biopirateria. wto e diritti di proprieta` intellettuale

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biopirateria. wto e diritti di proprieta` intellettuale
 UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA Facoltà di Economia Corso di Laurea Magistrale in Discipline Economiche e Sociali per lo Sviluppo e la Cooperazione TESI DI LAUREA Biopirateria. WTO e diritti di proprietà intellettuale Relatrice Candidato Annamaria Vitale Alessandro Gallo Matr. 129137 ANNO ACCADEMICO 2012/2013 1 “Fino a quando esisterà la superstizione che le leggi ingiuste devono essere rispettate, esisterà anche la schiavitù” (Mahatma Gandhi) 2 Indice Introduzione………………………………………………………………………………………………………………5 Capitolo 1 – La biopirateria 1.1 L’inizio della privatizzazione delle risorse naturali………………………………………………..7 1.2 Biopirateria: la colonizzazione delle risorse genetiche e del sapere…………………….9 1.3 Brevettare la vita……………………………………………………………………………………………….14 Capitolo 2 – Il WTO e i diritti di proprietà intellettuale 2.1 Cos’è e quali obiettivi persegue il WTO……………………………………………………………..19 2.2 Struttura del WTO……………………………………………………………………………………………..22 2.3 Il funzionamento e i processi decisionali del WTO……………………………………………..25 2.4 L’accordo sui diritti di proprietà intellettuale……………………………………………………..27 2.5 Il rapporto tra WTO, Stati membri e multinazionali……………………………………………35 2.6 Il WTO: benessere per tutti………………………………………………………………………………..39 Capitolo 3 – Gli effetti dell’accordo TRIPs 3.1 Il problema dell’accesso ai farmaci essenziali…………………………………………………….48 3.2 L’accordo TRIPs e i casi di biopirateria nel mondo……………………………………………..52 3 Capitolo 4 – Il caso Monsanto 4.1 Storia di una multinazionale…..………………………………...………………………………………61 4.2 La Monsanto e la comunità di Anniston…………………………………………………………….63 4.3 L’operazione Ranch Hand e l’agente arancio……………………………………………………..66 4.4 L’erbicida più venduto al mondo: il Roundup…………………………………………………….69 Capitolo 5 ‐ OGM e biopirateria : la privatizzazione del cibo 5.1 Gli organismi geneticamente modificati e gli effetti dell’accordo TRIPs sull’alimentazione………………………………………………………………………………………………......75 5.2 La Monsanto e gli OGM……………………………………………………………………………………..92 5.3 La Monsanto alla conquista del mondo………………….………………………………………….99 Conclusioni…………………………………………………………………………………………………………….108 Bibliografia…………………………………………………………………………………………………………….111 Sitografia……………………………………………………………………………………………………………….114 4 Biopirateria. WTO e diritti di proprietà intellettuale Introduzione Nel seguente lavoro si cercherà di trattare un insieme di argomenti, tra loro strettamente correlati, ancora oggi poco diffusi tra l’opinione pubblica nonostante ci riguardino molto da vicino. L’obiettivo del presente lavoro non è solo quello di mettere in evidenza la correlazione tra biopirateria, WTO, multinazionali e natura geneticamente modificata, ma anche quello di sottolineare l’importanza di certe decisioni solo apparentemente a noi lontane ma che in realtà ci riguardano personalmente, fino ad influenzare quello di cui ci nutriamo o con quali farmaci affrontiamo le nostre malattie. Per poter comprendere al meglio tutto ciò è necessario capire il ruolo fondamentale del WTO anche come piattaforma di proposta e di imposizione degli interessi delle grandi multinazionali, le quali, molto spesso, hanno ben più potere dei singoli Stati. Da qui partirà un unico filo conduttore che ci porterà fino allo studio degli OGM, che saranno trattati nell’ultimo capitolo, attraverso il caso della Monsanto, passando dalla biopirateria all’accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, grazie al quale, in riferimento soprattutto ad alcuni argomenti specifici, l’egemonia delle multinazionali è oggi ancora più forte. La prima parte del seguente lavoro tratterà il fenomeno della biopirateria. Essa rappresenta, come vedremo, una vera e propria espropriazione delle risorse naturali e genetiche dei Paesi in via di sviluppo perpetuata dai Paesi industrializzati, allo scopo di arricchirsi sfruttando commercialmente prodotti 5 basati su sostanze esistenti in natura, privatizzando tutto ciò che appartiene alla collettività. La seconda parte della tesi introdurrà uno degli organismi internazionali più importanti al mondo: il World Trade Organization, in seno al quale vengono prese decisioni molto importanti sul commercio internazionale, sull’agricoltura, sul commercio dei servizi e sui diritti di proprietà intellettuale. Proprio questi ultimi saranno oggetto del capitolo successivo. Vedremo come, tramite i diritti di proprietà intellettuale e il sistema dei brevetti, sia possibile brevettare anche la vita stessa. A tal riguardo, analizzeremo il ruolo egemone di poche multinazionali nel mondo e forse a questo dobbiamo attribuire il fatto che l’opinione pubblica conosca poco o nulla degli argomenti sopracitati. Nello specifico, si prenderà in esame il caso di una multinazionale statunitense con sede a Saint Louis: la Monsanto. 6 CAPITOLO 1 La Biopirateria 1.1 L’inizio della privatizzazione delle risorse naturali Nel seguente capitolo si cercherà di esporre il problema della biopirateria e di mettere in evidenza le problematiche ed i punti critici emersi con l’evoluzione del fenomeno negli ultimi decenni. In relazione alla biopirateria, si analizzerà il sistema dei brevetti, con particolare attenzione alla brevettabilità degli organismi viventi ed alle biotecnologie, che rappresentano l’ultima frontiera del progresso tecnologico al servizio della manipolazione e dell’intervento dell’uomo sul vivente. La possibilità di estendere i brevetti a forme viventi (o a parti di esse) e a pratiche tradizionali introduce nuovi interrogativi e nuovi problemi. Essa, infatti, priva le comunità locali del diritto di accedere a quelle stesse risorse che spesso hanno alimentato e conservato per generazioni, oltre a mettere a rischio la biodiversità del pianeta. Allo stesso modo, le multinazionali ed i Paesi più ricchi si arrogano il diritto di appropriarsi di risorse naturali e genetiche che non fanno neppure parte del proprio territorio. Prima di analizzare, nel paragrafo successivo, il fenomeno della biopirateria, è necessario ricordare che esso ha inizio nel 1971. Questa data è molto importante perché sancisce la data di partenza per la privatizzazione delle risorse genetiche e naturali. In quell’anno un microbiologo indiano, Ananda 7 Chakrabarty, impiegato allora della General Electric Company (GE), si rivolse all’Ufficio brevetti e dei marchi registrati degli Stati Uniti (PTO) per brevettare un microrganismo geneticamente modificato progettato con lo scopo di eliminare le chiazze di petrolio dagli oceani. L’Ufficio brevetti respinse la richiesta, in quanto la legge americana non permetteva la brevettabilità degli organismi viventi. Chakrabarty e la General Electric Company fecero ricorso alla Corte d’appello, la quale diede ragione al microbiologo indiano con tre voti favorevoli e due contrari. Secondo i giudici favorevoli il fatto che si trattasse di organismi viventi non aveva alcuna rilevanza legale. Infine, il caso arrivò alla Corte Suprema, la quale, nel 1980, con cinque voti a favore e quattro contrari, decise in favore di Chakrabarty, garantendogli un brevetto per la prima forma di vita manipolata geneticamente1. Secondo il giudice Warren Burger, portavoce della maggioranza, era irrilevante la distinzione tra cose inanimate e cose viventi; per il giudice William Brennan, portavoce della minoranza, invece, era compito del Congresso allargare o restringere il campo di azione delle leggi sui brevetti. Emblematica, in relazione al caso Chakrabarty, la denuncia di Key Dismukes, direttore del Committee on Vision della National Academy of Sciences :«Chiariamo una cosa: Ananda Chakrabarty non ha creato una nuova forma di vita; è semplicemente intervenuto nel normale processo grazie al quale ceppi di batteri si scambiano informazioni genetiche per produrre un nuovo ceppo con un profilo metabolico alterato. Noi siamo incalcolabilmente lontani dall’essere in grado di creare la vita dal nulla, e questo mi fa molto piacere. Il fatto che il batterio sia il risultato del lavoro di Chakrabarty e non della natura, esalta il potere dell’uomo e mostra 1
Jeremy Rifkin (1998), Il Secolo biotech,Milano: Baldini Castoldi Dalai Editore. 8 lo stesso arrogante orgoglio e la stessa ignoranza della biologia che hanno avuto un impatto così devastante sull’ecologia del nostro pianeta»2. Nonostante le opinioni avverse, la decisione della Corte Suprema mise le basi giuridiche per la privatizzazione e la mercificazione delle risorse genetiche, dando inizio al furto delle risorse naturali ed al saccheggio delle varietà indigene di semi, erbe e procedimenti tradizionali atti a ricavare dalla flora e dalla fauna locali sostanze utili sul piano farmacologico e chimico3. 1.2 Biopirateria: la colonizzazione delle risorse genetiche e del sapere Con il termine biopirateria si intende l’appropriazione da parte di imprese o di istituti di ricerca, di sostanze e materiali di natura biologica, raccolti nei Paesi in via di sviluppo, utilizzando i sistemi di proprietà intellettuale introdotti dall’accordo TRIPs, acronimo che sta per “The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights”, per legittimare il possesso ed il controllo dei prodotti stessi e dei procedimenti usati dalle culture indigene degli Stati dai quali sono stati prelevati4. L’accordo sui diritti di proprietà intellettuale, firmato a Marrakech il 15 aprile 1994, disciplina, infatti, tutti gli aspetti commerciali in riferimento ai diritti di proprietà intellettuale e rappresenta, come vedremo in seguito, uno dei pilastri dell’organizzazione mondiale del commercio. 2
Jeremy Rifkin (1998), Il Secolo biotech,Milano: Baldini Castoldi Dalai Editore. 3
Wallach Lori e Sforza Michelle (1999), WTO. Tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale, Milano: Feltrinelli. 4
Magni Antonio (2008), Brevettabilità e biodiversità, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane. 9 La definizione di biopirateria viene data da Vandana Shiva5, nel suo libro “Il mondo sotto brevetto” :«Il termine biopirateria si riferisce all’utilizzo dei sistemi di proprietà intellettuale per legittimare il possesso e il controllo esclusivi di risorse, prodotti e processi biologici utilizzati per secoli nelle culture non industrializzate. Le pretese di sottoporre a brevetto la biodiversità e il sapere indigeno fondato sulle innovazioni, la creatività e l’ingegno delle popolazioni del Terzo mondo sono atti di biopirateria»6. Essa è attribuita sostanzialmente ai Paesi sviluppati, a danno dei Paesi poveri o in via di sviluppo, dove risiede la maggior parte delle risorse genetiche e della biodiversità rimasta sulla Terra. Jeremy Rifkin legge la biopirateria come una vera e propria enclosure7 mirata alla privatizzazione delle risorse genetiche. Brevettare il pool genetico del mondo rappresenta, infatti, l’ultima frontiera dello sfruttamento commerciale degli ecosistemi della Terra. Nel caso delle enclosure medioevali si parlò di rivoluzione dei ricchi contro i poveri; a distanza di cinque secoli le cose, da un punto di vista meramente concettuale, non sembrano affatto cambiate. L’accusa di alcuni rappresentanti dei Paesi del Terzo Mondo nei confronti delle multinazionali e dei Paesi industrializzati è quella di volersi impadronire del patrimonio biologico comune, attingendo al patrimonio genetico dei Paesi del Sud del mondo. La difesa che oppongono le multinazionali e i Paesi del Nord del mondo sta nel fatto che i geni provenienti dalle risorse genetiche dell’emisfero meridionale del mondo acquistano valore solo nel momento in cui vengono manipolati e ricombinati, rifiutandosi così di pagare alcun indennizzo ai Paesi in via di 5
Vandana Shiva è un’ambientalista ed attivista indiana divenuta una delle più importanti personalità a favore della difesa dell'ecosistema, delle risorse naturali e dei diritti dei più deboli. Vicepresidente di Slow Food, ha ricevuto il Right Livelihood Award. 6
Shiva Vandana (2002), Il mondo sotto brevetto, Milano: Feltrinelli. 7
La mercificazione delle risorse globali ebbe inizio nel XVI secolo in Inghilterra per volere dei Tudor. Essi emanarono gli “enclosure acts” per effetto dei quali le terre e le proprietà comunali feudali divennero soggette alla vendita ed all’acquisto sul mercato, quindi alla privatizzazione. 10 sviluppo8. Questi ultimi ritengono, in risposta a ciò, che una piccola modifica genetica è piuttosto insignificante in confronto ai secoli di amministrazione e cura delle risorse naturali perpetuate dalle comunità locali per preservare e valorizzare quelle caratteristiche così preziose che oggi i Paesi del Nord desiderano per sviluppare il mercato delle biotecnologie. La biopirateria è il frutto di un insieme di fattori verificatisi negli ultimi anni: innanzitutto, il regime dei brevetti legato ai microrganismi viventi. Infatti, grazie alla protezione brevettuale applicabile sul vivente, introdotta dall’accordo sui diritti di proprietà intellettuale del WTO, è possibile brevettare un gene o una linea cellulare isolate da una pianta o addirittura da un essere umano. Gli accordi sugli scambi commerciali internazionali definiti dall’ organizzazione mondiale del commercio favoriscono l'appropriazione delle risorse e delle conoscenze contadine dei popoli del Sud del mondo da parte delle multinazionali. «Vi è in Occidente una forte adesione ideologica e culturale, anche da parte delle forze politiche e degli intellettuali di sinistra, alla nuova visione del mondo delineata dal WTO. La sostanza del nuovo GATT, in materia di agricoltura, è la distruzione delle agricolture di sussistenza, e il furto delle risorse naturali e dei saperi locali da parte dei cacciatori di biodiversità multinazionali del Nord, che se ne appropriano a fini commerciali»9. Questa possibilità ha permesso l’utilizzo commerciale delle risorse naturali, esponendo alla logica del profitto ciò che è essenza stessa della nostra esistenza, cioè la natura. Secondo Vandana Shiva, che si occupa del fenomeno della biopirateria nel suo libro “Biopirateria. Il saccheggio della natura e dei saperi indigeni”, il tentativo di estensione globale del sistema dei brevetti e dei diritti di proprietà intellettuale vigente negli Stati Uniti può essere considerato come 8
Jeremy Rifkin (1998), Il Secolo biotech,Milano: Baldini Castoldi Dalai Editore. 9
Shiva Vandana (1999), Biopirateria. Il saccheggio della natura e dei saperi indigeni, Napoli: Cuen. 11 l'estensione del colonialismo al mondo delle idee e delle risorse genetiche. La biopirateria può essere vista alla stregua delle pratiche attuate dai quei Paesi colonizzatori che hanno preso il potere in zone strategiche per la presenza di risorse energetiche e giacimenti minerari10. La pretesa di appropriarsi del codice genetico tramite brevetti e diritti di sfruttamento esclusivi si basa su una logica analoga: tutto ciò che non è stato sottoposto al regime eurocentrico della proprietà privata (per esempio perché è stato da sempre patrimonio collettivo di una cultura tradizionale) può essere liberamente privatizzato. Questo processo di recinzione dei territori comuni del mondo delle idee caratterizza il fenomeno della biopirateria11. Essa si è diffusa anche grazie agli enormi progressi dell’ingegneria genetica e della biotecnologia, che hanno permesso, soprattutto alle multinazionali ed ai Paesi industrializzati, di appropriarsi di risorse genetiche appartenenti alla collettività scovate tramite operazioni di “bioprospecting”, che rappresentano vere e proprie esplorazioni di territori, in particolare del Sud del mondo, alla ricerca di sostanze brevettabili per la produzione di farmaci, insetticidi o qualunque cosa possa avere un futuro commerciale. In questo processo, i diritti comuni vengono trasformati in diritti privati individuali, a danno di tutti i tipi di conoscenza che nascono e si sviluppano nelle comunità, mentre la conoscenza diventa oggetto di tutela solo in quanto genera un profitto industriale, e non in quanto risponde a bisogni sociali diversi dalla mera avidità di guadagno, come afferma Vandana Shiva. In realtà, non sono esenti da questa logica neanche i Paesi del Nord del mondo. Infatti, la biopirateria, a danno fino ad oggi soprattutto dei Paesi più poveri, potrebbe riguardare anche i cosiddetti Paesi sviluppati, in quanto, soprattutto in 10
Fabbri Fabrizio (2002), OGM per tutti, Milano: Editoriale Jaca Book. 11
Shiva Vandana (1999), Biopirateria. Il saccheggio della natura e dei saperi indigeni, Napoli: Cuen. 12 campo alimentare, molte varietà vegetali utilizzate per l’alimentazione potrebbero essere oggetto delle ambizioni commerciali di molte multinazionali. È il caso del brevetto su una tipologia di broccolo ben precisa, il Benefortè®. Questa varietà di broccolo è stata creata dall’impollinazione incrociata di alcuni broccoli commerciali con alcuni broccoli selvatici trovati nel Sud dell’Italia12. Il broccolo Benefortè® è stato brevettato dalla Plant Bioscience Ltd13 ed oggi è di proprietà della Seminis Vegetable Seeds14, un’azienda sementiera acquisita dalla Monsanto. Questo clamoroso caso di biopirateria ai danni dell’Italia va contro le normative stesse dell’Unione Europea in materia di brevettabilità delle varietà vegetali, in quanto la Direttiva comunitaria sui brevetti15 stabilisce che non si possono brevettare nuove varietà vegetali create con metodi biologici o tradizionali. Il broccolo Benefortè®, che contiene una maggiore quantità di lucorafanina (un glucosinolato considerato utile nella lotta contro il cancro), è stato creato, infatti, con procedimenti essenzialmente biologici e, di conseguenza, l’ European Patent Office (EPO) non avrebbe dovuto concedere il brevetto in conformità con la vigente normativa europea. A tal proposito, infatti, le multinazionali biotecnologiche Syngenta e Limagrain16 avevano fatto ricorso contro la decisione dell’ufficio brevetti europeo, ritenendo opportuno, però, in un secondo momento, ritirare lo stesso. 12
www.monsanto.org 13
Numero di brevetto EP1069819. 14
www.beneforte.com 15
98/44/CE 16
www.register.epo.org/espacenet/application?number=EP99915886 13 1.3 Brevettare la vita Il brevetto è un diritto su una specifica invenzione, la quale può essere costituita da un prodotto (“brevetto di prodotto”), che sarà tutelato a prescindere dal procedimento utilizzato per ottenerlo, oppure da un procedimento (“brevetto di procedimento”), che verrà tutelato insieme al prodotto frutto del procedimento stesso. Il diritto conferito dal rilascio di un brevetto permette al titolare di vietare a terzi l’utilizzazione e la commercializzazione dell’invenzione per un periodo di tempo determinato17. Mentre è comunemente e facilmente accettata la brevettazione di un computer o di una melodia musicale, la brevettabilità di organismi viventi pone nuove problematiche. Infatti, con l’impiego delle moderne biotecnologie18 l’uomo ha la possibilità di intervenire sulla vita degli esseri viventi, modificandone i processi biologici. La Convenzione di Rio de Janeiro sulla diversità biologica (CBD) del 1992 definisce biotecnologia «ogni applicazione che usi sistemi biologici, organismi viventi oppure derivati di questi, al fine di creare o produrre processi finalizzati ad usi specifici»19. I brevetti nascono come strumenti specifici per l’innovazione industriale ed è chiaro che, per quanto riguarda organismi viventi, sia molto difficile adattare queste forme brevettuali ad essi senza compiere forzature. Una in particolare riguarda il concetto secondo cui, per poter brevettare qualsiasi cosa, sia necessario lo status di novità o invenzione. Il problema è che quando si parla di brevetti in relazione ad organismi viventi, bisogna sempre considerare che i geni che si vogliono brevettare sono già 17
Magni Antonio (2008), Brevettabilità e biodiversità, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane. 18
Le biotecnologie rappresentano l’insieme delle tecnologie che controllano e modificano le attività biologiche degli esseri viventi per ottenere prodotti a livello industriale e scientifico. 19
Magni Antonio (2008), Brevettabilità e biodiversità, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane. 14 esistenti in natura e quindi non dovrebbero soddisfare il requisito di novità né giustificare l’attività inventiva. A tal proposito, l’inventore, per utilizzare una forma brevettuale, deve dimostrare che l’innovazione non sia ovvia, ovvero che non risulti evidente agli occhi di una persona esperta nel settore sulla base dello stato attuale della tecnica, che sia utile e soprattutto che sia una novità assoluta, e cioè mai resa pubblica, in nessun modo e in nessuna parte del mondo. Precisamente, i requisiti per poter brevettare un’invenzione, sono: la novità, l’originalità o attività inventiva, l’applicabilità industriale e la descrizione sufficiente per la riproducibilità del processo di produzione industriale. Nel caso di microrganismi viventi, a questi requisiti va aggiunto il già citato deposito in una Collezione internazionale riconosciuta. Molti sottolineano come venga difficile pensare ad un organismo geneticamente modificato, e come tale frutto del lavoro su qualcosa di già esistente, come una novità o una creazione dell’uomo. Sul piano formale, però, è considerato nuovo, dal punto di vista della protezione brevettuale, tutto ciò che non è stato reso accessibile al pubblico prima della data di deposito del brevetto. Per esempio, secondo la giurisprudenza statunitense, il criterio sul quale fondare la brevettabilità di un’invenzione non è dato dalla differenza tra la natura vivente o inanimata della cosa, ma è dato dalla distinzione tra l’opera realizzata dall’uomo e la cosa esistente in natura. Secondo la Corte Suprema, infatti, è brevettabile «anything under the sun that is made by man». Di conseguenza, nonostante l’esistenza in natura del gene da brevettare, esso non era disponibile al pubblico precedentemente ma lo è diventato in seguito al procedimento di isolamento ed alle tecniche di ingegneria genetica soddisfacendo, in tal senso, il requisito di novità come prodotto. In più, per poter usufruire della protezione brevettuale, è necessario che il gene o il prodotto naturale reso accessibile al pubblico possegga anche un’applicabilità 15 industriale ed una funzione ben precisa tale da giustificare l’invenzione e la novità20. Il percorso per la protezione brevettuale è costituito da diverse tappe le quali richiedono un investimento notevole sia a livello economico che a livello temporale. Nel caso degli organismi viventi, la prima tappa è costituita dall’individuazione e dall’isolamento del gene o del microrganismo da ambienti naturali, piante o matrici alimentari. In secondo luogo, è obbligatorio depositare il gene isolato in una Collezione internazionalmente riconosciuta. Esistono, infatti, molti istituti atti a contenere i depositi internazionali di organismi viventi, i quali sono riconosciuti dal Trattato di Budapest del 200921. Tornando all’iter brevettuale, successivamente viene avviata la caratterizzazione del microrganismo attraverso molteplici metodi22 e viene analizzato il lavoro manuale ed intellettuale effettuato sul gene o sul microrganismo per verificare che sia distinguibile la scoperta scientifica dall’invenzione, e cioè che sia presente una soluzione nuova ed originale ad un problema tecnico che può riguardare un prodotto o un processo. Fra tutti i brevetti depositati al mondo (più di cinquecentomila), il 60 percento è detenuto da Giappone, Cina e Stati Uniti mentre appartengono all’Italia circa diecimila brevetti. Esistono circa centomila brevetti riguardanti microrganismi viventi e processi microbici, di cui quindicimila nel settore alimentare e circa seimila nel settore agronomico ed ambientale23. Per quanto riguarda i costi, un brevetto europeo, da applicare a processi microbici o a microrganismi viventi, costa circa ottantamila euro. Un brevetto 20
Massai Rossano e Gimelli Fiorenzo (2010), Brevettare la vita?, Pisa: Edizioni ETS. 21
In Italia, si trovano l’Advanced Biotechnology Center (ABC) e il Collection of Industrial Yeasts (DBVPG). 22
I metodi di caratterizzazione dei microrganismi a livello di genere, specie e ceppo utilizzabili per il deposito brevettuale sono molteplici. Esiste, ad esempio, con l’acronimo ARDRA, l’analisi di restrizione del DNA o, con l’acronimo RK, la cinetica di riassociazione del DNA nucleare. 23
Massai Rossano e Gimelli Fiorenzo (2010), Brevettare la vita?, Pisa: Edizioni ETS. 16 nazionale arriva, invece, fino a ventimila euro, mentre, un brevetto PCT24, cioè un brevetto internazionale, può costare dalle centocinquantamila alle duecentomila euro25. Per molti soggetti, comunità o anche per molti Paesi poveri o in via di sviluppo, potrebbe risultare oneroso, quindi, brevettare un organismo vivente o una risorsa biologica presenti nel proprio territorio, a tutto vantaggio dei Paesi che non hanno alcuna difficoltà nel pagare duecentomila euro per un brevetto internazionale. Da un punto di vista normativo a livello europeo, per la brevettazione del vivente il riferimento è la Convenzione di Monaco sul Brevetto Europeo del 1973, secondo la quale sono brevettabili i prodotti e i procedimenti microbiologici, cioè le tecniche biotecnologiche, i microrganismi isolati in natura e i microrganismi geneticamente modificati. Inoltre, seguendo le norme dettate dalla Convenzione sul brevetto europeo (CBE), bisogna sottolineare la distinzione tra scoperta ed invenzione. Nel caso europeo, una scoperta rappresenta una presa di coscienza di un oggetto o di un fenomeno già esistenti. L’invenzione, invece, è il risultato dell’elaborazione della scoperta e, come tale, brevettabile. Di conseguenza, un’invenzione biotecnologica, pur inglobando un elemento preesistente in natura, rappresenta una modifica dello stesso, alla quale non si era riusciti ad arrivare fino a quel punto. Sulla base di questo concetto, mentre negli Stati Uniti è brevettabile anche una scoperta purchè giustifichi una funzione atta a soddisfare il requisito di “utility”, secondo cui l’utilità della scoperta o dell’invenzione in esame deve essere riconosciuta, da una persona esperta nel ramo, in Europa è possibile brevettare le sole invenzioni biotecnologiche26. Secondo la normativa europea, può essere considerato brevettabile anche un materiale biologico che venga isolato dal suo 24
Patent Cooperation Treaty, firmato nel 1978 da 138 Stati. 25
Massai Rossano e Gimelli Fiorenzo (2010), Brevettare la vita?, Pisa: Edizioni ETS. 26
Ue (1998), Direttiva 98/44/CE, Bruxelles. 17 ambiente naturale, purchè sussista un’applicabilità industriale. La Direttiva impedisce, infine, di brevettare il corpo umano e i suoi singoli elementi, nei vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo, ma permette la brevettazione di un gene isolato dal corpo umano, mediante procedimento tecnico, compresa la sequenza genica, anche parziale27. 27
Magni Antonio (2008), Brevettabilità e biodiversità, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane. 18 Capitolo 2 Il WTO e i diritti di proprietà intellettuale 2.1 Cos’è e quali obiettivi persegue il WTO Nel seguente capitolo ci occuperemo dell’organizzazione mondiale del commercio. A tal proposito, illustreremo la struttura, i processi decisionali e gli accordi che caratterizzano il WTO, sottolineando anche i rapporti di forza che lo attraversano e le critiche mosse nei confronti dell’organizzazione negli ultimi decenni. Il World Trade Organization è un’organizzazione internazionale con sede a Ginevra. Essa rappresenta il superamento del GATT, e cioè quell’accordo internazionale, firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra da 23 paesi, per stabilire le basi per un sistema multilaterale di relazioni commerciali, con lo scopo di favorire la liberalizzazione del commercio mondiale. Con la finalità di regolamentare e supervisionare gli accordi commerciali internazionali con un sistema fortemente vincolante, il WTO (in italiano Organizzazione mondiale del commercio) venne istituito ufficialmente il 1° gennaio 1995 al termine dell’Uruguay Round28 che è stato il più lungo e importante, nonché l’ultimo, tavolo di trattative del GATT. Esso ha coinvolto 123 paesi ed è durato sette anni e mezzo (tra il 1986 ed il 1994), terminando con la firma degli accordi di Marrakech, il 15 aprile 1994, con la creazione del WTO e la ratifica di tre accordi principali. Il General Agreement on Tariffs and Trade (GATT) rappresenta l’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio; il General Agreement on Trade in Services (GATS) costituisce l’accordo generale 28
