di corrente (I2) in relazione al
tempo (secondi).
Quanto maggiore è l’impedenza del tessuto
(cioè la resistenza al movimento degli elettroni) tanto maggiore è il calore prodotto.
Il calore prodotto stimola una contrazione
volumetrica del collagene e, di conseguenza,
anche uno stimolo di formazione di nuovo
collagene.
Nella cute il livello massimo di impedenza si
produce nel tessuto adiposo: dove il tessuto
adiposo è più spesso si sviluppa il maggior
effetto del danno termico necessario, e quindi
la maggior efficacia del trattamento. La capacità della radiofrequenza di determinare calo-
Specialisti in Dermatologia
Milano
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
17
F. Rinaldi, E. Sorbellini, P. Bezzola
re negli strati profondi è alla base della sua
efficacia nel trattamento della lassità, a differenza del calore provocato con tecniche di
fototermolisi selettiva (laser o IPL) anche con
lunghezze d’onda elevate capaci di colpire target non oltre il derma.
La lassità della cute dell’addome pre s e n t a
ancora più difficoltà di quella del viso, ed è,
peraltro, uno dei sintomi di invecchiamento
cutaneo che un numero sempre maggiore di
donne desidera trattare.
In questo caso la scelta di trattamento si riduce tra un intervento di addominoplastica
(altamente invasivo, down-time importante,
alti rischi di effetti collaterali) e, a nostro parere, il trattamento con NARF. Il grado di lassità,
la scelta individuale del soggetto, la facilità di
esecuzione, i risultati soddisfacenti ci portano
a considerare la radiofrequenza non ablativa
una tecnica indicata per il trattamento della
lassità cutanea dell’addome. Il meccanismo
d’azione della radiofrequenza trova una particolare indicazione a livello addominale, dal
momento che in questa area lo spessore del
tessuto adiposo varia solitamente dai 4.3 mm
ai 10.6 mm, come facilmente dimostrabile con
una valutazione ecografica.
L’impedenza del tessuto prodotta dal campo
elettrico della NARF determina un significativo aumento della temperatura a livello dei tessuti fino alla fascia del muscolo. La contrazione del collagene e la sintesi di neocollagene
provocano una importante riduzione della lassità cutanea.
Abbiamo condotto uno studio clinico su 50
donne affette da lassità cutanea addominale
conseguente a gravidanza, dimagrimento
i m p o rtante, invecchiamento, per verificare
l’efficacia della NARF con manipolo bipolare
Aluma FACES (Functional Aspiration Controlled Electrothermal Stimulation) (Aluma,
Lumenis). L’emissione della corrente a radiofrequenza con manipolo bipolare determina
un’alta stimolazione del collagene dell’area
trattata, dal momento che l’impedenza dei tessuti è localizzata tutta ed esclusivamente tra i
due elettrodi del manipolo bipolare. Al contrario, come dimostrato da Lack et al., l’emissione di radiofrequenza con manipolo monopolare determina la quasi totalità di impedenza in tutti i tessuti del corpo attraversati dalla
corrente dalla punta del manipolo all’antenna
di raccolta (tessuto adiposo in minima parte,
muscoli e ossa in gran parte).
18
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
Grazie a questo effetto è possibile effettuare
trattamenti di NARF in assenza totale di dolore, con passaggi multipli per seduta a fluenze
basse (da 2 a 10 Watts divisi in 5 livelli, con
durata dell’impulso da 1 a 5 secondi, 3
vacuum), secondo un protocollo da noi definito.
e metodi
Materiali
Un gruppo di 50 donne, sane, di età
compresa tra 35 e 60 anni, sono state trattate
per ridurre la lassità cutanea della regione
addominale mediante applicazione di NARF
dal luglio 2005 al luglio 2006, utilizzando un
nuovo strumento per radiofrequenza con una
frequenza di 468 kHz in modo non ablativo
con manipolo bipolare (Aluma, Lumenis
Co.). Tutti i soggetti trattati sono stati informati sulla natura sperimentale del pro c e d imento e tutte hanno controfirmato il consenso informato.
Le donne in età fertile sono state sottoposte a
test urinario di gravidanza prima del trattamento, che si è continuato solo in seguito alla
comparsa del successivo ciclo mestruale.
Di queste 50 donne, 30 mostravano segni
importanti di lassità cutanea sia al quadrante
superiore che inferiore dell’addome in seguito
a gravidanze (18 una singola gravidanza, 12
ripetute), 7 presentavano i sintomi in seguito
a forte dimagrimento, 13 in seguito a fisiologica perdita di tono cutaneo per invecchiamento (età tra 48 e 60 anni). Le condizioni
cliniche della lassità erano fondamentalmente
uguali in tutti i soggetti rispetto all’età, con
una situazione lievemente peggiore nei soggetti più anziani. Non esistendo una specifica
classificazione dell’invecchiamento addominale, abbiamo approntato un protocollo di
studio per valutare gli eventuali miglioramenti mediante:
1) Valutazione fotografica basale, dopo 1, 3, 6,
8 mesi, mediante camera digitale ad alta
risoluzione, illuminazione, distanza e posizione del soggetto standardizzate. Tutti i
soggetti sono stati fotografati in posizione
eretta per evitare immagini artefatte della
lassità cutanea dovute alla posizione distesa. Tutte le immagini fotografiche sono
state valutate da personale indipendente
allo studio, e le modificazioni sono state
classificate in un sistema grafico secondo 4
Trattamento della lassità cutanea dell’addome mediante radiofrequenza non ablativa con manipolo bipolare con tecnica FACES
PRIMA
DOPO
Figura 1.
Radiofrequenza
non ablativa: risultati del
trattamento effettuato
sull’addome.
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
19
F. Rinaldi, E. Sorbellini, P. Bezzola
parametri di modificazione: invariato,
minimo, buono, ottimo.
2) Valutazione ecografica con Ecografo Esaote
Technos MP, con sonda da 13 MHz e 10
MHz per valutare le modificazioni dello
strato dermico, adiposo, prima del trattamento dopo 3, 6, 8 mesi.
Nessun soggetto assumeva farmaci, né seguiva
diete particolari. Il 40% delle donne trattate si
sottoponeva ad un’attività fisica moderata.
Il trattamento è consistito in 6 sedute consecutive di NARF con Aluma, effettuate a 7-10
giorni di distanza una dall’altra, erogando
una potenza media tra 10 e 18 J/cm2, (4-6
Watts per 2.5-3 sec), e un valore di vacuum
tra 3 e 4. Mediamente sono stati erogati tra i
130 e i 200 impulsi per ogni seduta, a seconda della grandezza dell’area da trattare, con 1
passaggio singolo e passaggi multipli (3) nelle
zone in cui la lassità era maggiore. La ripetizione dei passaggi seguiva le linee di trazione
cutanea.
I trattamenti sono stati effettuati indipendentemente dal fototipo dei soggetti, dal periodo
dell’anno. In nessun caso è stato necessario
utilizzare nessun tipo di anestesia né di antidolorifico. Il down-time è stato immediato per
tutti i soggetti, senza bisogno di medicazione
e periodi di riposo post-trattamento.
Il tempo medio di ogni seduta è stato di 30
minuti circa (range tra 20 e 40 minuti), e il
trattamento completo si è concluso mediamente in 7 settimane (range tra 6 e 9 settimane).
Ogni soggetto ha espresso un grado di autosoddisfazione del risultato rispetto al basale
dopo 1, 3, 8 mesi, con due soli gradi di valutazione: soddisfatto, non soddisfatto.
belico e la texture cutanea sono un marker
molto evidente del miglioramento.
La valutazione ecografica mostra dei segni
sufficientemente omogenei, con un leggero
ispessimento dello strato dermico, un ricompattamento dello strato adiposo e una diminuzione dei setti fibrosi al suo interno.
La contrazione del collagene e la sintesi di neocollagene avvengono in modo graduale a part ire dalle settimane successive il trattamento. I
dati di letteratura indicano che il massimo della
contrazione si verifica normalmente entro il
sesto mese dal trattamento. Con la tecnica di
NARF bipolare si evidenzia un miglioramento
costante nei mesi successivi, e una stabilizzazione delle modificazioni a part i re dal sesto
mese. Il controllo all’ottavo mese ha evidenziato un mantenimento dei risultati ottenuti.
La linea di miglioramento clinico sembra essere progressiva, con un aumento dell’effetto
maggiore tra la terza e la quinta seduta
(Figura 2).
Figura 1.
Risultati
La valutazione dei risultati fotografici ha rivelato modificazioni giudicate tra
buone e ottime in 40 soggetti su 50 (80%),
minime in 4 soggetti (8%), invariate in 6 soggetti (12%) (Figura 1).
In particolare è interessante notare che nel
34% si è ottenuto un risultato considerato
ottimo, e nel 46% buono. A livello dell’addome il trattamento, nei casi favorevoli, dà una
considerevole diminuzione della lassità e un
evidente aumento del tono cutaneo, facilmente obiettivabile paragonando la presenza di
rughe profonde, solchi, smagliature prima e
dopo il trattamento. Anche la forma dell’om-
20
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
Figura 2.
Figura 3.
Trattamento della lassità cutanea dell’addome mediante radiofrequenza non ablativa con manipolo bipolare con tecnica FACES
Le risposte al test di auto-soddisfazione sono
state fondamentalmente in linea con i risultati, anche se 3 delle donne che hanno ottenuto
risultati minimi hanno manifestato una buona
soddisfazione al risultato, come riportato
nella Figura 5.
In 2 soggetti si sono manifestate poche lesioni
simili a leggere ecchimosi a seguito del trattamento. Si trattava di una donna di 54 anni (3
lesioni) e di 59 anni (4 lesioni) con cute particolarmente sottile.
Discussione
Il trattamento più comune, fino ad
Figura 4.
Figura 5.
Il trend di miglioramento clinico dal tempo
basale del reclutamento, al follow-up dopo 8
mesi è indicato nella Figura 3.
Le caratteristiche delle donne che hanno
riportato un risultato tra ottimo e buono è
riportato nella Figura 3, dove A: 1 gravidanza,
B: 2 gravidanze, C: > 2 gravidanze, D: dimagrimento.
Nell’8% dei casi trattati si sono potute apprezzare minime modificazioni, clinicamente non
significative, anche se fotograficamente evidenziabili. In questo gruppo la condizione clinica di partenza non era diversa dal gruppo
con risultati positivi, così come la distribuzione dell’età era ugualmente rappresentata.
È interessante notare che in questo gruppo di
risultati minimi una modificazione dei parametri ecografici, simile a quella notata nel
gruppo dei risultati positivi è stata apprezzabile.
Nel 12% dei casi trattati non si è registrata
alcuna variazione rispetto al basale in nessuno
dei tempi di controllo. Anche in questo caso
non è possibile individuare una possibile
causa che ha determinato il risultato invariato.
ora, per la lassità della cute dell’addome consisteva in un intervento chirurgico di addomino-plastica. Tale tecnica è decisamente invasiva, richiede un’adeguata anestesia, il ricovero
per qualche giorno, un down-time estremamente lungo e complesso, e non è certamente
scevra da effetti collaterali di una certa importanza.
La possibilità di effettuare un trattamento
ambulatoriale, non invasivo, assolutamente
non doloroso, e che non richiede alcuna
medicazione post-intervento, rappre s e n t a
un’importante possibilità terapeutica. A
nostro parere, un trattamento cosmetico di
una zona del corpo di grandi dimensioni,
come l’addome, può essere considerato di
prima scelta se è in grado di ottenere risultati
clinici significativi in modo totalmente noninvasivo.
L’efficacia della radiofrequenza non ablativa è
ormai ben dimostrata, e il suo effetto sul collagene documentato da numerosi Autori.
La tecnica di NARF con manipolo bipolare
permette di sfruttare l’efficacia della radiofrequenza, concentrando il massimo del meccanismo d’azione (la resistenza elettrica delle
molecole dei tessuti attraversati con la conseguente formazione di calore) nell’area trattata,
senza dispersioni non controllabili a livello
del resto del corpo. Nella regione addominale
lo spessore del tessuto adiposo è particolarmente abbondante, e forse questa potrebbe
essere la ragione per cui la radiofrequenza
porta a risultati nella maggior parte positivi in
questa area. Il controllo dell’impedenza nell’area trattata permette anche di utilizzare livelli
di potenza bassi, riducendo così la sensazione
di calore e quindi di dolore o di effetti indesi-
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
21
F. Rinaldi, E. Sorbellini, P. Bezzola
derati. La contrazione del collagene e la formazione di nuovo collagene a livello del
derma, ma soprattutto della fascia del muscolo determina un aumento del tono cutaneo. Il
miglioramento della lassità avviene nell’arco di
2 - 3 mesi, e fino a 6 mesi dopo il trattamento.
Le modificazioni evidenziabili con ecografia
cutanea mostrano un compattamento del tessuto adiposo delle aree trattate rispetto alla
situazione basale, ma anche a zone limitrofe
non trattate. Le valutazioni ecografiche hanno
dimostrato un modesto aumento dello spessore del tessuto adiposo (2.4 mm circa), ma
soprattutto un’evidente modificazione della
struttura, che dopo il trattamento appare più
organizzato, con minori setti fibrosi disposti
longitudinalmente. Questo aspetto si manifesta pro g ressivamente durante il trattamento e
perdura anche all’ottavo mese dalla sospensione, segno che non si tratta di una semplice
contrazione transitoria da calore. La lassità
della cute diminuisce, come dimostrato dalle
foto cliniche, ma anche la qualità della pelle in
generale migliora, così come è stato possibile
rilevare una diminuzione di cellulite e di smagliature là dove presenti.
L’esperienza clinica con radiofrequenza bipolare ci ha fatto scegliere un protocollo che prevedesse almeno 6 sedute, distanziate di 7 giorni una dall’altra, con margine massimo di 10
giorni di intervallo. Secondo la nostra opinione questa tecnica determina una modificazione del collagene più marcata se le sedute sono
vicine. La progressione del risultato ci è parsa
infatti maggiore, rispetto a quando si effettuano sedute intervallate di 15 o 21 giorni una
dall’altra.
Sono stati segnalati solo due casi che hanno
riportato l’effetto indesiderato di formazione
di lesioni ecchimotiche provocate dal meccanismo di vacuum dell’apparecchio. Si è trattato di lesioni di minima importanza, che si
sono autorisolte spontaneamente nel giro di 5
giorni circa. La suzione esercitata dalla punta
22
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
su cute parzialmente atrofica per l’età è la
causa del disturbo. Non è mai stato necessario
ricorrere a medicazioni o alla sospensione del
trattamento.
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64-69
Valutazione della tollerabilità
cutanea, dell’efficacia e delle qualità
cosmetiche di un prodotto cosmetico
coadiuvante nel trattamento delle
iperpigmentazioni cutanee
Federica Tamburi
Carolina Bussoletti
Alessandra D’Amore
Leonardo Celleno
SU M M A R Y
Efficacy and skin tolerability of a new
depigmenting cosmetic cream
Epidermal hyperpigmentation (melanoderma) is a common disorder in day-to-day
dermatologic practice, due to an increase in the melanin pigment, secondary to different causes. The most common causes are solar exposure, genetics and hormones.
Other implicated causes are estrogens, progesterone and cosmetics. It usually develops during pregnancy or with the use of oral contraceptives.
Various chemical agents produce depigmentation of the skin. Most cases of hypermelanosis during the past 2 decades have been treated with hydroquinone. The
knowledge of melanocyte biology and processes in melaninogenesis has made
remarkable progresses over recent years.
In this article we describe a study for the evaluation of a new depigmenting cosmetic cream containing alpha-arbutin.
KEY WORDS: Hyperpigmentation, Hydroquinone, Bleaching agents
Introduzione
Le “macchie” cutanee da iperpigmentazione melanica costituiscono uno dei
problemi più importanti della dermatologia
cosmetologica.
La loro eziopatogenesi è riconducibile a diverse cause (1).
Esse possono essere distinte in ipermelanosi
dermiche ed epidermiche (Tabella 1).
Tra le iperpigmentazioni di più comune
riscontro ricordiamo soprattutto quelle conseguenti alle dermatiti fototossiche e, in misura
minore, fotoallergiche.
Queste patologie sono infatti in grande crescita, sia per un aumentato uso di sostanze topiche fotosensibilizzanti, ma anche per il sempre maggiore impiego di associazioni estro-
progestiniche a scopo anticoncezionale.
Ovviamente la gravidanza rimane la condizione fisiologica più importante durante la quale
molte donne, nonostante i possibili accorgimenti fotoprotettivi, sviluppano più o meno
intense iperpigmentazioni del volto (2, 3).
Albert Kligman codificò nel 1975 l’uso dell’idrochinone per il trattamento “schiarente”
delle iperpigmentazioni cutanee.
Per molti anni il dermatologo è ricorso all’uso
di questa sostanza sia nelle formulazioni galeniche che nei prodotti cosmetici, per il trattamento di tali patologie.
Tuttavia, da tempo questa sostanza è stata vietata all’uso cosmetico a livello europeo per le
sue potenzialità carcinogenetiche.
Clinica Dermatologica
Università Cattolica, Roma
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
25
F. Tamburi, C. Bussoletti, A. D’amore, L. Celleno
Ipermelanosi epidermiche
Melasma: chiazze marrone-grigiastre localizzate prevalentemente al volto.
Efelidi: chiazze bruno-chiaro ocra di piccole dimensioni localizzate sul viso e parti scoperte.
Lentiggini: chiazze bruno-nerastre localizzate su pelle e/o mucose.
Lentigo senili: chiazze tondeggianti brunastre non confluenti localizzate prevalentemente su viso
e mani, compaiono dopo i 50 anni
Macchie caffelatte: chiazze bruno chiaro ovalari a contorni regolari o seghettati sul torace, cute
lombare e a volte gli arti, presenti alla nascita, alcune volte osservate in sindromi multimalformative.
