Sanità animale

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Sanità animale
Anno 9 - n. 2 - Aprile 2006
RIVISTA BIMESTRALE D’INFORMAZIONE SCIENTIFICA
a cura dell’Osservatorio Epidemiologico Veterinario della Regione Lombardia
Regione Lombardia
Direzione Generale Sanità - Servizio Veterinario
Istituto Zooprofilattico Sperimentale
della Lombardia e dell’Emilia Romagna
Osservatorio Epidemiologico Veterinario Regionale - Via Bianchi, 9 - 25124 Brescia
S
ommario
Anno 9 - n. 2 - Aprile 2006
RIVISTA BIMESTRALE D’INFORMAZIONE SCIENTIFICA
a cura dell’Osservatorio Epidemiologico Veterinario della Regione Lombardia
3
Editoriale
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Gestione di un focolaio di Leptospira
interrogans variante Pomona in
un allevamento suino da ingrasso
Regione Lombardia
Direzione Generale Sanità - Servizio Veterinario
Istituto Zooprofilattico Sperimentale
della Lombardia e dell’Emilia Romagna
Osservatorio Epidemiologico Veterinario Regionale - Via Bianchi, 9 - 25124 Brescia
di C. Nassuato, P. Cominardi, S. Tagliabue, D. Pennelli
Direttore responsabile
Cesare Bonacina
Direttore scientifico
Ezio Lodetti
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Redattore
Giorgio Zanardi
Revisione critica dei modelli predittivi dell’afta
epizootica
di G. Zanardi
Responsabile comitato redazione
Giorgio Zanardi
Comitato di redazione
M. Astuti, P. Cordioli,
M. Domenichini, P. Antoniolli,
L. Gemma, C. Genchi,
G. Gridavilla, A. Lavazza,
A. Palma, V.M. Tranquillo
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Comunicazione e formazione
Hanno collaborato a questo
numero
C. Nassuato, P. Cominardi
S. Tagliabue, D. Pennelli,
G. Zanardi
Segreteria di redazione
M. Guerini
L. Marella
Fotocomposizione e Stampa
Editrice Vannini - Gussago (BS)
Editore
Istituto Zooprofilattico
Sperimentale della Lombardia
ed Emilia Romagna
“Bruno Ubertini”
Tutti coloro che vogliono scriverci, devono indirizzare le lettere al
seguente indirizzo:
“L’OSSERVATORIO” rubrica “La posta dei lettori”,
via Bianchi, 9 - 25124 Brescia - tel. 030 2290259-235;
oppure utilizzare la posta elettronica: [email protected]
L’Osservatorio e i numeri del precedente Bollettino Epidemiologico
possono essere consultati anche sul sito web http:\\www.oevr.org
Editoriale
La leptospirosi suina, argomento con cui si apre questo numero dell’”Osservatorio”, è una malattia presente
negli allevamenti lombardi. Il monitoraggio delle zoonosi al macello (art.16 del D. L.vo n. 286/94) in Lombardia eseguito in oltre 20 macelli di suini nel quinquennio 2001-2005 ha fatto emergere 58 segnalazioni sospette di leptospirosi, poi confermate dal laboratorio, in altrettante aziende suinicole.
Il lavoro proposto è di tipo eminentemente operativo, di campo, riguardante la gestione di un focolaio in un
allevamento all’ingrasso nella provincia di Brescia. La collaborazione con i servizi veterinari dei distretti di
Leno (BS), Crema e Cremona, Casalpusterlengo (LO), Viadana (MN) ha consentito al centro di Referenza Nazionale per la Leptospirosi presso l’IZS di Brescia e all’OEVR di approfondire la diagnosi, acquisire ulteriori informazioni sull’allevamento problema. Lo scopo del lavoro non è solo quello di testimoniare l’esperienza
maturata, ma soprattutto di indicare ai colleghi una logica d’’interpretazione dei dati di laboratorio alla luce
della situazione sanitaria verificata in allevamento.
Il secondo articolo è una recensione di un lavoro d’insigni epidemiologi che riprende, in maniera critica, l’argomento sui modelli matematici applicati all’afta epizootica, apparso sul n. 4 del 2005.
In questo caso, gli Autori sottopongono ad una cruda analisi la realizzazione e l’applicazione dei modelli matematici durante l’epidemia nel Regno Unito del 2001, come strumento di supporto decisionale nella scelta
della politica di controllo della malattia. E’ una revisione ed un’onesta constatazione della facilità con cui ci
si possa affidare ai risultati di modellizzazioni matematiche di previsione, il cui funzionamento dipende sempre e comunque dalla scelta dei parametri da imputare nel modello. Il risultato è che, come sempre, anche con
sistemi sofisticati, la gestione dell’incertezza del futuro va guidata da veterinari esperti, sulla base delle evidenze di campo (epidemiologia tradizionale). Con questo non si vuole dis-conoscere l’utilità di questi strumenti, ma solo puntualizzare che vanno validati prima del loro utilizzo, alla luce delle conoscenze e delle esperienze passate, soprattutto quando si decide di percorrere nuove politiche di controllo della malattia. La plausibilità di una strategia e il suo successo dipendono dalla tempestività con cui si prende una decisione. Prenderla in corso d’epidemia, senza il supporto di modelli di simulazione valutati in “tempo di pace”, si è dimostrato, con il senno di poi, controproducente.
G. Zanardi
L’OSSERVATORIO
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Gestione di un focolaio da Leptospira interrogans
sierovariante Pomona in un allevamento suino
da ingrasso
C. Nassuato1, P. Cominardi2, S. Tagliabue3, D. Pennelli3
Introduzione
La leptospirosi è una zoonosi inserita nella lista delle
malattie da notificare all’Office International des Epizooties (O.I.E.), contemplata nel Regolamento di Polizia
Veterinaria (DPR 320/54) e soggetta a denuncia. In caso
di sintomatologia e riscontro sierologico positivo o in caso di isolamento, è prevista la dichiarazione di apertura
di focolaio e la messa in atto di misure finalizzate alla riduzione della circolazione e della diffusione di Leptospira (OM 26/03/1970 e OM 04/09/1985).
Al di là degli obblighi di legge, per quanto riguarda
l’allevamento suino, la leptospirosi va contrastata poiché è causa di danni economici dovuti alla diminuzione della produttività ed all’alterazione dell’attività riproduttiva delle scrofe. Quando si parla di leptospirosi
suina si fa fondamentalmente riferimento alle sierovarianti Pomona e Tarassovi, di cui i suini sono tradizionalmente considerati specie serbatoio. Tuttavia è di notevole interesse il diffuso riscontro sierologico, pur in
assenza di isolamento, della sierovariante Bratislava.
L’aborto costituisce l’unica manifestazione evidente
della forma clinica. Esso si verifica durante la seconda
metà della gestazione, con massima frequenza tra il 90°
e il 100° giorno e sembra essere conseguenza di una
prima infezione verificatasi a gravidanza inoltrata. Dopo il primo contatto, infatti, si instaura una valida copertura immunitaria che protegge la scrofa da un’eventuale re-infezione da parte della medesima sierovariante. Non esiste, invece, protezione crociata nei confronti di altre sierovarianti. L’infezione può esitare anche in
parti prematuri, nascita di soggetti disvitali, mortinatalità ed in episodi di ipofertilità con frequenti ritorni in
calore, disturbi del ciclo e talora in ipoplasia di utero ed
ovaie. Nei soggetti giovani sono possibili manifestazioni di natura neurologica e gastroenterica che, non
soltanto hanno una prognosi decisamente fausta e rapida, ma soprattutto vengono a confondersi e sovrapporsi con le comuni forme enteriche dei primi periodi di
vita. L’introduzione dell’infezione da leptospirosi in un
allevamento suino indenne va in genere imputata all’ingresso di un soggetto asintomatico, ma infetto ed attivo escretore. Suini infetti possono eliminare enormi
quantità di leptospire nelle urine fino ad un anno dopo
l’instaurarsi dell’infezione e, nel caso specifico della
sierovariante Bratislava, caratterizzata da un’eliminazione urinaria di entità più contenuta, possono alberga-
Sanità animale
re la spirocheta nel tratto genitale per lunghi periodi.
Nelle urine di suino possono essere presenti fino a 2 x
108 leptospire /ml (sierovariante Pomona). L’infezione,
una volta entrata in allevamento, diffonde con estrema
facilità soprattutto tra i grassi. Il contagio avviene per
via diretta tramite il contatto dell’animale sano con urine infette oppure per via indiretta tramite la contaminazione ambientale da parte delle urine, acqua di bevanda e alimento contaminati. Ai fini dell’efficienza del
contagio, risultano evidentemente determinanti quelle
condizioni di stabulazione che favoriscono un contatto
diretto stretto e continuativo fra gli animali. Tuttavia va
ricordato che l’ingresso in allevamento dell’infezione
può avvenire, sebbene con minore probabilità, per via
venerea, per contatto con altri animali domestici come
bovini infetti o ad opera di selvatici, che possono infettarsi con Pomona e costituire fonte di infezione per gli
animali domestici.