Il nome di tale "round" deriva dal fatto che i negoziati iniziarono, il 20 settembre 1986, a Punta del Este in Uruguay. 19 sul commercio dei servizi, mentre l’accordo TRIPs (The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights) riguarda gli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale. L’Uruguay Round fu voluto principalmente dagli USA per estendere la liberalizzazione degli scambi dal settore delle merci a quello dei servizi, facendovi così rientrare banche, assicurazioni e telecomunicazioni. L’organizzazione mondiale del commercio nacque dalla necessità di creare attorno agli accordi del GATT (in italiano “Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio”) un’istituzione capace di risolvere eventuali controversie in materia commerciale e di incidere maggiormente sugli scambi internazionali di beni attraverso veri e propri organi decisionali, creando un ordinamento giuridico capace di imporre ai propri membri regole, diritti e doveri ben precisi. Questo anche in virtù della clausola, fondamentale prima nel GATT e poi nel WTO, della cosiddetta “most favoured nation”, che obbliga espressamente ogni Stato ad applicare anche agli altri Stati le condizioni applicate ad un Paese con il quale si è già intrapreso un rapporto commerciale su determinati prodotti, cioè al Paese cui vengono applicate il minor numero di restrizioni, allargando a macchia d’olio il campo di azione delle liberalizzazioni commerciali. L’assetto giuridico è molto importante nel comprendere la nascita del WTO ed il superamento del GATT. Quest’ultimo non era dotato di una struttura organizzativa istituzionalizzata ed era inoltre vincolato dalla “grandfather clause” che subordinava le regole dell’ Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio alla legislazione nazionale di ciascun firmatario, lasciando libertà agli Stati di mantenere nel proprio ordinamento giuridico disposizioni contrastanti con gli accordi presi in sede GATT. La capacità di poter omogeneizzare le normative e le regole commerciali e non a livello mondiale è stata una ragione fondamentale alla base della nascita 20 dell’organizzazione mondiale del commercio, in modo da poter creare un’istituzione capace di emanare regole vincolanti e più incisive rispetto al passato per tutti i membri, contribuendo ad accelerare il processo di globalizzazione a livello mondiale. Di conseguenza si può affermare che il WTO29 non si pone solo l’obiettivo dell’abbattimento delle barriere tariffarie al commercio internazionale, ma anche l’incremento del commercio dei servizi, la protezione delle proprietà intellettuali e l’abbattimento delle barriere non tariffarie, le quali rappresentano quell’insieme di regole non fiscali che direttamente o indirettamente limitano il commercio estero. A tal proposito, fra tutte, esistono i contingentamenti, cioè restrizioni quantitative stabilite da un Paese all'importazione di un determinato bene, oltre ad altri tipi di barriere non tariffarie che hanno raggiunto complessità e importanza tali da risultare necessaria una loro disciplina, soprattutto durante il Tokyo Round, che si tenne dal 1973 al 1979. La varietà di legislazioni sugli standard tecnici di sicurezza ambientale e sanitarie, ad esempio, può costituire un serio ostacolo al commercio internazionale nella misura in cui gli operatori esteri devono adeguarsi alla normativa del Paese importatore. Rientrano nelle barriere non tariffarie, infine, anche tutti gli interventi pubblici di sussidio alle esportazioni o di ostacolo alle importazioni. 29
Il quale ha recepito anche un aggiornamento, chiamato GATT 199429, degli accordi originari del GATT (che risalgono al 1947).La nuova normativa introdotta con l'Uruguay Round impone, rispetto al passato, come unica limitazione possibile quella tariffaria, nonché la graduale riduzione di tutti i sussidi alla produzione interna ed all’esportazione. 21 2.2 Struttura del WTO Dall’accordo istitutivo di Marrakech, Articolo III: 1. Il WTO favorisce l'attuazione, l'amministrazione e il funzionamento del presente accordo e degli accordi commerciali multilaterali, ne persegue gli obiettivi e funge da quadro per l'attuazione, l'amministrazione e il funzionamento degli accordi commerciali plurilaterali. 2. Il WTO fornisce un contesto nel cui ambito si possono svolgere negoziati tra i suoi membri per quanto riguarda le loro relazioni commerciali multilaterali nei settori contemplati dagli accordi riportati in allegato al presente accordo. Il WTO può inoltre fungere da ambito per ulteriori negoziati tra i suoi membri per quanto riguarda le loro relazioni commerciali multilaterali e da contesto per l'applicazione dei risultati di tali negoziati, secondo le modalità eventualmente decise da una Conferenza dei ministri. 3. Il WTO amministra l'intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie (DSU: Dispute settlement understanding) 4. Il WTO amministra il meccanismo di esame delle politiche commerciali (TPRM: Trade policy review mechanism) 5. Al fine di rendere più coerente la determinazione delle politiche economiche a livello globale, Il WTO coopera, se del caso, con il Fondo Monetario Internazionale e con la Banca mondiale e con le agenzie ad essa affiliate. Il WTO rappresentò non solo un grande contenitore all’interno del quale inserire una serie di accordi che da lì in poi avrebbero influenzato il commercio internazionale e di conseguenza le economie di tutti i Paesi membri e non, ma anche un forum negoziale per tutto ciò che riguarda il commercio internazionale, nell’accezione più ampia del termine. All’interno di questo 22 contenitore, oltre agli accordi già citati, ne troviamo altri due molto importanti per lo svolgimento delle funzioni dell’organizzazione: il Trade policy review mechanism (TPRM) e l’accordo sul sistema di risoluzione delle controversie30. Il TPRM, introdotto nel 1995 durante l’Uruguay Round e regolato dall’allegato 3 dell’ Accordo istitutivo, ha lo scopo di raggiungere gli obiettivi di una migliore adesione degli Stati alle norme contenute negli accordi commerciali multilaterali e plurilaterali (se ratificati) e un miglior funzionamento del sistema commerciale multilaterale. L’accordo prevede una valutazione delle politiche e pratiche commerciali degli Stati membri nel loro complesso e del loro impatto sul sistema commerciale multilaterale, ovvero sul complesso degli accordi amministrati dall’organizzazione mondiale del commercio. Si tratta quindi di una valutazione complessiva diretta a verificare se e in quale misura l’approccio seguito da ciascun membro contribuisca a realizzare gli obiettivi propri dell’organizzazione, di espansione della produzione e degli scambi di beni e servizi, nonchè di miglioramento delle variabili macroeconomiche fondamentali per ciascun Paese. Il secondo accordo, invece, si occupa delle modalità attraverso cui è possibile risolvere eventuali controversie tra i membri del WTO attraverso il Dispute Settlement Body, che rappresenta l’organo di conciliazione dell’organizzazione mondiale del commercio. Ma il WTO è anche un’organizzazione strutturata in modo tale da poter essere in grado di prendere decisioni vincolanti e svolgere le proprie funzioni con efficacia. L’organo principale dell’organizzazione mondiale del commercio è la Conferenza ministeriale, la quale è composta da rappresentanti di tutti gli Stati membri31. Essa si riunisce almeno una volta ogni due anni: tale conferenza 30
Detto Dispute Resolution Understanding o DSU. 31
A causa delle gravi difficoltà economiche, molti Paesi non riescono ad avere una rappresentanza permanente in queste riunioni. È il caso, ad esempio, della Sierra Leone e della Tanzania. “In un paese come il mio, dove tante persone soffrono la fame, è difficile pensare di spendere denaro per il GATT” afferma 23 svolge le funzioni del WTO ed è abilitata a prendere decisioni in relazione a tutti gli aspetti contemplati negli accordi commerciali multilaterali sottoscritti. Al di sotto della Conferenza ministeriale c’è il Consiglio generale, composto anch'esso dai rappresentanti di tutti gli Stati membri32, il quale, negli intervalli tra una riunione e l'altra della Conferenza dei ministri, esercita le funzioni proprie di quest'ultima. Il Consiglio generale si riunisce, inoltre, ogni qualvolta è necessario esercitare le funzioni dell'organo di conciliazione previsto nell'intesa sulla risoluzione delle controversie nonché quelle dell'organo di esame delle politiche commerciali. Inoltre compongono la struttura del WTO il Consiglio per gli scambi di merci, che sovrintende al funzionamento degli accordi commerciali multilaterali relativi allo scambio di merci; un Consiglio per gli scambi di servizi, che sovrintende al funzionamento dell'accordo generale sugli scambi di servizi; un Consiglio per gli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, denominato Consiglio TRIPS. Questi tre Consigli, che operano sotto l'indirizzo del Consiglio generale, svolgono le funzioni ad essi attribuite dai rispettivi accordi e dal Consiglio generale e si riuniscono ogni qualvolta sia necessario per esercitare le loro funzioni; la partecipazione a tali Consigli è aperta ai rappresentanti di tutti i Paesi membri. Nella struttura organizzativa dell’organizzazione mondiale del commercio troviamo inoltre una serie di Comitati specifici (il Comitato commercio e sviluppo; il Comitato restrizioni per motivi di bilancia dei pagamenti; il Comitato bilancio, finanze e amministrazione, ecc.), per l'esercizio di specifiche funzioni attribuite loro dall'accordo istitutivo del WTO e dagli accordi commerciali multilaterali, nonché le eventuali ulteriori funzioni ad essi attribuite dal Consiglio generale. l’ambasciatore della Tanzania (dal libro di L.Wallach e M.Sforza, WTO.Tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale). 32
Attualmente gli Stati membri sono 157 con l’entrata della Russia il 22 agosto 2012. 24 Infine, molto importante è il ruolo del Segretariato, composto da circa seicento funzionari e diviso per aree tematiche. Esso coadiuva i lavori dell’organizzazione mondiale del commercio offrendo supporto giuridico ed una grande competenza tecnico‐amministrativa. Inoltre, c’è da sottolineare un aspetto molto importante: i consulenti, gli esperti e i tecnici che lavorano nel o per il WTO sono nominati e consultati soprattutto per la loro esperienza in materia di commercio, finanza ed economia e non per altre capacità che pure sarebbero importanti per prendere decisioni così influenti, necessarie per considerare adeguatamente le ripercussioni sociali, economiche ed ambientali di certe decisioni. 2.3 Il funzionamento e i processi decisionali del WTO A ciascun membro del WTO è attribuito un voto, tranne nel caso dell’Unione Europea, alla quale viene assegnato un voto per ogni Stato. Le decisioni all’interno dell’organizzazione mondiale del commercio vengono prese tramite la regola del consenso; esso viene raggiunto non quando tutti i membri votano una decisione presa in seno al WTO, ma quando nessuno di essi si oppone formalmente. La differenza non è di poco conto in quanto gli Stati membri preferiscono non fare uso del loro diritto ad opporsi singolarmente, in quanto in una successiva votazione un altro Stato potrebbe opporsi, anche solo per gioco politico, ad una decisione a favore dello Stato che in precedenza aveva votato contro33. Inoltre, non tutti gli Stati hanno la possibilità di partecipare a tutte le riunioni e di conseguenza questo sistema di formazione del consenso è oggetto di critiche 33
Parenti Antonio (2007), Il WTO, Bologna: Il Mulino. 25 in quanto è certamente funzionale, negli obiettivi dei Paesi sviluppati, alla formazione di un consenso basato anche sul peso politico e sulle possibilità economiche dei Paesi industrializzati che influenzano inevitabilmente le decisioni del WTO. Solo in rari casi nei quali non è possibile raggiungere un consenso, si può prendere una decisione a maggioranza semplice o a maggioranza rinforzata (tre quarti dei membri). Esistono anche dei meccanismi informali per la formazione del consenso come, ad esempio, le riunioni di una sola parte dei membri dell’organizzazione mondiale del commercio come nel caso della Quadrilaterale, o QUAD, formata da Canada, Stati Uniti, Unione Europea e Giappone o nel caso del G2034. C’è da dire che in alcuni casi le riunioni informali servono a prendere più velocemente una decisione che interessa solo una cerchia ristretta dei membri del WTO; in altri casi le riunioni, come nel caso delle green rooms, vengono utilizzate, dai Paesi sviluppati e dai Paesi in via di sviluppo più forti, per decidere una strategia o formulare un accordo ben preciso che risponda ai loro interessi piuttosto che agli interessi di tutti i membri. Chiamate green rooms per via del colore della sala, nella sede dell’organizzazione, in cui solitamente avevano luogo durante l’Uruguay Round, rappresentano delle riunioni che possono contare fino ad una quarantina di partecipanti, in cui si incontrano, sotto l’egida del direttore generale, quasi tutti i Paesi industrializzati e i Paesi in via di sviluppo più rappresentativi o attivi su un determinato argomento. I partecipanti cercano di trovare l’accordo su una questione attraverso un testo che verrà successivamente sottoposto a tutti gli altri membri. Infine, importanti per il consenso sono anche le riunioni informali del Consiglio Generale alle quali tutti i membri del WTO possono partecipare. 34
Stati membri: Argentina, Bolivia, Brasile, Cina, Cile, Colombia, Cuba, Egitto, India, Indonesia, Messico, Nigeria, Pakistan, Paraguay, Filippine, Repubblica del Sudafrica, Tailandia, Tanzania, Venezuela, Zimbabwe. 26 2.4 L’accordo TRIPs L’accordo TRIPs riguarda gli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale. Esso figura nel pacchetto di accordi firmato a Marrakech nel 1994 e risponde ad esigenze ben precise dei Paesi industrializzati, principalmente gli Stati Uniti, l’Unione Europea ed il Giappone, i quali possiedono la maggior parte dei brevetti, dei marchi e dei copyrights che esistono al mondo e, di conseguenza, hanno un forte interesse nei confronti dell’accordo TRIPs e di una maggiore tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Essi, infatti, volevano tutelare i diritti di proprietà intellettuale e industriale a livello mondiale per ricavarne un guadagno, potendo sfruttare il monopolio commerciale35 dell’innovazione. La nozione di proprietà intellettuale rimanda ad un insieme di diritti attribuiti da un particolare ordinamento (in questo caso il TRIPs) all’autore della creazione intellettuale o all’ideatore del prodotto dell’ingegno. Tali diritti consistono nel riconoscimento della paternità dell’opera o dell’invenzione e, sul piano economico, nel diritto esclusivo di sfruttare e disporre del bene per un periodo determinato come compenso per la funzione esercitata. La prima forma di protezione brevettuale venne attuata con la Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale36 con la quale si volevano tutelate le invenzioni, i marchi e i disegni industriali. Tre anni dopo, con la Convenzione di Berna37, verranno tutelate anche le opere letterarie e artistiche. Solo nel 1967 nacque l’Organizzazione mondiale dei diritti di proprietà intellettuale (WIPO). Nonostante l’istituzione delle due convenzioni e la nascita 35
Monopolio, se pur limitato nel tempo, garantito dall’accordo TRIPs. 36
Alla quale l’accordo TRIPs rimanda per la qualificazione del criterio della cittadinanza rispetto ai diritti di proprietà intellettuale. 37
Alla quale l’accordo TRIPs rimanda come riferimento per la tutela dei diritti d’autore. 27 della WIPO, si sentiva ancora l’esigenza, soprattutto da parte dei Paesi industrializzati38, di tutelare al meglio la proprietà intellettuale e soprattutto di poterne affidare il compito ad un organismo capace di risolvere eventuali controversie39, di punire i trasgressori e di armonizzare in gran parte del mondo le legislazioni necessarie. Inoltre, come affermato dall’Unione Europea, “le differenze tra le normative nazionali sulla proprietà intellettuale possono costituire barriere di protezione che ostacolano la libera circolazione delle merci e dei servizi”. L’accordo sui diritti di proprietà intellettuale è entrato in vigore il 1° gennaio del 1995 a seguito dell’Uruguay Round ed è considerato uno dei pilastri del WTO, tant’è che fu presentato in allegato al trattato istitutivo dell’organizzazione mondiale del commercio. L’accordo venne approvato con la formula del single undertaking40, la quale prevede che tutti gli accordi relativi ai diversi temi dell’agenda negoziale siano sottoscritti nell’ambito di un unico maxi‐accordo, senza la possibilità, per i Paesi membri dell’organizzazione, di accettare solo alcuni di essi. Lo scopo di questa procedura negoziale è favorire l’emergere di un consenso su un pacchetto complessivo, alzando il costo del rifiuto a sottoscrivere un singolo accordo. L’accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale mira a proteggere i disegni industriali, i marchi, i 38
I Paesi in via di sviluppo e i Paesi poveri non vedevano di buon occhio l’accordo TRIPs, nonostante i buoni propositi affermati dalle potenze industriali occidentali. Essi temevano un eccessivo trasferimento di ricchezze, per pagare le autorizzazioni protette dai brevetti, dal Sud al Nord del mondo ed un accrescimento della difficoltà di trasferimento delle tecnologie dai Paesi più avanzati a quelli più bisognosi di colmare il divario tecnologico. Alla fine, i Paesi in via di sviluppo accettarono di ratificare l’accordo TRIPs in cambio della fine dell’accordo Multifibre, in riferimento al settore tessile, molto caro ai Paesi poveri e in via di sviluppo. 39
La cui soluzione viene affidata al Consiglio TRIPs in collaborazione con gli Stati membri. 40
L’approccio del single undertaking può generare un’eccessiva lunghezza e complessità dei negoziati da gestire, innescando la pratica dei veti incrociati e sacrificando il raggiungimento di un accordo sui temi dove esso sarebbe invece possibile. 28 modelli, le indicazioni geografiche, i diritti d’autore, i diritti di ibridazione e di riproduzione, i circuiti integrati e le informazioni riservate. Per quanto riguarda la durata della protezione brevettuale, essa varia a seconda dei settori. Nel caso dei diritti d’autore, per esempio, la protezione non può essere inferiore a cinquant’ anni dalla fine dell’anno civile di pubblicazione dell’opera mentre, nel caso dei marchi, la tutela non può essere inferiore a sette anni ed è rinnovabile indefinitamente. Differente è anche il caso dei disegni industriali per i quali la protezione è accordata per una durata non inferiore ai dieci anni mentre nel caso dei brevetti la durata della protezione è di venti anni. Il sistema della difesa dei diritti di proprietà intellettuale si basa sulla convinzione secondo cui la ricerca non progredisce se i risultati di essa non sono protetti. Ciò per garantire uno sfruttamento monopolistico negli anni successivi ed un recupero degli investimenti che sono stati necessari per la ricerca da parte delle aziende. Soprattutto oggi che la ricerca presuppone investimenti ingenti ed è sostenuta dai privati41, è evidente che le imprese effettueranno simili investimenti solo se verrà dato loro modo di recuperare le risorse attraverso, per esempio, i brevetti. L’accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale è suddiviso in sette parti per un totale di 73 articoli: • La prima parte (Art.1‐8) definisce i principi e le finalità generali; • la seconda parte (Art.9‐40) stabilisce gli standard internazionali di tutela e protezione; 41
Anche se non sempre questo è vero. A volte il pubblico partecipa in parte ai finanziamenti della ricerca. Altre volte, soprattutto in campo farmaceutico, i nuovi prodotti non sono frutto di grandi ricerche ma derivano da prodotti già esistenti sul mercato come afferma il National Institute for Health Care Management in uno studio su 1035 farmaci approvati negli USA. 29 • la terza parte (Art.41‐61) indica le procedure generali che le legislazioni nazionali devono applicare per permettere il rispetto delle norme; • la quarta parte (Art. 62) stabilisce i criteri per l’acquisizione e il possesso dei diritti di proprietà intellettuale; • la quinta parte (Art.63‐64) fa riferimento ai meccanismi di soluzione delle controversie; • la sesta parte (Art.65‐67) si occupa del supporto tecnico ai paesi poveri o in via di sviluppo, nonché dei tempi per l’adozione effettiva delle norme; • la settima parte (Art.68‐73) definisce i tempi di applicazione e i compiti amministrativi del Consiglio e il suo ruolo nel processo di revisione allo scadere della fase transitoria. Salta subito agli occhi la direzione in controtendenza dell’accordo TRIPs rispetto a quelli che sono gli obiettivi fondanti dell’organizzazione mondiale del commercio. Essa, infatti, si pone l’obiettivo di liberalizzare il commercio, mentre la tutela dei diritti di proprietà intellettuale rappresenta un palese limite al libero commercio. Dal momento che la tutela dei diritti di proprietà intellettuale comporta una protezione per un tempo determinato al riparo dalla concorrenza42, è incompatibile la promozione della liberalizzazione del commercio con l’applicazione di una maggiore tutela brevettuale. Quando un soggetto ottiene un brevetto per un prodotto o un processo produttivo, gli viene attribuito il monopolio sulla fabbricazione e la determinazione del prezzo di quell’innovazione per circa venti anni. Il monopolio, concesso dall’accordo 42
Un principio alla base della tutela brevettuale è quello secondo cui il brevetto, e quindi il monopolio temporaneo sull’invenzione o sul prodotto in questione, debba servire a recuperare gli investimenti iniziali. 30 TRIPs, ha un effetto negativo sulla concorrenza dei prezzi e sulla scelta dei consumatori. Combinando l’estensiva protezione garantita dall’accordo e il sistema di risoluzione delle controversie del WTO, le grandi imprese hanno la possibilità di usufruire, nel difendere i propri interessi, dello strumento delle sanzioni nei confronti di tutti quei Paesi che non rispettano le norme dell’organizzazione mondiale del commercio e questa minaccia di sanzioni43, anche in campi differenti da quello dell’eventuale contesa, spaventa soprattutto i Paesi poveri e in via di sviluppo. Nel raggiungimento dell’accordo sui diritti di proprietà intellettuale giocarono un ruolo decisivo le multinazionali44, come candidamente affermato da Edmund T.Pratt, amministratore delegato della Pfizer45. Egli affermò quanto fosse stata importante la cooperazione tra Stato e imprese nella ratificazione dell’accordo che ha portato alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale46. Inoltre, il governo statunitense chiese alle imprese di formulare quelli che secondo loro dovevano essere i cardini dell’accordo TRIPs. Successivamente, dopo una stretta collaborazione tra imprese statunitensi, europee e giapponesi, si arrivò ad una bozza degli standard sui diritti di proprietà intellettuale. Praticamente, l’accordo fu scritto dalle imprese il cui obiettivo è, come noto, il profitto, non considerando in tal modo aspetti molto importanti. Primo fra tutti l’accesso ai 43
Sanzioni e ritorsioni furono utilizzate da Stati Uniti, Giappone e Ue anche per inserire nell’agenda dell’Uruguay Round la discussione sulla formulazione e sull’approvazione dell’accordo TRIPs, visto che in occasione del Tokyo round i Paesi in via di sviluppo si erano rifiutati di discutere l’argomento. 44
Le multinazionali furono le prime interessate all’accordo, soprattutto in campo farmaceutico e biotecnologico. Esse avevano un grande interesse nell’armonizzazione legislativa in modo da non aver problemi nella diffusione a livello globale dei loro prodotti e delle loro attività. Inoltre, essendo i primi soggetti nella ricerca, erano interessati fortemente ad una tutela degli investimenti, nonché ad uno sfruttamento monopolistico, se pur temporaneo, dei frutti delle loro ricerche. 45
Società operante nella ricerca, nella commercializzazione e nella produzione di farmaci in tutto il mondo. Ha sede a New York ed ha un fatturato di oltre 40 miliardi di dollari. 46
Meregalli Roberto (2002), TRIPs prima e dopo Doha, www.retelilliput.org 31 medicinali essenziali, ma anche la minaccia alla biodiversità, il rischio per la sicurezza alimentare e la brevettabilità delle forme viventi. Ad ogni modo, anche per l’accordo TRIPs, ai membri del WTO è richiesta la piena applicazione dei principi della nazione più favorita (MFN47) e del trattamento nazionale48. I tempi per la completa attivazione dell’accordo sono anche qui, come in altri accordi, differenziati: un anno per i Paesi industrializzati, cinque anni per i Paesi in via di sviluppo e undici anni per i Paesi più poveri. Aldilà delle agevolazioni temporali per aderire all’accordo, i Paesi più poveri vedranno probabilmente aumentare i propri costi di produzione per via dei diritti che dovranno pagare sulla tecnologia occidentale e, in generale, saranno ancor più dipendenti politicamente ed economicamente dai paesi più industrializzati. Anche il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), ha criticato l’accordo riguardante i diritti di proprietà intellettuale in un rapporto del 1999, in quanto esso compromette la sicurezza alimentare e la salute49. Le norme dell’accordo, secondo l’UNDP, rendono molto più costoso per i Paesi poveri procurarsi i semi per l’agricoltura e rendere i farmaci accessibili alla popolazione. In più, bisogna rilevare che il costo di un brevetto è molto elevato e di conseguenza non è possibile molto spesso, per i Paesi più poveri, mettere al sicuro delle invenzioni o delle risorse genetiche su cui hanno messo gli occhi multinazionali occidentali. È questo il caso della Namibia. Lo Stato africano voleva brevettare una pianta locale con proprietà medicinali, al fine di prevenire atti di biopirateria50 da parte di società farmaceutiche 47
Most Favoured Nation è la clausola della nazione più favorita secondo la quale i Paesi contraenti si impegnano ad accordare ai prodotti/beni provenienti da un Paese estero condizioni doganali e daziarie non meno favorevoli di quelle già stabilite negli accordi commerciali con un altro Paese terzo. 48
Secondo questo principio i prodotti importati e quelli locali devono ricevere lo stesso trattamento. 49
L.Wallach/M.Sforza, WTO,tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale. 50
Per biopirateria si intende il modo in cui le multinazionali rivendicano la proprietà di risorse genetiche e di conoscenze tradizionali dei Paesi in via di sviluppo traendone enormi vantaggi economici. Questo termine è 32 straniere. Per fare ciò, chiese una consulenza alla Fondazione Gaia, un’associazione ambientalista inglese la quale, in seguito ad una ricerca sui costi, affermò che per proteggere la pianta tramite brevetti, andavano registrati i brevetti in tutte le nazioni sviluppate. In concreto, per tutelare la risorsa locale bisognava registrare e mantenere dieci brevetti51 per un costo di circa cinquecentomila dollari. Emerge, quindi, da questo caso, la difficoltà da parte di una comunità di un Paese povero di poter brevettare e proteggere le proprie risorse. I costi da sostenere rendono proibitive le tutele brevettuali anche per alcuni governi, permettendo così ai Paesi ricchi, di avere un notevole vantaggio nella registrazione dei brevetti, anche per quanto riguarda le risorse biologiche. A livello internazionale, come già ricordato, i diritti di proprietà intellettuale sul materiale biologico sono tutelati facendo riferimento all’accordo TRIPs. Secondo l’accordo sui diritti di proprietà intellettuale, per molti versi in contrasto, come vedremo, con la Convenzione sulla diversità biologica (CBD), il materiale biologico e l’informazione in essa contenuta possono essere oggetto di un diritto di brevetto. I contrasti tra l’accordo sui diritti di proprietà intellettuale e la Convenzione sulla diversità biologica si manifestano, in particolar modo, sulla tutela della biodiversità e sulla lotta alla biopirateria. Nel caso della prima, infatti, l’accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale non prevede limiti ai diritti di privativa aventi lo scopo di tutelare la biodiversità e i diritti di sovranità nazionale dei Paesi in via di sviluppo52. Inoltre, l’accordo TRIPs non menziona il principio di salvaguardia a favore dei Paesi poveri o in via di sviluppo, posto dalla CBD, secondo il quale l’accesso alle risorse genetiche, finalizzato all’ottenimento di diritti brevettuali, deve essere concesso tramite stato coniato da Vandana Shiva ed è il titolo di un suo libro sul “Saccheggio della natura e dei saperi indigeni”. 51