Iperpigmentazioni: di estensione e colorito variabile, secondarie a: farmaci, traumi, post-infiammatorie,
raggi UV, radioterapia, endocrinopatie.
Ipermelanosi dermiche
Macchie mongoliche: macule grigio-blu, presenti alla nascita, prediligono la regione lombare
ed i glutei.
Nevo di Ota: ipermelanosi di strutture oculari e della regione fronto-orbito-parietale.
Nevo di Ito: iperpigmentazione della regione acromio-deltoido-scapolare.
Tabella 1.
Tale divieto ha suscitato non poche perplessità tra i dermatologi, soprattutto italiani,
visto che al di là di ipopigmentazione da prolungato trattamento, non si erano mai riscontrati altri seri effetti collaterali correlabili
all’uso dell’idro c h i n o n e .
Il divieto di impiego di tale sostanza quale
i n g rediente di cosmetici ad uso depigmentante, formulato su pare re del Comitato
Scientifico di Cosmetologia dell’Unione Europea, fu motivato dal suo uso massivo da
p a rte della popolazione di colore per ottenere
e ffetti depigmentanti diffusi e marcati. In tali
individui si era verificata la comparsa di
e ffetti collaterali gravi quali la ocronosi, una
dermatite granulomatosa deturpante. Questo,
unito alla reale potenzialità carcinogenetica
dell’idrochinone (se impiegato a concentrazioni superiori a quelle consentite e su vaste
aree cutanee) determinò il divieto di uso dell’idrochinone nei prodotti depigmentanti (e
non in altri prodotti cosmetici) (4).
Da allora la ricerca cosmetologica si è attivata
per tro v a re un valido sostituto di tale molecola che fosse al pari efficace, ma che garantisse un’elevata sicurezza d’impiego.
Luminosità
t0-t30
+2,69%
t0-t60
+4,31%
Nel tempo sono state proposte molte sostanze come l’Arbutina, l’acido Cogico, l’acido
Glicirretico, con lo stesso scopo dell’idro c h inone, cioè di bloccare le tirosinasi, enzimi
chiave nella produzione della melanina.
Sebbene siano stati realizzati molti pro d o t t i
con questi ed altri principi funzionali, il trattamento delle macchie cutanee rimane ancora un problema di difficile trattamento.
Stimolati da questo abbiamo condotto uno
studio, allo scopo di valutare il possibile
impiego di un nuovo prodotto a base di alfaarbutina* (5-8) nella terapia delle iperpigmentazioni cutanee.
e metodi
Materiali
Lo studio è stato eseguito in cieco
singolo. Sono stati reclutati 20 pazienti, di età
compresa tra 30 e 65 anni, di sesso femminile, che presentavano iperpigmentazioni cutanee al viso e alle mani, con fototipo (Fitzpatrick) da I a IV. Venivano inclusi soggetti
che riferivano assenza di trattamenti farmacologici in atto topici e/o sistemici, anamnesi
Variazioni percentuali
Rossore
t0-t30
-6,19%
t0-t60
-10,31%
Iperpigmentazione
t0-t30
-6,22%
t0-t60
9,20%
Tabella 2.
26
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
Valutazione della tollerabilità cutanea, dell’efficacia e delle qualità cosmetiche di un prodotto cosmetico coadiuvante nel trattamento delle iperpigmentazioni cutanee
Legenda:
1: il prodotto induce un’attenuazione delle iperpigmentazioni
2: il prodotto non secca la pelle
Figura 1.
negativa per DAC (dermatite allergica da contatto). Si richiedeva l’impegno a non esporsi a
fonti di luce UV naturali e/o artificiali per
tutta la durata del test, a non utilizzare sulla
cute del viso o delle mani altri prodotti ad attività schiarente, a non variare le proprie abitudini (sport, alimentazione etc.), e a non partecipare a test analoghi nei tre mesi precedenti
lo studio.
Venivano esclusi coloro che pre s e n t a v a n o
manifestazioni cutanee sull’area in esame
(ipertricosi, efelidi, eritema solare) che potevano interferire con la valutazione delle reazioni, donne in gravidanza e/o allattamento e
coloro che riferivano allergie o reattività cutanea a prodotti cosmetici.
Un controllo dermatologico è stato eseguito
prima, dopo la prima applicazione, dopo 30 e
dopo 60 giorni di trattamento.
Ai volontari è stato fornito un diario giornaliero nel quale riportare l’eventuale comparsa
di effetti indesiderati, descrivendone la localizzazione, l’intensità, il momento di comparsa, la durata e la eventuale correlazione con il
prodotto in esame.
L’efficacia cosmetica è stata valutata con le
seguenti valutazioni strumentali di colorimetria e macrofotografia, eseguite prima (t0),
dopo 30 (t30) e dopo 60 giorni di trattamento (t60).
La colorimetria permette di valutare il colore
della cute sulle iperpigmentazioni, tramite la
rivelazione della luminosità (L), la quantità di
rosso (a) e l’intensità del colore della cute (b),
utilizzando il Chromameter CR200 (Minolta).
In particolare, la luminosità (L) consente di
misurare le differenze di chiaro/scuro che
possono riscontrarsi prima e dopo il trattamento; la quantità di rosso (a) permette di
individuare eventuali modifiche della componente di questo colore, oltre a monitorare l’eventuale comparsa di irritazione nell’area trattata; l’intensità del colore (b), espresso come
quantità di giallo/ blu, consente di misurare le
eventuali differenze di pigmentazione prima e
dopo il trattamento.
Sono state eseguite inoltre macrofotografie
delle aree cutanee con iperpigmentazioni, con
apparecchio fotografico Canon PowerShot G2
e supporto per immagini standard.
Risultati
I risultati ottenuti dopo 30 giorni di
trattamento nella misurazione strumentale di
colorimetria hanno mostrato che il prodotto
in esame ha indotto un aumento del 2,69%
della luminosità cutanea (L), una diminuzione del 6,19% della quantità di rosso (a) ed una
diminuzione del 6,22% dell’intensità del colore della cute (b).
Dopo 60 giorni è stato riscontrato un aumento
del 4,31% della luminosità cutanea (L), una
diminuzione del 10,31% della quantità di
rosso (a) ed una diminuzione del 9,20% dell’intensità del colore della cute (b) (Tabella 2).
Il confronto delle immagini fotografiche ottenute ai diversi tempi sperimentali hanno
messo in evidenza un’attenuazione delle iperpigmentazioni. Sono state eseguite stampe dei
casi più significativi, di differenze cliniche
riscontrate nel confronto pre e post-trattamento.
Efficacia cosmetica
dopo 30 giorni di trattamento
Relativamente all’efficacia cosmetica
del prodotto in esame, dopo 30 giorni di trattamento, è stato messo in evidenza quanto
segue (Figura 1):
il 75% dei volontari ha riferito che il prodotto induce un’attenuazione delle iperpigmentazioni;
l’85% dei volontari ha riferito che il prodotto non secca la pelle.
Efficacia cosmetica
dopo 60 giorni di trattamento
Relativamente all’efficacia cosmetica
del prodotto in esame, dopo 60 giorni di trat-
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
27
F. Tamburi, C. Bussoletti, A. D’amore, L. Celleno
tamento, è stato messo in evidenza quanto
segue (Figura 2):
il 100% dei volontari ha riferito che il prodotto induce un’attenuazione delle iperpigmentazioni;
l ’85% dei volontari ha riferito che il prodotto
non secca la pelle.
Sulla base della misurazione colorimetrica, possiamo inoltre affermare che il trattamento dermoschiarente ha dimostrato una buona efficacia cosmetica schiarente, inducendo un aumento della luminosità e una diminuzione della
quantità di rosso e dell’intensità del colore della
Figura 2.
Valutazione delle qualità cosmetiche
dopo 4 settimane di trattamento
(valutazione soggettiva)
In relazione alle qualità cosmetiche
del prodotto in esame è stato messo in evidenza
quanto segue (Figurao 3):
il 100% dei volontari ha riferito che il prodotto ha un profumo gradevole;
il 100% dei volontari ha riferito che il prodotto si assorbe facilmente;
il 100% dei volontari ha riferito che il prodotto non unge la pelle.
Legenda:
1: il prodotto induce un’attenuazione delle iperpigmentazioni
2: il prodotto non secca la pelle
Valutazione della tollerabilità cutanea
a 30 e 60 giorni
Relativamente alla tollerabilità cutanea, il controllo dermatologico dopo 30 e 60
giorni di trattamento non ha evidenziato alcuna
reazione cutanea al prodotto in esame, né
riscontro di segni clinici ascrivibili al prodotto
in esame; i volontari non hanno riportato effetti indesiderati relativi al prodotto in esame
(Tabelle 3 e 4).
sioni
ConcluSecondo
le condizioni sperimentali
adottate in questo studio, sulla base del contro llo dermatologico e della valutazione soggettiva
dei volontari, il trattamento dermoschiarente*
ha dimostrato un’ottima tollerabilità cutanea.
Tollerabilità
Legenda:
1: il prodotto ha un profumo gradevole
2: il prodotto si assorbe facilmente
3: il prodotto non unge la pelle
% di volontari nei quali è stata
riscontrata la presenza di segni clinici
ascrivibili al prodotto in esame
(controllo dermatologico)
% di volontari che hanno riferito
presenza di effetti indesiderati ascrivibili
al prodotto in esame
(valutazione soggettiva)
0%
0%
< 10 %
0%
≥ 10%
0%
0%
< 25%
+/dal 25 al 50%
+/> 50%
Ottima
Buona
Sufficiente
Scarsa
Tabella 3.
28
Figura 3.
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
Valutazione della tollerabilità cutanea, dell’efficacia e delle qualità cosmetiche di un prodotto cosmetico coadiuvante nel trattamento delle iperpigmentazioni cutanee
Tipo di reazione
cutanea ascrivibile
al prodotto in esame
(controllo dermatologico)
% di volontari nei quali
è stata riscontrata
la presenza di segni
clinici ascrivibili
al prodotto in esame
(controllo dermatologico)
Tipo di effetto
indesiderato ascrivibile
al prodotto in esame
(valutazione soggettiva)
% di volontari che hanno
riferito presenza di effetti
indesiderati ascrivibili
al prodotto in esame
(valutazione soggettiva)
Nessuna
0%
Nessuno
0%
Tabella 4.
cute. Tali risultati sono stati confermati dalle
macrofotografie eseguite ai diversi tempi di
o s s e rvazione, che hanno evidenziato un’attenuazione delle iperpigmentazioni.
I giudizi dei volontari relativi all’efficacia
cosmetica di tale prodotto, hanno messo in evidenza che questo è stato apprezzato perché
induce un’attenuazione delle iperpigmentazioni
senza seccare la pelle. Va segnalato che in nes-
Appendice 1 - Immagini relative al trattamento
suno dei volontari partecipanti allo studio il
prodotto ha indotto effetti collaterali.
Il trattamento è stato apprezzato per le sue qualità cosmetiche perché ha un profumo gradevole, si assorbe facilmente e non unge la pelle.
Possiamo perciò concludere che questo trattamento dermoschiarente si è dimostrato una
buona alternativa terapeutica all’utilizzo dell’idrochinone nel trattamento depigmentante
delle macchie cutanee, scevro dagli effetti collaterali tipici di quest’ultimo.
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Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
29
Trattamento topico delle cheratosi
attiniche con diclofenac al 3% in gel
di ialuronato al 2,5%
Lucia Brambilla
Biancamaria Scoppio
Monica Bellinvia
SU M M A R Y
Topical treatment of actinic keratoses
with 3% diclofenac in 2.5% hyaluronan gel
Actinic keratoses are premalignant skin lesions recently considered as real carcinoma in situ. Several physical and local treatments can be used with different efficacy
and adverse events. In this article, we consider the efficacy and tolerability of 3%
diclofenac in 2.5% hyaluronan gel in 20 patients with extensive and often relapsing
lesions. The treatment was well tolerated; only 2 patients interrupted the protocol,
the former due to irritant contact dermatitis, the latter for non-compliance. In the
remaining subjects, we observed a complete or significant remission in 44.4% and
38.8% of the patients, respectively, with a clinical benefit in more than 80% (83.2%)
of the patients.
KEY WORDS: Actinic keratoses, Diclofenac, Topical treatment
Introduzione
Le cheratosi attiniche (CA), sono
lesioni precancerose da considerare, secondo
diversi Autori (1), come veri e propri carcinomi
in situ, a causa della potenzialità ad evolvere in
carcinoma squamocellulare, e per analogia con
altre displasie severe limitate all’epitelio (come
il CIN della cervice uterina). Le CA insorgono
per un’eccessiva esposizione alle radiazioni
ultraviolette; altri fattori di rischio sono secondari (esposizione a composti arsenicali, radiazioni ionizzanti) (2). La prevalenza è maggiore
nei soggetti di razza caucasica. Tra i fattori di
rischio più importanti ricordiamo la combinazione di fototipi I/II con esposizione cronica alle
radiazioni ultraviolette; ma anche l’immunosoppressione esogena e le anomalie genetiche
come l’albinismo o lo xeroderma pigmentoso
sono predisponenti. La prevalenza delle CA è
maggiore nel sesso maschile ed aumenta con l’avanzare dell’età (3).
Clinicamente le CA sono rappresentate da piccole aree cheratosiche a contorni indistinti, eritematose o dello stesso colore della cute, talora
pigmentate, apprezzabili al tatto per la loro
ruvidezza. Le squame aderenti, se molto spesse,
possono dare origine ad un corno cutaneo. Le
atipie cellulari delle discheratosi prevalgono
negli strati basali dell’epidermide senza invasione del derma e si caratterizzano per disordini
architetturali, affastellamento dei cheratinociti
che presentano atipie nucleo-citoplasmatiche.
Tali alterazioni tendono ad approfondirsi negli
osti follicolari, il che può determinare la comparsa di recidive dopo trattamento incompleto.
La comparsa di infiltrazione o erosione deve far
sospettare l’evoluzione della CA verso un carcinoma squamocellulare invasivo, che corrisponde istologicamente all’estensione delle atipie
cellulari in profondità oltre la membrana basale
(2). Tali lesioni rappresentano stadi diversi di
evoluzione di una stessa patologia, manifestando entrambe eguali atipie citologiche e mutazioni geniche, come l’alterata espressione di
geni oncosoppressori come p53, riscontrata in
molte forme tumorali umane. Per questo motivo le CA sono da considerare come veri e propri carcinomi squamocellulari in situ, la cui
capacità evolutiva è pari al 10% circa dei casi e
si realizza in un periodo di 10-20 anni (4, 5).
Tali lesioni infatti possono anche rimanere sta-
Istituto di Scienze Dermatologiche
Università degli Studi di Milano
Ospedale Maggiore Policlinico
Mangiagalli e Regina Elena, IRCCS - Milano
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
31
L. Brambilla, B. Scoppio, M. Bellinvia
Tabella 1.
N. pz Sesso Età
32
Sede
Manifestazioni cliniche
all’ingresso nello studio
Lesioni multiple confluenti eritematose
ricoperte da squame giallastre
ruvide al tatto
Singola lesione di 0,6 mm
Eritematosa ed ipercheratosica
ruvida al tatto
Singola lesione di 0,7 mm
ruvida al tatto in pz
con 3 by-pass aorto-coronarici
Singola lesione di 0,4 mm
eritematosa ricoperta
da squame giallastre ruvida al tatto
recidiva post crioterapia
Singola lesione di 0,7 mm eritematosa
ricoperta da squame giallastre
ruvida al tatto
Tre lesioni di circa 0,4 mm eritematose
ricoperte da squame giallastre
ruvide al tatto
Singola lesione di 0,5 mm eritematosa
ed ipercheratosica ruvida al tatto
Recidiva post crioterapia
Singola lesione di 0,8 mm eritematosa
ricoperta da squame giallastre
ruvida al tatto
in pz con M. Parkinson
Tre lesioni di circa 0,4 mm eritematose
ruvide al tatto
90
Risposta parziale
Nessuno
90
Risposta parziale
Nessuno
90
Risposta parziale
Rash e prurito
90
Risposta completa
Nessuno
90
Risposta parziale
Nessuno
90
Risposta assente
Prurito
90
Risposta completa
Xerosi
90
Risposta parziale
Rash
90
Risposta completa
Nessuno
Singola lesione di 0,4 mm eritematosa
ricoperta da squame giallastre
ruvida al tatto
Recidiva post crioterapia
Singola lesione di 0,7 mm
eritematosa ed ipercheratosica
ruvida al tatto
Due lesioni di circa 0,4 mm
ruvide al tatto
Quattro lesioni di circa 0,5 mm eritematose
ricoperte da squame giallastre
ruvide al tatto
90
Risposta completa
Nessuno
90
Risposta parziale
Nessuno
90
Risposta completa
Prurito
45
Dermatite
irritativa
Singola lesione di 0,6 mm eritematosa
ed ipercheratosica ruvida al tatto
in pz con pacemaker
Volto
Singola lesione di 0,6 mm eritematosa
(dorso naso)
ed ipercheratosica ruvida al tatto
in pz con sindrome ansioso-depressiva
Arti
Cinque lesioni di circa 0,4 mm eritematose
(dorso mani) ricoperte da squame brune ruvide al tatto
Arti
Tre lesioni di circa 0,5 mm eritematose
(avambracci)
ricoperte da squame giallastre
ruvide al tatto
Volto
Singola lesione di 0,4 mm eritematosa
(fronte)
ed ipercheratosica ruvida al tatto
Recidiva post crioterapia
Capillizio
Tre lesioni di circa 0,5 mm ruvide al tatto
in pz con iniziale decadimento cognitivo
90
Non valutabile
per anticipata
sospensione
trattamento
Risposta assente
90
Risposta parziale
Nessuno
90
Risposta assente
Prurito
90
Risposta completa
Nessuno
90
Risposta completa
Rash e prurito
30
Non valutabile
per anticipata
sospensione
trattamento
Risposta completa
Nessuno
1
M
72
Volto
(fronte)
2
M
80
Volto
(tempia dx)
3
F
60
Décolleté
4
F
64
Décolletté
5
M
79
Capillizio
6
M
68
Arti
(dorso mani)
7
F
54
Volto
(dorso naso)
8
M
73
Capillizio
9
M
65
10
M
62
Volto
(padiglione
auricolare)
Capillizio
11
M
78
Capillizio
12
F
58
Décolleté
13
F
70
Arti
(gambe)
14
M
58
Capillizio
15
F
62
16
M
63
17
F
76
18
F
74
19
M
69
20
M
70
Capillizio
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
Singola lesione di 0,4 mm eritematosa
ed ipercheratosica ruvida al tatto
recidiva post crioterapia
Durata Risposta clinica a 30g
Effetti
terapia
da sospensione
collaterali
giorni
terapia
90
Nessuno
Xerosi
Trattamento topico delle cheratosi attiniche con diclofenac al 3% in gel di ialuronato al 2,5%
bili per anni o regredire modificando le modalità di fotoesposizione (4, 5). In considerazione
di tale capacità evolutiva le discheratosi necessitano di un precoce trattamento.