Descrizione del caso
Il 15 luglio 2005 un allevamento da ingrasso di Verolavecchia, in provincia di Brescia, è stato sottoposto a
sequestro sanitario, a seguito della comunicazione di
isolamento di Leptospira interrogans sierovariante Pomona (sierogruppo Pomona) in reni suini con nefrite
interstiziale, inviati al macello nel marzo 2005. L’azienda, al momento del sequestro, contava 1.770 capi
tra magroni e grassi. L’indagine epidemiologica ha
permesso di raccogliere diverse informazioni utili.
L’allevamento risultava costituito da 6 capannoni distribuiti su un’unica linea, il primo dei quali, ubicato
all’estremità opposta rispetto all’ingresso dell’allevamento, fungeva da capannone per la ricezione dei suinetti. L’azienda era completamente recintata. Adiacente alla recinzione, su un lato dell’azienda, scorreva una
roggia; non vi erano altri corsi d’acqua in prossimità
dell’allevamento. In allevamento non erano allevate
altre specie da reddito, ma un cane di proprietà poteva
avere libero accesso ai capannoni. A circa 300 metri di
distanza in linea d’aria era presente un allevamento
bovino. I capannoni non erano protetti dall’ingresso di
volatili o animali selvatici.
Gli animali di nuova introduzione non venivano assoggettati a quarantena né venivano testati sierologicamente, per verificarne l’eventuale stato di portatorieliminatori di Leptospira. L’allevamento non praticava
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L’OSSERVATORIO
mai il tutto pieno-tutto vuoto. In genere svuotava
esclusivamente il secondo capannone, ma il rimescolamento degli animali effettuato prima rendeva inutile
questa pratica. Non esisteva un flusso unidirezionale:
il primo ed il secondo capannone costituivano uno dei
punti critici in cui l’infezione si era diffusa in allevamento, poiché la gestione prevedeva la raccolta e il rimescolamento degli animali di partite di diversa provenienza. Non era prevista una zona di isolamento per
il recupero degli scarti o degli animali ammalati. Spesso, invece, i capannoni 3 e 4 venivano impiegati come
zona atta al loro recupero. Il proprietario dichiarava di
effettuare pulizie periodiche dei capannoni con idropulitrice impiegata a freddo e di sottoporli a disinfezioni periodiche con glutaraldeide. I capannoni erano
strutture monofalda dotati di pavimentazione piena interna, con parchetto esterno su grigliato; il 3° ed il 4°
capannone erano dotati anche di pavimentazione interna parzialmente su grigliato. Sotto i capannoni era disposta un’unica fossa comune, dalla quale i liquami
venivano poi inviati mediante pompaggio alla cisterna
di stoccaggio. L’azienda prevedeva interventi di derattizzazione di natura saltuaria ed effettuati internamente. Le esche venivano acquistate da una ditta esterna
specializzata. Il proprietario ed i dipendenti non avevano rapporti con altri allevamenti suinicoli.
A seguito dell’ordinanza di sequestro dell’A.S.L., nel
focolaio sono stati attuati i seguenti interventi:
• divieto di introduzione di animali;
• obbligo di macellazione in vincolo sanitario dei suini grassi;
• due trattamenti antibiotici con mangime medicato a
base di ossitetracicline;
• svuotamento delle fosse sotto il grigliato;
• pulizia e doppia disinfezione di tutti i reparti non
occupati da animali;
• predisposizione di bacinelle con disinfettante all’ingresso dei singoli reparti;
• piano programmato di derattizzazione delle strutture,
degli spazi adiacenti e della roggia attigua all’azienda;
• obbligo di flusso “tutto avanti” (dai reparti disinfettati verso i reparti infetti) sia degli animali che delle operazioni di governo dell’azienda.
Al fine di arrestare l’eliminazione di Leptospira Pomona con le urine, la maggior efficacia viene garantita da antibiotici ad eliminazione renale, per filtrazione
glomerulare, quali diidrostreptomicina e ossitetracicline somministrati per via parenterale (20-25 mg/Kg
p.v. per tre giorni e 20-40 mg/Kg p.v. per tre-cinque
giorni consecutivi rispettivamente). Tuttavia, per evidenti motivi di praticità, nei suini si procede generalmente a somministrare tetracicline per via orale con
l’alimento. Le ossitetracicline sono aggiunte all’alimento in ragione di 500 g/tonnellata e le clortetracicline in ragione di 400 g/tonnellata. Ciò consente di pre-
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venire aborti e altre manifestazioni cliniche e di contenere l’escrezione urinaria, sebbene non permetta di
eliminare lo stato di portatore.
Le leptospire patogene hanno un optimum di crescita a
28-30°C, mentre non sopravvivono al calore umido
che le uccide in 30-60 minuti a 50-55°C. La pulizia degli ambienti effettuata con idropulitrice a caldo garantisce pertanto un notevole abbattimento della carica infettante. Le leptospire sono sensibili ai comuni disinfettanti, soprattutto a quelli che agiscono sul livello di
pH (concentrazioni di cloruro di sodio superiori al
2.5% sono letali così come concentrazioni di 10mg/l di
solfato di rame). Esse non sopravvivono a pH acido
pari a 6,8 o di valore inferiore ed a livelli di alcalinità
oltre 7,8-7,9. Sebbene sia accertato che nelle urine acide le leptospire sopravvivono solo poche ore, è altrettanto noto che gli allevamenti suini prevedono un impiego massiccio di acqua per la rimozione delle deiezioni dagli ambienti di stabulazione, il che comporta
una notevole diluizione delle urine, con un innalzamento della di sopravvivenza delle leptospire fino a 36 settimane. Per questo diviene essenziale attuare la
sequenza calore, disinfezione e vuoto.
Come già si è accennato i selvatici ed in particolare i
roditori costituiscono un costante pericolo, sia per
l’introduzione dell’infezione, sia per il mantenimento
della stessa all’interno di un allevamento già infetto e
pertanto la loro presenza va contrastata nei locali di
stabulazione così come in quelli di deposito del mangime e delle materie prime
Dal momento che il fulcro dell’epidemiologia di leptospira è il soggetto portatore, è essenziale, una volta
attuate le misure atte al contenimento dell’escrezione
urinaria e quelle finalizzate ad evitare che si realizzino
le condizioni idonee alla sopravvivenza della spirocheta, non vanificarle col mancato rispetto del flusso
unidirezionale.
Risultati degli approfondimenti diagnostici
In seguito agli accorsi presi tra il Servizio Veterinario
del Distretto di Leno (A.S.L. di Brescia), il Centro di
Referenza.Nazionale delle Leptospirosi. e l’O.E.V.R.,
il 27 luglio 2005 è stato effettuato un primo prelievo di
sangue su 60 soggetti, scelti con criterio di casualità da
ciascuno dei capannoni dell’azienda, ai fini di verificare le sierovarianti presenti con il relativo titolo sierologico e la loro distribuzione nelle diverse partite di
suini presenti nei capannoni. Il quadro riassuntivo dei
risultati ottenuti è presentato in tabella 1.
Su 60 soggetti 29, rappresentativi di tutte e 3 le partite
presenti in azienda, erano positivi per sierovariante Pomona, diagnosi di sierogruppo Pomona, con titoli sierologici abbastanza elevati, variabili tra 1:100 e 1:6.400.
Dei 29 soggetti positivi per Pomona, 25 hanno presentato positività anche a Bratislava, per diagnosi di siero-
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Tabella 1. Distribuzione delle sierovarianti di leptospira nei sei capannoni dell’azienda.
capannone
animali positivi/
campionati
1
6/15
2
3
1/15
9/10
4
3/5
5
5/6
6
9/9
sierovarianti riscontrate
3
2
1
1
7
2
1
1
1
1
1
1
1
1
1
5
2
1
Bratislava Pomona
Bratislava Pomona Copenhageni
Bratislava
Bratislava
Bratislava Pomona
Pomona
Bratislava Pomona
Pomona Copenhageni
Bratislava Pomona Copenhageni
Bratislava
Pomona
Bratislava Pomona
Bratislava Canicola Pomona
Bratislava Copenhageni Pomona
Bratislava
Bratislava Copenhageni Pomona
Bratislava Canicola Copenhageni Pomona
Bratislava Grippotyphosa Copenhageni Pomona
l’infezione. L’associazione di diverse metodiche di indagine avrebbe poi consentito di individuare relazioni
epidemiologiche tra gli isolati.
Il 10 ottobre 2005 è stato effettuato un prelievo di 29
campioni di sangue da scrofe pluripare, tutte stabulate
in un medesimo capannone nell’azienda A. Della medesima azienda erano disponibili dei prelievi di sangue
effettuati a fine settembre su primipare e pluripare, stabulate in un secondo capannone. Tutte le scrofe testate
risultarono negative con titolo inferiore a 1:100 in ambedue i prelievi, eccezion fatta per due positività alla
sierovariante Bratislava, per diagnosi sierologica di sierogruppo Australis, a titolo basso (1:200).