Validi in 52 paesi. 52
Ghidini Gustavo e Giovanni Cavani (2007), Brevetti e biotecnologie, Roma: Luiss University Press. 33 autorizzazione dello Stato avente la sovranità nazionale sul materiale biologico. Infine, l’accordo siglato in sede WTO, non prevede il “benefit sharing”, e cioè la condivisione dei benefici economici derivanti dall’uso delle risorse genetiche connesso allo sfruttamento dei brevetti, tra Paesi detentori dei brevetti e Paesi in cui si trovano le risorse genetiche oggetto dei suddetti brevetti. A tutto ciò va aggiunto il fatto che l’applicazione delle norme dettate dall’accordo sui diritti di proprietà intellettuale, a differenza di molti trattati e convenzioni internazionali tra cui la Convenzione sulla diversità biologica, sono vincolanti, in quanto il WTO è dotato di un vero e proprio organo giuridico e sanzionatorio capace di giudicare le controversie a livello internazionale e di intervenire in caso di mancato rispetto delle regole. Perciò, i Paesi in via di sviluppo chiedono, ormai da tempo, una sostanziale revisione dell’art. 27.3 (b)53 dell’accordo TRIPs perché sia fatto espressamente divieto di brevettare piante, animali, microrganismi e altre forme viventi così come i processi naturali che danno vita ad esseri viventi54. Si rivendica, inoltre, una maggiore autonomia per i membri dell’organizzazione mondiale del commercio, per permettere loro di elaborare una legislazione sui generis conforme alle leggi di ciascuno Stato senza dover sottostare a quelle imposte dall’accordo sui diritti di proprietà intellettuale, per adeguare la tutela dei diritti di proprietà intellettuale alla situazione specifica dei singoli Paesi55. 53
L’art. 27.3 (b) dell’accordo TRIPs afferma che ”É possibile escludere dalla brevettabilità i vegetali e gli animali, tranne i microrganismi, e i processi essenzialmente biologici per la produzione di vegetali o animali, tranne i processi non biologici e microbiologici. Tuttavia i Membri prevedono la protezione delle varietà di vegetali mediante brevetti o mediante un efficace sistema sui generis o una combinazione dei due. Le disposizioni della presente lettera sono sottoposte ad esame quattro anni dopo la data di entrata in vigore dell’Accordo Wto”. (Gabriella Venturini (2004), L’organizzazione mondiale del commercio, Milano: Giuffrè Editore) 54
Durante il Doha Round, cominciato nel 2001, tutte le promesse di riesaminare e di rivedere molti aspetti dell’accordo TRIPs sono rimaste allo status di intenzioni, senza alcuna azione determinante per via della riluttanza dei Paesi industrializzati alla modifica dell’accordo. 55
Wallach Lori e Sforza Michelle (1999), WTO. Tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale, Milano: Feltrinelli. 34 In relazione alla revisione di tale accordo, non sembra esserci però alcuna intesa tra le parti, per via soprattutto degli opposti interessi. Secondo, ad esempio, la comunicazione ufficiale56 del 24 giugno 2003, Bolivia, Brasile, Ecuador, Cuba, Venezuela, India, Perù, Repubblica Domenicana e Thailandia chiesero la modifica dell’accordo TRIPs in modo tale da consentire ai Paesi membri di poter esigere, nel caso in cui l’oggetto del brevetto fosse costituito da materiale biologico, l’indicazione dello Stato di origine delle risorse genetiche o del sapere tradizionale delle comunità locali, oltre alla prova dell’ottenimento del consenso informato e di un accordo sulla condivisione dei benefici. Gli Stati Uniti si dichiararono57, il 24 novembre 2004, contrari a tutte le questioni sopracitate58. Utilizzando solo da esempio queste due comunicazioni ufficiali e ritenendole assolutamente applicabili anche agli ultimi anni non essendoci stati passi in avanti in merito alla questione, è evidente che, né allora né oggi, possano essere considerate risolte le difficoltà in relazione ad una revisione dell’accordo sui diritti di proprietà intellettuale a tutela di interessi reciproci e capace di trovare un regime di tutela comune, considerando fondamentali non solo le questioni economiche, ma anche quelle ambientali e sociali. 2.5 Il rapporto tra WTO, Stati membri e multinazionali A questo punto è molto importante capire che, a differenza della maggior parte delle organizzazioni internazionali, le decisioni del WTO sono vincolanti e che quindi il funzionamento attraverso cui l’organizzazione mondiale del commercio esplica le proprie funzioni, descritto in questo capitolo, ha un peso 56
IP/C/W/403 57
Attraverso la comunicazione IP/C/W/434 58
Ghidini Gustavo e Giovanni Cavani (2007), Brevetti e biotecnologie, Roma: Luiss University Press. 35 fondamentale, in quanto le decisioni prese dall’organizzazione influenzano l’economia e la società di gran parte del mondo. In caso di accordi non rispettati, gli Stati membri sono obbligati, attraverso il già citato sistema di risoluzione delle controversie, a porre rimedio alle norme non rispettate, pena sanzioni commerciali. Qui entra in gioco un altro aspetto fondamentale del funzionamento del WTO ed è quello della cessione di una parte importante della propria sovranità da parte degli Stati all’organizzazione mondiale del commercio. Il WTO può, infatti, essere definito come una struttura sovranazionale la quale non si limita a dettare linee guida o a dare consigli agli Stati membri, ma prende decisioni critiche e fondamentali vincolanti per tutti i membri. Si tratta di una sorta di delega delle sovranità nazionali, le quali sono rappresentate in tutte le riunioni dell’organizzazione mondiale del commercio, ma non sono più le sole a decidere per il proprio Stato. E’ qui che entra in gioco il potere dei Paesi industrializzati, e più precisamente di alcune multinazionali (come vedremo in seguito), a discapito di alcuni Paesi poveri e in via di sviluppo o, non di rado, a discapito delle grandi potenze stesse. Una sorta di ricatto internazionale per attirare più pesci possibili nella propria rete potendo, attraverso il WTO, legiferare per altri, influenzare fortemente e regolamentare l’impianto giuridico di altri Paesi, in una sorta di immensa privatizzazione delle sovranità nazionali. Spesso le imprese multinazionali riescono ad imporre il proprio volere ai singoli Stati, basando la propria azione sul principio secondo cui il mondo è esclusivamente un grande mercato da aggredire e sfruttare. E’ il caso, per esempio, della controversia tra la multinazionale agroalimentare Gerber Foods e il governo del Guatemala. In questo caso il governo aveva chiesto alla multinazionale di cancellare sulle confezioni di latte in polvere l’immagine di un bambino felice e in carne, in quanto oltre ad essere ingannevole, poteva anche indirizzare le donne verso 36 l’abbandono dell’allattamento, visti i presunti effetti benefici del latte in polvere pubblicizzati dalla Gerber. Quest’ultima si rifiutò di togliere l’immagine e minacciò di intraprendere un’azione legale contro il governo in virtù dell’accordo GATT. Il governo del Guatemala, a conoscenza dell’accordo in quanto firmatario e timoroso della successiva nascita dell’organizzazione mondiale del commercio, esonerò la multinazionale dalla cancellazione dell’immagine per paura anche di una lunga e costosa battaglia legale che avrebbe pesato sul bilancio di uno Stato povero come il Guatemala. Tutto ciò quando ancora il WTO non era ufficialmente istituzionalizzato e con esso l’organo per le controversie, il Dispute settlement body. Con la sua entrata in vigore, il peso istituzionale e l’impianto giuridico vincolante degli accordi, hanno reso questi casi ancora più frequenti tanto da far bastare, a volte, la minaccia del ricorso alla risoluzione delle controversie in sede WTO, per risolvere le questioni adeguando una legge dello Stato, spesso a danno dei cittadini. Questo esempio ci porta anche a considerare un aspetto non di poco conto: molti Paesi, i più poveri, non hanno infatti la possibilità economica e, spesso, le capacità tecniche, per difendersi in sede WTO o per essere rappresentati sempre a tutte le riunioni formali o informali indette dall’organizzazione, mettendoli così in una posizione subalterna rispetto ad altri Paesi. Partecipare al WTO significa, per un Paese, accettare tutti gli accordi già presi nell’ambito dell’organizzazione (tranne alcuni accordi speciali detti plurilaterali59). Ma non parteciparvi significa restare esclusi da tutte le intese prese nel suo ambito: quindi non poter vendere, non poter investire, non avere i propri diritti di proprietà intellettuali tutelati alle stesse condizioni dei Paesi membri. I Paesi che 59
Gli accordi plurilaterali, pur facendo parte degli accordi del WTO, non comportano obblighi né diritti per i membri che non li hanno accettati (ad esempio, l'accordo sugli appalti pubblici). 37 ne fanno parte, quindi, per poter vendere i propri prodotti, sono spesso obbligati ad aprire i propri mercati ai servizi e investimenti stranieri, venendo in questa maniera “conquistati” dalle multinazionali dei Paesi del Nord del mondo. Va sottolineato il fatto che il peso politico ed economico dei Paesi più industrializzati è estremamente influente nell’operato dell’organizzazione e solo negli ultimi anni è possibile notare il contrasto da parte di alcuni Paesi in via di sviluppo (Cina, India, Brasile, ecc.) all’egemonia di una cerchia ristretta di Paesi. All’interno del WTO, infatti, la maggior parte dei membri è composta da Paesi poveri o in via di sviluppo e numericamente i Paesi industrializzati rappresentano una minoranza. Spesso, però, l’organizzazione mondiale del commercio, mirando a promuovere la liberalizzazione e la globalizzazione, favorisce indirettamente gli interessi della grande industria, la quale ha certamente gioco facile nella liberalizzazione dei mercati e nell’approvazione di alcune leggi ed alcuni accordi. Ad esempio, nel caso dell’accordo TRIPs, non sembra essere di fronte ad una liberalizzazione, in quanto tramite il sistema dei brevetti e della tutela della proprietà intellettuale su alcuni prodotti in particolare, si vengono a creare vere e proprie situazioni di monopolio a favore delle multinazionali, anche riguardo a questioni molto delicate come quella dei farmaci anti‐HIV, che approfondiremo in un secondo momento. Problematiche simili vengono provocate anche in campo alimentare. Situazioni critiche sono emerse in materia di sicurezza alimentare ed agricoltura di sussistenza in genere, in quanto i brevetti sui semi e sulle risorse genetiche, con la possibilità annessa di brevettare forme viventi, privano le comunità locali di risorse che hanno permesso loro di sopravvivere per generazioni. Nel caso dei semi, alcune multinazionali60 hanno creato dei semi sterili61, e cioè semi privi 60
Tra i produttori : Monsanto, Syngenta, DuPont. 61
Tramite la tecnologia ribattezzata “Terminator”, attraverso cui si elimina il gene della riproduttività dei semi. 38 della naturale capacità di riprodursi per poter essere riutilizzati l’anno successivo; pratica, quest’ultima, su cui si basa fortemente l’agricoltura di sussistenza. Fortunatamente, a causa di una sollevazione internazionale contro questa tipologia di seme, le multinazionali produttrici, prima fra tutte la Monsanto, hanno annunciato nell’ottobre del 1999 di abbandonare la produzione e la commercializzazione dei semi Terminator. L’azione dell’organizzazione mondiale del commercio non influenza, dunque, esclusivamente la sfera commerciale, ma va ad intaccare perfino la sicurezza alimentare, la salute pubblica e la tutela dell’ambiente, contribuendo notevolmente alla polarizzazione della ricchezza mondiale e allo sfruttamento delle risorse da parte di pochi soggetti internazionali. 2.6 Critiche al WTO In realtà, oltre agli obiettivi dichiarati, l’organizzazione mondiale del commercio persegue anche altri fini che non vanno proprio nella direzione dell’equità e dello sviluppo finalizzato al benessere di tutti i Paesi membri. Una delle critiche mosse di frequente al WTO riguarda, infatti, l’iniquità tra i Paesi più potenti, da una parte, e quelli più poveri o in via di sviluppo, dall’altra. Durante i negoziati che hanno caratterizzato l’Uruguay Round e che hanno portato alla nascita del WTO, i Paesi industrializzati si impegnarono molto per rassicurare i Paesi poveri e in via di sviluppo promettendo loro che, con l’eliminazione graduale delle barriere tariffarie e con l’applicazione dei principi del WTO, avrebbero potuto godere di uno sviluppo mai visto in precedenza. In realtà, fin dai primi anni di attività dell’organizzazione mondiale del commercio, 39 sembra essere accaduto il contrario, essendosi verificata una moltiplicazione dei profitti delle multinazionali, mentre gli scambi commerciali tra Paesi poveri e in via di sviluppo sono diminuiti. Del resto, il peso delle multinazionali, durante le trattative che portarono all’istituzione del WTO ed alla firma dell’accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, fu evidente nella costituzione del “Comitato per la proprietà intellettuale”. Esso era formato da alcune fra le più importanti aziende nel campo biotecnologico come la Monsanto, la Bristol Myers, la Pfizer, la Du Pont e la Merck. In occasione della scrittura dei principi che avrebbero caratterizzato l’accordo TRIPs, il Comitato propose un documento per regolamentare i diritti di proprietà intellettuale. Le dichiarazioni di James Enyart della Monsanto ci danno un’idea dell’enorme conflitto di interessi allora in atto :«Il Comitato è riuscito a estrapolare dalle leggi dei Paesi sviluppati i principi fondamentali da seguire per proteggere tutte le forme di proprietà intellettuali. Ma non ci siamo limitati a far valere le norme messe a punto nel nostro Paese. A Ginevra62 abbiamo presentato il documento allo staff della segreteria del GATT63. Abbiamo inoltre colto l’opportunità di presentarlo ai rappresentanti di un vasto numero di Paesi. Quello che vi ho descritto non ha alcun precedente nella storia del GATT. L’industria ha identificato un problema importante e l’ha presentato sia al nostro sia agli altri governi. Le industrie e gli operatori del commercio hanno giocato il ruolo dei pazienti, dei diagnosti e dei terapeuti»64. Afferma la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e sullo sviluppo (Unctad), che i Paesi poveri e in via di sviluppo non riescono ad espandere la propria capacità produttiva in quanto la liberalizzazione e l’abbattimento delle 62
Sede del WTO. 63
Accordo internazionale, firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra da 23 paesi, per stabilire le basi per un sistema multilaterale di relazioni commerciali con lo scopo di favorire la liberalizzazione del commercio mondiale. 64
Jeremy Rifkin (1998), Il Secolo biotech,Milano: Baldini Castoldi Dalai Editore. 40 tariffe danneggiano coloro che sono ancora ai primi stadi di sviluppo65. In questo modo il ruolo di questi Paesi nel commercio mondiale rimane marginale. Non è un caso che i Paesi66 in via di sviluppo che sono riusciti a beneficiare di una notevole crescita lo hanno fatto grazie all’intervento massiccio dello Stato e, quindi, al di fuori delle regole GATT e WTO67. Inoltre le misure relative agli investimenti che incidono sugli scambi commerciali (l’accordo TRIM), e l’accordo sui diritti di proprietà intellettuale, danneggiano considerevolmente i Paesi più deboli perché impediscono, rispettivamente, la protezione dell’industria locale se essa comporta la regolamentazione degli investimenti stranieri e l’importazione di tecnologia dai Paesi più avanzati in virtù dei diritti di proprietà intellettuale. Inoltre, con l’istituzione del WTO e del suo impianto normativo e giuridico vincolante, ogni singolo Stato ha ceduto parte della propria sovranità in materia non solo commerciale, ma anche in tutti quegli ambiti direttamente o indirettamente collegati ad esso. Questa cessione di sovranità sembrerebbe rispondere ad una sorta di deresponsabilizzazione da parte dei governi, i quali delegano al WTO decisioni molto importanti e che non sempre vanno a favore dei Paesi industrializzati stessi, creando seri problemi anche nei confronti di quei Paesi che hanno spinto particolarmente per la nascita del WTO. E’ il caso, ad esempio, della disputa tra USA e Messico sulla pesca dei tonni. Secondo una legge negli Stati Uniti, la Marine Mammal Protection Act, era vietata la vendita di tonni se pescati con la tecnica dei giacchi68, sia da pescherecci stranieri che da quelli nazionali. Ora, secondo il principio del trattamento nazionale i prodotti esteri non devono 65
Wallach Lori e Sforza Michelle (1999), WTO. Tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale, Milano: Feltrinelli. 66
Le cosiddette tigri asiatiche Corea del Sud, Malesia, Indonesia e Cina, ma anche più recentemente Cile, Brasile e India. 67
Lo sviluppo a cui si fa riferimento non è comunque esente da grandi contraddizioni e disuguaglianze. 68
I giacchi sono grandi reti con cui si coprono, catturandoli, i banchi di delfini che solitamente nuotano al di sopra dei banchi di tonni. Questa tecnica ha provocato la morte di milioni di delfini. 41 essere discriminati rispetto a quelli indigeni. Ogni membro del WTO, e in precedenza ogni firmatario dell’ accordo generale sulle tariffe ed il commercio, deve applicare alle merci importate le stesse prescrizioni applicate ai prodotti nazionali equivalenti. Gli Stati Uniti sostenevano che la protezione dei delfini fosse un legittimo obiettivo ambientale e che, oltre a riguardare sia i pescatori stranieri che quelli nazionali, rientrasse tra le eccezioni contemplate dall’art. 20 del GATT, il quale contiene le eccezioni che i Paesi possono invocare per difendersi da un ricorso contro una legge emanata, accusata di violare le norme dell’ accordo generale sulle tariffe ed il commercio, e successivamente, WTO. Queste eccezioni fanno riferimento all’ambiente, alla salute pubblica, alla vita delle piante e degli animali e alle risorse naturali esauribili. La commissione del GATT respinse le tesi degli Stati Uniti in quanto essi non avevano dimostrato che quella legge fosse necessaria69 per proteggere i delfini e, quindi, intimò una modifica della legge, pur riconoscendo in appello che effettivamente la Marine Mammal Protection Act non era a sfavore delle aziende ittiche e dei pescatori stranieri. Gli USA temporeggiarono senza applicare le modifiche richieste dal GATT fin quando nel 1995, con il WTO attivo, il Messico minacciò di far ricorso proprio alla neonata organizzazione mondiale del commercio per far applicare quanto intimato in precedenza dalla commissione del GATT. Gli Stati Uniti, per evitare un eventuale imbarazzo politico e pesanti sanzioni commerciali provocati da una probabile bocciatura della legge di fronte al Dispute Settlement Body70, decisero, in pratica, di rinunciare alla protezione dei delfini. 69
Ai sensi dell’art. 20(b) una legge, per poter rientrare tra le eccezioni consentite, deve essere “necessaria”. Ovviamente questo concetto si presta ad un’interpretazione molto soggettiva di ciò che è necessario rendendo discrezionale la decisione contro o a favore di una legge. 70
Il Dispute settlement body è l'organo di risoluzione delle controversie dell'Organizzazione Mondiale del Commercio. 42 Molti ritengono che questa vicenda sia estremamente grave, non solo per i suoi contenuti, ma perché mostra l’intenzione e la capacità da parte del WTO di smantellare tutta una serie di tutele ambientali e sanitarie che rappresentano il traguardo raggiunto dopo secoli e secoli di storia in materie che non dovrebbero essere oggetto di questioni economiche e commerciali. Ci troviamo, dunque, di fronte ad un’erosione della responsabilità democratica in cui i cittadini hanno un ruolo sempre meno decisivo. Afferma l’ex segretario generale del GATT Peter Sutherland in vista dell’istituzione del WTO che :«I governi dovrebbero intervenire il meno possibile nella gestione del commercio»71. E’ evidente, quindi, lo stampo neoliberista su cui si fonda il WTO e che oggi è fortemente caratterizzante l’organizzazione. Il commercio “a tutti i costi” è il vero motore del WTO, il quale considera ogni legge a tutela degli interessi della collettività come un ostacolo al commercio. Perfino il lavoro minorile viene considerato dal WTO come giustificabile ai fini del commercio, tanto che un Paese membro dell’organizzazione non può rifiutarsi di importare merci prodotte da minori in virtù del principio di equivalenza, secondo cui una merce va considerata per le sue caratteristiche fisiche e non per il modo in cui viene prodotta. Quindi, paradossalmente, l’USA o l’Ue possono vietare il lavoro minorile tra i propri confini ma non possono bloccare l’importazione e la commercializzazione di prodotti frutto del lavoro minorile o di altre pratiche lontane dal rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo. In questo modo gli Stati rinunciano al diritto di condizionare l’investimento e i profitti di un’impresa al rispetto di determinati standard 71
Wallach Lori e Sforza Michelle (1999), WTO. Tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale, Milano: Feltrinelli. 43 giuridici e sociali, privandosi di un prezioso strumento di influenza sul comportamento delle imprese. Questa concentrazione di potere nelle mani di organismi remoti e lontani dai cittadini, sottrae alla popolazione la possibilità di concretizzare il proprio diritto di scegliere cosa è meglio per il proprio Stato ed il proprio territorio. Inoltre, per un cittadino, sarà difficile rivolgersi direttamente ad un burocrate del WTO, come invece sarebbe possibile con un rappresentante di un organo locale o nazionale. A differenza dei precedenti patti commerciali, gli accordi presi in sede WTO possono influenzare non solo le tradizionali questioni commerciali, come le tariffe, le quote o le regole sulla concorrenza, ma anche, per esempio, limitare l’efficacia delle leggi di uno Stato e influenzarne la modifica in materia di sicurezza dei cibi e tutela della salute, nonchè impedire l’approvazione di una legge sulla tutela ambientale in quanto essa potrebbe essere da ostacolo per il libero commercio oppure potrebbe ostacolare la diffusione dei diritti umani. Questo aspetto è molto importante in quanto tende ad avere un effetto paralizzante sulla propensione dei Paesi membri ad approvare nuove leggi sull’ambiente, sulla salute dei cittadini o su tutto quello che può rappresentare un beneficio per la collettività ma al tempo stesso un ostacolo alla liberalizzazione del commercio. Nel famoso caso della carne agli ormoni, ad esempio, l’Unione Europea è stata condannata al pagamento di centosedici milioni di dollari di sanzione, in quanto non consente l’importazione e la produzione di carne contenenti ormoni artificiali. Secondo alcuni studi gli ormoni artificiali provocherebbero alcuni tipi di cancro e l’anticipazione della pubertà nelle bambine; visti i risultati dei suddetti studi e considerata la paura nell’opinione pubblica, l’Ue decise di bloccare le importazioni dagli Stati Uniti e di impedire la produzione in Europa di 44 carne agli ormoni, rispettando così il principio di non discriminazione. Gli USA portarono il caso di fronte al WTO, in quanto esso violava quel principio secondo cui un prodotto alimentare può essere bandito solo se ci sono evidenze scientifiche sul pericolo causato da esso. Tale principio è previsto dal Sanitary and PhytoSanitary agreement (Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie), con lo scopo di eliminare le differenze nei vari ordinamenti giuridici in materia di sicurezza alimentare, di salute delle piante e degli animali e delle procedure di controllo. Esso ha come primario obiettivo quello di eliminare gli ostacoli al libero commercio che le legislazioni dei singoli stati pongono a tutela della salute e del benessere della popolazione. Molto spesso, però, la scienza non può dare risultati certi nell’immediato e alcune gravi conseguenze possono essere evitate solo tramite il principio di precauzione (che è alla base di molte leggi, anche negli Stati Uniti72), il quale afferma che, se c’è un rischio, anche solo ipotetico, di un possibile danno alla salute dei cittadini o dell’ambiente, un determinato prodotto non deve essere commercializzato finchè non si conosceranno con certezza le conseguenze e gli effetti da esso provocati. L’Unione Europea si rifiutò ugualmente di esporre al rischio i cittadini e fu quindi sanzionata. Tutto ciò in nome del libero mercato, il quale però, in maniera contraddittoria, non si manifesta in tutti i campi. Basti pensare, ad esempio, ai monopoli creati dalla concessione dei diritti di proprietà intellettuale nel campo dei farmaci e delle biotecnologie. Un mercato “libero” quindi, ma con eccezioni monopolistiche ad uso e consumo di pochi beneficiari. Come afferma Antonio 72
Ad esempio il governo statunitense si rifiutò in passato di permettere la commercializzazione del farmaco thalidomide, il quale serviva ad eliminare il senso di nausea ricorrente durante una gravidanza. Questa mancata approvazione da parte delle autorità impedì la nascita di neonati con gravi problemi, in quanto successivamente si scoprì che il farmaco poteva provocare malformazioni nei bambini visto che rilasciava i propri effetti negativi non sulla madre, bensì sul neonato. 45 Mosconi, la sensazione è quella di essere in un sistema in cui si può osservare una privatizzazione dei profitti associata ad una socializzazione delle perdite73. E’ dunque ancora possibile parlare di sviluppo per tutti? O sarebbe meglio parlare di un’economia appannaggio di pochi? E tutto ciò a quale prezzo? 73
Mosconi Antonio (2008), La fine delle egemonie, Torino: Alpina srl. 46 Conferenza ministeriale
Consiglio generale Consiglio generale
Trade policy review Consiglio generale
Dispute settlement body Comitati specifici Consiglio TRIPs
Consiglio commercio beni Comitati accordi plurilaterali
Consiglio Commercio servizi ‐Commercio e ambiente ‐Commercio e ‐Comitato tessile ‐Comitato impegni sviluppo ‐Gruppo di lavoro specifici ‐Accordi regionali imprese a commercio ‐Comitato servizi finanziari ‐Restrizione bilancia di stato ‐Gruppo di lavoro servizi pagamenti ‐Gruppo di lavoro professionali ‐Bilancio e ispezione prima ‐Gruppo di lavoro regole amministrazione Gats dell’imbarco ‐Gruppi di lavoro ‐Comitato tariffe accessioni ‐Comitato agricoltura ‐Gruppi di lavoro ‐Comitato Misure commercio e sanitarie ‐Accordo aviazione civile investimenti ‐Comitato barriere ‐Accordo appalti pubblici ‐Gruppi di lavoro tecniche commercio e ‐Comitato concorrenza sovvenzioni e ‐Gruppi di lavoro contromisure trasparenza degli ‐Comitato appalti pubblici antidumping ‐Comitato valutazione doganale ‐Comitato regole di origine ‐Comitato licenze Struttura organizzativa del WTO d’importazione Fonte: dati WTO – www.wto.org
‐Comitato Trims ‐Comitato misure di salvaguardia 47 CAPITOLO 3 Gli effetti dell’accordo TRIPs 3.1 Il problema dell’accesso ai farmaci essenziali Sebbene rappresenti per molti aspetti un allargamento di tutele e protezioni in molti campi dell’economia, gli effetti collaterali provocati dall’accordo TRIPs, specialmente in campo farmacologico, biotecnologico e sul piano della sicurezza alimentare, risultano molto gravi e preoccupanti. Ci occuperemo, infatti, in questo capitolo, di alcuni effetti molto importanti dell’accordo sui diritti di proprietà intellettuale. Mentre nel campo del diritto d’autore o delle indicazioni geografiche l’accordo rappresenta una giusta ed ampia tutela contro eventuali contraffazioni o utilizzi illeciti, nella sfera della salute pubblica, della biodiversità e degli organismi geneticamente modificati può manifestarsi come un enorme problema per milioni di persone. Uno dei principali problemi è stato evidenziato da Medici senza Frontiere74 e riguarda l’aumento dei prezzi dei farmaci che va ad influenzare direttamente e negativamente l’accesso ai farmaci essenziali da parte delle popolazioni più povere. Successivamente questo aspetto è stato ammesso dalla Dichiarazione relativa all’accordo TRIPs e alla salute pubblica, stilata durante il Doha Round svoltosi dal 9 al 14 novembre 2001. Con essa i Paesi riuniti a Doha hanno riconosciuto per la prima volta in via ufficiale, l’esistenza di un grave stato di emergenza sanitaria che colpisce numerosi Paesi 74
