TO BEE - Slow Food Torino

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TO BEE - Slow Food Torino
TO BEE
don’t make a change, be a part of it!
Torino e l’apicoltura urbana: uno sviluppo sostenibile
POLITECNICO DI TORINO
Design e Comunicazione
Visiva
a.a. 2015/2016
TESI DI LAUREA DI PRIMO LIVELLO
Cecilia Roella
RELATORE
Cristian Campagnaro
A tutti coloro che mi hanno vista
piangere e ridere senza motivo, alla
mia famiglia e a mio Nonno Virgilio
senza il quale, sicuramente, non
avrei mai scritto nulla di tutto ciò.
TO BEE
don’t make a change, be a part of it!
Torino e l’apicoltura urbana: uno sviluppo sostenibile
POLITECNICO DI TORINO
Design e Comunicazione
Visiva
a.a. 2015/2016
TESI DI LAUREA DI PRIMO LIVELLO
Cecilia Roella
RELATORE
Cristian Campagnaro
Sommario
2
Il mondo delle api
15
18
21
Cos’è un’ape?
Dove vive?
Cosa produce?
1
3
La storia dell’apicoltura
L’importanza delle api e il CCD
25
29
Il ruolo delle api in natura
La sindrome dello spopolamento
degli alveari
4
6
La nascita dell’apicoltura
urbana
L’introduzione dell’apicoltura in
città
33
40
Nel mondo
A Torino
73
78
82
La sconfitta dei luoghi comuni
Il rapporto con gli orti urbani
L’apicoltura urbana come
innovazione sociale
5
7
Casi studio: il contributo dei
progettisti
Il ruolo del progettista in un
processo di innovazione sociale
46
50
62
La comunicazione
Le arnie urbane
Le installazioni
97
100
104
108
Gli obiettivi del progettista
La comunicazione visiva
Strategic design e service design
Il ruolo del progettista a Torino
IN
TRO
DU
ZIO
NE
L’apicoltura urbana è un fenomeno
piuttosto recente che ha riscosso un
considerevole successo nelle più grandi
metropoli del mondo, da New York
City a Parigi fino a Tokyo. Torino è la
prima città di Italia che ha assistito al
fenomeno delle api in città, grazie anche
al lavoro di Antonio Barletta con Urbees,
il quale ha tentato di essere da esempio
per tutte le altre metropoli italiane.
Tuttavia non possiamo dire che a Torino
il fenomeno dell’apicoltura urbana abbia
avuto un’enorme fortuna come nelle
altre grandi città del mondo: sono infatti
diverse le problematiche a cui si va
incontro in seguito, o addirittura a priori,
all’inserimento delle arnie nel contesto
urbano. Primo fra tutti, il dissenso da parte
dei concittadini. L’apicoltura rappresenta
però un grande potenziale per la nostra
città grazie ai numerosi benefici che è
in grado di generare, i quali la rendono
una vera e propria innovazione sociale.
Il progettista deve così affrontare le
problematiche esistenti per consentire
alle api di vivere in tranquillità a Torino e ai
cittadini di beneficiare non solo dei prodotti
dell’alveare,ma anche di un ecosistema
meno inquinato. L’obiettivo è quello di
diffondere l’apicoltura nel contesto urbano
attraverso l’attuazione di vere e proprie
strategie operative e di comunicazione
per garantire un miglioramento dal punto
di vista ambientale, sociale ed economico.
Il designer diventa in questo contesto
un attore sociale, che collabora con gli
esperti del settore per facilitare il processo
e renderlo replicabile su larga scala. Il
titolo di questa trattazione, To Bee , allude
al verbo inglese “to be”, essere, in quanto
come scoprirete nel corso di queste
pagine il designer è parte essenziale di un
processo di innovazione sociale. Si va oltre
il classico product design per giungere ad
una trasformazione del design stesso, che
si pone al servizio della collettività e dei
cambiamenti sociali.
Nell’era in cui viviamo, infatti, la
progettazione di oggetti dovrebbe passare
in secondo piano, per lasciare spazio alle
esigenze del XXI secolo che riguardano
la sostenibilità e la salvaguardia
dell’ambiente, che abbiamo a lungo
danneggiato.
CAPITOLO PRIMO
LA STORIA DELL’ APICOLTURA
Con apicoltura si intende l’allevamento
di api con lo scopo di sfruttare i prodotti
dell’alveare,
inteso
come
un’arnia
popolata da una famiglia di api. Il mestiere
dell’apicoltore consiste nel procurare
alle api ricovero e cure, in cambio di
una quantità discreta del loro prodotto
consistente in miele, polline, cera d’api,
pappa reale e propoli. Attualmente è una
pratica diffusa in tutti i continenti, ma
differisce a seconda della varietà di api,
del clima e dello sviluppo economico
dell’apicoltore.
Dopo questa breve introduzione, è
opportuno chiederci come si è sviluppato
questo fenomeno e quando ha iniziato
a diffondersi in tutto il mondo. I dati più
antichi conosciuti sono quelli scoperti da
Hernandez Pacheco nel 1921 e risalenti
a 7000 anni prima di Cristo: si tratta di
diverse pitture rupestri che raffigurano
un uomo nell’atto di carpire il miele,
rinvenute nelle Grotte del Ragno nei pressi
di Valencia, in Spagna. Per comprendere
queste raffigurazioni bisogna tenere
conto del fatto che in quei territori le
api facevano il nido nelle crepe delle
rocce e, nelle vicinanze della grotta in
cui sono state ritrovate queste incisioni,
era una pratica comune tra i contadini
calarsi con funi e scale sulle pareti
rocciose alla ricerca di favi e miele. Sui
più antichi documenti scritti conosciuti,
ovvero le tavolette d’argilla della società
mesopotamica, sono presenti passi che
descrivono il miele come medicina. È una
testimonianza di come il miele, nel corso
del tempo, sia sempre stato considerato
come uno degli alimenti più preziosi
accessibili all’uomo e spesso ritenuto
miracoloso, sia come alimento sia come
farmaco.
La storia dell’apicoltura /11
Nell’antico Egitto l’ape compare come
simbolo grafico presente nei cartigli
che raffiguravano i nomi dei faraoni
e viene inoltre usata come marchio
rappresentante il Basso Egitto. I titoli del
faraone erano sempre associati al simbolo
dell’ape, emblema di sovranità e comando.
Nelle numerosissime rappresentazioni
egiziane, spesso raffiguranti l’estrazione
del miele da arnie villiche e la sua
conservazione in vasi dalla forma sferica,
si comprende come nell’antico Egitto
la tecnica apistica raggiunse livelli più
alti che nel resto del mondo. Ancora
oggi l’apicoltura tradizionale dell’Alto
Egitto è rimasta simile ed un metodo
d’allevamento dello stesso tipo è in uso
anche nel Nord Africa.
Anche i Greci forniscono molte notizie
sul miele, da loro considerato come “il
cibo degli dei”. Lo stesso Omero, nei sue
racconti sulla guerra di Troia, parla di api
e di miele, sempre presente nei copiosi
banchetti. Le migliori trattazioni greche
sulle api sono quelle di Aristotele, che
nella sua Historia Animalium dell’488 a.C
descrive l’ape come un “animale sociale”
che vive in un gruppo organizzato, in cui
tutti i membri si adoperano per un fine
comune. È proprio nell’antichità classica,
che non conosce dolcificanti alternativi
al miele e che usa la cera per molti scopi,
che l’apicoltura diventa un’attività di
grande rilevanza economica. Secondo le
fonti di Pericle risalenti al 461 a.C. la zona
Attica, in Grecia, aveva oltre 20.000 alveari
che erano fonte di ricchezza per i loro
proprietari, poiché questa era la regione
che vantava il miele di timo più pregiato
al mondo.
I Romani erano grandi consumatori di
miele, tanto che la domanda eccedeva
la produzione del tempo e, da sempre,
importarono il miele e altri prodotti
dell’alveare da Creta, Cipro e Malta,
il cui nome originale Meilat, si pensa
significasse appunto “terra del miele”.
12/ La storia dell’apicoltura
Pitture rupestri nelle Grotte del ragno, Valencia
Il miele veniva principalmente utilizzato
come dolcificante, ma anche per la
preparazione del vino di miele (idromiele),
della birra di miele, di numerose salse
agrodolci e come conservante alimentare.
Plinio il Vecchio, nella sua opera Storia
Naturale, presenta diversi e dettagliati
utilizzi della cera, il che dimostra che si
conosceva già il metodo di astrazione,
purificazione e di sbiancamento della cera
d’api. Nel 30 a.C., al tempo dell’imperatore
Augusto, l’apicoltura era nella sua età
d’oro. Le api venivano raccolte nei tronchi
cavi d’albero o in casse di legno spalmate
di creta e sterco bovino ed erano rare le
case di campagna prive di alveari.
L’apicoltura ebbe un’enorme fortuna
anche sotto l’impero di Carlo Magno, il
quale stabilì l’obbligo che in ogni podere
dovesse lavorare anche un apicoltore,
con il compito di badare alle api e di
produrre miele e idromiele. In questo
periodo era ampiamente diffusa l’arnia in
paglia intrecciata, che porta alla nascita
dell’apicoltura razionale in quanto l’uomo,
per avere miele in abbondanza, decise di
allevare le api entro contenitori. Nel corso
dei secoli c’è stata una lenta evoluzione
delle tecniche apistiche e delle arnie, fino
ad arrivare a quella in uso attualmente
inventata da Lorenzo Lorraine Langstroth
nel 1851.
Con la scomparsa delle grandi civiltà
antiche e con la caduta dell’Impero
Romano, l’apicoltura subì un’involuzione
e continuò ad essere praticata solo
Nell’Antica Grecia il miele era
visto come il “cibo degli dei”
dai monaci nei conventi per ricavare
il prezioso miele e la cera utile alla
produzione di candele per il culto. Dopo
l’anno mille, col sorgere dei Comuni e
delle fiorenti Repubbliche, l’apicoltura
torna ad essere un’attività molto
praticata e redditizia. Ben presto però,
successivamente alla scoperta del Nuovo
Mondo, il miele passò in secondo piano
a causa della diffusione dello zucchero
come dolcificante. L’apicoltura tornò così
ad essere una pratica poco diffusa, gestita
per lo più da contadini che si limitavano
a raccogliere il miele eliminando le api. In
epoca rinascimentale si registrò in tutta
Europa un nuovo interesse per la biologia
delle api e la nascita del microscopio
diede un importante contributo per lo
sviluppo di nuove conoscenze nel campo.
A quei tempi erano ancora diffuse tante
informazioni inesatte, ad esempio la
credenza che il re dell’alveare fosse
maschio, ma l’invenzione di Galileo portò
un nuovo entusiasmo e le api furono i
primi insetti ad essere dipinti come visti
al microscopio. Nella seconda metà
dell’ottocento ci furono molte invenzioni
legate al mondo dell’apicoltura, le quali
portarono alla nascita dell’arnia moderna.
Come anticipato, fu infatti l’americano
Langstroth ad inventare il telaio mobile
con i listelli laterali staccati consentendo
così di estrarre il miele con facilità e
senza uccidere le api. In questo periodo
in Italia nacquero anche molte riviste
specializzate, come Le api e i fiori del 1883
e L’apicoltura nazionale risorta del 1885.
A partire dal XIX secolo, l’apicoltura torna
ad essere un’attività “nobile” e diffusa,
grazie anche alle nuove scoperta che
l’hanno resa più facile e alla portata di tutti.
Per concludere questa riflessione generale
sulla nascita, lo sviluppo e la diffusione
dell’apicoltura,bisogna ricordare che è una
pratica che affonda le sue radici in tempi
molto lontani ma che, come vedremo nel
corso di questa trattazione, è allo stesso
tempo moderna ed attuale.
Raffigurazione delle “skeps”, le ceste in paglia in
cui venivano allevate le api prima dell’invenzione
dell’arnia con telai mobili di Langstroth
La storia dell’apicoltura /13
CAPITOLO SECONDO
IL MONDO DELLE API
L’APE
Dopo aver tracciato una breve storia
dell’apicoltura e della sua nascita
come pratica razionale, è opportuno
concentrarci sulla protagonista di questa
attività: l’ape.
Innanzitutto ho utilizzato il genere
femminile in quanto, tecnicamente, l’ape
è femmina. Come vedremo più avanti
l’alveare è costituito da migliaia di individui
dal sesso femminile e da un centinaio di
fuchi, di sesso maschile.
Dal punto di vista tassonomico l’ape è un
insetto sociale appartenente alla famiglia
Apidae, che raggruppa tutti gli insetti
imenotteri come ad esempio la vespa,
il bombo, la formica e appunto l’ape. Di
quest’ultima esistono varie specie, ma
due soltanto possono essere allevate
dall’uomo: l’Apis mellifera e l’Apis cerana.
Noi ci concentreremo maggiormente
sulla prima specie, in quanto è diffusa in
tutto il mondo ed è l’unica conosciuta nel
continente europeo.
Le api esistono sulla terra da circa quattro
milioni di anni e, come dimostrano i
reperti fossili, non hanno mai mutato il
loro aspetto. Questa stabilità della specie
è la dimostrazione della sua grande
capacità di adattamento, che al giorno
d’oggi le consente di sopravvivere anche
in un ambiente urbano. Da sempre le api
hanno avuto un enorme importanza per
l’uomo, sia grazie alla loro produzione di
miele sia grazie al ruolo fondamentale di
impollinazione. Come ha asserito Albert
Einstein “Se un giorno le api dovessero
scomparire,
all’uomo
resterebbero
soltanto quattro anni di vita”, affermazione
che può apparire inizialmente drastica ma
che dopo un opportuno ragionamento
risulta essere veritiera. Le api sono infatti
responsabili dell’impollinazione del 70%
Il mondo delle api /15
delle angiosperme e, qualora dovessero
estinguersi, l’uomo ne sarebbe colpito
direttamente a causa della mancanza di
beni primari come la frutta, la verdura ed il
cotone. Più avanti approfondiremo questo
aspetto e illustreremo tutti i benefici che
l’uomo ricava dall’esistenza delle api.
L’ape regina e l’ape operaia
L’alveare è una società matriarcale
governata da un’ape regina, l’unica
femmina fertile della famiglia che dopo
il volo nuziale, in cui viene fecondata dai
fuchi, è in grado di deporre uova per i suoi
quattro o cinque anni di vita. Vediamo
ora quali sono le fasi che attraversano le
uova appena deposte prima di giungere
a maturazione. Dopo soli tre giorni dalla
deposizione dell’uovo fecondato in una
cella da parte della regina, questo si
schiude. La larva viene inizialmente nutrita
con la pappa reale, un liquido secreto
dalle ghiandole faringee delle operaie. In
seguito solo l’ape prescelta come regina
continuerà ad essere nutrita in questo
modo, alle api restanti verrà dato un misto
di miele e polline. Al decimo giorno la larva
ha completato il suo sviluppo e le api
operaie procedono ad percolare la cella,
ovvero a chiuderla. La larva si chiude in un
bozzolo e, dodici giorni dopo, dalla celletta
esce una giovane ape che presenta
l’aspetto e le dimensioni definitive.
Dunque dal momento della deposizione
dell’uovo fecondato alla nascita dell’ape
passano solo tre settimane. L’ape operaia
nei suoi primi dieci giorni di vita si occupa
di preparare le celle per le prossime uova
e, una volta completato lo sviluppo delle
sue ghiandole, diventa nutrice cioè è
lei stessa a nutrire le giovani larve. Al
termine di questo periodo l’ape operaia
inizia a compiere i primi giri in volo intorno
all’alveare. Nel periodo che va tra i dieci ed
16/
Da sinistra: ape operaia, ape regina e fuco.
Il fuco
i venti giorni di vita, si sviluppano le sue
ghiandole sericipere, ovvero quelle che
producono la cera. L’ape ha ora il ruolo di
costruttrice e partecipa all’ampliamento
dei favi, alla trasformazione del nettare
in miele e alla regolazione termica
dell’alveare, ottenuta agitando le ali
“da fermo”. Protegge inoltre l’alveare e
la regina dagli stranieri come le vespe
ed i ladri, cioè tutte le api provenienti
da un alveare diverso. L’ape operaia,
ormai matura, diventa bottinatrice ed
ha il compito di dirigersi in giro per la
campagna alla ricerca di nettare, polline,
melata, propoli ed acqua. E’ proprio in
questo modo che l’ape operaia completa
il suo ciclo di vita, a fine estate, morendo
di sfinimento durante un suo ultimo giro
di bottinaggio. Nel periodo che precede
l’autunno nascono delle nuove api operaie
che vivranno dai cinque ai sei mesi, grazie
ad un corpo più ricco di acidi grassi che
le consente di sopravvivere alla fredda
stagione invernale. Il loro lavoro è quello
di proteggere la regina e di mantenere
l’alveare ad una temperatura di circa 30°C
ed infine, con l’arrivo della primavera, di
preparare le nuove generazioni.
L’ultima categoria di ape presente
nell’alveare è il fuco, di sesso maschile,
che nasce tra la primavera e l’inizio
dell’estate dalle uova non fecondate. Le
sue dimensioni sono maggiori rispetto a
quelle dell’ape operaia, ma è sprovvisto
di pungiglione. I fuchi non partecipano
al lavoro dell’alveare e non possono
nutrirsi da soli per via delle lingua troppo
corta e dipendono quindi interamente
dalle operaie. Il loro ruolo è strettamente
limitato alla fecondazione della giovane
L’alveare è una società
matriarcale
regina durante il volo nuziale. Quelli che
riescono ad accoppiarsi muoiono poco
tempo dopo. Quanto agli altri, le operaie
smettono di nutrirli alla fine dell’estate
ed essi, sempre più deboli ma mano
che l’autunno si avvicina, finiscono per
essere cacciati dall’alveare o muoiono di
sfinimento o freddo.
Il mondo delle api /17
DOVE VIVE?
Abbiamo visto come una colonia di api
sia una società gerarchica e strutturata,
all’interno della quale ogni individuo deve
rispondere ad un compito ben preciso. Ora
vediamo invece dove si rifugiano le api in
natura e dove vengono ospitate nella
pratica dell’apicoltura. Nel primo caso,
le api si lasciano guidare dal loro istinto
alla ricerca di una cavità dalle dimensioni
appropriate in cui costruire i favi. Questi
vengono attaccati al soffitto e alla pareti
interne della cavità, creando così le
condizioni termiche e di umidità adatte ad
ospitare un famiglia di api. Nell’apicoltura
razionale invece è l’allevatore a fornire alle
api un riparo, che consiste sovente in una
cassetta di legno, che prende il nome di
arnia. Spesso nel linguaggio colloquiale
il termine alveare è utilizzato come
sinonimo di arnia, nonostante uno sia
Arnia di Langstroth composta da: nido,
melario, coprifavo, tetto e telai mobili
18/ Il mondo delle api
più indicato per un rifugio di tipo naturale
e l’altro per quello di tipo artificiale.
Queste due tipologie possono essere
classificate anche come arnia rustica,
che si può trovare naturalmente nella
cavità di una pianta, e arnia razionale,
costruita artificialmente dall’uomo. È
interessante spendere due parole in merito
all’evoluzione di quest’ultima. La prima
tipologia di arnia costruita dall’uomo
prende il nome di arnia tradizionale o in
inglese “skeps”, che significa cesta, proprio
per indicare il materiale con cui questa
veniva fabbricata, cioè la paglia. Venne
ampiamente utilizzata nell’antico Egitto e
in tutta la regione mediterranea, grazie alla
sua economicità e alla semplicità degli
elementi necessari per la sua costruzione.
