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BdCT Centro-America
Cancùn - Panamà
22 febbraio - 26 marzo 2015
22 febbraio 2015
Dia 1: Cancùn-Tulum
155 km
Terreno: Pianura
Tempo: 6 ore circa
Media: 25 km/h circa
Temperatura: alta (33 °C almeno)
Scottature: diffuse
Sveglia ore 7.30. Colazione in ostello e check-up delle biciclette, giunte integre a destinazione e rimontate già la sera
dell'arrivo in terra messicana.
Salutiamo Cancùn, mecca del turismo di massa dei gringo, attraversando la "zona hotelera", lingua di terra infestata di
iguana e coccodrilli, piena di resort dal discutibilissimo gusto architettonico.
Partiamo verso le 10 del mattino, reduci da una notte trascorsa facendo a cazzotti con il jet lag, risolto con una
passeggiata fino alle 3 (am).
I palazzoni dei resort di Cancùn si collocano sullo sfondo del mar dei caraibi, oggi agitato da un vento teso proveniente da
sud.
Già...SUD! La nostra direzione! Raffiche di vento in faccia. Prime imprecazioni... Ma per fortuna la Porro-locomotiva non
tarda a scaldarsi. Io mi esercito nella nobile arte del "succhia-ruota".
Tutto fila liscio, senza soste, fino al km 50 quando sono io ad accusare i primi sintomi generati dal buon ritmo, dal vento
in faccia e dal caldo torrido. Sosta tecnica in un pueblo al margine della nostra autopista 307. Fagocitiamo 3 banane e un
mango a testa comprati in una fruteria che è la prima timida manifestazione di cultura messicana lungo il cammino.
Ripartiamo ringalluzziti, direzione Playa del Carmen. Giunti sul posto (km 85) ci mangiamo un intero pollo arrosto diviso
in due e ingolliamo 2,5 litri di coca cola (1,25 a testa) e acqua a volontà.
Dopo lo "spuntino" raggiungiamo la spiaggia per goderci un po' di quella brezza che sulla strada è un incubo.
Ripartiamo verso le 15. La morsa del caldo non molla un cazzo. È al km 105 che si verifica il primo grande evento che
storicamente caratterizza ogni BdCT: CRISI NERA. Mia naturalmente. Rallento da 30 a 28 km/h. Poi 24, 18, 12, 4, 0
km/h. Appoggio la bici in terra e comincio a vaneggiare. Mi sdraio sull'asfalto e mi verso acqua in faccia, nella speranza
che il torpore diffuso generato dal caldo e dalla fatica possa tradursi in qualcosa di diverso... Qualsiasi cosa. Bevo sali
minerali e mi riprendo lentamente.
Ripartiamo. Sono le 17 circa e ci mancano 45 km all'arrivo. Porro sale in cattedra e si mette a tirare per scongiurare un
arrivo di tappa al buio. 30-31 km/h fissi, che il suo contachilometri balordo segna solo come 28 km/h.
All'imbrunire giungiamo finalmente a Tulum e troviamo alloggio nell'ostello dal quale stoscrivendo grazie alle indicazioni
ricevute da una giovane coppia di polacchi in vacanza.
Per oggi è tutto.
Non riusciamo ancora acaricare foto. Per quelle toccherà aspettare la disponibilità di un pc vero e proprio che speriamo
salti fuori nei prossimi giorni.
Hasta luego!
--- --- --23 febbraio 2015
Dia 2: Tulum-Tulum
10 km
Terreno: Pianura
Tempo: 10 ore
Media: 1 km/h
Temperatura: altissima (brezza salvifica)
Scottature: in salsa barbacue
Sveglia ore 7.30.
Caffè e brioche? No. Ferraglia e attrezzi. Riparo un raggio della ruota posteriore frantumatosi nel finale di tappa del dia 1.
(Grazie Giovanni Simoni per la fornitura provvidenziale di raggi, sia normali che "bastardi"! Ri*ciclo partner tecnico
ufficiale del tour!).
Riparazione effettuata. Caffè e brioche? Macché! Cereali "zucaritos" e latte, nella migliore tradizione gringa, imposta dai
numerosi ospiti statunitensi dell'ostello "Weary" nel quale abbiamo pernottato.
Bicicletta? Oggi poca poca. Giusto quella che serve per raggiungere le rovine maya di Tulum. 10 km a/r.
Rovine stupende, popolate da iguana in ogni dove. (Le foto varranno più di mille parole).
Primo furto subito: camera d'aria, tiraraggi, multitool e levette di plastica... Incautamente lasciati nel borsellino sottosella
e da esso sottratti mentre visitavamo il sito archeologico.
Pomeriggio a "playa pescadores". Tuffo nel caribe e rosolatura lenta delle parti ancora non ustionate del corpo...
Ricaricando le batterie in vista del dia 3 che si preannuncia della stessa intensità del dia 1.
Al prossimo aggiornamento...
--- --- --24 febbraio 2015
Dia 3: Tulum-Felipe Carrillo Puerto
98 km
Terreno: Pianura
Tempo: 4 ore
Media: 25 km/h
Temperatura: picchiaduro equatoriale
Scottature: pelle delle braccia ormai croccante al punto giusto
CALDO CALDO CALDO.
VENTO VENTO VENTO. Contro, naturalmente.
Questi gli unici fattori certi. Per il resto, tappa "indecifrabile". Obiettivo di giornata: 150 km per arrivare a Limones,
piccolo pueblo che neanche appare sulle mappe. Risultato: arrivo a Felipe Carrillo Puerto, al km 98.
Perchè? Troppo caldo e vento contro, uniti a una partenza tardiva da Tulum, a cavallo delle 10:30.