Medici senza Frontiere: fermiamo gli attacchi ai farmaci generici, www.unimondo.org 48 in via di sviluppo e meno avanzati, rilevando la necessità di modificare parte dell’accordo sui diritti di proprietà intellettuale per superare tali problematiche. Una protezione brevettuale eccessiva sui farmaci può portare, infatti, ad un sensibile aumento dei prezzi. Nel maggio del 1999 anche l’Organizzazione mondiale della sanità si è espressa affinché venga garantito l’accesso ai farmaci essenziali così come era stato promesso al momento delle trattative e dell’approvazione dell’accordo TRIPs75. Emblematici, per il settore farmaceutico, i casi di Sudafrica e Thailandia. Il caso del Sudafrica è caratterizzato dalla disputa con il governo degli Stati Uniti, alla guida di trentanove multinazionali farmaceutiche americane. Nel 1997, il governo sudafricano varò la legge "Medicines and Related Substances Control Amendment Act"76 in cui si rendeva possibile l'importazione parallela, che consente l’acquisto dei farmaci brevettati da un Paese in cui i prezzi sono più bassi, ad un altro in cui i prezzi sono più alti. In questo modo il prezzo di quel farmaco nella nazione di importazione subirà una flessione per via della concorrenza del farmaco più economico. Si rafforzava, inoltre, la possibilità di sostituire farmaci generici, si aumentava il controllo sui prezzi dei farmaci e si permetteva la produzione in loco di medicinali, protetti da brevetto, necessari per la cura dell’Aids. Inoltre, il governo sudafricano avrebbe potuto esigere le licenze obbligatorie, le quali permettono la produzione dei prodotti brevettati anche da parte di aziende che non detengono quel brevetto, soprattutto nei casi di emergenza nazionale. Esse sono contemplate dall’accordo sui diritti di proprietà intellettuale, per permettere ai produttori concorrenti di ottenere le licenze di produzione dei farmaci in cambio del pagamento dei diritti ai detentori dei brevetti. Nel 2001, le trentanove case farmaceutiche chiesero il blocco della legge, in quanto, a loro 75
Accesso ai farmaci, www.unimondo.org 76
Questa legge venne varata in particolare per la lotta all’Aids. 49 avviso, violava gli impegni presi con l’accordo TRIPs. In tutto il mondo si levarono molte proteste contro la minaccia di un ricorso da parte del governo statunitense e da parte delle multinazionali. Basti pensare che in quel periodo, per comprendere la gravità della situazione, in Sudafrica circa quattro milioni di persone erano infette dal virus HIV. Nella primavera del 2001 Medicines sans frontieres lanciò una petizione internazionale, che fu firmata da circa duecentottantacinquemila persone provenienti da centotrenta diverse nazioni. Anche il Parlamento Europeo fece una risoluzione in cui si chiedeva alle case farmaceutiche di lasciar cadere il caso. In conseguenza di tutto ciò, le case farmaceutiche rinunciarono alla causa. In realtà, ciò che fece desistere maggiormente le case farmaceutiche ed il governo degli Stati Uniti, fu il fatto che, probabilmente, avrebbero perso la causa se avessero portato di fronte al WTO la questione, in quanto l’accordo sui diritti di proprietà intellettuale consente misure straordinarie in riferimento ai diritti di proprietà intellettuale ed ai brevetti, nel caso esse siano mirate alla salvaguardia della salute pubblica e dell’ambiente. Nel caso della Thailandia, nel 1997, venne presentata una legge per la tutela dei farmaci tradizionali thailandesi. L’impulso per questa legge venne dal fatto che numerose piante ed insetti furono adocchiati dalle industrie farmaceutiche77, come nel caso del plao noi, una pianta locale brevettata da una società giapponese per la cura delle ulcere. In risposta alla legge thailandese, nell’aprile del 1997, il dipartimento di Stato degli USA inviò una lettera al governo reale thailandese per segnalare l’inadeguatezza della legge in riferimento alle norme dettate dall’accordo TRIPs. Successivamente, in virtù di ciò, la legge venne 77
Vista la grande importanza economica acquisita dalle risorse genetiche, le grandi multinazionali del settore farmaceutico, ma non solo, inviano, in particolar modo nel Sud del mondo, dei veri e propri esploratori in cerca di nuove piante o sostanze che possano contenere preziosi geni per contrastare determinate malattie, in modo tale da poter brevettare quelle sostanze e creare un enorme business economico. 50 adeguata alle norme dell’accordo sui diritti di proprietà intellettuale, apportando delle modifiche anche alla precedente legge thailandese sui brevetti, risalente al 1992. Inoltre, il governo fu costretto a cedere alle pressioni dell’organizzazione mondiale del commercio, abolendo la Commissione di controllo sui farmaci78, che aveva la facoltà di controllare i prezzi dei farmaci. La Commissione aveva fatto abbassare il prezzo dei farmaci, come ad esempio il flucanozole, usato per il trattamento di una forma di meningite che in Thailandia colpisce un malato di Aids su cinque. Questo farmaco veniva distribuito dalla Pfizer al prezzo di quattordici dollari per una dose giornaliera, prima che la Commissione rilasciasse una licenza che autorizzava tre aziende farmaceutiche locali a produrre il farmaco79, facendo calare il prezzo ad un dollaro. Lo stesso avvenne con la zidovudina, un farmaco anti Aids. Tornando al caso della Thailandia, esso è fondamentale per capire che, anche quando alcune norme dell’accordo TRIPs concedono determinate azioni ai governi, come la concessione di licenze obbligatorie o il ricorso alle importazioni parallele, le pressioni da parte delle multinazionali sono sempre molto forti e tramite i governi dei Paesi industrializzati, i Paesi più poveri possono subire ritorsioni80 politiche ed economiche, anche in altri settori diversi da quelli della contesa, in virtù della posizione subalterna dei Paesi poveri rispetto alle grandi potenze mondiali. 78
Dichiarata incompatibile con le norme del WTO. 79
È il caso delle licenze obbligatorie, previste dall’accordo TRIPs. Esse danno modo ai governi di sospendere i diritti esclusivi alla commercializzazione, così da permettere anche ad altri soggetti (per esempio i produttori di farmaci generici) di produrre un farmaco pagando i diritti ai detentori dei brevetti. In questo modo l’inventore avrà un ritorno economico ma allo stesso tempo verrà stimolata la concorrenza e favorita la collettività per via dell’abbassamento dei prezzi. 80
Nel 1997, per impedire che la Thailandia ricorresse alle licenze obbligatorie, il governo statunitense attivò una serie di sanzioni sull’importazione dei prodotti thailandesi, tra cui gioielli, legname e microprocessori. Tuttavia, la Thailandia decise ugualmente di emettere alcune licenze obbligatorie, in particolare per quanto riguarda i farmaci anti Aids. 51 Inoltre, è necessario evidenziare un aspetto molto importante della vicenda. Molto spesso, nei casi in cui i farmaci vengono prodotti su base vegetale, a monte c’è un caso di biopirateria, in quanto i tre quarti di questo tipo di farmaci vengono prodotti utilizzando risorse naturali o genetiche81 dei Paesi del sud del mondo, attingendo, fra l’altro, dal sapere indigeno e delle comunità locali in una sorta di nuovo colonialismo82. 3.2 L’accordo TRIPs e i casi di biopirateria nel mondo Molto frequenti, e in crescita negli ultimi decenni, sono i casi di biopirateria, e cioè quei casi in cui le società brevettanti si appropriano di conoscenze o di organismi viventi83 conosciuti già da popolazioni indigene, senza riconoscere loro alcuna compensazione. Questo fenomeno si è diffuso in concomitanza con la ratifica dell’accordo sui diritti di proprietà intellettuale, il quale introduce, come già abbiamo visto, la brevettabilità degli organismi viventi. I soggetti politici ed economici che oggi controllano (o che si stanno impegnando nell’incrementare questo controllo) le risorse genetiche del pianeta, in futuro avranno un enorme potere nelle proprie mani, così come nell’era industriale l’accesso ai giacimenti di combustibili fossili, di metalli e di minerali preziosi fu determinante per lo sviluppo ed il controllo dei mercati mondiali84. Sono 81
Ad esempio il curaro, importante anestetico chirurgico e distensivo muscolare, deriva dall’estratto di una pianta usata dagli indiani dell’Amazzonia per stordire le prede. 82
Il colonialismo è stato caratterizzato da usurpazioni e sfruttamento delle ricchezze biologiche dei Paesi conquistati a vantaggio delle economie e dei mercati dei conquistatori. Oggi, attraverso vere e proprie spedizioni finanziate dalle grandi multinazionali, i cacciatori di geni portano avanti un nuovo tipo di colonialismo, che ha come obiettivo le risorse genetiche. 83
Più in particolare, dei geni in essi contenuti. 84
Jeremy Rifkin (1998), Il Secolo biotech,Milano: Baldini Castoldi Dalai Editore. 52 diventati famosi i casi del riso Basmati, il caso dei fagioli messicani “Yellow Enola” e dell’albero Neem indiano. In questi casi una risorsa pubblica è diventata privata. Nel caso del riso Basmati, che risale al 1997, la compagnia texana RiceTec ottenne il brevetto85 per una nuova (o presunta tale) varietà del riso Basmati. Questo tipo di riso è originario della regione del Punjab, tra India e Pakistan; l’ingegnosità dei contadini ha sviluppato numerose varietà di questo riso noto in tutto il mondo. Dopo una campagna internazionale di protesta, l’intervento del governo indiano e dell’associazione fondata da Vandana Shiva “Navdanya”, la RiceTec non riuscì a mantenere i diritti coperti dal brevetto86. Molto famoso è anche il caso del neem indiano, l’albero venerato in molti Paesi asiatici per le sue molteplici e straordinarie proprietà curative nel trattamento del diabete, delle ulcere, dei disturbi della pelle, nonché dell’igiene orale. Il neem svolge anche un’efficace azione insetticida senza risultare tossico per l’uomo. Diverse aziende americane e giapponesi, fra cui la Grace, hanno chiesto e ottenuto ben novanta brevetti su vari prodotti ricavati dal neem, di cui quaranta dall’Ufficio brevetti dell’Unione Europea (EPO)87. I brevetti sono stati concessi per usi del neem già ampiamente noti alle popolazioni locali e pertanto un vasto numero di ONG aveva organizzato un’azione di protesta nei confronti dell’Ufficio brevetti europeo per annullare la concessione di un brevetto del 1994. Il 10 maggio del 2000 l’EPO ha riconosciuto che l’innovazione brevettata, un pesticida, non costituiva una nuova invenzione essendo patrimonio delle popolazioni indigene locali. In ogni caso, per tutti i brevetti di prodotti derivanti dal neem, non è stata corrisposta alcuna cifra alle popolazioni indigene già a 85
USA n. 56663484. 86
Nel 2001 il governo indiano ha vinto un procedimento legale contro la RiceTec secondo cui, la multinazionale americana, non potrà avvalersi del nome Basmati per commercializzare il proprio riso. 87
Shiva Vandana (2001), Vacche sacre e mucche pazze. Il furto delle riserve alimentari globali, Roma: DeriveApprodi srl. 53 conoscenza di certe pratiche e di certe proprietà del neem, frutto dell’esperienze quotidiane nel corso dei secoli88. Sempre fra i casi di biopirateria, troviamo il caso dei fagioli gialli per i quali Larry Proctor, presidente della società di sementi Pod‐Ners, ottenne il brevetto numero 589407989. La storia ha dell’incredibile in quanto Larry Proctor ottenne il brevetto senza far nulla, avendo trovato, per sua stessa ammissione, un fagiolo giallo in un cesto di fagioli secchi acquistato a Sonora (Messico) nel 1994. Inoltre, nel 2001, la società con sede in Colorado presentò istanza contro sedici piccole aziende agricole in quanto avevano violato il brevetto utilizzando, senza autorizzazione o senza pagamento di un corrispettivo, i fagioli gialli. Gli agricoltori ovviamente ribatterono di coltivare fagioli gialli messicani da anni e chiesero all’ufficio brevetti americano la revoca del suddetto. Dopo una lunga ed estenuante battaglia legale, grazie anche all’aiuto dell’ International Center for Tropical Agriculture, il brevetto venne revocato. Esistono molti altri casi di biopirateria, ancora poco trattati dai mezzi di informazione. Un caso molto importante è quello della pervinca rosa, trovata nelle foreste pluviali del Madagascar; esso rappresenta un caso di vero e proprio furto di risorse genetiche. Alcuni ricercatori, nei primi anni Novanta scoprirono l’utilità delle pervinca rosa nella terapia per la cura del cancro. La Eli Lilly ne produsse un farmaco ricavando guadagni enormi90, mentre il Madagascar non ricevette nulla per la fornitura e per l’esportazione della sua risorsa naturale. Nel suo libro dal titolo “Biopirateria”, Vandana Shiva afferma :«Globalmente il valore corrente del mercato mondiale delle piante medicinali, utilizzate secondo le indicazioni delle comunità locali e indigene, viene stimato in circa quarantatre 88
Circa dieci anni dopo dalla concessione dei brevetti sul neem, Vandana Shiva, con il sostegno di Greenpeace, è riuscita a far annullare la protezione brevettuale, in seguito ad una lunga battaglia legale. 89
Meregalli Roberto (2002), TRIPs prima e dopo Doha, www.retelilliput.org 90
“Il Parlamento europeo si schiera contro la biopirateria (2013)”, www.lastampa.it. Nel libro “Il secolo biotech” di Jeremy Rifkin si sostiene che solo dalle vendite del 1993 la Eli Lilly ricavò 160 milioni di dollari. 54 miliardi di dollari, di questi una piccola parte, in alcuni casi, è pagata come tassa di prospezione». Il vicepresidente di Slow Food International, ha lanciato nel 2009 una campagna contro la biopirateria, con particolare attenzione nei confronti degli OGM perché “gli organismi geneticamente modificati sono una pirateria biologica dei nostri semi”91. Esistono anche casi molto preoccupanti di biopirateria su cellule o linee genetiche umane. Nel 1997, Noe Zamel, medico genetista presso l’Università di Toronto, ricevette un finanziamento dalla Sequana92 per una spedizione scientifica nell’isola di Tristan da Cunha, in mezzo all’oceano Atlantico. Quello che rendeva interessante la popolazione che abitava l’isola, era rappresentato dal fatto che circa metà degli abitanti soffriva di asma. Durante l’esplorazione scientifica, gli scienziati speravano di trovare i geni responsabili della malattia per poi brevettarli. Essi prelevarono campioni di sangue di duecentosettanta abitanti riuscendo, successivamente, ad isolare due geni che potevano essere la causa dell’asma di cui soffrivano molti abitanti dell’isola93. La Sequana si rifiutò di condividere la scoperta con il mondo scientifico e con gli altri ricercatori in quanto, per stessa ammissione dell’azienda, l’obiettivo è quello di sfruttare commercialmente il genoma umano attraverso appositi brevetti. Un caso che ha dell’incredibile è la vicenda che vede per protagonista John Moore. Quest’uomo d’affari dell’Alaska scoprì che parti del suo corpo erano state brevettate dall’Università della California e date in licenza alla Sandoz94 senza il suo consenso e a sua insaputa. A Moore era stata diagnosticata una rara forma di tumore e lo si era sottoposto a una serie di terapie. Un medico ed un ricercatore dell’Università della California scoprirono che i tessuti della milza del 91
Vandana Shiva: in inverno una campagna contro la biopirateria (2008), www.unimondo.org 92
Industria biotecnologica che si occupa di ricerca di nuovi geni ed esplorazioni scientifiche. 93
Jeremy Rifkin (1998), Il Secolo biotech,Milano: Baldini Castoldi Dalai Editore 94
Industria farmaceutica, gruppo Novartis. 55 paziente sintetizzavano un tipo di proteina del sangue che facilita la crescita dei leucociti, che rappresentano dei preziosi antitumorali. L’Università creò una linea cellulare derivata dalle cellule del tessuto della Milza di Moore e nel 1984 ottenne il brevetto. Il valore di quella linea cellulare venne stimato in tre miliardi di dollari. Successivamente Moore citò in giudizio l’Università, reclamando i diritti di proprietà sui suoi tessuti. Nel 1990 la Corte Suprema della California gli diede torto, affermando che i tessuti del proprio corpo non erano di sua proprietà. L’unica mancanza, secondo la Corte, da parte dell’Università, era quella di non aver informato Moore sulle potenzialità economiche dei tessuti e solo per questo motivo potevano essere condannati ad un risarcimento economico95. Nel 1993, un’organizzazione non governativa, la Rural Advancement Foundation International, scoprì che il governo degli Stati Uniti aveva fatto richiesta di brevetti sia americani che internazionali su un virus derivato dalle linee cellulari di un’indiana guaymi di ventisei anni, a Panama. Un ricercatore del National Istitutes of Health (USA) prelevò un campione di sangue dalla donna, sviluppando da esso una linea cellulare molto interessante per i ricercatori. Alcuni membri della comunità indiana erano portatori di un virus unico che stimola la produzione di anticorpi che, secondo gli scienziati, potrebbero servire per la lotta contro la leucemia e l’AIDS. Dopo aver scoperto la richiesta brevettuale da parte degli Stati Uniti, il Congresso generale guaymi a Panama protestò pubblicamente. Il presidente del Congresso, Isidro Acosta dichiarò :«Non avrei mai immaginato che gli uomini potessero arrivare al punto di brevettare piante ed animali. È fondamentalmente immorale, contrario alla visione che i Guaymi hanno della natura e della nostra posizione in essa. Brevettare materiale umano e prelevarne il DNA viola l’integrità della vita stessa 95
Jeremy Rifkin (1998), Il Secolo biotech,Milano: Baldini Castoldi Dalai Editore 56 ed il nostro profondo senso etico96». La protesta pubblica obbligò il governo USA a ritirare la domanda di brevetto. Gli Stati Uniti, però, chiesero pochi mesi dopo alcuni brevetti per linee cellulari prelevate da cittadini delle isole Salomon e della Papua Nuova Guinea. Alle proteste di questi ultimi, l’allora segretario al commercio del governo statunitense, Ron Brown, rispose :«Secondo le nostre leggi, come peraltro secondo quelle di molti altri paesi, la materia di cui sono fatte le cellule umane è brevettabile e non esiste nessuna norma che limiti le fonti di cellule per cui si può avanzare domanda di brevetto»97. Come nel secolo scorso i Paesi occidentali puntavano a conquistare e sfruttare territori lontani per risorse energetiche, oggi la nuova sfida è quella di “colonizzare” le risorse genetiche di tutto il mondo, per averne un vantaggio economico sugli altri nei campi farmaceutico, biotecnologico, chimico e medico. L’anno successivo al caso guaymi98, si sollevarono le proteste per un’altra vicenda di biopirateria. Questa volta, la Myriad Genetics, un’industria biotecnologica americana, aveva richiesto, nel 1994, il brevetto su due geni99 responsabili dell’insorgenza del tumore al seno100. Le organizzazioni femminili di quaranta diversi Paesi protestarono alla richiesta di protezione brevettuale soprattutto per la conseguente rivendicazione dei diritti da parte della Myriad Genetics. La protesta di circa un centinaio di organizzazioni femminili si fondava su due aspetti: uno economico, l’altro di natura logica ed etica. Nel primo caso, si sosteneva che la concessione dei diritti esclusivi all’azienda americana su quel gene avrebbe innalzato il prezzo dei test di screening e avrebbe frenato la 96
Jeremy Rifkin (1998), Il Secolo biotech,Milano: Baldini Castoldi Dalai Editore. 97
Jeremy Rifkin (1998), Il Secolo biotech,Milano: Baldini Castoldi Dalai Editore. 98
I Guaymí sono un gruppo indigeno centro‐americano che vive nella riserva Ngöbe‐Buglé nelle province panamensi di Veraguas, Chiriquí e Bocas del Toro, e anche nella città di Conte in Costa Rica. 99
Il BRCA1 e il BRCA2. 100
Fabbri Fabrizio (2002), OGM per tutti. Produzione e rilascio nell’ambiente di “Organismi geneticamente modificati”, Milano: Jaca Book. 57 ricerca sul tumore al seno, in quanto ci sarebbe stato un prezzo da pagare per i diritti a favore della Myriad da parte di altri ricercatori, specie universitari. Infatti, l’azienda inviò lettere di diffida a molti laboratori di ricerca, chiedendogli di interrompere l’utilizzo di quei geni finchè non venissero pagati i diritti brevettuali. L’altro aspetto a sostegno della protesta fa riferimento ad una riflessione che è applicabile ad ogni caso di biopirateria: il gene che causa il tumore al seno è un prodotto della natura, non un’invenzione umana, e di conseguenza non dovrebbe essere possibile la sua brevettabilità. In ogni caso, la Myriad rispose alle proteste affermando, candidamente, che la protezione brevettuale era un incentivo essenziale a favore della ricerca e per recuperare l’investimento di tempo e denaro da parte dell’azienda. Del resto, questa è un’argomentazione utilizzata spesso dalla aziende per giustificare il possesso o la richiesta di brevetti in settori molto delicati, come quelli che stiamo descrivendo. Un caso singolare e differente rispetto ai precedenti riguarda una compagnia americana dal fatturato di quattro miliardi di dollari: la Merck & Co.. L’azienda farmaceutica fece un accordo, in Costa Rica, con un’organizzazione di ricerca locale, il National Biodiversity Institute, secondo cui le veniva riconosciuto il diritto di utilizzazione e commercializzazione di campioni di piante, microrganismi ed insetti che fossero risultati interessanti. Il tutto pagando all’istituto di ricerca la cifra di un milione di dollari, la quale è certamente poca cosa rispetto ai potenziali guadagni ricavabili da importanti scoperte e, in generale, all’importanza delle risorse genetiche. D’altro canto, il National Biodiversity Institute “autorizzava” l’azienda alla bioesplorazione dei territori 58 locali senza averne il diritto, in quanto non proprietaria delle risorse naturali del luogo101. Le enormi e potenziali implicazioni della privatizzazione del corpo umano sono visibili in altri due casi molto importanti e preoccupanti. Nel primo caso, la società americana Biocyte ha ottenuto un brevetto sulle cellule ematiche provenienti dal cordone ombelicale di un bambino appena nato. Queste cellule, in generale, sono fondamentali per i trapianti di midollo osseo, assumendo un valore commerciale molto alto. Il brevetto fu assegnato alla Biocyte senza che essa avesse apportato alcuna modifica alle cellule, ma solo in virtù della capacità di aver isolato e congelato le cellule ematiche. Nel secondo caso, del tutto simile, l’azienda americana Systemix Inc. brevettò le cellule staminali del midollo osseo umano. Questa corsa alla brevettazione del genoma umano è definita da James Watson, premio Nobel per le ricerche sul DNA :«Pura pazzia!». Quando tutti i centomila geni del patrimonio genetico umano saranno brevettati, le industrie farmaceutiche, chimiche e biotecnologiche avranno l’esclusiva sulla commercializzazione e l’utilizzazione di ciò di cui noi stessi siamo fatti102. L’accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale afferma la supremazia dei diritti privati rispetto a quelli pubblici rinnegando la CBD103, un accordo internazionale che mira alla conservazione della diversità biologica, allo sviluppo sostenibile dell’agricoltura e ad una equa divisione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche. Questa pratica di privatizzare, brevettare e commercializzare le conoscenze tradizionali o le risorse delle popolazioni locali da parte di imprese multinazionali senza aver ottenuto l'autorizzazione degli Stati d'origine né aver 101
Jeremy Rifkin (1998), Il Secolo biotech,Milano: Baldini Castoldi Dalai Editore. 102
Jeremy Rifkin (1998), Il Secolo biotech,Milano: Baldini Castoldi Dalai Editore. 103
Convenzione sulla diversità biologica. 59 fornito loro un compenso, ha spinto il Parlamento Europeo, nella seduta del 15 gennaio 2013, ad approvare, a larga maggioranza, una risoluzione non legislativa che invita l’Unione europea a combattere la biopirateria. Nel documento si legge come l’attenzione degli eurodeputati sia concentrata principalmente sullo sviluppo delle società dei paesi vittime di questa pratica, proprio perché il 70 percento delle popolazioni povere del mondo dipende direttamente dalla biodiversità per la sopravvivenza e il benessere. Viene, inoltre, sottolineato che le regole per l'utilizzo delle risorse naturali e delle conoscenze tradizionali non sono ben definite e le aziende sfruttano questa situazione d'incertezza giuridica per utilizzare il know‐how tradizionale. Per prevenire la biopirateria, i Deputati europei chiedono, quindi, che la concessione di un brevetto sia subordinata all'obbligo di rivelare l'origine delle risorse e del sapere tradizionale utilizzati, dando, inoltre, prova del consenso da parte delle autorità del paese fornitore, nonché di una condivisione equa dei benefici. In questo quadro, l'Ue dovrebbe, infine, aiutare i Paesi in via di sviluppo nella costruzione di meccanismi giuridici e istituzionali e nella comprensione dei sistemi di protezione dei brevetti. Non solo per questioni di solidarietà, ma perché il freno che la biopirateria pone alla crescita è in netto conflitto con le politiche di sviluppo europee. 60 CAPITOLO 4 Il caso Monsanto 4.1 Storia di una multinazionale Nata a Saint Louis104 nel 1901, la Monsanto fu fondata da un chimico di nome John Francis Queen, il quale cominciò la propria attività con un prestito personale di cinquemila dollari. Il primo prodotto dell’azienda chimica fu la saccarina, che rappresentò il primo edulcorante sintetico fornito, in quegli anni, ad un’altra azienda emergente: la Coca‐Cola. Fin dai primi anni, la chemical company del Missouri cominciò con le acquisizioni, che rappresenteranno, durante tutta la sua storia fino ad oggi, una delle strategie più importanti per diffondere il proprio potere economico e commerciale105. La prima acquisizione avvenne nel 1918, quando la Monsanto acquistò un’azienda dell’Illinois produttrice di acido solforico. Con il passare degli anni l’azienda diventò una grande produttrice di materia plastiche, caucciù, fibre sintetiche e fosfati, acquisendo, riguardo a questi ultimi, il monopolio internazionale sui PCB106, garantito da un brevetto su di essi. I PCB, sui cui torneremo in seguito, rappresentano solo una parte dei prodotti messi sul mercato dalla Monsanto, molti dei quali, se non tutti, provocarono molti problemi e decine di procedimenti legali in diverse zone del mondo. Tra gli altri prodotti della Monsanto ricordiamo, oltre ai PCB, il 2,4,5‐T (triclorofeniacetici), 104
Missouri, USA. 105
Meregalli Roberto (2002), TRIPs prima e dopo Doha, www.retelilliput.org 106
Oli chimici usati come isolamento per i trasformatori elettrici, vietati fin dagli anni Ottanta. 61 un potente erbicida contenente diossina ed alla base dell’agente arancio107; il 2,4‐D (diclorofenossiacetici), l’altro componente dell’agente arancio; il DDT, insetticida oggi assolutamente vietato e gli ormoni della crescita bovina108. Negli ultimi decenni, la Monsanto si è concentrata in particolar modo sulla produzione di varietà vegetali OGM, sulla produzione di semi ibridi e sulla diffusione dei propri erbicidi, primo fra tutti il Roundup, raggiungendo un fatturato annuo di otto miliardi di dollari e diciassettemila dipendenti109. Le mire espansionistiche della multinazionale hanno puntato soprattutto su Stati Uniti, Argentina, Brasile, Paraguay, India, Canada, Cina e Sudafrica. In Europa, invece, in materia di OGM, la Monsanto ha sviluppato la propria strategia con successo solo in Spagna ed in Romania, trovando molte difficoltà negli altri Paesi ed, in generale, a livello europeo. Nei paragrafi successivi, andremo ad analizzare le vicende più importanti e controverse che hanno caratterizzato la storia della Monsanto, tracciando il profilo dell’azienda che oggi si pone in prima linea per la diffusione degli OGM, con particolare attenzione alle ripercussioni ambientali e sanitarie di alcune vicende, nonchè ai metodi utilizzati dalla Monsanto per applicare le proprie strategie. 107
Defogliante usato dall’esercito americano durante la guerra del Vietnam. 108
Denominato rBGH, ha lo scopo di aumentare la produzione di latte nei bovini. Ciò, non senza controindicazioni fra cui l’insorgenza di mastiti (infezioni) nei bovini, curate con antibiotici i cui residui finiscono nel latte, oppure l’indebolimento dei bovini. 109
Werner‐Lobo Klaus (2008), Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere, Roma: Newton Compton editori.
