newsletter 51-2015
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NEWSLETTER 51-2015 Iscriviti QUI alla Newsletter del Biologico…e non solo! ...ora siamo anche in Facebook!! NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO DONNE AFRICANE, CUSTODI DI CONOSCENZA AGRO-ALIMENTARE UTILE A CONTRASTARE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO. "Il modo per fare grandi cose è quello di fare in realtà piccole cose, farle crescere in modo che diventino grandi." Paul Graham Le donne africane rurali svolgono un ruolo chiave nella tutela della biodiversità, nella resistenza al cambiamento climatico e nella salvaguardia del diritto al cibo, ma su di loro grava la minaccia espansiva delle pratiche di coltivazione dell'agro-business e delle leggi che monopolizzano le sementi, responsabili del peggioramento del cambiamento climatico. A sancirlo è un nuovo rapporto dal titolo “Celebrating African Rural Women: Custodians of Seed, Food & Traditional Knowledge for Climate Change Resilience”(Celebrando le donne rurali africane, custodi di semi, cibo e conoscenza tradizionale per la resilienza ai cambiamenti climatici), diffuso lo scorso 25 novembre a Londra che celebra il contributo fondamentale reso dalle donne rurali africane all'umanità tutta e al pianeta Terra nel lavoro di selezione, coltivazione e valorizzazione della diversità sementiera e di protezione della biodiversità. La relazione definisce come la complessità di questa conoscenza si è evoluta attraverso il rapporto intimo instauratosi tra le donne, la terra e le sementi e la loro comprensione delle esigenze nutrizionali e culturali familiari e comunitarie, al centro della sovranità alimentare e dello sviluppo dell'adattabilità degli ecosistemi ai cambiamenti climatici. Come si legge nel sito della Fondazione Gaia, un vasto patrimonio di conoscenze sulle coltivazioni tradizionali, sui cibi selvatici, sulla nutrizione, sulle piante medicinali e sulla biodiversità rischia di essere irrimediabilmente perso in Africa, proprio quando sta diventando sempre più stringente il bisogno di sfruttare questo bagaglio per fare delle scelte più consapevoli e strategiche finalizzate a contrastare i cambiamenti climatici. La diversità colturale è fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici e le donne rurali, che sono le più informate riguardo alla coltivazione di questa diversità, risultano fortemente indebolite. Questo rapporto mostra come l'industria agroalimentare sta promuovendo leggi di monopolio delle sementi che criminalizzano i contadini che tentano di salvare, scambiano e vendono i loro semi - una pratica che è da millenni al centro dell'agricoltura locale e della valorizzazione della diversità sementiera. Liz Hosken, Direttore Fondatore della Fondazione Gaia e autore principale della relazione dice: "Oggi in Africa, sono i piccoli agricoltori - in prevalenza donne - a produrre l'80% del cibo su appena il 14,7% della superficie agricola, nonostante le pressioni crescenti. È dai tempi della colonizzazione africana che le donne vengono in maniera ingiusta danneggiate, anche dalle successive ondate di colonizzazione e dalle politiche e pratiche di globalizzazione. Nel luglio di quest'anno, molti governi africani hanno firmato delle leggi sulle sementi che sanciscono l'applicazione del protocollo ARIPO (si legga questo articolo del BAN di agosto) guidato dalle industrie agro-alimentari... [questo trattato] criminalizza gli agricoltori che salvaguardano, scambiamo e vendono i propri semi. Ricorrendo alle vie legali, poche multinazionali minacciano di controllare l'intero sistema sementiero e la produzione di cibo di tutto il continente, e così facendo, usurpano direttamente e minano la capacità del piccolo agricoltore di far fronte al cambiamento climatico. Questo problema è strettamente collegato al ruolo sacrosanto delle donne, custodi della diversità dei semi, che... subiscono la violazione dei loro diritti". Theo Sowa, Chief Executive del Fondo di Sviluppo delle Donne Africane ha aggiunto: "L'agri-cultura è un modo di vivere per gran parte della popolazione rurale africana. Si è evoluta nel corso dei millenni, portando allo sviluppo di vari sistemi culturali del cibo nel continente ed è tuttora fondamentale in tutti gli aspetti della vita locale: in questo processo le donne sono state direttamente coinvolte. Poiché questi sistemi di sostentamento non sono stati e non vengono messi al centro delle moderne economie di mercato, spesso vengono emarginati e talvolta denigrati. Il lavoro decennale con cui gli uomini del posto sono stati indirizzati a promuovere colture redditizie per i mercati esteri ha ulteriormente messo da parte le donne, che sono diventati sempre più invisibili, nonostante il loro ruolo fondamentale nel soddisfare le diverse esigenze nutrizionali, mediche e culturali della famiglia e della comunità. Di conseguenza, la conoscenza, lo stato sociale e la leadership delle donne sono stati minati sotto tutti i livelli." La professoressa Patricia Howard, botanico presso l'Università di Kent e autore di Donne e Piante: Relazioni di genere (2003) ha dichiarato: "Le donne sono tradizionalmente custodi dell'intero ciclo del seme che prevede diverse fasi (selezione, pulizia, conservazione) finalizzate all'individuazione dei semi da