La forma del valore

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La forma del valore
La forma del valore
Storie della moneta naturale in Africa
Arner Quaderni
La forma del valore
Siamo fatti della stessa sostanza
di cui sono fatti i sogni
William Shakespeare
Quasi ogni libro d’arte africana sottolinea
la ‘scoperta’ di questa arte ai primi del XX
secolo da parte dei pittori Picasso, Braque,
Derain e altri ancora. L’attenzione, a quel
tempo, veniva posta su maschere e statuette.
Gli oggetti d’uso comune nella vita quotidiana erano scarsamente considerati. Sarebbero
stati gli artisti della generazione di Serra, Judd
e Chillida, negli anni ’60, con le loro sculture
di ferro e altri metalli a risvegliare una sensibilità per gli oggetti di culto e d’utilità realizzati
negli stessi materiali nell’Africa antica.
Prima dell’epoca coloniale e dell’introduzione delle monete, gli oggetti presenti in questa
mostra erano utilizzati come mezzo di scambio o di pagamento nei mercati e nel commercio africano. Di questo giacimento culturale
quotidiano, possiamo mostrare solo una piccola selezione che, speriamo, potrà rivelarne al
visitatore la varietà e la ricchezza delle forme.
Lo spazio non ci concede di mostrare le collane di conchiglie cowrie o di perle di vetro, i
coni di sale, le stoffe tessute, la congerie di arti-
coli di polvere lignea cotta e i tanti manufatti
di metallo, punte di lancia, zagaglie, asce, croci,
maniglie, vanghe e molto altro ancora.
Nella selezione dei pezzi esposti, ci siamo
lasciati guidare da criteri più estetici che etnografici. Cogliamo questa opportunità per ringraziare il collezionista che ha voluto prestare
le sue straordinarie opere per questa mostra.
Lugano, gennaio 2011,
Udo Horstmann
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Il denaro delle origini nella
Collezione Udo Horstmann
Mi interessa la forma delle idee,
anche se non ci credo.
Samuel Beckett
Nel presentare alcuni reperti di una straordinaria collezione di denaro pre-monetale che
ha assunto nei secoli le forme e i materiali
più sorprendenti, va sottolineato il fenomeno
complesso del collezionismo degli oggetti e
degli arnesi scaturiti dalla mano dell’Uomo
che precedono la numismatica e le si affiancano come necessario complemento. Il denaro
non conduce sempre e solo all’accumulo di
ricchezza, ma come manufatto dell’antichità è
il tema di una passione per testimonianze rare,
spesso fragili, oltre che preziose e imprevedibili, che arricchiscono l’animo umano ben oltre
il valore commerciale odierno. La riscoperta
di popoli e civiltà primarie ormai evanescenti
o dimenticate, specie dove, come in Africa, la
cultura e la storia non erano basate su testimonianze scritte né monumentali, consente
di assistere all’aprirsi di orizzonti improvvisi e
di avventure avvincenti che superano la penna
dello scrittore e costituiscono, spesso, sogni
che il denaro non può comperare.
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La collezione dello svizzero Udo Hortsmann è
una delle raccolte più attente in questo settore
e la varietà delle provenienze geografiche e la
qualità dei pezzi le ha meritato grandi esposizioni internazionali in musei di prestigio in
una collaborazione attiva e feconda da Berlino
agli USA.
Il collezionismo e l’accumulo di oggetti rari e
preziosi fanno parte dell’indole dell’uomo e
se l’origine del collezionismo risale alla Wundekammer rinascimentale e la sua nozione
moderna si sviluppa in Inghilterra quando, nel
1850, apre il Burlington Fine Arts Club, non
deve sorprendere che la compagine dei collezionisti vanti personaggi storici come Pompeo,
Giulio Cesare, Sallustio. Scrive Svetonio che
l’imperatore Augusto distribuiva monete antiche di paesi esotici in occasione dei saturnali,
confermando che la società umana attribuisce
valore a ciò che è raro o proviene da paesi lontani o è possibile ottenere solo con molto lavoro. Il poeta Petrarca collezionava monete che
donò all’imperatore Carlo IV e tra i collezionisti del passato si possono annoverare i Medici, Alfonso d’Aragona, i Gonzaga, re, dogi e
papi, ove collezionismo e mecenatismo paiono
fondersi. Dal secolo XX i nuovi mecenati sono
banche e aziende, mentre il collezionismo, da
raccolta amatoriale di cose rare, è divenuto
scientificamente specializzato e costituisce un
mercato assai importante.