Tuttavia non può essere definita come
arnia razionale, in quanto era necessario
distruggere i favi per raccogliere il miele
prodotto dalle api, le quali dovevano poi
ricostruirli per una seconda raccolta.
L’arnia in paglia venne utilizzata in Europa
per secoli, fino al 1851 quando l’americano
Langstroth inventò l’arnia con i pannelli
mobili, che consentono di estrarre il miele
senza distruggere i favi. Un’arnia di tipo
razionale è generalmente composta da un
fondo, dove è situato l’ingresso per le api
nell’arnia, da una camera di allevamento,
che ospita il nido, e dal melario, una parte
rimovibile che contiene i telai mobili
destinati ad essere riempiti di miele. Infine
è sovrastata da un coprifavo e da un
tetto, a protezione dal sole e dagli agenti
atmosferici. Sui telai mobili le api operaie
costruttrici creano i favi, costruzioni
verticali in cera modellati con delle cellette
esagonali che possono contenere miele,
polline o covata. Infine, è utile sapere che
un gruppo di arnie collocate in uno stesso
sito prendono il nome di apiario.
/19
COSA PRODUCE?
Il miele
Le api rappresentano una grande
risorsa per l’uomo, per diversi motivi
che indagheremo nel corso di questi
capitoli. Uno tra questi, il più immediato
e materialista, è la produzione di miele,
cera, propoli e pappa reale.
Fin dall’antichità il miele è stato un
alimento molto importante per l’uomo,
utilizzato per dolcificare, per preparare
bevande fermentate e per conservare il
cibo. Vediamo ora nel dettaglio cos’è e
come viene prodotta questa sostanza da
sempre ritenuta come “il cibo degli dei”.
Il miele è un alimento prodotto dalle api
sulla base di sostanze zuccherine che
queste raccolgono in natura. I principale
“ingredienti” sono il nettare, emesso dalle
piante da fiori, e la melata, un derivato
della linfa degli alberi, prodotta da alcuni
insetti succhiatori che trattengono l’azoto
ed espellono il liquido in eccesso ricco di
zuccheri dalla linfa. Per le piante, il nettare
serve ad attirare i vari insetti impollinatori,
allo scopo di assicurare la fecondazione
dei fiori. La composizione del nettare varia
a seconda delle piante che lo producono,
ma è solitamente composto da glucidi,
come saccarosio e acqua.
La produzione del miele inizia nel gozzo
dell’ape bottinatrice, nel suo volo di
ritorno verso l’alveare. Nella cavità orale
dell’ape, l’invertasi, un enzima che ha
la proprietà di scindere il saccarosio
in glucosio e fruttosio, si aggiunge
al nettare. Prende vita una reazione
chimica, l’idrolisi, che porta alla creazione,
appunto, di glucosio e fruttosio. Giunta
nell’alveare, l’operaia rigurgita il nettare
che deve essere disidrato per assicurarne
la conservazione. A questo scopo, le
bottinatrici lo depongono in strati sottili
20/ Il mondo delle api
sulle pareti delle celle e, grazie al lavoro
delle operaie ventilatrici che creano una
corrente d’aria all’interno dell’alveare,
l’acqua evapora. Quando questa è ridotta
ad una percentuale del 17-18%, il miele
è maturo. Viene dunque deposto in altre
cellette che vengono sigillate con un
sottile strato di cera.
Da questo momento in poi è l’apicoltore
che deve compiere una serie di lavorazioni
per rendere il miele commercializzabile.
Per avere accesso al miele, l’allevatore
deve dapprima rimuovere le api contenute
nel melario. Per questa operazione
possono essere utilizzati due strumenti
diversi: il soffiatore o gli apiscampi.
Utilizzando il soffiatore, il melario viene
posto in posizione verticale sull’arnia, lo
strumento spazza via tutte le api in pochi
secondi ed i telaini sono pronti per essere
portati via. Il processo con gli apiscampi
è invece più lungo, in quanto questi
devono essere posizionati tra il nido ed il
melario qualche giorno prima di poterlo
portare via. Una volta asportati dall’arnia,
i melari vengono portati in laboratorio
ed accatastati. È necessario controllare
il livello di umidità del miele con uno
strumento apposito detto mielometro.
Successivamente si procede con la
disopercolatura, ovvero si asportano i
tappi che chiudono le cellette del favo
per consentire la fuoriuscita di miele. È
un’operazione manuale effettuata con
un’apposita forchetta o coltello, oppure
attraverso un processo meccanizzato
grazie alla macchina disopercolatrice. Una
volta aperte le cellette, i telaini vengono
posti nello smielatore che, grazie alla
forza centrifuga, fa fuoriuscire il miele e
lo convoglia nei maturatori. Il miele passa
Il mondo delle api /21
qui attraverso dei filtri che trattengono i
residui di cera, i resti delle api e qualsiasi
altro materiale che fosse accidentalmente
finito nel miele. Durante la smielatura
la sostanza acquista dell’aria che viene
eliminata durante la fase di decantazione,
nella quale si formano delle bollicine in
superficie sotto forma di schiuma, che
viene infine rimossa. Il miele è ora pronto
per essere consumato ma, per migliorarne
la spalmabilità, viene fatto cristallizzare e
aumenta così la sua cremosità. L’ultima
fase è quella dell’invasettamento,
agevolata da una macchina apposita che
prende il nome di invasettatrice.
L’apicoltura è in grado di offrire mieli assai
vari per origine, aspetto e sapore. Le api
infatti visitano migliaia di specie vegetali,
che danno origine a mieli molto diversi,
specialmente nel contesto urbano in cui
la biodiversità è assai varia. Il miele è
detto monofloreale,ed è generalmente più
pregiato, se proviene da un’unica varietà
di fiori. In questo caso l’apicoltore sistema
le proprie arnie nel momento esatto della
produzione del nettare del fiore desiderato
e le ritira subito dopo per raccoglierlo.
Gli altri mieli sono detti millefiori e sono
più delicati. A seconda dei fiori da cui
viene tratto il nettare, varia il colore, la
consistenza ma soprattutto il sapore e le
proprietà organolettiche del miele, ovvero
le sue caratteristiche fisiche e chimiche
che generano specifiche differenze
nell’olfatto e nel gusto.
Ottimo come alimento, il miele è anche
conosciuto da tempo per le sue proprietà
benefiche e antibatteriche, dovute alla sua
alta concentrazione zuccherina e al PH
acido. Infatti nella medicina erboristica il
miele è suggerito per la cura dell’apparato
respiratorio, contro la tosse ed il catarro
se sciolto nel latte on nel tè. Le differenti
proprietà curative di queste sostanza
dipendono dalla sua flora nettarifera,
ma nel complesso possiamo dire che è
veramente “il cibo degli dei”.
22/ Il mondo delle api
La pappa reale
La pappa reale è prodotta dalle secrezioni
del sistema ghiandolare della api tra il
quinto ed il quattordicesimo giorno di vita,
nella loro fase da nutrici. È una sostanza
biancastra dalla consistenza gelatinosa,
di sapore caldo, acido e leggermente
dolce, che costituisce il nutrimento di
tutte le larve della colonia, fino al loro
terzo giorno di vita, e della regina. Il nome
pappa reale infatti deriva dal fatto che le
larve alimentate con questa sostanza
diventano regine ed è per questo che
viene ritenuta un alimento nobile.
Similmente al miele, è un alimento con
proprietà benefiche anche per l’uomo e
vien commercializzato come una variante
ancora più nutriente e benefica del miele
stesso. Seconda la medicina erboristica è
un ottimo ricostituente che dona energia
e vitalità al corpo contro la stanchezza
fisica.
Il propoli
Con il termine propoli si intende una serie
di sostanze resinose e balsamiche dalla
consistenza viscosa raccolte dalle api
su alcuni vegetali. Le principali essenze,
ovvero specie arboree, produttrici di
propoli sono le conifere (pino, abete e
peccio). All’interno dell’alveare il propoli
assume diverse utilizzi, ad esempio serve a
riempire e rinforzare i favi e le parti difettose
e viene utilizzato come disinfettante nelle
cellette prima della deposizione delle
uova da parte della regina. Serve anche a
mummificare gli intrusi morti evitandone
la decomposizione, quando sono toppo
grossi per essere portati fuori dall’alveare
dalle api stesse. L’uomo utilizza il
propoli nella produzione di caramelle
e in soluzione alcolica per combattere
le infezioni orali. In virtù delle sue
innumerevoli attività benefiche, prodotti a
base di profilo vengono utilizzati anche in
campo agricolo per la difesa delle colture.
La cera
La cera è l’ultimo dei prodotti dell’alveare
e forse quello maggiormente impiegato
dall’uomo nella produzione di candele,
prodotti cosmetici e farmaceutici, come
rivestimento dei formaggi durante
la stagionatura e in soluzione come
lucidante per i mobili. Nonostante la sua
enorme diffusione, spesso la cera non
viene ricollegata direttamente alle api e
al loro lavoro. È una secrezione prodotta
da otto ghiandole situate sull’addome
delle api giovani, tra i 12 e i 19 giorni, per
costruire i favi. L’Apis mellifera utilizza la
cera per costruire le celle del loro favo, dove
vengono cresciute le larve e depositati
miele e polline. Quando gli apicoltori
estraggono il miele, disopercolano ogni
singola cella, ovvero ne recidono la
copertura. La cera può avere un coloro
variabile dal giallo al marrone scuro, a
seconda della purezza e dal tipo di fiore
raccolto dalle api per la sua produzione.
La cera dei favi di covata di covata tenere
ad essere più scura di quelli in cui viene
raccolto il miele, poiché le impurezze vi si
accumulano più velocemente e dunque
necessita di essere trattata prima di
qualsiasi utilizzo.
/23
CAPITOLO TERZO
IL RUOLO DELLE API IN NATURA E IL CCD
L’ape impollinatrice
Abbiamo visto come i prodotti dell’alveare
siano necessari all’uomo in campo
alimentare e farmaceutico, ma il ruolo delle
api in natura si estende al di là del fattore
produttivo. Possiamo infatti dire senza
esitazioni che questi piccoli imenotteri
siano fondamentali per il nostro pianeta
e la sua biodiversità. Le api sono infatti
uno degli esemplari più laboriosi esistenti
al mondo e grazie alla loro considerevole
etica lavorativa, dobbiamo moltissimo, in
qualità di essere umani, a questi insetti
spesso non apprezzati.
Verso la fine della primavera e per tutto il
periodo estivo, possiamo gustare i frutti di
alberi e campi coltivati. Ma ci domandiamo
mai come vengono impollinati i nostri
fiori e le nostre piante da cui nascono
tutti i prodotti agricoli che consumiamo
quotidianamente? Le api sono una parte
essenziale di questo processo che porta
alla nascita dei vegetali, che prende il
nome di impollinazione. Con questo
termine si intende il trasporto di polline
dall’apparato riproduttivo maschile di una
pianta all’apparato riproduttivo femminile
di un’altra pianta della stessa specie.
Mentre alcune piante sono in grado di
fecondarsi da sole o con l’aiuto del vento,
altre, in particolare le angiosperme, fanno
affidamento sul ruolo di impollinazione di
alcuni animali come i pipistrelli, le farfalle,
le falene, i colibrì e le api. Quest’ultime
tendono a focalizzare le proprie energie su
un’unica specie di pianta alla volta, fattore
che rende il loro lavoro particolarmente
efficace. Infatti visitando la stessa
tipologia di fiore durante un’escursione,
l’ape rende migliore la quantità e la qualità
dei frutti prodotti. Risulta immediato
dunque pensare che se le api dovessero
un giorno estinguersi dalla Terra, si
Il ruolo delle api in natura e il CCD /25
giungerebbe ad un vero e proprio disastro
biologico dal quale nemmeno l’uomo
potrà uscirne immune. Come già disse
il fisico e filosofo Albert Einstein, “Se le
api dovessero scomparire dalla Terra,
all’uomo potrebbero rimanere soltanto
quattro anni di vita”.
Purtroppo, al giorno d’oggi, la minaccia
non è troppo lontana in quanto l’equilibrio
biologico venutosi a creare in milioni
di anni di evoluzione è ora a rischio per
colpa dell’uomo. A causa dei fertilizzanti
chimici impiegati nel settore agricolo e
delle monocolture intensive, le famiglie di
api si stanno lentamente estinguendo. Gli
agricoltori cinesi della regione del Sichuan,
Se le api dovessero
scomparire dalla Terra,
all’uomo potrebbero rimanere
soltanto quattro anni di vita
dopo 3000 anni di agricoltura sostenibile,
sono stati costretti ad impollinare
“manualmente” i fiori degli alberi di
mele, a causa della grave moria di api
registrata nella regione. Questo è solo un
esempio di ciò che sta avvenendo in tutto
il mondo, Europa compresa. L’allarme è
stato lanciato dallo STEP, un programma
finanziato dall’Unione Europea nel quale è
evidente il declino delle api impollinatrici,
dovuto ai repentini cambiamenti climatici
in atto a livello globale, alla trasformazione
del paesaggio, alla frammentazione degli
habitat adatti alla sopravvivenza delle
api, all’utilizzo di fertilizzanti chimici,
all’intensificazione delle pratiche agricole
26/
1947
6 milioni di alveari
1980
4.5 milioni di alveari
2008
2.4 milioni di alveari
Declino delle colonie di api negli Stati Uniti
censito dal U.S. Department of Agricolture
e alla conseguente eliminazione delle
flora spontanea . È dunque evidente
come sia rilevante l’impatto umano
nel declino degli impollinatori e come
dovremmo contrastarlo con una gestione
più sostenibile della campagna e degli
ambienti urbani. Considerando che la
produzione agricola mondiale si basa
quasi completamente sull’impollinazione
delle api, la loro estinzione potrebbe
avere un effetto diretto sulla stabilità
della produzione alimentare e sui
prezzi di consumo. Le conseguenze
non sarebbero dunque solo ambientali,
ma anche economiche e riguardanti la
salute dell’uomo a causa della limitata
disponibilità di frutta e verdura. Per
tutti questi motivi elencati è necessario
preservare gli habitat naturali delle
impollinatrici o fornire loro un habitat
alternativo,
preservando
così
la
popolazione di questi preziosissimi insetti.
Il ruolo delle api in natura e il CCD /27
L’ape come sentinella
ambientale
Un altro ruolo importante attribuibile
all’ape è quello di sentinella ambientale.
Da molti anni l’ape è utilizzata in
laboratorio per saggiare la tossicità
dei prodotti impiegati in agricoltura.
Le percentuali di mortalità ottenute
consentono di classificare il principio
attivo dei fertilizzanti come altamente,
moderatamente o leggermente tossico
nei confronti delle api stesse. Negli ultimi
decenni, tuttavia, l’interesse dei ricercatori
si è spostato sulla valutazione dell’impatto
ambientale su questo insetto in quanto
organismo utile come impollinatore. Come
abbiamo visto infatti ,gli agrofarmaci,
se impiegati erroneamente, causano
la morte di intere famiglie di api che vi
entrano in contatto durante le attività
di bottinaggio. Questo concetto può
essere applicato per il biomonitoraggio
dei metalli pesanti presenti in un dato
28/ Il ruolo delle api in natura e il CCD
ecosistema, che possono essere “captati”
facilmente dai peli del corpo delle api o
essere ingeriti tramite il polline o il nettare
successivamente stoccati nell’alveare.
Analizzando le api o, ancor meglio, il miele
è possibile ottenere informazioni riguardo
la quantità di metalli pesanti presenti
all’interno di un’area che sia essa rurale
o urbana. Antonio Barletta, fondatore di
Urbees, ha analizzato il miele prodotto
dalle api presenti a Torino per controllarne
la commestibilità ed in seguito lo ha
utilizzato come strumento per tenere
sotto controllo l’inquinamento della città.
Su questo punto ci torneremo nel corso
delle pagine successive. Quello che è
importante ricordare è la moltitudine di
utilizzi attribuibili al miele, visto non solo
come alimento o farmaco, ma anche
come bioindicatore.
PERDITA PERCENTUALE DI COLONIE DI API NEL 2007/2008
0
PERDITA NORMALE
DELLA COLONIA IN
INVERNO
Italia
Francia
Gran
Bretagna
Stati Uniti
Danimarca
23%
20
29%
37,4%
15%
Paesi
Bassi
33%
32%
36%
40
60
80
100
Tratto dal 1° numero del Journal of Apicultural Research 2010 dedicato alle morie delle api in
Europa.
Sindrome di spopolamento
degli alveari (CCD)
Come accennato, negli ultimi decenni
si è iniziato a parlare della sindrome di
spopolamento degli alveari, conosciuta
in inglese come CCD (Colony Collapse
Disorder), un fenomeno per cui le api
periscono bruscamente per cause ancora
incerte, ma ricollegabili ai cambiamenti
climatici, ai fertilizzanti chimici e ai
parassiti. Negli Stati Uniti la perdita del 3040 per cento delle colonie di api avvenuta
nel 2006 è stata collegata proprio a questo
problema, che ha lasciato il Nord America
con il minor numero di impollinatori
domestici degli ultimi 50 anni (Unep 10).
Queste perdite impressionanti si sono
fatte sentire anche in Europa (come
possiamo verificare nel grafico in alto)
dove la mortalità delle colonie in inverno
è stata in media di circa il 20 per cento.
La sindrome dello spopolamento degli
alveari non ha risparmiato il nostro paese,
l’Italia, nel quale sono state osservate
morie anomale di api, in particolare negli
anni 2007 e 2008. Questo calo è dovuto
ad una molteplicità di fattori che incidono
sulla salute di tutti gli insetti impollinatori,
che prenderemo in analisi singolarmente
qui di seguito.
Il ruolo delle api in natura e il CCD /29
Malattie e parassiti
Cambiamenti climatici
Una delle principali cause della moria
delle api è una parassita altamente
invasivo, l’acaro Varroa destructor, che si
attacca al corpo dell’ape e la indebolisce
succhiandone l’emolinfa. Diversi sono
in sintomi che interessano gli alveari
colpiti da Varroa: vi è un’improvvisa
scomparsa delle api adulte della colonia
e scorte di alimenti non saccheggiate
nonostante la presenza di colonie attive
nelle vicinanze, quasi ad indicare che le
altre api evitano le colonie morte. L’acaro
non è in grado di riprodursi sulle api, ma
la sua presenza su di essi può essere un
mezzo per diffondersi nel raggio di brevi
distanze. Inoltre l’utilizzo eccessivo di
pesticidi contribuisce ad indebolire le api
che diventano più suscettibili a infezioni e
parassiti.
Anche i cambiamenti climatici, come
l’innalzamento delle temperature e il
mutato andamento delle precipitazioni
e degli venti meteorologici, possono
causare un impatto evidente sulla
popolazione di api. Ad esempio, è stato
documentato in Polonia che le api stanno
rispondendo ai cambiamenti climatici
anticipando la data del risveglio dopo
l’inverno. Questo porta ad una differente
interazione tra gli impollinatori e le loro
fonti di cibo, modificando anche le date di
fioritura. Recenti analisi indicano che tra
il 17 e il 50 per cento degli impollinatori
soffrirà di carenze alimentari in seguito ai
cambiamenti climatici previsti. Il risultato
atteso è la potenziale estinzione sia di
alcuni impollinatori che di alcune piante
(Memmot et al. 2007).