piantare ogni stagione. Al momento della scelta del seme, [le donne] ricorrono a una vasta gamma di criteri come la resistenza alla siccità, l'alimentazione, il gusto, il tempo di cottura e la conservabilità. Attraverso l'uso continuo e lo scambio di semi sono in grado di garantire sia il migliore potenziale genetico nei loro raccolti per far fronte ai vari stress ambientali, ai parassiti e alle malattie, che la qualità come crescita rapida e resilienza del clima. Poiché l'arrivo e il volume delle piogge in Africa sta diventando sempre più imprevedibile, sono questi semi adattati alle condizioni locali ad avere la resilienza necessaria per garantire che le famiglie possano nutrirsi e continuare a vivere in quest'epoca di grandi cambiamenti climatici." Liz Hosken ha affermato:"Abbiamo bisogno di sviluppare iniziative, programmi e politiche in grado di ri-nobilitare sia le conoscenze tradizionali di cui le donne rurali africane dono depositarie che il loro ruolo di leadership che detengono nella famiglia e nell'intera comunità. Il recupero e la valorizzazione della diversità sementiera insieme alla conoscenza tradizionale delle donne e al loro ruolo favoriscono la rigenerazione della coesione della comunità e dei sistemi alimentari ecologicamente sostenibili, alla base della resilienza al cambiamento climatico, del nutrimento del pianeta e delll'abbassamento delle temperature terrestri." (da Bio@gricoltura Notizie di AIAB – dicembre 2015) SOLO BANCHIERI E CONSULENTI FINANZIARI SONO AVIDI? Il recente ennesimo, e di certo non ultimo, episodio di raggiro a danni dei correntisti da parte di banche di ogni sorta ci porta a riflettere su dove risiedano le responsabilità di una simile situazione. A prima vista si direbbe che la colpa è dei banchieri disonesti, delle avide banche, degli speculatori finanziari. Ma è solo ed unicamente così? Ritengo che chi investe i suoi soldi sa bene a chi li consegna e anche i sassi sanno che le banche fanno i loro soldi molto spesso grazie ad affari e traffici tutt’altro che puliti e chiari, quindi di base non c’è da fidarsi. Ma perché le persone, nonostante sia risaputo che nelle banche non risiedano stinchi di santo e si ripetano costantemente episodi di raggiri, seguono le indicazioni di gatti e volpi che propongono investimenti, obbligazioni e operazioni finanziarie di ogni tipo? Per essere raggirati bisogna essere in due, c’è chi raggira e chi accetta e/o permette di farsi raggirare. Ma come mai si accetta il rischio di farsi raggirare? Perché si vuole che dai soldi che si consegnano a gatti e volpi si materializzino altri soldi. Così come per magia, senza fare nulla, i propri soldi vengono affidati a questi loschi figuri in giacca a cravatta o in tailleur, perché se ne vogliono avere sempre di più. Ma ci si chiede quanto la cosa sia singolare? Ma come fanno dei soldi a farci guadagnare altri soldi senza che si muova una paglia? Strano no? Se si accetta il rischio che dai soldi nascano soldi, senza chiedersi come mai, sfruttando chi, investendo su cosa, distruggendo indirettamente chissà quale ambiente e popolazione, trafficando in chissà quali armi, supportando chissà quale guerra, si dovrebbe anche accettare il rischio che, per la stessa logica dell’avidità, quei soldi si possano perdere. Di sicuro fra coloro che sono caduti nella trappola ci saranno persone inconsapevoli, anziane; ma comunque avevano dei figli, dei nipoti che potevano metterli in guardia ma non lo hanno fatto perché a loro volta hanno creduto o credono alla logica del soldo che produce il soldo. O almeno ci credono finché non perdono tutto, poi improvvisamente aprono gli occhi su chi erano veramente quelle “brave persone” a cui venivano affidati i risparmi di una vita. Ma anche i correntisti erano “brave persone”, brave persone che sfruttando qualcun altro, qualcos’altro e senza farsi troppi scrupoli e domande su come avveniva il miracolo della moltiplicazione dei soldi, speravano di guadagnare ancora di più. La logica che sta dietro a tutto questo sistema e lo mantiene in vita è l’avidità di tutti. Di certo banchieri e bancari sono maggiormente e colpevolmente responsabili, nessuno lo mette in dubbio e visto che siamo nel mondo della follia, saranno anche quelli che alla fine, in un modo o nell’altro, si salveranno nonostante abbiano rovinato la gente e portato pure al suicidio qualcuno; ma per chi con il miraggio dei guadagni facili si è fatto abbindolare c’è anche una parte di responsabilità. E’ altrettanto particolare notare che normalmente le persone piangono miseria, si lamentano, dicono di non avere soldi e poi, così come quando li spendono, fanno ben poca attenzione a dove li mettono e in mano a chi li danno. Possibile che prima di investire i guadagni di una vita non ci si assicuri su cosa si sta facendo e a chi li si sta dando? Della persona di colore che ci chiede una informazione per strada non ci fidiamo, del direttore di banca che ci ruba tutto certo che ci fidiamo, ovviamente, è una persona tanto per bene, magari va anche in chiesa. Non credo poi che si tratti di un problema di titoli di studio, di ignoranza, di inconsapevolezza, di poca cultura. Molte persone che hanno perso i loro soldi erano perfettamente in grado di intendere e di volere e con una cultura di base che gli permetteva senz’altro di