L’introduzione della moneta scaturisce da un
graduale progresso funzionale degli strumenti
di valutazione, e segna l’affermarsi di una concezione del valore quantitativamente misurata,
ma astratta.
Tra i raccoglitori-cacciatori, la raccolta costituisce la principale fonte di sostentamento, la
caccia, invece, è più ardua e procura seri contrasti con le popolazioni agricole stanziali.
Mentre la raccolta e la caccia non garantiscono
il risultato, non si traducono nell’accumulo e
il nomadismo impedisce la collezione e il trasporto delle cose, la produzione agricola e l’immagazzinamento delle messi in esubero fanno
parte della volontà di appropriarsi, controllare
e rendere statici dei beni che, all’inizio della
Storia, erano mandrie e granaglie, vasellame e
utensili di base. Il grano immagazzinato è stato
la prima unità di misura e la più antica forma di
capitale, uno strumento e un simbolo di potere
e d’influenza, mentre l’eccedenza era allo stesso tempo raccolta utilitaria e collezione selettiva. Raccogliere, accumulare, conservare sono
anche una tutela contro i capricci della natura
e il degrado del tempo.
Prima della moneta, era stata adottata come
unità di scambio una congerie di oggetti come
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conchiglie, bestiame, punte di lancia, tessuti,
per la funzione che avevano nella divisione
delle prede di guerra, nelle doti nuziali o nella
celebrazione di sacrifici e cerimonie religiose.
Le conchiglie di mollusco cyprae, dette cowries o cauri pescate nell’Oceano Indiano alle
isole Maldive, erano belle, di forma suggestivamente femminile, non deperibili, impossibili da falsificare. La loro immagine è tuttora
impressa sulle monete del Ghana, l’antica Costa d’Oro. E poi il sale, elemento chiave nella
conservazione dei cibi, lo zucchero, le arachidi
in Nigeria, il corallo, i giavellotti e le frecce, le
zappe, i vetri e le perline, ma anche le sementi,
come il cacao in Messico e a Ceylon, il cuoio
in Russia, il pesce a Terranova, i sassi a Yap, le
penne nelle Nuove Ebridi, i tessuti in Africa.
Ma conchiglie, lance, cavigliere non sono vera
e propria moneta perché manca l’impronta di
un’autorità centrale, un parametro di misura
ben individuato e una forma standardizzata e
riconosciuta che renda due oggetti di eguale
peso e metallo dell’identico valore e intercambiabili. Addirittura, non è nota la metrologia
né la logica ponderale che si applicava al valore relativo degli oggetti usati anticamente in
Africa per gli scambi e non esiste neppure una
diretta testimonianza scritta che le cavigliere,
le spade e i coltelli da lancio rituali del Congo
fossero effettivamente utilizzati come moneta,
anche se il loro valore di scambio è tramandato
dalla tradizione.
Gli antichi popoli nomadi in tutti i continenti
ricorrevano al bestiame come mezzo di scambio, come attestano le parole latine pecunia
che significa gregge; capitale deriva da caput,
il numero di teste di animali di una persona,
l’inglese fee, onorario, viene dall’anglosassone
feah, mucca, analogo al tedesco Vieh, bestiame. Omero definisce i ricchi ‘dai molti buoi’ ed
Esiodo i poveri ‘senza buoi’. Nell’antica Roma
le multe erano pagate in buoi e montoni, tanto
che il bue fu impresso sulle formelle di bronzo
che furono le prime monete del mondo latino.