Sono attualmente disponibili numerosi trattamenti fisici e topici efficaci nella terapia delle
CA (crioterapia, DTC, chirurgia, terapia fotodinamica, 5-fluorouracile 2% crema, imiquimod
5% crema, diclofenac 3% in gel di ialuronato al
2,5%); pertanto il dermatologo può scegliere a
seconda dei casi la cura più opportuna sulla
base del tipo di lesione e delle condizioni di
salute del paziente. In particolare, le terapie
topiche consentono di ottenere una buona
risposta con elevata compliance del paziente
per la possibilità di un trattamento domiciliare.
Tali cure si rivelano utili soprattutto nei casi di
lesioni multiple o recidivanti, meno elegibili a
trattamenti fisici anche per l’età avanzata o per
le condizioni di salute generale del paziente.
Tra i topici disponibili ricordiamo il 5-fluoro uracile, utilizzabile come galenico al 2%, e l’imiquimod crema al 5%, ancora “off-label” per le
CA, (le indicazione registrate ne prevedono
l’uso al momento solo per i condilomi acuminati e il carcinoma basocellulare superficiale).
L’ e fficacia di tali preparati tuttavia è accompagnata da effetti collaterali, con irritazione
cutanea a volte anche molto intensa, che possono causare la sospensione del trattamento
(6). Minori effetti collaterali cutanei si accompagnano all’utilizzo del diclofenac al 3% in gel
di ialuronato al 2,5%, farmaco antinfiammatorio non steroideo efficace nel trattamento delle
CA (che ne rappresentano l’indicazione specifica). L’ e fficacia del farmaco si basa sulla sua
capacità di inibire l’enzima ciclossigenasi, in
particolare nella sua forma inducibile (COX-2).
La COX-2 è un enzima proinfiammatorio coinvolto nel metabolismo dell’acido arachidonico,
indotto da stimoli mitogeni e in grado di promuovere la carcinogenesi mediante meccanismi vari quali stimolazione dell’angiogenesi,
incremento dell’invasività delle cellule tumorali e della proliferazione cellulare e inibizione
della sorveglianza immunitaria (7). Tale ruolo
è stato di recente avvalorato dall’evidenza dell’espressione di COX-2 nelle CA e nei carcinomi squamocellulari, isoenzima assente invece
nella cute normale (8).
L’azione del diclofenac risulta mediata dall’acido ialuronico, un glucosaminoglicano che ne
facilita il passaggio attraverso la cute e forma
un deposito intraepidermico, da cui rilascia
gradualmente il farmaco prolungandone l’emivita (9, 10) ed evitando il realizzarsi di effetti di
tipo sistemico o di sensibilizzazione, fotosensibilizzazione e fototossicità. Due recenti studi
realizzati da Ortonne et al. (11, 12), hanno verificato come l’utilizzo del diclofenac al 3% in gel
di ialuronato al 2,5% nel trattamento delle cheratosi attiniche non causi reazioni di sensibilizzazione, fotosensibilizzazione e fototossicità
con o senza il concomitante utilizzo di filtri
solari.
Obiettivo del presente studio è quello di valutare l’efficacia e la tollerabilità del diclofenac al
3% in gel di ialuronato al 2,5% nel trattamento
topico delle CA, riportando l’esperienza acquisita su una casistica personale di 20 pazienti
con CA multiple o singole, spesso recidivanti,
in soggetti in cui altri trattamenti fossero meno
indicati per le condizioni generali del paziente
o perché risultati fallimentari.
e metodi
Materiali
Sono stati inclusi nello studio 20 soggetti con diagnosi clinica di CA, giunti alla
nostra osservazione presso l’Istituto di
Dermatologia dell’Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano
tra maggio e luglio 2006. Sono stati esclusi
pazienti con allergia al diclofenac, acido acetil
salicilico o ad altri FANS, alcol benzilico, polietilenglicol-monometiletere-350-sodio-ialuro n ato o con malattie dermatologiche, come la psoriasi, che potessero interferire con l’assorbimento cutaneo del farmaco (13). Nella Tabella 1
sono riassunte le caratteristiche dei pazienti.
La casistica comprende 20 pazienti di cui 12
uomini e 8 donne, con età compresa tra 54 e
80 anni (media 67,75). Le sedi corporee interessate mostrano un maggior interessamento
del capillizio (7 casi) e del viso (6 casi), minor
p revalenza su arti (4 casi) e decolletè (3 casi).
12/20 casi presentavano lesioni singole, di cui
5 recidivanti; 8/20 soggetti erano affetti da
lesioni multiple e confluenti. 5 pazienti presentavano condizioni generali scadute, tra cui
2 casi di decadimento cognitivo e 4 pazienti
avevano un’età superiore ai 75 anni. Lo studio
ha previsto un esame clinico completo all’arruolamento, una visita a 90 giorni dall’inizio
della terapia ed un follow up a 30 giorni dalla
sospensione della stessa. I partecipanti allo
studio, hanno applicato il diclofenac al 3% in
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
33
L. Brambilla, B. Scoppio, M. Bellinvia
gel di ialuronato al 2,5%, 2 volte al dì per 3
mesi, in quantità di circa 0,5 g per 5 cm2 di
area interessata, in associazione ad uno schermo solare. Un paziente su due è stato seguito
anche mediante documentazione fotografica.
Durante ogni visita tutti i pazienti sono stati
sottoposti ad esame obiettivo dermatologico
che evidenziava il numero di CA e le caratteristiche cliniche delle lesioni, quali dimensioni,
eritema, ipercheratosi e ruvidezza al tatto. Allo
scopo di facilitare la penetrazione del farmaco,
tutte le lesioni con ipercheratosi sono state
p reparate rimuovendo squame e/o croste
mediante curettage. Sono stati registrati gli
eventuali eventi avversi a 90 giorni o prima,
nel caso di interruzione di terapia.
La risposta clinica è stata valutata dopo un
mese dalla sospensione del trattamento.
Si è considerata risposta completa (RC) la
scomparsa clinica della discheratosi; risposta
p a rziale (RP) una riduzione della lesione superiore al 40%; risposta assente (RA) una riduzione inferiore al 40%.
RisultatiDei 20 pazienti arruolati, 2 si sono
ritirati dallo studio: un primo per la comparsa
di dermatite irritativa da contatto (DIC) nell’area di applicazione, con test epicutanei negativi per il diclofenac 3% in ialuronato 2,5% gel,
un secondo per scarsa compliance in paziente
con decadimento cognitivo.
Il risultato finale è stato valutato a 30 giorni
dalla sospensione della terapia nei 18 pazienti
che hanno portato a termine il trattamento,
con RC osservata in 8 su 18 pazienti (44,4 %),
RP in 7 su 18 pazienti (38,8 %) e RA in 3 su 18
pazienti (16,6 %).
Per quanto riguarda la sede, la mancata risposta si è registrata in tutti i casi per lesioni localizzate agli arti superiori, probabilmente per il
loro maggiore spessore in tali sedi. Ottima
risposta hanno invece mostrato volto e capillizio (risposta parziale o completa in 11 pazienti su 12 che hanno portato a termine il trattamento). 8/20 pazienti trattati (40%) hanno
lamentato almeno un effetto collaterale a livello cutaneo quali eritema, prurito, xerosi di
lieve e media entità, tutti risoltisi spontaneamente senza alcun trattamento. Solo in un
caso di DIC imponente in paziente con lesioni
agli arti (pz n°13), l’intensità della reazione ha
34
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
p o rtato alla sospensione della terapia.
Nonostante lo studio si sia svolto in mesi con
irraggiamento solare, nessun paziente ha
manifestato reazioni di fotosensibilizzazione
e/o fototossicità.
Conclusioni
In questo studio l’uso del diclofenac
3% in ialuronato 2,5% gel è risultato efficace e
ben tollerato nel trattamento topico delle CA.
Tale terapia topica ha infatti indotto una RC o
un miglioramento significativo, rispettivamente nel 44,4% e nel 38,8% dei pazienti, con
una miglioramento clinico complessivo in
oltre l’80% (83,2%) dei soggetti che hanno
portato a termine il trattamento (15/18
pazienti), comportando effetti avversi solo a
livello cutaneo, perlopiù di lieve e media
entità. In un solo soggetto si rendeva necessaria la sospensione del trattamento per la comparsa di una DIC nell’area di applicazione con
test epicutanei negativi, mentre in un secondo
soggetto l’applicazione è stata interrotta prematuramente per scarsa compliance.
La possibilità di un trattamento domiciliare e
la sua buona tollerabilità fa sì che tale terapia
sia ben accetta ai pazienti, permettendo un
trattamento precoce ed efficace di CA in cui,
per estensione o caratteristiche generali del
paziente, trattamenti maggiormente invasivi
sarebbero meno indicati.
Tale trattamento è probabilmente più indicato
per lesioni situate a livello di volto, capillizio e
decolleté, mentre i risultati sembrano meno
p romettenti per le lesioni degli arti o comunque in queste sedi è, a nostro parere, da pre nd e re in considerazione un periodo più lungo di
trattamento o l’associazione con cheratolitici.
Il vantaggio del diclofenac 3% in ialuronato
2,5% gel è inoltre, a nostro parere, la possibilità di trattare in modo semplice ed efficace
non solo le lesioni clinicamente evidenti ma,
tutta l’area su cui le CA si sviluppano, riprendendo il concetto di “area di cancerizzazione”,
introdotto per la prima volta nel 1953 da
Slaughter et al. (14) per spiegare lo sviluppo di
tumori primari multipli e di recidive neoplastiche locali su aree precedentemente trattate.
Quest’area, delimitante alcuni tumori epiteliali (come quelli cutanei, orali, polmonari, intestinali, vescicali e uterini), è costituita da cheratinociti con differenti livelli di alterazioni
Trattamento topico delle cheratosi attiniche con diclofenac al 3% in gel di ialuronato al 2,5%
PRIMA
Figura 1.
Paziente n. 1:
risposta parziale
a 90 giorni
di lesioni multiple
confluenti
in sede frontale.
Figura 2.
Paziente n. 10:
risposta completa
a 90 giorni di singola
lesione del capillizio.
Figura 3.
Paziente n. 18:
risposta completa
a 90 giorni di singola
lesione frontale.
DOPO
1a
1b
2a
2b
3a
3b
genetiche (interessanti inizialmente P53) e
talora istologiche. L’area di cancerizzazione,
pur essendo priva di potenziale metastatico,
presenta origine monoclonale e alta capacità
proliferativa, tale da poter sostituire vaste aree
di epitelio normale; questo aumenta il rischio
di insorgenza di neoplasie secondarie nell’area
di sviluppo del tumore primario dopo asportazione (15). Pertanto la diagnosi e la terapia
delle CA, necessaria per la loro capacità evolutiva, deve tener conto non solo del tumore
ma anche dell’area di insorgenza: il trattamento, è importante anche come prevenzione e
l’applicazione di topici come il diclofenac 3%
in ialuronato 2,5% gel consente ottimi risultati non solo sulle lesioni clinicamente visibili,
ma è anche in grado di contrastare tali effetti
“di area”.
Bibliografia
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Acido-L-polilattico: nostra esperienza
e prospettive future
Piero Rosati1
Stefano Corallini2
SU M M A R Y
Poly-L-lactic-acid: our experience
and future perspectives
Facial ageing displays a loss in muscle tone, fat tissue distrophy, jaw line laxity, mid and
lower facial volume loss and folds. In the aesthetical correction of such defects, the use of
Poly-L-lactic-acid (PLLA) has given excellent results, due to its capacity to re-construct
soft tissues and to its long-lasting effects.
The authors, in the light of the obtained results, suggest for the future prospects, the association of PLLA as completing to the mini-invasive surgery of the facial ageing.
KEY WORDS: Poly-L-Lactic-Acid, Facial ageing, Skin rejuvination,
Minimal invasive surgery
aratteristiche
Introduzione
C
Una cute invecchiata presenPolimero dell’acido lattico
ta perdita di tono muscolare, distrofia
del tessuto adiposo, riassorbimento
delle strutture ossee con conseguente
dermatocalasi del secondo e terzo
medio del volto, assottigliamento o
ispessimento del derma e formazione
di rughe o solchi (1). Nella correzione
estetica di tali dismorfismi, l’uso di
acido-L-polilattico (PLLA) ha dato
risultati ottimali, poiché in grado di
ricostituire i tessuti molli (2).
PLLA, presente in Italia dal 2000 e
autorizzato FDA dal 2004 per lipoatrofia del volto da terapia antiretrovirale nel paziente HIV positivo, è stato
largamente usato in Europa dal 1999,
USA e Australia, dimostrando validità
di meccanismo d’azione, tollerabilità e
scarsi effetti indesiderati (>1%),
comunque non superiori a quelli riferiti con altri fillers (3).
sintetico, biodegradabile, bioriassorbibile (emivita 18 mesi), immunologicamente inerte.
Altri utilizzi in medicina: fili di sutura, placche, viti, vettori, impianti.
Eccipienti: mannitolo apirogeno, caramellosi sodica.
Preparazione: almeno 12 ore prima
dell’impianto, aggiungere al liofilizzato presente in boccetta acqua sterile
PPI in quantità variabile (da 4 a 6 cc);
1 cc di acqua può essere sostituito con
lidocaina; utilizzare siringa da 2 ml
con ago da 26 g.
Conservazione della sospensione:
temperatura ambiente; iniettare entro
le 72 ore.
Meccanismo d’azione: stimolazione
dei fibroblasti e formazione indotta di
endocollagene.
Non richiede test.
1
Professore di Chirurgia Plastica
ed Estetica della Testa e del Collo
2
Aiuto Tecnico-Chirurgico
Università degli Studi di Ferrara
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
39
P. Rosati, S. Corallini
PRIMA
Metodi
Selezione del paziente
Sono stati trattati 78 pazienti
di età compresa tra i 35 ed i 65 anni,
maschi e femmine, con un follow-up
da 12 a 48 mesi.
Gli impianti sono stati distanziati di 4/5
settimane gli uni dagli altri ed il numero degli stessi è stato da un minimo di
due ad un massimo di quattro .
Tecniche di impianto
La sospensione è stata iniettata subdermica in intere aree su cute
perfettamente detersa e disinfettata,
con tecnica a tunnel e a rete.
Trattamenti post-impianto
Di basilare importanza ai
fini del risultato è il massaggio, da
e s e g u i re energicamente per circa 15
minuti (subito dopo l’impianto) allo
scopo di garantire la corretta distribuzione delle microparticelle di
PLLA in tutta l’area trattata.
Indispensabile la collaborazione del
paziente, che deve massaggiare la
stessa area due volte al giorno per
almeno dieci giorni, più delicatamente e per un tempo inferiore .
Effetti secondari
Edema, arrossamenti, ecchimosi possono talvolta comparire
transitoriamente; si possono facilmenbe risolvere con l’applicazione
locale di ghiaccio.
40
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
DOPO
Acido-L-polilattico: nostra esperienza e prospettive future
PRIMA
DOPO
Alcuni pazienti hanno riferito senso di
calore e di tensione da attribuire allo
sfregamento del massaggio ed al volume dell’acqua usata come vettore.
Valutazione dei risultati
La valutazione dei risultati si
è basata sulla comparazione delle foto
scattate prima e dopo i trattamenti.
In tutti i casi sono stati riferiti miglioramenti della zona trattata, in part i c o l are dal punto di vista del maggior turg ore acquisito, del riposizionamento dei
volumi e della “consistenza” del derma.
Discussione
Sulla base dei risultati ottenuti ed in risposta alla sempre crescente domanda di chirurgia dell’invecchiamento facciale conservativo e
più rispettoso dell’anatomia, questa
metodica appare in prospettiva futura
un ottimo completamento del gesto
chirurgico.
Bibliografia
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Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
41
Variazioni proliferative e morfologiche
dei fibroblasti di origine umana
in colture addizionate con acido
jaluronico
Maurizio Cavallini1
Marco F. Papagni1
Alberto Mangano1
Mario Marazzi2
SU M M A R Y
Proliferative and morphologic variations of the fibroblasts of human
origin in cultivations added with
jaluronic acid
The hyaluronic acid has conquered the confidence of all, medical staff and patients,
becoming the leader in the world of fillers.
Purpose: To determine the existence and the modalities of interaction between the
hyaluronic acid commonly used in aesthetic medicine treatments and fibroblastic
cells of human origin.
Patients and Methods: in this experimental study hyaluronic acid was placed in
human fibroblast cultivatives obtained from 10 patients of female sex with age
between 25 and 45 years. For every patient a triple fibroblast cultive was created
with a control group and others with an increasing concentration of hyaluronic acid.
The cultivation mediums were subsequently controlled with the use of optical
microscopy and haemocitometry.