capire, di sapere chi e cosa poteva esserci dietro a quei contratti. Ad ulteriore dimostrazione di ciò cito un altro episodio illuminante in merito. Non moltissimo tempo fa, a Roma, fu preso con le mani nel sacco il cosiddetto “Madoff dei Parioli”, tale Gianfranco Lande che truffò tutta una serie di personaggi di spicco tra cui anche valenti difensori di grandi ideali o sedicenti di pseudo sinistra. Persone note come Sabina Guzzanti e David Riondino, che avevano affidato i loro risparmi (centinaia di migliaia di euro, mica bruscolini) a Lande, perdettero somme ingenti. Ma come è possibile che gente del genere possa affidare i propri soldi a soggetti simili? Molto probabilmente perché anche loro, a differenza di quello che predicano o della cultura da cui provengono, hanno il solito miraggio di fare soldi con i soldi e qui non stiamo certo parlando dell’anziano inconsapevole ma di personaggi pubblici di solida cultura e informatissimi. La cosa che più sconcerta è sapere che tutta questa gente strapiena di soldi non sa letteralmente cosa farsene (così è se li affida ai Lande della situazione che parlano di favorevole congiuntura economica); li potrebbe invece investire in progetti e azioni ben più interessanti, utili e anche più in linea con gli ideali di cui parlano alle folle italiane nei teatri, nelle televisioni, nei cinema, additando questo o quel politico ladro e così via. Mi sono sempre chiesto: se le persone straricche e teoricamente “impegnate” investissero anche solo una piccola parte del loro denaro in progetti seri, quante cose si potrebbero fare? Quanto più si potrebbe cambiare in meglio il mondo piuttosto che non continuare a fare da una parte i “buoni” e dall’altra sostenere saldamente il sistema che più di tutti crea danni cioè quello finanziario? I cosiddetti alternativi, o comunque chi propone una società e dei valori diversi da quelli esclusivamente economici imperanti, vengono spesso trattati come utopisti, illusi, venuti fuori dal mondo delle favole. Ma in fondo cosa diciamo da sempre? Cose semplici, banali, scontate, ovvie, logiche: informatevi, fatevi una vostra opinione, non ascoltate la voce del padrone, guardatevi in giro e verificate se quello che vi dicono e vi offrono per difendere interessi ben precisi è l’unica soluzione o se ci sono alternative. Ma a noi per essere veramente convincenti manca il pelo sullo stomaco, manca quella capacità di fregare il prossimo che invece nel nostro paese non passa mai di moda e assicura lauti guadagni a tutti quelli che utilizzano queste metodologie. Ricordiamo una cosa ai correntisti o VIP impegnati vari che buttano i soldi o li danno in mano a loschi figuri: ci sono progetti sensati portati avanti da persone che credono in quello che fanno e hanno altri valori che non costruirsi ville e piscine; esistono da tempo Banca Etica e il circuito delle MAG che propongono una finanza molto diversa da quella che ruba i soldi indistintamente ad anziani inconsapevoli e VIP. (da Il Cambiamento – dicembre 2015) QUESTO DETTATO CONTIENE BUGIE di Paolo Limonta Uno dei miei maestri, Gianni Rodari, diceva: “Nelle nostre scuole, generalmente parlando, si ride troppo poco. L’idea che l’educazione della mente debba essere una cosa tetra è tra le più difficili da combattere”. Ora, dalle nostre parti invece, si ride moltissimo. E ogni occasione è buona per imparare divertendosi. Così, qualche mattina fa, una bellissima discussione sulle “bugie” ha prodotto questo dettato, di cui Rodari stesso sarebbe orgoglioso: “A proposito di bugie. Dettato difficilissimo. Questo dettato contiene un sacco di bugie. Quindi, tanto per dire, non sarà per niente difficile. In compenso questo dettato sarà corto e sarà pieno di nomi di animali. Martello, astuccio, mongolfiera, treno, Asdrubale, Giovannino, motocicletta, lavatrice, pennarello, mappamondo. Ma non c’è neanche un nome di animale? Per forza, è un dettato di bugie. Vabbeh, per risollevarci il morale adesso scriveremo tantissimi nomi che iniziano con la lettera A. Come ad esempio zebra, zanzara, zaino, zoccolo, zuppa, zucca e zuzzerellone. Adesso avete capito come funziona un dettato di bugie? Quindi, se vi dico che abbiamo finito, voi siete tranquilli? Immagino di no. E invece questa è l’unica verità e il dettato finisce qua!”. Tempo di ideazione del dettato: cinque minuti. Tempo di realizzazione, tra interruzioni, commenti, risate e suggerimenti: un’ora. In generale pochissimi errori e tantissima soddisfazione da parte di tutti. Eh sì, dalle nostre parti si continua a crescere ridendo tantissimo… (da comune-info.net – dicembre 2015) FESTA DELLA RIPARTENZA GOEL non si ferma! Ricostruisce e riparte... Si terrà sabato 19 Dicembre, dalle 15 in poi, l'evento che celebra la ripartenza dell'azienda agrituristica biologica di GOEL Bio, “A Lanterna”, dopo l'attentato incendiario della notte del 31 ottobre scorso. Il fuoco del cambiamento non solo non si è spento sotto la cenere di quell'incendio, ma continua ad ardere forte più di prima. La comunità di riscatto di GOEL non si piega, risponde unita agli attacchi e traduce la condizione di doloroso svantaggio in opportunità concrete. La campagna di raccolta fondi #ripartiamo e rilanciamo ha consentito, in pochissimo tempo, di recuperare il necessario per riparare i danni e ripartire. Coloro