Moneta deriva dalla latina Iuno Moneta, Giu-
none Ammonitrice, dato che la zecca di Roma
era sul Campidoglio, presso il suo tempio. E
vale la pena ricordare come il termine di obolo
in origine significava spiedo, la tipica offerta ad
Era Argiva. Il termine sopravvive in italiano e
perfino in Zimbabwe dove la dote per la sposa
viene detta lobola, ovvero il versamento di un
obolo a fronte dell’acquisizione di una moglie,
Una volta pagato in bestiame, oggi il lobola
è più spesso versato in denaro o perfino con
un’autovettura.
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Le prime forme d’interscambio erano, dunque, fondate sul semplice baratto in base a
carenze ed eccedenze alimentari nell’ambito
di piccole comunità autosufficienti, ma incontrarono difficoltà nell’intermediazione a
lunga distanza. Il baratto divenne inadeguato,
macchinoso e logisticamente complesso, e se
dapprima i tributi del regnante erano riscossi
in peso e in natura, come grano o prestazione di manodopera, ad esempio per costruire
le piramidi, furono proprio i governi a porsi
il problema d’instaurare un valore certo nella contropartita tra oggetti in cambio di altri
beni o mano d’opera per assolvere la funzione
di mezzo di scambio pratico, trasportabile,
non degradabile, frazionabile.
Da queste e altre considerazioni, deriva la
praticità di usare, ad esempio, dei pezzetti di
metallo facilmente trasportabili, spendibili e
tesaurizzabili impressi con il simbolo dell’autorità sovrana, molto più adatti al mercato di
pesanti maniglie, lance sproporzionate o centinaia di conchiglie o perline. Il denaro nasce
dunque come strumento per rendere più agevole lo scambio, con la principale caratteristica
di rappresentare un preciso valore accettato da
tutta la collettività e, tendenzialmente, ha una
funzione universale e assoluta.
Le prime monete nacquero nel VII secolo a.C.
in Lidia. Erano di elettro, una lega naturale
d’oro e argento nei sedimenti del fiume Pattolo e furono, ritrovate dall’archeologo D.G.
Hogarth finanziato dal British Museum. Altre
recavano la scritta Faenos emi sema ‘il segno
di Faenos’ e sorprendente è apprendere che
Faenos poteva essere un banchiere privato incaricato dalla città di Efeso a battere moneta,
e non un governo. La moneta poco dopo fece
la sua comparsa in Grecia e nel IV secolo a.C.
a Roma, in Gallia e nell’Africa settentrionale.
Il resto è Storia.
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Luca M. Venturi
Le forme primitive di denaro
nell’Africa sub-sahariana
Nel continente africano contemporaneo, ogni
stato emette una propria valuta come denaro
contante che in circolazione assume la forme
convenzionali di monete metalliche o di biglietti di banca cartacei.
Durante il periodo coloniale, le potenze europee avevano tentato d’introdurre e diffondere
capillarmente nelle loro colonie queste forme
di denaro, un esperimento dagli esiti incerti,
dato che, per lo più, gli africani rimanevano
saldamente legati alle proprie forme tradizionali di pagamento. L’introduzione della moneta metallica impose sforzi ancora maggiori
rispetto alla diffusione della carta moneta,
dato che le monete erano utilizzate anche per
altri scopi, soprattutto per ricavarne gioielli.
L’iniziativa di immettere le monete nel ciclo
economico in terra d’Africa risale in parte al
periodo precoloniale; le imprese commerciali
europee pagavano in molti casi con i talleri di
Maria Teresa d’Austria, o con monete d’argento spagnole e messicane.