Results: the fibroblast reproduction speed is not influenced by the presence of stabilized hyaluronic acid in the cultive medium; no morphologic variations or proliferative changes were observed in the fibroblastic cells of human origin placed in the cultive medium with an increased amount of hyaluronic acid.
Conclusion: the hyaluronic acid implants do not interfere with the metabolic cellular
processes of fibroblasts; thus we can conclude that hyaluronic acid has a safe biocompatibility profile.
KEY WORDS: Hyaluronic acid, Human fibroblast cultures
Introduzione
L’uso di acido jaluronico in medicina
estetica è relativamente recente e molto diffuso. Viene impiegato per appianare le rughe e
quindi cancellare questi inevitabili segni di
invecchiamento cutaneo, per aumentare il
volume delle labbra e donare maggior armonia ad un viso con labbra piccole o poco pronunciate. Il successo dell’acido jaluro n i c o
deriva dalla relativa semplicità di applicazione, dalla sua totale biocompatibilità, dall’assenza di effetti collaterali del trattamento,
Unità Operativa di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva
IRCCS Galeazzi - Milano, Italia
2
Centro di Riferimento Regionale Lombardia
per le Colture Cellulari Ospedale Niguarda
Milano, Italia
dalla reversibilità nell’arco di pochi mesi del
trattamento stesso, e dalla sua versatilità.
Inoltre i risultati ottenuti con l’applicazione di
acido jaluronico come filler sulle rughe e nelle
labbra sono molto buoni e sempre graditi dai
pazienti. Esistono due tipi di molecole di
acido jaluronico; uno a catena lineare che ha
effetti rivitalizzanti e idratanti sulla cute, il
secondo tipo a legami crociati che ha invece
effetto di riempimento sia diretto che indiretto per azione osmotica. La quantità di legami
1
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
43
M. Cavallini, M.F. Papagni, M. Marazzi, A. Mangano
crociati tra le due catene di acido jaluronico
cross-linkato è direttamente pro p o rz i o n a l e
a l l ’ e ffetto riempitivo e all’emivita di questa
sostanza una volta iniettata.
In letteratura scientifica esistono innumerevoli pubblicazioni sull’acido jaluronico, ne
abbiamo analizzate 1700, finalizzate alla
descrizione della molecola, alle sue caratteristiche funzionali e di biocompatibilità. Ciò di
cui la letteratura internazionale è carente, e
che è anche lo scopo dello studio che è stato
condotto, è di ricerche mirate a verificare se
esistono e quali siano le interazioni che l’acido jaluronico esercita nei confronti di cellule
f i b roblastiche di origine umana, quando
viene addizionato ai terreni di coltura di queste cellule.
Figura 1.
Terreno di coltura
di controllo.
Figura 2.
Coltura 0,5 ml.
Frammenti di acido jaluronico
come zone di rifrangenza
luminosa.
e metodi
Materiali
Nello studio condotto è stato utilizzato acido jaluronico stabilizzato (sotto
forma di molecole incrociate di jaluro n a t o ) .
Le caratteristiche della sostanza utilizzata
sono l’origine non animale, e quella di essere
una molecola poco modificata (1%), stabilizzata, sotto forma di gel sterile viscoelastico
alla concentrazione di 24 mg\ml.
È stato posto l’acido jaluronico in colture di
fibroblasti umani provenienti da 10 pazienti
di sesso femminile con età compresa tra i 25
e i 45 anni.
La tecnica sperimentale che è stata utilizzata
prevedeva la separazione dermo-epidermica
da cute sana; dal derma così ottenuto sono
stati selezionati, da cellule bancate in azoto
liquido, cellule fibroblastiche candidate allo
studio sperimentale. A questo punto, attraverso la digestione in collagenasi della matrice intercellulare del derma e la separazione
delle cellule mediante tripsinizzazione, sono
stati isolati i fibroblasti umani.
In un secondo tempo le cellule fibroblastiche
sono state poste in coltura primaria in DMEM che è stato sostituito ogni tre giorni.
Dopo un nuovo processo di tripsinizzazione, i
fibroblasti sono stati contati e riseminati in
capsula di Petri da 6 mm. Ottenuta quindi una
coltura cellulare di fibroblasti di origine
umana si è passati alla seconda fase dello studio.
Per ogni paziente sono stati eseguiti in triplicato una semina con terreno di coltura di
44
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
Figura 3.
Coltura da 1 ml.
Frammenti di acido jaluronico
come zone di rifrangenza
luminosa.
Figura 4.
Coltura da 2 ml.
Frammenti di acido jaluronico
come zone di rifrangenza
luminosa.
base come controllo (Figura 1) e semine con
medium addizionato con acido jaluronico a
concentrazioni crescenti: 0,5 ml, 1 ml, 2 ml.
Gli obbiettivi di questo studio sperimentale
erano di accert a re eventuali variazioni morf ologiche, proliferative e della velocità di pro l iferazione cellulare dei fibroblasti posti in un
t e r reno di coltura arricchito con acido jaluronico.
Variazioni proliferative e morfologiche dei fibroblasti di origine umana in colture addizionate con acido jaluronico
Risultati
La terza fase dello studio prevedeva,
per un periodo continuativo di 15 giorni, l’osservazione quotidiana della semina sui terreni
di coltura e la conta dei fibroblasti. Questa
operazione veniva effettuata con l’uso della
microscopia ottica a contrasto di fase con
ingrandimento 10x e con un’apparecchiatura
emocitometrica.
I dati ottenuti dallo studio condotto sull’effetto che produce l’acido jaluronico addizionato a
t e r reni di coltura di fibroblasti di origine
umana sono stati i seguenti: la velocità di
riproduzione fibroblastica non viene influenzata dalla presenza sul terreno di coltura di
acido jaluronico stabilizzato; non sono state
osservate variazioni morfologiche né pro l i f e r ative delle cellule fibroblastiche di origine
umana poste in colture addizionate con acido
jaluronico a quantità crescente (Figure 2-4).
D
iscussione
Sulla base dei risultati ottenuti da
questo studio sperimentale è possibile affermare che la replicazione dei fibroblasti non
subisce alcuna inibizione di crescita, in senso
proliferativo e/o da contatto, dalla presenza di
acido jaluronico. Ciò significa che nelle procedure di riempimento delle rughe facciali l’acido jaluronico crosslinkato non interferisce
con i processi di turnover cellulare e che viene
mantenuta l’ortodermia cutanea.
L’acido jaluronico inoltre ha dimostrato di non
produrre effetti citotossici sulle cellule fibroblastiche, suggerendo una totale sicurezza clinica degli impianti.
Le cellule fibroblastiche a contatto con acido
jaluronico non subiscono modificazioni
morfologiche ipo o iperplastiche, e il ciclo cel-
lulare di queste cellule non viene influenzato.
Pertanto si può affermare che l’acido jaluronico sia dotato di ottime caratteristiche di biocompatibilità cutanea, svolgendo la sua funzione di “filler” senza interferire sui processi
metabolici cellulari fibroblastici.
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45
Patologie cutanee da tessuti
Paolo D. Pigatto
Lucretia A. Frasin
SU M M A R Y
Clothing dermatitis
Clothes and clothing accessories are one of the most frequent causes of contact dermatitis. There are many data showing that the frequency of textile-dye allergy is
increasing, however the exact incidence of clothing dermatitis is unknown (from 1%
to 15%). Recent studies from Germany, Austria and North America demonstrate that
contact dermatitis produced by allergic or irritant reactions to clothing is more frequent than previously thought. In the second half of nineties in Italy the GIRDCA
(Gruppo Italiano Ricerca Dermatiti da Contatto e Ambientali) extimed that the incidence of clothing dermatitis in Italy was 10% of all extraprofessional allergic contact
dermatitis. In the future, for the increasing skin sensitisation of European population
and the elevated commercialization of non controlled products from other countries,
contact dermatitis will be a public health problem. This context requests some new
prevention strategies.
KEY WORDS: Clothing dermatitis, Textile-dye allergy, Prevention
Introduzione
La cute ha un ruolo fondamentale
nel proteggere l’organismo umano dall’ambiente esterno, tanto è vero che la vita non è
possibile quando ampie aree del mantello
cutaneo sono gravemente danneggiate, come
si verifica ad esempio per i grandi ustionati.
Questo ruolo globale di protezione si esplica
in diverse modalità che, considerate singolarmente, costituiscono altrettante funzioni della
cute. Le stesse funzioni protettive sono espletate dagli indumenti che da tempi remoti vengono utilizzati dall’uomo sovrapposti direttamente sulla cute in ogni periodo della sua
vita.
Durante i primi periodi di vita sulla terra l’uomo si è coperto con pelli di animali utili per
proteggersi dal freddo notturno o invernale. Il
periodo e le ragioni in cui gli uomini hanno
cominciato a vestirsi intrecciando fibre vegetali ed animali, rimangono ancora oggi sconosciuti. Per millenni gli uomini hanno utilizzato fibre naturali di tipo cellulosico e quindi di
derivazione vegetale (cotone, canapa e lino) e
di tipo proteico e pertanto di derivazione animale (lana e seta). Alla fine del secolo scorso i
chimici sono stati in grado di copiare i polimeri naturali in forma fibrosa e di formare
polimeri da sostanze chimiche semplici arrivando a sintetizzarne ben 21 tipi di fibre differenti e in ogni modo ben distinte le une
dalle altre (fibre artificiali).
Le fibre sintetiche sono ottenute da polimeri
sintetici lineari di condensazione (poliammidi, poliesteri, etc) e di addizione (acriliche).
Questi polimeri formano “la spina dorsale”
della fibra: essa è però costituita da numerosi
prodotti chimici che si formano come fattori
collaterali nel processo di polimerizzazione e
con la presenza di numerosissimi additivi chimici.
Molti di questi additivi sono aggiunti per conferire alcune caratteristiche ai singoli tessuti
quali l’idrorepellenza, l’ingualcibilità, la resistenza alle fiamme e l’anti-staticità. Tutti questi procedimenti vengono definiti genericamente finissaggio.
Istituto di Scienze Dermatologiche FRCCS
Ospedale Maggiore Policlinico,
Mangiagalli Regina Elena
Mlano
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
47
P.D. Pigatto, A.L. Frasin
tossiche presenti
tessuti
Cute eneisostanze
La valutazione dei rischi legati alla
esposizione della cute a sostanze tossiche,
c a n c e rogene, presenti nei prodotti tessili
sono state oggetto di numerose ricerche a
livello internazionale ma non hanno ancora
permesso di definire correlazioni dimostrabili scientificamente con alcune patologie croniche. I riferimenti scientifici che hanno permesso l’individuazione di sostanze pericolose da eliminare tramite le norme o tramite
marchi volontari sono di tipo pre c a u z i o n a l e
e fanno riferimento a pubblicazioni scientifiche relative all’esposizione durante il pro c e sso produttivo o al loro impatto sull’ambiente
(1-10).
Manca tuttora una formulazione condivisa
dal mondo scientifico di un modello per la
valutazione dell’esposizione della cute ai
prodotti tessili indossati e uno studio accurato sulle sostanze che effettivamente rimangono nel prodotto tessile finale.
Non vi è un flusso continuo, aggiornato ed
utilizzabile dei i risultati della ricerca scientifica sulle esposizioni professionali nel settore tessile ed i possibili effetti di quelle sostanze sui consumatori e mancano pro f e s s i o n alità in grado di integrare le conoscenze di
c a r a t t e re sanitario con quelle relative ai prodotti tessili (11-14).
Le correlazioni tra le sostanze irritanti e sensibilizzanti presenti nei prodotti tessili e
patologie quali le dermatiti da contatto irritanti acute e croniche (DIC), le dermatiti
allergiche da contatto (DAC), le esacerbazione delle dermatiti atopiche e le orticarie da
contatto sono state invece maggiormente
studiate soprattutto in Italia grazie al contributo del Gruppo Italiano Ricerca Dermatiti
da Contatto e Ambientali (GIRDCA poi divenuta SIDAPA) che ha studiato oltre 42.000
casi negli anni 1984-1993 (5). In tale studio
si stimava, che la Dermatite Allergica da
Contatto ( DAC) da indumenti rappre s e n t a sse circa il 10% delle DAC extraprofessionali,
dati confermati da uno studio effettuato
dall’Associazione Tessile e Salute utilizzando
pubblicazioni scientifiche della Società
Italiana di Dermatologia Allerg o l o g i c a
P rofessionale e Ambientale (SIDAPA).
La stessa SIDAPA calcola che oggi, in Italia,
siano circa 60.000 i soggetti sensibilizzati da
48
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
sostanze presenti nei tessuti; tale aumento
sembra dovuto sia al miglioramento degli
strumenti e dei criteri di diagnosi sia all’aumento di patologie predisponenti soprattutto
nelle fasce giovanili. Nel contempo, tali prevalenze possono essere sottostimate, perché
pur migliorando la diagnosi di dermatite da
contatto con tessuti, ancora persistono
n u m e rose difficoltà tecniche relativamente
agli strumenti e ai criteri di diagnosi.
I punti critici sono che l’indagine anamnestica
è, in genere, di modesto aiuto dal momento
che manifestazioni cliniche possono essere
atipiche con quadri non eczematosi.
Scarse sono le indicazioni bibliografiche e le
informazioni merceologiche sugli allergeni e
alcuni coloranti non sono elencati nel Color
Index o mancano di formula chimica nota
oppure hanno diff e renti nomi commerciali;
non si conoscono gli effetti, nel pro d o t t o
finito, dei composti che si formano durante il
processo produttivo, sui singoli potenziali
allergeni.
I test diagnostici di routine sono poi eseguiti
solo con alcuni allergeni e può essere diff i c ile verificare la rilevanza delle positività
riscontrate ai patch test.
Da ultimo gli studi di prevalenza sulle dermatiti da contatto sono effettuati solo nella
popolazione che afferisce agli ambulatori
dermatologici, per cui non si conosce l’attuale reale dimensione del problema sull’intero
territorio nazionale.
Dermatite da contatto allergica
Dermatite da contatto irritante
Orticaria da contatto
Dermatite da contatto come eritema
multiforme
Dermatite da contatto tipo purpurica
Dermatite da contatto tipo pigmentaria
Dermatite da contatto tipo pustolare
Eritroderma
Dermatite da contatto come lichen
amiloidosico
Dermatite fototossica da tessuti
Miliaria
Follicolite
Orticaria da pressione
Dermatite atopica
Tabella 1.
Dermatiti da tessuti.
Patologie cutanee da tessuti
Figura 1. Dermatite da contatto in sede ascellare da tessuti (notare il risparmio della parte
più profonda del cavo ascellare).
Figura 2. Tipico aspetto della dermatite da contatto da tessuti: interessamento delle aree
realmente a contatto con i tessuti in soggetto di sesso femminile ed obeso.
(Gentile concessione del Prof. Paolo Lisi, Università di Perugia)
e indumenti
Fibre tessili
Gli indumenti sono confezionati
con pezze di tessuto che vengono colorate o
stampate, quindi trattate con varie sostanze
chimiche.
Le singole fibre presentano poi caratteristiche
di superficie notevolmente differenti. Il nylon
e le fibre in poliestere sono lisci, mentre il
rayon, il cotone e il poliestere trattato con
agenti alcalini presentano superfici irregolari.
Alcune fibre sono conosciute per la loro morbidezza (Cashmere) mentre altre sono grossolane e ruvide come la lana grezza e la fibra di
vetro. Le medesime fibre prodotte persino
dallo stesso gruppo industriale possono variare nelle qualità fisiche e a maggior ragione
fibre dello stesso tipo ma utilizzate da diversi
produttori possono variare per l’uso maggiore
o minore di additivi e di sostanze chimiche.
Gli indumenti devono sovrapporsi in modo
armonico al mantello cutaneo aiutando le
varie attività fisiologiche della cute, agendo in
modo complementare: per essere buono un
tessuto deve proteggere senza modificare in
modo negativo la qualità del rapporto cuteambiente esterno. Attraverso il contatto diretto con la pelle, i tessuti possono prevenire
alcune patologie (cosiddette “fibre intelligenti” per esempio, per prevenire danni da agenti
esterni), migliorare patologie esistenti (tessuti
elastocompressivi per le patologie venose) o al
contrario provocare patologie della cute. Dal
punto di vista clinico le dermatiti causate da
contatto con gli abiti possono variare per
aspetto e/o localizzazione.
Generalmente il quadro clinico delle dermatiti connesse ai prodotti tessili è rappresentato
dalla dermatite allergica da contatto (DAC) ma
nella letteratura sono state descritte diverse
varianti cliniche come risulta dalla Tabella 1.
Le zone dove gli abiti sono più a stretto contatto con la pelle sono le più esposte al rischio
di sviluppare una DAC. In genere è localizzata nelle regioni non protette dagli indumenti
intimi ed è particolarmente presente alle
ascelle (con il risparmio del cavo), al collo,
nella fossa antecubitale o cavo popliteo, al
torace ed al tronco (Figure 1 e 2). Quando la
dermatite è causata dalle calze, le più interessate sono le regioni posteriore ed interna delle
cosce, la fossa poplitea ed il dorso dei piedi.
Gli indumenti intimi più in causa sono le
calze nel sesso femminile mentre i calzini difficilmente inducono allergia nei maschi. Al
secondo posto si segnala una discreta frequenza di allergia ai coloranti delle mutande, mentre i costumi da bagno come tali sono molto
raramente in causa nelle dermatiti da indumenti intimi. Quindi sono suggestivi per una
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
49
P.D. Pigatto, A.L. Frasin
Figura 3.
Prodotti in causa nella
dermatite da contatto
extraprofessionale.