che disprezzano la dignità della terra di Calabria con il fuoco e la distruzione volevano le donne e gli uomini di GOEL tristi e affranti: la risposta è invece "la Festa" di una comunità che risorge e vuol tenere la testa alta! Con la Festa della Ripartenza GOEL vuole condividere con tutti la gioia della rinascita e la celebrazione dei simboli della legalità ripristinata. Interverranno personalità, istituzioni civili e religiose regionali e nazionali, in un ricco programma di musica, arte, teatro popolare, degustazione di prodotti biologici e ricette tipiche accompagnerà l'inaugurazione del capannone ristrutturato e del nuovo trattore. Anche il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti e il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio alla Festa della Ripartenza il 19 Dicembre a Monasterace Marina, nell'azienda agricola socia di GOEL Bio, vittima di sette attentati in sette anni, l'ultimo in ordine di tempo la notte del 31 Ottobre; Continua infatti ad infoltirsi la lista delle personalità nazionali e regionali che hanno risposto all'appello del Gruppo GOEL di schierarsi dalla parte delle aziende vittime di 'ndrangheta, per dare un chiaro segnale al territorio che si può ripartire anche se duramente colpiti. La “Festa della Ripartenza” risponde con la gioia, la festa e una forte determinazione a coloro che vogliono seminare disperazione, disillusione e rassegnazione: è un'intera comunità che risorge e vuole tenere la testa alta. Oltre i due ministri, porteranno anche il proprio saluto il Viceministro all'Interno Filippo Bubbico, il Procuratore Aggiunto presso la Procura di Reggio Calabria Nicola Gratteri, il Presidente della Regione Calabria Mario Oliverio, il Vescovo di LocriGerace Monsignor Francesco Oliva, l'europarlamentare Laura Ferrara, il presidente della Fondazione con il Sud Carlo Borgomeo, il presidente nazionale di Confcooperative Federsolidarietà Giuseppe Guerini, il presidente di Slow Food Italia Gaetano Pascale. Saranno presenti anche il presidente del Consiglio regionale della Calabria Nicola Irto, il capo segreteria del Dipartimento di Pubblica Sicurezza Vincenzo Panico, il senatore Doris Lo Moro, il presidente della Commissione consiliare antimafia Arturo Bova, il presidente associazione Sindaci della Locride Giorgio Imperitura, il presidente dell'Unione dei comuni del versante tirrenico Pino Ussia insieme a numerosi sindaci dei comuni calabresi, i deputati Federica Dieni e Paolo Parentela, il presidente Slow Food Calabria Nicola Fiorita e il presidente di Slow Food Campania e Basilicata Giuseppe Orefice, il direttore ConfCooperative Calabria Vincenzo Canè, per AICARE Angela Galasso, AIAB Calabria, delegazione ANPA Calabria, per Libera CZ Donatella Monteverdi, la dirigente MIPAAF Teresa De Matthaeis, e tanti altri che stanno confermando la propria presenza. L'appuntamento è presso l'azienda “A Lanterna”, a Monasterace Marina. A breve sul nostro sito tutti i dettagli sul programma previsto per l'evento. (da Goel.coop/bio – dicembre 2015) Il salmone GM è stato dichiarato sicuro, ma cosa sta accadendo? I Pesticidi indeboliscono i polmoni dei bambini come il fumo passivo La nuova frontiera della neurogastronomia da Bio@gricoltura Notizie di AIAB – dicembre 2015 È CINESE IL PRIMO TRAM A IDROGENO DEL MONDO Nelle metropoli cinesi, soffocate dallo smog e dalla nuvola di polveri sottili che quotidianamente si eleva verso il cielo, pensare ad un mezzo di spostamento "pulito" sembrava più che altro affidarsi a un sogno. E invece è proprio Made in China il primo tram a idrogeno a impatto zero. Dallo scorso marzo il tram "pulito" corre sui binari di Tsingtao, una metropoli cinese che conta ben 3 milioni di abitanti, rivolta verso Corea e Giappone. Appena si vede il "tram che non inquina" un italiano tenderà a figurarsi nella mente una delle Frecce di Trenitalia. In effetti l'aspetto è proprio quello di un treno ad alta velocità, con un profilo morbido e proteso in avanti, in grado di tagliare l'aria come la lama affilata di un coltello, vincendo l'attrito che si genera. È arancione, modernissimo e velocissimo. Il tram a idrogeno: veloce e non inquina Il tram arancione può viaggiare ad una velocità di 70 chilometri orari, mantenendo ritmi abbastanza sostenuti per un tram cittadino. A realizzare l'abitacolo è stata l'azienda Sifang, appartenente alla China South Rail Corporation. All'interno sono stati realizzati 60 posti a sedere e 320 in piedi, così da garantire un trasporto comodo, agevole e veloce a ben 380 passeggeri. Oltre alla rapidità e al design innovativo, ci sono altre caratteristiche che rendono il progetto particolarmente interessante dal punto di vista tecnologico ed economico. Il tram, infatti, risulta essere interamente sostenibile sia per il fatto che il ricorso all'idrogeno lo rende un mezzo di trasporto totalmente a impatto zero, sia perchè consente di ridurre gli sprechi economici legati al rifornimento di carburante. Il treno consuma pochissimo, tanto che, con un pieno, è in grado di coprire una distanza di circa 100 chilometri, corrispondenti tre viaggi consecutivi di andata e uno di ritorno tra i capolinea. Investimenti per il tram a idrogeno Nonostante le titubanze iniziali per un paese che ormai fatica a credere esista qualcosa di veramente pulito, il Governo