L’agricoltura industriale
Durante il secolo scorso l’agricoltura si è
trasformata in maniera radicale, passando
dall’essere sostenibile, ad utilizzare
fertilizzanti chimici, monocolture e ad
espandere le zone agricole a discapito
di altri ecosistemi. Gli impollinatori
non posso sfuggire i diversi e pesanti
impatti dell’agricoltura industriale, sia
a causa della distruzione degli habitat
naturali causata da questo modello
agricolo invasivo, sia per gli effetti nocivi
delle colture intensive. Queste pratiche
distruttive limitano la capacità delle api
di nidificare, diventando una minaccia a
livello globale per gli insetti impollinatori.
30/ Il ruolo delle api in natura e il CCD
La prossima volta che vediamo un’ape
ronzarci intorno ricordiamoci che la
maggior parte del cibo che mangiamo
dipende in modo significativo dal
suo lavoro e da quello di altri insetti
impollinatori, senza i quali un terzo delle
colture a scopo alimentare dovrebbe
essere impollinato con altri mezzi
sicuramente più costosi. È una questione
che riguarda il nostro futuro e quello della
Terra in cui viviamo.
10 FRUTTI CHE NON AVREMMO SENZA LE API
mela
mandorla
cetriolo
zucca
anguria
melanzana
mirtillo
ciliegia
lampone
avocado
/31
CAPITOLO QUARTO
LA NASCITA DELL’APICOLTURA URBANA
Ora che abbiamo qualche informazione
in più riguardo l’apicoltura, le api e la loro
importanza nell’ecosistema, possiamo
concentrarci sull’argomento principe di
questa trattazione: l’apicoltura urbana. Il
termine apicoltura urbana sta ad indicare
la produzione di miele in ambiente urbano
e metropolitano, anche se la questione è
in realtà più articolata in quanto essere
apicoltore non significa necessariamente
fare il miele, come vedremo nel corso di
queste pagine.
Ora, chi l’avrebbe mai detto che le api
possano vivere meglio in città che in
campagna? Data la disastrosa situazione
attuale nelle zone rurali causata dallo
sfruttamento intensivo del territorio e
dall’utilizzo di pesticidi, le api si muovono
alla ricerca di habitat più adatti alla loro
sopravvivenza. Nasce in questo modo
il fenomeno della fuga degli sciami d’api
dalla campagna alla città. L’apicoltore
urbano va alla ricerca di questi famiglie
d’api vaganti in cerca di un riparo nella
metropoli e fornisce un loro un vero e
proprio rifugio, l’arnia. La città per le api
è paradossalmente meno inquinata che
la campagna e rappresenta un habitat
ideale in quanto è ricca di biodiversità, le
piante ed i fiori non subiscono trattamenti
ed il clima è più mite. È così che nasce
l’apicoltura urbana.
Possiamo dire che sia un fenomeno
piuttosto recente, sviluppatosi negli
ultimi decenni, in seguito alle disastrose
conseguenze dell’agricoltura industriale
che hanno determinato un’anomala ed
eccessiva moria di api. Gli apicoltori di
tutti il mondo, preoccupati per la possibile
estinzione di questi insetti impollinatori,
si sono adattati alle esigenze dei tempi
moderni e hanno iniziato a produrre il loro
La nascita dell’apicoltura urbana /33
miele anche in città. La pratica si è diffusa
in diverse metropoli a livello globale come
Berlino, Londra, Parigi, New York, Tokyo e,
in Italia, a Torino.
A New York City
Come abbiamo visto, il Nord America è lo
stato che ha subito una maggiore perdita
di colonie di api negli ultimi 10 anni e che
di conseguenza non è rimasto estraneo
al nascente fenomeno dell’apicoltura
urbana. Secondo i dati del Dipartimento
della Salute di New York, nel 2014, la
città contava 99 apicoltori registrati e
261 alveari, un risultato notevole tenendo
conto del fatto che l’apicoltura urbana
è diventata legale a New York solo nel
2010. Molte di queste colonie risiedono
sui tetti degli edifici, in particolare a
Brooklyn, dove ha sede il primo ed il più
grande apiario commerciale. La New York
Beekeepers Association gioca un ruolo
essenziale nella promozione dei benefici
derivanti dalla pratica dell’apicoltura
34/ La nascita dell’apicoltura urbana
e rappresenta il collegamento tra gli
apicoltori e gli amanti del miele di New
York. Uno dei più importanti apicoltori
urbani di New York è Andrew Cote, il
quale gestisce circa cinquanta colonie
sparse per la città e, tra queste, una sul
tetto al ventesimo piano del prestigioso
hotel Waldorf Astoria che include 360.000
api in sei arnie. Circa due volte all’anno,
Cote raccoglie il dolce contenuto dei suoi
alveari, il quale viene servito nel ristorante
dell’hotel ed utilizzato per la produzione di
una speciale birra a base di miele creata
dalla Empire Brewing Company. Al di fuori
del Waldorf Hotel, gli estimatori possono
acquistare il miele locale all’Union Square
Greenmarket, dove Cote e altri apicoltori
urbani vendono il loro miele raccolto
nelle arnie di New York City. Secondo
Cote il miele newyorkese è ottimo, oltre
che nel gusto, per combattere le allergie
poiché la città presenta una ricca varietà
di polline e di conseguenza il miele è più
efficace. Nonostante l’enorme successo
che l’apicoltura ha avuto a New York,
essere un’apicoltore urbano non è poi così
facile: portare su e giù la strumentazione
per le scale degli alti edifici newyorkesi è
piuttosto faticoso.
Meg Paska controlla le sue arnie sul
tetto di Greenpoint, Brooklyn, NY.
A Berlino
Anche in Europa l’apicoltura urbana ha
riscosso un notevole successo.
Berlino, da sempre considerata come
“la città organica” i cui abitanti sono
costantemente impegnati a reintrodurre
la natura in città, conta al giorno d’oggi
circa 15.000 arnie. Un numero piuttosto
elevato tenendo conto che gli spazi nelle
città sono maggiormente ristretti e che un
gran numero di arnie viene installato sui
balconi e nei giardini dietro casa. Sono
passati i giorni in cui le costruzioni di
edifici industriali erano date per scontate,
oggi l’interesse si muove in una direzione
opposta: utilizzare il terreno per coltivare
piante e viveri. E anche le api fanno parte
di questa nuova concezione. Infatti nella
maggior parte dei giardini urbani presenti
a Berlino ci sono come minimo un paio
di arnie controllate da un apicoltore, il
quale si prende cura delle proprie api con
cura e amore e nel modo più naturale
possibile. Le arnie vengono posizionate in
36/ La nascita dell’apicoltura urbana
alto, tra i rami degli alberi, per consentire
alle api la massima libertà possibile e la
produzione di miele passa in secondo
piano. L’apicoltore urbano Heinz Risse ha
installato un’arnia sul tetto della Camera
dei Deputati di Berlino, prendendo parte
al progetto Berlin Summt, un’iniziativa
che cerca di catturare l’attenzione per
la mancanza di apicoltori in Germania
installando arnie nei luoghi più noti e nei
quali non ci aspetteremmo mai di trovare
delle api, come la Haus der Kulturen
der Welt e il Berliner Dom. Nonostante
la capitale tedesca possa sembrare
all’apparenza una giungla di cemento, con
blocchi di appartamenti ed edifici per uffici
che dominano il panorama, è tuttavia ricca
di biodiversità che la rende particolarmente
ospitale per le api. L’apicoltura urbana
per i tedeschi è simbolo di una nuova
coscienza e consapevolezza ambientale
in una nazione orgogliosa della sua
posizione nei confronti della natura.
A Londra
A Londra gioca un ruolo essenziale
nell’apicoltura la London Beekeepers
Association,
un’associazione
che
organizza incontri mensili educativi
promuovendo un’apicoltura responsabile
e sensibilizzando i cittadini sui problemi
che riguardano le api. Tiene inoltre dei
corsi per i nuovi apicoltori e per tutti coloro
interessati al mondo dell’apicoltura. Nel
Welfare State inglese lo stesso governo
ha supportato la crescita degli apiari in
città distribuendo delle arnie in plastica
progettate appositamente per il contesto
urbano. Proprio per questo motivo
Londra è la città che conta il maggior
numero di apiari, circa 10.000. Negli ultimi
cinque anni a Londra il numero di arnie è
grossomodo raddoppiato, aumentando
anche la disponibilità di delizioso miele a
km0.
Londra, con il suo 61 per cento di spazi
verdi, è all’apparenza una città adatta alle
api, le quali necessitano di una quantità
significativa di piante ricche di polline
per il loro nutrimento. Tuttavia non tutte
le piante costituiscono un nutrimento
ideale per il numero di api in continua
espansione. Infatti molti alberi londinesi
sono sterili, ovvero non fioriscono e non
producono nettare per gli alveari della città.
Nonostante le api non abbiano accesso
ad un’ingente quantità di cibo, la qualità di
quest’ultimo è unico e purissimo e le api
londinesi producono un miele dal sapore
eccellente. Secondo Mark Patterson,
fondatore della London Beekeepers
Association, l’apicoltura urbana ha
riscosso un enorme successo, con circa
2.000 apicoltori, grazie al desiderio dei
cittadini di restaurare un rapporto con la
natura, anche in una metropoli che conta
circa 9 milioni di abitanti. L’apicoltura
urbana è infatti il modo più semplice ed
immediato per inserire una spiraglio di
vita rurale nel movimentato contesto
urbano in cui viviamo.
La nascita dell’apicoltura urbana /37
A Parigi
Parigi non è nuova al fenomeno
dell’apicoltura urbana: sembra infatti che
la città nel 1875 ospitasse più di 1290
arnie. Nel 1865 venne infatti fondata nella
capitale francese la Société Centrale
d’Apiculture, la prima associazione apicola
istituita in Francia. A Parigi, i famosi
posti turistici sono attualmente una
delle location principali in cui sono state
installate le arnie: tra queste ci sono l’Opera
Garnier, Notre Dame de Paris, il Grand
Palais e l’Assemblea Nazionale parigina.
Diversi hotel, come il Mandarin Oriental e
l’Eiffel Park Hotel, ospitano diversi alveari
sui loro tetti e vendono il proprio miele ad
un prezzo più che salato, 15 euro per un
vasetto da 150 grammi. Le api trovano
rifugio anche sul tetto del Liceo JeanJeurés per aiutare, tramite l’apicoltura,
gli studenti in difficoltà. Jean Paucton, il
settantacinquenne apicoltore che tiene
le proprie arnie sul tetto dell’Opèra, ha
constatato che nelle zone rurali le perdite
delle colonie di api può arrivare fino al 50
per cento, mentre in città non si avvicina
nemmeno al 5 per cento. Per questo
38/ La nascita dell’apicoltura urbana
motivo un gran numero di apicoltori si sta
trasferendo dalle zone di campagna verso
quelle urbane, in cui la moria delle api non
rappresenta più una minaccia. Nel 2010
la città contava già 400 arnie, numero che
al giorno d’oggi possiamo considerare
più che raddoppiato, alcune situate sui
balconi degli appartamenti, altre nei
parchi pubblici e altre ancora sui tetti degli
edifici famosi. La principale ragione del
successo delle api urbane, più produttive
rispetto a quelle situate nelle zone rurali,
è la presenza di una flora diversificata nei
parchi, sui balconi, ai bordi della strada e
nei giardini. Infatti, dalle analisi del miele
prodotto a Parigi si è scoperto che questo
contiene al suo interno più di 250 tipologie
di polline a differenza dei mieli prodotti in
campagna che ne contano tra i 15 e 20
tipi. La politica del Comune di Parigi è
infatti quella di incrementare la superficie
verde, aspetto che certamente favorisce
questi imenotteri, e di impiantare
specie ricche in polline e nettare. Infine
l’allevamento apicolo didattico rivolto al
grande pubblico sta avendo un crescente
successo come mezzo per sensibilizzare
i bambini alla natura o aiutare le persone
diversamente abili, come nel caso
dell’alveare pedagogico nel quartiere
latino. Insomma, Parigi è affollata di api ed
i turisti non sono più gli unici a sciamare
per le vie ed i viali della capitale francese.
A Tokyo
Ginza, un prestigioso quartiere di Tokyo
conosciuto in tutto il mondo per i suoi
negozi e ristoranti, a primo impatto non
rimanda di certo ad un mondo naturale.
Tuttavia, dal 2006, è diventato sede per
una piccola organizzazione di apicoltori
locali, il Ginza Honeybee Project, la quale
ha portato diversi visitatori e volontari
sui tetti del quartiere consentendo loro di
entrare in contatto con la natura anche
nell’ambiente metropolitano. Così, ogni
sabato dalla primavera all’autunno, i
volontari prestano il proprio aiuto nella
raccolta del miele e nella cura delle api.
Vicino all’alveare sono state seminate
alcune piante da frutto che necessitano
del lavoro di impollinazione dell’ape,
come ad esempio la pianta dei mirtilli, in
modo da sottolineare l’importanza che
questo insetto ha in natura. Il sito viene
anche infatti utilizzato come strumento
educativo durante le gite dei bambini della
scuola elementare. La consapevolezza
ambientale è l’obiettivo primario per il
Ginza Honeybee Project e questa presa
di coscienza è importante anche nella
costruzione della relazione tra produttore
e consumatore. Atsuo Tanaka, fondatore
del progetto, crede che, coltivando e
mangiando il cibo insieme, le relazioni
tra le persone diventino più salde e che
il numero di persone ora interessate
a proteggere l’ambiente a Ginza è in
continuo aumento.
/39
Ora vediamo invece come questo
fenomeno è stato accolto in Italia e chi,
per primo, ha avuto l’idea di trasferire le
arnie in città.
A Torino
Don Giacomo Angeleri
Torino, dai primi del ‘900, operò colui che ha
fatto da ponte tra l’apicoltura del passato
e quella del futuro: Don Giacomo Angeleri.
Egli cominciò l’apicoltura in condizioni di
povertà, costruendosi le prime cento arnie
con materiali di recupero. Ai primi del ‘900
infatti l’apicoltura razionale era ancora
appannaggio di proprietarie terrieri,
nobili, professionisti, commercianti e di
numerosi sacerdoti. Don Angeleri, che
possiamo considerare come il padre
dell’apicoltura razionale italiana, operò
come divulgatore e missionario della
pratica e la sua influenza fu determinante
nella nascita di moderne aziende apicole
professionali, costituitesi a partire da uno
sforzo delle classi più povere. Non esiste al
giorno d’oggi apicoltore che non sia stato
influenzato, in modo diretto o indiretto,
da Don Angeleri. Nel 1921 assunse
la direzione della rivista “L’apicoltore
moderno” , fondata nel 1909, la quale
ebbe un enorme peso sull’apicoltura
piemontese e nazionale, grazie anche al
suo carattere tagliente e polemico. Nel
1928 viene aperto a Torino il primo negozio
italiano per la vendita del miele e dei suoi
derivati, “La casa del Buon Miele”, in corso
Giulio Cesare 99, nella sede che a partire
dal 1922 era stata il “Quartier Generale”
di Don Angeleri a Torino. Egli viene inoltre
ricordato per il suo “Cinquant’anni con le
api e gli apicoltori”, una sorta di bibbia della
tradizione apistica, pubblicato nel lontano
1955 e nuovamente in commercio da
marzo 2015, dopo esser stato introvabile
per anni.
40/ La nascita dell’apicoltura urbana
Urbees
Torino, come Parigi, ha dunque un
importante substrato culturale quando si
parla di apicoltura e non vi è da stupirsi
che sia stata la prima città italiana in cui
ha preso piede il nascente fenomeno
dell’apicoltura urbana. Urbees, un progetto
fondato da Antonio Barletta nel 2010, si
occupa infatti di portare le api sui tetti e
nei parchi della città e invita tutti i cittadini
a fornire a questi imenotteri ospitalità in
cambio di miele. Il progetto nasce in realtà
dal semplice desiderio del fondatore di
avere le api sul balcone, in modo da dover
evitare lunghi spostamenti per prendersi
cura delle proprie arnie. Grazie ad un
concorso il progetto è entrato a far parte
Torino, come Parigi, ha un
importante substrato culturale
quando si parla di apicoltura
urbana
di un incubatore, il Make a Cube di Milano,
che gli ha consentito di strutturarsi e di
diventare una piccola impresa. Urbees
parla di innovazione e vuole coinvolgere
i cittadini nell’allevamento delle api in
città non solo per beneficiare di miele,
cera e propoli, ma anche dei servizi
di biomonitoraggio: chiunque voglia
ospitare le api riceve in cambio i prodotti
dell’alveare ed è di aiuto nella creazione
di una “centralina di monitoraggio”
per la qualità delle ambiente urbano.
Come ormai sappiamo, le api sono
dei bioindicatori ed è giusto utilizzarle
anche per quello che è il loro ruolo in
natura. Attraverso le analisi del miele e
Antonio Barletta all’opera.
Foto di Francesca Ferrari
/41
In fotografia possiamo osservare un affumicatore, strumento utilizzato per tranquillizzare le api
durante le operazioni più delicate.
della cera d’api, è possibile controllare la
presenza di metalli pesanti e di inquinanti
nell’ecosistema delle città, fattore che
tuttavia non influisce sulla commestibilità
del prodotto. Grazie a queste analisi,
si può inoltre scoprire come varia la
presenza botanica spontanea in città e
creare una mappatura delle vegetazione
urbana che consenta di ripristinare le
piante necessarie all’ecosistema. La
natura in città infatti non deve essere
puramente estetica, ma anche funzionale
e solo con essa possiamo pensare di
ridurre l’inquinamento. Per collaborare
con il progetto Urbees non è necessario
essere apicoltori, è sufficiente il desiderio
di ristabilire un rapporto con la natura
anche in città.
Associazione Parco del Nobile
Un’altra associazione torinese impegnata
sul fronte dell’apicoltura urbana è
l’Associazione Parco del Nobile, fondatrice
42/ La nascita dell’apicoltura urbana
di un centro didattico che consente a
chiunque di osservare da vicino le api
in completa sicurezza e tranquillità.
Davide Lo Bue, il fondatore, si occupa di
educazione ambientale e alla sostenibilità,
organizzando anche dei corsi e workshop
che coinvolgono insegnanti, famiglie e
ragazzi. Questi laboratori permettono di
fare esperienza diretta del contatto con
gli animali e della loro presa in carico in
quanto essere viventi che hanno bisogno
di cure, attenzione e rispetto. Si parla
dunque di un nuovo avvicinamento alla
ruralità, al contatto con la natura e con gli
animali, api comprese.
È proprio questo l’obiettivo dell’apicoltura
urbana, il creare uno spiraglio di vita rurale
all’interno del caos metropolitano, in una
sorta di nostalgico ritorno alla terra in cui
le api sono i nostri nuovi animali domestici.
L’apicoltura ci consente di avere tutti i
benefici e le comodità di una vita in città,
ma allo stesso tempo di avere un’identità
parallela collegata al mondo naturale e al
benessere di cui si fa portatore.