DAC da indumenti l’interessamento di aree
non protette dalla biancheria intima, aree a
contatto con parti “speciali” di biancheria
intima, aree a contatto con fodere, aree di
maggior sudorazione e aree di maggior attrito
con indumenti. La reale incidenza di tali patologie è poco conosciuta; i dati attualmente
disponibili suggeriscono che questa dermatite
sia più comune di quello che precedentemente si credeva, cioè l’interessamento di una piccola parte della popolazione, soprattutto quella femminile tra i 24 e 34 anni ma sono
descritti anche numerosi casi in età avanzata.
In un’indagine epidemiologica GIRDCA sulle
dermatiti da contatto in Italia (1994-1998)
Lisi P et al. (5), tra le cause di dermatite da
contatto di natura extraprofessionale un ruolo
importante viene dato all’abbigliamento
(Figura 3). L’incidenza delle dermopatie allergiche da tessuti non è aumentata negli ultimi
anni, nonostante il notevole uso di tessuti
provenienti dall’area extra UE, soprattutto da
paesi dove non esiste una normativa sul controllo delle sostanze immesse nel ciclo produttivo e dove le tecnologie utilizzate sono
vetuste, riducendo il grado di adesività degli
apteni.
Molti consumatori dichiarano problemi cutanei vari, asserendo di essere in modo non evidenziabile allergici, mentre in realtà presentano semplicemente solo irritazione al tessuto:
l’evento negativo più frequente prodotto da
un tessuto è quella sensazione di sconforto
che il calore, la scarsa circolazione d’aria
50
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
all’interno del vestito e l’eccesso di sudore che
si raccoglie sulla superficie cutanea induce un
tipico fastidio cutaneo.
Le singole fibre possono indurre specifici e
differenti quadri clinici:
1) La lana causa irritazione acuta e cronica,
aggrava la dermatite atopica e induce dermatite allergica da contatto (DAC) e orticaria da contatto.
2) La seta è in grado di aggravare una dermatite atopica e raramente induce orticaria da
contatto. Non sono invece mai state notate
reazioni allergiche da contatto e neppure
reazioni irritative.
3) Il Nylon può causare DAC e orticaria da
contatto.
4) Le fibre di vetro non vengono usate per
vestiti normali ma gli indumenti possono
e s s e re occasionalmente contaminati dal
lavaggio degli indumenti in macchine lavatrici che hanno lavato delle tende.
5) Lo Spandex è utilizzato soprattutto nei reggiseni e lingerie e determina soltanto DAC.
6) La gomma è contenuta in numerosi prodotti e per questo motivo costituisce una
causa frequente d’allergia.
Pertanto considerando tutte le numerose fibre
disponibili per l’uso negli abiti solo 2 naturali
e 4 sintetiche sono responsabili di problemi
dermatologici.
Le manifestazioni dermatologiche causate da
contatto con gli abiti sono così attribuite a
sostanze chimiche e coloranti che vengono
aggiunti alle fibre tessili durante la loro mani-
Patologie cutanee da tessuti
fattura e assemblaggio in indumenti. In particolare, gli agenti responsabili sono rappresentati da prodotti per le tinture e il finissaggio, i
metalli, la gomma e le colle. Occasionalmente
anche gli sbiancanti ottici, i biocidi, i materiali ignifughi ed altri agenti sono responsabili
dell’insorgenza del quadro clinico cutaneo. I
coloranti sono le sostanze chimiche più usate
e possono essere classificate in acidi, diretti,
reattivi, dispersi e vengono legati al mordente
per diffondere più facilmente tra le fibre. Dal
punto di vista della classe chimica il 40% dei
coloranti tessili sono azoici ma non tutti sono
altamente allergizzanti. Tra questi coloranti
quelli che più facilmente determinano sensibilizzazioni appartengono al gruppo dei
dispersi: questi formano legami stabili con le
fibre naturali, si legano meno stabilmente con
le fibre sintetiche ed essendo liposolubili
penetrano bene attraverso la cute. I dati epidemiologici riportano la loro prevalenza di
sensibilizzazione tra 3,1% e 5,2%. In particolare, i coloranti blu dispersi sono stati selezionati nel 2000 come “allergeni da contatto dell’anno” anche se la diagnosi di allergia ai coloranti dispersi è difficile per le numero s e
sostanze impiegate e la difficoltà ad avere un
colorante come marker. In passato si riteneva
che la PFD fosse una spia attendibile della
sensibilizzazione a coloranti in genere e a
quelli azoici in modo particolare ma questo
dato non è stato più confermato. Altro gruppo
responsabile di allergie agli indumenti sono le
resine, usate per dare certe proprietà specifiche ai tessuti come sofficità, resistenza ai colori, etc. L’incidenza di sensibilizzazione alle
resine nella popolazione generale è poco
accertata e dovrebbe essere più bassa rispetto
ai coloranti.
Come sostanza mordente il più impiegato è il
bicromato di potassio ma anche con analoga
funzione vengono impiegati coloranti metallo
complessi che contengono cobalto o nichel
all’interno della molecola. Gli strumenti a
nostra disposizione per una appropriata diagnosi di una sospetta DAC con tessuti di indumenti sono: anamnesi, valutazione clinica
delle localizzazioni, i patch test, l’esame merceologico e alcune metodiche analitiche di
laboratorio. L’esecuzione del patch test è lo
strumento fondamentale per la conferma della
diagnosi e per l’individuazione delle sostanze
responsabili. I patch test possono essere effettuati con serie standard, serie addizionali,
miscele di coloranti o indumenti sospettati.
L’esame merceologico valuta l’esame dell’etichetta del capo incriminato che può fornire
utili indicazioni mentre le metodiche analitiche possono essere utili per verificare la presenza di resine di finissaggio a base di formaldeide e per individuare i coloranti realmente
presenti.
Per quanto detto sopra, si ritiene che l’istituzione di un sistema di sorveglianza (banca
dati delle sostanze, osservatorio dermatologico) possa costituire uno strumento valido e
fattibile per la protezione della salute dei lavoratori e dei consumatori attraverso la determinazione della prevalenza delle dermatiti da
contatto da prodotti tessili sul territorio
nazionale, di un sistema di controllo nei prodotti tessili, ad iniziare da quelli importati
(prodotti in paesi con minori o nulle restrizioni normative) sia delle sostanze vietate
dalle normative vigenti, sia di quelle sostanze
pericolose e/o sensibilizzanti, non normate
ma fatte proprie da alcuni paesi europei e dai
maggiori marchi volontari.
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La fitoterapia in Dermatologia:
luci ed ombre
Piera Fileccia
SU M M A R Y
Phytotherapy in Dermatology:
lights and shades
Phytotherapy is the most popular complementary therapy. In western countries up to
80% of people choose to cure themselves with plants.
This is a huge phenomenon, often underwhelming to physician, especially for the
interference in his prescription.
Dermatology is full of herbal remedies in its therapeutic history and nowadays is
very spread the prescription of ‘cosmeceuticals’ which contain very active herbal
extracts without certain elements on tolerability. It’s important for the dermatologist
to be aware of this ‘by mouth’ medicine and to improve scientific knowledge, so he
can recuperate the responsibility of his own prescription.
KEY WORDS: Phytotherapy, Self-prescription, Dermatology, Adverse reaction
Introduzione
Il termine “f i t o t e r a p i a” è stato introdotto all’inizio del ‘900 dal medico francese
Henri Leclerc, ma l’impiego di prodotti vegetali a scopo curativo è una pratica diffusa in
tutto il mondo da tempi antichissimi.
Per intenderci, la fitoterapia è quella branca
della medicina che si avvale di piante medicinali e loro derivati a scopo curativo e pre v e ntivo.
Per secoli gli effetti delle piante sono stati
attribuiti a forze divine o spirituali.
Oggi la fitoterapia non solo è uscita dal misticismo ma sta progressivamente conquistando
la dignità di scienza, sfatando alcuni miti ed
enfatizzandone altri.
Ciò è passato attraverso un interesse totale
verso il mondo delle piante (XVI-XVIII sec.),
essendo esse l’unico mezzo terapeutico disponibile, per poi scemare a favore dell’industria
biochimica che, partendo dal mondo delle
piante, si accorse che i loro effetti sono spesso
dovuti a molecole specifiche, riproducibili ed
in grado di mimare l’attività che allora si riconosceva a tutta la pianta. Ciò determinò che il
mondo medico si indirizzasse maggiormente
verso il mondo farmaceutico di sintesi, sottraendo interesse alle piante medicinali.
Il motivo di tutto questo è da attribuirsi a:
1. difficoltà di reperire nuove fonti vegetali;
2. la lentezza dei procedimenti estrattivi conf rontata con la velocità dei processi sintetici;
3. costi elevati.
Ma negli ultimi decenni è tornato in auge progressivamente l’interesse per le piante, nuovamente apprezzate da un numero sempre più
consistente di estimatori che, per la cura del
loro corpo e per la prevenzione delle malattie,
scelgono di tornare alla “natura” (1).
La riscoperta delle sostanze naturali è una realtà
sociale che coinvolge sia il produttore che il
consumatore, basti pensare che circa l’80%
della popolazione mondiale preferisce ricorre re
alla medicina tradizionale a base di erbe.
Diversi sono i motivi di questa nuova affezione all’utilizzo della fitoterapia a scopo farmacologico:
1. peso della tradizione;
2. timore degli effetti collaterali delle terapie
“convenzionali” con farmaci sintetici;
3. problemi cronici con puntuale ripresentazione di una scelta terapeutica;
4. insoddisfazione dei trattamenti convenzionali;
Specialista in Dermatologia, Roma
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
55
P. Fileccia
5. desiderio di personalizzazione delle cure,
con maggiore attenzione alla persona;
6. gestione autonoma della salute (2).
in Italia
La richiesta
Le stime italiane, che derivano da
un’indagine multiscopo sulle “Condizioni di
salute e ricorso ai servizi sanitari 1999-2000”,
condotta dall’ISTAT nel periodo settembredicembre 1999 su un campione di circa 30000
famiglie, pari a oltre 70000 individui, mostrano che la fitoterapia è utilizzata dal 4,8% della
popolazione.
In genere viene utilizzata per:
disturbi o patologie minori ma ad alta prevalenza;
quadri morbosi a notevole componente psicosomatica;
malattie gravi che implicano terapie gravate
da pesanti effetti collaterali;
migliorare la qualità di vita (3).
I dati attuali ci dicono che la fitoterapia è uti-
56
lizzata dal 10% circa della popolazione, con
un incremento del 10% annuo.
Esiste una notevole diff e renza di uso tra
uomini e donne (3,7% vs 5,9%).
Il 75% degli utilizzatori della fitoterapia ha
dichiarato di essere rimasto molto soddisfatto
dai risultati ottenuti.
La situazione normativa
Come si inquadra in Italia la commercializzazione di un prodotto a base di
erbe?
Può trattarsi di un farmaco, un integratore alimentare, un prodotto erboristico, un cosmetico.
Farmaco
Un prodotto fitoterapico può essere un farmaco a tutti gli effetti (DLvo 29 maggio 1991
n.178) oppure un medicinale vegetale tradizionale per il quale è prevista una procedura semplificata di registrazione (Direttiva Parlamento Europeo 2004/24/CE del 31 marzo
2004) che ne permette l’assunzione senza
controllo medico, la somministrazione solo a
Tabella 1.
Fitoderivati di interesse
dermatologico.
Nome
Parte utilizzata
Contenuto
Attività
Usi clinici
Aloe vera
Foglia
Mucopolisaccaridi,
glucomannani, antraceni,
flavonoidi
Antibatterica, antiherpes,
Dermatite da stasi,
antiimmunosoppressione da UV, radiodermite, prurito, dolore,
collagenopoietica
DAC
Matricaria recutita Fiore
Alfa-bisabololo,
camazulene, levomenolo,
matricina
Inibizione
- lipox e ciclox,
- perossidazione lipidica,
- rilascio istamina
Infiammazione ed eczema,
ustioni, ferite torpide
Serenoa repens
Bacca
Estratto lipofilico
Inibizione
- attività 5 alfa reduttasi,
- blocco dei recettori periferici
degli androgeni
Iperandrogenismi nella
donna, alopecia androgenica
e acne nell’uomo
Glicine soja
Germoglio
Fosfolipidi, isoflavoni
Promuove sintesi collagene,
antiossidante, depigmentante
antiphotoaging
Photoaging
Vitis vinifera
Foglia
Proantocianidine, flavonoidi, Potente antiossidante, antivirale, Fotodermatiti, eczemi,
stilbeni, acidi fruttati,
fitoestrogenica,
antiaging, disturbi del
tocoferoli
inibitrice metalloproteinasi
microcircolo
Camellia sinensis Foglia
Polifenoli, caffeina,
catechine (EGCG)
Antiossidante, anticarcinogenica, Aging, fotoprotettivo,
antiandrogenica, antiistaminica, iperandrogenismi, DA,
antimicrobica
prevenzione infezioni
Echium
plantagineum
Seme
EFA, in particolare acido
stearidonico (12-14%)
Inibizione della sintesi di
leucotrieni, rilascio PGE2
Olivella spinosa
Bacca
Vitamine, carotenoidi, acidi
fruttati, flavonoidi,
carboidrati, acidi grassi
Antiossidante, antiinfiammatoria Aging, wound healing,
antimicrobica, antidolorifica,
dermatiti, fotoprotezione
immunomodulatrice
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
Disturbi della
cheratinizzazione, eczema,
after sun
La fitoterapia in Dermatologia: luci ed ombre
determinate concentrazioni e posologie, l’utilizzo orale, inalatorio o topico cutaneo.
Integratore alimentare
Un prodotto a base di erbe si considera integratore alimentare se è destinato ad integrare
la comune dieta come fonte concentrata di
sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare ma non in via
esclusiva aminoacidi, acidi grassi essenziali,
fibre ed estratti di origine vegetale, sia mono che
pluricomposti, in forme predosate (DLvo 169,
21 maggio 2004).
Prodotto erboristico
Un prodotto vegetale può essere erboristico se
la sua formulazione a base di piante non è
addizionata a prodotti di sintesi, è diversa dal
medicinale, integratore, prodotto cosmetico,
ed è intesa a favorire lo stato di benessere dell’organismo umano.
Alla dose utilizzata non può vantare attività
terapeutica o nutrizionale.
Cosmetico
Anche se su base vegetale, per cosmetico si
intende qualsiasi sostanza o pre p a r a z i o n e
diversa dai medicinali, destinata ad essere
applicata sulle superfici esterne del corpo
umano (epidermide, capelli, unghie, labbra e
genitali esterni) oppure sui denti o sulla mucosa orale, esclusivamente con lo scopo di pulirle, profumarle, modificarne l’aspetto, proteggerle o mantenerle in buono stato (Legge 7131986, DLvo 300-1991,DL 126-1997).
e Fitoterapia
Dermatologia
Alcune premesse che emergono dall’esame della letteratura scientifica disponibile.
Tra i pazienti che chiedono terapie non convenzionali ai loro medici di medicina generale, 12% soffrono di eczema (4).
Tra 410 pazienti ambulatoriali tedeschi, il
52% preferisce consultare “un dottore di
medicine naturali” piuttosto che un dermatologo convenzionale per i problemi cutanei (5).
Un terzo dei pazienti ambulatoriali con dermatosi in 2 regioni distanti del Regno Unito
utilizza CM. Il 45% le utilizza per un problema dermatologico (6).
Solo il 40% di coloro che assumono CM ne
discutono con il medico (7).
In una popolazione di studenti americani
con psoriasi, 51% si era rivolto a CM (8).
Studi norvegesi riportano che il 51% di
pazienti con DA e 43% di pazienti con psoriasi utilizzano CM (9).
Le iniziali CM indicano Complementary
Medicine, intendendo quel corpo terapeutico
che affianca la medicina ufficiale nel suo
scopo finale, la salute e il benessere del
paziente, soddisfacendo una domanda non
risolta dall’ortodossia o diversificando lo schema medico.
Tra le pratiche eterogenee che compongono
questo vasto campo della terapia medica “globale”, la fitoterapia e l’omeopatia sono le più
seguite nel mondo occidentale.
La dermatologia, di per sé, è una specialità che
si avvale molto delle terapie naturali, sia perché il paziente, frequentemente deluso e disilluso sull’efficacia delle terapie allopatiche,
facilmente si sottopone alle terapie più disparate per la cura della sua dermatosi, sia perché
da sempre, le piante sono state una fonte
importante di benefici per la pelle.
Basti pensare alla categoria sempre più nota di
“cosmeceutico”, valido complemento della prescrizione farmacologica, che deve all’inserimento di derivati vegetali la sua attività.
Si definisce sempre di più il concetto di fitocosmetico, sia per la scoperta delle virtù di
molecole bioattive vegetali o marine, sia per
l’influsso di culture immigrate, che fanno
riscoprire alla luce delle attuali conoscenze
sulla biochimica cutanea il valore di alcune
piante.
Si aggiunga la problematica BSE, che ha alienato i produttori all’utilizzo di derivati animali.
La pelle ha una prerogativa che la rende
“green-friend”: la lipofilia della sua superficie
permette un ottimo assorbimento degli oli e
grassi vegetali, alcuni dei quali forniscono
costituenti chimici della cute, assumendo un
vero e proprio ruolo di integratori di “superficie” (Tabella 1).
E le ombre?
Se partiamo dalla considerazione che
le piante, in quanto naturali, non possono
arrecare danno all’uomo, comprendiamo bene
quanto questo atteggiamento fidelistico, che è
alla base della diffusione popolare di questi
rimedi, possa essere pericoloso.
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
57
P. Fileccia
Le piante sono da sempre fonte di molecole
farmacologicamente attive, quasi sempre
miscele complesse di composti chimici, che
possiedono caratteristiche terapeutiche proprie dovute sia alla presenza contemporanea
di principi con attività biologiche distinte, sia
a interazioni che possono avvenire tra questi
composti: molto spesso ne è difficile l’identificazione precisa e la standardizzazione.
Ne deriva una scarsa farmacovigilanza, con
rarissima segnalazione di eventi avversi.