62 4.2 La Monsanto e la comunità di Anniston Dopo l’acquisizione della Swann Chemical Company da parte della Monsanto nel 1935, la piccola cittadina di Anniston, in Alabama, diventa il simbolo dell’inquinamento da sostanze chimiche negli Stati Uniti110. Infatti, fino al 1971, si produssero qui i già citati PCB, derivati chimici clorati la cui produzione esplose nel ventesimo secolo. Essi derivano dall’insieme del benzene, proveniente dal petrolio, e del cloro, creando così un nuovo prodotto termicamente stabile e resistente al fuoco. I PCB, la cui diffusione fu considerevole a livello mondiale, verranno utilizzati come liquidi refrigeranti nei trasformatori elettrici e nelle apparecchiature industriali e come lubrificanti in applicazioni per plastiche, vernici e inchiostri. Secondo un rapporto della Environmental Protection Agency (EPA) risalente al 2005, solo nella città di Anniston furono prodotte trecentomila tonnellate di PCB, di cui ventisette emesse nell’atmosfera, ottocentodieci scaricate nei canali in seguito alle operazioni di pulizia dei macchinari e circa trentamila depositate in una discarica a cielo aperto situata nei pressi della città. Come afferma David Baker, cittadino di Anniston e fondatore nel 1997 della Community Against Pollution creata per denunciare la Monsanto, «Era la metà degli anni Novanta e non conoscevamo i pericoli dell’inquinamento111». La ribellione della comunità di Anniston comincia nel 1995, quando il fratello di David Baker, Terry, muore a diciassette anni per tumore al cervello ed ai polmoni. David decide di tornare in Alabama da New York, città in cui svolgeva la professione di sindacalista e poco tempo dopo viene assunto proprio dalla Monsanto, la quale stava cercando di avviare il proprio piano di decontaminazione delle zone circostanti lo stabilimento. A tal proposito 110
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 111
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 63 la Monsanto propose l’acquisto delle abitazioni limitrofe e di un luogo di culto, arrivando addirittura ad offrire per esso un milione di dollari. Questo comportamento insospettì David Baker e gli abitanti di Anniston, i quali decisero, con l’aiuto dell’avvocato Donald Stewart, di intraprendere una azione legale collettiva112. L’avvocato riuscì, inoltre, ad ottenere migliaia di pagine di documenti segreti della Monsanto, chiedendo al giudice Joel Laird di istruire la causa fra la comunità di Anniston e l’azienda di Saint Louis. In questo modo, l’avvocato ebbe la possibilità di accedere a moltissimi documenti utili per l’azione legale, i quali erano coperti dal cosiddetto work‐product doctrine. Secondo la dottrina dei materiali prodotti, un avvocato, in questo caso della Monsanto, può mettere l’embargo su alcuni documenti fino all’apertura del processo, onde evitare di fornire informazioni alla parte avversa. Questi documenti segreti, nel caso della Monsanto, furono molto importanti durante il processo, in quanto permisero di venire a conoscenza di fatti che altrimenti non si sarebbero mai scoperti. Ad esempio, si scoprì che già dal 1937 la Monsanto sapeva degli effetti negativi della salute legati ai PCB, ma aveva tenuto nascosto tutto per salvaguardare i propri interessi. In quell’anno, infatti, il dottor Emett Kelly, direttore del servizio medico dell’azienda, partecipa ad una riunione presso l’Università di Harvard, insieme ad alcuni acquirenti113 di PCB e ad alcuni rappresentanti del dipartimento della Sanità. Nel corso dell’incontro, vennero presentati degli studi i quali collegavano l’esposizione ai vapori di PCB alla morte di tre operai dell’azienda Halowax, nonché l’insorgenza, in molti altri operai, di una malattia della pelle allora sconosciuta, la cloracne. L’undici ottobre dello stesso anno, in un resoconto interno, trovato nei documenti della Monsanto resi pubblici dopo l’istruzione del processo, l’azienda constatava :«Studi sperimentali 112
Tremilacinquecento querelanti. 113
Halowax e General electric. 64 condotti sugli animali mostrano che un’esposizione prolungata ai vapori di Aroclor114 provoca effetti tossici su tutto l’organismo»115. Dalla documentazione, circa cinquecentomila pagine, si evince chiaramente come la Monsanto fosse a conoscenza degli effetti tossici dei PCB. Solo nel 1993 arrivò il primo divieto di pesca nei corsi d’acqua di Anniston da parte della Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia federale che si occupa della sicurezza degli alimenti e dei farmaci. L’agenzia, infatti, testò che il tasso di PCB nell’acqua era di 277 ppm116, quando il livello consentito era di 5 ppm. Fino ad allora, ovviamente, gli abitanti di Anniston continuarono a consumare il pesce pescato nei corsi d’acqua della città, oltre che ad essere esposti all’inquinamento atmosferico ed alla contaminazione dei terreni e degli animali. Come affermato dal professor David Carpenter dell’Università di Albany nello Stato di New York, un’esposizione o una contaminazione da PCB :«Può portare a tumori, soprattutto a fegato, pancreas, intestino, seno, polmoni e cervello, nonchè a problemi cardiovascolari, riproduttivi e neurologici»117. Inoltre, da studi effettuati dall’EPA e dal dipartimento della Sanità degli USA, venne accertato che le madri contaminate dai PCB, trasmettevano le sostanze tossiche ai neonati tramite il latte materno, provocando gravi problemi neurologici, fra cui disturbi dell’attenzione ed un ridotto quoziente intellettivo. Alla luce di tutto ciò, la vendita di PCB fu impedita definitivamente negli Stati Uniti nel 1977. Per quanto riguarda, invece, il processo che vedeva di fronte la Monsanto e la comunità di Anniston, il 23 febbraio 2002 venne dichiarata colpevole l’azienda di Saint Louis per aver inquinato :«Il territorio di Anniston ed il sangue dei suoi 114
Nome commerciale dei PCB negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna. 115
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 116
Parte per milione. 117
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 65 abitanti con i PCB». La Monsanto perse anche in appello e fu condannata a pagare la cifra record di settecento milioni di dollari. Nel sistema giuridico americano, però, i dirigenti spesso non vengono condannati, in quanto le aziende sono persone giuridiche di fronte alla legge degli Stati Uniti, mettendo così al riparo i dirigenti da ripercussioni involontarie. Di conseguenza viene da chiedersi se alle aziende non convenga ugualmente portare avanti determinate azioni, in virtù del fatto che le eventuali sanzioni, se pur alte, rappresentano solo una parte dei profitti derivanti da esse. 4.3 L’operazione Ranch Hand e l’agente arancio L’operazione Ranch Hand ha inizio il 13 gennaio del 1962 con lo scopo di distruggere i raccolti che avrebbero nutrito i ribelli e di controllare al meglio i movimenti dei vietcong durante la guerra in Vietnam, liberando le strade principali, i corsi d’acqua ed i confini del Vietnam del Sud dalla fitta vegetazione. L’operazione fu autorizzata dall’allora Presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy e distrusse il 90 percento degli alberi e degli arbusti delle zone irrorate con le potenti sostanze chimiche defoglianti prodotte dalla Monsanto. C’è da dire che i rapporti della multinazionale di Saint Louis con il Pentagono non erano certo una novità ed in passato più volte la Monsanto si era arricchita, come anche altre multinazionali, con le commesse militari. Infatti, le guerre rappresentavano un affare per le grandi aziende chimiche118. Nel 1944, la Monsanto produsse grandi quantità di DDT per l’esercito americano, dopo che due anni prima, aveva partecipato al Manhattan Project che portò alla creazione 118
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 66 della bomba atomica. Da qui la collaborazione anche nella guerra del Vietnam che ebbe inizio, nel 1961, con l’arrivo, alla base militare di Saigon119, dei primi barili di defoglianti. Tra le tante sostanze chimiche presenti nel carico in arrivo da Saint Louis, c’era anche l’agente arancio, il più tossico di tutti e composto da pari quantità di 2,4,5‐T e 2,4‐D, due potentissimi erbicidi. Il governo vietnamita, assunta la responsabilità dell’operazione, mirò a tranquillizzare la popolazione dicendo che quegli erbicidi erano già utilizzati in agricoltura in Europa e negli Stati Uniti, omettendo, però, di comunicare che l’esercito americano utilizzerà una quantità di erbicida fino a trenta volte superiore a quella utilizzata in agricoltura. Le conseguenze furono gravissime sia per la popolazione vietnamita, sia per l’esercito americano, anche a distanza di decenni. Le testimonianze ed i procedimenti legali sono innumerevoli. Alan Gibson, vicepresidente dell’associazione Vietnam Veterans of America che conta cinquantacinquemila membri, racconta :«Al ritorno dal Vietnam ho cominciato ad avere problemi agli occhi. Tre anni dopo, i primi sintomi di quella che i medici chiamano neuropatia periferica. Le ossa hanno cominciato a fossilizzarsi ed a fuoriuscire dalle dita dei piedi. Ci dicevano che erano diserbanti usati dai nostri agricoltori. Non ci hanno mai detto che gli erbicidi contenevano diossina120»121. Anche in questo caso, in virtù del processo istruito nel 1978 dal giudice Paul Reutershan, la Monsanto dovette pagare centottanta milioni di dollari come 119
Vietnam. 120
Diossina è il nome comune di una sostanza tossica, la tetraclorodibenzo‐p‐diossina (Tcdd), formata da cloro, carbonio, idrogeno e ossigeno. Insolubile in acqua, è resistente alle alte temperature e si decompone grazie alle radiazioni ultraviolette in un processo che può durare centinaia di anni. È dimostrato che i composti della famiglia delle diossine si formano durante la fase iniziale della combustione dei rifiuti, quando la combustione genera HCl gassoso, in presenza di catalizzatori, quali il rame e il ferro. Responsabile principale della formazione di composti appartenenti alla famiglia delle diossine è il cloro "organico", cioè cloro legato a composti organici polimerici, ad esempio il PVC. La presenza di cloro e di metalli nel materiale di rifiuto pone le due principali condizioni per la formazione delle diossine. Le diossine (esisotno molteplici composto riconducibili alla definizione di diossina) si formano in seguito a processi chimici: fenomeni naturali (come eruzioni vulcaniche, incendi boschivi) o di origine umana (fabbricazione di prodotti chimici, pesticidi, acciaio, pitture, emissioni di gas di scarico e inceneritori). 121
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 67 risarcimento nei confronti di quei veterani che riuscirono a dimostrare il legame tra le loro malattie e l’esposizioni ai prodotti chimici dell’azienda. Per quanto riguarda gli abitanti dei villaggi e delle città vietnamiti, le conseguenze furono devastanti e visibili ancora oggi. Alla fine degli anni Settanta, la dottoressa Nguyen Thi Ngoc Phuong fondò l’ospedale Tu Du, a Ho Chi Minh (ex Saigon). Noto come “Museo degli orrori della diossina”, l’ospedale rappresenta uno dei maggiori centri in Vietnam per la cura dei bambini con handicap, vittime dell’agente arancio. «La maggior parte soffre di problemi neurologici e di gravi anomalie organiche», afferma la dott.ssa Phuong. Solo nel 2005, sono state registrate ottocento nascite con gravi malformazioni. Ciò è possibile, a distanza di quarant’anni, dal fatto che la diossina rappresenta una sostanza capace di accumularsi nella catena alimentare e di attaccarsi ai grassi. In questo modo, attraverso il latte materno, la diossina può passare di madre in figlio, comportando inoltre modifiche a livello cromosomico. A tal riguardo, in una stanza dell’ospedale, vengono conservati decine di feti in barattoli contenenti formalina122. Questi feti presentano malformazioni mostruose come un pene in mezzo alla testa, una massa informe attaccata ad un corpo senza membra o assenza totale di cervello. Molti barattoli non hanno neanche l’etichetta in quanto, per molte malformazioni, non esiste un nome medico! Ancora oggi, spiega il professor Schecter dell’Università del Texas, uno dei maggiori esperti a livello mondiale di diossina, :«In Vietnam urge decontaminare quelli che noi chiamiamo “hot spots”, cioè luoghi con un’altissima concentrazione di diossina. Infatti, essa, pur non accumulandosi nei vegetali, penetra nel suolo, dove la sua vita media può essere addirittura di cento anni. Disciolta dalle piogge, raggiunge poi le falde freatiche, i laghi ed i fiumi. A quel 122 Soluzione acquosa di aldeide formica, usata come disinfettante, deodorante, conservante. 68 punto si deposita nei sedimenti, contaminando fitoplancton123, zooplancton124, pesci, uccelli ed esseri umani lungo la catena alimentare. Una volta nel sangue, si attacca ai grassi. A quel punto all’interno del corpo umano ha una vita di circa sette anni. Può essere espulsa solo con un dimagrimento o con il latte materno. Il problema è che, nell’ultimo caso, contamina anche il neonato»125. 4.4 Il Roundup: l’erbicida più venduto al mondo. Uno dei prodotti di punta della Monsanto è certamente il Roundup. A base di glifosato, un potente erbicida derivato da un amminoacido126 scoperto dai chimici dell’azienda negli anni Sessanta, il Roundup viene messo in commercio nel 1974, inizialmente negli Stati Uniti e, subito dopo, in Europa. Il successo dell’erbicida è immediato anche perché veicolato da una imponente campagna pubblicitaria, a livello mondiale, da parte della Monsanto. «Se anche voi, come Rex, odiate le erbacce in giardino, ecco Roundup, il primo diserbante biodegradabile. Distrugge le erbe infestanti dall’interno fino alle radici e non inquina né il terreno, né l’osso di Rex. Roundup, il diserbante per diserbare!127». Questa è una delle tante pubblicità messe in onda dalla Monsanto, la quale punta anche a slogan, leggibili sulle confezioni di Roundup, come «Non lascia residui nel suolo», «Rispetta l’ambiente» o «100 percento biodegradabile». Le promesse messe in campo dalla Monsanto nel commercializzare il prodotto 123
Il Fitoplancton è alla base della catena alimentare nel mondo acquatico. 124 La parte del plancton che è costituita da organismi animali. Il plancton è costituito da tutti gli organismi animali e vegetali che vivono sospesi nelle acque e che non sono in grado di opporsi ai movimenti delle masse d’acqua. Esso rappresenta un prezioso alimento per molti organismi viventi acquatici. 125
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 126
La glicina. 127
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 69 sono importanti e spingono migliaia e migliaia di agricoltori ad adottare il diserbante per liberare i propri campi dalle erbe infestanti. Ben presto, però, cominciarono i primi dubbi sull’attendibilità delle promesse fatte dalla Monsanto nelle pubblicità o sulle confezioni di Roundup. Inizialmente, furono messi sotto accusa alcuni studi che permisero l’autorizzazione alla commercializzazione dell’erbicida. In particolare, l’EPA scoprì che decine di studi erano stati truccati, presentando, inoltre, molte inesattezze ed omissioni. Nel 1991, invece, i proprietari dei laboratori Craven, a cui erano stati commissionati degli studi sui residui di pesticidi fra cui il Roundup, furono accusati e condannati a cinque anni di carcere per aver manipolato e falsificato quegli studi a danno dei consumatori e dell’ambiente. La Monsanto non venne coinvolta in alcun modo in questa vicenda. Nel 1996 l’azienda di Saint Louis viene sanzionata al pagamento di settantacinquemila dollari per falsa pubblicità sulla sicurezza dell’erbicida Roundup. Nella suddetta pubblicità, la Monsanto lasciava intendere il fatto che l’erbicida poteva essere spruzzato anche nei pressi di fonti d’acqua. Questo aspetto è ritenuto inammissibile dalla Commissione Europea, la quale ha dichiarato il glifosato tossico per gli organismi acquatici ed in grado di comportare effetti nefasti sull’ambiente. In virtù di ciò, il tribunale di Lione, nel 2007, ha condannato la Monsanto perché «L’uso combinato, sulle etichette e sulle confezioni degli erbicidi della gamma Roundup, delle espressioni “biodegradabile” e “lascia il suolo pulito” poteva far erroneamente credere al consumatore che i suddetti prodotti fossero innocui grazie ad una rapida degradazione biologica dopo l’utilizzo quando in realtà possono rimanere a lungo nel suolo e persino infiltrarsi nelle acque sotterranee». 70 Oggi gli erbicidi di glifosato, come Roundup, rappresentano almeno una sesta parte delle vendite annuali totali di Monsanto128. Il Roundup viene promosso come un erbicida sicuro e di uso generale in qualsiasi luogo, dai tappeti erbosi e orti ai grandi boschi di conifere, dove si usa irrorare con l'aereo per impedire la crescita di piante di fronda e macchie favorendo così la crescita di alberi redditizi come gli abeti. L'organizzazione North West Coalition for Alternatives to Pesticides (NCAP), con sede in Oregon, controllò più di quaranta studi scientifici sugli effetti del glifosato e delle ammine poliossietileniche (usate come tensioattivi129 nel Roundup), e concluse che l'erbicida è molto meno innocuo di quel che dicono gli annunci del colosso dell’agrochimica. Nel marzo 1998 Monsanto fu costretta a pagare una multa di duecentoventicinquemila dollari per aver male etichettato i contenitori di Roundup in settantacinque occasioni differenti. La multa fu la più grande mai pagata per violazione delle norme di protezione dei lavoratori contenute nel FIFRA (Federal Insecticide, Fungicide and Rodenticide Act). Questa è l'ultima di una serie di grandi multe e sentenze contro Monsanto in USA, compresi i centootto milioni di dollari per responsabilità nel caso di morte per leucemia di un lavoratore texano nel 1986; un indennizzo di seicentoquarantottomila dollari per non aver comunicato all' Environmental Protection Agency (EPA) i dati sanitari che le furono richiesti; una multa per un milione di dollari comminata dal pubblico ministero del Massachusetts nel 1991 per un versamento di settecentocinquantamila litri di acqua acida residuale; un altro indennizzo di trentanove milioni di dollari a Houston (Texas) per aver depositato prodotti pericolosi in pozzi senza isolamento. 128
www.theecologist.org 129
L'azione dei tensioattivi viene sfruttata per aumentare la bagnabilità, l’espandibilità e per stabilizzare sospensioni ed emulsioni. 71 Nel 2001 venne pubblicato uno studio dall’Università di Saskatchewan sull’esposizione al glifosato; secondo questo studio l’esposizione per più di due giorni all’anno aumenterebbe del doppio la probabilità di sviluppare un linfoma non Hodgkin130, rispetto a chi non è stato mai esposto al glifosato. Emblematico è uno studio effettuato in Francia dall’equipe del professor Robert Bellè, legata al Centre nationale de la recherce scientifique (CNRS) ed all’Institut Pierre‐et‐Marie‐Curie. Lo studio puntava ad analizzare e verificare gli effetti del glifosato sulle cellule del riccio. Lo sviluppo precoce del riccio fa parte dei modelli riconosciuti per lo studio dei cicli cellulari e la scoperta del “modello del riccio” è valso il premio Nobel a Tim Hunt, Paul Nurse e Leyland Hartwell nel 2001. Il professor Bellè utilizzò questo modello per testare gli effetti sanitari dei pesticidi. Visti gli alti livelli di residui di pesticidi nelle acque e negli alimenti riscontrati in Francia in quegli anni, Robert Bellè propose al Consiglio regionale della Bretagna di condurre uno studio sugli effetti degli erbicidi sulla divisione cellulare. «Il lato ironico della faccenda è che avevamo deciso di usare il Roundup come termine di controllo negli esperimenti, convinti che fosse del tutto inoffensivo, come sosteneva la pubblicità. La sorpresa più grande è stata vederlo causare effetti ben più rilevanti dei prodotti che testavamo. È così che abbiamo cambiato l’oggetto della ricerca, dedicandoci unicamente al Roundup», racconta il professor Bellè. Entrando nello specifico dello studio, il professore spiega :«Abbiamo fatto fecondare dei ricci, la cui caratteristica è quella di produrre una grande quantità di ovuli; successivamente abbiamo messo gli ovociti in presenza di spermatozoi e immerso le uova fecondate in una soluzione diluita di Roundup. La concentrazione era molto inferiore a quella generalmente usata in agricoltura. Poi abbiamo analizzato gli effetti del prodotto su milioni di 130
Il linfoma non Hodgkin è un tumore che prende origine dalle ghiandole linfatiche, ovvero dalle cellule contenute nei tessuti (presenti in tutto il corpo) che hanno la funzione di difendere l'organismo dagli agenti esterni e dalle malattie. 72 divisioni cellulari. Presto ci siamo resi conto che il Roundup colpiva un punto chiave della divisione cellulare; non i meccanismi della divisione stessa, ma quelli che la controllano. Quando una cellula si divide in due cellule figlie, la copia in due esemplari del patrimonio ereditario, sotto forma di DNA, dà luogo a numerosi errori. Normalmente si innesca un processo automatico di riparazione o di morte naturale delle cellule atipiche. Ma capita che non succeda, se viene colpito il punto di controllo dei danni del DNA. È proprio questo punto di controllo che viene colpito dal Roundup. Pertanto, diciamo che il Roundup innesca le prime fasi che portano al cancro. Sfuggendo ai meccanismi di riparazione, la cellula colpita potrà sopravvivere in forma geneticamente instabile; e oggi sappiamo che può costituire l’origine di un tumore che si svilupperà trenta o quarant’anni dopo»131. La sostanza che innescherebbe questi meccanismi, come affermato dallo studio, non è però il glifosato puro, ma il Roundup nel suo complesso. Infatti, il Roundup, a base di glifosato, è costituito anche dai cosiddetti adiuvanti e dai surfattanti, che sono fondamentali affinchè il principio attivo possa arrivare a destinazione con efficacia. Fra questi, certamente tossico è il polioxietilene, senza dimenticare, da un lato, il principale prodotto della biodegradazione del glifosato, l’acido aminometilfosfonico (AMPA), che ha una vita media molto elevata nell’ambiente, dall’altro, quelle sostanze coperte dal “segreto commerciale”. Il professor Bellè decise di comunicare alla Monsanto i risultati del suo studio. L’azienda di Saint Louis rispose che tutte le agenzie di regolamentazione avevano concluso che il prodotto non era cancerogeno per l’uomo e che il cancro del riccio non interessava a nessuno132. Ancora più sorprendente la reazione del CNRS e dell’Institut Pierre‐et‐Marie Currie, i quali, come afferma il 131
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Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 73 professore :«Sono venuti per chiederci di non comunicare con i media e con il pubblico, con il pretesto che avrebbe potuto scatenarsi una psicosi…». C’è da chiedersi quali siano i motivi di una tale inerzia da parte degli enti e del potere pubblico in riferimento a problematiche e a rischi sanitari così gravi. Oltre agli enormi interessi economici anteposti spesso agli interessi della collettività, una delle motivazioni potrebbe essere quella di «Non disturbare lo sviluppo degli OGM», come afferma il professor Gilles‐Eric Seralini, di cui abbiamo già parlato in precedenza nel descrivere un suo studio sul mais transgenico. Infatti, oltre ad avere un legame diretto con il Roundup nel caso della Monsanto (come vedremo), la diffusione degli OGM rappresenta, oltre ad una immensa opportunità economica per le aziende biotecnologiche, la possibilità di controllare l’alimentazione in tutto il mondo e, quindi, il controllo sulla vita di milioni di persone. 74 Capitolo 5 OGM e biopirateria : la privatizzazione del cibo 5.1 Gli organismi geneticamente modificati e gli effetti dell’accordo TRIPs sull’alimentazione L’intervento dell’uomo nel modificare la natura e l’ambiente intorno a sé, secondo le proprie esigenze, è una pratica antica, non certo ricollegabile esclusivamente all’avvento delle più moderne tecnologie. In passato l’uomo è intervenuto sull’ambiente, sulle piante e sugli animali per cercare di adattarli il più possibile ai propri bisogni. Nel caso degli esseri viventi, attraverso tecniche naturali di selezione ed incrocio, l’uomo ha potuto moltiplicare le varietà di piante ed animali contribuendo in maniera significativa all’incremento della biodiversità. Con l’introduzione delle nuove tecnologie genetiche, si è reso possibile, invece, riprodurre organismi viventi in laboratorio attraverso la modifica e l’alterazione del DNA133, dando vita ai cosiddetti organismi geneticamente modificati. Gli organismi geneticamente modificati, il cui acronimo è OGM, sono organismi il cui patrimonio genetico è stato modificato mediante ibridazione e selezione o mutagenesi e selezione, oppure con metodiche che prevedono manipolazioni del DNA e inserimento mirato di nuovi geni (transgeni) negli organismi. Gli OGM trovano applicazione soprattutto in campo alimentare, agricolo, zootecnico e medico, a livello vegetale e animale. 133
L'acido desossiribonucleico o deossiribonucleico (DNA) è un acido nucleico che contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine, molecole indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte degli organismi viventi. 75 Le piante geneticamente modificate si dividono in GMHT e GMIR: la prima sigla è un’abbreviazione del termine inglese genetically modified herbicide tolerance, ovvero pianta GM il cui carattere introdotto induce tolleranza a specifici erbicidi ad ampio spettro; la seconda è un’abbreviazione di genetically modified insect resistance, ovvero pianta GM il cui carattere introdotto induce resistenza nei confronti degli attacchi di specifici insetti. Oggi, è possibile inserire geni provenienti da una specie nel DNA di un’altra134. Per arrivare a ciò sono stati necessari decenni di ricerche scientifiche sulla genetica che hanno portato ad enormi passi in avanti nel settore delle biotecnologie e degli interventi sul vivente. La prima grande scoperta avvenne nel 1968, quando un microbiologo svizzero, Wener Arber, scoprì gli enzimi di restrizione, sostanze di origine batterica che possono individuare e tagliare frammenti di DNA. La scoperta di queste “forbici molecolari” ha aperto la possibilità di “tagliare e cucire” il DNA mescolando i patrimoni genetici di esseri viventi di specie diverse. Nacque così una tecnologia capace di manipolare e trasferire i geni orizzontalmente tra specie che normalmente non si incrociano. Qualche anno più tardi Stanley Cohen e Herbert Boyer costruirono la prima molecola di DNA ricombinante, riuscendo ad inserire il gene di un organismo dentro il patrimonio genetico di un altro135. Nel 1980, con la sentenza sul caso Chakrabarty, venne per la prima volta concessa la possibilità, legalmente riconosciuta, di brevettare gli organismi viventi geneticamente modificati. Questa svolta storica permise alle grandi multinazionali del settore di entrare con decisione nel mercato, iniziando il percorso di privatizzazione e mercificazione delle risorse genetiche. 134