Oggi per la prima volta ci siamo resi conto che tra due pueblos distanti che appaiono sulla mappa non c'è NIENTE, oltre
alla lingua d'asfalto che le unisce e la jungla maya che si estende a perdita d'occhio ai margini della strada stessa. Unica
eccezione oggi: un bar fatto di legno e tetto in foglie che serve bibite fresche. Una vera manna dal cielo.
Arriviamo a Felipe Carrillo Puerto trascinando i nostri corpi liquefatti dal caldo. Sono le 3 pm. Pranziamo e, dopo molte
valutazioni, decidiamo di non proseguire. Rischieremmo di arrivare a Limones senza sapere se dispone di alloggi, al buio.
Tenda e amaca entrambe da escludere, per due motivi: 1) le abbiamo lasciate a casa.
2) anche se le avessimo con noi non sapremmo dove metterle.
Quindi buona idea esserci liberati fin da subiro del loro peso.
Stanchezza. Il resoconto di oggi termina qui. Da domani sarà Belize
Peccato non riuscire ancora a caricare foto.
--- --- --25 febbraio 2015
Dia 4: Felipe Carrillo Puerto-Corozal (Belize)
168 km
Terreno: Pianura
Tempo: 7 ore e mezza
Media: 22 km/h
Temperatura: ormai lo sapete. 30 gradi e più
Vento: da sud, 25 km/h = in faccia, forte
Scottature: ormai siamo mestizos nelle braccia, nei polpacci, sul naso e sulle orecchie... e mozzarelle in tutto il resto del
corpo
Tappa LEGGENDARIA
Vari i motivi:
1) Distanza considerevole, tutta percorsa CONTRO VENTO.
2) Caldo tropicale, ormai una costante.
3) Sosta tecnica nel paese di Limones a mangiare tortillas comprate da Nino il Divino.
4) Bagno nella laguna di Bacalar in un posto di bellezza surreale, immersa in un contesto di povertà che lascia senza
parole.
5) Passaggio del confine Messico-Belize in bicicletta. Per una svista nei controlli da parte dei poliziotti messicani poco
attenti, siamo usciti dal Messico senza timbro di uscita ed entrati in Belize. Per 30 minuti (tempo che poi abbiamo
impiegato per risolvete la magagna) siamo stati clandestini a cavallo della terra di nessuno.
6) Arrivo a Corozal all'imbrunire in scia a un autobus il cui autista ci ha letteralmente scortato fino in paese.
Corozal è un posto assurdo. E il Belize in generale non sembra essere da meno. Quando sorgerà il sole vi sapremo dire
com'è con la luce.
7) Non c'è nulla da fare... Anche noi siamo gringos... E veniamo trattati di conseguenza.
Racconto in pillole e senza foto perché siamo stanchi morti e non abbiamo accesso a un pc. Scrivo da smartphone.
Buonanotte al continente americano.
Buongiorno Europa.
--- --- --26 febraio 2015
Dia 5: Corozal - Belmopan
54 km in bici
100 km in bus circa
Terreno: Pianura
Tempo: 2 ore e mezza in bici
Media: 22 km/h
Temperatura: canicola
Vento: da sud ovviamente, oggi un po' meno intenso
Scottature: prime bolle e vescicole in vista
Sveglia 6:30. Notte trascorsa all'insegna del recupero di energie dalla lunga giornata precedente. Energie non solo fisiche
ma anche mentali.
Siamo finalmente giunti in Belize e ieri, nel tentativo di farci un'idea del luogo, ci siamo soffermati a parlare con Patrick,
un ragazzo creolo che lavora nel nostro ostello. Patrick è la prima persona incontrata in tour a parlarci seriamente di
criminalità e a metterci in guardia. Noi, pur essendo in qualche modo preparati alla novella, siamo comunque sorpresi.
Mai nelle nostre carriere di viaggiatori ci era capitato di imbatterci in moniti simili e non capiamo se gli avvertimenti
siano da tarare su un tipo di viaggiatore "pecorone gringo" o se si applichino anche al nostro caso di mendicanti su due
ruote dalla mentalità europea, che sanno cosa sono i quartieri malfamati di Marsiglia, la periferia di Napoli o, senza
andare troppo lontano, il Pilastro a Bologna alle 3 di notte.
Questa perplessità di fondo, condita di curiosità e domande, avvolge il nostro sonno e si rifà viva al momento della
colazione, quando incontriamo nuovamente Patrick. Quest'ultimo, pur ribadendo i concetti già espressi la sera
precedente, ci rassicura e ci indica i luoghi sicuri da attraversare in bicicletta, senza possibilità che accada nulla di
sgradevole.
Questo confronto mattutino (indispensabile) ritarda la nostra partenza verso Orange Walk, terza città più popolosa del
Belize che come stato conta appena 300 mila abitanti (meno di Bologna!).
Partenza dunque con il solito caldo afoso. Ci fermiamo in paese a comprare acqua e biscotti secchi. Li compriamo in un
supermercato gestito da cinesi che abbiamo scoperto essere molto malvisti da queste parti. A detta di Patrick, sono
arrivati in massa in Belize appena 10-15 anni fa, quando il governo concedette loro agevolazioni per avviare attività
economiche. Oggi sono una potenza e per questo la popolazione locale non li tollera o, mevlio, li attacca per impossessarsi
della loro ricchezza. Basti pensare che alcuni negozianti cinesi servono i loro clienti "belini" (così abbiamo deciso di
battezzare gli abitanti di questo paese) da dietro delle sbarre di ferro che li fa sembrare in prigione ma che li fa stare al
sicuro.
Cinesi a parte, la tappa ha inizio. Breve sosta al km 30 circa e poi dritti fino a Orange Walk. La breve porzione di paese
che vediamo è fatta di foreste e campi di canne da zucchero. A tratti sembra di stare in Alabama e molte case ricordano
quella della piccola Jenny in Forrest Gump. In legno, cadenti, dai colori improbabili e spesso costruite su palafitte. Strade
in buone condizioni, guidatori rispettosi di noi ciclisti.