L’indagine condotta in allevamento ha consentito di accertare che l’allevamento non praticava la vaccinazione, ma prevedeva la somministrazione sistematica ogni
40 giorni con il mangime, per circa una settimana, di
ossitetracicline a scrofette, scrofe e verri. L’azienda era
incorsa in alcuni episodi abortivi ripetuti, ma una verifica nei confronti di Leptospira effettuata a luglio 2005
aveva dato esito negativo. L’azienda B è risultata di
particolare interesse poiché in essa, oltre alla somministrazione di clortetracicline per una settimana a verri e
scrofette in quarantena, si effettuava la vaccinazione
delle scrofe a metà lattazione in sala parto. L’immunizzazione protegge soltanto nei confronti della sierovariante omologa o di sierovarianti antigenicamente simili. Sono sufficienti anche bassi titoli anticorpali vaccinali perché si abbia protezione. Le immunoglobuline
sono prodotte entro 2-10 giorni dall’infezione a secondo della specie, della competenza immunologica dell’animale e della dose infettante. In Italia per la specie
gruppo Australis, con un titolo uguale o inferiore, compreso tra 1:100 e 1:1.600. In due capannoni i magroni
provenienti da una stessa partita (allevamento A) sono
risultati tutti negativi. I titoli più elevati interessavano
alcuni magroni e grassi, provenienti da altre due partite
(allevamenti B e C), stabulati nel terzo capannone. In un
soggetto appartenente alla partita B, stabulato nel capannone 5, oltre alla positività per Pomona e Bratislava,
veniva evidenziata positività per Canicola a titolo elevato. In altri 13 soggetti, contemporaneamente positivi
per Pomona e Bratislava a titolo elevato, si sono riscontrate positività a titolo variabile da 1:100 a 1:800 per
Copenhageni del sierogruppo Icterohaemorragiae. Solo
3 soggetti sono risultati positivi verso la sola Pomona.
Per ricercare la fonte dell’infezione, si è effettuato il rintraccio delle partite in entrata nell’allevamento a partire
da agosto 2004, in considerazione del tempo di permanenza degli animali in azienda (dall’ingresso all’invio
alla macellazione). Sono stati individuati quattro allevamenti da riproduzione fornitori di suini: uno ubicato a
Pieranica (A), in provincia di Cremona, uno a Somaglia
(B) e uno di Codogno (C), entrambi in provincia di Lodi e uno a Corte de Cortesi (D), in provincia di Cremona. In collaborazione con i veterinari di area A competenti per territorio sono state eseguite le indagini epidemiologiche presso le aziende correlate e le ricerche anticorpali per Leptospira nelle scrofaie. Considerato che
Pomona viene introdotta in allevamento principalmente
tramite l’ingresso di soggetti portatori, il riscontro di positività sierologiche in scrofaia, in assenza di vaccinazione, avrebbe indicato, in via presuntiva, l’origine del-
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6
L’OSSERVATORIO
ti sovrapponibili al pattern pubblicato per la sierovariante Pomona. Pertanto, sulla base degli esiti combinati di queste prove, in tutti i casi è stata identificata la
sierovariante Pomona.
In un secondo tempo, ci si è prefissi di valutare, mediante prelievi ripetuti, l’efficacia delle misure sanitarie mirate a ridurre l’escrezione della spirocheta ed a
bloccarne la circolazione; in ultimo si è provveduto al
dissequestro dell’azienda. Dalla letteratura e da studi
sperimentali risulta che, in caso di infezione naturale,
il titolo sierologico rilevato con il test di agglutinazione microscopica (MAT) per Pomona è piuttosto elevato e abbastanza persistente nel tempo e in genere il
titolo omologo tende ad aumentare in corso di infezione. Sulla base di queste premesse, il 19 agosto
2005, il sangue di 60 soggetti dell’allevamento infetto è stato prelevato per confrontare l’andamento dei
titoli, in particolare per Pomona e Bratislava. Il secondo prelievo ha evidenziato un mantenimento dei
titoli sierologici, con tendenza all’innalzamento di
quelli per Pomona e una diffusa tendenza alla diminuzione dei titoli per Bratislava; infatti, si sono riscontrate 33 positività su 60 per Pomona, a titolo variabile da 1:400 a 1:6.400, e 24 positività su 60 per Bratislava a titolo compreso tra 1:200 e 1:800. Non si è riscontrata nessuna positività per Canicola. Nove soggetti hanno mostrato positività per Copenhageni, sierogruppo Icterohaemorrhagiae, 5 positività associate
per Pomona e per Bratislava, 3 per Pomona ed 1 solo
soggetto con positività singola (titolo 1:800). Nelle
positività multiple Pomona ha mostrato un titolo generalmente superiore.
suina è attualmente disponibile un preparato vaccinale
attivo nei confronti di tre sierovarianti: Pomona, Tarassovi e Bratislava. Il vaccino è in grado di proteggere le
scrofe contro gli aborti e stimola una risposta immunitaria materna tale da fornire ai suinetti, mediante assunzione del colostro (IgA), una protezione passiva di
durata relativamente breve, che declina già tra le 4 e le
10 settimane di vita. Il vaccino non è però in grado di
prevenire la localizzazione renale della spirocheta, pertanto suinetti nati da scrofe vaccinate possono nascere
congenitamente infetti e talora già escretori. Una doppia vaccinazione nelle scrofe appena prima della copertura ed un richiamo delle scrofe allo svezzamento,
rappresentano un approccio corretto per controllare la
malattia in allevamenti endemicamente infetti. Mentre
per Pomona talora la protezione fornita dalla vaccinazione non si è mostrata sufficiente, per Bratislava esistono studi che riportano incrementi nella numerosità
della nidiata e nei tassi di crescita. Gli esami sierologici effettuati sulle scrofe dell’allevamento B hanno evidenziato positività verso Bratislava, in assenza di risposta per Pomona e Tarassovi, a titolo variabile tra
1:100 e 1:1.600. L’azienda C non praticava la vaccinazione ed effettuava il trattamento antibiotico con clortetracicline delle scrofe in gestazione. L’esame di un
campione di scrofe dell’azienda ha mostrato totale assenza di risposta anticorpale verso Leptospira. Infine,
la scrofaia dell’azienda D non ha mostrato alcuna sieropositività per Leptospira. A seguito di questi esiti non
è stato possibile individuare la fonte dell’infezione in
alcuna delle aziende fornitrici.
Il 18 agosto 2005 sono stati prelevati, in sede di macellazione, campioni di urina e reni da 10 soggetti provenienti dall’azienda positiva e sotto sequestro, scelti
in base al riscontro di lesioni riferibili a nefrite interstiziale. I soggetti campionati erano stabulati nel capannone 6 e facevano parte di una partita di 146 suini
grassi, provenienti dagli allevamenti A e B, sierologicamente positivi per Bratislava e Pomona e in alcuni
soggetti anche verso la sierovariante Copenhageni per
sierogruppo Icterohaemorragiae e la sierovariante Canicola per sierogruppo Canicola.
La finalità dei prelievi era di evidenziare la circolazione della spirocheta in allevamento, di escludere che l’isolamento di Pomona fosse un fatto occasionale, esauritosi in tale occasione e di escludere l’eventuale responsabilità delle altre sierovarianti, in particolare di
Bratislava. Dai campioni di urina e di reni sono stati
isolati 21 ceppi provenienti da 7 soggetti. I ceppi isolati, sottoposti a sierotipizzazione a livello di sierogruppo con sieri policlonali di riferimento, sono risultati appartenenti al sierogruppo Pomona. I 7 isolati da
urina sono stati inoltre sottoposti a Polymerase Chain
Reaction-Restriction Fragment Length Polymorphism
Analysis (PCR/RFLP). I patterns ottenuti sono risulta-
L’OSSERVATORIO
Gestione aziendale della sieropositività
Nonostante fosse auspicabile effettuare un vuoto sanitario di tutta l’azienda per assicurare l’eradicazione
dell’infezione dall’allevamento, tale azione si è dimostrata impraticabile. Considerato il divieto di ingresso
di nuovi suini imposto con il sequestro, è stato effettuato un vuoto sanitario di 15 giorni limitato capannoni 1 e 2, imponendo lo svuotamento della fossa con pulizia e la disinfezione dell’allevamento con un disinfettante efficace (6,8<pH<8).
Al termine del periodo di vuoto sanitario dei due capannoni, con apposita deroga si è consentito di introdurre nuovi soggetti, vincolandoli al controllo sierologico per accertarsi della negatività verso Leptospira e
per poterli utilizzare come ‘sentinelle’ da ricontrollare
dopo un periodo di circa 20-30 giorni dall’entrata in
allevamento e obbligando l’allevatore a rispettare la
separazione delle partite.
Il 20 settembre 2005 sono stati prelevati dei campioni
di sangue da un numero rappresentativo di animali appartenenti alla prima partita in ingresso (animali provenienti dall’azienda A). I 51 soggetti testati sono ri-
7
Sanità animale
sultati tutti negativi a Pomona. Solo 2 animali hanno
mostrato positività a Bratislava a titolo 1:100.