Va ricordato che il DNA estraneo si integra casualmente nell’organismo che si intende modificare. Ciò significa che non si sa cosa si produce e che possono verificarsi eventi inattesi. 135
In particolare, scoprirono che era possibile combinare il gene di un batterio con quello di un organismo eucariote. 76 Inizia così la produzione di sementi e piante geneticamente modificate negli Stati Uniti per ottenere due caratteristiche principali: aumentare la loro resistenza agli erbicidi ed aumentare la resistenza ai parassiti ed agli insetti. Vengono modificate geneticamente, dalla fine degli anni Ottanta in poi, numerose colture come il pomodoro a maturazione dilazionata136 prodotto dalla Calgene Inc., il cotone tollerante al sulfuniluree137 della DuPont e la soia RoundUp ready, prodotta dalla Monsanto al fine di tollerare erbicidi a base di glifosato. Piante geneticamente modificate, tra cui mais, soia, colza, patate, tabacco e cotone, vengono coltivate negli Stati Uniti sin dagli inizi degli anni Novanta. L’opposizione agli OGM nasce, però, nel momento in cui cominciano ad affacciarsi sul mercato europeo i primi cibi manipolati. Infatti, mentre negli Stati Uniti è assolutamente legale produrre e commercializzare prodotti geneticamente modificati, in Europa le normative sono molto differenti, vista anche la grande diffidenza da parte dei consumatori e di una parte delle autorità pubbliche. Ciò ha portato alla regolamentazione della materia attraverso numerosi regolamenti e Direttive comunitarie, i quali si sono succeduti nel corso degli anni con differenze sostanziali rispetto al sistema statunitense. Nel caso dell’etichettatura dei prodotti OGM, ad esempio, l’Europa riconosce la possibilità ai consumatori di sapere quali cibi sono geneticamente modificati138. In virtù di tale disposizione normativa, l’Ue prevedeva l’obbligatorietà dell’etichettatura di qualsiasi alimento contenente tracce di DNA transgenico, indipendentemente dalla quantità totale. Questo obbligo, certamente fondamentale per la scelta dei consumatori, non basta, però, per poter avere la 136
Il pomodoro Flavr Savr prodotto dalla multinazionale Calgene è il primo ortaggio modificato geneticamente immesso sul mercato. 137
Erbicida. 138
Regolamento comunitario 1139/98. 77 certezza di non acquistare e consumare cibi transgenici o contaminati. Infatti, sarebbe necessario tenere separate le filiere produttive dei prodotti tradizionali e di quelli transgenici, per evitare la contaminazione genetica, possibile anche in fase di trasporto. L’estensione della contaminazione ha reso quasi impossibile il reperimento, in particolare, di mais e soia totalmente prive di DNA transgenico, a tal punto che, l’Unione Europea ha deciso di modificare, nel 2000, la normativa139 sull’etichettatura, permettendo una soglia di tolleranza dello 0,9 percento140 per quanto riguarda la presenza di tracce di OGM negli alimenti. Sotto tale soglia, non è obbligatoria l’etichettatura. Di conseguenza, anche se solo in piccole quantità, ognuno di noi rischia di ingerire ogni giorno tracce di cibi transgenici; quantità che va aggiunta a quella che ingeriamo indirettamente nel momento in cui consumiamo carne o prodotti derivati da animali, i quali vengono alimentati in buona parte con mangimi OGM141. Dopo aver autorizzato alcuni prodotti geneticamente modificati negli anni passati142, l’Ue, nel gennaio 2013, ha rimandato nuove eventuali 139
Regolamento 49/2000. 140
Il limite si riferisce ad ogni singolo ingrediente. 141
Il 90 percento degli OGM importati in Europa diventano mangimi per i nostri allevamenti, soprattutto la soia proveniente dal continente americano. Mucche, maiali e galline sono molto spesso alimentati con mangimi transgenici. I regolamenti sull'etichettatura, però, non obbligano a specificare se questi prodotti provengono da animali nutriti con OGM. A causa di questa grossa lacuna nelle normative europee, non abbiamo modo di sapere se latte, uova, formaggio, carne, yogurt e tutti i prodotti di derivazione animale abbiano a che fare con gli OGM. In pratica, attraverso i mangimi, gli OGM entrano nella nostra catena alimentare.
142
Nel 2004 l’Europa autorizza il Mais Bt 11, prodotto dalla Syngenta, per la produzione di alimenti e mangimi. Molti ricercatori indipendenti denunciarono che le tossine Bt presenti nelle piante modificate geneticamente con il gene del Bacillus Thuringensis erano pericolose per la salute. Successivamente vennero autorizzate altre quattro varietà di mais e due di colza OGM che si aggiunsero alle quattordici piante (diverse varietà di mais, colza e soia) autorizzate negli anni precedenti al rilascio deliberato nell’ambiente, per scopi sperimentali e non. Inoltre nel mercato europeo erano già entrati, in accordo con il Regolamento CE 258/1997 sui nuovi prodotti e nuovi ingredienti alimentari, una serie di prodotti derivati da OGM, ma non contenenti OGM, ovvero sostanze prodotte a partire da piante geneticamente modificate, ma non contenenti i semi portatori della modifica genetica introdotta: oli di soia e di colza, amido di mais, lecitina di soia ecc. Dodici mucche da latte morirono in Germania dopo essere state nutrite con mais Bt 176 prodotto dalla Syngenta. C’è il forte sospetto che la causa della morte delle mucche in Germania sia la proteina Cry1AB (una tossina Bt) contenuta nel Mais Bt 176, la stessa che, come dichiarato dalla Syngenta, è presente 78 autorizzazioni per altri prodotti OGM alla fine del 2014, in virtù, anche, delle forti pressioni dell’opinione pubblica, restia alla diffusione degli organismi geneticamente modificati. Per quanto riguarda, invece, il rilascio in ambiente di organismi geneticamente modificati, per evitare un uso improprio e per prevenire l’inquinamento genetico, l’Ue approvò nel 1990 una Direttiva143 che introdusse l’obbligo di valutazione ambientale prima della concessione dei permessi per il rilascio di OGM, sistemi di tracciabilità per seguire gli spostamenti lungo la filiera alimentare ed un regime di responsabilità civile per eventuali danni ambientali e sanitari. Va considerato il fatto che l’immissione sul mercato degli OGM è avvenuta senza aver mai accertato in maniera approfondita gli effetti sulla salute dell’uomo e sull’ambiente, soprattutto nel lungo periodo. Per quanto riguarda i batteri transgenici per uso agricolo, l’ Environmental Protection Agency (EPA) ha concesso le autorizzazioni senza che i test scientifici indicassero l’assenza di rischi. Nel caso della soia transgenica della Monsanto, ad esempio, le informazioni fornite dalla multinazionale a sostegno della sostanziale equivalenza riguardavano solo alcuni parametri rispetto ai valori nutrizionali e chimici. Inoltre, i test effettuati sugli animali hanno riguardato una somministrazione di soia transgenica nell’arco di sole sei settimane. Oltre all’accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, che permette la brevettabilità dei microrganismi viventi, esistono due accordi approvati nel WTO i quali potrebbero mettere in difficoltà quegli Stati che hanno intenzione di tutelare la propria agricoltura a sfavore degli OGM o di anche nel mais Bt 11. Nel 2010 l’Ue autorizza la coltivazione della patata transgenica Amflora, prodotta dalla BASF, leader dell’industria chimica tedesca. 143
Direttiva 220/90, ancora oggi in vigore anche se modificata nel 2001. 79 regolamentare in maniera più stringente la loro diffusione. Questi due accordi sono: il già citato accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie144 e l’accordo riguardante le barriere tecniche al commercio (TBT). In base a tale accordo, i governi nazionali hanno la libertà di applicare standard ambientali, sotto la condizione che questi non penalizzino le imprese straniere a favore di quelle nazionali, nel qual caso rientrano tra le barriere non tariffarie proibite in base all’accordo sulle barriere tecniche. Inoltre, secondo tale accordo esistono degli obiettivi legittimi per l’imposizione di standard, quali la protezione della sicurezza nazionale della salute umana e dell’ambiente, ma gli standard non devono essere “distorsivi” per il commercio. Nel caso dell’accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie, esso esige che gli Stati che vogliono regolamentare gli organismi geneticamente modificati, debbano fornire la dimostrazione scientifica dell’esistenza di un rischio che giustifichi la regolamentazione, anche se è proprio la mancanza di certezza sugli effetti degli OGM a rendere necessaria una regolamentazione preventiva, in linea con il principio di precauzione. Inoltre, sia in sede WTO, sia attraverso imponenti campagne pubblicitarie da parte delle multinazionali, si è cercato di associare alla diffusione degli OGM alcuni grandi temi che verrebbero risolti dalla produzione e dalla diffusione degli organismi geneticamente modificati. Uno degli argomenti più utilizzati è quello secondo cui gli OGM permetteranno di sconfiggere la fame nel mondo per l’aumento di produttività145 dovuto alla maggiore resa dei prodotti agricoli geneticamente modificati. Nel mondo la produzione alimentare è più che sufficiente a sfamare tutti gli abitanti della 144
SPS. 145
Nel caso del cotone Bollgard della Monsanto, uno studio della Research Foundation for Science, Technology and Ecology ha mostrato come l’aumento di produttività era molto inferiore rispetto a quello promesso dalla Monsanto (50 percento in più). Nel 1997, a tal proposito, la Monsanto venne condannata a pagare una multa di circa due milioni di dollari a tre coltivatori di cotone, i quali non avevano ottenuto le rese promesse. Per quanto riguarda la soia Roundup Ready, addirittura, sulla base di ottomiladuecento esperimenti la resa del raccolto è scesa del 6,7 percento rispetto alla soia tradizionale. 80 Terra e, se mai, il problema è la distribuzione del cibo, concentrata nei Paesi industrializzati. Di conseguenza non abbiamo bisogno di più cibo, ma di una distribuzione più equa. Infatti, nonostante l’aumento della produzione agricola, il problema della sicurezza alimentare si è aggravato, soprattutto negli anni Novanta. Nei Paesi in via di sviluppo, la razione proteica pro capite è diminuita del 3,3 percento tra il 1970 e il 1996, e nello stesso periodo è calata del 5,7 percento nell’Africa subsahariana146. Un’alta percentuale della popolazione mondiale dipende ancora oggi dall’agricoltura di sussistenza, utilizzando come tecnica fondamentale per il fabbisogno alimentare, la conservazione dei semi dell’anno precedente. L’accordo sui diritti di proprietà intellettuale va ad intaccare anche questo aspetto, aggravando i problemi di accessibilità e distribuzione del cibo e delle sementi. In relazione a queste ultime, tramite la manipolazione genetica, aziende e multinazionali, come la Monsanto e la DuPont147, creano un tipo di seme (in genere più resistente alle malattie, ai pesticidi e ai diserbanti chimici), lo registrano e lo dichiarano di loro proprietà. Essendo lo scopo di una multinazionale il profitto, essa cerca di estendere l’utilizzo dei propri semi il più possibile, anche attuando massicce campagne promozionali per l’utilizzo di questi semi, in particolare di mais, soia e colza. «Queste grandi multinazionali si fanno consegnare dagli agricoltori tutte le varietà dei loro semi, pagandoli anche con cifre molto consistenti» spiega Vandana Shiva in un articolo dal titolo “Libertà dei semi: la disobbedienza non violenta di Vandana Shiva” pubblicato sul sito www.unimondo.org. 146
Wallach Lori e Sforza Michelle (1999), WTO. Tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale, Milano: Feltrinelli. 147
Esse rappresentano le due più importanti multinazionali nel settore del controllo e della vendita di semi modificati geneticamente e brevettati. 81 Il guadagno, però, per il contadino è solo un’illusione. Con lo scambio delle colture, infatti, gli agricoltori diventano “schiavi” di quel particolare seme OGM148, di cui però non possono disporre liberamente, dato che, una volta piantati, questi semi geneticamente modificati rendono il terreno sterile verso gli altri tipi di colture. Inoltre la proprietà intellettuale del seme non si esaurisce con il suo utilizzo ma è estesa anche alle generazioni successive di semi. Perciò i contadini non solo sono costretti a riacquistare ogni anno i semi brevettati dalla multinazionale, ma devono anche pagare “l’affitto” per il riutilizzo, quando possibile, dei semi ottenuti dal raccolto precedente. È il sistema delle royalty. In più, riprendendo una riflessione di Vandana Shiva secondo cui “gli organismi geneticamente modificati sono una pirateria biologica dei nostri semi”149, è da sottolineare la correlazione tra biopirateria ed OGM, in quanto i semi ed i geni utilizzati per creare gli organismi trasgenici sono di proprietà delle comunità e non delle multinazionali. Inoltre, la contaminazione genetica causata dalla vicinanza dei campi OGM con quelli non OGM oppure dalla promiscuità caratterizzante la filiera produttiva e la metodologia di trasporto, potrebbero causare la scomparsa di varietà presenti in natura lasciando spazio, in caso di diffusione crescente delle coltivazioni OGM, alle colture geneticamente modificate o a colture tradizionali ma contaminate. C’è da aggiungere che, generalmente, i semi prodotti dalle piante ottenute con sementi frutto di ibridazione o ingegneria genetica non conservano le stesse caratteristiche di vigore dei semi originali150 e pertanto obbligano il contadino a ricomprare le sementi ogni anno, rappresentando in questo modo da un lato, 148
Shiva Vandana (2001), Vacche sacre e mucche pazze. Il furto delle riserve alimentari globali, Roma: DeriveApprodi srl. 149
Vandana Shiva: in inverno una campagna contro la biopirateria (2008), www.unimondo.org 150
Si fa riferimento alla tecnologia terminator ed alle conseguenze del processo di eterosi. 82 una perdita economica per gli agricoltori, e dall’altro, una perdita consistente di coltivazioni autoctone. Negli ultimi anni, la Monsanto ha portato in tribunale centinaia di piccoli agricoltori e di piccole imprese, accusandoli di aver violato i diritti di brevetto sulle sementi geneticamente modificate che ha messo sul mercato. Inoltre, la concentrazione del mercato dei semi nelle mani di poche grandi imprese151, provoca inevitabilmente un aumento dei prezzi, nonché un’operazione di cartello vera e propria. Come affermato da Vandana Shiva :«In India sessanta aziende agricole possono utilizzare solo sementi Monsanto, con un aumento dei prezzi a volte anche dell’ottomila per cento, provocando un forte indebitamento dei contadini»152. Tutto ciò va ad aggravare ulteriormente la situazione della sicurezza alimentare nei Paesi poveri e in via di sviluppo. Secondo Jeremy Refkins :«I nuovi progressi della scienza e dell'informatica minacciano di porre fine all'agricoltura tradizionale entro la metà del prossimo secolo. I cambiamenti tecnologici nella produzione di cibo lasciano intravedere un mondo senza agricoltori, con conseguenze imprevedibili per due miliardi di persone che trovano nella terra la propria fonte di sopravvivenza». Un’altra tesi utilizzata a difesa degli OGM è quella secondo cui gli organismi geneticamente modificati sono sicuri per la salute dell’uomo, come dimostrerebbe il fatto che, da circa dieci anni, milioni di americani se ne nutrono senza mostrare alcun problema di salute. Negli Stati Uniti, i cibi geneticamente modificati non sono etichettati, in quanto considerati del tutto simili ai cibi naturali. La mancanza di etichettatura, però, rende assolutamente impossibile sapere chi consuma OGM, di che tipo, in che quantità e per quanto tempo. A sua 151
Monsanto, AstraZeneca, Novartis, DuPont/Pioneer e Avantis. 152
Shiva Vandana (2012), Libertà dei semi, la disobbedienza non violenta, www.unimondo.org 83 volta, tutto ciò rende impossibile poter valutare correttamente gli effetti sulla salute dell’uomo, in quanto, per poterlo fare, bisognerebbe avere i dati della popolazione che consuma cibi OGM e di una parte che consuma cibi naturali, per poterli confrontare a parità di condizioni153. Anche per quanto riguarda le allergie, è impossibile sapere se sono provocate o meno dal consumo di organismi geneticamente modificati, sia perché sono in forte aumento negli ultimi anni, sia perché senza etichettature e studi su di essi, non si può correlare l’insorgenza di allergie154 con il consumo di OGM. In Italia, l’avversione dell’opinione pubblica nei confronti dell’agricoltura transgenica e della globalizzazione applicata all’agricoltura hanno portato gli agricoltori italiani ad una scelta antitetica rispetto agli OGM, preferendo ad essi un’agricoltura differenziata e ricca di prodotti tipici. La scelta degli agricoltori, finalizzata ad una maggiore qualità dei prodotti, è stata premiata dai consumatori italiani, come testimoniato dal tasso di crescita notevole del settore dell’agricoltura biologica155. Lo scarso successo dei prodotti agricoli geneticamente modificati nell’opinione pubblica è dovuto, oltre alle ragioni sopracitate, alle ripercussioni che essi potrebbero avere sulla salute dell’uomo e dell’ambiente. Per quanto riguarda la contaminazione ambientale molto grave è il problema dell’inquinamento genetico causato dalla vicinanza di campi OGM e campi non OGM. Il vento, le api, gli uccelli o le acque sotterranee inevitabilmente, mescolerebbero semi, pollini e fiori. La contaminazione non si limiterebbe ai campi ma coinvolgerebbe 153
Area di residenza, esposizione agli inquinanti, età, stili di vita, ecc. 154
Ad esempio, uno dei primi tentativi di manipolazione della soia, ad opera della Pioneer, prevedeva l’inserimento di un frammento di DNA della noce brasiliana. Secondo l’azienda, gli esperimenti di laboratorio non mostravano alcuna possibilità di insorgenza reazioni allergiche. Al contrario, attraverso dei test di ricercatori indipendenti effettuati su alcuni soggetti allergici alla noce brasiliana ma perfettamente tolleranti alla soia, molti individui avevano manifestato delle reazioni allergiche dopo il consumo di soia transgenica. 155
In agricoltura biologica non si utilizzano sostanze chimiche di sintesi (diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere), nè Organismi Geneticamente Modificati (OGM), sfruttando la naturale fertilità del suolo e rispettando la rotazione delle coltivazioni. 84 le macchine agricole, silos di stoccaggio, i container e i luoghi di trasporto e di trasformazione dei prodotti. Nel 2000, cotone transgenico di provenienza statunitense, di cui è vietata la coltivazione in Europa, è stato identificato in sementi destinate alla coltivazione in Grecia e in Spagna. Nel maggio dello stesso anno è stato accertato un caso di importazione di sementi non autorizzate di colza transgenica dal Canada verso la Svezia, la Germania, la Francia e la Gran Bretagna. Secondo le ricerche condotte dall’autorità svedese competente, il problema sarebbe sorto nella filiale di Winnipeg (Canada) della ditta sementiera Advanta a seguito di una impollinazione incrociata tra colza transgenica e colza tradizionale. L’incidente ha interessato circa seicento ettari in Francia, trecento in Germania e quattromila in Gran Bretagna156. Il problema fondamentale, a tal riguardo, è che i Paesi che utilizzano maggiormente gli OGM, in prima fila Stati Uniti, Canada, Brasile e Argentina157, sono anche i maggiori esportatori di sementi, rendendo molto alto il rischio di contaminazione. Diventa, quindi, praticamente impossibile mantenere le filiere separate. Molto preoccupante è anche il problema dell’eccessivo utilizzo di pesticidi e prodotti chimici inquinanti. Contrariamente a quanto promesso all'opinione pubblica da governi e aziende, l'ingegneria genetica non riduce l'uso di erbicidi dannosi. Anzi, la resistenza agli erbicidi ed ai pesticidi conferita alle piante geneticamente modificate, rende meno cauti gli agricoltori i quali utilizzano questi prodotti chimici in maniera più consistente per eliminare le piante infestanti. Senza questa resistenza, si dovrebbe essere molto più cauti nell’utilizzo dei prodotti chimici, onde evitare la compromissione della pianta stessa. 156
Fabbri Fabrizio,OGM per tutti. Produzione e rilascio nell’ambiente di “Organismi geneticamente modificati”, Milano: Jaca book. 157
Oggi circa il 3 percento dei terreni al mondo ospitano coltivazioni OGM. Si tratta di 134 milioni di ettari. 85 Non è un caso che la maggior parte della ricerca sviluppata dalle aziende dell'ingegneria genetica si è finora focalizzata sull'ottenimento di piante resistenti agli erbicidi prodotti dalle stesse industrie. Ad esempio, la soia manipolata della Monsanto resiste a dosi massicce di Roundup, un erbicida prodotto dalla Monsanto stessa. In generale, una coltivazione di piante transgeniche di questo tipo può essere trattata con l’erbicida a dosi molto forti, tali da uccidere le piante infestanti: sopravviverà soltanto la pianta OGM che ne è resistente. Inoltre, molti scienziati ritengono che le colture geneticamente manipolate, per resistere ai pesticidi ed ai diserbanti, potrebbero trasmettere le loro caratteristiche alle erbe spontanee ed infestanti, le quali acquisirebbero un’alta soglia di tolleranza e di resistenza ai prodotti chimici utilizzati in agricoltura. Per quanto riguarda, invece, gli effetti sulla salute dell’uomo, molti sono i casi che hanno messo in cattiva luce gli OGM e molte sono le preoccupazioni dei cittadini e di una parte della comunità scientifica riguardo al consumo dei cibi transgenici. Un caso eclatante di contaminazione alimentare è quello che ha coinvolto una varietà di mais transgenico chiamata Starlink158, prodotta dalla ditta franco‐tedesca Aventis. Nel 2000, un’organizzazione non governativa statunitense effettuò delle analisi su snack di mais giallo, scoprendo che presentavano una proteina159 potenzialmente allergenica per l’uomo, causata dal mais transgenico della Aventis. Dopo il primo allarme, le autorità americane individuarono oltre trecento prodotti sul mercato contaminati con il mais transgenico, i quali furono immediatamente ritirati. Furono individuati prodotti contaminati anche in Giappone ed in Corea. In più, diciotto persone che avevano 158
Fabbri Fabrizio (2002), OGM per tutti. Produzione e rilascio nell’ambiente di “Organismi geneticamente manipolati”, Milano: Jaca Book. 159
La proteina in questione è la Cry9C. 86 consumato alcuni prodotti successivamente ritirati, presentarono alcuni sintomi tipici delle allergie160. Molto più grave fu il caso degli integratori a base di triptofano. Negli Stati Uniti morirono trentasette persone e molte altre subirono invalidità di vario genere dopo aver assunto un integratore alimentare prodotto dalla ditta giapponese Showa Denko che aveva usato un ceppo di batteri modificati geneticamente per produrre maggiori quantità di triptofano. Nel 1989, una misteriosa epidemia di casi disabilitanti (e a volte mortali) di una malattia autoimmune chiamata sindrome eosinofilo‐mialgica è stata attribuita ad un lotto di triptofano sintetizzato impropriamente. La coltura batterica usata dalla Showa Denko fu geneticamente modificata per aumentare la resa di triptofano; sfortunatamente, un sottoprodotto della trasformazione si rivelò essere, secondo uno studio di Science161, un aminoacido tossico che inquinò il prodotto finito. A prescindere dalle cause della tossicità, il triptofano, come integratore alimentare, fu ritirato dal mercato negli Stati Uniti e in altri Paesi subito dopo. Bisogna ricordare che per decenni si è cercato di evitare di andare a fondo nelle questioni legate agli OGM, per chiaro interesse delle multinazionali nel non far emergere eventuali fattori negativi legati ai prodotti alimentari e non geneticamente modificati. Non è un caso che, l’unico studio effettuato su un lungo periodo, venga pubblicato solo nel 2012. Questo studio, condotto da un gruppo di ricercatori italiani e francesi guidati dal professor Gilles‐Eric Séralini e pubblicato integralmente lo scorso mese sulla rivista internazionale Food and Chemical Toxicology, ha esaminato, per un periodo di due anni, duecento ratti nutriti con mangimi contenenti OGM in percentuali variabili arrivando a risultati preoccupanti162. In particolare, l’OGM utilizzato dal team di scienziati è un mais 160
In particolare reazioni cutanee e problemi gastrici. 161
Rivista scientifica pubblicata dall'American Association for the Advancement of Science. 162
Graziadei Alessandro (2012), OGM si,OGM no?L’ultima controversa e contestata ricerca, unimondo.org. 87 Monsanto, l’NK603 attualmente commercializzabile nell’Unione Europea per l’alimentazione animale e, quindi, indirettamente presente nella catena alimentare umana. La ricerca è nata dal presupposto che, nonostante non siano mai stati riscontrati effetti collaterali immediati in seguito al consumo di OGM, poco o nulla si conosce degli effetti cronici legati all’ingestione di quantità ridotte per un periodo prolungato di tempo. Gli studi tossicologi normalmente condotti per l’approvazione di un alimento geneticamente modificato durano solo novanta giorni, mentre l’analisi di Séralini osserva gli effetti su un arco temporale di due anni. I duecento ratti, analizzati durante ventiquattro mesi, sono stati divisi in quattro gruppi: il primo è stato alimentato con mais OGM non trattato con l’erbicida; il secondo con mais OGM trattato con il Roundup; il terzo con mais convenzionale, ma diluendo nell'acqua una certa dose di Roundup e il quarto era il gruppo di controllo nutrito con mangimi convenzionali e senza erbicida nell’acqua. Su questi animali sono state valutate la mortalità a lungo termine, la comparsa e l’estensione di masse tumorali e le possibili malattie metaboliche, fisiologiche e anatomiche. «L’analisi dei risultati ha evidenziato che i primi tre gruppi hanno fatto tutti registrare tassi di mortalità molto più alti, oltre che forti danni e alterazioni alla funzionalità di fegato e reni» ha dichiarato Slow Food che da anni si occupa del “buono, pulito e giusto”163 nell’alimentazione.