Ci fermiamo a Orange walk per pranzo. Ci concediamo il piatto nazionale, che sembra essere il piatto dell'intero
continente: riso e fagioli... Che uniti alle lenticchie di Tulum ci rendono dei "vaporetti" niente male.
Le signore che ci servono il pranzo ribadiscono alcuni dei moniti del buon Patrick e ci convinciamo a prendere un
autobus per Belmopan, la capitale amministrativa del paese.
Prendiamo il bus per vari motivi: per il caldo insopportabile e per portarci un pelo avanti sulla tabella di marcia, visto che
questo Belize non sembra averci accolto a braccia aperte. O forse lo ha fatto ma noi non l'abbiamo capito.
D'altronde qua non si capisce proprio un bel niente. Per strada si vedono sfilare afro-americani, mestizos, maya, bianchi
di origine tedesca, statunitensi e cinesi. Ognuno parla la lungua che vuole (creolo, spagnolo, cinese o un mischione dei
tre) e la "crisi di identità" è totale. L'impressione è proprio quella di trovarsi in mezzo a un popolo che non sa
minimamente quello che è... E che, tra le altre cose, regola i propri commerci con una momenta chiamata "dollaro del
Belize" che riporta stampata l'effige della regina Elisabetta d'Inghilterra!
Non dimentichiamo infine che'animale simbolo della nazione è il tapiro! E la pianta nazionale l'albero di mogano, oggetto
di recenti contese con il vicino Guatemala.
Saliamo insomma su un bus diretto a Belize City. Ci lasciano portare le bici a bordo. 1 ora e mezza di viaggio su uno
scuola bus americano in stile Otto dei Simpson, tutto colorato. A BC cambiamo bus e questa volta le bici vengono infilate
nel vano bagagli. Su entrambi i bus la musica (che l'autista ovviamente alza a tutto volume) è un misto di mielositá
messicana e rap da ghetto di New Orleans. I passeggeri-ascoltatori, che sembrano degli studenti di qualche istituto di
periferia statunitense o semplicemente una comitiva di galeotti accompagnati dalle fidanzate caraibiche, sembrano
contenti e si compiacciono del ritmo dondolando le loro teste coperte di cappellini da baseball o folte chiome afro. Ah!
Come dimenticarlo... A bordo c'è anche un rasta in stile jamaicano e un sosia di snoop dogg.
A me, in vena di speculazioni filosofiche, questo autobus ricorda il genere umano nel suo insieme: un misto di culture,
colori, lingue, abitudini, modi di dire e di fare tutti diversi... Ma tutti sullo stesso autobus, diretto non si sa bene dove. A
ostacolare il suo cammino si presenta qualche dosso e qualche camion carico di canne da zucchero... E su quest'ultima
immagine la mia bella metafora si infrange. Proprio non riesco a paragonare un camion carici di canna da zucchero a
qualcosa che metaforicamente ostacoli il cammino dell'Uomo. Vabè!
Arriviamo finalmente a Belmopan. Troviamo facilmente alloggio all'ostello El Rey, situato in una zona che ricorda, ancora
una volta, la periferia di New Orleans. Case basse, in legno, giardinetto e automobile parcheggiata davanti.
Per cena mangiamo una variante del pranzo: riso e fagioli, questa volta con pollo!
Ora son qua che scrivo e direi che per oggi è tutto. Domani, se tutto va bene, entriamo in Guatemala.
Godetevi le poche foto che siamo riusciti a caricare e seguiteci domani alle 14:30. Intervista in diretta su Radio Città del
Capo!
--- --- --27 febbraio 2015
Dia 6: Belmopan – El Remate (Guatemala)
107 km in bici
25 km in bus circa
Terreno: Ondulato
Tempo: 4 ore e 43 minuti in bici
Media: 23,36 km/h
Temperatura: inferno equatoriale
Vento: oggi clemente, a favore a tratti
Scottature: bolle e vescicole esplose. Braccia con lembi di pelle cadente.
Sveglia alle 7 circa a Belmopan, capitale amministrativa del Belize. Notte trascorsa presso l'ostello El Rey. Colazione in
camera a base di biscotti secchi e caffe' solubile (intramontabile passione di Alberto), addolcito da qualche cucchiaino di
zucchero di canna comprato la sera prima al supermercato. Zucchero rigorosamente bio, local, km 0 e tutto il resto...
D'altronde il nord del Belize e´interamente ricoperto di campi di canne da zucchero, che noi abbiamo attraversato. Alcuni
di questi campi sono stati appena incendiati per far spazio a nuove colture. Inebriati dal profumo di caramello respirato
durante il giorno, non abbiamo saputo resistere alla tentazione di acquistare la prelibata granella marroncina.
Tempo incerto. Persino qualche goccia di pioggia. Umidita´alle stelle.
Uscendo da Belmopan eravamo ancora leggermente vittima dei timori a noi trasmessi da Patrick il giorno precedente.
Siamo quindi usciti dalla citta´ in modo piuttosto guardingo, facendo attenzione che nessuno ci seguisse o mostrasse
strane intenzioni nei nostri confronti. Abbandonata la citta´ percorrendo la Western Highway, ci siamo immersi nel
contesto rurale e la "musica" e´cambiata rapidamente. Clima disteso e rilassato. Parlare di sorrisi nei nostri confronti da
parte dei locali sarebbe eccessivo, ma almeno non ci siamo mai sentiti in pericolo.
Prima sosta dopo circa 30 km. Coca cola, acqua e biscotti secchi. Ormai un "must".
