Giona - ISSR Portogruaro
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Giona - ISSR Portogruaro
FACOLTÀ TEOLOGICA DEL TRIVENETO ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE “RUFINO DI CONCORDIA” IN PORTOGRUARO DIOCESI DI CONCORDIA-PORDENONE IL LIBRO DI GIONA INSEGNARE IRC: “L’UTILIZZO DELLA BIBBIA NELLA DIDATTICA DELL’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA A SCUOLA” Studente: Maria VENTRIGLIA - matr. n. 162 Professore: Stefano VIDUS ROSIN Portogruaro, 2012/2013 IL LIBRO DI GIONA INTRODUZIONE Ho scelto questo libro perché spesso mi sono identificata in Giona, la mia cervice è molto dura. Tante volte mi sono ritrovata in lui: “Dio mi chiede cose troppo grandi, non ne sono capace”, ma Dio, con il suo senso dell’umorismo e delle volte penso con una cervice più dura della mia, mi conduce su strade per me impensabili e lo fa sempre con una fantasia sorprendente ed inaspettata e il racconto di Giona identifica appieno l’impossibilità di negarsi al suo disegno. Personalmente il comportamento di Giona non mi stupisce. Ad un livello individuale, la sua fuga era la reazione più ovvia: chi si sentirebbe, poniamo, di andare a predicare agli abitanti di New York di convertirsi? Ciò che deve stupire è che i niniviti si convertano. E’ facile vedere in Giona l’uomo di sempre, e quindi è facile vederci ciascuno di noi. Nel progetto di Dio ogni uomo è un mandato, con il compito di vivere dentro il suo tempo da protagonista. La qualità della vita si misura con le sfide culturali che si sanno accogliere e affrontare: si tratta allora anche per noi di chiederci chi o che cosa sia Ninive. Come per Giona può accadere che la nostra vita non solo non si apra alle sfide culturali e storiche del nostro tempo, ma che addirittura diventiamo “uomini e donne contro”, lontano da Dio e dal suo disegno. Sarà facile allora trovarsi con la coscienza addormentata e quindi incapaci di rendersi conto che mettiamo a repentaglio la vita di 2 coloro che camminano con noi o vicino a noi. Ma la vita in un modo o in altro ci metterà di fronte alle nostre responsabilità. Questo testo può essere utilizzato per ogni ordine di scuola, per questo lavoro mi sono proiettata verso una scuola secondaria di secondo grado. DATA DI COMPOSIZIONE Il testo è stato scritto in un periodo tra il 400 e il 350 a.C., molto tempo dopo il ritorno dall’esilio e la ricostruzione dell’unità nazionale ebraica. La mentalità incarnata da Giona, infatti, rispecchia quella più diffusa nel giudaismo del Secondo Tempio, dominato dalla teocrazia imposta dai sacerdoti di Gerusalemme e dall’integralismo legalista ed esclusivista propugnato dagli scribi. Questa fiction (come si direbbe oggi) descrive il dramma di un ebreo chiamato a interagire con il mondo pagano circostante. Di fronte allo straniero, al diverso, al nemico, al simbolo stesso del potere assoluto e al dovere di contestarne apertamente le nefandezze, si riscopre pieno di paure, chiuso in se stesso, abbarbicato alle sue sicurezze. Vuole ritornare al passato per non aprirsi alle novità che la cultura più universalistica emergente sta portando nel mondo. L’autore del libro vuole sbeffeggiare questa gretta mentalità conservatrice per far respirare una ventata di aria nuova. Ma Israele sarà disposto a fare questo passo di apertura al diverso, questo radicale cambiamento di identità culturale e religiosa? Nella parabola i marinai si convertono; 3 gli abitanti di Ninive anche. E Giona? Il racconto lo descrive molto contrariato verso Dio e indispettito per il perdono accordato1. Durante la ricostruzione di Gerusalemme, dopo l’esilio, i capi esortavano i Giudei ad allontanarsi dai popoli e dalle persone straniere, al fine di evitare l’idolatria. Per il fatto di essere stati eletti da Dio, gli Israeliti pensavano che Dio riprovasse le altre nazioni e ciò li portò a discriminare gli altri popoli. Il libro di Giona è una parabola, il cui obiettivo è quello di correggere questo errore o atteggiamento discriminatorio2. IL GENERE LETTERARIO Leggendo questi quattro capitoletti, scorrevoli, gustosi, ironici e infarciti di