Altro elemento critico è l’esotismo che è spesso alla base di queste prescrizioni, con utilizzazione di rimedi di ignota provenienza, con
scarso standard produttivo, sia per l’estraneità
del paese d’origine alle norme che vincolano la
produzione di qualunque sostanza destinata
all’uso umano nel mondo occidentale, sia per
il contenimento dei costi del prodotto finito.
Ancora, vista la sostanziale impreparazione
della classe medica italiana rispetto a queste
“nuove” prescrizioni, c’è un’autogestione forzata da parte dei pazienti, con associazione
scriteriata dei più svariati rimedi, dando origine a interazioni assolutamente sconosciute.
L’aumentato impiego di derivati vegetali per
problematiche dermatologiche comporta un
incremento della comparsa di reazione cutanee, che si possono così riassumere:
Dermatite allergica;
Orticaria da contatto;
Fitofotodermatite;
Dermatite irritativa da contatto.
In un articolo di revisione (9) vengono elencati i quadri dermatologici che sono stati
segnalati come eventi avversi a terapie con
derivati vegetali. È un elenco diffuso, che spazia dalle neoplasie alle dermatiti, dalle ustioni
a sindromi lupus-like. Poiché si tratta di una
revisione su casistica clinica, è difficile tracciare un rapporto causa-effetto tra i quadri
segnalati, ma la loro eterogeneità e il costante
incremento dell’utilizzo di questi derivati
“organici” tra i pazienti dermatologici stimola
ricerche sistematiche in quest’area complessa.
Conclusioni
Il mondo della piante è un componente critico per la vita dell’uomo sulla terra.
Negli anni l’uomo si è adattato al mondo vegetale e le piante, a loro volta, si sono sforzate di
evolvere con lui, essendo molto più ricche
58
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
nella loro diversità biochimica: almeno i quattro quinti dei metaboliti secondari oggi conosciuti sono di origine vegetale.
Come risultato di questa complessa interazione evoluzionistica le piante hanno sviluppato
sistemi metabolici molto intricati, da cui risultano prodotti biologici dotati di straordinaria
attività terapeutica.
Così fino a 100 anni fa, le piante sono state le
uniche risorse medicamentose per l’uomo,
sostituite progressivamente dai loro derivati,
sintetizzati industrialmente e standardizzati
nei dosaggi e negli effetti.
All’inizio del nuovo millennio si assiste paradossalmente ad uno scollegamento tra la
richiesta di salute e la risposta terapeutica: il
paziente chiede una medicina a sua portata,
che tenga conto del complesso legame mentecorpo che lo individualizza, e la medicina
cerca sempre più di standardizzarsi, costringendosi ad uniformi risposte terapeutiche,
riproducibili e standardizzabili per tutti.
Ecco, pertanto, il ritorno ad una gestione più
autonoma e personale della salute, che sfugge
al terapeuta, creando una pericolosa situazione di interferenza alle terapie prescritte.
Il medico non può ignorare questa confusione
che lo coinvolge e che non gli permette di
essere il depositario unico della risposta alla
sua prescrizione.
È richiesto alla sua professionalità:
Aumentare la consapevolezza del paziente
rispetto alle sollecitazioni alternative, indicandogli strade diverse ma degne di fiducia
anche da parte del suo medico curante.
Qualificare la sua competenza in questo settore, seguendo la guida di quelle nazioni,
come la Germania e la Francia, che hanno
codificato le erbe con proprietà medicinali,
ne hanno fatto oggetti normativi ed hanno
creato un registro di segnalazione di reazioni avverse tra prodotti naturali e terapie
convenzionali, di automedicazioni errate, di
allergie ed intolleranze.
Affidarsi alla competenza di quelle aziende
che trattano i fitoterapici con la competenza
ed il rigore dovuti al farmaco allopatico, che
investono in ricerca e standard produttivi,
che corredano i loro prodotti con studi clinici e con procedure industriali validate.
Con l’acquisizione di questa nuova competenza il medico, ed in particolare il Dermatologo,
potrà dare una connotazione tecnica ad una
medicina che si alimenta solo di tradizione
La fitoterapia in Dermatologia: luci ed ombre
orale, che ha molti adepti in quei mondi che
bussano alle nostre porte e chiedono riconoscimento delle loro diverse identità.
Sarà anche uno stimolo alla standardizzazione
di quelle metodologie di sintesi ed isolamento
che porteranno a principi attivi nuovi, puri e
anche di costi più contenuti.
Potrebbe essere questa la sfida che si propone
alla terapia medica alle soglie del terzo millennio!
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Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
59
Nutrition and oral cancer
Antonio D’Alessandro1
Antonella Barone1
Annalisa Aggio2
Mario Giannoni1
SU M M A R Y
Nutrition and oral cancer
Oral cancer is a widely diffuse neoplasia. The parts most frequently affected are the
tongue, gums, oral floor, pharynx; in 90% of all cases the neoplasia is a squamocellular carc i n o m a. The main related risk factors are tobacco smoking and chewing,
alcohol consumption, bad dental prosthesis, poor oral hygiene and bad nutrition.
Nutrition has a determinant effect both on the prevention and the prognosis of tre a ted oral cancer. Maintaining a correct body weight, frequently alternating foods, eating fruits and vegetables many times a day, eating fibres, consuming fats that are no
more than 30% of daily energy intake, eliminating alcohol, and reducing the consumption of salt and preserved foods re p resent a very effective primary prevention.
Good nutrition is the primary clinical goal in two critical steps of cancer therapy: presurgical treatment (to reduce the risk of surgical mortality and morbidity), and postsurgical treatment, because radio and/or chemotherapy are better tolerated in well
nourished patients. Spoon feeding may be carried out by the patient him/herself or
by the nurse, with natural, homogenized foods, and formulas. The enteral nutrition
(NE) is to be chosen to favour total parenteral nutrition (TPN), because intestinal
functions and intestinal villi are preserved, the risk of complications is reduced and
costs are lower. TPN must carried out when the gastrointestinal tract has no residual
function and/or transit capacity, by inserting a large catheter in a central vein.
KEY WORDS: Nutrition, Cancer, Oral diseases
Oral cancer
Oral cancer is a widely diffuse neoplasia in the world and it represents a significant medical and social problem, because of its
high prevalence, increasing incidence and the
high mortality rates it produces.
Men are affected 6:1 vs. women, and even
more within the 50-70 year age range.
The parts most frequently affected are the
tongue, gums, oral floor, pharynx; in 90% of
all cases the neoplasia is a squamocellular carcinoma (1).
Pre-cancer conditions are leucoplakia, erithroplasia and l i c h e n, whose correct identification
by the dentist is necessary for an effective early
diagnosis (2).
The main related risk factors are tobacco
smoking and chewing, alcohol consumption,
bad dental prosthesis, dental fractures, poor
oral hygiene and bad nutrition (3).
Poor eating habits and nutritional deficiencies
can favour the onset of oral cancer, as nutri-
tion plays an important role in tissue function,
immune response, perioperative and postoperative complications, and in patients’ response
to radiotherapy and chemotherapy (4).
prevention
Oral cancer
For cancer prevention the NCI
(National Cancer Institute) and the ACS
(American Cancer Society) suggest maintaining a correct body weight, frequently alternating foods, eating fruits and vegetables many
times a day, eating fibres, consuming fats that
are no more than 30% of daily energy intake,
eliminating alcohol, and reducing the consumption of salt and pre s e rved foods.
Particularly, tongue and esophagus cancer
seem to be related to a lack of zinc in the diet,
as this condition induces an increase of
cyclooxigenase-2 (COX-2), linked to hyper-
Università degli Studi dell’Aquila
Dipartimento di Scienze Chirurgiche
Dipartimento di Medicina Interna e Sanità Pubblica
1
2
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
61
A. D’Alessandro, A. Barone, A. Aggio, M. Giannoni
plasia and multifocal cancers in the animal
model (5).
An example of cancer prevention through
proper nutritional habits seems to have been
demonstrated in Greece where, despite a very
high consumption of tobacco and alcohol, oral
cancer rates are among the lowest in Europe.
This was explained by a high consumption of
cereals, fruit, milk and olive oil in Greece.
Riboflavin, iron and magnesium are important in preventing oral cancer, as well. On the
c o n t r a ry, frequent consumption of roasted
meat seems to increase the prevalence of oral
cancer (6).
Therefore, the “Mediterranean diet” seems to
be determinant for both prevention of card i ovascular disease (CVD) and of cancer (7).
Olive oil must be used raw, because a high
consumption of fried foods seems to be linked
to a higher prevalence of oral, pharynx and
esophageal cancers (8).
Hot foods induce the incidence of squamocellular carc i n o m a, both in the oral and pharynx
epithelium, mostly when combined with
spices (9).
A multicentric study carried out in Spain
between 1996 and 1999 demonstrated an
inverse relationship between vegetables/fruits
and oral/pharyngeal cancer, especially in male
drinkers and smokers (10).
In northeast Italy it was reported that fruits
and vegetables prevent oral cancer, mainly in
heavy drinkers and smokers (11).
Citrus fruits are the most effective in pre v e ntion, probably because of their high vitamin C
content.
Vitamin E seems to be the protective element
of vegetables.
Though the role of vitamin A is not yet well
defined, it seems to actively contribute to cellular integrity, to the stimulation of immune
response and to the regulation of DNA synthesis.
A prolonged iron deficiency might promote
cancer, due to its depressing effect on
macrophage enzyme activity (12).
An incorrect omega-6/omega-3 ratio incre a s e s
the synthesis of prostaglandins, thromboxane
and leukotriene,which are soluble mediators of
inflammations that are potentially pro-cancerogenetic.
Some nutrients can promote cancer by modifying the composition of the cell membrane
phospholipids, by provoking an oxidative
62
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
response and eicosanoid synthesis and, consequently, inducing inflammation.
On the contrary, a correct use of omega-3
polyunsaturated fatty acids can reduce cancer
angiogenesis and promote apoptosis.
From the point of view of general nutrition, it
was found that BMI (Body Mass Index)
(kg/m2) is inversely related to oral cancer (no
relation was demonstrated between a high BMI
and cancer).
Nevertheless, similar evidence was not found in
obese smokers eating few vegetables. Fish, eggs,
vegetables and fruit seem to have a protective
effect in obese smokers, whereas meat and cold
cuts have a major promoting effect (13).
In any case, the risk is higher in the general
population that does not consume fruits and
vegetables (14).
nutrition
and treatment
Oral cancer
Nutrition also has a determinant
effect on the prognosis of treated oral cancer.
Good nutrition is the primary clinical goal in
two critical steps of cancer therapy: pre-surg ical treatment, (to reduce the risk of mort a l i t y
and morbidity), and post-surgical treatment,
because radio and/or chemotherapy are better
tolerated in well nourished patients.
Post surgical weight loss is lower overall after
radiotherapy in head-neck cancer patients fed
under the supervision of a Head-Neck
Nutrition Team vs patients fed in a conventional way (15).
Nutrition and oral cancer
Nutrition is more difficult to maintain in oral
cancer patient vs general cancer patients,
because of the difficulties linked to the oral
and esophageal transit of food.
Cancer patients need an accurate assessment
of their nutritional state and daily nutrient
allowances, as well as adequate nutritional
s u p p o rt, in order to minimize perioperative
and postoperative weight-loss.
Surgical stress is lower in well-nourished cancer patients, who have a lower prevalence of
infective and surgical complications.
To evaluate the nutritional status in patients
undergoing surg e ry, the BMI, hemochrome,
total cholesterol, HDL-c, LDL-c, triglycerides,
glycemia, azotemia, creatininemia, uricemia,
protidemia, T3, T4, TSH, ALS, ALT, LDH, !- G T,
and bilirubin all have to be studied.
Leptin and IGF-I (Insulin-like Growth Factor-I)
seem to be good indicators of nutritional status
and of the efficacy of nutritional support (16).
In any case, a pre-surg e ry administration of
vit. K is recommended to reduce post-surg e ry
haemorrhaging, and it is known that well-fed
patients can tolerate the exclusive administration of liquid i.v. better for the first 2-3 days
after surg e ry (17).
After this period, 87% of them are fed by enteral nutrition (NE), 6% by total parenteral nutrition (TPN), and 7% by spoon, also because
oral oncologic patients are particularly
exposed to chewing and deglutition failure
and to food inhalation.
Head and neck radiation reduces salivary flow
rate and increases salivary viscosity, because of
gland inflammation and sclerosis, which
induce xerostomia, dysphagia, and nausea.
Head/neck accelerated radiotherapy induces
the higher reduction of saliva flow rate, and
the treated patients need more care in managing oral complications.
Hyposalivation induces missing of the mucoproteic salivary film, increase of salivary pH,
lower bacterial and virus clearance, paro d o n t itis, and xerostomia.
It causes bad breath too, because the lower
bacterial clearance increases oral plaque and,
in absence of salivary film, fermentation of
volatizing fetid catabolites.
Hyposalivation promotes post-radiogen cavities, via modifications of oral flora.
Patients are induced to frequently suck sweets
to reduce xerostomia, but the habit contributes to increase the incidence cavities.
Cancer and/or radiogenic oral lesions can
cause pain after contact with food (during
chewing and deglutition), which contribute to
malnutrition and weight loss.
Radiotherapy can induce ray enteritis, bowel
mucosa inflammation, anorexia, and caloric
and protein malnutrition (sometimes for a
long time after the end of therapy).
It provokes dysgeusia too, for example, for
meat, and for food in general.
Chemotherapy can induce anorexia, nausea,
vomiting and mucositis (gastrointestinal and
oral mucositis might provoke ulcerations,
bleeding, and bacterial superinfections),
which are further causes of malnutrition.
These conditions usually disappear at the end
of therapy (18).
Chemotherapy can favour oral candidosis and
other kinds of mycosis, and a worsening dysphagia.
Nevertheless, at the end of chemotherapy, 98%
of patients are able to feed themselves by
spoon, with natural foods; the rest are nourished by home NED (19).
A correct body weight is the main goal of postcancer nutritional support .
Spoon feeding may be carried out by the
patient him/herself or by the nurse, with natural, homogenized foods, and formulas, even
though dysgeusia can induce selective or total
lack of appetite.
Cancer-induced mental stress might lead to
n e rvous anorexia, independently of mechanic
or antalgic mechanisms; it requires nutrition
supplementation by home NED.
NED is the best nutritional method when the
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
63
A. D’Alessandro, A. Barone, A. Aggio, M. Giannoni
patient unable to be fed by spoon, but it is not
always proposed in terminal cases, because it
is merely palliative (20).
The enteral option is to be chosen to favour
TPN, because intestinal functions and intestinal villi are pre s e rved, the risk of complications is reduced and costs are lower (21).
TPN must carried out when the gastrointestinal tract has no residual function and/or transit capacity, by inserting a large catheter in a
central vein.
The C.P.S. (Central Port System), C.V.C.
(Central Venous Catheter), and T.C.V.C.
(Tunneled Central Venous Catheter) are curre n tly the most frequent techniques used.
The main complications are linked to catheter
insertion, and are: bad catheter positioning,
embolism, and lesions of the pulmonary art e ry,
the brachial plexus, the lung and pleura (22).
In conclusion, no smoking and no drinking and
good food habits represent a very effective prim a ry prevention. Early diagnosis is an important part of secondary prevention. An adequate
nutritional condition is an important component of tert i a ry prevention: although identifying
and treating malnutrition is a primary goal.
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La comunicazione medico-paziente.
Linguaggio verbale, non verbale
e paraverbale
Elisabetta Perosino
SU M M A R Y
The doctor-patient communication.
Verbal, para-verbal and non-verbal
languages
The doctor-patient communication plays an important role in patient’s satisfation. To
build a better relationship with the patient, there are some communication tools: verbal, para-verbal and non-verbal languages. Verbal language indicates all the communications forms based on oral message “tout court”. Para-verbal language defines
the message transferring modalities such as tone, volume and rythm of the speech.
Non-verbal language is characterized by body’s posture, movements and miming.
Communication doctrine shows that the interactive efficacy is due to verbal language
only for the 7%, while the remaining 93% comes from para-verbal (38%) and nonverbal (55%) laguages.
KEY WORDS: Doctor-patient communication, Languages
Introduzione
Come abbiamo avuto modo di sottolineare nel precedente articolo, i processi di
comunicazione rivestono un ruolo importante
nella soddisfazione globale del paziente rispetto alla visita medica e ne determinano i successivi comportamenti quali: la comprensione e il
ricordo delle informazioni ricevute, l’aderenza
alle prescrizioni terapeutiche e la conseguente
compliance della cura, la riduzione delle preoccupazioni e, soprattutto, lo sviluppo di un rapporto collaborativo e appagante con il medico.
Da questo si evince che l’uso consapevole e
appropriato di tecniche di comunicazione adeguate consente non solo un aumento dell’efficacia comunicativa durante l’interazione, ma
anche l’instaurarsi di una relazione terapeutica
ottimale nel tempo. Per poter utilizzare al
meglio gli “strumenti” che la scienza della
comunicazione mette a nostra disposizione il
primo passo deve essere rappresentato dalla
razionalizzazione e dall’utilizzo “consapevole”
di alcuni meccanismi che utilizziamo quotidianamente nel rapporto interpersonale: il linguaggio verbale, paraverbale e non verbale.
La loro definizione ci aiuterà a comprenderne il
ruolo nella trasmissione efficace delle informazioni.
Con il termine linguaggio verbale intendiamo
tutte quelle forme di comunicazione sottese a
un messaggio orale “tout court” come la scelta
delle parole, degli esempi o della tipologia di
domande da porsi, questa parte della comunicazione è ovviamente quella con il maggior
grado di consapevolezza.
Per comunicazione paraverbale, invece, intendiamo definire le modalità con cui il messaggio
viene trasferito attraverso la voce in modo più
o meno consapevole come ad esempio il tono,
il volume o il ritmo del discorso.