Gli apiari di Torino: Urbees e
Parco del Nobile
Urbees
Associazione Parco del Nobile
BUNKER
PARCO DELLA
TESORIERA
HOTEL PRINCIPE
PAV
PARCO DEL
NOBILE
CASCINA
ROCCAFRANCA
CAVORETTO
La nascita dell’apicoltura urbana /43
CAPITOLO QUINTO
CASI STUDIO: IL CONTRIBUTO DEI PROGETTISTI
Ora che abbiamo tracciato una linea
generale della nascita dell’apicoltura
nelle maggiori metropoli del mondo e nel
contesto torinese, è utile domandarci come
i progettisti hanno reagito alla diffusione
di questo nuovo fenomeno e qual è stato il
loro apporto in termini di progettazione. A
primo impatto l’apicoltura sembra essere
un ambito di gran lunga distante da quello
del progetto ma, come ogni evento ai suoi
albori, anch’essa necessita di strumenti
ed idee che le consentano di diffondersi
su larga scala. In più, al giorno d’oggi, è
limitativo considerare il product design,
l’exhibit design o la comunicazione visiva
come gli unici ambiti di intervento possibili
per i progettisti. Esiste infatti un altro filone
impegnato nel sociale che rappresenta un
fertile campo di sperimentazione e che
può generare dei cambiamenti importanti
in merito alle relazioni tra individui e tra
individui e natura. Il ruolo principale della
figura del designer è infatti lo “stare al
passo con i tempi”, e con questo non si
intendono solamente le innovazioni di
tipo tecnologico, ma anche quelle sottese
alla società in cui viviamo. Le esigenze
dell’uomo sono mutevoli ed il progettista
deve essere in grado di coglierle per
proporre idee di successo. Se la figura del
designer in Italia alla fine degli anni ‘60
del secolo scorso operava in un contesto
rivoluzionario collocandosi anch’essa
in una posizione critica nei confronti
della società e della situazione politica,
attualmente deve prendersi a carico di
problematiche di portata perfino maggiore
che riguardano l’ambiente ed i danni
permanenti che l’uomo gli ha inferto nel
corso degli anni. Il designer deve dunque
ampliare il proprio raggio di azione ed
agire, attraverso gli strumenti culturali
Casi Studio: il contributo dei progettisti /45
ed operativi che possiede, tenendo conto
di queste tematiche ambientali. Da qui
nasce probabilmente la volontà di questi
progettisti che hanno contribuito o più
semplicemente facilitato lo sviluppo
dell’apicoltura nelle grandi metropoli,
attraverso la realizzazioni di progetti di
diversa catalogazione.
Dopo un primo sguardo all’insieme dei
progetti che vedremo in queste pagine,
è possibile suddividerli in tre macroaree:
la comunicazione ed i cortometraggi,
le arnie urbane e le installazioni. Nella
prima categoria rientrano i packaging,
realizzati per distinguere il miele urbano
da quello rurale, e tutto il materiale
informativo prodotto nel tentativo
46/ Casi Studio: il contributo dei progettisti
di sensibilizzare i cittadini riguardo
l’importanza delle api nell’ecosistema e
spronarli alla consapevolezza ambientale.
I cortometraggi, ad esempio, sono
particolarmente
interessanti
perché
illustrano il lavoro dell’apicoltore urbano
in differenti contesti metropolitani,
dalla California fino a Torino. Che siano
essi più o meno amatoriali, danno la
possibilità a chiunque sia interessato di
vivere l’esperienza “in diretta”, seguendo
di passo in passo l’apicoltore e svelando
i benefici e le difficoltà del mestiere. La
seconda categoria rientra nell’ambito
del product design poiché riguarda la
progettazione di arnie innovative, per
forma o funzione, e maggiormente
adattabili al contesto urbano in cui spesso
la disponibilità di spazio è ridotta. Infine
la categoria delle installazioni comprende
tutte le realizzazione di impronta artistica
collocate nel contesto urbano per
divulgare un messaggio in modo indiretto,
incoraggiando all’accettazione delle api
in città. Molte infatti danno la possibilità
di avvicinare il cittadino, fisicamente e
non, a questi imenotteri in modo del tutto
tranquillo e sicuro.
Ora vedremo nel dettaglio i progetti che
risultano essere significativi, mantenendo
questa distinzione per macroaree.
La comunicazione ed
i cortometraggi
Nell’ambito della comunicazione visiva,
molti sono i progettisti che hanno
focalizzato la propria attenzione sullo
studio del marchio e del packaging del
miele urbano, per privarlo di quell’aria
di rusticità e renderlo “cittadino” a tutti
gli effetti. A primo impatto è infatti la
confezione che ci consente di distinguere
un prodotto da un altro e dunque è il modo
più semplice e diretto per distanziare il
miele urbano da quello rurale.
Cosmopollen
Cosmopollen è un collettivo di apicoltori
urbani provenienti dalle città più grandi
ed abitate del mondo. Ogni città produce
un proprio miele urbano, che differisce
nel gusto e nell’apparenza a seconda
dell’ubicazione delle arnie. Louise Twizell,
graphic designer londinese, ha tentato di
fondare un marchio che unificasse tutti gli
apicoltori urbani del mondo, occupandosi
anche del packaging per i loro prodotti.
Poiché il luogo di impollinazione
determina notevolmente il gusto del
prodotto, il nome del brand si focalizza
proprio su questo aspetto, sottolineando
l’universalità del miele. Lo studio del
packaging si concentra sui motivi
ricorrenti nell’architettura di ogni città e
li rende più geometrici, come se fossero
visti dalle api stesse. Di conseguenza
lo schema grafico che troviamo sul
barattolo del miele urbano di New York,
sarò diverso da quello del miele urbano
di Madrid. Twizell è riuscita a creare un
marchio globale, graficamente unificato,
nel quale possiamo tuttavia distinguere
le particolarità e la provenienza di ogni
singolo miele.
nome / Cosmpollen
designer / Louise Twizell
dove / Londra, GB
anno / 2013
interessante perchè /
riprende i motivi architettenici
delle città
Casi Studio: il contributo dei progettisti /47
Urban Honey
Un’altro esempio significativo nella
progettazione del packaging è quello di
Maisie Benson realizzato per il concorso
indetto dal JKR, un’agenzia di design di
importanza globale.
L’impronta minimale del packaging si
nome / Urban Honey
designer /Maisie Benson
dove / Leicester, GB
anno / 2013
interessante perchè /
ripresa della segnaletica stradale,
simbolo delle metropoli
48/ Casi Studio: il contributo dei progettisti
basa nuovamente sul rapporto tra città
e miele a livello grafico, tralasciando le
proprietà benefiche della sostanza che
tutti conoscono: è fonte di energia naturale
ed il gusto dipende fortemente dalla città
di produzione. L’identità finale del marchio
prende ispirazione dalla segnaletica
orizzontale di ciascuna città che viene
riportata sul barattolo del miele, dove si
crea un gioco di contrasto cromatico tra il
giallo/arancione della sostanza ed il nero
dei motivi geometrici. Anche in questo
caso, all’interno di un marchio unificato
a livello globale, possiamo facilmente
riconoscere la città di produzione del
miele e distinguerlo da quello prodotto
nelle zone rurali.
Liquid Gold
“Liquid Gold” è un breve video
documentario realizzato da MUNCHIES, un
sito web e canale digitale che parla di cibo
in modo rivoluzionario e da una prospettiva
piuttosto giovanile. Attraverso il contenuto
originale dei suoi video, MUNCHIES offre
una visione all’avanguardia del rapporto
uomo-cibo. In questo breve video spiega
e presenta l’attività di Chris Barnes e
Paul Webb, due dei più grandi produttori
di miele urbano a Londra. I due apicoltori
vengono seguiti dalla videocamera sul
campo e mostrano una delle principali
difficoltà del mestiere: trasportare le arnie
in tutta la loro pesantezza fino in cima
ai tetti degli edifici londinesi. Dopo aver
ispezionato il sito in cui installare l’apiario,
devono infatti raggiungerlo con tutta la
strumentazione, api comprese, facendo
attenzione a non farle innervosire troppo
durante il trasporto. Il proprietario del Cafe
Spice, sul cui tetto ora si trovano le api
di Barnes&Webb, parla della possibilità
di introdurre il miele nelle ricette del suo
ristorante e di venderlo in barattoli ai suoi
clienti, i quali potranno acquistare un vero e
proprio pezzo di Londra. Successivamente
i due apicoltori mostrano il processo
di invasettamento del miele, del quale
si occupano generalmente nel mese di
settembre. La particolarità del loro miele,
oltre che nel gusto, sta nell’etichetta che
prende il nome del codice postale della
zona in cui è situata l’arnia dalla quale è
stato estratto. L’idea è quella di vendere
un miele prodotto “just around the corner
from where you live”, ovvero proprio dietro
casa tua. Il lavoro è sicuramente faticoso
nella stagione estiva, in cui bisogna
visitare ogni singolo alveare almeno una
volta alla settimana e lavorare sotto il sole
rovente, ma in inverno le api richiedono
molto meno tempo e fatiche, e i due
apicoltori possono prendersi una pausa.
In fin dei conti per Barnes e Webb il miele
è denaro, da qui il titolo “Liquid Gold”.
L’obiettivo di questo video documentario
sta nell’avvicinare i londinesi, così come
tutti i cittadini delle grandi metropoli,
al fenomeno dell’apicoltura urbana
mostrando loro la pratica in modo
ravvicinato e rendendola meno misteriosa
e pericolosa di quello sembra.
nome / Liquid Gold
designer /Munchies
dove / Londra, GB
anno / 2015
interessante perchè /
segue di passo in passo il lavoro di
due apicoltori urbani londinesi
Casi Studio: il contributo dei progettisti /49
Le arnie urbane
Beehaus Beehive
La Beehaus è una nuova arnia creata
appositamente per allevare le api in
giardino o sul terrazzo di casa. In grado
di garantire a questi insetti un ambiente
comodo e sicuro in cui vivere, trasforma
l’apicoltura in una pratica semplice e
nome / Beehaus Beehive
designer /Omlet Design
dove / Gran Bretagna
anno / 2009
interessante perchè /
trasforma l’arnia tradizionale in un
modello urbano, più attento agli spazi
50/ Casi Studio: il contributo dei progettisti
alla portata di tutti. La struttura prende
ispirazione dal modo in cui le api
selvatiche si comportano in natura ed
è successivamente costruita secondo
i principi classici dell’apicoltura. L’arnia
è costituita da due entrate, una su ogni
lato, e presenta spazio sufficiente per
ospitare 22 telaini, il doppio rispetto ad un
alveare tradizionale. In primavera, quando
la regina depone il maggior numero di
uova, la colonia di api si espande molto
velocemente e dunque, lo spazio extra
all’interno della Beehaus consente sia di
accogliere le giovani api sia di dividere
l’alveare in due, creando così una nuova
famiglia. In questo modo risulta più
semplice gestire il bisogno naturale delle
api di sciamare. Inoltre le api “moderne”
necessitano di uno spazio maggiore
rispetto al passato poiché la regina è
stata educata a deporre un numero più
elevato di uova e di conseguenza anche
le famiglie di api sono più numerose. La
Beehaus è dotata di quattro melari, da
appoggiare sopra il nido in primavera
quando le api iniziano la raccolta del
nettare. La dimensione di questi melari
è dimezzata rispetto a quella dell’arnia
tradizionale garantendo così anche
una riduzione nel peso e una gestione
più maneggevole. L’innovativo sistema
di isolamento a doppia parete aiuta le
api a creare delle condizioni climatiche
più favorevoli anche in inverno, fattore
importante poiché devono mantenere
una temperatura ideale di 35°C all’interno
dell’alveare. Tuttavia, il pavimento forato
dell’arnia assicura un continuo ricambio di
aria e facilita l’espulsione di detriti e acari
dall’ambiente, garantendo così la salute
delle api. Le cinque varianti cromatiche
disponibili, in grado di adattarsi a qualsiasi
giardino o terrazzo, le danno l’immagine di
“un’arnia tradizionale addomesticata” e
la forma compatta rende più facile la sua
collocazione anche negli spazi più piccoli.
Nel complesso la Beehaus è interessante
perché può essere considerata come
l’evoluzione dell’arnia tradizionale in un
modello urbano, più pratico e attento agli
spazi.
Casi Studio: il contributo dei progettisti /51
Urban Beehive
La Urban Beehive è stata progettata con
l’intento di abolire il timore che potrebbe
trattenere le persone dal possedere una
propria arnia, che riguarda generalmente i
costi e la complessità di manutenzione. È
perfetta per i principianti, semplice e facile
da montare. Il progettista Rowan Dunford
ha infatti deciso di venderla separata
nella sue componenti, così da consentire
un’ottimizzazione dello spazio in fase di
stoccaggio, e di fornire tutte le indicazioni
ai consumatori per l’auto-assemblaggio,
nome / Urban Beehive
designer /Rowan Dunford
dove / Auckland, NZ
anno / 2013
interessante perchè /
progettata appositamente per gli
spazi angusti
52/ Casi Studio: il contributo dei progettisti
fattore che ha permesso di abbattere i
costi di spedizione ad esempio. L’entrata
per le api è situata nella parte sottostante
dell’arnia, dalla quale questi imenotteri
possono iniziare a costruire direttamente i
favi all’interno del cubo. Il design moderno
e la disponibilità in quattro varianti
cromatiche, la rende particolarmente
adatta a qualsiasi contesto urbano che sia
esso un giardino, un balcone o un cortile.
Ogni unità è inoltre modulare ed impilabile,
elemento che consente di espandere
l’apiario in verticale e di ridurre così
enormemente l’impiego di spazi. Anche
chi dispone solamente di un balcone
stretto, può in questo modo diventare
apicoltore e produrre il miele che lui stesso
consuma. Nonostante qualche difetto
progettuale se la consideriamo dal punto
di vista dell’apicoltore, la Urban Beehive è
degna di attenzione per la sua impilabilità
che ne consente il posizionamento anche
in spazi angusti.
Flow
Flow è un sistema rivoluzionario per la
raccolta del miele, progettato da Cedar
e Stuart Anderson, che si appresta
a cambiare per sempre le abitudini
degli apicoltori in quanto è in grado di
risolvere in pochi passaggi alcune delle
problematiche più comuni del settore.
Il progetto è indirizzato all’apicoltura in
generale, che sia essa urbana o rurale, ma
il sistema al suo interno consente anche
ai meno esperti di posizionare un’arnia
sul balcone o nel giardino di casa. Flow
permette infatti di raccogliere il miele
senza aprire l’alveare, senza disturbare
le api e senza il rischio di essere punti.
Nato come frutto del risultato di quasi 10
anni di ricerca, è stato lanciato grazie ad
una campagna di crowdfunding lanciata
su Indiegogo che ha riscosso un enorme
successo, raccogliendo più di 1 milione di
dollari in donazioni. Oltre ad agevolare la
raccolta del miele, Flow viene presentato
come un mezzo per proteggere le api e
per fare in modo che possano continuare
a svolgere indisturbate il loro lavoro di
impollinazione. Cedar Anderson ebbe
infatti l’intuizione per un nuovo metodo
di estrazione del miele, in seguito ad
un’esperienza personale che vide la
morte di alcune api durante la tradizionale
raccolta del miele. In questo modo
l’apicoltore si limita a girare un rubinetto
per far fuoriuscire il miele direttamente
nel barattolo, così che l’arnia diventa una
nome / Flow
designer / Cedar & Stuart Anderson
dove / Byron Bay, Australia
anno / 2015
interessante perchè /
perfetta per i principianti, poichè
eliminala fase più complicata
nell’apicoltura : la smielatura
Casi Studio: il contributo dei progettisti /53
sorta di distributore automatico. Ma come
funziona esattamente? Il telaino, di misura
standard, viene inserito all’interno dell’arnia
razionale di Langstroth la quale dispone
di un’apertura su un lato per agevolare
la raccolta del miele, l’osservazione del
telaio e le operazioni di manutenzione.
Il telaino Flow è costituito da celle
esagonali in parte già strutturate, che
vengono successivamente completate
con la cera dal lavoro delle operaie
costruttrici prima della deposizione del
miele. Quando il telaino è pronto per la
raccolta, è sufficiente rimuovere i due
“tappi” di chiusura ed inserire al loro
posto uno strumento apposito che,
dopo una rotazione di 90 gradi, divide le
celle artificiali da quelle costruite in cera
consentendo al miele di fuoriuscire. Flow
presenta comunque delle criticità, come
ad esempio l’impossibilità di far fuoriuscire
il miele se cristallizzato e il lungo tempo di
invasettamento, che la rende poco pratica
per gli apicoltori con un elevato numero
di arnie. Ma forse questo è l’intento degli
Anderson, quello di progettare un sistema
di facile estrazione per chi possiede un
paio di arnie e desidera consumare il
miele fresco ogni giorno. Insomma, Flow è
perfetto per i principianti e per tutti coloro
che desiderano avvicinarsi all’apicoltura
perché basta aprire un rubinetto per
gustare un prodotto ultra-locale.
54/ Casi Studio: il contributo dei progettisti
Project B
In un contesto in cui le colonie di api sono
in pericolo e l’apicoltura urbana ottiene
un consenso sempre maggiore, Project
B si allinea a questo sforzo globale per
la salvaguardia degli imenotteri offrendo
un sistema di apicoltura che si adatta ai
bisogni della ristorazione. Parte fondante
del progetto è un’arnia innovativa che
sfrutta al meglio il benessere della
colonia ospitata all’interno e che lavora
in armonia con il ristorante per offrire alla
clientela un’esperienza di degustazione
unica. Project B crea una connessione
tra le api, il cuoco e i clienti del ristorante
presentando, in modo del tutto innovativo,
i prodotti direttamente dall’alveare. Il miele
ancora all’interno del favo viene mostrato
ai clienti, in modo che possano osservare
l’incredibile lavoro di precisione delle api. Il
miele passa così dall’essere un semplice
condimento al diventare il componente
principale della portata, ottenendo il posto
e l’attenzione che merita. Il progetto vuole
infatti porre in enfasi le celle ripiene di
miele come elemento primario del piatto
per migliorare la cultura del miele e
sviluppare la consapevolezza del lavoro
faticoso delle api. Project B è dunque
interessante perché tenta di agevolare sia
le api e l’apicoltura, mostrando ai normali
clienti di un ristorante l’operosità di questi
insetti e la loro importanza in natura, sia i
ristoranti, che dispongono in questo modo
un valore aggiunto che li differenzia dalla
concorrenza.
nome / Project B
designer / Marc-André Roberge
dove / Montreal, Canada
anno / 2015
interessante perchè /
unisce le esigenze dell’apicoltura
con quelle della ristorazione
Casi Studio: il contributo dei progettisti /55
56/
Urban Beehive by Philips
La Microbial Home, tradotto la “casa
microbica”, è un ecosistema domestico
che affronta i problemi legati all’energia,
all’illuminazione, alla pulizia e allo
smaltimento degli scarti dell’uomo,
rappresentati da una serie di componenti
domestici differenti. Tra questi troviamo
l’arnia urbana che, nel procurare un
ricovero per le api all’interno dell’habitat
dell’uomo, aiuta a prevenire il fenomeno
della moria di questi preziosi insetti. L’arnia
è progettata per essere inserita all’interno
dell’ambiente domestico e per permetterci
di dare un’occhiata all’interno dell’alveare,
fattore importante che consentirà di
educare le generazioni future riguardo
l’importanza delle api. L’apparecchio
è costituito da due parti: un’entrata
con un vaso per fiori situato all’esterno
dell’abitazione ed un grosso recipiente
in vetro contenente una varietà di telaini
collocato all’interno dell’appartamento.
Gli stessi telai interni sono stai progettati
seguendo la struttura del favo per facilitare
il processo di costruzione delle celle da
parte delle api. La copertura in vetro filtra la
luce proveniente dall’esterno dell’alveare e
lascia passare solo le lunghezze d’onda
arancioni che consentono alle api di vedere
meglio. L’arnia può essere periodicamente
aperta per la raccolta del miele e dunque
è dotata di un dispositivo che emette del
fumo in grado di tranquillizzare le api. Ma
la produzione di miele non è il punto focale
del progetto, è un di più. La concezione
alla base è infatti la salvaguardia delle
api, senza le quali il nostro intero sistema
agricolo ed economico verrebbe distrutto.