Il 18 ottobre 2005 è stato effettuato un secondo prelievo, accertandosi di prelevare anche i soggetti negativi a contatto con i due positivi per Bratislava. Dei 19
soggetti scelti come sentinelle, un unico soggetto ha
mostrato positività a Bratislava a titolo elevato
(1:1.600) ed a Pomona a titolo decisamente inferiore
(1:200). Un altro soggetto ha presentato positività a titolo 1:100 a Bratislava. Uno dei due soggetti risultati
positivi a Bratislava nel prelievo precedente si è negativizzato, l’altro ha mantenuto il titolo 1:100.
Si è ritenuto opportuno, a questo punto, di verificare se
l’unico soggetto positivo riscontrato al secondo prelievo fosse un portatore-eliminatore, operando un prelievo di urine tramite catetere a seguito di somministrazione di un diuretico. Purtroppo il soggetto è venuto a
morte per altre cause, prima che gli approfondimenti
potessero essere condotti. Considerato il quadro fornito dagli esiti di sierologia, isolamento e biologia molecolare e la visita clinica favorevole, il 23 dicembre
2005 è stato revocato il sequestro dell’azienda, mantenendo l’obbligo della macellazione in vincolo delle
partite presenti al tempo del sequestro.
sospetto di malattia in fase acuta a seguito di riscontro di
un singolo titolo elevato, rilevato in associazione con
sintomatologia e stato febbrile. Poiché l’entità del titolo
anticorpale dipende dal livello di esposizione di base
della popolazione e cioè dalla prevalenza, in aree endemiche sarà necessario rilevare un titolo >1:800 o, meglio ancora, pari o maggiore di 1:1.600 per fare diagnosi di leptospirosi in un soggetto sintomatico. Per la sierovariante Pomona, in assenza di vaccinazione, un titolo maggiore o uguale a 1:512 (assimilabile a 1:400 della serie di diluizioni impiegata presso il CRNL) risulta
un buon indicatore di infezione.
Il MAT ha minori difficoltà interpretative per campioni prelevati da individui convalescenti e svela infezioni pregresse anche dopo periodi di tempo notevoli. I titoli che si instaurano successivamente ad un’infezione,
infatti, possono essere estremamente elevati e duraturi
e persistere per mesi o anche anni prima di abbassarsi.
Di solito si considera un titolo pari o maggiore a 1:100
come evidenza di un’esposizione pregressa.
I titoli riferibili a reazione crociata calano con velocità
differente nell’arco di alcuni mesi dopo l’infezione e
talvolta non è possibile distinguere un sierogruppo
predominante. In questi casi, l’approccio ideale, allo
scopo di determinare il sierogruppo infettante presuntivo, è quello di esaminare più sieri prelevati ad intervalli dopo la malattia acuta. Si tratta di un approccio
sempre valido, considerato che alcuni soggetti possono mostrare evidenze sierologiche di pregresse infezioni da sierogruppo differente. In questi casi si instaura una “risposta anamnestica” per la quale il primo innalzamento dei titoli anticorpali è di norma diretto nei confronti della sierovariante infettante dell’esposizione precedente e soltanto in un secondo tempo
si verifica un ulteriore innalzamento dei titoli, ove è
possibile distinguere il sierogruppo o la sierovariante
responsabile dell’infezione in corso.
Nel caso in esame, eravamo di fronte all’evidenza di
un isolamento e poiché la sierovariante Pomona, in caso di infezione naturale, induce titoli sierologici elevati e persistenti, il riscontro di titoli elevati (fino a
1:6.400) in allevamento era di per sé suggestivo di infezione. Tuttavia, l’interpretazione dei titoli sierologici
era difficoltosa sia a causa delle positività multiple riscontrate nel medesimo siero e nell’intero gruppo esaminato, sia per l’incapacità di definire se ed in quali
casi si trattava di soggetti con infezione recente o di
soggetti convalescenti. La situazione, come ragionevolmente ci si poteva attendere, è divenuta più comprensibile nel tempo. I titoli sierologici da Pomona, infatti, si sono mantenuti elevati e persistenti, mentre le
presunte reazioni crociate da titoli eterologhi sono andate declinando. Il “nuovo” isolamento in coltura, infine, ha costituito la chiave di lettura risolutiva. L’isolamento in coltura, non a caso, è considerato l’esame di
Conclusioni
Il quadro emerso dal primo prelievo ematico, piuttosto
complesso, non rappresenta un caso isolato nell’ambito
della sierologia delle leptospire, poiché non è infrequente il riscontro di positività verso più sierovarianti in uno
stesso soggetto. L’interpretazione del MAT, che rappresenta il test di riferimento per la diagnosi sierologica di
leptospirosi, è comunemente complicata dall’elevato
grado di reattività crociata che si verifica tra diversi sierogruppi, specialmente in campioni in fase acuta. Infatti, i soggetti spesso presentano titoli simili per tutte le
sierovarianti appartenenti ad uno stesso sierogruppo, ma
non sono rari neanche episodi di titoli assai elevati verso un sierogruppo, per nulla correlato con quello infettante. Il problema dell’ampia cross-reattività in fase acuta, cui fa seguito una discreta specificità in fase convalescente, deriva dal fatto che il MAT rileva gli anticorpi precoci (IgM) e quelli tardivi (IgG) e che esistono diversi antigeni comuni a più leptospire. In genere, è necessario disporre di siero in doppio per confermare una
diagnosi con certezza. Un innalzamento del titolo maggiore di quattro volte tra i due sieri conferma la sieroconversione e la diagnosi, indipendentemente dal tempo
intercorso tra i due prelievi. In presenza di sintomi, per
rilevare l’innalzamento dei titoli può essere sufficiente
un intervallo di soli 3-5 giorni, ma in assenza di sintomatologia è più appropriato un intervallo di 10-14 giorni. In alcuni casi la sieroconversione non si verifica in
tempi così rapidi ed è necessario attendere intervalli di
tempo maggiori. In campioni singoli si può avanzare un
Sanità animale
8
L’OSSERVATORIO
riferimento per leptospirosi. Esso consente di rilevare
la presenza delle leptospire in tessuti e campioni biologici, in particolare se prelevati nei primi giorni di infezione e permette la successiva tipizzazione delle spirochete cresciute, superando il problema sierologico delle positività multiple frutto di reazioni crociate. Nel caso particolare delle urine, esse possono non contenere
leptospire nello stadio febbrile. In genere, durante la
convalescenza, non si rileva una leptospiruria significativa prima di 14-28 giorni dall’infezione o a distanza di circa 1-3 settimane dalla remissione dei sintomi.
L’isolamento, però, non solo comporta difficoltà tecniche maggiori ma prevede anche tempi assai prolungati: per un isolamento primario possono essere necessarie fino a 13 settimane, mentre sub-colture pure in terreni liquidi possono crescere entro 10-14 giorni. Nel
caso specifico, Pomona ha presentato una relativa facilità di isolamento da diverse matrici (reni e urine provenienti dagli stessi soggetti). Data la labilità delle leptospire nell’urina e considerata la sede di prelievo, ci si
sarebbe attesi una bassa carica batterica con conseguente difficoltà di isolamento. In genere, infatti, viene raccomandato di prelevare urine da animale vivo in
seguito alla somministrazione di un diuretico, al fine di
ottenere cariche più consistenti di leptospire e dotate di
maggiore vitalità. Nel nostro caso, l’isolamento, seppure effettuato a partire da urine prelevate direttamente da vescica al macello, si è dimostrato sensibile quanto l’isolamento da tessuto renale.
Per quanto attiene il frequente riscontro di titoli sierologici per Bratislava in assenza di isolamento, le ipotesi al riguardo possono essere diverse. Una prima è
che può esservi stata una bassa carica a livello renale,
in presenza di un elevato potere immunogeno che ha
dato luogo ad un titolo anticorpale rilevabile; oppure,
i titoli possono aver rappresentato l’esito di contatti
pregressi con la spirocheta, in assenza di localizzazione renale e leptospiruria; oppure ancora, esistono
maggiori difficoltà di isolamento per Bratislava rispetto a Pomona e tuttavia è stato possibile isolarla dal
suino. Infine, può essersi trattato di reazioni crociate,
tenuto conto che, in Italia, Bratislava risulta non essere mai stata isolata dal suino. Al contrario, è avvenuto
più volte con successo l’isolamento della sierovariante Pomona, in presenza di nefrite interstiziale, da suini provenienti da allevamenti siti in regione Lombardia. Per chiarire definitivamente il ruolo della sierovariante Bratislava sarebbe necessario effettuare tentativi di isolamento dall’apparato genitale, eventualmente migliorando i terreni colturali di isolamento primario, ed approfondire le conoscenze su organi o secreti,
impiegando tecniche innovative biologico-molecolari.
L’approccio più recente ed innovativo alla leptospirosi, infatti, è costituito dalle metodiche di biologia molecolare. I metodi impiegati includono la digestione
L’OSSERVATORIO
del DNA cromosomiale mediante endonucleasi di restrizione (REA), PCR-restriction fragment length
polymorphism (RFLP) analysis, il ribotyping, l’elettroforesi su gel in campo pulsato (PFGE) e altri approcci basati sulla PCR.