cinese sembra essersi convinto delle potenzialità insite nel progetto del tram a idrogeno. A questo punto, tuttavia, subentra un problema di primaria importanza: la mancanza di binari. In tutti i 9.597.000 chilometri quadri di superficie cinese, infatti, sono soltanto 83 i chilometri coperti da binari predisposti al passaggio di questo tipo di veicoli e si trovano esclusivamente in sette città. Sarà stato proprio questo dato a spingere gli organi statali a stanziare quasi 30 milioni di euro per sostenere gli spostamenti attraverso l'idrogeno. L'obiettivo che il Governo della Cina si è posto è quello di incrementare il settore e di portare la lunghezza dei binari deputati agli spostamenti con tram a idrogeno a 1200 chilometri. Sicuramente la somma è molto ingente, ma i Cinesi sembrano rispondere bene alla proposta e le imprese che si sono impegnate nella produzione di questi mezzi di trasporto sono particolarmente fiduciose riguardo alla buona riuscita dell'iniziativa. L'ideatore del tram a idrogeno: parla l'ingegnere Liang Jianying A realizzare il progetto del tram "del futuro" è stato un gruppo di ingegneri della Sifang capitanato da Liang Jianying, che ha descritto il lavoro condotto dai professionisti lungo e meticoloso. In due anni di studio e di sperimentazione, continua l'ingegnere, sono stati fondamentali i supporti ricevuti dagli enti e istituti di ricerca locali. Tra le prime città a vedere un tram a idrogeno sui binari urbani c'è stata Foshnan, l'anno scorso. Di fronte a questa proposta innovativa si è proceduto immediatamente all'incremento della linea ferroviaria e i lavori dovrebbero concludersi entro fine anno. L'investimento di Foshan ammonta a 72 milioni di dollari in favore della Sifang. Da questa collaborazione è nata una vera e propria partnership con l'obiettivo comune di fondare un centro di ricerca sull'idrogeno applicato ai mezzi di trasporto. Sicuramente il progetto, a prescindere dalle opere pubbliche che si realizzeranno o meno, presenta un forte impatto innovativo, apre le porte ad una nuova fonte di energia per spostarsi da un posto all'altro e può costituire una strada più che valida per salvaguardare la salute della gente cinese, messa costantemente a dura prova da tutto quello che la modernità è in grado di liberare nell'atmosfera. (da architetturaecosostenibile.it – dicembre 2015) MURNAU-WERDENFELS: LATTE, CARNE E LAVORO In Baviera, la Murnau-Werdenfels era una razza diffusa finché non è stata soppiantata da altre più produttive. Ma le razze tradizionali significano molto di più: adattamento al territorio, carni sane, buone pratiche di allevamento. La vita ai piedi dello Zugspitze, la montagna più alta delle Alpi tedesche, non era facile. Sebbene oggi il paesaggio palustre a sud di Murnau, con le Alpi del Werdenfels che si stagliano sullo sfondo, ci colpisca per imponenza, la vita in quelle regioni un tempo era molto dura. L’agricoltura era impossibile da praticare e il foraggio per i bovini, che cresceva su quei prati particolari, poteva essere trasformato dagli animali in cibo nutriente per l’uomo solo dopo una lunga masticazione e grazie all’azione di un rumine ben funzionante. Nei mesi estivi, i pascoli montani si ricoprivano di erba e fiori saporiti e ricchi di sostanze nutritive. Per raggiungerli, i bovini necessitavano di una costituzione robusta e muscolosa e di zoccoli forti e resistenti. Grazie alla selezione secolare compiuta dai contadini del posto, si sviluppò una razza bovina in grado di affrontare senza difficoltà le condizioni del territorio: la Murnau-Werdenfels. RAZZE RESILIENTI Presto, gli agricoltori delle aree agricole situate un po’ più a nord si accorsero che questi animali non producevano solo carni saporite e ottimo latte per ricavarne formaggi, ma che per l’indole docile e le straordinarie caratteristiche fisiche si prestavano a essere usati anche come buoi da lavoro. La domanda di questi buoi continuò così a crescere, garantendo ai contadini del Werdenfels un’importante fonte di reddito. Tuttavia, tutto questo ebbe conseguenze sull’allevamento dei bovini Murnau-Werdenfels già 200 anni fa: erano così ambiti come animali da lavoro, che i tori migliori non erano utilizzati per la riproduzione, ma castrati e venduti. Ma i contadini compresero il problema, tennero i tori migliori e fu così che, intorno al 1860, i bovini Murnau-Werdenfels rappresentavano la razza più importante della regione. Alla fine del xix secolo, dalla Svizzera si diffuse anche in Baviera la razza Simmental. Vista la maggiore produzione di latte e la pesante carcassa, iniziò gradualmente a soppiantare la razza bovina locale. Nel 1960 il numero dei capi si ridusse ulteriormente e drasticamente, quando innumerevoli animali furono abbattuti per contrastare la diffusione della tubercolosi bovina. L’estinzione della razza Murnau-Werdenfels sembrava imminente. LA RINASCITA DELLA RAZZA Solo pochi agricoltori continuarono ad allevarla. È in buona parte grazie al loro legame con le tradizioni che la razza è sopravvissuta fino a oggi. Tra questi, vi sono anche Martin Jais, agricoltore part-time, e sua moglie Elisabeth di Weiler Eschenlohe, un paese nelle vicinanze della località olimpica Garmisch-Partenkirchen. Nel 1940 il padre di Martin aveva acquistato una piccola fattoria chiamata “Schulmeister”. L’edificio