Infine con il temine comunicazione non verbale ci riferiamo a tutte quelle forme di comunicative che non rientrano nell’ambito della scelta razionale dei termini o delle modalità di trasmissione degli stessi ma che attengono a
movimenti, consapevoli o meno, del nostro
corpo come la postura, la gestualità o la mimica. Spesso si pensa che l’efficacia sia dovuta a
una buona dialettica o a un’eccellente capacità
Dermatologa, Roma
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
67
E. Perosino
oratoria. Queste due componenti, che rientrano nella comunicazione verbale, pur essendo
essenziali, rappresentano, tuttavia, solo una
minima parte nel complesso processo di sintonizzazione con l’interlocutore.
La dottrina della comunicazione infatti ci dice
che solo il 7% dell’efficacia interattiva è rappresentato dal linguaggio verbale mentre il rimanente 93% è costituito per il 38% dalla comunicazione paraverbale e per ben il 55% dalla
comunicazione non verbale (Figura 1).
Ecco quindi identificato un primo ostacolo
verso una comunicazione efficace: la parte predominante del processo di trasmissione e di
ricezione delle informazioni è costituita da
aspetti comportamentali inconsci. La loro
conoscenza, il loro controllo ed in particolar
modo la consapevolezza di utilizzare dei veri e
propri strumenti, non casuali ma strutturati è
quindi un elemento di successo per il raggiungimento di una sintonia profonda con l’interlocutore. In questo articolo inizieremo a analizzare gli aspetti non verbali della comunicazione e cercheremo di spiegare come utilizzarli per
i fini che ci siamo posti.
Per poter comprendere al meglio quello che
diremo è necessario fare una piccola premessa
teorica enunciando quelli che sono stati definiti “assiomi della comunicazione” ovvero quei
principi che presiedono a tutte le forme di
comunicazione e che sono assunti come veri
per evidenza o perché punto di riferimento
della dottrina. Essi vennero enunciati per la
prima volta da Paul Watzlawick ne “La pragmatica della comunicazione” del 1967.
Assiomi
1. Non si può non comunicare
Chiunque si trovi in un contesto
sociale è suo malgrado origine di un flusso
informativo, indipendente dall’intenzione, dall’efficacia dell’atto comunicativo o dalla comprensione reciproca.
Il comportamento non ha un suo opposto, non
esiste qualcosa che sia un non comportamento
o, per dirla anche più semplicemente, non è
possibile non avere un comportamento.
Comunque ci si sforzi quindi, non si può non
comunicare. Vediamo di chiarire il concetto
con un esempio. Un uomo che guardi fisso
davanti a sé mentre fa colazione in una tavola
68
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
calda affollata, o un passeggero d’aereo che sieda
con gli occhi chiusi, comunicano entrambi una
chiusura comunicativa nei confronti del contesto
ed esprimono la volontà di non essere disturbati.
2. Ogni comunicazione ha un aspetto di conte nuto e un aspetto di relazione, di modo che il
secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione
Questo assioma identifica, invece, i
livelli attraverso i quali un messaggio viene
emesso e percepito. Un messaggio è infatti
composto dall’aspetto informativo (contenuto)
e dal grado di imposizione percepito (relazione). Uno stesso concetto avrà quindi implicazioni differenti a seconda della relazione tra
emittente e destinatario divenendo comando,
consiglio, informazione e avendo di conseguenza un valore diverso a seconda del rapporto esistente tra le persone che stanno comunicando. Ecco perché si parla di metacomunicazione ovvero di qualcosa che va oltre la mera
comunicazione e che cambia di incisività a
seconda dei casi.
3. Gli esseri umani comunicano sia col
modulo numerico che con quello analogico
Il cervello umano è suddiviso in due
emisferi, destro e sinistro: il primo presiede
Figura 1.
La comunicazione medico-paziente. Linguaggio verbale, non verbale e paraverbale
1. Perplesso
2. Indifferente
3. Accogliente
1
2
3
4
7
8
4. Risoluto
5. Furtivo
6. In collera
7. Disteso
8. Timido
(Sarbin Hardyck 1965)
5
6
Figura 2.
all’intuito, al sogno, all’arte, alla creatività, al
sentimento, al pensiero non verbale; il secondo invece è sede di caratteristiche quali la
razionalità, la tecnica, la ragione, il linguaggio, la scrittura, il calcolo. A seconda quindi
della predominanza di utilizzo di un emisfero
rispetto all’altro si identificano due diverse
modalità di comunicazione: analogica la
prima, numerica la seconda. Tutte le modalità
non verbali attengono alla dimensione “analogica” e riguardano normalmente l’aspetto di
relazione della comunicazione; linguaggi che
invece facciano riferimento a oggetti o che
attengano ad aspetti di contenuto della comunicazione sono riconducibili al modulo
“numerico”. Per entrare in sintonia con l’interlocutore si dovranno quindi modulare i
messaggi fornendo a un interlocutore numerico una comunicazione razionale e ordinata e
al destinatario analogico una comunicazione
empatica ed emotiva.
4. Tutti gli scambi di comunicazione sono
simmetrici o complementari, a seconda che
siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza
Nella relazione simmetrica i soggetti
tendono a rispecchiare il comportamento dell’altro (uguaglianza o minimizzazione delle
differenze).
Nella relazione complementare il comportamento dell’uno completa quello dell’altro .
Uno scambio simmetrico avviene fra interlocutori che si considerano sullo stesso piano,
svolgendo funzioni comunicative e ruoli
sociali analoghi. Uno scambio complementare
fa incontrare persone che hanno una relazione ma non sono sullo stesso piano per potere,
ruolo comunicativo, autorità sociale, interessi
(per esempio il rapporto medico-paziente,
madre-figlio, insegnante-allievo).
Discussione
Dall’analisi degli assiomi esposti si
evince un concetto fondamentale: ogni individuo percepisce il mondo attraverso filtri individuali, ed ha quindi una rappresentazione
soggettiva degli avvenimenti. Comprendere il
sistema cognitivo di riferimento per l’interlocutore e utilizzarlo per entrarvi in sintonia
diventa, quindi, importante così come prima
ancora diventa fondamentale la comprensione
dei “propri” modelli di riferimento. Un primo
passo verso la comprensione del contesto di
riferimento è riconoscere e capire i messaggi
non verbali che questi pone in essere.
La postura ad esempio ha una funzione comunicativa importante ed esprime solitamente
atteggiamenti emozioni stati d’animo.
La posizione sulla sedia, delle braccia, della
testa comunicano al paziente l’attenzione e la
disponibilità all’ascolto. Proprio perché parte
del sistema di comunicazione irrazionale,
questi messaggi sono immediatamente recepiti e decodificati dal nostro interlocutore e per
questo è necessario prestarvi molta attenzio-
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
69
E. Perosino
ne. La Figura 2 illustra alcune posizioni e gli
stati d’animo che le determinano.
Altro importante aspetto della comunicazione
non verbale è il comportamento visivo. Lo
sguardo infatti è rilevante nel processo comunicativo in quanto attiva l’emittente e la relazione ed è in grado di coinvolgere l’interlocutore. Nella decodificazione del comportamento visivo ci vengono in aiuto i CLEM
(Conjugate Lateral Eye Movement), essi possono essere definiti come movimenti involontari degli occhi che segnalano l’elaborazione
delle informazioni, la riflessione e il pensiero.
Poiché spesso riflettono anche un dubbio non
verbalizzato, i CLEM possono essere utilizzati
come indizi significativi per l’analisi, l’ascolto
e la comprensione del paziente; se l’interlocutore ad esempio, evita il contatto visivo si
trova probabilmente in una situazione di disagio, se distoglie lo sguardo durante una conversazione è probabile che stia facendo un’asserzione falsa, così come un interlocutore che
abbassa continuamente lo sguardo esprime
una situazione di sottomissione, colpevolezza
o tensione. Mantenere il “contatto visivo” con
il paziente, inoltre, aiuta a far comprendere il
coinvolgimento del medico alle problematiche espresse dall’interlocutore; molto spesso i
medici scrivono o preparano gli strumenti
mentre il paziente spiega il problema trasmettendo così involontariamente una sensazione
di scarso interesse. Infine essere coscienti
delle potenzialità comunicative del comportamento visivo aiuta a regolare e veicolare
meglio situazioni quali la percezione di sé agli
altri, la richiesta o accettazione del consenso,
l’intensità delle emozioni.
70
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
Conclusione
In conclusione, quindi, possiamo
affermare che comprendere i segnali inconsci
che il nostro interlocutore emette ci permette
di identificare il contesto così come percepito
da quest’ultimo e di porre le basi per modulare il messaggio da veicolare nel modo più consono alle sue esigenze. Identificare il suo stato
emotivo inespresso aiuta a individuare il
modo migliore per abbattere le difese del
paziente e permette di ottenere più facilmente
la fiducia necessaria per l’instaurarsi di una
relazione reciprocamente utile e appagante.
Sottolineiamo, come già accennato, che lo studio della scienza della comunicazione prevede
un percorso personale di conoscenza e di
approfondimento della consapevolezza del sé,
punto di partenza indispensabile per la conoscenza della struttura comunicativa dell’interlocutore.
Letture consigliate
P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson.
Pragmatica della comunicazione umana, Studio dei
modelli interattivi delle patologie e dei paradossi
Astrolabio, 1971
Zani B, Selleri P, David D. La comunicazione. Carocci
Editore, 2000
Kotler P. Marketing Management. Longman, 1988
Valli B. Comunicazione media. Modelli e processi.
Carrocci Editore 1999
Sarbin, T. R., & Hardyck, C.D. Conformance in role
perception as a personality variable. Journal of
Consulting Psychology 1955; 19:109-111
ISPLAD 2007 - Corsi di Aggiornamento
in Dermatologia Plastica
Caro Collega,
anche quest’anno L’ISPLAD (International-Italian Society of Plastic-Aesthetic and Oncologic Dermatology), come nei
precedenti anni, organizza degli Incontri di aggiornamento in Dermatologia Plastica, occasione di incontro, scambio e
condivisione di esperienze tra Colleghi che dedicano da anni la loro attività professionale allo studio e all’innovazione
delle tecniche dermoplastiche, per i suoi circa 2.000 Soci e per tutti i medici cultori della materia. Gli argomenti trattati saranno come sempre di grande attualità e interesse per i partecipanti. Nel 2007 ci saranno 11 Corsi di cui:
n. 6 Corsi della durata di 1 giorno (sabato) dal titolo Trattamento degli inestetismi degli arti inferiori
Programma:
Ore 8.00
Registrazione dei Partecipanti
Prima sessione: Dermatologia vascolare
Ore 9.00
Ore 9.20
Ore 9.40
Ore 10.00
Emodinanica del circolo venoso:
fisiopatologia del microcircolo
Terapia sclerosante
Laser, IPL e teleangectasie
degli arti inferiori
Discussione
Seconda sessione: Trattamento fisico
della ipertricosi
Ore 10.15
Ore 10.30
Ore 10.45
Ore 11.00
Epilazione con laser
Epilazione con IPL
Discussione
Coffee Break
Terza Sessione: Trattamento
della cellulite ed adiposità localizzate
Ore 11.30
Ore 11.45
Cosmetologia nella cellulite
Integratori nella cellulite
Ore 12.00
Ore 12.15
Ore 12.30
Ore 12.45
Ore 13.00
Ore 13.15
Terapie strumentali:
Radiofrequenza unita ad altre
tecnologie
Carbossiterapia
Veicolazione transdermica
Trattamento delle adiposità localizzate
con ultrasuoni focalizzati non invasivi
Discussione
Lunch
Quarta sessione: La fosfatidilcolina
e Lecilisi
Ore 14.30
Ore 15.00
Ore 15.30
Ore 16.30
Ore 16.45
Ore 17.00
Ore 17.00
Fosfatidilcolina ed adipocita
La leci-lisi (video)
Legislazione e protocollo di studio
multicentrico osservazionale sull’utilizzo
di fosfatidilcolina per il trattamento
delle adiposità localizzate
Discussione
Questionario ECM
Termine lavori
Elezione Responsabili Regionali
e n. 5 Corsi della durata di 1 giorno (sabato) dal titolo Eritrosi e Dintorni
Programma:
Ore 8.00
Registrazione dei Partecipanti
Prima sessione: Clinica e Complicanze
ore 9.00
ore 9.20
ore 9.40
ore 10.00
ore 10.20
ore 10.40
ore 11.00
Istopatologia e diagnosi differenziale,
quadri rosaceiformi
Dall’eritrosi alla rosacea: quadri clinici
Complicanze oculistiche
Complicanze psicologiche
Terapia farmacologica
Discussione
Coffee Break
Seconda sessione: Terapie cosmetologiche
ore 11.30
ore 11.50
ore 12.10
Camouflage
Terapia cosmetologica
Maschere occlusive
ore 12.30
ore 12.50
ore 13.00
Peeling
Discussione
Lunch
Terza Sessione: Terapie strumentali
Ore 14.30
Ore 14.50
Ore 15.10
Ore 15.30
Ore 15.50
Ore 16.10
Ore 16.30
Ore 16.50
Ore 17.00
Ore 17.00
Laser vascolari
IPL
Crioterapia
Radiofrequenza
Dermoabrasione, laser ablativi
e terapia chirurgica del rinofima
Dermocosmesi post-laser
Discussione
Questionario ECM
Termine dei Lavori
Elezione Responsabili Regionali
I programmi definitivi con i relatori saranno pubblicati sulle pagine del sito www.isplad.org.
Tutti gli incontri verranno sottoposti alla Commissione ECM del Ministero della Salute per l’assegnazione di crediti
formativi validi per l’aggiornamento continuo del medico; per tutti i corsi è previsto un numero massimo di 150
partecipanti.
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
73
Scheda Iscrizione:
Quote di Partecipazione (IVA Inclusa):
Ä 60,00 IVA Inclusa per i SOCI ISPLAD se in regola con la quota associativa
Ä 150,00 IVA Inclusa per i NON SOCI
Gli incontri sono gratuiti per gli specializzandi in Dermatologia e Venereologia iscritti all’ISPLAD purché in regola con il pagamento della quota
associativa per l’anno 2007. Tutti gli incontri verranno sottoposti alla Commissione ECM del Ministero della Salute per l’assegnazione di crediti formativi
validi per l’aggiornamento continuo del medico; per tutti i corsi è previsto un numero massimo di 150 partecipanti.
Per qualsiasi chiarimento è a disposizione la Segreteria Organizzativa ISPLAD, ai seguenti numeri: tel. 02.20404227, fax 02.29526964 o al seguente
indirizzo di posta elettronica: [email protected].
Per poter partecipare ai Corsi è necessario compilare ed inviare al più presto via fax il modulo allegato, inclusa la copia dell’avvenuto pagamento o, in
alternativa, collegarsi al sito www.isplad.org, accedere alla sezione Le Attività – Corsi di Aggiornamento, compilare il modulo di adesione direttamente
on line, inviando via fax la copia dell’avvenuto pagamento.
Corso/i a cui intendo partecipare:
Roma, 3 Febbraio
Parma, 17 Marzo
Trattamento degli inestetismi Alghero (SS), 14 Aprile
degli arti inferiori
Tirrenia (PI), 22 Settembre
Napoli, 24 Novembre
Milano, 1 Dicembre






Bari, 17 Febbraio

Torino, 31 Marzo

Verona, 8 Settembre

Genova, 20 Ottobre

Catania, 10 Novembre

Rinnovo/Iscrizione ISPLAD
Iscrizione ai Corsi
Indicare la modalità di pagamento (€ 50,00)
Visa/CartaSì
American Express
Eurocard/Mastercard
Diners
Eritrosi
Indicare la modalità di pagamento
Visa/CartaSì
American Express
Eurocard/Mastercard
Diners
Numero carta __________________________________________________
Numero carta __________________________________________________
Scadenza _ _ / _ _ intestata a ____________________________________
Scadenza _ _ / _ _ intestata a ____________________________________
Firma _________________________________________________________
Firma _________________________________________________________
Bonifico bancario:
Banco di Roma Pisa 1 - Lungarno Galilei, 17 - Pisa
c.c. 65187736 - ABI 3002 - CAB 14000 intestato a ISPLAD
Bonifico bancario:
Banco di Roma Pisa 1 - Lungarno Galilei, 17 - Pisa
c.c. 652546/54 - ABI 3002 - CAB 14000 intestato a Derplast Service Srl
Modulo di Adesione
compilare in ogni sua parte ed inviare via fax al n. 02.29526964
Consenso al trattamento dei dati personali.
Con la presente acconsento al trattamento degli unici dati personali ai sensi del testo unico sulla privacy (D.L. 196/2003, art. 7 e 13).
Nome _____________________________________________________________________ Cognome ____________________________________________________
Nato/a a __________________________________________________ (prov._____) Il (gg/mm/aaaa) ____________________________________________________
Codice Fiscale ____________________________________________________ P .IVA _________________________________________________________________
Indirizzo ____________________________________________________________________________________________________ C.A.P. _______________________
Città ___________________________________________________________ Prov. _________ Telefono _______________________Fax _______________________
Cellulare __________________________________________________ E-mail ________________________________________________________________________
Specialista in Dermatologia dal: (anno) ___________________________________________ Università _________________________________________________
Specializzando in Dermatologia: (anno di corso) _____________________________________ Università ______________________________________________
Socio ISPLAD:
SI 
Altra Specializzazione
74
NO 
Versamento quota ISPLAD 2007: già in regola 
in modulo allegato 
SI  __________________________________________________________________________________________________________
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
Protein oxidation and degradation
during aging: role in skin aging
and neurodegeneration.
Free Radic Res. 2006; 40(12):1259-68.
Widmer R
Ziaja I
Grune T
Research Institute of Environmental Medicine,
Heinrich Heine University Dusseldorf, Germany
S
During aging, the products of oxidative processes
accumulate and might disturb cellular metabolism.