Si fanno le 11 circa e il caldo comincia a sentirsi. Ripartiamo. Il terreno comincia a farsi piu´ondulato e finalmente un
po´di curve spezzano la monotonia vissuta fin qui, fatta di rettilinei interminabili. Prima di giungere al paese di Santa
Elena, "agganciamo" Jalil, un ragazzo di colore in bicicletta da corsa. E' diretto a Santa Elena e si mette in scia. Anche lui
impara ad apprezzare in fretta la scia della "Porromotiva".
A 2 km da Santa Elena, foratura. La mia ruota anteriore si affloscia. Cambio la camera d'aria, ma nel gonfiarla si rompe la
valvola. Si trincia in due di netto. Probabile difetto strutturale o troppa foga da parte mia nell'immettere aria. Jalil ride e
mi porge la sua pompetta, semplice ma molto piu´efficacie della nostra Zefal. Sara´anche di marca, ma una pompetta del
Belize le fa una pippa.
Giunti a Santa Elena, proseguiamo rapidi per il vicinissimo paese di Sant'Ignacio, dove ci fermiamo per una bibita
ghiacciata e rifornimento d'acqua. Io prendo una specie di tamarindo, Alberto una Belikin, birra "belisaria" a cui e' ormai
affezionato.
Pochi chilometri alla frontiera con il Guatemala. Prima di giungervi, ci concediamo una visita ad un sito archeologico
maya di Xunantunich.
Ci siamo. Dopo appena due giorni e' di nuovo tempo di controllo passaporti. Scopriamo di dover pagare 19 dollari per
lasciare il Belize. Abbiamo ormai imparato che, a torto o ragione, la gente del posto cerca di sfruttare il piu' possibile le
opportunita' offerte loro per spillare un po' di denaro agli stranieri. Paghiamo e varchiamo la soglia del Guatemala.
Siamo leggermente dispiaciuti perche' crediamo di esserci fatti influenzare un po' troppo dai moniti terroristici di Patrick.
In fondo, pensiamo, se lui e' cresciuto in un ambiente difficile fatto di gang e sparatorie, non e' detto che due italiani in
bicicletta, totalmente estranei al contesto e non coinvolti in alcun "losco affare", debbano vivere il Belize al suo stesso
modo.
Vabe'. Non e' tempo di guardare indietro ma avanti. Siamo in Guatemala. Siamo subito avvicinati da ragazzini che
cercano di fornirci aiuto alla dogana in cambio di qualche spicciolo. Ringraziamo per l'offerta ma cerchiamo di guardarea
avanti e proseguire sul nostro cammino.
Varcata la frontiera ci ritroviamo a Melchor de Mencos. Si parla di nuovo spagnolo e ora la moneta in uso e' il Quetsal,
non piu' il dollaro del Belize. Di Quetsal non ne abbiamo neanche uno. Proviamo a prelavare allo sportello ma i nostri
bancomat non funzionano. Andiamo in banca a cambiare qualche dollaro, ma nell'operazione perdiamo un sacco di
tempo. L'orario ci sfugge e, con i Quetsal finalmente ottenuti, ci concediamo un burrito di troppo.
Ripartiamo da Melchor che sono ormai le 4 del pomeriggio e dobbiamo ancora percorrere 70 km, di cui ignoriamo
l'altimetria. Si rivela un mangia e bevi, un saliscendi fatto di discese piacevoli e strappetti letali.
Si avvicina l'imbrunire e la pedalata diventa nervosa. Cominciamo a spingere a tutta per evitare l'oscurita', ma non ce la
facciamo. Le tenebre ci avvolgono. Appena questo accade ci fermiamo nel primo pueblo possibile e scopriamo che per
fortuna di li' si ferma un bus colectivo che puo' portarci a El Remate, comoda localita' in vista della visita a Tikal in
programma per il giorno seguente.
Montiamo le bici sul tetto con tiranti e spago (altro che portapacchi Thule!) e giungiamo a destinazione.
Ci sarebbe molto altro da raccontare, ma per oggi basta cosi'. Al prossimo aggiornamento!
--- --- --28 febbraio 2015
Dia 7: El Remate - Tikal- Flores
32 km
Terreno: leggermente ondulato
Tempo: 1 ora e 30 minuti
Media: 24 km/h circa
Temperatura: frescura del tramonto
Vento: quasi assente
Scottature: urgono impacchi di crema doposole
Sveglia 4:45 e pulmino per il sito archeologico maya di Tikal.
Passeggiata sul posto fino alle 14. Avvistamenti bestiali: coccodrillo, tacchino uccellato, scimmie, e due animali non
meglio identificati (si attendono i commenti di parenti e amici esperti in materia appena riusciremo a caricare le foto). Da
segnalare anche molti umani sovrappeso.
Tornati al nostro ostello Gardenia, dose endovenosa di wi-fi per scrivere gli aggiornamenti che ormai amate tanto...
E via, partenza per Flores, piccola cittadina che si trova su un'isola in mezzo a un lago. È collocata alla terraferma da una
sola strada.
Domani proseguiamo. In programma 160 km fino a San Antonio las Cuevas. Sveglia alle 6.
Meglio dormire e riposare. Notte.
Hasta pronto!
--- --- --1 marzo 2015
Intro Dia 8: lluvia!
Sveglia ore 6.
Io e Alberto ci alziamo e ci prepariamo. Siamo insolitamente in orario. A fermarci e falsare la tabella di marcia ci pensa la
pioggia!
Sarà sicuramente una giornata di "riposo cutaneo" e reidratazione.
Ma 160 km sotto l'acqua saranno lunghi...
--- --- --1 marzo 2015
Dia 8: Flores - San Antonio las cuevas
171,41 km
Nuovo record per lunghezza di tappa BdCT
Tante cose sono successe oggi.
Molte forature e problemi alle ruote.
Tutto sistemato. Pronti a proseguire...