Per quanto concerne la Icterohaemorrhagiae, la maggior
parte delle positività riscontrate in presenza di titoli elevati per Pomona e Bratislava, va verosimilmente attribuita a reazioni crociate. Solo in rari casi si è riscontrato un titolo elevato, presumibilmente esito di infezioni
sporadiche, contratte da roditori, per le quali i suini hanno rappresentato solo degli ospiti accidentali.
Il lavoro coordinato e sinergico tra i Servizi Veterinari
dell’A.S.L., O.E.V.R.L. e C.R.N.L. ha reso possibile un
prelievo dei campioni tecnicamente corretto ed esteso
all’intera filiera (dalle aziende da riproduzione al macello), essenziale al fine di fotografare la diffusione di
Leptospira in allevamento, comprenderne l’evoluzione
ed effettuare approfondimenti. Il supporto specialistico
del C.R.N.L. per l’interpretazione degli esiti sierologici
e la collaborazione sul campo tra area A e area B del
Servizio Veterinario hanno consentito di gestire il focolaio efficacemente e in tempi relativamente brevi, benché vada riconosciuto che la gestione è stata assai semplificata dal fatto che si trattava di un allevamento da
ingrasso, nel quale non è presente il problema del mantenimento dell’infezione nella scrofaia.
Nonostante gli sforzi compiuti, però, non è stato possibile identificare l’origine dell’episodio. L’ipotesi più
accreditata rimane quella di un’introduzione ad opera
di un soggetto portatore, mentre si contemplano soltanto come possibilità remote l’eventualità di un contatto con altri animali domestici infetti o di un’infezione veicolata da selvatici. Questi ultimi potrebbero
invece verosimilmente aver contribuito al mantenimento dell’infezione da Pomona già presente in azienda. Sebbene gli allevamenti conferenti siano stati esaminati sierologicamente, non si può attribuire un significato definitivo ai risultati di mancata positività,
dal momento che è frequente il riscontro di sierologia
non rilevabile in soggetti con infezione in fase iniziale. Per avere una certezza sarebbe necessario effettuare ulteriori indagini sierologiche e ricorrere ad altre
metodiche quali l’isolamento colturale e tecniche di
biologia molecolare.
Ad ogni modo, l’esperienza di campo sembrerebbe
confermare la validità e l’importanza, ai fini del controllo dell’infezione da Pomona, della somministrazione per via orale delle ossitetracicline, di interventi
adeguati di pulizia e disinfezione, dell’effettuazione
del vuoto sanitario e della pratica gestionale del “flusso in avanti”.
1. O.E.V.R. – c/o IZS Brescia
2. A.S.L. di Brescia - Distretto di Leno
3. I.Z.S.L.E.R. - C.R.N.L. - Brescia
9
Sanità animale
Revisione critica dei modelli predittivi
dell’afta epizootica
G. Zanardi1
darsi in modo acritico ai modelli, come surrogati dell’analisi dei dati di campo.
In sintesi, le capacità predittive dei modelli bio-matematici hanno sovrastimato le misure di controllo della malattia, soppiantando le precedenti strategie con
altre più stringenti e non necessarie.
La disponibilità di un certo numero di modellizzazioni oggettive per FMD apparse in letteratura, ha permesso agli Autori di stabilire la validità predittiva e
matematica dei modelli per FMD costruiti prima dell’epidemia del 2001.
La valutazione ha consentito di:
• revisionare l’accuratezza predittiva delle soluzioni
della modellizzazione per FMD, disponibili prima
dell’epidemia del 2001;
• esaminare gli eventi dell’epidemia del 2001, in
particolare la malattia sub-clinica (e non rilevata)
che determinò la sua distribuzione prima della diagnosi e prima dell’introduzione delle misure di
controllo o dell’uso di nuovi modelli;
• stabilire i dati empirici per dimostrare che le precedenti esperienze (incluso l’uso dei modelli) del
Ministry of Agriculture, Fisheries and Food
(MAFF), del Veterinary Laboratories Agency
(VLA), e dell’Institute for Animal Health (IAH)
erano state efficaci nel massimizzare il controllo
bilanciato dell’epidemia. Di converso, l’introduzione d’alcuni modelli di nuova costruzione durante l’epidemia del 2001 portarono all’abbattimento di più di 989 allevamenti indenni su 1.876
controllati, un eccesso del 53% in termini di misure di controllo oltre alla rimozione degli animali
nelle aziende infette o sospette infette.
Introduzione
La modellizzazione quantitativa è uno degli strumenti essenziali per sviluppare strategie potenziali nella
gestione di un focolaio, per predire e valutare l’efficacia delle strategie di controllo da adottare o adottate durante il focolaio (The Royal Society of London).
Questa recensione tratta dell’interpretazione circa l’epidemia d’afta epizootica (FMD o Foot-and-Mouth
Disease) avvenuta nel 2001 nel Regno Unito (UK),
sulla base dei rilievi disponibili nella letteratura attinente, in particolare dei fattori clinici ed epidemiologici da considerare nella costruzione dei modelli predittivi della malattia.
Si rammenta che tra il 20 febbraio e il 30 settembre
2001 oltre 4 milioni d’animali furono abbattuti/macellati in UK per controllare l’epidemia e ulteriori 2
milioni e mezzo per problemi di benessere. I focolai
dichiarati furono 2.030 (4 nell’Irlanda del Nord),
8.131 le aziende dichiarate pericolose per contatto
(incluse 3.369 aziende contigue) e soggette ad abbattimento preventivo. Il costo totale dell’epidemia è
stato stimato in 4,7 bilioni di dollari nel settore zootecnico e alimentare e d’altri 4,5 bilioni nel settore del
turismo più 3 bilioni d’altri costi indiretti. Queste cifre hanno stimolato una serie d’inchieste governative,
mirate a trovare risposte alternative a quelle date nel
controllo di future epidemie. La cronologia dell’epidemia di FMD del 2001 nel Regno Unito, contrappuntata dagli eventi significativi accaduti, è visualizzata nel box.
La domanda è - si poteva raggiungere un controllo efficace seguendo principi epidemiologici valicati, che
comportasse minori costi economici e sociali?
I modelli epidemiologici possono adattarsi a dati storici (facendo scorrere di nuovo il passato) e, quando
correttamente formulati, possono simulare il futuro.
Essi possono rappresentare utili strumenti d’ausilio
per rispondere a domande inerenti problemi epidemiologici.
La recente esperienza vissuta in UK nel 2001 indica
un uso della modellizzazione con una sorta di percezione deviante circa l’importanza della matematica,
lontana dal reale controllo pratico della malattia.
Questa tendenza, successivamente, ha portato ad affi-
Sanità animale
La modellizzazione per FMD prima dell’epidemia in
UK nel 2001
I modelli epidemiologici possono essere adattati a dati storici, ripercorrendo il passato e, quando correttamente formulati, possono simulare il futuro.
Nel Regno Unito esiste un vasto expertise sulla FMD
e il suo utilizzo nella modelizzazione ha comportato
un’importanza preminente della componente matematica come guida nella gestione pratica della malattia.
10
L’OSSERVATORIO
tia (e.g. abbattimento), che può comportare perdite economiche ingiustificate;
• l’interesse sanitario è di eliminare l’escrezione virale negli allevamenti infetti, tramite l’abbattimento degli animali, al fine di minimizzare il rischio di
diffusione ad aziende contigue o correlate per contatti diretti e indiretti. Solo 13 di 187 focolai di
FMD registrati nel secondo grande focus epidemico nell’Inghilterra sud-occidentale furono rilevati
i tramite la sorveglianza veterinaria, mentre la
maggior parte furono segnalati dagli allevatori.
La tecnica di conduzione aziendale e la biosicurezza
abbattono la trasmissione della FMD.
Le tecniche di conduzione aziendale prevedono di:
• creare strettoie tra gli ambienti di ricovero degli
animali;
• utilizzare nuovi ricoveri per gli animali;
• riutilizzare ambienti per favorire la protezione di
specie che eliminano maggiormente il virus;
• riutilizzare ambienti per favorire la protezione di
gruppi di età maggiormente suscettibili (in ordine
decrescente: manze gravide, bestiame da 4 a 16
mesi, bovine in prima e seconda lattazione, bovine in terza, quarta, quinta lattazione, vitelli al di
sotto dei tre mesi, vacche asciutte);
• evitare l’accesso degli animali alla zona posteriore delle strutture, in cui vi sono le correnti d’aria
che possono trasportare il virus;
• usare barriere fisiche o naturali tra gli animali e la
direzione di allevamenti infetti e trasferire gli animali in aree più distanti dalla direzione di allevamenti infetti.
Gli algoritmi matematici per i modelli FMD devono
essere concisi, assicurando che la complessità epidemiologica non sia semplificata. Per esempio, la metodologia convenzionale che tiene conto della transizione di stato (suscettibile, latente, infettante, guarito o
morto) nei modelli predittivi, può essere riassunta con
l’uso di vettori, che combinano diversi fattori, come i
livelli d’immunità e lo stato di malattia e sono usati in
piccolo numero per far funzionare il modello.