era precedentemente usato per ospitare una scuola dove, come si usava un tempo, abitava l’insegnante e si praticava anche una piccola attività agricola. Martin Jais lavorava come muratore, mentre la moglie si occupava della casa, della fattoria e dei tre figli ormai cresciuti. Le vacche nella stalla della famiglia erano sane, ogni anno davano alla luce un vitello e fornivano un latte gustoso, risultato di un’alimentazione a base di foraggio cresciuto sui prati paludosi e sui pascoli montani. La quantità di latte prodotto, tuttavia, non teneva il passo con le razze ad alto rendimento. Ci sono voluti dunque molto idealismo e grande caparbietà per continuare ad allevare la razza pura. Spesso, tra gli scherni, Martin partecipava con i suoi animali alle fiere locali e perfino al festival agricolo Zentrallandwirtschaftsfest, che si tiene ogni tre anni in concomitanza con l’Oktoberfest. Con il tempo, i suoi animali da riproduzione si sono guadagnati grande considerazione da parte del pubblico e la stessa amministrazione statale che un tempo concedeva premi per l’eliminazione dei bovini Murnau-Werdenfels oggi ne riconosce il valore come preziosa risorsa genetica e paga sovvenzioni ai contadini che allevano questa razza nelle loro fattorie. Martin Jais è riuscito a suscitare l’entusiasmo per la Murnau-Werdenfels tra gli altri contadini. Oggi è presidente dell’associazione per l’allevamento della razza. E suo figlio Josef ha la ferma intenzione di prendere in mano le redini della fattoria e portare avanti l’allevamento. Dal 2007 questa razza è salita a bordo dell’Arca del Gusto e, con l’aiuto dell’associazione per la promozione della razza, creata nel 2009, il numero di esemplari cresce di anno in anno. (da Slow Food – dicembre 2015) CLIMA, IL DONO DEL BHUTAN AL MONDO: UNA FORESTA PER SEMPRE I suoi abitanti hanno rinunciato a uno sviluppo più rapido in cambio di una natura più conservata. Non a caso nel piccolo Paese asiatico politica ed economia si confrontano con l'indice di "Felicità Interna Lorda". Ora però il regno buddista, che assorbe già il triplo delle emissioni nocive prodotte, è pronto a rilanciare e promette, nero su bianco, di conservare i propri boschi per sempre. PECHINO - A Parigi un accordo presentabile per tentare di salvare la terra dal surriscaldamento climatico dipende dagli interessi delle grandi potenze economiche, prime inquinatrici. Un esempio per il mondo arriva però da uno dei Paesi più piccoli e più fragili, che è pure tra quelli con il minor impatto globale sulle risorse naturali. Il dono che in queste ore riaccende le speranze dell'umanità è quello offerto dal Bhutan, il regno himalayano incastrato tra Tibet e India. Gli emissari del re alla Conferenza di Parigi hanno annunciato che il Bhutan, per dare il proprio contributo alla lotta contro l'incremento delle concentrazioni di carbonio nell'atmosfera, si impegnerà a mantenere per sempre coperto di foreste almeno il 60% della superficie nazionale: il resto sono rocce, ghiacciai e campagne. La promessa, messa nero su bianco, è di conservare i boschi del Paese "in perpetuo", come "patrimonio collettivo del mondo". Il Bhutan detiene già un primato di lungimiranza: la sua politica e la sua economia non si confrontano con la crescita del PIL, ovvero adottando la ricchezza finanziaria come misura prevalente del benessere collettivo, ma testano ogni progetto pubblico con l'indice di "Felicità Interna Lorda" (FIL). Il regno buddista delle grandi montagne, monarchia costituzionale, ha una superficie di soli 47mila chilometri quadrati, la popolazione non arriva a 700mila abitanti. Il Lussemburgo, pur con un numero inferiore di residenti, sprigiona il quadruplo delle sue emissioni di CO2. Secondo gli scienziati se tutto il pianeta seguisse il modello-Bhutan nel consumo energetico, la temperatura media della terra entro vent'anni tornerebbe pari a quella dei primi del Novecento, innescando risparmi miliardari. Il Paese è coperto da foreste per tre quarti della superficie, l'agricoltura è sostenibile e a dimensione famigliare. Le coltivazioni e la produzione di elettricità sono alimentate dallo scioglimento estivo della neve e dei ghiacciai. Lo scorso anno il Bhutan ha dato prova del suo enorme impegno ambientale avviando con un record il progetto-foreste: in un'ora gli abitanti hanno piantato 50mila alberi alle porte della capitale Thimphu, più di una pianta per ogni residente. Oltre alla lotta contro la deforestazione le autorità hanno deciso di contrastare la "cultura dell'automobile" aumentando le tasse sui veicoli a motore alimentati dai combustibili fossili, promuovendo trasporto pubblico, mezzi elettrici e a energia solare. Questo impegno per il clima non è solo frutto di responsabilità. Il Bhutan, come il Tibet, è anche uno dei Paesi a maggior rischio desertificazione del pianeta e i suoi abitanti-contadini sono le sentinelle dei cambiamenti innescati dall'uomo. "La nostra gente", ha spiegato a Parigi Thinley Namgyel, capo negoziatore al vertice sul clima, "registra da anni l'impatto di uno sviluppo globale distruttivo. I millenari passi ad alta quota, che dovrebbero essere chiusi dalla neve da fine autunno alla primavera, ora sono sempre percorribili. I ghiacciai si sono ridotti del 28%, le piogge monsoniche non arrivano in tempo, o