--- --- --2 marzo 2015
Dia 9: San antonio las cuevas - Coban
Trasferimento a Coban in bus per motivi tecnici. Nuova rottura raggi ruota posteriore Andrea. Esauriti i raggi di
ricambio. Pioggia.
--- --- --3 marzo 2015
Dia 10: Coban- Ciudad de Guatemala
Nuovo trasferimento tecnico in bus.
Continua a piovere tra le montagne.
Stiamo bene e domani siamo pronti a dirigerci verso Quetzaltenango per pedalare sull'Alaska Pass (3000 metri e passa),
tra i vulcani e sulle rive del lago Atitlan.
Grazie a Cavaz per i validissimi appoggi!
--- --- --4 marzo 2015
Dia 11: Ciudad de Guatemala - Quetzaltenango
Trasferimento verso l'area del lago di Atitlan e dei vulcani.
--- --- --5 marzo 2015
Dia 12: Quetzaltenango - Panajacel
93,75 km
Terreno: montagna
Tempo: 4 ore e 47 minuti
Media: 20,14 km/h
Temperatura: gradevole
Vento: sostenuto, da nord. In faccia a tratti.
Scottature: ormai abbiamo completato la muta
RECORD!
Il primato di massima altitudine mai raggiunta dal BdCT oggi è stato abbattutto. Fino a ieri era il Col de la Bonnette coi
suoi 2802 metri a rappresentare il record, conquistato nel 2008 nel Tour delle Alpi.
Difficile fare meglio in Europa. Il cucuzzolo della Bonette rappresenta infatti la vetta carrozzabile più alta d'Europa!
Ci voleva il Centro America per intaccare il primato. Ebbene, da oggi il nuovo gigante ha un nome. Si chiama Alaska Pass
e coi suoi 3000 metri rappresenta la nuova asticella più alta della storia del BdCT.
Doverosa precisazione: la sua scalata non ha costituito in alcun modo un'impresa paragonabile alla Bonette, al Galibier,
all'Agnello, al Durmitor, al Vrsic e compagnia bella.
L'ascesa ha infatti avuto inizio da quota 2300 m e la cima, più che manifestarsi come luogo desolato, freddo e tempestoso
si è presentato sotto le spoglie di un tranquillo paesaggio di alta collina, paragonabile a qualunque scorcio su Monghidoro
o Loiano. Pendenze ragionevoli.
Notte!
--- --- --6 marzo 2015
Dia 13: Panajacel - Antigua
Panajacel si trova su un lago a 1650 metri slm. Le pendici del territorio circostante sono ripide e scoscese. Una strada sola
conduce fuori da questa depressione. Ripida. Punto. 8 km circa con pendenza media al 10%, massima al16-18%.
Insomma, usciti dal "pozzo" ci si trova a 2400 metri.
Tutto bene fin qui. Gran fatica ma begli scorci sul lago e solito appagamento da endorfine. Bel tempo.
Continua la salita, piú leggera, e in lontananza si stagliano nuvoloni che non promettono nulla di buono.
A 2600 metri ci troviamo DENTRO ai nuvoloni. Freddo, pioggia, vento. Visibilità scarsa. Inizia la discesa e ci fermiamo al
primo incrocio, snodo di bus e camionisti. Ci beviamo un caffe e aspettiamo un mezzo per Chimaletango.
Saliamo su uno scuola bus gringo convertito a chicken bus latino. Stracolmo di gente (circa 8 per fila). Bici legate sul tetto
con sputo e spago.
L'autista guida come un pazzo ma sembra sapere cio che sta facendo. Prende anche una scorciatoia sterrata e delle buche
impressionanti. Compassione e terrore per le nostre bici, ma miracolosamente arrivano intatte e senza danni.
Chimaltenango é una cittadina polverosa, rumorosa e trafficata. Ci rimettiamo in sella diretti ad antigua. Solo 15 km ci
separano.
Giunti ad Antigua sobbalziamo sulle strade acciottolate e ci rendiamo subito conto della quantita impressionante di
turisti presenti sul posto, totalmente assenti in altre zone da noi attraversate.
Indecisione sul programma dei giorni a venire. Vulcano Acatenango si, vulcano Acatenango no? El Salvador? Honduras?
Bici? Bus? Tempo a disposizione?
Optiamo per 2 notti ad Antigua per fare il punto.
--- --- ---
7 marzo 2015
Dia 14: Antigua
Giorno di riposo ad Antigua
--- --- --8 marzo 2015
Dia 15: volcàn Acatenango
Nuovo record...
Vulcano Acatenango. 3976 metri. Vetta piú alta mai raggiunta (a piedi) dal BdCT.
Partenza da 2400 metri allo scoccare della mezzanotte. 1600 metri di ascesa in 4 ore e mezzo di cammino. Vento e gelo in
vetta ma niente neve. Solo un velo di ghiaccio al suolo. La nostra guida di nome Telesforo ha acceso per noi un fuoco per
riscaldarci. Alba ore 6:20 ammirata dalla vetta. Davanti a noi il picco del vulcano attivo del Fuego, che peró non ci ha
regalato eruzioni.
Il record precedente era detenuto dai 2900 metri toccati sull'Etna in Sicilia.
Foto disponibili nei prossimi giorni.
Domani salutiamo il Guatemala per entrare in El Salvador. Obiettivo: costa del balsamo fino a El Tunco. Tornerà a fare
un bel caldo rovente...
--- --- --9 marzo 2015
Dia 16: El Salvador
Cerco di riportarmi in pari con il dono della sintesi!
Arriviamo in località Mizata (El Salvador) e conosciamo il mitico signor Miguel. Spiaggia da cartolina e belle onde da
surf.
--- --- --10 marzo 2015
Dia 17: Mizata - San Salvador
Pedaliamo lungo la costa del balsamo.
Costa fatta di su e giù continui. Splendidi scorci sulle scogliere.