I modelli bio-matematici usano solo la matematica
per evidenziare gli aspetti clinici ed epidemiologici di
un’epidemia, mentre i modelli matematici evidenziano gli aspetti matematici delle loro proposte.
Prima del 2001 esistevano diversi modelli di FMD:
economici, sui programmi di vaccinazione, spaziali,
sui drift antigenici, di simulazione e di gestione della
malattia. Ciascuno ha i propri punti di forza e di debolezza
Uno dei punti di debolezza è l’errore umano. Un
esempio di errore è quello fatto da Woolhouse e coll.
nel 1996, quando affermò che dai risultati della modellizzazione non era opportuno vaccinare gli animali in allevamenti intensivi, perché il periodo critico in-
Affidarsi alla capacità predittiva dei modelli bio-matematici, ha messo in secondo piano l’analisi dei dati
di campo e introdotto nuovi approcci restrittivi e non
necessari nelle strategie di controllo della malattia.
Tenendo conto delle recensioni pubblicate dopo l’epidemia del 2001 sul potere predittivo dei modelli matematici, si può ora rivedere l’accuratezza delle modellizzazioni della FMD prima del 2001, esaminare
l’epidemia del 2001, in particolare la sua fase silente,
prima delle misure di controllo introdotte grazie ai
modelli matematici, dimostrare con dati empirici che
le precedenti esperienze nelle epidemie di FMD sono
state efficaci nel massimizzarne il controllo equilibrato. Al contrario, i nuovi modelli usati nell’epidemia
del 2001 hanno comportato, nell’ambito delle misure
di controllo della malattia suggerite, l’abbattimento di
più di 989 allevamenti indenni su 1.876 controllati,
un eccesso del 53%.
In generale, l’uso principale dei modelli epidemiologici è fatto per predire la durata, il numero d’animali
colpiti (o la prevalenza) e l’area geografica di un’epidemia, al fine di identificare le misure di controllo
che la possano abbattere e controllare rapidamente.
Il punto di partenza di qualsiasi modello di FMD è
l’allevamento, in particolare la trasmissione intra-allevamento.
Le ragioni fondamentali di quest’approccio sono le
seguenti:
• la diffusione per contatto è stata la modalità prevalente di trasmissione a livello d’allevamento
(151 su 160 focolai);
• l’incidenza al primo giorno (IPG) è un parametro
intra-allevamento basato sulla diffusione per contatto, che predice accuratamente la percentuale finale d’animali che diventeranno infetti; qualora
nel parametro s’includano anche gli animali con
vecchie lesioni, si può parlare anche di prevalenza
al primo giorno;
• l’incidenza delle prime due settimane (IDS) è un
parametro inter-allevamento, che estende le capacità predittive a livello di focolai regionali o nazionali. Ambedue i parametri, IPG e IDS, includono la malattia sub-clinica, che si applica sia agli allevamenti vaccinati che no. Essi sono misurabili
con sufficiente accuratezza, perché all’inizio dell’epidemia il numero dei focolai è ancora basso;
• i valori tipicamente sconosciuti sono la suscettibilità di specie, il periodo infettante, i livelli d’escrezione virale e il periodo d’incubazione. Maggiore è l’incertezza dei parametri e maggiore è la
probabilità che il modello non funzioni accuratamente. L’aggiustamento dell’accuratezza tramite
l’uso di un certo numero di valori pesati, che ben
si adattano al modello, rischia di sotto o sovra-stimare l’appropriato livello di controllo della malat-
L’OSSERVATORIO
11
Sanità animale
Quando il 21 marzo 2001 l’epidemia fu dichiarata
fuori controllo, gli allevamenti contigui e correlati a
quelli infetti furono oggetto di abbattimento preventivo, poiché il modello iniziale prediceva che il 61-97%
degli allevamenti sarebbe stato colpito. E’ interessante ricordare che il picco dell’epidemia si presentò il
27 marzo, con un periodo d’incubazione di 5 giorni e
che l’epidemia era sotto controllo dal 22 marzo; tutto
ciò avveniva prima dell’introduzione dell’abbattimento rapido degli allevamenti sospetti infetti e degli
abbattimenti preventivi in quelli correlati agli infetti.
Non serve la modellizzazione per capire che queste
due opzioni hanno avuto un impatto sul controllo dell’epidemia, è da determinare se è stato positivo o negativo.
In altre parole, il numero di allevamenti indenni rimossi per fermare l’epidemia è stato più elevato del
necessario? Il 20% degli allevamenti abbattuti erano
sospetti infetti, di cui l’80% non è stato successivamente confermato, perciò: era così necessario sfoltire
il quadruplo di allevamenti realmente infetti per arrestare rapidamente la trasmissione della malattia? Inoltre, nel caso in cui la politica di diradamento non
avesse ridotto il numero di nuovi allevamenti infetti,
quale tasso sarebbe stato necessario per ricorrere al
minor numero di abbattimenti (di allevamenti infetti
più quelli indenni)?
ter-vaccinazione era troppo breve. Non aveva considerato che gli animali non erano stati isolati dall’allevamento, perciò il periodo era più lungo (75 giorni) di
quello stimato, con un’efficacia vaccinale del 8198%.
Un’altra debolezza è il cambiamento epidemiologico.
I modelli “EpiMan” e “Rimpuff”, prodotti per simulare la formazione di una nube di aerosol contenente il
virus della FMD, furono utilizzati con l’assunto che la
nube infettasse 9 dei 160 focolai iniziali dell’epidemia
del 2001, mentre i rimanenti 151 focolai fossero originati da altri mezzi di diffusione, diretta e indiretta.
La principale ragione della rilevanza limitata che hanno avuto questi modelli è stata la specie coinvolta. I
suini eliminano sufficienti livelli di virus per creare la
nube infettante, ma la maggior parte degli allevamenti infetti nel 2001 erano ovini e, in minor misura, bovini. Inoltre, studi sperimentali successivi dimostrarono che il ceppo PanAsia coinvolto era stato escreto negli aerosol degli animali infetti a basse concentrazioni.
La diffusione sub-clinica nell’epidemia di FMD del
2001e le misure di controllo sproporzionate
Studi successivi all’epidemia evidenziarono che la
trasmissione dell’infezione tra le pecore era stata
molto bassa, che anche il tasso di trasmissione era
molto lento e che la malattia nei greggi di ovini non
vaccinati era prevalentemente sub-clinica. Poiché potenzialmente l’82% degli animali (sospetti) infetti durante l’epidemia del 2001 erano pecore (3,3 milioni),
non sorprende che la FMD non sia stata diagnosticata fino a quando non si è manifestata clinicamente,
spesso dopo che si era diffusa ai bovini allevati a contatto. Infatti, 8 dei 12 foci maggiori dell’epidemia iniziarono antecedentemente alla diagnosi del primo allevamento infetto. Prima del divieto di movimentazione, l’allevamento di pecore infettatosi per contiguità con l’allevamento suino focolaio primario, aveva spostato degli animali in due mercati del Nord
(Longtown e Hexham) e in uno del Sud (Devon), dando origine a 8 foci separati in Inghilterra, Galles e
Scozia.
I modelli costruiti nel 2001 hanno avuto l’obiettivo di
sostanziare o giustificare particolari misure di controllo. Due politiche di controllo particolarmente controverse furono l’abbattimento di allevamenti sospetti infetti entro 24-48 ore, senza attendere la conferma di laboratorio, e l’abbattimento preventivo negli allevamenti contigui a quelli infetti o negli allevamenti correlati per contatti a rischio con un allevamento infetto.
Queste due opzioni hanno avuto un notevole impatto
economico a causa della difficoltà di diagnosticare la
malattia clinica negli ovini ed hanno comportato macellazioni inutili in allevamenti indenni, che l’industria ha equiparato ad un’epidemia “fuori controllo”.
Sanità animale
Analisi critica della politica dell’abbattimento preventivo
L’impatto del diradamento è maggiore quando la trasmissione tra allevamenti è alta, perché la diffusione
dell’infezione si arresta in assenza del substrato suscettibile. Nel 2001 il tasso di trasmissione era basso
per la predominanza d’allevamenti infetti tra pecore e
bovini, con malattia sub-clinica e scarsa produzione
d’aerosol virale.
L’aumento del tasso di trasmissione ha coinciso con
lo sviluppo dei segni clinici in animali infetti in modo sub-clinico.
La IPG negli allevamenti infetti in modo sub-clinico
è generalmente alta proprio per l’effetto cumulativo
del passaggio alla forma manifesta.
Lo stesso principio vale per gli animali vaccinati (in
cui i segni clinici sono occultati) e per le specie non
vaccinate con immunità innata, come le pecore.