si scatenano come uragani quando non servono, distruggendo raccolti e campagne. Le sorgenti di montagna si prosciugano, mentre a valle le inondazioni aumentano". L'allarme del Bhutan è che se lo sviluppo mondiale non diventa subito sostenibile, a rischiare la catastrofe non è l'ambiente, ma la vita umana. "Vediamo il disastro cancellare ghiacciai e fiumi in tutto l'Himalaya", ha detto Namgyel, "presto non potremo più produrre energia idroelettrica, le famiglie contadine dovranno emigrare, abbandonando il territorio. Proteggere il nostro Paese avvolgendolo di foreste non è un'utopia nostalgica ispirata dal valore della biodiversità, ma l'ultima opzione che ci resta per salvarci la vita". Uno studio dell’Energy and Climate Intelligence Unit (ECIU) rivela che il Bhutan sarebbe tra i pochi Paesi a non avere il dovere di adottare subito impegni ambientali più ambiziosi. Già oggi assorbe il triplo delle emissioni nocive prodotte dalla sua popolazione, seguito dal Paraguay, che genera il 100% dell'energia grazie a centrali idroelettriche. Il sacrificio di uno sviluppo interno più rapido, in cambio di una natura più conservata per tutti, viene fatto nonostante la gente affronti frequenti interruzioni energetiche, accetti che molti villaggi non siano collegati all'elettricità e che le forniture idriche non siano assicurate ovunque. La scelta è trasformarsi in un'oasi di conservazione, biodiversità, sostenibilità e agricoltura biologica, per investire poi sull'esportazione di prodotti di alta qualità, diventando un modello globale per il futuro. Anche il Bhutan, vasto meno di una piccola città cinese, ambisce così a "cambiare il mondo" partendo dalla conservazione delle sue foreste e dei suoi ghiacciai, il solo patrimonio che possiede. È un regalo da non liquidare nel nome di un capitalismo finanziario miope e inadeguato a promuovere la giustizia, a preservare la vita: dall'Asia questa volta parte un esempio da ammirare e da seguire. Guarda QUI: “Immagini dal Bhutan, il Paese più verde del mondo” (da Repubblica.it / Ambiente – dicembre 2015) "VERDE BRILLANTE", COME CIÒ CHE CI DÀ LA VITA Che cosa sono esattamente l'intelligenza e la sensibilità? Viene spontaneo chiederselo dopo che si è finito di leggere un libro come “Verde brillante”. E da quelle, sorgono altre domande, una fra tutte: è una forma di intelligenza pensare di poter vivere devastando l’ambiente che ci circonda? (di Marìca Spagnesi, che collabora anche con il progetto Long Living High Thinking) Leggere “Verde brillante”, di Stefano Mancuso e Alessandra Viola, mi ha spinto a cercare qualche definizione precisa di cosa siano l’intelligenza e la sensibilità. Le definizioni, però, sono moltissime e ci si perde facilmente perché non ci sono spiegazioni universalmente accettate. Per sintetizzare direi che quello che si intende comunemente è: «L'intelligenza è quel processo mentale che permette di acquisire nuove idee e capacità che consentono di elaborare concetti e i dati dell'esperienza per risolvere in modo efficace diversi tipi di problemi». La sensibilità, invece, è la «capacità, l'attitudine a ricevere impressioni attraverso i sensi. Facoltà di un essere vivente di conoscere per mezzo dei sensi e di provare il piacere o il dolore accompagnanti le sensazioni». Se intelligenza e sensibilità sono questo, non si capisce come mai non siamo abituati a considerare queste due facoltà come appartenenti anche al mondo vegetale. Al contrario, termini come "vegetare" o "essere ridotti a un vegetale" vengono usati proprio per definire uno stato di inerzia e di passività. Stefano Mancuso e Alessandra viola ci accompagnano in un vero e proprio viaggio all'interno del mondo delle piante. Questo libro ci svela una sorta di insospettato universo verde: le piante sono organismi senzienti, comunicano con i loro simili e con gli animali, hanno una e vera e propria vita sociale, sono in grado di risolvere problemi complessi mettendo in atto strategie elaborate e raffinatissime. Si tratta di esseri perfettamente capaci di scegliere, calcolare, apprendere e memorizzare. A differenza dell'uomo, si sono evolute costruendo i loro organismi in maniera modulare, privi di organi singoli, essenzialmente perché non si spostano. Sono, infatti, preda degli animali erbivori e se fossero provviste di organi singoli come per gli umani il cuore o il cervello, un attacco da parte di un predatore risulterebbe fatale. E invece le piante sono in grado di sopravvivere anche a predazioni multiple e continue proprio grazie al loro essere "divisibili" e dotate di diversi "centri di comando". Le piante sono esseri dotati di sensibilità. Hanno a disposizione esattamente tutti e 5 i nostri sensi ma sono molto più sensibili degli esseri umani: sono in grado di calcolare la gravità, l'umidità, di sentire i campi elettromagnetici nonché di riconoscere ed analizzare molte sostanze chimiche con cui vengono a contatto. Possiedono almeno quindici sensi che noi non abbiamo. Quello che ci sorprenderà di più, però, sarà scoprire che i vegetali hanno una e vera e propria vita sociale. Le piante si orientano, comunicano con altri esseri viventi: altre piante e animali scambiandosi informazioni preziose per la sopravvivenza attraverso molecole chimiche. Le piante si parlano, riconoscono i loro simili, sono capaci di