Al momento il progetto è in forma di
prototipo e non si sa ancora quando
entrerà in produzione. Quello che è
certo è che l’impegno della Philips nei
confronti delle api, e più genericamente
dell’ambiente, rispecchia una tendenza
progettuale degli ultimi anni che mira a
diminuire l’impatto ambientale del vivere
umano.
nome / Microbial Home by Philips
designer / Peter Gal
dove / Amsterdam, Paesi Bassi
anno / 2011
interessante perchè /
è l’acquario del futuro
Casi Studio: il contributo dei progettisti /57
BEEcosystem
Molto simile all’arnia domestica della
Philips, il BEEcosystem si pone l’obiettivo
di riconnettere gli individui con la natura
e l’origine del cibo, rendendo l’apicoltura
accessibile a tutti. È infatti un’arnia
da interni che consente di osservare il
lavoro delle api grazie alla superficie di
rivestimento in vetro e che ha l’intento
di far scaturire conversazioni spontanee
in merito a questi imenotteri dopo il
momento di osservazione. Le dimensioni
maneggevoli le consentono di essere
installata in qualsiasi spazio e la sua
modularità offre la possibilità di estendere
la colonia lungo le pareti, similmente a
come avviene con l’arnia tradizionale di
nome / BEEcosystem
designer /Mike Zaengle
dove / Penn State University, USA
anno / 2015
interessante perchè /
L’arnia diventa un oggetto d’arredo,
una sorta di acquario che consente
di osservare le api
58/ Casi Studio: il contributo dei progettisti
Langstroth, la quale viene tuttavia impilata.
Questa espansione modulare è consentita
tramite l’utilizzo di punti magnetici, in
attesa di brevetto, che permettono alle
due arnie esagonali di unirsi. Inoltre,
asportando da entrambe le arnie i pannelli
laterali di areazione, è possibile creare
uno spazio interno unico fornendo in
questo modo uno spazio maggiore
alla colonia per crescere. Al di là della
modularità, ci sono altre caratteristiche
che differenziano la BEEcosystem dalle
altre arnie di osservazione. Tra queste,
una chiusura ermetica a scatto che
impedisce alle api di fuoriuscire all’interno
dell’ambiente domestico, ed un tubo
di trasporto con sfogo nell’ambiente
esterno, che permette alle api di entrare
ed uscire dall’alveare. Pertanto non è
necessario ricavare un buco nella parete
di casa per installare l’arnia, come spesso
invece avviene negli altri casi. Con questo
progetto l’arnia si trasforma in un oggetto
d’arredo sostenibile, una sorta di acquario
che consente di osservare la produzione
del miele, e l’ape diventa il nostro nuovo
animale domestico.
TO-BEE
L’arnia progettata dallo studente israeliano
della Bezalel Academy of Arts and Design,
prende ispirazione dal design di una
mensola per libri. Realizzata in terra cotta, il
componente principale dell’arnia è un’area
dalla forma di un tubo cilindrico all’interno
della quale le api possono costruire i favi.
Esse hanno accesso all’alveare tramite
un’apertura situata sul lato corto della
mensola e, dopo aver percorso un tunnel
stretto e buio, sbucano all’interno della
zona principale. Quest’ultima presenta
due scompartimenti trasparenti che
consentono all’apicoltore, o a chiunque sia
di passaggio, di osservare il lavoro delle
api tenendo d’occhio anche la produzione
di miele. La forma ultra compatta
dell’arnia, progettata specificatamente per
il contesto urbano, la rende un accessorio
domestico adatto ai piccoli spazi esterni.
nome / TO-BEE
designer / Lavi Bar
dove / Israele
anno / 2014
interessante perchè /
il profilo compatto le consente di
essere installata in qualsiasi spazio
urbano
Casi Studio: il contributo dei progettisti /59
Apiarium
Apiarium è il progetto di Bettina Böhm
realizzato per la tesi di laurea
conseguita presso la Facoltà di Design
e Arti dell’Università di Bolzano che ha
meritato la Targa Giovani 2014, premio
che l’ADI destina ai giovani designer.
Contrariamente a quello che si possa
pensare, per le api mellifere le condizioni
di vita in città sono spesso migliori
rispetto a quelle dei campi e dunque
sono sempre più numerosi gli apicoltori
che scelgono di collocare le arnie sui tetti
dei fabbricati di grandi metropoli. L’idea
nome / Apiarium
designer /Bettina Böhm
dove / Libera Università di Bolzano
anno / 2012
interessante perchè /
studiata per la riqualifica delle
zone più povere delle città
60/ Casi Studio: il contributo dei progettisti
di base di Apiarium trae spunto da tali
considerazioni e, attraverso l’inserimento
di un’arnia su una fioriera, trasforma un
comune elemento d’arredo per spazi
pubblici in un vero e proprio microhabitat
urbano. La trasformazione è dichiarata
visivamente e formalmente da un
elemento sfaccettato che risalta nel profilo
essenziale della fioriera/arnia. Il progetto
si connota anche di una valenza sociale
e culturale, prevedendo la rivalutazione
di spazi poco utilizzati o degradati della
città attraverso l’installazione delle arnie.
La popolazione locale verrebbe invitata
infatti ad apprendere le tecniche di
base dell’apicoltura, per poi continuare
a prendersi cura dello sciame di api e
godere della produzione del miele. Il
progetto si propone in tal modo di offrire
ai cittadini un passatempo produttivo ed
ecologicamente responsabile, capace
nello stesso tempo di intensificare i legami
sociali e di quartiere.
/61
Le installazioni
Vulkan Beehive
Al di là dei mezzi di comunicazione
tradizionali, esiste un metodo diverso per
attirare l’attenzione dei cittadini, ovvero
l’installazione. Con il termine installazione
si intende un’opera d’arte in genere
tridimensionale, che ha come soggetto
principale il fruitore. Tutto è costruito per
sollecitare la curiosità e la percezione dello
spettatore, senza il quale l’opera d’arte
non esiste. Infatti essa nasce proprio per
trasmettere un determinato messaggio o
una sensazione e non è dunque fine a se
stessa.
Le
due
gigantesche arnie Vulkan,
un’installazione artistica situata ad
Oslo, nascono con l’intento di portare
un maggior numero di api in città e
di sensibilizzare i cittadini sul ruolo
fondamentale delle api nel nostro
ecosistema. Situate a Mathallen, sul tetto
del Dansen Hus,non solo per le relazioni
del quartiere con il cibo ed il miele, ma
anche per la moltitudine dei suoi spazi
verdi. La geometria naturale del favo è
stata fonte di ispirazione per il progetto,
la cui forma deriva dall’intersezione
tra due volumi esagonali, modificati
successivamente in altezza e larghezza
per rispondere ai bisogni dell’apicoltore.
Utilizzando un legno di colore chiaro
con un rivestimento nelle tonalità del
miele, Snøhetta ha voluto creare una
relazione tra la struttura e l’attività delle
api. Nonostante il loro posizionamento
sul tetto, le due arnie Vulkan non passano
sicuramente inosservate nel loro tentativo
di sensibilizzazione dei cittadini.
nome / Vulkan Beehive
designer / SnohettaDesign
dove / Oslo, Norvegia
anno / 2014
interessante perchè /
ripresa dell’estetica dell’alverare nel
tentativo di sensibilizzare i cittadini
62/ Casi Studio: il contributo dei progettisti
UK Pavilion
All’ultima Expo tenutasi a Milano nel
2015, la Gran Bretagna ha stupito tutti
con un padiglione che prende ispirazione
dal viaggio dell’ape mellifera ed evidenzia
il ruolo vitale svolto dagli insetti
impollinatori nella catena alimentare
mondiale. È una metafora utilizzata per
presentare il Regno Unito come alveare di
innovazione e creatività, che contribuisce
alla produzione alimentare del mondo.
Il percorso del Padiglione accompagna
il visitatore attraverso un frutteto e un
prato di fiori spontanei del Regno Unito
prima di entrare nell’Alveare alto 14
metri. Il prato è sopraelevato, con le
piante all’altezza degli occhi, per offrire al
visitatore la veduta dell’ambiente naturale
che avrebbe un’ape. I visitatori sono così
invitati a provare le sensazioni di un’ape
e a osservare il mondo sotto un’ottica
diversa. All’interno del gigantesco alveare,
grazie a una singolare collaborazione tra
uomo e ape mellifera, è possibile udire
un gioco di suoni pre-registrati sempre
diversi, collegati a un vero alveare.
Il messaggio che vuole trasmettere,
in un contesto come quello dell’Expo
2015 legato al cibo, risulta ben chiaro:
l’impollinazione da parte delle api è
indispensabile per nutrire il nostro pianeta.
nome / UK Pavilion, EXPO 2015
designer / Wolfgang Buttress
dove / Milano, Italia
anno / 2015
interessante perchè /
offre un’esperienza singolare in cui
l’uomo osserva la realtà nell’ottica
di un’ape
Casi Studio: il contributo dei progettisti /63
Honey Bank
Nel 2004 l’istituto francese Parti Poétique
ha cominciato ad occuparsi di un progetto
di ricerca cross-disciplinaria riguardante
la città in collaborazione con l’artista
ed apicoltore Olivier Darné. In seguito a
numerose ricerche sull’impollinazione
dell’ambiente urbano, sono giunti alla
progettazione dell’Honey Bank a partire
nome / Honey Bank
designer / Olivier Darné
dove / Parigi, Francia
anno / 2009
interessante perchè /
tenta di avvicinare l’uomo alle api,
senza che il contatto sia fisico
64/ Casi Studio: il contributo dei progettisti
dal 2009. Con le api come testimoni, il
progetto collocato negli spazi pubblici
mette in discussione il nostro rapporto
con l’ambiente urbano, i suoi flussi, le sue
tensioni e la sua organizzazione sociale.
L’installazione artistica porta il pubblico
ad una nuova interpretazione della città
dal punto di vista politico e culturale.
Degno di nota, tra i vari progetti realizzati,
è una casetta dipinta di nero con la quale
Olivier Darné ha tentato di stabilire un
contatto tra i cittadini e le api in un modo
del tutto sicuro. Grazie ad un bancomat
integrato, le persone che desiderano
supportare le api possono donare del
denaro, il quale viene restituito sotto forma
di miele urbano. Le donazioni vengono
utilizzate per costruire nuovi habitat adatti
alla sopravvivenza delle api in città.
Apiario d’artista
Il 4 Ottobre 2015 è stato inaugurato,
non lontano dalla Stazione Centrale
di Milano, il primo apiario d’artista del
mondo realizzato da Green Island, in
collaborazione con Legambiente, per la
salvaguardia delle biodiversità urbana
ed il recupero di aree verdi dismesse. Le
api metropolitane hanno trovato rifugio
all’interno di arnie colorate ed originali
progettate da artigiani locali e designer
internazionali, tra cui Bee Collective, Judith
Cowan, Simone Berti, Lois Weinberger
e molto altri ancora. Il progetto avrà
però anche un risvolto sul fronte della
produzione: la comunità locale insieme
ad apicoltori professionisti produrrà il
miele urbano Mi-Mi, acronimo di “Miele
Milano”. Quest’oasi urbana si trova presso
gli Orti di Via Padova a Milano ed è stata
affiancata da un tappeto fiorito con specie
botaniche adatte ad attirare gli insetti
impollinatori, tra cui borragine, timo e
trifogli, una miscela di semi selvatici utili
alla biodiversità. Il mix di semi VerdeVivo è
contenuto presso il deposito sotterraneo
globale dei semi, dove ha la sede la
banca mondiale di sementi che si trova
sull’isola di Spitsbergen nell’arcipelago
di Svalbard dove sono contenute otre
500.000 specie di semi, dentro un’enorme
ghiacciaia, per preservare la biodiversità.
Le api infatti, oltre ad indicare la qualità
dell’ambiente, garantiscono con il
processo di impollinazione la produzione
della maggior parte dei frutti che arrivano
sulla nostra tavola. Per finanziare il
progetto è stata utilizzata una campagna
di crowdfunding “Adotta un’Arnia”: in
cambio di una donazione di minimo 300
euro, si può ricevere il miele milanese e
contribuire alla salvaguardia dell’ambiente
urbano. Diamo ora uno sguardo ad una
delle arnie più significative che hanno
preso parte al progetto.
/65
Sky Hive
Il gruppo Bee Collective trasforma le
arnie in arredo urbano, collocandole in
cima ad una torre gialla alta circa 20
metri. Il primo prototipo di Sky Hive mai
installato si trova tuttora nello Sphinxpark
di Maastricht e, grazie alla sua altezza,
si rende facilmente visibile attirando
nuove generazioni di apicoltori. Altre
nome /Sky Hive
designer / Bee Collective
dove / Maastricht, Olanda
anno / 2012
interessante perchè /
l’arnia diventa parte integrante
dell’arredo urbano, senza essere
impattante a livello visivo
66/ Casi Studio: il contributo dei progettisti
due arnie sono state installate a Milano:
una nel quartiere Ventura Lambrate in
occasione della Milano Design Week e
l’altra all’interno dell’apiario d’artista, di
cui abbiamo discusso in precedenza. La
concezione alla base del progetto vede
la volontà di allevare le api in mezzo alla
città, pur tenendole lontane da atti di
vandalismo. La struttura è costituita da
un palo che sostiene due arnie, le quali
possono essere alzate ed abbassate in
modo da facilitare il lavoro dell’apicoltore
e da garantire la sicurezza sia per le api
che per i passanti. Quando lasciano
l’alveare infatti, le api volano verso
l’alto e si recano alla ricerca di nettare
e polline nel raggio di tre chilometri, in
questo modo non vi è il rischio che un
passante possa essere punto al di sotto
dell’arnia. L’accesso all’alveare per la sua
manutenzione e per estrarne il prezioso
miele è molto semplice: basta azionare
un sistema a manovella che permette di
regolarne l’altezza, portandolo facilmente
fino a terra. Una volta a settimana un
gruppo di apicoltori urbani provvede a
raccogliere il miele prodotto dalle api delle
Sky Hive e a effettuare le operazioni di
manutenzione dell’alveare per garantire la
salute e la crescita delle colonie ospitate.
Di recente la prima versione dello Sky Hive
è stata aggiornata tramite l’inserimento
di due pannelli solari su ciascuna arnia,
i quali rendono meccanizzato il sistema
di sollevamento delle stesse. Oltre
ad essere vantaggiosa per gli aspetti
elencati, favorisce anche la riunificazione
degli individui appartenenti ad una
stessa comunità ed incoraggia il lavoro
di squadra. La scelta cromatica infatti
non è sicuramente casuale: se da un
lato riprende il colore delle preziose api,
dall’altro attira l’attenzione dei passanti
lasciandoli così incuriositi. Insomma più
che una semplice arnia, lo Sky Hive vuole
diventare un vero e proprio punto di ritrovo
per i cittadini, in cui è possibile discutere di
innovazione, consapevolezza ambientale
e produzione locale.
Casi Studio: il contributo dei progettisti /67
Honey Factory
Francesco Faccin, allievo di Enzo Mari,
si avvicina inizialmente alle api con
una ONG di Haiti che lo invita a lavorare
sull’autosussistenza alimentare in quei
territori dove procurarsi del cibo fresco
non è una missione facile. Subito pensa
al tema del miele poiché è una sostanza
che, con la cura dell’uomo ed il lavoro delle
api, continua ad essere prodotto anche,
e soprattutto, nei climi tropicali in cui le
nome /Honey Factory
designer / Francesco Faccin
dove / Milano, Italia
anno / 2015
interessante perchè /
consente di osservare da vicino, in tutta
sicurezza, il lavoro dell’apicoltore
68/ Casi Studio: il contributo dei progettisti
fioriture avvengono tutto l’anno senza
interruzioni. Invitato dal Salone Satellite a
lavorare sul tema dell’Expo 2015, nutrire il
pianeta, decide di portare le api in città, in
un contesto totalmente differente.
La Honey Factory però non è solamente
un luogo di produzione del miele,
contenente arnie tradizionali, ma anche
un punto di informazione urbano in merito
all’antica ed attuale pratica dell’apicoltura.
La struttura protegge le arnie dal cattivo
tempo, mantenendo una temperatura
costante e ottimizzando la ventilazione.
Il grande “camino”, che è chiaramente
il punto focale del progetto, aiuta le
api ad entrare ed uscire dall’alveare
mantenendosi distante dai bambini e dai
passanti, evitando così anche possibili atti
di vandalismo. Le api solitamente si alzano
in volo a pochi centimetri dal terreno, ma
in questo caso lo fanno a 4,5 metri di
/69
altezza. La struttura è inoltre costituita
da una parete interamente vetrata che
consente l’osservazione da vicino delle api
e del lavoro dell’apicoltore. Quest’ultimo
infatti, per la manutenzione dell’arnia,
deve entrare all’interno della struttura,
dalla quale può mostrare ai visitatori il
complesso mondo di questi insetti. La
parete vetrata è coperta da un pannello
in legno fissato alla struttura tramite
due perni e su di esso si legge “Aprite
questa porticina, osservate le api e poi
richiudete!”. La Honey Factory aspira ad
ottenere un ruolo nell’educazione di grandi
e piccoli all’importanza che le api hanno
all’interno dell’ecosistema. L’azienda
Riva1920 ha da subito accolto il progetto
e realizzato il primo prototipo in legno,
una vera e propria micro architettura che
lascia un segno nel paesaggio urbano in
cui è collocata. Grazie alla collaborazione
con Mauro Veca, apicoltore professionista,
la struttura è stata realizzata seguendo
i principi alla base dell’apicoltura, il che
la rende scientificamente corretta ed
idonea ad accogliere una colonia di api.
Il nome, Honey Factory, sta certamente
ad indicare un luogo di produzione del
miele, ma deriva forse anche dall’estatica
della fabbrica che la contraddistingue e la
rende particolarmente adatta al contesto
urbano.
L’apicoltura
urbana,
come
ormai
sappiamo, è un fenomeno ancora
giovane ma che ha tuttavia suscitato
un grande interesse in quei progettisti
che hanno deciso di contribuire, in un
modo o nell’altro, alla sua affermazione.
Gli studi riguardanti il packaging
e la comunicazione visiva hanno
indubbiamente avuto un impatto positivo
sull’apicoltura urbana, conferendogli una
dignità propria e prendendo le distanze
dalla pratica rurale. Infatti, i packaging che
abbiamo esaminato mettono in evidenza
70/
la provenienza del miele grazie ai motivi
grafici che recuperano parti ed elementi
della città. I cortometraggi, in particolare
Liquid Gold, sono significativi poiché
spiegano il lavoro dell’apicoltore urbano,
illustrando allo stesso tempo la rilevanza
degli imenotteri sulla Terra. Veicolano
così un messaggio di sostenibilità
ambientale e salvaguardia delle risorse.