Come affermato dagli stessi autori, da soli i risultati dello studio non possono considerarsi risolutivi nel dibattito ancora aperto sui possibili effetti per la salute umana e animale del consumo di OGM. Tuttavia, il lavoro ha aumentato l’attenzione rivolta agli organismi geneticamente modificati da parte dell’opinione pubblica e della comunità internazionale, ponendo seri interrogativi sugli effetti dei cibi manipolati geneticamente e spingendo le 163
Buono, pulito e giusto è il titolo di un libro di Carlo Petrini. 88 autorità ad effettuare nuovi controlli. Stéphane Le Foll, ministro dell’Agricoltura, ha annunciato che, se la pericolosità degli OGM sarà confermata, l’esecutivo francese chiederà la loro proibizione a livello europeo ed una modifica delle procedure europee di autorizzazione dei cibi transgenici, in senso più restrittivo.
I dubbi ed i quesiti che lo studio di Séralini apre sono sicuramente preoccupanti anche perché, ha concluso il professor Infascelli, ordinario di nutrizione animale all’Università di Napoli Federico II, «Gli autori mettono a confronto materiali e metodi da loro impiegati con quelli di lavori precedenti volti a dimostrare la non tossicità degli OGM, che risultano essere per molti aspetti più incompleti di questo»164. Molti sono, però, anche gli scettici. Secondo una parte della comunità scientifica l’articolo di Séralini e colleghi non ha le caratteristiche della “buona scienza”. Da alcuni esperti viene criticato l'uso di ratti del tipo Sprague‐
Dawley. Un genere che sviluppa facilmente dei tumori, come osserva Bernard Meunier, specialista di chimica terapeutica al Cnrs165. Altri criticano la quantità di cavie usate o l’alimentazione, escluso il mais transgenico, fornita ai ratti. Tuttavia, come sostiene Greenpeace, il dibattito che circonda lo studio francese ha chiaramente evidenziato come tuttora non esistano protocolli adeguati e universalmente riconosciuti per l'esecuzione di test a lungo termine. Tutti gli OGM attualmente consumati da esseri umani e animali nell'Ue sono stati approvati sulla base di test di durata compresa tra ventotto e novanta giorni effettuati dalle stesse aziende che ne chiedono la commercializzazione. Controllori e controllati in un’unica entità. Altri due studi, risalenti agli anni Novanta, fanno emergere preoccupanti dati sui prodotti alimentari geneticamente modificati, mettendo in risalto la volontà, da 164
Graziadei Alessandro (2012), OGM si,OGM no?L’ultima controversa e contestata ricerca, unimondo.org. 165
Martinelli Leonardo (2012), Studio OGM, la comunità scientifica scettica. La Francia pronta a proibirli, www.ilfattoquotidiano.it 89 parte delle multinazionali, di nascondere i risultati dei test effettuati o di effettuarli in maniera eccessivamente superficiale. Nel 1994 vennero commercializzati negli Stati Uniti i primi prodotti agroalimentari modificati geneticamente. Il pomodoro Flavr Savr prodotto dalla multinazionale Calgene è il primo ortaggio modificato geneticamente immesso sul mercato. La modifica del DNA ha lo scopo di bloccare il processo di maturazione e decomposizione del pomodoro per prolungare la durata del prodotto dopo la raccolta. L’FDA166 dichiarò ufficialmente che nei test effettuati non furono trovate differenze fra i topi nutriti con pomodori OGM e i topi nutriti con pomodori non OGM, tenendo nascosta un’informazione molto importante. Infatti, in alcune femmine dei topi usati nei test di laboratorio effettuati dalla Calgene, le analisi istologiche dello stomaco evidenziarono la presenza di necrosi nello stomaco. Questa informazione fu resa pubblica solo nel 1998 quando negli Stati Uniti, l'Alliance for Bio‐Integrity con una coalizione di scienziati, leader religiosi e consumatori, fecero causa alla Food and Drug Administration per ottenere test obbligatori di sicurezza ed etichettatura dei cibi geneticamente modificati. La Corte Federale obbligò l'FDA a consegnare all’avvocato dei querelanti le quarantaquattromila pagine del suo archivio interno contenenti informazioni che erano state tenute segrete fino a quel momento. Sulla base dei risultati di questa analisi essi segnalarono più volte che la bioingegneria, alterando l’attività cellulare, può condurre alla produzione di tossine inaspettate, allergeni e sostanze cancerogene. Sempre nel 1998, il professor Arpad Pusztai, microbiologo, ricercatore del “Rowett Research Institute” in Scozia, dichiarò che i test effettuati su topi da laboratorio nutriti con patate transgeniche, da lui effettuati, avevano evidenziato un abbassamento delle difese immunitarie, alterazioni nello 166
Food and Drug Admistration. 90 sviluppo degli organi vitali e la parziale atrofia del fegato, sviluppata in appena dieci giorni dall’inizio della nuova dieta. Il prof. Pusztai affermò nell’intervista di essere preoccupato per la mancanza di test sulla sicurezza degli alimenti OGM e osservò quanto fosse ingiusto usare i cittadini come cavie. Due giorni dopo questa intervista, il Rowett Institute rilasciò un comunicato stampa in cui dichiarò di aver esonerato il prof. Arpad Pusztai dalle sue mansioni, costringendolo ad andare immediatamente in pensione. Il potere delle multinazionali nel cercare di arginare il fronte degli “anti‐ogm” non riesce però ad arginare molte giustificate preoccupazioni sugli organismi geneticamente modificati e sugli effetti per la salute dell’uomo. Inoltre, un altro tema legato ai dubbi sugli organismi geneticamente modificati, riguarda le caratteristiche nutritive dei cibi transgenici. É stato riscontrato, infatti, che i cibi geneticamente modificati presentano dei parametri diversi riguardo ad alcune sostanze o enzimi rispetto ai cibi naturali. È il caso della soia Roundup Ready della Monsanto in cui si sono riscontrate delle differenze percentuali nella presenza di alcuni acidi grassi e di alcuni amminoacidi preziosi per la produzione di proteine. Inoltre, è stato osservato un aumento del 18 percento nella produzione di un composto che inibisce la formazione di un amminoacido che svolge importanti funzioni per la digestione proteica. La soia RR, in uno studio condotto sui ratti, ha provocato addirittura un minore sviluppo degli stessi e un ingrossamento del pancreas. Molto preoccupante è anche il rischio della maggiore concentrazione residua di pesticidi sulle piante al momento del raccolto. Infatti, dal momento che le coltivazioni resistenti agli erbicidi consentono di poter trattare le coltivazioni transgeniche in qualsiasi fase del loro sviluppo, i prodotti chimici potrebbero essere usati anche poco tempo prima del raccolto, impedendo ai composti chimici di avere il tempo di essere efficacemente degradati. Inoltre, le 91 preoccupazioni legate alla casualità delle sequenze geniche167, alimentate dal fatto che non è possibile prevedere gli effetti dell’inserimento di un gene in un altro organismo in quanto gli organismi viventi funzionano come un tutt’uno e non a settori distinti, vennero confermate nel 2000 da un gruppo di ricercatori belgi. Essi rilevarono l’esistenza di sequenze geniche inattese nella soia Roundup Ready e, in uno studio dell’anno successivo, individuarono un ulteriore frammento di DNA non previsto nella soia transgenica. L’OGM in cui siano presenti pezzi inattesi di DNA non può essere considerato equivalente alla controparte naturale e non è possibile stabilire quali ripercussioni possa avere sull’ambiente e sulla salute dell’uomo in quanto non sono prevedibili le trasformazioni a livello del DNA. La scoperta di pezzi di DNA inattesi dovrebbe portare alla sospensione del permesso di commercializzazione degli organismi geneticamente modificati, visto che essi sono autorizzati in virtù del principio di sostanziale equivalenza, già debole dal punto di vista teorico. Un eventuale blocco della produzione e della commercializzazione dei prodotti OGM sembra essere, però, piuttosto utopistico visti gli interessi in gioco. 5.2 La Monsanto e gli OGM Gli OGM prodotti dalla Monsanto hanno origine da un’idea di Ernest Jaworski, entrato a far parte dell’azienda di Saint Louis nel 1952. Questo scienziato aveva un’idea che rappresentò, successivamente, la base teorica per la produzione della maggior parte degli OGM prodotti fino ad oggi: manipolare il patrimonio genetico delle piante rendendole capaci di sopravvivere alle irrorazioni di 167
La sequenza genica è costituita dalla successione dei geni di un organismo vivente. 92 erbicidi. È la famosa resistenza agli erbicidi di cui gode la maggior parte degli organismi geneticamente modificati destinati all’agricoltura, oltre alla funzione insetticida appartenente ad altre colture OGM. Per concretizzare questa idea, Jaworski lavora a capo di una equipe di trenta ricercatori, soprannominata Uphoria dagli scettici dell’azienda, i quali ritenevano bizzarra l’idea alla base di quegli studi. L’obiettivo è quello di trovare il gene che renderà le cellule vegetali immuni al Roundup. Dopo anni ed anni di ricerca, nel 1987 alcuni ingegneri hanno l’idea di frugare nella spazzatura dello stabilimento Monsanto di Luling, dove vengono prodotte tonnellate di glifosato, a circa settecento chilometri da Saint Louis. Vengono effettuati, nei terreni circostanti, prelievi al fine di raccogliere migliaia di microrganismi che potrebbero essere stati contaminati dal glifosato e che avrebbero potuto sviluppare una resistenza al principio attivo, permettendogli di sopravvivere. Dopo circa due anni di studi, venne individuato il gene capace di conferire questa resistenza168. Insieme ad esso formano la struttura genetica delle future colture Roundup Ready, il gene 35S del mosaico del cavolo169 e due pezzi di DNA provenienti dalla petunia. L’ultimo passo per la produzione della soia Roundup Ready, prodotto principale della Monsanto fra le colture OGM, fu quello di inserire la struttura genetica sopra descritta nelle cellule della soia. Per fare ciò, i ricercatori della Monsanto utilizzarono il cosiddetto “cannone genetico”, inventato da due scienziati della Cornell University. Attraverso il cannone genetico, si fissano le strutture genetiche su palline d’oro o di tungsteno microscopiche e si bombarda una coltura di cellule embrionali, immettendo, però, casualmente i geni. Questo 168
Denominato CP4 EPSPS. 169
Il CaMV (Virus del Mosaico del Cavolfiore) è usato oggi per guidare la replicazione di retrovirus introdotti nelle piante dalle multinazionali OGM per modificare il DNA delle piante, rendendole OGM. L'utilizzo di questo particolare virus è dovuto ai particolari promoters ("motori" di attivazione genetica) contenuti in esso. Il promoter CaMV è il preferito fra tutti i promoters impiegati dalle multinazionali OGM per modificare le piante, perché non è influenzato dalle diverse condizioni dei tipi di tessuto cellulare vegetale. 93 aspetto rappresenta una delle critiche mosse nei confronti degli OGM, perché non è possibile conoscere e prevedere gli effetti provocati da questa casualità, in quanto una sequenza genica funziona come un tutt’uno170, e l’inserimento di un gene in punti diversi può provocare reazioni differenti anche nella stessa cellula o negli stessi tessuti. Ad ogni modo, la Monsanto nel 1993 riuscì ad ottenere la soia geneticamente modificata, richiedendone la protezione brevettuale, permessa dall’accordo sui diritti di proprietà intellettuale e la commercializzazione l’anno successivo, aprendo la strada alla diffusione degli OGM. Già nel 2001, il 90 percento delle piante geneticamente modificate erano prodotte dalla Monsanto171. Negli Stati Uniti non ci furono problemi nel permettere la commercializzazione degli organismi geneticamente modificati. Questo per più ragioni. Innanzitutto, per l’introduzione degli organismi geneticamente modificati sul mercato statunitense fu molto importante la presenza alla Casa Bianca di Ronald Reagan, prima, e George H.W.Bush, poi172. Entrambi i presidenti degli Stati Uniti fecero della “deregolamentazione” il loro credo durante i loro mandati, per poter “liberare le forze del mercato”, diminuendo il controllo statale in tutti i settori. Questa ventata liberista mira ad eliminare tutti quei lacci burocratici che impedirebbero lo sviluppo, fra cui, considerati come un ostacolo, anche i test sanitari e ambientali voluti dalle agenzie di regolamentazione per la commercializzazione di nuovi prodotti. Il ruolo di queste agenzie, come vedremo in seguito, fu determinante per l’approvazione e la commercializzazione degli OGM; negli Stati Uniti esistono per gli alimenti ed i farmaci la Food and Drug Administration (FDA), per i pesticidi l’Environmental Protection Agency (EPA) e 170
Dulbecco Renato (2005), La mappa della vita, Milano: Sperling & Kupfer. 171
Werner‐Lobo Klaus (2008), Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere, Roma: Newton Compton editori. 172
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 94 per le piante agricole il Department of Agricolture degli Stati Uniti d’America (USDA). Bisogna sottolineare il fatto che in questo periodo storico (fine anni Ottanta, primi anni Novanta) la lotta economica tra Stati Uniti, Giappone ed Unione europea si fondava in buona parte sulle nuove tecnologie, fra cui la biotecnologia. Così, il 26 giugno 1986, l’amministrazione Reagan promulgò una direttiva dal titolo “Quadro per la regolamentazione della biotecnologia” , la quale prevedeva che i prodotti provenienti dalle biotecnologie fossero regolamentati nell’ambito delle leggi già esistenti, considerando, nello specifico, gli OGM attraverso il regime di approvazione dei prodotti non transgenici. Questa regolamentazione afferma il principio di equivalenza sostanziale, di cui abbiamo già parlato nei capitoli precedenti. Secondo tale principio, nel caso degli OGM, i prodotti transgenici sono considerati sostanzialmente simili a quelli tradizionali. Viene da chiedersi, a questo punto, perché allora si possano brevettare dei prodotti sostanzialmente equivalenti a quelli tradizionali, non rappresentando, dunque, nulla di nuovo dal punto di vista del prodotto in sé, se pur con un’innovazione nel metodo. Come affermato da Michael Hansen, del Consumer Policy Institute, sul principio di sostanziale equivalenza :«È un alibi senza fondamento scientifico, creato dal nulla per evitare che gli OGM siano considerati additivi alimentari, e permettendo così alle aziende biotecnologiche di evitare i test tossicologici previsti dal Food and Drug and Cosmetic Act, ma anche l’etichettatura dei prodotti». A conferma di ciò, è molto interessante anche un’intervista fatta a James H.Maryanski, microbiologo ex coordinatore delle biotecnologie alla FDA, in cui alla domanda della giornalista francese Marie‐Monique Robin :«La decisione di non sottoporre gli OGM a un regime specifico non si basava su dati scientifici, ma era solo politica?», rispose :«Sì, era una decisione politica, che 95 riguardava molti campi, non solo l’alimentazione. Si applicava a tutti i prodotti della biotecnologia». L’appoggio della Casa Bianca alle biotecnologie e, quindi, agli OGM, era totale e rispecchiava in pieno le strategie della Monsanto, come testimoniato da un documento segreto pubblicato dal New York Times, in cui i dirigenti della multinazionale affermavano come obiettivi prioritari :«Creare un supporto per le biotecnologie ai livelli più alti della regolamentazione americana, negli Stati maggiori, repubblicani e democratici, entro le presidenziali del 1988»173. Inoltre, la Monsanto finanziò, in maniera del tutto legale, diverse volte le campagne elettorali dei grandi partiti. Stando ai dati della Commissione federale elettorale, nel 1994 l’azienda versò duecentosessantottomila dollari suddivisi equamente tra democratici e repubblicani. Nel 1998 circa duecentomila dollari, di cui due terzi ai repubblicani, fino ad arrivare, due anni dopo, al finanziamento del partito repubblicano per la cifra di novecentocinquantamila dollari. Nel 2002, la Monsanto contribuì con trecentoventimila dollari alla campagna elettorale del partito democratico, e con oltre un milione di dollari a quella del partito repubblicano174. L’attività di lobby della Monsanto si manifesta anche durante la campagna elettorale di Bill Clinton, dimostrando il carattere trasversale della multinazionale di Saint Louis, che non disdegna l’appoggio indiscriminato a democratici e repubblicani175. Infine, di grande importanza nell’ottenimento dei propri scopi, c’è il meccanismo delle “porte girevoli”, rappresentato dal reclutamento di funzionari del settore privato da parte di agenzie governative e viceversa. Per fare alcuni esempi che interessano la Monsanto: Ann Venneman dirigeva la Calgene (appartenente alla Monsanto) prima di diventare segretario all’Agricoltura; Donald Rumsfeld era 173
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 174
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 175
Celli Giorgio, Marmiroli Nelson e Verga Ivan (2000), I semi della discordia, Milano: Edizioni Ambiente. 96 amministratore delegato della Searle (divisione della Monsanto) prima di essere nominato segretario alla Difesa; Clarence Thomas, avvocato dell’azienda, fu nominato giudice della Corte Suprema; Linda Fisher fu nominata vicepresidente della Monsanto dopo aver lavorato per anni all’EPA; Michael Friedman, ex numero due dell’EPA, entrò nel consiglio d’amministrazione della multinazionale di Saint Louis; Margaret Miller passò dai laboratori della Monsanto alla FDA, mentre Robert Fraley, uno degli inventori della soia Roundup Ready, fu nominato consulente dell’USDA176. L’elenco potrebbe continuare. Tutto ciò spiega come, nonostante molti pareri discordanti all’interno della FDA sul considerare gli OGM simili ai prodotti tradizionali e, quindi, non suscettibili a ulteriori test di sicurezza, la regolamentazione estremamente favorevole alle multinazionali biotecnologiche non ebbe difficoltà nell’imporsi negli Stati Uniti. Un documento redatto dalla divisione di chimica e tecnologia alimentare della FDA affermava in riferimento alla tecnica di manipolazione genetica degli alimenti :«Un livello anomalo di sostanze tossiche che si riproducono naturalmente, la comparsa di sostanze tossiche non identificate, la maggiore capacità di accumulare sostanze provenienti dall’ambiente (come pesticidi o metalli pesanti) ed un’alterazione non desiderabile dei livelli di nutrienti». Non c’era, dunque, all’interno della FDA, un grande consenso alla regolamentazione della direttiva redatta dall’amministrazione Reagan, in materia di OGM. Fra l’altro, da un sondaggio pubblicato su The Los Angeles Times il 1° luglio 2001, più dell’80 percento degli americani avrebbe preferito l’etichettatura dei prodotti transgenici, non prevista dalla direttiva. Del resto, molti dubbi derivano anche dalle modalità con cui, nel nostro caso, la Monsanto effettua i test sugli OGM da fornire alle agenzie di regolamentazione per provarne la mancanza di effetti tossici sull’organismo. Infatti, per misurare la 176
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 97 tossicità ed il potenziale allergico delle proteine prodotte nella pianta dal gene inserito, la Monsanto e le aziende biotecnologiche in genere non usano le proteine così come si esprimono nella pianta manipolata, ma quelle proteine esistenti nel batterio d’origine, cioè prima che il gene prodotto da quest’ultimo vi sia trasferito. In virtù di tali rischi, come già descritto più volte all’interno del nostro lavoro, in Europa, i problemi della Monsanto nel tentativo di imporre e diffondere gli OGM sono, invece, molteplici, come testimoniato da diversi eventi anche piuttosto recenti. Il 4 aprile del 2013, quindi pochi mesi fa, il governo italiano ha avanzato alla Commissione Europea la richiesta di sospendere le autorizzazioni alla messa in coltura di sementi di mais OGM Mon810 nel nostro Paese e nell'Ue, affinché la stessa Commissione effettui una nuova valutazione completa su questo tipo di mais modificato alla luce delle ultime linee guida, e definisca adeguate misure di gestione che dovrebbero essere rese obbligatorie per tutti gli utilizzatori di tali OGM177. Difficoltà ancora maggiori, per la Monsanto, in Francia, dove il 14 febbraio 2012 viene condannata al pagamento di un indennizzo a beneficio di un coltivatore francese, Paul Francis, che si è ammalato a causa del Lasso, un erbicida prodotto dalla regina dalla Monsanto. La condanna è stata inflitta per «Non aver informato in etichetta circa l’esatta composizione dell’erbicida, il rischio di una eventuale inalazione e l’obbligo ad indossare sempre una maschera protettiva»178. Inoltre il governo francese ha attaccato la Monsanto anche per gli effetti degli OGM, ed in particolare di quelli del mais geneticamente modificato MON810 che non sembra si limiti a minacciare la biodiversità delle 177
OGM, schiaffo alla Monsanto: l’Italia chiede all’Ue la sospensione della coltivazione del mais Mon810 (4 aprile 2013), www.greenreport.it 178
Graziadei Alessandro (2012), Francia: la Monsanto lascia Parigi per il clima “velenoso” (quasi come i suoi pesticidi), www.unimondo.org 98 colture, ma pare provochi “rischi significativi per l'ambiente e la salute”, come affermato dal ministero dell'Ambiente francese. Ad ogni modo, la Monsanto ha annunciato che intende lasciare la Francia e l’Europa «Per il clima di accesa opposizione da parte dell'opinione pubblica francese verso l'introduzione degli OGM». Riportando le parole di Carlo Petrini :«Nelle campagne del mondo ci vogliono uomini, non multinazionali. Il cibo deve essere prodotto per essere mangiato, e non solo per essere venduto. Ne va della sovranità alimentare dei popoli. Ne va della nostra libertà». Non tutti i Paesi sono ostili agli OGM e spesso accettano o subiscono le politiche di multinazionali come la Monsanto. I consumatori di OGM aumentano, a livello globale, con il passare degli anni, all’aumentare delle ambizioni dell’azienda di Saint Louis. Infatti, gli obiettivi della multinazionale agrochimica vanno aldilà dei confini statunitensi, mirando soprattutto ai paesi in via di sviluppo, con particolare attenzione all’America Latina e all’India. 5.3 La Monsanto alla conquista del mondo La stessa multinazionale che è stata protagonista della produzione di PCB, dell’agente arancio, dell’ormone della carne bovina, del DDT e di prodotti la cui tossicità è stata dimostrata (come descritto nei paragrafi precedenti), da diversi decenni si occupa di agricoltura e di alimentazione in tutto il mondo, proponendosi come un’azienda al fianco dei consumatori e degli agricoltori, come si legge anche sul sito ufficiale della Monsanto “A sustainable Agriculture Company”179! 179
www.monsanto.com 99 La soia Roundup Ready rappresenta il principale veicolo attraverso il quale la Monsanto può partire alla “conquista” di nuove aree geografiche da utilizzare per i propri interesse commerciali legati agli OGM. Riprendendo le parole di Giorgio Celli, nel libro “I semi della discordia”, con la nascita della soia transgenica, resistente all’erbicida Roundup Ready, la Monsanto ha concentrato e riassunto tutte le potenzialità di business che l’industria agrochimica può includere in un unico prodotto180. Quando la soia transgenica della Monsanto fa irruzione sul mercato, riscontra subito un grande successo fra gli agricoltori. Come affermato da un agricoltore dell’Iowa, John Hofman :«Prima di usare la tecnica Roundup Ready, dovevo trattare il terreno per preparare la semina. Poi dovevo applicare più di un erbicida selettivo per liberarmi dalle erbe infestanti nel corso della stagione. Prima del raccolto dovevo ispezionare i campi per togliere le ultime erbacce a mano. Adesso non li tratto più: dopo avere sparso il Roundup una prima volta, semino direttamente nei residui del raccolto precedente. Si chiama “semina diretta” e permette di ridurre l’erosione del suolo. Poi, a metà stagione, faccio una seconda applicazione di Roundup e normalmente basta fino a fine raccolto. Il sistema Roundup Ready mi permette di risparmiare tempo e denaro»181. I principali produttori di sementi americani richiedono subito grandi quantitativi di soia Roundup Ready all’azienda di Saint Louis, la quale chiederà alle aziende di sementi di sottoscrivere una licenza che permetterà alla Monsanto di incassare i diritti su ogni seme venduto. Dal 1996, l’allora amministratore delegato Robert Shapiro182, cambiò strategia: cominciò ad attuare una dispendiosa politica di acquisizioni delle aziende produttrici di sementi, in quanto convinto che, per garantire il massimo vantaggio dagli OGM, 180