La rimozione della fonte di malattia si è dimostrata
efficace nel controllare i focolai di FMD in forma
sub-clinica. Le ragioni possono essere riassunte nei
seguenti punti:
• negli allevamenti infettati la malattia è sub-clinica,
perché elevati livelli d’immunità, innata o vaccinale, nascondono i segni clinici;
• gli alti livelli d’immunità comportano bassi tassi
di trasmissione;
12
L’OSSERVATORIO
Le politiche di controllo intraprese non si sono basate sul fatto che in un allevamento di bovini, presumibilmente infettato da un allevamento di pecore nel
raggio di 3 Km, si potessero rilevare segni clinici prima che nelle pecore (focolaio primario). Perciò, nel
caso di malattia sub-clinica si può presumere che
l’infezione primaria possa essere in qualunque gregge nel raggio di 3 Km dall’allevamento identificato
come infetto. In questo caso sarebbe opportuno scoprire il focolaio primario con il monitoraggio sierologico nel raggio di 3 Km da quello secondario, perché la zona è a rischio; l’uso alternativo della macellazione nella stessa area impedirebbe di rilevare il focolaio primario. Inoltre, considerando l’area d’abbattimento nel raggio di 3 Km dall’allevamento infetto
primario, è più probabile che l’area che si forma dalla sovrapposizione con quella tracciata con il raggio
3 Km intorno all’allevamento infetto secondario, sia
sede della possibile trasmissione. Per inciso, qualunque successiva trasmissione ad ovini verso l’esterno,
in un raggio di 3 Km intorno all’allevamento infetto
secondario (bovino), non sarebbe rapida (salvo una
IPG particolarmente alta) e non giustificherebbe
l’abbattimento nel raggio di 3 Km dal focolaio secondario.
La probabilità che l’abbattimento nelle aziende contigue e la rapida macellazione abbiano avuto un impatto negativo sul mondo produttivo è fondata sulla sovra-stima dei tassi di trasmissione nell’epidemia del
2001. La trasmissione sovra-stimata era derivata dalla mancata considerazione che la FMD nelle pecore è
frequentemente sub-clinica e i tassi di trasmissione
sono particolarmente lenti. Il parametro R0 dovrebbe
essere stimato indirettamente, considerando una serie
di parametri non misurabili o parametri con un intervallo di valori, che variano con il tempo. Si rammenta, invece, che R0 è stato definito come “la media del
numero di giorni infettanti x la media del numero delle aziende infette per giorno infettante, assumendo
costante la contagiosità” oppure “il numero medio di
casi secondari originati da un allevamento infetto nell’intero suo periodo infettante”.
Al contrario, i livelli d’infettività (che dipendono dall’escrezione virale) non sono costanti, come pure i periodi di tempo infettante (che varia da un giorno presintomatico a 12 giorni dopo l’inizio dei segni clinici). Perciò, la stima di R0 come “una media di 8 giorni infettanti” è epidemiologicamente inaccurata e
fuorviante.
Il successo di un challenge tra aziende o al loro interno
dipende dall’immunità di gruppo, dalla forza del challenge, dalla suscettibilità innata della specie e dallo stato riproduttivo. Qualunque modello che usi solo l’infettività per R0 richiederà “pesature matematiche” per raggiungere la stessa accuratezza. La situazione è compli-
• i bassi tassi di trasmissione riducono la necessità
di agire molto rapidamente nell’implementazione
delle misure di controllo;
• i bassi tassi di trasmissione consentono di monitorare sierologicamente lo stato degli animali, senza rischiare la trasmissione incontrollata della malattia;
• la malattia sub-clinica agisce cumulativamente e
poi si manifesta clinicamente; gli animali infetti
possono essere rimossi con l’abbattimento per
controllare lo sviluppo del focolaio;
• bassi tassi di trasmissione, che perdurano nel tempo, assicurano che nella transizione dalla forma
sub-clinica a quella clinica, l’incidenza della malattia avrà un picco e l’epidemia non sembrerà più
così fuori controllo.
E’ probabile, perciò, che la strategia dell’abbattimento degli allevamenti infetti sia stata efficace nel diminuire la IPG osservata al 27 marzo, 5 settimane dopo
la diagnosi del primo focolaio (23 febbraio). Ciò è
coerente con il fatto che quando la malattia non appare clinicamente, può non essere rilevata per molte settimane, nonostante le stringenti misure di controllo.
La maggior parte dei focolai secondari si rilevarono
nel raggio di 1,5 Km intorno agli allevamenti infetti, a
causa della disseminazione dei foci d’infezione subclinica. D’altra parte, la lenta trasmissione della FMD
tra le pecore consentiva la tempestiva rilevazione dei
greggi infetti con il monitoraggio sierologico, prima
che la trasmissione tra allevamenti potesse verificarsi.
Queste constatazioni non si accordano con la politica
della macellazione rapida 24/48 ore.
Inoltre, il livello delle misure di controllo applicate
dopo la diagnosi al fine di diminuire la popolazione
suscettibile, è risultato indipendente dalla prevalenza
dell’infezione, caratterizzata da una lenta trasmissione e dalla forma sub-clinica. E’ presumibile, visto che
la specie colpita, gli ovini, non mostrava sintomatologia clinica, che le politiche d’abbattimento negli allevamenti contigui a quelli infetti e la macellazione rapida non abbiano significativamente abbattuto l’epidemia, comportando l’eliminazione d’animali sani.
Inoltre, non è corretto assumere che l’abbattimento
preventivo negli allevamenti contigui e la rapida macellazione in quelli infetti siano state misure che hanno rimosso animali con la malattia in incubazione e
che rappresentavano un rischio di diffusione.
Mentre gli animali con malattia in incubazione possono essere stati rimossi con l’abbattimento preventivo, il lungo periodo d’incubazione medio tra le pecore garantiva che il periodo non fosse infettante e a rischio di diffusione.
In questa situazione, c’era il tempo disponibile per il
monitoraggio sierologico delle pecore, in grado di
differenziare i greggi infetti da quelli non infetti, piuttosto che ricorrere all’abbattimento preventivo.
L’OSSERVATORIO
13
Sanità animale
Inoltre, la valutazione comprende gli effetti dell’abbattimento, eseguito nelle aziende infette, sulla prevalenza/durata e la possibilità che siano rimossi allevamenti indenni contigui e nel raggio di 3 Km.
E’ una valutazione conservativa dell’applicabilità
economica di un programma vaccinale, che riduce la
prevalenza.
Una proposta di integrazione dei futuri piani di emergenza può consistere nei seguenti punti:
• abbattere i suini negli allevamenti sospetti o confermati, perché ospiti “amplificatori” d’infezione;
• monitorare sierologicamente le pecore; la trasmissione tra pecora e pecora è lenta, perciò vi è il tempo sufficiente per valutare lo stato sanitario, prima
che possa verificarsi una trasmissione tra greggi
diversi. Gli allevamenti di pecore infetti vanno abbattuti;
• vaccinare i bovini, ove applicabile e sostenibile
economicamente. I bovini in allevamenti infetti
rappresentano un rischio per quelli circostanti e
andrebbero macellati;
• negli allevamenti sospetti dove vi è un IPG basso
(bovini e pecore) la malattia clinica e sub-clinica
può essere rara; l’escrezione virale e il rischio per
gli allevamenti circostanti è bassa e vi è il tempo
per eseguire un monitoraggio sierologico degli allevamenti sospetti. In questo caso, gli allevamenti
contigui e correlati per contatti a rischio con allevamenti sospetti infetti con basso IPG, non sono
ad alto rischio di trasmissione dell’infezione e perciò possono essere controllati sierologicamente;
• quando l’IPG è alta negli allevamenti sospetti, la
trasmissione sub-clinica e clinica, l’escrezione virale e il rischio di trasmissione tra allevamenti è alta.
L’allevamento sospetto infetto va abbattuto rapidamente, senza aspettare la conferma del laboratorio.
Inoltre, gli animali in allevamenti correlati per contatti pericolosi andrebbero rapidamente controllati
sierologicamente o macellati. Il beneficio economico dell’abbattimento preventivo è dubbio;
• l’abbattimento ad anello appare economicamente
controproducente, considerando la disponibilità di
tipi di controllo più raffinati;
• una bassa IDS per un focus regionale, con conseguente bassa prevalenza regionale e breve durata
del focus, indica che l’abbattimento degli allevamenti infetti correlati per contatti pericolosi e il
monitoraggio sierologico sono sufficienti per controllare la trasmissione tra allevamenti;
• una alta IDS, con conseguente alta prevalenza regionale e lunga durata del focus, suggerisce la necessità di considerare la vaccinazione. I principali
vantaggi di questa misura di controllo sono la riduzione dell’escrezione virale negli allevamenti
infetti e la possibile conservazione in vita degli
cata da ulteriori fattori, che avrebbero diminuito l’accuratezza delle stime di R0, come la bassa trasmissione per
aerosol del ceppo Pan Asia 2001, i bassi tassi di trasmissione tra le pecore, la scarsa trasmissione tra pecore e suini, le diagnosi false positive sul campo e molti
altri. Identificare i fattori non è difficile, lo è quantificare i rispettivi effetti sulla problematica.
La pianificazione dell’emergenza
La soluzione della futura pianificazione dell’emergenza per FMD si basa forse sull’identificazione dei
fattori epidemiologici che si trovano nel passato, sono disponibili nel presente (in tempo reale) e si sono
dimostrati affidabili nel predire accuratamente la prevalenza e durata dei futuri focolai.