La progettazione delle cosiddette arnie
urbane è invece, a mio parere, ad un livello
ancora sperimentale in quanto tocca
una questione più delicata, che riguarda
le api e la creazione di un habitat adatto
alla loro sopravvivenza. Molte delle arnie
che abbiamo preso in esame sono state
criticate dagli esperti del settore in quanto
sono state studiate perfettamente dal
punto di vista estetico ed espressivo, ma
mancano di funzionalità e non prendono
in considerazione i bisogni reali delle
api. Il design della Urban Beehive di
Rowan Dunford ad esempio, rende quasi
impossibile individuare possibili malattie
e parassiti all’interno dell’alveare e
l’utilizzo della plastica come materiale di
costruzione potrebbe non adattarsi alle
esigenze delle api. L’Apiarium di Bettina
Bohm, vincitore di un Compasso D’Oro
nella categoria giovani talenti nel 2014,
presenta una criticità non indifferente:
la forma cilindrica dell’arnia infatti non
consente l’utilizzo di telaini standard, i
quali devono essere pertanto costruiti
su misura incrementando così i costi
di produzione. Vincente sotto tutti gli
altri aspetti, l’Apiarium non ha preso
in considerazione parte delle esigenze
dell’apicoltore nel caso in cui dovesse
sostituire un telaio in seguito a rottura. Per
ottenere un progetto valido sia dal punto
di vista estetico sia funzionale, credo
sia necessaria una collaborazione tra
apicoltore esperto e progettista, poiché
uno possiede le competenze scientifiche
nel settore apicolo e l’altro gli strumenti
necessari alla progettazione. Ciò è
avvenuto nel caso dell’Honey Factory
di Francesco Faccin con Mauro Veca, i
quali sono riusciti a creare una struttura
perfettamente in sintonia sia con il
mondo delle api sia con quello dell’uomo.
Tuttavia la Honey Factory rientra nella
categoria delle installazioni, non in quella
delle arnie funzionali, e di conseguenza
avremmo potuto perdonarle anche
qualche imprecisione. Nelle installazioni
infatti la produzione di miele è secondaria
e assume un maggior rilievo il messaggio
che queste vogliono trasmettere ed il
rispetto del contesto in cui sono inserite,
pur rispettando i bisogni delle api.
A conclusione di quest’analisi, vorrei
precisare che l’apporto che il progettista
può fornire all’apicoltura urbana varia a
seconda del contesto in cui questi opera.
Infatti le esigenze degli apicoltori urbani di
New York City sono sicuramente differenti
da quelle degli apicoltori urbani di Tokyo
o di Parigi. Per questo motivo credo
sia opportuno focalizzarci, d’ora in poi,
maggiormente sul contesto torinese e
su come possiamo noi operare in questa
scena urbana.
Casi Studio: il contributo dei progettisti /71
CAPITOLO SESTO
L’INTRODUZIONE DELL’APICOLTURA IN CITTÀ
I luoghi comuni
Immaginiamo di disporre di un centinaio di
arnie abitate da altrettante famiglie di api
in buona salute e di dover semplicemente
decidere dove posizionarle nel contesto
urbano torinese, quali sono le difficoltà
che potremmo incontrare nel nostro
percorso di introduzione dell’apicoltura
in città? Abbiamo tutti gli strumenti
necessari e fingiamo di avere anche una
squadra di apicoltori disposti ad aiutarci,
ma qualcosa comunque ci impedisce di
procedere in maniera fluida: i cittadini. Il
mondo delle api e dell’apicoltura è infatti
sconosciuto a molti e non tutti sono
a conoscenza dei benefici che questa
pratica può introdurre all’interno delle
nostre città. Dopo aver letto online i
commenti lasciati dagli abitanti di Torino
sotto un articolo che parlava di Urbees
e dell’apicoltura urbana, mi è sembrato
opportuno affrontare questo argomento.
“Odio le api perchè pungono”, “il miele
sarà sicuramente inquinato” e “Lasciamo
queste cose alla campagna”, sono i
commenti ricorrenti dei cittadini torinesi.
Così, in qualità di progettisti che operano a
Torino, dobbiamo prepararci allo scontro
con alcuni pregiudizi che affollano le menti
quando si parla di apicoltura urbana. Nei
paragrafi a venire, cercherò di confutare
questi preconcetti perché sono sicura che
anche voi che stata leggendo questa mia
trattazione siete dubbiosi sulla possibilità
di inserire le api nel contesto urbano.
L’introduzione dell’apicoltura in città /73
L’ape punge
Uno dei primi motivi per cui la maggior
parte degli abitanti di una città si dimostra
diffidente nei confronti dell’apicoltura è
il timore che esiste nei confronti dell’ape
e della sua fatidica puntura. Per prima
cosa, l’ape è un insetto che possiamo
definire vegetariano. Il suo nutrimento è
infatti costituito da nettare e polline nella
stagione primaverile ed estiva e dal miele
nel periodo invernale. Di conseguenza
un’ape non andrà mai alla ricerca di un
individuo da infastidire e pungere, per
nutrirsi del suo sangue. Non bisogna infatti
confondere l’ape con la vespa, la quale
rappresenta una minaccia oltre che per
l’uomo anche per l’ape stessa. Dal punto
di vista fisico l’ape ha una forma più tozza
rispetto alla vespa, che per parte sua ha
un “corpo” diviso in due, con la “vita” molto
stretta a segnare le due componenti. In
più il corpo dell’ape è ricoperto di pelo,
attraverso il quale è in grado impollinare
74/ L’introduzione dell’apicoltura in città
fiori e piante. Non si può tuttavia negare il
fatto che l’ape sia dotata di un pungiglione,
che usa tuttavia solo nel momento in
cui crede sia necessario per la difesa
dell’alveare. Le api operaie hanno infatti
un’ ”etica lavorativa” molto sviluppata e
trascorrono la loro intera vita a lavorare
e proteggere il loro nido. Di conseguenza
è molto difficile venire punti da un’ape a
meno che non ci si trovi in prossimità
dell’alveare, come avviene nel caso degli
apicoltori. Inoltre è importante sapere che
l’ape muore dopo aver punto un individuo.
Questo poichè il suo pungiglione è
seghettato, contrariamente a quello della
vespa, e dunque viene trattenuto nella
carne della vittima, staccandosi, insieme
alla sacca velenifera e a gran parte degli
organi dell’ape stessa. Insomma, l’ape
non sacrifica la sua vita per spaventarci
ed infastidirci, ma lo fa solo nel momento
in cui riconosce un pericolo.
HONEY
HONEY
HONEY
Il miele è inquinato
Spesso si pensa che un miele prodotto
in città, dove le automobili e le fabbriche
inquinano l’aria e l’ambiente, non sia un
prodotto commestibile. Non pensiamo
però al fatto che nelle campagne
l’agricoltura
industriale
utilizza
i
fertilizzanti chimici e che dunque il miele
prodotto nelle zone rurali può essere
altrettanto, se non maggiormente,
inquinato, così come tutti i prodotti di cui ci
cibiamo quotidianamente. Urbees, il primo
esperimento italiano di apicoltura urbana,
ha misurato la presenza di piombo, nichel,
cromo e benzene nel suo miele, cosa
che non fanno i produttori tradizionali.
I metalli pesanti erano presenti solo in
minime tracce, del tutto irrilevanti dal
punto di vista della commestibilità e della
salute umana. Bisogna inoltre ricordare
che proprio a causa dell’inquinamento,
dei pesticidi, delle monoculture e del
clima poco favorevole nelle zone rurali,
le api migrano naturalmente in città alla
ricerca di fiori e piante non trattate. L’ape
va alla ricerca di un habitat più adeguato
alle sue esigenze e così facendo produce
un miele che è sicuramente meno
pericoloso. Considerando infatti tutti i
trattamenti che le piante subiscono in
campagna, il miele rurale non può essere
meno inquinato. Un’altro vantaggio che
deriva dalla produzione del miele urbano
è la possibilità di misurare la presenza
di metalli pesanti ed inquinanti presenti
in esso e di conseguenza nell’atmosfera
cittadina. E’ un ottimo modo per tenere
sotto controllo l’ecosistema delle nostra
città e per creare una sprta di mappa della
biodiversità urbana.
L’introduzione dell’apicoltura in città /75
L’ape sta in campagna
In natura abbiamo pari probabilità di
trovare un’ape in campagna così come in
città. Le api sono infatti parte integrante
dell’ambiente cittadino, come possono
testimoniare le nostre piante che senza
il fondamentale lavoro di impollinazione
delle api, non ci darebbero mai i loro fiori
e frutti. Senza dubbio, negli ultimi decenni
il numero di api in città è aumentato,
in seguito alla fuga degli sciami d’api
dalla campagna, ormai troppo inquinata.
Paradossalmente l’ape vive meglio in
città, in quanto l’inquinamento cittadino
non ne causa la morte contrariamente ai
pesticidi e ai fertilizzanti chimici utilizzati
nelle zone rurali. L’ambiente cittadino
è ricco di piante e fiori sui balconi e di
vegetazione spontanea nei parchi e lungo
le strade e, di conseguenza, è adatto ad
ospitare le api. Non è pertanto così raro
trovare uno sciame d’api in città, spesso
al riparo in prossimità di tetti o segnali
76/ L’introduzione dell’apicoltura in città
stradali. Gli apicoltori urbani si occupano
di recuperare questi sciami “selvatici” e
di fornire loro un rifugio adeguato. È da
qui che, come abbiamo già visto, nasce il
fenomeno dell’apicoltura urbana.
Più avanti vedremo come spesso non
sia sufficiente confutare questi luoghi
comuni per convincere un gruppo di
individui ad accettare la presenza di
api in città. Bisogna infatti individuare
anche quali sono i possibili vantaggi
che gli abitanti potrebbero trarre dal
fenomeno ed utilizzarli come strumento
di persuasione. Ora invece ci occuperemo
in breve del rapporto che l’apicoltura ha
instaurato con l’agricoltura urbana per
comprendere se le due pratiche debbano
essere complementari o possano vivere di
vita propria.
Le api del Waldorf Astoria Hotel a
New York City
/77
Il rapporto con gli orti urbani
MAPPA DEGLI
ORTI URBANI
PUBBLICI
6.
5.
4.
7.
1.
3.
2.
8.
9.
10.
1 / Cascina
Quadrilatero
Piazza
Emanuele Filiberto
4 / Viale della Frutta - Via Servais
Officina Verde Tonolli - Via Valgioie
5 / Orto Piazza Manno - Piazza Manno
Orto Massari - Via Massari
6 / Laghetti Falchera - Via degli Ulivi
78/ L’introduzione dell’apicoltura in città
Parco dell’Arrivore - Strada dell’Arrivore
Orto del Bunker - Via Niccolò Paganini
7 / Orto del Meisino - Parco del Meisino
8 / Orto Campana- Via Campana
10/ Miraorti- Strada Castello Mirafiori
Cascina Parco Piemonte - Strada
Castello Mirafiori
MAPPA DEGLI
ORTI URBANI
PUBBLICI
6.
5.
4.
7.
1.
3.
O
2.
8.
9.
10.
2/
4/
6/
Urbees - Cascina Roccafranca
Associazioni Parco del Nobile - Parco
della Tesoriera
Urbees- Bunker
8 / Urbees - Hotel Principe
Urbees - Cavoretto
Associazione Parco del Nobile
9 / Urbees - Parco d’Arte Vivente
L’introduzione dell’apicoltura in città /79
È opportuno ora chiarire cos’è un orto
urbano e come nasce. Gli orti pubblici sono
terreni che le ammistrazioni comunali
assegnano ad enti e associazioni
attraverso dei bandi popolari, con
l’obiettivo di recuperare e valorizzare degli
spazi urbani. La creazione di questi orti
consente inoltre di promuovere iniziative
sociali ed educative e di rendere migliore
il paesaggio cittadino, incoraggiando il
concetto di “bene comune”. Esistono poi
quelli che possiamo definire come orti
privati, assegnati dal Comune ai privati
cittadini, e orti spontanei o abusivi, non
ancora regolarizzati. Nella nostra mappa
prenderemo in considerazione la prima
categoria di orti urbani, quelli pubblici,
poiché di dimensioni maggiormente
rilevanti e più facilmente geolocalizzabili.
Dall’analisi simultanea della mappa
degli orti urbani e della mappa degli
apiari, possiamo notare come in tre
circoscrizioni su dieci siano presenti
entrambe le componenti. È una
percentuale minima che fa comprendere
come le due pratiche non debbano essere
strettamente legate per poter essere
efficienti. Le api infatti si nutrono di tutta
la vegetazione spontanea presente in
città ed impollinano le piante nel raggio
di due chilometri dal loro alveare. Bisogna
infatti tenere conto di come le api possano
essere utili alla vegetazione dell’intera
città, trasformandola e rendendola più
rigogliosa e verde, non solo a quella di
un lotto di terra adibito ad orto. Dunque
pensare di affiancare le arnie solamente
agli orti urbani , nonostante li rendano più
produttivi, è riduttivo. In un periodo storico
in cui il fattore inquinamento risulta essere
sempre più alto, è importante reintrodurre
il verde, il “polmone”, nei centri abitati. Le
arnie non devono essere confinate nei lotti
adibiti alla pratica agricola, ma possono
vivere autonomamente in qualsiasi angolo
della nostra città.
80/
RAPPORTO
TRA ORTO E
APIARIO
6.
5.
4.
7.
1.
3.
2.
8.
9.
10.
presenza di orti urbani
presenza di apiari urbani
presenza di orti e apiari urbani
L’introduzione dell’apicoltura in città /81
L’apicoltura urbana come
innovazione sociale
Nel corso di questi capitoli abbiamo
analizzato l’apicoltura urbana ed il suo
svilippo nelle più grandi metropoli del
mondo, abbiamo preso in considerazione
l’apporto che i progettisti hanno voluto
dare al nascente fenomeno e individuato le
principali probematiche che impediscono
all’apicoltura di diffondersi nel tessuto
urbano come vorremmo. Ora è giunto il
momento di spiegare perchè l’apicoltura
è così importante per le nostre città e
per quale motivo possiamo considerarla
un’innovazione sociale.
Innanzitutto è bene dare una breve
definizione di questo termine, anche se
risulta piuttosto complesso tracciare
dei confini analitici ad un fenomeno i cui
caratteri essenziali si manifestano nelle
pratiche. Robin Murray, Julie Caulier Grice
e Geoff Mulgan, nel loro Libro Bianco
sull’Innovazione Sociale, la illustrano in
questo modo: “Definiamo innovazioni
sociali le nuove idee (prodotti, servizi e
modelli) che soddisfano dei bisogni sociali
(in modo più efficace delle alternative
esistenti) e che allo stesso tempo creano
nuove relazioni e nuove collaborazioni.
In altre parole, innovazioni che sono
buone per la società e che accrescono le
possibilità di azione per la società stessa.”
Essa dunque non nasce dalla ricerca
di profitto, ma dall’esistenza di bisogni
insoddisfatti, di risorse sprecate e di
emergenze ambientali o sociali. Ne il
mercato ne le amministrazioni pubbliche
sono in grado di soddisfare questi bisogni,
aprendo così la strada al campo del
privato sociale, all’imprenditorialità dal
basso e alle comunità di cittadini che
si organizzano per soddisfare nuovi e
vecchi bisogni e per ottimizzare l’utilizzo
82/ L’introduzione dell’apicoltura in città
delle risorse. L’innovazione sociale non
è solo un’idea, che sia essa più o meno
radicale, ma è l’applicazione sostenibile
di un’idea di prodotto o servizio e risulta
efficace quando fa un’uso ottimale
delle risorse per il conseguimento di un
risultato sociale. Alla base vi è la volontà di
dimostrare che la nuova visione funziona
meglio delle soluzioni esistenti e genera
valore per la società. La sostenibilità è una
delle componenti principali a cui ambisce
l’innovazione sociale e, come vedremo,
l’apicoltura urbana vuole farsi promotrice
di questa sostenibilità. Ciò che differenzia
un’innovazione sociale dalle altre pratiche
tradizionali è la capacità di “stare sul
mercato” e di finanziarsi grazie a dei
ricavi generati dall’attività stessa. Inoltre
entrano in gioco forme di coordinamento
e collaborazione piuttosto che forme
verticali di controllo. Questo aumenta le
capacità di azione della collettività che
si mobilita e crea nuovi ruoli e relazioni
tra gli individui coinvolti. Non ci sono
attori e settori più idonei di altri nello
sviluppare pratiche di innovazione sociale.
Anzi possiamo dire che le esperienze
più interessanti e radicali sono il frutto
della collaborazione tra diversi attori
appartenenti a mondi diversi. Dunque
l’innovazione sociale ha una spiccata
dimensione collettiva, non appartiene
solo all’immaginazione e alla creatività
di un attore singolo, quanto alla capacità
collettiva di partire da un’intuizione e di
svilupparla sino a trasformarla in una
pratica diffusa. Intuizione e collaborazione
sono dunque alla base di un qualsiasi
processo di innovazione sociale, mentre
l’obiettivo finale è la creazione di un
impatto positivo per la società che sia il
più ampio possibile.
L’introduzione dell’apicoltura in città /83
Come ho già anticipato, smentire i luoghi
comuni che riguardano l’apicoltura
urbana non è sufficiente a far si che i
cittadini di Torino la accettino di buon
grado e che siano disposti a collaborare
alla sua diffusione. Nell’analisi di
scenario, il progettista deve individuare
le problematiche ed i vantaggi che
riguardano il fenomeno a cui è interessato,
per poter affrontare gli uni ed usare a suo
favore gli altri. Ad esempio per fronteggiare
il problema riguardante il dissenso dei
concittadini, il progettista può impiegare i
benefici da lui individuati come mezzo di
persuasione e far si che retrocedano sul
loro pensiero. Infatti, in qualità di essere
umani, tendiamo ad interessarci ad un
qualsiasi fenomeno solo se consapevoli
che questo possa avere un riscontro
positivo anche nei nostri confronti. Quello
che sto cercando di dire è: se io vi dicessi
84/ L’introduzione dell’apicoltura in città
che dobbiamo salvaguardare le api perché
sono a rischio di estinzione e null’altro,
sono sicura che ad un grande percentuale
di voi non interesserebbe. Mentre se vi
dico che dobbiamo salvaguardare le
api perché sono a rischio di estinzione e
senza il loro lavoro di impollinazione non
avremo più frutta e verdura da consumare
quotidianamente, la mia affermazione
ha sicuramente un impatto differente.
La sensibilizzazione del cittadino deve
dunque avvenire mostrando non solo
una determinata problematica che
bisogna risolvere, ma mostrando anche
una sorta di ricompensa che il cittadino
stesso potrebbe ricavare in seguito al suo
contributo. Questi vantaggi che andremo
ad esaminare sono le caratteristiche
che
rendono
l’apicoltura
urbana
un’innovazione sociale.
Per il progettista questi benefici diventano
Definiamo innovazioni sociali
le nuove idee che soddisfano
dei bisogni sociali e che
allo stesso tempo creano
nuove relazioni e nuove
collaborazioni.
infatti degli obiettivi che questi deve
raggiungere tramite gli strumenti operativi
che possiede. Sono tutti fattori acquisibili
solo mediante l’introduzione e la diffusione
dell’apicoltura in città e il designer deve
dunque impegnarsi poiché questo
avvenga . Ora esaminiamo nel dettaglio
quali potrebbero essere questi benefici
derivanti dall’inserimento delle arnie in
città. Ve li introdurrò in una sorta di ordine
cronologico, presentando dapprima quelli
che potrebbero manifestarsi fin dall’inizio
e in seguito quelli che richiedono tempi
di incubazione maggiore. Dobbiamo
tuttavia tener presente che tutti i vantaggi
che prenderemo in considerazione
sono una conseguenza diretta della
sensibilizzazione del cittadino che,
dopo aver inteso a fondo i benefici che
potrebbe trarre del fenomeno, presta il
suo consenso ed il suo contributo agli
apicoltori urbani , dando così inizio ad
un processo di innovazione sociale.