Celli Giorgio, Marmiroli Nelson e Verga Ivan (2000), I semi della discordia, Milano: Edizioni Ambiente. 181
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 182
Avvocato, Robert Shapiro diresse la Monsanto dal 1995 al 2001. Fu soprannominato ”evangelista della biotecnologia” e “guru della Monsanto”, per i suoi modi di comunicare con i media in merito agli OGM ed alle biotecnologie e per aver rivoluzionato le strategie della Monsanto. 100 bisognasse dominare anche il mercato delle sementi. Così la Monsanto acquisisce la Holden’s Foundation Seeds, con un’ottima posizione nel mercato statunitense del mais; l’Asgrow Agronomics, principale selezionatore di soia negli USA; la Dekalb Genetics, seconda azienda di sementi americana e la nona al mondo, e molte altre aziende183 detentrici di grandi fette di mercato nel settore agricolo e delle sementi. La Monsanto oggi controlla larga parte dell’industria sementiera184. La Monsanto comincia così la propria espansione commerciale nel tentativo di imporre sul mercato i propri prodotti OGM, i quali sono strettamente collegati all’utilizzo degli erbicidi prodotti dall’azienda stessa. Nel caso della soia Roundup Ready, ad esempio, la pianta risulterà resistente solo ed esclusivamente alle irrorazioni di erbicida Roundup, vendendo sul mercato due prodotti contemporaneamente, a beneficio esclusivo della Monsanto. Obiettivi privilegiati sono certamente alcuni paesi dell’America Latina (Messico, Argentina, Brasile e Paraguay) e l’India. Il simbolo della diffusione della soia transgenica è senza dubbio l’Argentina, con i suoi quattordici milioni di ettari di terre coltivate con soia transgenica e con una produzione di trentasette milioni di tonnellate di raccolto, la maggior parte del quale destinato all’esportazione. Come per gli Stati Uniti, anche in Argentina il clima politico nei primi anni Novanta favorì certamente la realizzazione degli obiettivi della Monsanto. Al governo, infatti, c’era Carlos Menem, promotore della deregolamentazione, delle privatizzazioni e dell’apertura nei confronti dei capitali esteri, e di conseguenza delle multinazionali. Altra analogia rispetto agli USA, è il ruolo della CONABIA, cioè della Commissione nazionale di consiglio della biotecnologia 183
Corn States Hybrid Services (mais), Plant Breeding International (grano), Unilever (grano), Sementes Agroceres (mais), Monsoy (soia), Mayco (cotone), Sensako (grano,mais,cotone), Cargill (primo commerciante di sementi al mondo). 184
Shiva Vandana (2001), Vacche sacre e mucche pazze. Il furto delle riserve alimentari globali, Roma: DeriveApprodi srl. 101 agricola, costituita da Carlos Menem, e indirizzata verso la diffusione e l’appoggio alle colture geneticamente modificate. La soia transgenica comincia a conquistare il territorio argentino a partire dal 1994, a ritmi vertiginosi che arrivano fino a tre milioni di ettari all’anno. La pampa è certamente l’area che oggi rappresenta al meglio questa escalation. Questa pianura rappresenta da sola il 20 percento del territorio nazionale con ben seicentocinquantamila chilometri quadrati di superficie. Qui, prima dell’avvento degli OGM, si coltivavano mais, grano, sorgo, arachidi, girasole, frutta e verdura di vario genere, oltre ad una produzione molto consistente di latte, tanto da far valere a quest’area la definizione di “bacino del latte”. Negli anni Novanta, però, molti contadini si trovarono di fronte al problema dell’erosione del suolo, dovuto ad uno sfruttamento intensivo della pianura della pampa. In questo contesto, arrivò la soia Roundup Ready, che, inizialmente, dava rendimenti elevati, a fronte di minori spese di produzione e minor lavoro. Inoltre, per favorire la diffusione della soia transgenica, la Monsanto vendeva il kit comprensivo di sementi transgeniche e di erbicida Roundup ad un prezzo tre volte inferiore rispetto a quello applicato negli Stati Uniti. In più, nel 2001 l’Argentina si trovava in una situazione economica disastrosa e, in questo contesto, ci si affidò alla soia per risollevare l’economia, la quale, attraverso un’imposizione fiscale del 20 percento sugli oli e del 23 percento sui semi, fruttò allo Stato circa dieci miliardi di dollari185. È ovvio che questo contesto favorì moltissimo la diffusione della soia e, di conseguenza, i guadagni della Monsanto. Si passò dai trentasettemila ettari del 1971, ai sedici milioni del 2006, aprendo alla cosiddetta “soizzazione” dell’Argentina. Tutto questo, a scapito di altre colture e della biodiversità in genere, nonché a svantaggio della sicurezza alimentare di migliaia di persone. 185
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 102 Questo perché la soia, soprattutto in seguito alla crisi dovuta al virus della “mucca pazza”186, aumentò notevolmente di prezzo, in quanto furono banditi dall’Europa i mangimi di origine animale, a favore di quelli di origine vegetale. Molti agricoltori, quindi, con l’appoggio del governo e delle associazioni di categoria, si lanciarono nella coltivazione di monocolture, la quale ebbe effetti nefasti sulla società e sull’agricoltura argentine. Ben centocinquantamila contadini abbandonarono le proprie aziende agricole tra il 1991 e il 2001, dei quali centotremila dall’arrivo della soia transgenica. Come affermato da Vandana Shiva :«Le tecnologie Roundup Ready sono una aggressione diretta alla sicurezza alimentare e alla sicurezza ecologica». Inoltre, si accentuò il fenomeno della concentrazione della proprietà terriera, spesso in mano a proprietari stranieri, nonché al diffondersi dell’agrobusiness votato all’esportazioni, a scapito dell’agricoltura di sussistenza a carattere famigliare. Infatti, le coltivazioni a scopo alimentare dalla fine degli anni Novanta fino ai primi anni del Duemila, si ridussero notevolmente con un calo della produzione di latte del 27 percento, un crollo della produzione di riso quantificato nel 44 percento, una flessione della produzione di mais e di carne rispettivamente del 26 percento e del 36 percento187. Tutto ciò a danno della domanda interna, la quale venne soddisfatta, non più grazie a prodotti autoctoni, ma tramite importazioni provenienti dai Paesi industrializzati, che in tal modo poterono alleggerire il problema della sovrapproduzione alimentare. 186
L'encefalopatia spongiforme bovina (BSE, ossia Bovine Spongiform Encephalopathy) è una malattia neurologica cronica, degenerativa e irreversibile che colpisce i bovini causata da un prione, una proteina patogena conosciuta anche come "agente infettivo non convenzionale". La causa dell'insorgenza della malattia, conosciuta come “morbo della mucca pazza” fu imputata all'uso delle farine animali come supplemento proteico nell'alimentazione dei bovini: nel Regno Unito infatti, le norme sul trattamento ad alta temperatura dei sottoprodotti erano molto meno restrittive rispetto ad altri Paesi. Otto anni dopo la comunità europea ha messo al bando definitivamente questa pratica evitando, in questo modo, il riciclaggio dell'agente infettante attraverso l'utilizzo di carcasse di bovini malati nella produzione di farine di carne ed ossa destinate all'alimentazione animale. 187
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 103 Ma altri problemi legati alla soia transgenica non tardano ad arrivare. Ben presto, infatti gli agricoltori si trovano dinanzi ad un problema: la resistenza delle erbe infestanti al glifosato. L’uso esclusivo del Roundup, infatti, richiesto dalla coltivazione della soia transgenica della Monsanto resistente esclusivamente al proprio erbicida, ha provocato lo sviluppo di una tolleranza da parte delle erbacce. Per far fronte a ciò, gli agricoltori argentini dovettero aumentare le dosi di Roundup, con un conseguente aumento della spesa per erbicidi. Questo uso intensivo del Roundup provoca un altro problema molto grave e cioè quello della sterilità del terreno. Infatti l’erbicida “totale”, come viene definito il Roundup, va a colpire anche i microrganismi e la flora microbica presenti nel terreno, i quali sono fondamentali per la fertilità del suolo. Gli effetti tanto pubblicizzati dalla Monsanto appaiono quindi, nella migliore delle ipotesi, temporanei e, nel lungo periodo, controproducenti. L’utilizzo consistente di Roundup presenta, inoltre, un’altra problematica in riferimento alla salute dei cittadini, in particolare di chi abita vicino ai campi di coltivazione della soia, che, ormai, sono molto diffusi in Argentina. Le rassicurazioni della Monsanto in merito alla biodegradabilità del Roundup hanno fatto sì che le istituzioni pubbliche non prendessero alcuna precauzione in materia ambientale e sanitaria. Come afferma l’ex ministro argentino dell’agricoltura Miguel Campos :«Il Roundup è l’erbicida meno tossico che esista». Molti medici argentini, però, non sono d’accordo con questa linea. Uno fra tutti, è Dario Gianfelici il quale afferma chiaramente :«Con molti colleghi abbiamo constatato un aumento significativo delle anomalie nella fecondità, come aborti o morti fetali premature, disfunzioni della tiroide e dell’apparato respiratorio, come gli edemi polmonari, oppure renali o endocrine, e malattie epatiche e dermatologiche o problemi oculari gravi. Molto preoccupanti sono anche gli effetti che possono avere i residui di Roundup ingeriti dai consumatori 104 di soia. Si contata una quantità significativa di criptorchidie e ipospadie188 nei giovani maschi, oltre a disfunzioni ormonali nella ragazze, alcune delle quali hanno le mestruazioni dall’età di tre anni…»189. Inoltre, il Consiglio nazionale di coordinamento delle politiche sociali (CNCPS) afferma che è sconsigliato sostituire il latte di origine bovina con quello di soia, in quanto quest’ultimo è meno ricco di calcio e impedisce un corretto assorbimento dei metalli come ferro e zinco per la presenza massiccia di fitati190, aumentando il rischio di anemia. In più, il consumo di soia non è indicato per i bambini al di sotto dei cinque anni, in quanto essa contiene grandi quantità di isoflavoni191, i quali potrebbero arrecare seri squilibri ormonali negli organismi in pieno sviluppo. In tutta l’Argentina aumentano i casi di rischio sanitario e di persone, soprattutto della abitazioni nei pressi dei campi, che vengono irrorate mentre passano per strada (perché le colture di soia arrivano fino al ciglio della strada) o colpite dai mosquitos, i macchinari che spruzzano erbicida attraverso lunghe braccia meccaniche a forma di ali, da cui il soprannome “zanzare”. A Rosario, un giudice ha aperto un’istruttoria in virtù delle accuse di una coppia, la cui abitazione è circondata da campi di soia transgenica. Il loro figlio, Axel, è nato senza l’alluce sinistro e con gravi problemi ai testicoli ed ai reni. A Cordoba, le madri del quartiere di Ituzaingo hanno avviato un’azione collettiva per far cessare le irrorazioni nei campi circostanti, dopo avere rilevato un tasso anomalo di tumori soprattutto nei bambini e nelle giovani donne. Frequenti sono anche, secondo il dottor Luis Castellan, i casi di arrossamento agli occhi, vampate di calore, secchezza della gola, macchie sul viso e sul busto, violenti mal di testa e nausea. Del resto, molti problemi sono riscontrabili anche in altri 188
La criptorchidia è una malformazione congenita caratterizzata dall’assenza dei testicoli nello scroto (testicoli non discesi); l’ipospadia è invece una malformazione dell’uretra (che non arriva alla fine del pene). 189
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 190
Composti fosfati che si legano ai metalli e ne impediscono l’assorbimento nell’intestino. 191
Gli isoflavoni sono simili agli estrogeni femminili. 105 prodotti OGM, come il mais MON 863, che provocherebbe danni a reni e fegato, secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Archives of Environmental Contamination and Toxicology192. Anche in Paraguay che, insieme al Brasile e all’Argentina, rappresenta la cosiddetta “repubblica unita della soia”, sono molto diffusi i problemi sociali e sanitari dovuti alle colture OGM ed all’utilizzo massiccio di erbicidi. Secondo il sociologo Tomas Palau :«Questa espansione vertiginosa, che avviene a scapito soprattutto dei piccoli contadini, rappresenta ben più di semplice un fenomeno agricolo. Esso è anche un vero e proprio progetto politico egemonico. Oggi la Monsanto controlla la politica agroalimentare di Brasile, Argentina, Paraguay e Bolivia, ed il suo potere supera di gran lunga quello dei governi nazionali». Ai danni sociali, come l’abbandono delle campagne da parte di centomila agricoltori in Paraguay, si aggiungono quelli sanitari, come il caso di Silvino, il bambino paraguayano morto nel 2003 in seguito a due irrorazioni di Roundup nei pressi della sua abitazione. Nel caso del Paraguay, il Paese sudamericano è passato da un bilancio agricolo in positivo, ad uno in negativo, in quanto oggi le importazioni hanno superato le esportazioni. La sicurezza alimentare ne viene minacciata perché si produce meno per se stessi e con minore biodiversità, a danno della maggior parte della popolazione. Illuminanti sono le parole di Walter Pengue, agronomo argentino e grande esperto di soia transgenica :«Il modello transgenico è l’ultimo flagello dell’agricoltura industriale. È l’ultimo anello di un sistema di produzione intensivo, fondato su un pacchetto tecnologico che comprende non solo le sementi e gli erbicidi, ma anche altri prodotti delle multinazionali come insetticidi e concimi, senza i quali non esiste rendimento. Questo modello mira 192
Greenpeace (2007), Monsanto, un segnale di tossicità. Scandalo nel mondo biotech: il MON863, autorizzato dall’Ue, mostra segni di tossicità per gli organi interni, www.greenpeace.org 106 unicamente ad approvvigionare di foraggio a basso prezzo i grandi allevamenti industriali dei Paesi del Nord, e comporta lo sviluppo di monocolture che minacciano la sicurezza alimentare dei Paesi del Sud. L’agricoltura transgenica sfocia nella biouniformità. La soia convenzionale e biologica è praticamente scomparsa. Inoltre, se la metà delle terre di un paese sono coltivate con una sola varietà, si apre la strada a flagelli naturali in grado di annientare tutta la produzione agricola. Penso che la Monsanto cerchi di controllare gli alimenti prodotti nel mondo. Perciò deve mettere mano prima alle sementi, poi della trasformazione, dei supermercati ed, infine, controlla tutta la catena alimentare. Le sementi sono il primo anello della catena alimentare: chi la gestisce controlla l’offerta di cibo, e quindi l’uomo…»193. 193
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Il Mulino. 107 Conclusioni La nascita del WTO ha avuto ripercussioni molto significative a livello globale. Ad essa sono legate le problematiche riguardanti la biopirateria, la diffusione degli OGM ed la sicurezza alimentare. Viviamo in un’epoca di dittatura alimentare in cui poche multinazionali controllano buona parte dell’offerta alimentare assoggettandola alla massimizzazione del profitto194. Secondo un rapporto dell’ONU, pubblicato nel giugno del 2000 :«La maggior parte del commercio mondiale è controllato da potenti aziende transnazionali. In un contesto simile la nozione di libero scambio sottostante alle regole dell’organizzazione mondiale del commercio è un inganno. Il risultato è che per certi gruppi dell’umanità, in particolare per i Paesi in via di sviluppo del Sud del mondo, il WTO rappresenta un vero e proprio incubo»195. Non mancano, infatti, a livello globale le proteste e le ribellioni contro questo sistema. Nel novembre del 1998, i produttori agricoli dell’Andhra Pradesh e del Karnataka, in India, spiantarono e bruciarono il cotone Bollgard della Monsanto. Nello stesso anno, in Gran Bretagna, il movimento Genetix Snowball ha rimosso i prodotti geneticamente modificati dai luoghi di sperimentazione. In Irlanda, il Garlic Earth Liberation Front ha distrutto un campo di barbabietole OGM, mentre in Francia, gli agricoltori della Confederation Paysanne hanno bruciato i semi geneticamente modificati della Novartis. Nel 1999, il movimento “Monsanto fuori dall’India”, ha avviato una campagna per sensibilizzare la popolazione sull’operato della multinazionale americana, facendo pervenire preziose 194
Shiva Vandana (2001), Vacche sacre e mucche pazze. Il furto delle riserve alimentari globali, Roma: DeriveApprodi srl. 195
Robin Marie‐Monique (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Arianna Editrice. 108 informazioni ai giornali ed ai media nazionali sulla Monsanto, affinchè potessero arrivare all’opinione pubblica. Le proteste furono moltissime e sfociarono nella manifestazione contro il WTO a Seattle. La riunione della Conferenza ministeriale dell’organizzazione mondiale del commercio si riunì nel dicembre del 1999 a Seattle per lanciare un nuovo round di negoziati tra i vari Paesi membri: il Millenium Round. Il Round rappresentò un grande fallimento per l’organizzazione mondiale del commercio, in quanto non si riuscirono a portare avanti le istanze dei vari Paesi per alcuni motivi molto significativi. Oltre alle posizioni differenti di Stati Uniti ed Europa, soprattutto riguardo all’agricoltura, ed all’opposizione di molti Paesi in via di sviluppo alla liberalizzazione in nuovi settori, fu determinante per il fallimento della Conferenza di Seattle la nascita, per la prima volta dall’istituzione del WTO, di un movimento internazionale contro le politiche neoliberiste dell’organizzazione mondiale del commercio196. L’opinione pubblica cominciò ad acquisire la consapevolezza delle ripercussioni della liberalizzazione del commercio mondiale sulla vita quotidiana di ciascun individuo. Al centro delle proteste di Seattle c’era il coinvolgimento dell’agricoltura nel progetto di liberalizzazione, esponendo un settore fondamentale per la vita di tutti alle sole logiche del profitto. Inoltre, uno dei gruppi protagonisti della protesta, “Friends of the Earth International” chiedeva a gran voce l’adeguata verifica degli impatti economici, sociali ed ambientali, il particolare per i Paesi del Sud, prima di organizzare nuovi round negoziali. Circa cinquantamila persone protestarono per quattro giorni a Seattle per impedire l’accelerazione e l’espansione del processo neoliberista. Queste persone, secondo Vandana Shiva :«Non agivano per ignoranza e paura. Erano semplicemente indignati, perché consapevoli che il WTO è antidemocratico, che il suo impatto sociale ed ecologico è distruttivo, e che le sue regole sono dettate 196
Rigacci Claudio (2007), Prima e dopo Seattle, Milano: Franco Angeli Editore. 109 dall’obbiettivo di rafforzare il controllo delle multinazionali su ogni aspetto della nostra vita; cibo, salute, ambiente, lavoro, persino il nostro futuro»197. 197
Shiva Vandana (2001), Vacche sacre e mucche pazze. Il furto delle riserve alimentari globali, Roma: DeriveApprodi srl. 110 Bibliografia Buiatti M. (2007), La biodiversità, Bologna: Il Mulino. Celli G., Marmiroli N. e Verga I. (2000), I semi della discordia, Milano: Edizioni Ambiente. Di Sisto M., Zoratti A. e Bosio R. (2005), WTO. Dalla dittatura del mercato alla democrazia mondiale, Bologna: EMI. Dulbecco R. (2005), La mappa della vita, Milano: Sperling & Kupfer. Fabbri F. (2002), OGM per tutti. Produzione e rilascio nell’ambiente di “Organismi geneticamente manipolati”, Milano: Jaca Book. Ghidini G. e Cavani G. (2007), Brevetti e biotecnologie, Roma: Luiss University Press. Giovannetti M. (2001), Potenzialità e rischi ambientali degli organismi geneticamente modificati: scienziati a confronto, Pisa: Edizioni Plus. Giovannetti M. (2006), Impatto delle piante geneticamente modificate sui microrganismi del suolo, Pisa: Il Ponte. Giovannetti M. (1999), Piante transgeniche, ecosistemi e geni della morte, Pisa: Il Ponte. Giovannetti M. (2003), La rivoluzione biotecnologica in agricoltura: il potere dei monopoli sul cibo, Pisa: Il Ponte. Graziadei A. (2012), OGM sì, OGM no? L’ultima controversa e contestata ricerca, www.unimondo.org Graziadei A. (2012), Francia: la Monsanto lascia Parigi per il clima “velenoso” (quasi come i suoi pesticidi), www.unimondo.org Greenpeace (2007), Il fallimento del sistema autorizzativo degli OGM. Il caso del MON863, www.greenpeace.org 111 Greenpeace (2010), Nuove evidenze di rischi alla salute associati al mais OGM, www.greenpeace.org Greenpeace (2007), Monsanto, un segnale di tossicità. Scandalo nel mondo biotech: il MON863, autorizzato dall’Ue, mostra segni di tossicità per gli organi interni, www.greenpeace.org Guerrieri P. (2003), Libero scambio e regole multilaterali, Bologna: Il Mulino. Guerrieri P. e Salvatici L. (2008), Il Doha Round e il WTO, Bologna: Il Mulino. Jona L. (2011), Brevetti sul cibo, Mira Shiva “È una questione di vita o di morte”, www.ilcambiamento.it Magni A. (2008), Brevettabilità e biodiversità, Napoli: Edizioni scientifiche italiane. Martinelli L. (2012), Studio OGM. La comunità scientifica scettica. La Francia pronta a proibirli, www.ilfattoquotidiano.it Massai R. e Gimelli F. (2010), Brevettare la vita?, Pisa: Edizioni ETS. Meregalli R. (2002), TRIPs prima e dopo Doha, www.retelilliput.org Parenti A. (2007), Il WTO, Bologna: Il Mulino. Rifkin J. (1998), Il secolo biotech, Milano: Baldini Castoldi Dalai Editore. Rigacci C. (2007), Prima e dopo Seattle, Milano: Franco Angeli Editore. Robin M. (2009), Il mondo secondo Monsanto, Bologna: Arianna Editrice. Rossi L. (2003), Commercio internazionale sostenibile?, Bologna: Il Mulino. Shiva V. (1999), Biopirateria. Il saccheggio della natura e dei saperi indigeni, Napoli: Cuen. Shiva V. (2001), Vacche sacre e mucche pazze. Il furto delle riserve alimentari globali, Roma: DeriveApprodi srl. Shiva V. (2002), Il mondo sotto brevetto, Milano: Feltrinelli. 112 Shiva V. (2012), Libertà dei semi, la disobbedienza non violenta, www.unimondo.org Stiglitz E. J. (2006), La globalizzazione che funziona, Torino: Einaudi. Ue (2007), Regolamento (CE) N. 834/2007, Lussemburgo. Ue (1998), Direttiva 98/44/CE, Bruxelles. Venturini G. (2004), L’organizzazione mondiale del commercio, Milano: Giuffrè Editore. Wallach L. e Sforza M. (1999), WTO. Tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale, Milano: Feltrinelli. Werner‐Lobo K. (2008), Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere, Roma: Newton Compton Editori. Zatterin M. (2013), L’Ue getta la spugna sugli OGM, www.lastampa.it 113 Sitografia: www.wto.org www.monsanto.it www.monsanto.com www.greenpeace.org www.unimondo.org www.liberidaogm.org www.italia.attac.org www.ilfattoquotidiano.it www.larepubblica.it www.upov.int www.fao.org www.unctad.org www.retelilliput.org www.lastampa.it www.slowfood.it www.altroconsumo.it www.raistoria.rai.it www.ilsole24ore.com www.focus.it www.theecologist.org www.navdanya.org www.greenreport.it www.epo.org www.beneforte.com www.seminis.com 114