Tuttavia, in epoca precoloniale per i pagamenti ci si avvaleva prevalentemente di altre forme
di denaro definite nella letteratura europea
“denaro primitivo”, “mezzi di pagamento premonetari”, ”traditional money” o “monnaies premières”. Attualmente, si è sempre più
diffusa la coscienza che il termine di “denaro
primitivo” non sia appropriato, così come il
termine è stato sinora caratterizzato, perché,
rispetto al “denaro multifunzionale” di uso
universale e valore convenzionale utilizzato in
Europa, le forme africane di denaro comprendevano anche forme di “denaro speciale” con
caratteri simbolici che doveva essere impiegato
esclusivamente per l’acquisto di determinati
prodotti, rispondendo pienamente allo scopo,
nell’ambito delle rispettive società.
Nelle società africane, esisteva una molteplicità di occasioni di pagamento che si possono
approssimativamente classificare in tre gruppi:
1. I pagamenti cerimoniali. Questi comprendono il cosiddetto “compenso della sposa” o
dote, la somma che lo sposo deve pagare alla
famiglia della moglie, ma anche la sanzione
pecuniaria per l’espiazione di reati (il guidrigildo, un pagamento in denaro da parte del
colpevole) e pagamenti legati al culto religioso,
ad esempio le offerte per i sacerdoti.
2. I pagamenti fiscali. Le tasse e le imposte versate dai sudditi al potere, ma anche le regalie
dei capi ai propri soggetti.
3. I pagamenti commerciali. L’acquisto di beni
e servizi. In alcune regioni dell’Africa, alcuni
prodotti erano pagabili solo con “denaro per
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impieghi speciali” (ovvero forme arcaiche di
denaro con valori sociali e significati simbolici.
Ad esempio, in Nigeria centrale, per acquistare bestiame o pagare la dote si dovevano usare
solo barre d’ottone. v. Polanyi). “Il numero di
oltre diecimila diversi oggetti citati in letteratura come mezzi di pagamento dei popoli
indigeni d’Africa, è probabilmente ancora
troppo basso, dato che in Africa, di sole perline utilizzate come denaro circolante, ne esistono diverse migliaia di tipi”. (v. Deutsch p. 15).
Questa cifra può essere esagerata, ma è evidente che esiste una vastissima e sorprendente varietà di tali forme di denaro.
Le molteplici forme sotto cui si presenta il
denaro africano possono essere classificate in
base ai materiali:
1. Vari tipi di tessuto sono stati utilizzati come
denaro, sia prodotti localmente con fibre di
corteccia, tela di rafia lavorata a péluche, o
strisce di cotone e capi di vestiario, che stoffe
del commercio di origine indiana, americana
o europea, prevalentemente di cotone e lino.
2. Le perline hanno svolto un ruolo molto importante, in forma di perline di corallo, d’ambra, di pietre semipreziose come corniola, agata, gusci d’uovo di struzzo e, in particolare, di
vetro.
3. I gusci di molluschi (mitili e gusci di lumaca) sono stati anche la materia prima per realizzare gioielli con la funzione di denaro (cauri,
olivella, achatina, conus).
4. I metalli sono stati particolarmente apprezzati dai “popoli indigeni” d’Africa per produrre una grande quantità di diverse forme di
denaro. Il metallo si presentava come prodotto
semilavorato (barre di varie forme) o come oggetti di forma definita e utilizzabile.
L’oro non lavorato era utilizzato come denaro,
in particolare tra i popoli Akan (Costa d’Oro
e Costa d’Avorio), ma anche, per esempio, in
Etiopia (in forma di anelli).
L’argento coniato in monete, specie i talleri
di Maria Teresa e altre monete d’argento, era
spesso utilizzato anche in frammenti (come in
Madagascar). In questo caso non era essenziale
da quali monete derivasse, ma piuttosto il peso
e la qualità dell’argento.
Forme di denaro di rame e in leghe di rame
(bronzo, ottone) erano molto più diffuse rispetto a quelle realizzate con metalli preziosi,
soprattutto in Nigeria e nel bacino del Congo.