Proprio grazie a questa collaborazione tra
designer e cittadini è possibile ottenere
dei risultati favorevoli per tutti, ecosistema
urbano compreso.
L’introduzione dell’apicoltura in città /85
Educazione
Il primo punto in analisi, l’educazione,
è una sorta di premessa nonchè la
massima conseguenza diretta della
sensibilizzazione del cittadino, senza la
quale non sarebbe possibile ottenere la sua
approvazione nel processo di diffusione
dell’apicoltura nel contesto urbano. Come
abbiamo ripetuto più volte, le api spesso
non sono apprezzate in città in quanto vi
è la credenza ed il timore che siano insetti
pericolosi per l’essere umano. Talvolta
sono i comuni stessi a rendere l’apicoltura
urbana illegale come nel caso di Segrate,
cittadina lombarda, in cui la pratica è stata
proibita nel centro abitato in seguito alle
lamentale degli abitanti residenti. Questo
avviene perché non si è a conoscenza
dei servizi che questi imenotteri sono in
grado di fornirci, i quali vanno ben oltre
la produzione di miele, cera e propoli.
L’ape ha infatti un ruolo importante tanto
86/ L’introduzione dell’apicoltura in città
in città quanto in campagna perchè,
grazie alla sua attività di impollinazione,
consente la crescita di piante e fiori
nell’ambiente in cui viviamo. La presenza
di colonie di api in un determinato
quartiere è sinonimo del benessere e
dell’abbondanza di vegetazione nella
zona in quanto rappresenta un habitat
ideale per le api, le quali necessitano
di una generosa presenza di piante e
fiori. È pertanto necessario educare
il cittadino all’importanza dell’ape nel
nostro ecosistema, se vogliamo dar vita
ad un processo di innovazione sociale.
Un cittadino educato, sensibilizzato e
consapevole accetta la presenza di apiari
in città in quanto è al corrente dei vantaggi
che ne derivano, tra questi la possibilità di
vivere in una città ricca di biodiversità e di
raccogliere i frutti delle piante che tiene
sul proprio balcone.
Animazione di comunità
L’introduzione dell’apicoltura in un
contesto cittadino, così come è già
avvenuto per l’agricoltura urbana e
periurbana, comporta una conseguente
coesione sociale intesa come un
gruppo di persone che si riuniscono
grazie ad un interesse comune. In città
infatti non sono solitamente presenti le
condizioni necessarie ed i pretesti per
l’organizzazione di eventi che riuniscano
tutti gli abitanti di uno stesso quartiere o
circoscrizione, contrariamente a come
avviene in un contesto di paese. Spesso
non sappiamo nemmeno chi abita nel
condominio di fronte al nostro, a causa
della vita frenetica che conduciamo.
L’apicoltura urbana consente invece
questo
ritorno
alla
comunità
e
all’appartenenza ad una comunità, aspetto
che si è totalmente perso nel contesto
cittadino. Immaginiamo infatti di poter
installare un numero di arnie nel parco del
quartiere in cui viviamo e di impegnare
parte del nostro tempo per prenderci
cura delle colonie di api con l’aiuto di
tutti gli abitanti del quartiere interessati
alla pratica, per motivi anche differenti.
In questo modo avremo la possibilità di
entrare in contatto con le persone che
vivono vicino a noi e di instaurare un
rapporto che potrà sicuramente tornarci
utile in un futuro. È come condividere
il quartiere con degli alleati, disposti
ad aiutarci nelle situazioni di estremo
bisogno poiché sono stati abbattuti i
muri dell’indifferenza e dell’estraneità.
In questo senso l’apicoltura può essere
considerata come un punto focale intorno
al quale possono nascere diverse attività
che stimolano la coesione sociale ed
il lavoro di squadra all’interno di una
determinata zona. Quest’aspetto è stato
L’introduzione dell’apicoltura in città /87
già in parte esplorato nell’esperienza degli
orti urbani, in quanto esiste un gruppo di
persone che si prende la responsabilità
e l’impegno di curare le piante ed in una
visione utopica queste persone sono gli
abitanti di uno stesso quartiere o edificio.
Applicando questo concetto all’apicoltura,
si potrebbe giungere alla creazione di
palazzi autosufficienti che producono i
beni che consumano, che siano essi frutti
o miele. Inoltre la presenza di alveari in un
quartiere e la conseguente possibilità di
pianificare attività ed incontri sul tema, si
trasforma in un’opportunità per attrarre il
turismo e l’organizzazione di eventi, i quali
rappresentano una fonte di ricchezza
per gli abitanti della zona. Un’esempio
è riscontrabile nell’esperienza degli
apicoltori urbani di Ginza, a Tokyo, che
organizzano settimanalmente delle visite
guidate sui tetti del quartiere alla scoperta
del mondo delle api nel contesto cittadino.
I turisti si lasciano guidare in questa
avventura e contribuiscono ai processi
di smielatura, diventando parte della
manodopera. Per concludere, possiamo
dire che l’apicoltura è una pratica sociale
adatta a qualsiasi età, sesso e religione
in grado di accrescere il sentimento di
identità comune, l’orgoglio e la qualità
della vita all’interno di un quartiere,
portando alla nascita di piccole comunità
all’interno di una grande città.
Riqualifica urbana
Il terzo beneficio che incontriamo
sulla nostra “linea temporale” fittizia
interessa
la
riqualificazione
della
città e, nello specifico, delle zone
urbane
maggiormente
degradate.
Per presentare questo vantaggio mi
ricollego
all’esperienza
dell’urban
farming, ovvero dell’agricoltura urbana, in
quanto è un fenomeno già sedimentato
88/
nel contesto torinese e che rende più
facile la comprensione dei concetti che
andrò a spiegare. L’agricoltura urbana
si è sviluppata nelle grandi metropoli in
seguito ai periodi di industrializzazione
e di migrazione dei contadini verso la
città. La classe operaia proveniente dalla
campagna, guadagnando un misero
salario, spesso viveva in condizioni di
povertà e malnutrizione, motivo per cui
vennero costruiti i primi “orti per poveri” sui
tetti degli edifici. È un fenomeno che nasce
dunque per adempiere alle insufficienze
alimentari di un intera classe sociale e in cui
il fattore produttivo è il più importante, se
non l’unico. Nel corso degli anni abbiamo
tuttavia assistito ad un’evoluzione
dell’urban farming, in cui hanno preso il
sopravvento altri fattori al di la di quello
fruttifero. Attualmente l’agricoltura urbana
è infatti multifunzionale, ovvero non
serve solo alla produzione di viveri, ma
anche a creare un ecosistema urbano
che promuova la biodiversità. In questo
contesto è necessaria la presenza di api
in città in quanto non solo agevola la
crescita di piante, fiori e frutti negli orti
urbani, ma aiuta anche il proliferare della
vegetazione spontanea in tutto il tessuto
urbano. In questo modo contribuisce alla
riqualificazione di aree urbane inutilizzate
o degradate, attribuendogli anche un
valore estetico che migliora il paesaggio
urbano grazie ad una presenza maggiore
di flora. L’arnia Apiarium, su progetto di
Bettina Bohm, nasce proprio per essere
installata nelle aree maggiormente
degradate e che dispongono di ampi spazi
vuoti, valorizzandole e incrementando il
valore delle zone circostanti. La riqualifica
estetica ed ambientale di un’area della città
determina un incremento nella ricchezza
dell’area stessa, grazie all’aumento del
turismo ad esempio, comportando così
anche una trasformazione positiva a
livello sociale. Dunque l’installazione di orti
e apiari nelle zone suburbane è funzionale
ad un miglioramento estetico, sociale e
territoriale, in grado di elevare la qualità
della vita all’interno della città stessa.
L’introduzione dell’apicoltura in città /89
Miele eterogeneo
In città non è possibile produrre un miele
monofloreale, in quanto la vegetazione
spontanea sui balconi e nei giardini
è piuttosto varia e solitamente non
controllabile. Come noto, le api vanno
alla ricerca di nettare e polline nel raggio
di due chilometri dal proprio alveare e
dunque in un contesto urbano incontrano
un’immensa varietà di piante e fiori. Con
ciò non significa che il miele urbano,
millefiori, sia tutto uguale, anzi in un certo
senso è possibile scegliere la qualità
del miele da produrre, a seconda della
posizione in cui si vanno a collocare le
arnie. I mieli urbani prodotti da Urbees,
ad esempio, si differenziano per colore,
densità e proprietà organolettiche e
osservandoli non ci verrebbe mai da
pensare che siano stati prodotti nella
stessa città o addirittura nella stessa
circoscrizione.
90/ L’introduzione dell’apicoltura in città
Questa è infatti la ricchezza che
deriva dall’apicoltura urbana, ovvero la
possibilità di produrre miele millefiori
differenti tra loro in base alla prevalenza
di un certo tipo di vegetazione in un’area
della città. Inoltre il miele prodotto in città
contiene al suo interno un’enorme varietà
di polline, circa 250 specie, il che lo rende
particolarmente efficace per combattere
le allergie. Infatti l’ingestione in piccole
quantità del polline contenuto nel miele
aiuta i soggetti allergici ad affrontare
più facilmente il disturbo respiratorio.
Infine va ricordato che il miele urbano
è un prodotto a chilometro zero, ben
distante dalle miscele con provenienza
ignota acquistabili al supermercato.
Posizionando un’arnia sul nostro balcone
o nel cortile del condominio, possiamo
facilmente usufruire di un prodotto di
qualità elevata e dal gusto unico.
Ecosistema controllato
Nel contesto urbano la produzione di
miele non è fine a stessa, ma diventa
un mezzo di misurazione della qualità
dell’ambiente in cui viviamo. L’ape è infatti
una sentinella ambientale, in grado di
monitorare l’ambiente e di riferirci i suoi
cambiamenti. I ricercatori della Statale
Annamaria Costa e Francesco Tangorra
in collaborazione con gli apicoltori urbani
Mauro e Davide Veca, che gestiscono
l’arnia della Triennale al Parco Sempione,
hanno analizzato i metalli pesanti che
rimangono sul corpo delle api dopo la loro
morte, incrociando i dati con le rilevazioni
atmosferiche. Questo esperimento si è
svolto a Milano, dove l’inquinamento è
ancora un problema rilevante e la presenza
nell’aria di sostanze come piombo, cadmio,
nichel e rame è una certezza. Hanno così
confrontato i residui rimanenti sul corpo
dell’ape con i dati raccolti dalle centraline
Arpa, trovando una relazione tra ciò che
viene rinvenuto sul corpo dell’insetto e
la concentrazione media di particolato
nell’atmosfera. Queste sperimentazioni
aprono la strada alla possibilità di
realizzare un sistema di monitoraggio
ambientale alternativo a basso costo,
utilizzando questo imenottero e il suo
polline. Queste rilevazione possono
essere effettuate in maniera ancora più
precisa analizzando il miele prodotto
dalle api metropolitane, come ci insegna
Antonio Barletta di Urbees. Dopo avere
esaminato i prodotti delle sue arnie per
assicurarne la commestibilità, si è reso
conto del potenziale di queste analisi per
controllare la presenza dei metalli pesanti
e degli inquinanti nell’aria e rilevare cosa
sta cambiando nell’ecosistema della
città. Inoltre è possibile sviluppare una
mappatura della vegetazione urbana,
utile anche per chi soffre di allergie, e
/91
rispristinare in questo modo le piante
necessarie all’ecosistema, per creare
una natura in città che sia funzionale e
non solo pura estetica. Coinvolgendo
dunque i cittadini nell’allevamento delle
api in città si può beneficiare non solo di
miele, cera e propoli, ma anche dei servizi
di biomonitoraggio delle api: un metodo
alternativo che ci consente di ridurre
l’inquinamento.
Sostenibilità
Una città sostenibile è una città educata
alla consapevolezza ambientale, che
conosce ed impiega le sue risorse nel
rispetto del territorio. L’apicoltura lavora
a stretto contatto con gli orti urbani,
facilitando la crescita di frutta e ortaggi.
Dunque l’introduzione dell’apicoltura
nel contesto cittadino favorisce uno
sviluppo sostenibile proprio grazie al
ruolo di impollinazione da parte delle
api, che agevolano la produzione di
92/ L’introduzione dell’apicoltura in città
prodotti agricoli all’interno delle città.
Questo consente ai cittadini di disporre
di maggiori quantità di frutta e verdura
a 􏰔chilometro zero􏰕 senza grandi spese, incoraggiando in questo modo una
crescita sia produttiva che economica
sostenibile. Inoltre, l’agricoltura urbana
riduce l’impiego di pesticidi e abbrevia
o annulla le distanze tra agricoltore e
consumatore, abbattendo così anche i
costi di trasporto. Dunque mettendo in
atto tutti i benefici che abbiamo preso
in esame in questo capitolo, la città non
può che essere maggiormente sostenibile
in quanto ricca di vegetazione, meno
inquinata e promotrice di prodotti agricoli e
melliferi a chilometro zero. La sostenibilità
è così il punto terminale della nostra
linea temporale ed è una conseguenza
derivante da una serie di azioni che si
muovono verso essa.
Nel prossimo capitolo vedremo come e
se questi obiettivi sono stati conseguiti a
Torino da parte delle due organizzazioni
di apicoltura urbana già esistenti, Urbees
e l’Associazione Parco del Nobile, e
come potrebbero eventualmente essere
incentivati.
/93
IN SINTESI
Apicoltura come strumento di
aggregazione all’interno di una
comunità o quartiere urbano,
intesa come collaborazione tra
cittadini.
RIQUALIFICA
DEI QUARTIERI
EDUCAZIONE
ANIMAZIONE
DI COMUNITÀ
Intesa come sensibilizzazione
del
popolo
cittadino
sull’importanza del ruolo delle
api nell’ecosistema mondiale.
94/ L’introduzione dell’apicoltura in città
Aumento della vegetazione
urbana con il conseguente
miglioramento estetico, sociale
e territoriale.
Produzione di miele urbano
millefiori, con note e gusti
totalmente
nuovi
derivanti
dalla grande diversità botanica
presente in città.
Intesa come promozione di
un’agricoltura
sostenibile,
attuata nel rispetto sia delle
risorse
naturali
che
del
lavoratore.
ECOSISTEMA
CONTROLLATO
MIELE
ETEROGENEO
SOSTENIBILITÀ
Il lavoro delle api consente
di
tenere
sotto
controllo
l’ecosistema urbano in cui
viviamo, attraverso un’attenta
analisi di miele e cera.
L’introduzione dell’apicoltura in città /95
CAPITOLO SETTIMO
IL RUOLO DEL PROGETTISTA IN UN
PROCESSO DI INNOVAZIONE SOCIALE
Gli obiettivi del progettista
a Torino
Nel capitolo precedente abbiamo esplorato
tutti i vantaggi che possiamo ottenere
dall’introduzione dell’apicoltura in città,
aspetti che la rendono potenzialmente
un’innovazione sociale. Questi benefici
sono tali per i cittadini, mentre per il
progettista assumono la forma di obiettivi
da raggiungere attraverso l’attuazione di
strategie di sensibilizzazione ed operative.
Ora prendiamo in considerazione quali
sono i traguardi che Urbees e Parco del
Nobile si prepongono quotidianamente
di raggiungere, per valutare quali aspetti
potrebbero essere incentivati.
Antonio Barletta ha deciso di conferire
un valore aggiunto al proprio miele,
visto inizialmente come indicatore
ambientale e poi come dolcificante e
prodotto alimentare. Analizzandolo è
infatti possibile rilevare la quantità di
metalli pesanti presenti nell’ecosistema
torinese e realizzare una mappatura delle
vegetazione urbana. Questo obiettivo
primario di Urbees consente di tenere
sotto controllo l’inquinamento e di
promuovere un utilizzo consapevole dei
mezzi di trasporto e delle risorse. Inoltre
Urbees si pone come obiettivo ultimo
del suo operato la creazione di una rete
sociale, che metta in relazione tutti gli
abitanti di Torino interessati all’apicoltura,
all’ambiente o più semplicemente al miele.
Questo aspetto è purtroppo ancora in una
fase iniziale ed è un traguardo che si potrà
raggiungere solo quando un maggior
numero di persone verrà a conoscenza
del fenomeno dell’apicoltura urbana
e deciderà di prendervi parte. Infine la
produzione di un miele eterogeneo è una
conseguenza diretta dell’apicoltura urbana
ed è una caratteristica che accomuna
Urbees con l’Associazione Parco del
Il ruolo del progettista /97
OBIETTIVI
Nobile. Quest’ultima pone come traguardo
principale del suo operato l’educazione dei
più piccoli attraverso l’organizzazione di
diversi percorsi di formazione ambientale
che coinvolgono principalmente scuole
e famiglie. Promuove una pedagogia
attiva, dell’imparare facendo, tramite la
pianificazione di laboratori, giornate e
campi estivi. Il fine ultimo è incentivare
la conoscenza del mondo rurale e degli
animali attraverso esperienze pratiche
e condivise rivolte ad un pubblico che
ormai ha perso ogni tipo di contatto con
la natura.
Quali sono pertanto gli aspetti che
potrebbero essere presi in considerazione
e sviluppati dal progettista a Torino?
sensibilizzazione
creazione di una rete sociale
riqualifica urbana
98/ Il ruolo del progettista
Senza dubbio l’aspetto dell’educazione, in
parte già portato avanti con i bambini, va
ora ampliato ad un pubblico adulto che sia
il più vasto possibile poiché, per consentire
l’inserimento di arnie in città, è necessario
e gradito il consenso degli abitanti.
Un gruppo di cittadini educati e
consapevoli può diventare il punto di
partenza per la nascita di una rete sociale,
che coinvolga tutti gli individui interessati
a prestare il loro contributo alla pratica.
Inoltre, in seguito all’installazione di apiari
nei quartieri più degradati di Torino, è
possibile iniziare un percorso di riqualifica
urbana, conferendo alla città un valore
aggiunto ed una vegetazione più fitta.
Mettendo in atto questi tre aspetti citati,
la città comincerà a muoversi lentamente
verso la sostenibilità, di cui l’apicoltura
urbana vuole farsi promotrice.
Ora vediamo quali sono le discipline
appartenenti al mondo del design che ci
consentono di portare avanti un progetto
che genera un cambiamento a livello
sociale e territoriale.
Il design per le innovazioni
sociali
Al giorno d’oggi il designer svolge un
ruolo importante all’interno della società,
la quale è in continua evoluzione e deve
adattarsi ai cambiamenti ambientali,
sociali e culturali. Come sostiene Ezio
Manzini in Design, when everybody
designs, la disciplina progettuale può
porsi al servizio delle innovazioni sociali
ed il progettista deve offrire il suo supporto
ai progetti collettivi ed individuali. Egli
viene infatti descritto come un attore
sociale che, grazie agli strumenti culturali
ed operativi che possiede, é in grado
di sostenere i processi in cui tutti noi
siamo quotidianamente coinvolti. Nella
società odierna il designer acquista così
un ruolo del tutto
nuovo e differente
rispetto a quello che ha avuto fino ad
ora. Cento anni fa abbiamo osservato
come il nascente industrial design riuscì
a stare al passo con le innovazioni di tipo
tecnologico, oggi dovremmo assistere
ad un fenomeno simile che riguarda le
innovazioni sociali.Queste infatti possono
potenzialmente cambiare il mondo in cui
viviamo, ma necessitano di una nuova
disciplina che li guidi nel processo ed il
design è in grado di assumersi questo
ruolo. Parlando di innovazione sociale, il
designer deve dunque accompagnare gli
esperti di un certo settore nel processo di
trasformazione e creare le condizioni che
possano facilitarlo. Deve semplicemente
scoprire un nuovo modo di guardare
al mondo e al modo in cui il design può
interagire con le persone che ci vivono.