Per esempio, IPG e IDS dipendono dalla quantità di
malattia sub-clinica trasmessa prima della diagnosi di
FMD. Entrambe possono essere misurate con i segni
clinici o con il monitoraggio sierologico. Poiché il
tasso di trasmissione per la malattia sub-clinica è basso, l’obiettivo appropriato rimane l’effettivo controllo della malattia; tuttavia, dove la malattia sub-clinica è estesa, IPG e IDS possono predire accuratamente la probabile prevalenza e durata dei focolai. Attualmente i dati empirici consentono di fornire previsioni
su greggi di pecore non vaccinate e su allevamenti di
bovini non vaccinati/vaccinati, ma ulteriori informazioni possono essere ottenute con l’utilizzo di strategie di controllo alternative.
IPG e IDS forniscono misure dirette del tasso di contatto efficace (TCE), che consente di simulare un accurato modello dell’epidemia di FMD. Nel caso in cui
i due parametri derivino da una trasmissione della
malattia sub-clinica, non vi sono i requisiti per stimare il TCE dai fattori o dai cambiamenti epidemiologici o da altre condizioni rilevanti che possono aver influenzato il suo valore, poiché questi hanno pre-determinato il livello di TCE, prima della diagnosi iniziale di malattia. I valori di IPG e IDS possono essere usati per stabilire l’applicabilità economica di un
programma di vaccinazione (dove la lunghezza del
divieto tende a qualsiasi valore; attualmente da sei
mesi, con la vaccinazione conservativa, fino a zero).
L’applicabilità è uguale alla (prevalenza senza la vaccinazione x i costi unitari d’indennizzo per l’abbattimento) + (le perdite per l’esportazione per la durata
dell’epidemia + le perdite per l’esportazione per il divieto post-epidemico dovuto all’abbattimento) – (costi delle vaccinazioni bersaglio + il costo delle perdite per l’esportazione durante il divieto dovuto alla
vaccinazione). Questa valutazione è valida se i prodotti di origine animale possono entrare nella catena
alimentare, altrimenti un’ulteriore sottrazione deve
essere apportata alla vaccinazione come “perdita all’esportazione per la durata dell’epidemia”.
Sanità animale
14
L’OSSERVATORIO
animali. Sia la vaccinazione ad anello, mirata alla
conservazione in vita (vaccination to live), sia
quella soppressiva possono essere vagliate ai fini
della loro convenienza economica. La vaccinazione preventiva (per paesi non endemici come UK)
non è una politica di controllo efficace, ove esista
la probabilità di malattia sub-clinica. Il rischio di
trasmissione tramite animali portatori (carrier)
può essere ridotto con lo sviluppo di una PCR per
proteine virali non strutturali; la rilevazione della
malattia sub-clinica è fortemente ostacolata dalla
vaccinazione a tappeto. Gli allevamenti bovini
vaccinati possono albergare la malattia sub-clinica
per tre settimane ed oltre, prima dell’apparizione
dei sintomi clinici. In combinazione con un’estesa
presenza di malattia sub-clinica osservata nelle pecore nel 2001, la vaccinazione a tappeto richiederebbe un controllo sieorlogico costante di tutti gli
allevamenti vaccinati “per vivere”. Tuttavia per la
vaccinazione ad anello, negli allevamenti bovini
vaccinati, i vitelli al di sotto di 4 mesi potrebbero
essere usati per proteggere i gruppi più vulnerabili. Inoltre, la vaccinazione deve essere effettuata
prioritariamente per proteggere i gruppi più vulnerabili; in ordine decrescente: le manze gravide, il
bestiame giovane tra i 4 e 16 mesi, le bovine di
prima e seconda lattazione, le bovine di terza,
quarta e quinta lattazione, i vitelli fino a tre mesi,
le bovine in asciutta.
In conclusione, i modelli, come ogni test diagnostico,
richiedono una validazione per dimostrare come funzionano prima che siano usati per supportare le decisioni. A questo proposito, si tenga presente che non
vi sono due focolai uguali: l’agente eziologico e la
popolazione suscettibile sono sempre in evoluzione e
la loro interazione cambia secondo le pratiche d’allevamento e le dinamiche di popolazione, determinando l’incertezza della previsione. Indubbiamente, i
modelli predittivi sono buoni strumenti, ma senza la
necessaria conoscenza veterinaria, si possono compiere errori nell’imputare i parametri e allora servono
solamente a far pesare e a giustificare decisioni indifendibili.
1. Veterinario Dirigente Responsabile OEVR c/o IZS
Brescia
Recensione dell’articolo di R.P. Kitching et al. “A review of foot-and-mouth disease with special consideration for the clinical and epidemiological factors relevant to predictive modelling of the disease (2005).
Vet. J., 169, 197-209
Cronologia dell’epidemia di FMD in UK nel 2001
19 FEBBRAIO: sospetto FMD al macello in scrofe da riforma con segni clinici
20 FEBBRAIO: conferma FMD tipo O Pan Asia
Origine e avvio dell’epidemia
Il primo episodio di afta epizootica, comparso in un allevamento di suini, dove è rimasto non diagnosticato per 3 settimane, sembra originato dalla somministrazione di scarti alimentari di ristoranti, non correttamente trattati termicamente.
All’inizio di febbraio, il virus è stato trasportato dal vento in un allevamento adiacente di ovini.
13 febbraio: gli ovini infetti sono stati portati a un mercato di bestiame locale.
15 febbraio: le stesse pecore sono poi state rivendute in un mercato di bestiame più grande e da qui sono
state distribuite in diverse parti del Regno Unito, causando 8 foci epidemici.
Più di 70 allevamenti sono stati così infettati prima del 19 febbraio
23 FEBBRAIO: divieto assoluto di movimentazione animale
1 MARZO: EPIDEMIA (colpite anche il Nord Irlanda e la Scozia) con 127 focolai
13 MARZO: ENDEMIA e primo focolaio in Francia (dip. Maienna)
15 MARZO: politica di DEPOPOLAMENTO in un raggio di 3 Km intorno al focolaio confermato; abbattimento entro 24 ore delle aziende infette ed entro 48 ore delle aziende a rischio e contigue (politica
24/48 ore)
4 APRILE – 29 GIUGNO: DISASTRO (1.793 focolai)
LUGLIO-AGOSTO: i focolai continuano ad aumentare (1.972)
30 SETTEMBRE: ultimo focolaio
Dato finale: 2.030 focolai con 4.042.166 animali abbattuti
Costi: 14,5 miliardi di Euro (25% relativo ai contribuenti e 75% alle perdite nelle esportazioni e turismo)
L’OSSERVATORIO
15
Sanità animale
Comunicazione e formazione
13S International Symposium
Salmonella and Salmonellosis
10-12 maggio 2006 – Saint Malo - Francia
Programma
10 maggio Sessione 1. Rilevazione, identificazione e tipizzazione
Sessione 2. Resistenza antimicrobica
11 maggio Sessione 3. Interazioni tra ospiti e batteri
Sessione 4. Ecologia ed epidemiologia animale
12 maggio Sessione 5. Epidemiologia e salute pubblica
Sessione 6. Valutazione del rischio e gestione del rischio
Per maggiori informazioni contattare la segreteria organizzativa:
ISPAIA – B7 – 22440 Ploufragan - Francia
Tel. +33 2 96 78 61 30
Fax +33 2 96 78 61 31
Web site: www.zoopole.com/ispaia/i3s2006
Il Workshop Nazionale di Epidemiologia Veterinaria
“Medicina umana, medicina veterinaria e tutela dell’ambiente: possibili sinergie in sanità pubblica”
Perugia – Sala Congressi della Camera di Commercio - 12-13 giugno 2006
In seguito all’interesse suscitato dalla prima edizione svoltasi nel
giugno scorso l’ISS e il Comitato Scientifico del Workshop hanno
deciso di riproporre l’evento con cadenza annuale.
I principali argomenti di sanità pubblica veterinaria proposti quest’anno sono:
- la ricerca di evidenze oggettive per identificare razionalmente gli
interventi efficaci
- la sorveglianza ed i sistemi informativi
- l’integrazione medico-veterinaria negli interventi di sanità pubblica
Il Workshop è rivolto a veterinari, medici, chimici, biologi delle
strutture del SSN e delle Università che operano nel campo della
prevenzione svolgendo attività di sorveglianza e interventi di sanità
pubblica e veterinaria.
Programma
Giovedì 12/06/2006 ore 14,00-18,00
Medicina / Prevenzione basata sull’evidenza
- Aspetti teorici e applicativi
- Definizione e raccolta delle evidenze
- Definizione degli indicatori
Venerdì 13/06/2006 ore 9,00-16,00
- Valutazione dei sistemi di sorveglianza epidemiologica
- Analisi del rischio: come e quando
- Sanità “unica”: integrazione tra medicina, veterinaria e tutela dell’ambiente
Per tutte le informazioni consultare i siti www.pg.izs.it e www.iss.it/saan