Naturalmente, il metallo più importante, perché il più utile a fini pratici, era il ferro, un minerale che non era presente ovunque in Africa,
ma che fu prodotto, trasformato e scambiato
per secoli.
5. Anche il cibo e le bevande hanno avuto un
ruolo come vere e proprie forme di denaro, soprattutto il sale che non è reperibile ovunque
in Africa, ma anche cereali, cipolle, cola, tabacco e acquavite.
6. Tra i mezzi di pagamento tradizionali, va
certamente citato anche il bestiame, e soprattutto i bovini, ma anche capre e cammelli, armenti che nelle società dedite all’allevamento,
sono in parte utilizzati ancor oggi per i pagamenti cerimoniali (Africa orientale e meridionale, Sahel e Sahara).
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7. Atrocemente, ma è storia, anche gli esseri
umani potevano essere utilizzati come mezzo di scambio, denaro o unità di conto. Già
nell’Africa più antica venivano praticate la
servitù, la schiavitù e la tratta degli schiavi. Il
commercio di schiavi esercitato dagli Arabi e
in seguito dagli europei comportò anche una
migrazione forzata di milioni di Africani.
Tra le tipologie premonetarie di denaro in
Africa, è opportuno distinguere tra le forme
che gli stessi africani hanno ideato e sviluppato, e quelle che sono state introdotte da altri
continenti e poi adottate dalle popolazioni
autoctone. Deve essere chiaro che forme tanto
importanti di denaro, quali le cipree, i braccialetti metallici manillas, le barre di ferro e di
rame, i bacili di rame e d’ottone, le perline di
vetro e pietra, e i diversi tessuti e stoffe commerciali sono stati importati a tonnellate in
Africa per acquistare prodotti locali come oro,
avorio, pepe, pellami, piume di struzzo, e, più
tardi, olio di palma e caucciù, o schiavi. Gli europei hanno addirittura imitato alcune forme
africane di denaro (in particolare di metallo) e
sono, ad esempio, responsabili anche dell’importazione massiccia dalle Maldive di conchiglie cauri nel XIX secolo in Africa occidentale,
tanto da aver inflazionato questa valuta, considerata anche talismano e amuleto, simbolo
sessuale e ornamento.
Il denaro premonetario africano aveva in genere un valore materiale intrinseco, il che ne costituiva la base concreta per ricoprire il ruolo
di moneta. Questo valore risiedeva nell’utilità
pratica degli oggetti stessi: con i tessuti ci si
poteva vestire, le perle, monete, gusci di molluschi e metalli potevano essere trasformati in
gioielli, il bestiame forniva latte, carne, pelli, e
velli, gli schiavi fornivano mano d’opera, gli
alimentari servivano direttamente al consumo,
con il ferro si producevano attrezzi e armi essenziali alla sopravvivenza. Inoltre, in base alle
convinzioni della popolazione locale, alcuni
oggetti di valore immateriale e intangibile trovavano un effettivo utilizzo come, ad esempio,
rimedi magici o amuleti.
In alcune forme di denaro metallico si evidenzia anche una tendenza verso l’astrazione, dato
che nel loro aspetto ricordano solo vagamente il loro prototipo funzionale (ad esempio i
coltelli da lancio) e si trovano forme ove le dimensioni sono macroscopiche (ferri di lancia
sovradimensionati) o molto ridotte (cuspidi
di freccia miniaturizzate). Alcune zappe usate
come denaro per poter essere usate effettivamente come attrezzi dovevano essere riforgiate. E alcuni anelli di denaro erano stati realizzati in modo da non poter più essere infilati al
dito come ornamento.
Le forme tradizionali di denaro in Africa hanno costituito una parte importante della cultura materiale e sono ormai scomparse dalla vita
quotidiana degli africani, proprio come altri
elementi di questo patrimonio tradizionale
(armi, utensili, gioielli) vittime dell’evoluzione
culturale. È quindi tanto più importante che
ne venga mantenuta viva la memoria grazie
alla loro presentazione in musei e mostre e attraverso gli sforzi di collezionisti privati e associazioni di collezionisti, come l’associazione
europea di ricerca sul denaro primitivo Eucoprimo (www.eucoprimo.com).