Dunque il design per le innovazioni sociali
riguarda tutto ciò che gli esperti della
progettazione possono fare per attivare,
sostenere e orientare i processi alla base
dei cambiamenti sociali verso una nuova
sostenibilità.
/99
Questo può avvenire seguendo due
strade diverse o perseguendole entrambe
contemporaneamente:
una
inerente
alla parte strategica e l’altra legata alla
comunicazione. In quest’ultimo capitolo
vedremo in che modo questi due mezzi
possano essere funzionali alla diffusione
dell’apicoltura a Torino e perché uno
venga considerato come subordinato
all’altro. Prima però è opportuno
concentrarci sul significato di “strategia”
e di “comunicazione” e su come siano
attinenti al mondo del design.
La comunicazione visiva
La comunicazione visiva è fondamentale
in un processo di innovazione sociale
poiché, attraverso la divulgazione di
un’idea o progetto, è possibile coinvolgere
il maggior numero di persone interessate.
Consente infatti di raggiungere un target
di persone vario ed ampio e di avere un
100/ Il ruolo del progettista
feedback diretto ed immediato da parte del
fruitore del messaggio. È inoltre il metodo
più efficace per connettere tra di loro tutte
le persone con un interesse comune. In
questo contesto, il designer può guidare gli
esperti del settore all’utilizzo consapevole
e strategico del web per la promozione del
suo progetto. Diverse sono le modalità di
comunicazione di un concetto e vanno
dalla creazione di una strategia digitale
divulgabile online all’organizzazione di
eventi sul tema. 􏰋Nell’era in cui viviamo le piattaforme digitali assumono una
grande importanza, diventando il “punto
d’incontro” virtuale dove le persone
con un interesse in comune possono
confrontarsi e scambiare opinioni.
Qualsiasi strategia d’azione quindi
deve essere modellata sul locale, ma
applicabile ad un modello universale, per
reggere anche il confronto con il mondo
virtuale. Il campo della comunicazione
visiva può quindi considerarsi laterale e
subordinato a quello strategico, in quanto
lo accompagna di passo in passo verso la
meta finale.
La comunicazione al servizio
della sensibilizzazione del
cittadino
L’informazione, e di conseguenza la
conoscenza, è alla base del processo
di accettazione di un determinata
novità. È risaputo che tutto ciò che ci
è sconosciuto ci fa paura. Nel caso
dell’apicoltura urbana, questo avviene
perché non conosciamo le api né i benefici
che possiamo trarre dal loro operato. Il
fattore informativo e di sensibilizzazione
è dunque di primaria importanza nel
tema dell’apicoltura urbana, in quanto è
un fenomeno recente e poco conosciuto.
Essa deve coinvolgere il maggior numero
di persone possibile ed essere portatrice di
un messaggio da comunicare. L’obiettivo
è quello di rendere consapevole il cittadino
riguardo l’importanza delle api nel nostro
ecosistema e di ottenere il suo consenso
per l’inserimento di arnie in città. Un
cittadino sensibilizzato infatti accetta
l’apicoltura urbana e prende parte al suo
processo di diffusione, che sia in maniera
diretta o indiretta. Possiamo dire che
un individuo partecipa alla divulgazione
dell’apicoltura in città in maniera indiretta
quando da il proprio consenso a coloro che
volessero avvicinarsi alla pratica o decide
di contribuire coltivando fiori e piante
che siano funzionali alla produzione di
miele. In questo modo le api ottengono il
giusto nutrimento e i cittadini beneficiano
di mieli eterogenei. Il cittadino può
inoltre sostenere il lavoro degli apicoltori
acquistando il miele urbano e finanziando
così il progetto. L’apicoltura rappresenta
in questo modo una fonte di guadagno per
coloro che non hanno altre entrate.
La partecipazione diventa diretta quando
un individuo decide di prendere parte al
processo di introduzione dell’apicoltura
in città in maniera attiva, prendendosi
THEY
GO, WE
GO
save
-thebees
/101
EDUCAZIONE
AZIONE
lui stesso cura di un’arnia all’interno di
un apiario collettivo ed impegnandosi a
visitarla settimanalmente. Egli può perfino
creare un piccolo apiario composto da
una o due arnie sul balcone o nel giardino
di casa, producendosi così il miele che
lui stesso consuma. In questo modo
contribuisce anche allo sviluppo della
vegetazione nel proprio quartiere.
L’educazione del cittadino, intesa sia
come sensibilizzazione al tema delle api
in natura sia come istruzione alla pratica
dell’apicoltura, si trasforma così in azione.
tipologie, in base anche all’ampiezza del
target che desideriamo raggiungere. La
sensibilizzazione di un gruppo ristretto di
persone con una caratteristica in comune
è attuabile attraverso incontri sul tema e
dibattiti, tramite la diffusione di materiale
informativo cartaceo o digitale e infine con
la potenza delle installazione simboliche,
le quali possono essere considerate come
un forma di comunicazione indiretta che
trasmette un messaggio senza palesarlo
ma stimolando l’immaginazione del
fruitore. Quest’ultimo è un ottimo metodo
per conquistare un target anche più
esteso, come ad esempio gli abitanti di un
quartiere o di un’intera città, i quali possono
imbattersi casualmente nell’opera e
rimanerne colpiti. Invece l’organizzazione
di incontri sul tema è meno appropriata
per un pubblico più ampio poiché diventa
impossibile convincere un numero di
persone così elevato a prendervi parte. Gli
strumenti digitali che rientrano nel campo
delle comunicazione sono inoltre utili per
gestire facilmente e velocemente una
rete sociale di individui con un interesse
o un’esigenza in comune. L’ambito
della comunicazione visiva è dunque di
primaria importanza nell’educazione di un
gruppo di cittadini, ma assume anche un
ruolo rilevante nella gestione dei rapporti
tra individui.
Quali sono gli strumenti che possono
essere impiegati nella sensibilizzazione
del cittadino?
La comunicazione è fondamentale per
coinvolgere un gruppo di individui in
un determinato processo e può essere
di due tipologie, diretta o indiretta. Con
comunicazione diretta si intende un
messaggio che si palesa da solo con
l’utilizzo della parola e che non può
essere inteso diversamente. Quella
indiretta invece lascia maggiore libertà
all’interpretazione e stimola la curiosità.
In un processo di innovazione sociale
possiamo usufruire di entrambe le
102/ Il ruolo del progettista
IN SINTESI
COMUNICAZIONE
per
SENSIBILIZZARE/EDUCARE
GESTIRE UNA RETE SOCIALE
attraverso
attraverso
THE BEES AND THE CITY
APICOLTURA
URBANA
A Torino il primo esperimento
di apicoltura urbana in Italia.
Unisciti a noi e adotta la tua arnia!
materiale informativo
incontri sul tema
installazioni
piattaforma online
Il ruolo del progettista /103
Strategic design e service design
Si può parlare di strategia, quando il
progettista utilizza le sue competenze
per riconoscere le invenzioni sociali già
esistenti e per trasformarle in soluzioni
più efficaci, durature e potenzialmente
replicabili su larga scala. Esistono due
discipline legate al mondo del design che
consentono di progettare un processo di
innovazione sociale in modo da renderlo
adatto al contesto locale, ma allo stesso
replicabile globalmente: lo strategic
design ed il service design. Il design
strategico non riguarda la progettazione
di un prodotto ma di un intero sistema di
prodotti e servizi che devono rispondere ad
una determinata domanda di benessere.
Rispetto al service design, il design
strategico si occupa della progettazione
di nuove partnership tra gli attori di un
sistema, generando innovazioni più
radicali e possibilmente con maggiori
vantaggi sotto il profilo ambientale. Il
prodotto ed il fattore economico passano
in secondo piano, lasciando maggiore
spazio alle relazioni e alle esperienze.
Nel caso dell’apicoltura urbana, questo si
dimostra un mezzo interessante poiché è
proprio sulla nascita di queste relazioni che
bisogna concentrarsi se si vogliono avere
sviluppi futuri, con possibili ed eventuali
riscontri anche sotto il profilo economico.
Nel design strategico il designer si occupa
pertanto di progettare la “rete sociale”
che deve inglobare gli esperti del settore
e coloro che vogliono trarre dei benefici
da un servizio. Una volta che il processo
inizia a diventare più fluido e di maggior
successo, può intervenire il service design.
Questo consiste nello sviluppo di idee e
soluzioni mirate a migliorare l’esperienza,
in termini di qualità, tra il fornitore
del servizio ed il consumatore finale.
Riguarda dunque l’organizzazione e la
104/ Il ruolo del progettista
pianificazione di personale, infrastrutture
e materiali, tutti elementi costitutivi di
un servizio che collega un produttore ad
un consumatore. Nel service design il
progetto segue i bisogni del consumatore
finale e di conseguenza, per poter essere
user-friendly e competitivo, è necessario
uno studio dettagliato sui comportamenti
del consumatore. Il fine ultimo è quello di
offrire un’esperienza semplice, funzionale
e piacevole al fruitore finale. L’applicazione
di questo concetto alla nascente apicoltura
Il designer è un attore
sociale che, grazie agli
strumenti culturali ed
operativi che possiede,
è in grado di sostenere i
processi di innovazione
sociale
urbana di Torino risulta difficile, in quanto
non è ancora del tutto presente un vero
pubblico di consumatori né un fornitore in
grado di garantire un servizio abbastanza
esteso. In più il fattore economico e
di competitività, solitamente rilevante
nel service design, è una semplice
conseguenza nell’apicoltura, non un
obiettivo primario. Bisogna pertanto
occuparsi prima di costruire le relazioni
tra i possibili fruitori e consumatori, per
poi progettare un servizio che soddisfi i
bisogni di entrambe le categorie.
IN SINTESI
SUPPORTO
STRATEGIA/AZIONE
COMUNICAZIONE
strategic design
sensibilizzazione
progettazione di nuove
partnership tra gli attori di
un sistema
divulgazione
service design
progettazione di nuove
soluzioni
mirate
a
migliorare l’esperienza tra
il fornitore del servizio ed il
consumatore finale
promozione
unione
Il ruolo del progettista /105
Lo strategic design per la
creazione di una rete sociale
Un cittadino educato al tema della
salvaguardia delle api e a conoscenza dei
benefici inizia ad interessarsi al fenomeno
dell’apicoltura urbana. Magari non vuole
praticarla, ma desidera ugualmente
beneficiare dei prodotti dell’alveare.
È dunque disposto ad accettare
l’installazione di apiari nei pressi della sua
abitazione o addirittura nel suo guardino
o balcone, chiedendo in cambio una
piccola quantità di miele. Nasce così la
condivisione dei beni, uno spazio in cambio
di un prodotto, che porta alla creazione
di una smart community. Il progettista,
a conoscenza delle potenzialità che
derivano dall’inserimento dell’apicoltura in
città, cerca dunque di mettere in contatto
i gruppi di persone con un desiderio in
comune, cioè beneficiare di miele, con
gli apicoltori che possono fornirglielo. Si
sviluppa in questo modo una rete sociale
in cui vi è una continua collaborazione e
condivisione di ricchezze, la quale può
essere eventualmente regolato da un
ulteriore gruppo di individui. Può portare
106/ Il ruolo del progettista
così alla nascita di nuovi posti di lavoro e
ad uno sviluppo economico sostenibile.
In che modo può essere regolata questo
rete sociale basata sulla condivisione?
Uno dei metodi più rapidi ed efficaci è
la creazione di una piattaforma online.
Il web è infatti uno strumento molto
potente che può essere impiegato
per connettere persone a distanza e
condividere informazioni in modo rapido.
Parlando di distanza, non si intendono
inevitabilmente migliaia di chilometri,
ma il termine può indicare anche due
persone che vivono nella stessa città ma
che per questioni di tempo non possono
incontrarsi fisicamente. La creazione di
una piattaforma online sull’apicoltura
urbana torinese può agevolare le
relazioni tra gli specialisti del settore e
i cittadini interessati alla pratica, i quali
possono usufruire di tutte le informazioni
necessarie in modo gratuito.
/107
Il ruolo del progettista a Torino
INDIVIDUAZIONE DEL TARGET
Arriviamo ora alla conclusione di tutti i
ragionamenti effettuati nel corso di questi
capitoli e rispondiamo alla seguente
domanda:
Cosa posso e devo fare per consentire la
diffusione dell’apicoltura a Torino?
individui che
dispongono di ampi spazi
individui che
dispongono di tempo libero
108/ Il ruolo del progettista
Devo innanzitutto individuare i possibili
attori disposti a prendere parte al processo
in modi differenti. Le due categorie
generiche che mi vengono in mente
quando rifletto sulle diverse possibilità
sono le persone che dispongono di tempo
libero e le persone che possiedono ampi
spazi. Il primo gruppo può comprendere
sia apicoltori esperti che persone
interessate
all’apprendimento
della
pratica che hanno sufficiente tempo da
impiegare nell’attività. Questi possono
essere pensionati, persone senza un
occupazione fissa che mirano anche al
guadagno e tutti coloro in cerca di un
hobby sostenibile. Il secondo gruppo
comprende invece enti pubblici o cittadini
privati che hanno aree più o mene ampie in
gradi di ospitare arnie ed apiari. Tra questi
ci sono sicuramente il Comune di Torino,
con tutti i suoi parchi pubblici, i cittadini
privati che dispongono di un balcone o
giardino ed il settore della ristorazione.
Dopo aver individuato i possibili attori,
devo ideare una strategia di persuasione
che li convinca a partecipare alla
diffusione dell’apicoltura in città. Devo
così presentare loro tutti i benefici che
possono trarre da questa pratica e dalla
presenza delle api nel tessuto urbano,
cosa che sarà sicuramente semplice
visto che ho già individuato tutti i benefici
nei capitolo precedenti. Coloro disposti a
concedere parte del loro spazio avranno
in cambio del miele prodotto a chilometro
PRESENTAZIONE DEI BENEFICI
HONEY
HONEY
HONEY
HONEY
HONEY
miele eterogeneo
riqualifica urbana
animazione di comunità
zero, nonché un giardino o balcone con
piante e fiori più rigogliosi. Nel caso di
bar e ristoranti, questi potranno vantare
sul loro menù un miele dal gusto unico e
prodotto in loco che diventerà un valore
aggiunto, in grado di attirare un maggior
numero di clienti. Coloro che invece si
impegneranno nella pratica prestando la
loro manodopera potranno usufruire del
servizio dell’apicoltura come pet therapy,
che consente di alleviare lo stress ed
aumentare la sensazione di benessere,
e avranno altrettanto miele a chilometro
zero da consumare e, nel migliore dei
casi, da vendere con anche un ritorno dal
punto di vista economico. Per entrambe le
categorie ci sarà la possibilità di un ritorno
al senso di comunità e al lavoro di gruppo,
ormai andato perso nel contesto cittadino.
Dopo aver convinto questi due gruppi di
persone a prendere parte al mio progetto,
devo costruire la relazione tra gli individui
per consentire l’installazione delle arnie,
avviando così il processo di innovazione.
Sicuramente i tempi di incubazione di
questo processo di innovazione sociale
sono piuttosto alti, perché la nascita di
relazioni tra le persone richiede del tempo
così come la produzione di miele che
deriva da questi vincoli. Una volta che le
relazioni saranno più stabili ed il processo
di condivisione degli spazi e beni sarà più
fluido, il progettista può pensare di ideare
un servizio che migliori la qualità degli
scambi e delle possibili vendite.
Vediamo così come il design strategico ed
il design dei servizi si pongono entrambi
al servizio della diffusione dell’apicoltura
anche a Torino, il primo per instaurare
le relazione alla base di un processo di
innovazione sociale ed il secondo per
migliorare l’esperienza e le condivisioni
che costituiscono una rete di individui.
Il designer deve prestare sempre
attenzione al contesto in cui opera
e a Torino sarebbe inutile pensare di
progettare un’arnia piuttosto che un
servizio di distribuzione del miele, poiché
non esistono ancora gli utenti che
potrebbero usufruirne. Il progettista deve
dunque mettere in atto delle strategie
operative, servendosi anche dell’ambito
della comunicazione, per costruire le basi
che consentano lo sviluppo e la diffusione
dell’apicoltura, diventando egli stesso un
anello che costituisce una lunga catena di
individui.
Il designer non crea un prodotto che
genera un cambiamento, ma è lui stesso
parte di questo cambiamento.
Il ruolo del progettista /109
1
IN SINTESI
INDIVIDUI CHE DISPONGONO
DI TEMPO LIBERO
IDENTIFICAZIONE DEI POSSIBILI ATTORI
INDIVIDUI CHE DISPONGONO
DI AMPI SPAZI
2
PRESTAZIONE DI MANODOPERA
PERSUASIONE DEGLI ATTORI IDENTIFICATI
I BENEFICI PER I CITTADINI COINVOLTI
CONCEDENTI SPAZIO
Produzione e consumo •
di miele a km0
Ritorno alla comunità •
Aumento del verde •
Miele come•
valore aggiunto
CONCEDENTI TEMPO
• Produzione e consumo
di miele a km0
• Ritorno alla comunità
• Apicoltura come
pet therapy
• Possibilità di ritorno
economico
110/ Il ruolo del progettista
CONCESSIONE DI SPAZI
ESPRESSO
3
INSTALLAZIONE DEGLI APIARI
03
06
MARZO
GIUGNO
CREAZIONE DELLE RELAZIONI
ANIMAZIONE DI COMUNIT
RI UALIFICA URBANA
HONEY
HONEY
HONEY
HONEY
HONEY
PRODUZIONE DI MIELE
4
RETE BASATA
SULLA VENDITA
HONEY
APICOLTORI
HONEY
HONEY
HONEY
HONEY
VENDITA DI MIELE
CONSUMATORI FINALI
CREAZIONE DI UNA RETE DI SERVIZI
CONCESSIONE DI SPAZI
RETE BASATA
SULLO SCAMBIO
PRESTANTI MANODOPERA
PROPRIETARI DI SPAZI
HONEY
HONEY
HONEY
HONEY
HONEY
CONCESSIONE DI MIELE
/111
In
conclusione
...
Non si può dire che solo perchè siamo
arrivati all’ultima pagina di questa
trattazione, esista una vera e propria
conclusione. Questo è solo l’inizio, il
principio di un fenomeno che, spero,
troverà presto una sua dignità ed otterrà
il successo che merita. Il mio intento
era semplicemente quello di illustrare
a voi lettori le possibilità che derivano
dall’apicoltura urbana e le modalità in
cui possiamo agevolare la sua diffusione
nel ruolo di progettisti. Da questo punto
in poi si può iniziare ad agire, seguendo
queste linea guida, innescando così una
reazione a catena che porterà ad un
futuro pù sostenibile. Un futuro in cui le
grandi metropoli presteranno maggiore
attenzione al loro contesto ambientale
e agli individui che le abitano, in cui la
collettività avrà prevalenza sui singoli
e dove troveremo finalmente quello
spiraglio di tranquillità e ruralità tanto
cercato. Siamo qui per progettare il nostro
futuro e quello del nostro pianeta.
112/ In conclusione
In conclusione /113
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