generosità o di opportunismo, esattamente come nel mondo animale. Esse sono in grado di ampliare il loro raggio di esplorazione ben oltre l'area occupata dal loro organismo, utilizzando le piante vicine, gli insetti e altri animali, come informatori e collaboratori. Perché è così importante imparare a conoscere un po' più da vicino il mondo vegetale? Se ci pensiamo, l'essere umano dipende strettamente da loro fin dalla sua comparsa sulla Terra. Senza la fotosintesi non sarebbe stata possibile la presenza di ossigeno che ha permesso la vita degli animali sul nostro pianeta. E ancora adesso da loro dipende la nostra sopravvivenza futura: sono, infatti, anche alla base della catena alimentare e all'origine dei combustibili fossili. Si tratta di materie prime indispensabili per respirare, mangiare, curarci, produrre energia e materiali. La nostra vita è legata a doppio filo alla loro presenza sul nostro pianeta e rendercene conto pienamente il prima possibile sarà, nel prossimo futuro, sempre più importante. Considerato l'impatto dell'uomo sulla Terra e, in particolare, la sua capacità di inquinare, bisognerebbe considerare la capacità straordinaria di alcune piante di trasformare in sostanze innocue alcuni degli inquinanti più pericolosi. Il potenziale tecnologico di questo tipo di biotecnologie non è, però, ancora sviluppato e "al ritmo con cui lasciamo che le specie vegetali si estinguano, è probabile che anche in questo campo si stia rinunciando a chissà quante soluzioni inesplorate e alla nostra futura possibilità di disinquinare efficacemente, a costo contenuto e senza alcun impatto per il nostro pianeta". Quando distruggiamo il nostro ambiente disboscando intere foreste e danneggiando interi ecosistemi, delicatissimi ed essenziali per la nostra stessa vita, dovremmo ricordarci che «in generale, le piante potrebbero benissimo vivere senza di noi. Noi, invece, senza di loro, ci estingueremmo in breve tempo». (da Il Cambiamento – dicembre 2015) Ripartire da territori e comunità La magia di Parigi Tecnologie menzogne per il clima: da comune.info – dicembre 2015 PAESAGGI RURALI In allegato il comunicato stampa dell'Assessore all'Agricoltura, Giuseppe Pan, ed il nostro file, con alcune considerazioni che meritano l'attenzione dell'Assessore Pan, dei Sindaci, dei cittadini e degli organi di stampa. Fortunatamente, la Regione Veneto ha pensato bene di informarci in quale Paradiso, o angolo di Arcadia, stiamo vivendo: noi abitanti dell'area Conegliano Valdobbiadene, altrimenti, non l'avremmo notato. Invito gli organi di stampa a diffondere questa lieta novella, poiché le buone notizie scarseggiano e dobbiamo incrementare la fiducia della popolazione nell'operato dei nostri governanti regionali. Grazie per l'attenzione e buona giornata OA WWF - TERRE del PIAVE TV-BL -- Gruppo AltaMarca Gilberto Carlotto Trivellazioni, gli emendamenti Governo per evitare il referendum del da Italia che Cambia – dicembre 2015 §§§ La variante al Piano degli Interventi è un imbroglio Ci stanno rompendo i polmoni! Elettrodotto Dolo-Camin: nuovo progetto e opere abusive da Ecopolis Legambiente Padova – dicembre 2015 Newsletter di A Este l’orto dei migranti! Con la nuova annata agraria appena cominciata, la Cooperativa Agricola El Tamiso sostiene il progetto della Cooperativa sociale Percorso Vita, per la creazione e la cura di un orto biologico a Este, presso il centro di accoglienza migranti, istituito presso l’ex seminario dei Padri Giuseppini. Il luogo è tra i più belli e suggestivi del centro storico della città di Este. L’orto in parte servirà per auto-consumo, ma soprattutto per occupare, formare e favorire l’integrazione nel territorio della cinquantina di ospiti della struttura. L’obiettivo è quello di creare un ponte tra la popolazione locale e gli ospiti attraverso la condivisione dei saperi e sapori del nostro territorio e lo scambio dei prodotti della terra e della stagione. I lavori sono già partiti a novembre con le prime semine di piselli; l’iniziativa ha riscosso successo tra i ragazzi ospiti della struttura, alcuni di loro infatti nei Paesi di origine facevano gli agricoltori e il riavvicinamento alla terra li entusiasma. Durante i mesi invernali, in cui il lavoro nei campi è poco, Luca Masiero, collaboratore della Cooperativa El Tamiso, introdurrà agli ospiti i principi dell’agricoltura e dell’orticoltura biologica che verranno messi in pratica in orto la prossima primavera, non disdegnando qualche serata gastronomica aperta, alla scoperta dei sapori e della cultura locale. Siamo certi che questo sia il modo giusto per affrontare serenamente e pacificamente, attraverso il cibo, le relazioni tra popoli e culture diverse, mai come ora così attuali. (da El Tamiso Facebook – dicembre 2015) Terminiamo la settimana pre-natalizia con la Newsletter di dicembre de La Terra e Il Cielo che contiene – come sempre, sottolineiamo – tanti interessanti spunti per farci riflettere su come – insieme, uniti – possiamo “cambiare” un sistema economico/finanziario ormai “insostenibile”, se vogliamo dare un futuro decente ai nostri figli e al nostro Pianeta… … e nell’estendere a Voi tutti i nostri migliori Auguri per un sereno Natale, vi diamo qualche spunto per il Menù natalizio, giratoci da Terra Nuova Buon Natale e Nuovo a tutti !! felice Anno