Giungiamo a La Libertad e andiamo al Pelicano, una casa palafitta in legno sulla spiaggia gestita da un ragazzo
conosciuto la mattina a Muzata. Ci prestano una tavola e proviamo goffamente a cavalcare qualche onda.
Bus per San Salvador e organizzazione trasferimento in Nicaragua per mattina seguente.
--- --- --11 marzo 2015
Dia 18: San Salvador - Leon (Nicaragua)
Bus alle 5 del mattino.
Attraversiamo San Salvador all'alba, aiutati dal gps.
Saliamo su un bel bus che ci serve colazione e pranzo.
Ore 15 circa giungiamo a Leon.
Mi accorgo di aver perso il cellulare, ma contatto la compagnia dei bus e ho un gran culo: l'hanno trovato sul mio sedile.
Mi era scivolato di tasca.
Prendo accordi per recuperarlo la mattina seguente. Ancora sveglia all'alba dunque.
La sera mangiamo dietro alla cattedrale in compagnia di Hayley, una simpatica ragazza canadese che alloggia nel nostro
stesso ostello e che viaggiava sul nostro bus. Bighelloniamo assieme per le strade del centro e lei ci racconta dei suoi
ultimi 5 anni trascorsi a viaggiare per il mondo.
--- --- --12 marzo 2015
Dia 19: Leon - Dulce Nombre (Jinotepe)
--- --- --13 marzo 2015
Dia 20: Dulce Nombre - Granada - Dulce Nombre
--- --- --14 marzo 2015
Dia 21 - Dulce Nombre- Balgue (isla de Ometepe)
70 km circa.
25 km/h medi circa.
BASTA BASTA BASTAAAAAA VENTO CONTRO!!!
Cominciamo a pensare di esserci imbattuti in un vero e proprio aliseo ostile!!!
--- --- --15 marzo 2015
Dia 22: Balgue - Liberia (Costa Rica)
90 km
20 km/h di media
Vento contro, sempre e conunque.
Sveglia, 30 km di bici tra i due vulcani dell'isola fino al traghetto che ci riporta verso la terraferma.
40 km controvento verso il confibe col Costa Rica.
Primo vero controllo alla dogana. Tutti gli altri sono state delle farse.
Entrati in Costa Rica la strada si fa ampia e liscia. La vegetazione si fa rigogliosa e le curve movimentano il
cammino, fin qui rettilineo e fatto di insulsi mangia e bevi.
Arriviamo fino a La Cruz. Comincia a far buio e prendiamo un bus per coprire gli ultimi km verso Liberia.
Km percorsi fin qui: 1340 circa. Da qualche giorno non trovo il contakm. O è sprofondato in qualche tasca delle
borse oppure l'ho smarrito. Amen.
Domani Arenal poi La Fortuna...
--- --- --16 marzo 2015
Dia 23: Liberia - Nuevo Arenal
65 km
Vento: terribile
Da Liberia a Canas vento snervante. In faccia o a tre quarti da sinistra.
La mappa del vento non ha bisogno di spiegazioni.
Giunti a Tilaran meno vento ma minaccia pioggia. Qualche km in bus poi bici fino ad una German Bakery a Nuevo
Arenal.
Posto surreale. Finalmente verde lussureggiante. Lago di Arenal in vista!
--- --- --17 marzo 2015
Dia 24: Nuevo Arenal - San Ramon - Cartago
95 km
2000 m di ascesa
17 km/h di media
Bel lungolago. Tutto su e giù. Strappetti e discese.
Visita a un amico poco dopo La Fortuna, in località Bosque, al km 52 circa. Passeggiatina nel boschetto per vedere le
piccole rane rosse tipiche della zona.
Gulash, riso, banane fritte e fagioli e via...
Al km 70 inizia la salita vera.
Al km 95 sono ormai le 17 e, come ogni giorno, fa buio presto.
Trasferimento verso Cartago passando per San Jose.
Raccolta di forze in vista di domani: Cerro de la Muerte a 3450 m.
http://en.m.wikipedia.org/wiki/Cerro_de_la_Muerte
Partenza da Cartago a 1450 m.
Destinazione San Isidro o Playa Dominical.
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Dia 25: Cartago - San Isidro
117 km da leggenda
Giornata dei RECORD.
Ecco i primati da oggi impressi a fuoco nella storia:
1) Vetta più alta mai raggiunta dal BdCT: Cerro de la Muerte (Costa Rica), 3335 m.
Scalzato l'Alaska Pass (Guatemala) coi suoi "miseri" 3000 metri.
Il Col de la Bonette coi suoi 2804 m resiste aggrappato all'ultimo gradino del podio.
2) Salita più lunga della storia del BdCT: 70 km ininterrotti da Cartago alla vetta del Cerro de la Muerte. Record
precedente detenuto dal Col de la Bonette con i suoi 33 km.
3) Oggi, mercoledì 18 marzo 2015, il BdCT ha pedalato al fianco di un Pro. Il suo nome è Gregory Brenes
(wikipedia, procyclingstats), unico compagno di squadra di Amador ai mondiali di Firenze. La Porromotiva, zavorrata
con le borse contenenti un avocado acerbo dal peso di 1 kg (oltre naturalmente ai suoi stracci puzzolenti), ha imposto il
ritmo sul costaricense nell'ascesa al Cerro de la Muerte. Ricordiamo che Brenes si è piazzato sedicesimo all'ultimo Tour of
California. Cuapio si è limitato ad assistere divertito alla scena, dopo essere stato bellamente sverniciato dal campioncino
di Cartago.