UMMARY
Among them are oxidized proteins and protein
aggregates. On the other hand, in a functioning
metabolic system oxidized proteins are degraded, mainly by the proteasome. During
aging, however, proteasome activity declines. Therefore, the ability to degrade oxidized
proteins is attenuated. The following review summarises the accumulation of oxidized
proteins and the decline of the proteasomal system during skin and brain aging including some age-related neurodegenerative processes. The role of protein aggregates will
be discussed as a potential reason for the accelerated dysfunction of tissue during aging.
Fluorescence diagnosis
and photodynamic therapy
in dermatology from experimental
state to clinic standard methods.
J Environ Pathol Toxicol Oncol. 2006; 25(1-2):425-39.
Fritsch C
Ruzicka T
Private Dermatological Clinic,
Bank-Str. 6 - Arztehaus, 40476 Dusseldorf, Germany
SU M M A R Y
The role of photodynamic therapy (PDT) in the
treatment of in situ neoplasias and tumors of the
skin is steadily increasing. An intratumoral enriched photosensitizer and its activation by light are
the principles of photodynamic action. Aminolevulinic acid (ALA) has been shown to
be the drug with most experimental and clinical use in the past. The highest efficacy
with most selectivity in topical PDT is postulated for methyl aminolevulinate or
methyl aminooxopenoat (MAL, MAOP, Metvix). For solar keratoses, topical PDT
using MAL is already considered to be the treatment of choice. Epithelial skin tumors
such as basal cell carcinomas also respond very well, however, a debulking procedure of the exophytic tumor tissue is an absolute prerequisite to a successful cure. In
addition to functioning as a novel therapeutic tool, photodynamic sensitization of
skin cancer cells is increasingly used for fluorescence diagnosis (FD) (also known as
photodynamic diagnosis or PDD). The fluorescence of induced porphyrins is effective in detecting and delineating neoplastic skin areas. Future approaches of FD and
PDT are nontumoral applications, especially psoriasis, viral-induced diseases, or
acne vulgaris. Topical PDT is well tolerated and leads to excellent aesthetic results
with only minor side effects
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
79
Effects of moisturization on epidermal
homeostasis and differentiation.
Clin Exp Dermatol. Published article online: 27 Nov 2006
SU M M A R Y
Short RW
Chan JL
Choi JM
Egbert BM
Rehmus WE
Kimball AB
Moisturizers are commonly used for routine skin
care. This study assessed the effects of a moisturizer
on barrier function, epidermal architecture, keratinocyte proliferation, and physiological regulation of
the epidermis in photoaged but otherwise normal skin. Fifteen women with moderately
photoaged forearms were treated twice a day for 4 weeks with a moisturizer containing
dimethicone and glycerine. Baseline and post-treatment transepidermal water loss
(TEWL) and ipsilateral forearm biopsies were obtained. Epidermal thickness, melanin
levels, keratinocyte proliferation, and expression of keratins were evaluated. Induction
of keratins 6 and 16, commonly associated with keratinocyte proliferation and wound
healing, was observed. Epidermal thickness increased by 0.019 mm (P = 0.005), barrier
function improved (TEWL decreased by 13%) and melanin intensity decreased (P =
0.004). Even nonxerotic, photoaged skin may appear younger, benefiting structurally
and functionally from routine use of moisturizers containing dimethicone and glycerine.
Department of Dermatology, Stanford University
Medical Center, Stanford, CA, USA.
Prognosis for cutaneous melanoma
according to surgical department:
comparative study at a tertiary
care hospital.
Actas Dermosifiliogr. 2006 May; 97(4):247-52.
Aviles JA
Lazaro P
Servicio de Dermatologia, Hospital General
Universitario Gregorio Maranon, Madrid, Espana.
80
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
SU M M A R Y
Introduction: Surgical treatment of melanoma is
performed by dermatologists and general or plastic surgeons. It is not known whether the type of
specialist treating the melanoma results in a diffe-
rent prognosis for these patients.
Material and Methods: A retrospective study was carried out on the epidemiological,
clinical/histological and evolutional characteristics of all patients diagnosed with
melanoma at Hospital Gregorio Maranon over a 10-year period (1994-2003). The
differences by hospital department where the patients were treated (dermatology,
general surgery and plastic surgery) were noted.
Results: Over 90 % of the patients with melanoma were treated by the Dermatology
Department. The thickness of the tumors and the presence of histologic ulceration were
significantly higher in the melanomas treated by general and plastic surgeons (p
<0.05). The differences in overall average survival (105, 55 and 77 months) and disease-free time (88, 24 and 51.3 months) in the melanomas operated on by dermatologists, general surgeons and plastic surgeons, respectively, were significant (p <0.001).
Conclusions: This study confirms that there are significant differences in the clinical
and histological characteristics and the life prognosis of patients with cutaneous
melanoma treated by different specialists. The melanomas treated by general or plastic surgeons have usually been developing for a longer time, and therefore are
thicker and more often ulcerated than those treated by dermatologists, resulting in a
lower survival period. With appropriate medical and surgical training, dermatologists are the most suitable specialists for early diagnosis and treatment.
Differences in biopsy techniques
of actinic keratoses by plastic surgeons
and dermatologists:
a histologically controlled pilot study.
Arch Dermatol. 2006 Apr; 142(4):455-9. Comment in: Arch Dermatol. 2006 Oct; 142(10):1363-4.
S
Objective: To compare differences in biopsy techniques of actinic keratoses between dermatologists
UMMARY
and plastic surgeons.
Design: Blinded, comparative, retrospective study.
Setting: Dermatopathology laboratory at a major academic medical center with
referral of outside cases.Intervention We reexamined the histopathologic slides of
405 actinic keratosis biopsy specimens obtained by plastic surgeons and dermatologists from January 1, 1992, through May 31, 2002. We were specifically interested
in the type of biopsy technique (shave, punch, or excisional biopsy) used for the surgical management of actinic keratoses by both groups of physicians. We also recorded the clinical diagnoses rendered on the dermatopathology request form and compared them with the histopathologic diagnoses.
Results: Excisional biopsies were performed by plastic surgeons in 50.0% of the cases,
compared with only 1.4% by dermatologists. In contrast, shave biopsies of actinic keratoses were performed by plastic surgeons in only 32.4% of the cases, compared with
89.4% by dermatologists. Only 1 (0.5%) of the 198 dermatopathology request forms
submitted by the plastic surgeons mentioned actinic keratosis, compared with 82
(39.6%) of 207 histopathologic evaluation requests submitted by dermatologists.
Conclusions: The predominance of excisional biopsies of actinic keratoses by plastic
surgeons may be related to a different ability in the clinical recognition of actinic
keratoses compared with that of dermatologists. The surgical approach of dermatologists to shave diagnostically uncertain cutaneous lesions is less invasive than that
of plastic surgeons and is more likely to achieve a better cosmetic outcome
Sellheyer K
Bergfeld WF
Department of Anatomic Pathology,
Section of Dermatopathology,
The Cleveland Clinic Foundation,
OH 44195, USA.
Management of injected hyaluronic
acid induced Tyndall effects.
Lasers Surg Med. 2006 Mar; 38(3):202-4.
Hirsch RJ
Narurkar V
Carruthers J
Skincare Doctors, Cambridge,
Massachusetts 02138, USA.
82
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3
SU M M A R Y
Background and Objectives: Soft tissue augmentation represents a cosmetic procedure performed
with increasing frequency.
Study Design/Materials and Methods: Correct utilization permits precise correction of facial rhytids and scars. Novice injectors occasionally inject too superficially in tissue with the resultant appearance of discoloration secondary to the Tyndall effect.
Results and Conclusion: In this article, we will review the Tyndall effect in the skin
and management options for this growing problem in aesthetic dermatology.
Informazione editoriale
L’enigma dell’Impact Factor
L’ Impact Factor (IF) è un importante criterio di misurazione obiettiva per giudicare il valore di una qualsiasi pubblicazione scientifica (2).
Come è nato l’IF?
L’IF è un prodotto dell’Institute of Scientific Information (ISI) di Philadelphia, Pennsylvania, USA, che è un ente privato. L’ISI ha iniziato la
sua attività negli anni ’50 e possiede un database delle riviste registrate mediante il Science Citation Index (SCI) (3, 4).
Lo scopo del database dell’ISI era di creare prodotti per la vendita,
come per esempio ricerche bibliografiche, o di permettere l’identificazione dei singoli ricercatori impegnati in argomenti particolari.
Più tardi, negli anni ’60, Garfield e Sher (1) hanno sviluppato il concetto di IF, un indice utilizzato internamente all’ISI per stabilire la qualità
relativa di una rivista al fine della sua inclusione nel loro database.
Che cos’è l’IF?
Se un articolo è stato citato molte volte in letteratura, si può concludere indirettamente che questo articolo ha avuto un certo impatto
sulla comunità dei ricercatori.
Per meglio comprendere il concetto è necessario un breve glossario:
Rivista “citante”: la rivista che cita una voce bibliografica.
Rivista “citata”: la rivista che è stata citata nella voce bibliografica.
Fonti bibliografiche: sono definite tali tutti gli articoli citabili. Sono
considerate voci bibliografiche gli articoli originali, le review, i casi
clinici, gli articoli dei supplementi di simposi. Non sono considerate fonti bibliografiche le lettere (con l’eccezione dei casi in cui in
realtà sono articoli, come in Nature), gli abstract, i commenti e gli
editoriali.
L’IF di una rivista, relativo a un dato anno, può essere definito come
il rapporto tra il numero totale di citazioni ricevute in quell’anno dagli
articoli pubblicati su quella rivista nei due anni precedent e il numero totale delle fonti bibliografiche pubblicate nello stesso periodo (i due
anni precedenti) dalla stessa rivista.
Pertanto:
(1)
(1)
articoli sulla ricerca di base sono in grado di attrarre numerosi
autori/ricercatori di un’ampia gamma di settori.
- Le riviste accessibili liberamente on line sono lette da più persone, per cui hanno maggiori possibilità di essere citate (5, 6).
- Eccessiva auto-citazione sia da parte dell’autore, sia da parte della
rivista stessa. A volte gli “editor” di una rivista sono stati accusati
di obbligare gli autori a citare voci bibliografiche tratte dalla loro
stessa rivista (7). La scelta editoriale di accettare articoli sulla base
della possibilità di attrarre delle citazioni può essere considerata
come un altro possibile elemento di distorsione.
Limiti dell’IF
L’IF ha molti limiti che appaiono evidenti se si considerano gli elementi di distorsione e di pregiudizio sopra citati.
L’IF è specifico per rivista e non per articolo o per autore.
Soltanto pochi articoli di una rivista su un argomento di grande interesse possono incrementare l’IF in modo sostanziale. Secondo il
database dell’ISI, sono soltanto 150 le riviste di riferimento per il 50%
delle citazioni fatte su tutte le riviste in circolazione e per il 25% degli
a rticoli pubblicati (9). Anche se alcuni articoli possono essere citati
negativamente, tuttavia queste citazioni sono conteggiate nel calcolo dell’IF. Analogamente le citazioni di maggiore e quelle di minore
importanza non sono considerate diversamente nel calcolo dell’IF.
Le citazioni riflettono soltanto l’interesse per l’articolo da parte dei
ricercatori e non l’utilità o la qualità degli articoli, pertanto un articolo controverso godrà di molte più citazioni.
Il periodo di due anni considerato nel calcolo dell’IF può essere appropriato per gli argomenti di principale interesse, ma lo è molto meno
per la maggior parte degli argomenti che hanno un’evoluzione lenta.
Non tutte le riviste “p e e r-reviewed” sono inserite nel database dell’ISI,
per cui le escluse non possono ricevere un IF pubblicato sul JCR.
Quando una rivista inoltra richiesta di inserimento nel database
dell’ISI, essa viene valutata da un apposito team editoriale.
I principali parametri di valutazione utilizzati sono:
1. Regolarità della pubblicazione.
2. Profilo del comitato editoriale.
3. Se la rivista è basata sulla “peer-review”.
4. Pertinenza e attualità dei contenuti.
Citazioni ricevute nel 2006 degli articoli pubblicati nel 2005 e 2004 su quella rivista
IF della rivista nel 2006 =
Numero di fonti bibliografiche pubblicate nel 2005 e 2004 su quella rivista
Ogni anno a luglio/agosto l’IF dell’anno precedente di una rivista
viene pubblicato dal Journal of Citation Report (JCR).
Distorsioni nella valutazione dell’IF
- Viene preferita la lingua inglese.
- L’inserimento delle riviste nel database ISI ha un limite numerico.
- Alcuni articoli sono più citabili di altri. Per esempio, una review ha
la possibilità di essere citata molte più volte rispetto a un caso clinico, che potrebbe non essere mai citato. La review potrebbe non
a g g i u n g e renulla di nuovo alla letteratura scientifica, ciò nonostante è in grado di incrementare l’IF di una rivista. Una rivista che non
pubblica casi clinici ha maggiori possibilità di avere un IF più alto.
Un argomento altamente specializzato all’interno di una sotto-specialità ha una possibilità molto limitata di essere citato, mentre gli
Bibliografia
1. Nayak BK. The enigma of impact factor. Indian J Ophthalmol 2006; 54:225-6.
2. Garfield E, Sher M. New factors in the evaluation of scientific literature
through citation indexing. American Documentation 1963, p. 195-201.
3. Science Citation Index. http: / /www.isinet.com/products/ citation/ sci/
Accessed on 24 October, 2006.
4. Garfield E. Citation indexes for science: A new dimension in documentation
through association of ideas. Science 1955; 122:108-11.
5. Eysenbach C. Citation advantage of open access articles. PLoS Biol 2006;
4:e157.
6. Bavdekar SB, Sahu DR. Path of progress: Report of an eventful year for the
journal of postgraduate medicine. J Postgrad Med 2005; 51:5-8.
7. Smith R. Journal accused of manipulating impact factor. BMJ 1997; 314:463.
8. O’Neill J. The significance of an impact factor: Implications for the publishing
community. Learned Pub 2000; 13:105-9.
Obiettivo della rivista
Articoli in supplementi al fascicolo
Il Journal of Plastic Dermatology, organo
ufficiale dell’International-Italian Society of PlasticAesthetic Dermatology, si rivolge a tutti i dermatologi (e cultori della materia) che vogliono mantenersi aggiornati sia sugli aspetti patogenetici degli
inestetismi e dell’invecchiamento della cute, sia
sull’uso delle nuove tecnologie (laser, radiofrequenza, luce pulsata, ecc), delle sostanze esfolianti,
dei materiali iniettivi per la supplementazione dermica, dei dermocosmetici, degli integratori, ecc.
Il Journal of Plastic Dermatology pubblica, articoli
originali, casi clinici, rassegne, report congressuali
e monografie.
Payne DK, Sullivan MD, Massie MJ.
Women’s psychological reactions to breast cancer.
Semin Oncol 1996; 23 (Suppl 2):89
Preparazione degli articoli
Gli articoli devono essere dattiloscritti
con doppio spazio su fogli A4 (210 x 297 mm),
lasciando 20 mm per i margini superiore, inferiore
e laterali.
La prima pagina deve contenere: titolo, nome e
cognome degli autori, istituzione di appartenenza e
relativo indirizzo. La seconda pagina deve contenere un riassunto in italiano ed in inglese e 2-5
parole chiave in italiano ed in inglese.
Per la bibliografia, che deve essere essenziale, attenersi agli “Uniform Requirements for Manuscript submitted to Biomedical Journals” (New Eng J Med
1997; 336:309). Più precisamente, le referenze
bibliografiche devono essere numerate progressivamente nell’ordine in cui sono citate nel testo (in
numeri arabi tra parentesi). I titoli delle riviste devono essere abbreviate secondo lo stile utilizzato da
PubMed (la lista può essere eventualmente ottenuta
al seguente sito web: http://www.nlm.nih.gov).
Articoli standard di riviste
Parkin MD, Clayton D, Black RJ, Masuyer
E, Friedl HP, Ivanov E, et al. Childhood leukaemia in
Europe after Chernobil: 5 year follow-up. Br J Cancer
1996; 73:1006
Articoli con organizzazioni come autore
The Cardiac Society of Australia and New
Zealand. Clinical exercise stress testing. Safety and
performance guidelines. Med J Aust 1996; 164:282
84
Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 2
Libri
Ringsven MK, Bond D. Gerontology and
leadership skill for nurses. 2nd ed. Albany (NY):
Delmar Publisher; 1996
Capitolo di un libro
Phillips SJ, Whisnant JP. Hypertension and
stroke. In: Laragh JH, Brenner BM, editors. Hypertension: pathophysiology, diagnosis, and management.
2nd ed. New York: Raven Press; 1995, p.465
Figure e Tabelle
Per favorire la comprensione e la memorizzazione del testo è raccomandato l’impiego di
figure e tabelle. Per illustrazioni tratte da altre pubblicazioni è necessario che l’Autore fornisca il permesso scritto di riproduzione.
Le figure (disegni, grafici, schemi, fotografie)
devono essere numerate con numeri arabi secondo
l’ordine con cui vengono citate nel testo ed accompagnate da didascalie redatte su un foglio separato.
Le fotografie possono essere inviate come stampe,
come diapositive, o come immagini elettroniche
(formato JPEG, EPS, o TIFF).
Ciascuna tabella deve essere redatta su un singolo
foglio, recare una didascalia ed essere numerata
con numeri arabi secondo l’ordine con cui viene
citata nel testo
Come e dove inviare gli articoli
Oltre al dattiloscritto in duplice copia, è
necessario inviare anche il dischetto magnetico
(formato PC o Mac) contenente il file con il testo e
le tabelle.
Gli articoli vanno spediti al seguente indirizzo:
Dott. Pietro Cazzola
Edizioni Scripta Manent
Via Bassini 41
20133 Milano
E-mail: [email protected]
[email protected]

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