Fritz Klusmeier
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Kissi Pennies, Liberia,
fascina di steli di ferro, h 48 cm
Galerie Dogon, Berlino
Sara, Chad,
ferro, h 56 cm
Yoruba, Nigeria,
rame, h 25,5 cm
Angas, zappa, Nigeria,
ferro h 56 cm
Cross River, Nigeria,
rame, h 37 cm
Idoma, Nigeria,
ferro, h 92 cm
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Manillas reali e comuni, Nigeria,
rame h 21 cm, h 6 cm
Mambila, Camerun,
ferro, h 67 cm
Kwele, Gabon,
ferro, h 50 cm
Mongo, Rep. Dem. Congo,
ferro, h 97 cm
Mbole, Rep. Dem. Congo,
rame, h 20 cm
Lokele, Rep. Dem. Congo,
ferro, h 177 cm
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Nbuku, Rep. Dem. Congo,
ferro, h 29 cm
Kusu, Rep. Dem. Congo,
rame, h 41 cm
Katanga, Rep. Dem. Congo,
rame, h 23 cm
Ituri, Rep. Dem. Congo,
ferro, h 18 cm
Zanzibar, disco
di fibre di cocco d 28 cm
Shona, Zimbabwe,
ferro, h 39 cm
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Shona, Zimbabwe,
ferro, h 64 cm
Hlubi-Sotho, girocollo,
ottone, Sud Africa d 42 cm
Venda, musuku, Sud Africa,
rame, h 11 cm
Venda, lirale, Sud Africa,
rame, h 48 cm
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I Kissi Pennies sono sottili aste di ferro in
fasci da 20 a 50, usate come denaro dalla fine
del 1800 alla Prima Guerra mondiale dai
Mandingo delle tribù Kissi, Bande, Kpelle e
Loma, tra Sierra Leone, Liberia e Guinea. Se
se ne rompeva una doveva essere riparata da
uno stregone. Ne occorrevano 1000 per comperare un bue, 1500 una moglie e 5000 per uno
schiavo.
Le croci del Katanga di rame con forme a croce
di Sant’Andrea o della lettera H erano in
circolazione nelle zone del Congo, nella parte
centrale dell’attuale Zambia e in grandi parti
dell’Africa centrale.
In vaste zone dell’Africa sono state in uso premonete a forma di lance e di asce. Si ritrovano spesso in forme esageratamente ingrandite,
quindi non più pratiche, ma oggetti di ostentazione e di prestigio.
La moneta-ornamento come bracciali da
gamba o da braccio in bronzo o ottone, erano
usate in Africa centrale e occidentale come
dote; sui mercati nigeriani le manillas di
Birmingham, Bristol e Kingsley furono accettate fino al 1948.
Bibliografia
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London, 1949
Rivallain, Josette, Paléo-monnaies africaines,
Paris, 1986
Museo d’Arte Mendrisio, Maestri di arte africana. Forme e stili. Ottantaquattro sculture dalla Collezione Horstmann, a cura di Ezio Bassani, 2007
Numerosi articoli della rivista, Der Primitivgeldsammler dell’Eucoprimo
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Arner e la cultura
I valori che sono alla base del modo di essere e
di operare di Banca Arner si riflettono anche
nel suo interesse per il mondo della cultura,
un patrimonio della collettività che va diffuso,
protetto e conservato.
Arner interviene in ambito culturale a diversi
livelli: la tutela e la valorizzazione della propria sede storica di rilevante interesse architettonico, il patrocinio dell’opera di artisti e ricercatori, l’organizzazione di esposizioni d’arte,
di collezioni etnografiche e di mostre fotografiche, progettate e realizzate autonomamente o
in collaborazione con collezionisti o musei.