4) Non solo un Pro ma anche una giovane promessa del ciclismo centroamericano si è unita al BdCT nell'ascesa del Cerro
de la Muerte. Il suo nome è Diego Solano, diciottenne del team "Gruppo Orosi" sponsorizzato dalla Trek, impegnato in
allenamenti in altura in vista di importanti gare di cross-country in programma la prossima settimana a Bogotá,
Colombia. Diego si è guadagnato la simpatia del BdCT fin da subito. Agricoltore, studente e ciclista, si è distinto per aver
offerto un sorso di gazzosa a un Cuapio in vistoso affanno e per aver avuto la pazienza di fare qualche km al ritmo del
messicano per puro desiderio di fare due chiacchiere.
5) Discesa più lunga della storia del BdCT: 43 km, dai 3335 m della vetta ai 650 m di San Isidro, arrivo di tappa.
Per oggi è tutto... Ma direi che può bastare.
Pubblicheremo più foto a fine viaggio...
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San Isidro - Uvita
Un giorno ti trovi a 3300 metri. Il giorno seguente sul Pacifico... Qualcuno ci aveva chiesto foto più accattivanti delle
solite... Detto fatto!
65 km
Media: circa 20 km/h
Lasciamo San Isidro (quota 600 m) ed è subito salita. 12 km di ascesa e passo1200 metri. È fatta. Oceano Pacifico in
vista!
Planiamo fino a Playa Dominical. Bagnetto a Playa Hermosa tra onde e surfisti. Ci scoliamo una noce di cocco e poi ci
decidiamo a pedalare gli ultimi 6 km sotto il sole delle 5 del pomeriggio, ormai calante.
Il caldo, l'umidità e la brillantezza del verde della vegetazione che ci circonda sono impressionanti.
Giunti a Uvita, epopea nella ricerca dell'alloggio. Dopo difficoltosa esplorazione su viottoli sterrati, troviamo un ostello
vicino alla spiaggia. Sarebbe perfetto, ma lo riteniamo un po' troppo caro e popolato da umanoidi surfisti che parlano
solo inglese e sembrano usciti da O.C. (la serie). Il loro bell'aspetto non ci seduce a sufficienza e decidiamo di continuare
nella ricerca della Uvita più autentica.
In questi casi lo ZioBorgia, entità eterea protettrice del BdCT, protagonista di innumerevoli incarnazioni, si sfrega le
mani, ride e prepara il suo scherzetto... Proviamo all'hotel Tucan. Pieno.
Si fa buio, rompo un raggio della ruota posteriore (lato pignone) e inizia a piovere.
Può bastare. L'ironia dello ZioBorgia si arresta e comincia ad aiutarci per risalire la china. La prima incarnazione dello
ZioBorgia magnanimo è Giovanni Simoni, artefice dei raggi bastardi che ci portiamo dietro fin dall'inizio. Sostituiamo il
raggio sotto la tettoia gentilmente offertaci da un calzolaio in ciabatte e canottiera.
Ci rifocilliamo alla soda Lilly (i posti dove mangiare un pasto veloce ed economico qua in CR si chiamano soda).
Incontriamo Jan e Saskia, una coppia di Amburgo. Lui carpentiere e surfista, lei dipendente di un hotel. Sono in giro in
centro america da due mesi e mezzo e si sono conosciuti quattro anni fa in Nuova Zelanda. Ci vengono in soccorso
mettendo sul piatto un altro alloggio, trovato tramite passaparola di altri viaggiatori teutonici. Siamo a posto.
Ci resta solo una passeggiatina sotto la pioggia su una strada sterrata e arriviamo finalmente in una casa al fianco di una
falegnameria immersa nel verde.
Doccia, chiacchiere, contemplazione delle foto scattate durante il giorno... E tutti a nanna.
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20 marzo 2015
Dia 27: Uvita - Chitrè
Giornata di trasferimento in bus dal Costa Rica a Panama per scarsità di tempo, caldo e scarso interesse nella carretera
panamericana, trafficata, piatta e brutta.
Passiamo la frontiera (non senza qualche difficoltà) e arriviamo a David. Cambiamo e prendiamo un minibus per
Santiago. Cambiamo un'ultima volta e arriviamo fino a Chitrè.
110 km ci separano da Playa Venao, la nostra agognata meta...
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Dia 28: Chitrè - Playa Venao
Km 110
Media : 24,43 km/h
Velocita' max : 62 km/h
Ultimo giorno di scuola. Ultima tappa del BdCT America Central 2015. Da Chitre' a Playa Venao (Panama).
Risveglio all'insegna della pigrizia nel nostro hotel Santa Rita, un vecchio edificio in stile coloniale nel centro di Chitre',
localita' alle porte della penisola dell'Azuero.
Scendiamo nella hall al piano terra e ci beviamo un cafecito. Usciamo quindi a fare un giro a piedi, per cercare qualcosa
da mettere sotto i denti e per esplorare un po' questa localita' che la sera precedente ha saputo offrirci solo il Pio Pio (lo
zampino di Migna è palese), catena di fastfood votata al culto del pollo fritto, e due venditori ambulanti di perros
calientes.
Bighelloniamo per il mercato, chiedendo a un fruttivendolo se puo' fornirci una pianta di yuca. Il BdCT prosegue nel
solco della migliore tradizione legata al contrabbando. In passato la sorte del trasporto eccezionale transfrontaliero toccó
a un gattino bosniaco (Tour dei Balcani 2012), oggi si vorrebbe proseguire con un tubero e altri ortaggi di cui siamo
ghiotti. Sorpreso dalla domanda insolita, il venditore ci guarda incredulo e ci dice che no, non é possibile evadere la
nostra richiesta in giornata… alla peggio il sabato venturo. Che domande !
Troviamo poi un bar che fa al caso nostro e ci concediamo per colazione una bella omelette prosciutto, formaggio,
peperoni e cipolla, nonostante la nostra ricerca fosse piú orientata verso un ormai consueto arroz con frijoles (riso e
fagioli). Qua a Panama sembra essere meno comune che in tutti gli altri paesi centro-americani.
Fatta colazione, entriamo in un negozio cinese che vende un po' di tutto, compresi machete. Facciamo una serie di foto
curiose a questa insolita attivitá commerciale. Infine ci decidiamo a risalire in camera per preparare l'ultima partenza di
questo tour, l'ultima tappa.
Raccogliamo i nostri stracci e prima di partire facciamo un'altra sosta tecnica nella hall per usare un po' il wi-fi e
controllare alcune cose. La receptionist cerca di spaventarci comunicandoci che ha letto sul giornale della presenza di
serpenti velenosi nelle acque lungo le coste della penisola dell'Azuero, vicino a Pedasí, proprio dove siamo diretti. Mah…
sembra che da ste parti tutti provino quasi gusto nell'incutere timore a noi due visi pallidi…
Vabé, si parte ! Ultimi 110 km… Sole, caldo ma, per la prima volta in tutto il tour, vento moderato, prevalentemente in
faccia o laterale, ma favorevole a tratti.
Sosta a Las Tablas, dopo una trentina di chilometri. Acqua fresca, coca-cola e succo di frutta consumati in piazza,
all'ombra di un alberello, al fianco di un lucida scarpe in piena attivitá. Immaginiamo che il giorno anteriore a quello
della Santa Messa, sia motivo di grande premura da parte degli abitanti del posto. Quale onta sarebbe presentarsi nella
casa del Signore con le scarpe impolverate!
Via, nuova partenza. Mancano 80 km alla meta. Prossima sosta prevista a Pocrí, dopo un'altra ventina di chilometri. Lo
ZioBorgia, molto in vena di spiritosaggini in questo tour, decide di giocarci l'ennesimo dei suoi scherzetti. Staaaaang!
Nuova rottura di raggio alla mia ruota posteriore. Ancora una volta dal lato del pignone. Benedetti siano Giovanni
Simoni, le sue mani e i raggi bastardi che hanno saputo produrre. La rottura avviene immediatamente dopo un mio
tentativo di sfruttare la scia di un camioncino in un tratto di falsopiano in salita. Lo ZioBorgia vuole forse ricordarci che
tutte le mete vanno conquistate e che per arrivare a destinazione occorre soffrire fino all'ultimo, senza mai barare con sé
stessi o abbassare la guardia. Questo principio verra' ribadito un altro paio di volte prima di fine giornata.
Fortunatamente il guasto si verifica a pochi metri da una panaderia dotata di veranda dispensatrice di ombra. Strano
posto un rettilineo assolato nel bel mezzo di una steppa quello per aprire una attivitá di questo tipo. Non puó che essere
l'ennesimo gesto di pietá nei nostri confronti da parte dello ZioBorgia, spietato a tratti, ma altrettanto magnanimo in altri
momenti.
Ripariamo il guasto osservati da tre bambini curiosi, sorpresi sia dalle biciclette che dalla nostra voracitá nel divorare
panini e dolcetti alla cannella di ogni forma e dimensione.
Si riparte ancora una volta. Sosta rapida a Pocrí davanti a un market per comprare un po' di acqua fresca. Porro ne
compra due bottiglie. Una marcata Dasani (di proprietá della coca-cola), l'altra chiamata Purisima (di fattura
panamense). Quella «Purisima» ha il sapore di muschio selvatico. La Dasani invece scende giú liscia e insapore per il
gargarozzo.
Playa Venao, la nostra meta, non é piú un sogno. Comincia a materializzarsi non solo nei nostri pensieri, ma anche sui
cartelli stradali che ci indicano il cammino.
Mancano 60 km. Cominciano le colline che hanno fatto meritare alla Penisola dell'Azuero la fama di «Toscana
panamense». Su e giú e dislivello complessivo di giornata che continua ad aumentare. Alla fine saranno 928 i metri di
ascesa. Un buon passetto alpino in una giornata presuntamente pianeggiante.
6 km dall'arrivo. Sole al tramonto. Lo ZioBorgia si rifà vivo. Pssssssss. Foratura alla ruota posteriore di Porro, finora
indenne sul fronte dei guasti meccanici. Rimuoviamo una specie di spillo di metallo dai suoi copertoni schwalbe
marathon plus ormai logori, sostituiamo la camera d'aria e rigonfiamo il tutto.
Ma qualcosa ancora non va... Ripartiamo per coprire gli ultimi km e la gomma sembra essere nuovamente a terra.
Sospettiamo una nuova foratura e rismontiamo tutto. Nessuna foratura, nessun guasto alla valvola. Dopo qualche attimo
di perplessità e una manciata di imprecazioni, intuiamo che la mia pompetta, la stessa che ci ha fatto dannare in Belize
con l'amico Jalil, ha tirato gli ultimi e non è più capace di gonfiare sopra un certo numero di atmosfere. Per fortuna
abbiamo una pompetta di scorta.
Risolta anche questa, puntiamo decisi su Venao Cove e, più precisamente, su casa Las Moringas, dove ci aspetta la mia
amica Madalina.
Ormai è quasi buio, sono circa le 7 e dopo l'ennesimo saliscendi planiamo finalmente sulla porzione di costa del Pacifico
che tanto spazio ha occupato nei nostri sogni nel corso del viaggio. Incredibile pensare quanto sia lontana Cancun... Ma
tant'è... Ormai ci siamo.
Imbocchiamo una strada sterrata sulla sinistra, aiutati da un cartello con disegnata una bella bicicletta in nostro onore.
Dal buio e dalla vegetazione emerge una sola voce, quella di Madalina che ci da il benvenuto.
È finita.
Siamo arrivati!
Tre persone meravigliose ad accoglierci: Madalina, Silvia e Guillaume. A loro rivolgiamo un grazie di cuore e dedichiamo,
tra gli altri, questo viaggio.
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