situazioni paradossali che strappano un sorriso, si capisce che siamo di fronte ad una parabola, ad un racconto popolare, ad una sacra rappresentazione in quattro scene che, usando nomi e vicende storiche conosciute dai lettori, critica, con l’arma dell’ironia e del paradosso, una mentalità diffusa al suo tempo. Lo stesso nome del profeta (Giona = colomba) è ironico, perché la vera colomba è Dio (il protagonista nascosto), mentre Giona fa la figura del corvo petulante o del gufo. Nel libro parlano le situazioni paradossali, le immagini simboliche, più che le parole. Come ogni parabola, anche questo racconto ha lo scopo di portare gli interlocutori a identificarsi nei personaggi presentati; a riflettere su ciò che succede nella storia; a porsi delle domande sul proprio modo di comportarsi e sull’idea che 1 2 Cf. P. BERETTA, I profeti minori, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2010, 175-190. B. MAGGIONI e G. VIVALDELLI (a cura di), La Bibbia Àncora, Àncora S.r.l., Milano (MI) 2009, 879. 4 ognuno si è fatto di Dio: Ti sembra giusto fare così? È proprio così, come tu pensi e credi, o la realtà della vita e il modo di agire di Dio sono diversi? Nelle Bibbie il libro di Giona è collocato tra i profeti minori, anche se non ha le caratteristiche di un libro profetico: il protagonista non è una persona reale ma rappresentativa di un popolo (o di una parte di esso); non ci sono oracoli pronunciati a nome di Dio; le situazioni di luogo e di tempo sono generiche e paradossali (il grande pesce che esegue gli ordini di Dio; la città immensa; gli animali che fanno penitenza; la pianta che cresce e muore in un giorno). L’UOMO GIONA: CIASCUNO DI NOI Questa è la parola del Signore che fu rivolta a Giona: «Alzati, va’ a Ninive, la grande città e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me» (Gn 1,2). Dio non aggiunse altro, ma, come si capisce dal finale del racconto, era molto “arrabbiato” con gli abitanti della città. Giona si spaventò per un incarico del genere e fugge a Tarsis, lontano dal Signore, dove si imbarcò su una nave. Quello che Dio chiede è davvero molto, è un’impresa rispondere. Si capisce come questo pover’uomo di Giona cerchi di fuggire, tutti facciamo così. Giona non risponde nemmeno, anzi risponde immediatamente fuggendo. Giona sa che da Dio non ti salvi e pensava “devo andare a Ninive, io, a parlare di queste cose…Proprio io, ci devo andare! Diglielo tu se ti piace…Vuoi proprio usare me per fare delle cose così gravi, annunciare delle verità così gravi e dolorose?” Giona credeva di scappare da Dio. Ma come si può scappare? Dice il salmo 139: 5 «Dove fuggirò lontano da te? Se salgo in alto tu sei là; se discendo negli abissi, là ti trovo, se prendo le penne dell’aquila e fuggo al di là dei mari, io non fuggo ancora da te; e se entro nella notte, la notte si fa come giorno. È impossibile fuggire dalla presenza di Dio, ovunque egli è». Tu fuggi: dove? Tu fuggi: come? Pensa Giona: “se egli mi chiama a Ninive, Ninive è a oriente, io andrò a occidente, metterò fra Ninive e me tutto il mare e il deserto”. Ma tra te e Dio cosa metterai? Questo è l’importante. Tra te e quello che il Signore ti comanda puoi mettere il mare, il deserto, ma tra te e Dio che cosa puoi mettere? Dio viene con te, è in te. Di fatto, Giona mette fra sé e Ninive il mare, il deserto, ma non può mettere nulla fra sé e Dio. Il Signore «scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi» (Gn 1,4.). Mentre i marinai spaventati pregano ognuno il proprio Dio, Giona dorme profondamente dentro la stiva, incurante della tempesta. Questo desta sospetti nei marinai e mette in allarme la loro superstizione: credono che Giona porti sfortuna. Giona spiega chi è e perché sta sfuggendo al Signore. Riconosce che la colpa deve essere certamente sua. I marinai presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia. Quegli uomini ebbero un grande timore del Signore, offrirono sacrifici al Signore e fecero voti. Giona quindi non solo fugge, si mette in mare, per sottrarsi al comando divino, ma progredisce in questa sua volontà di sottrarsi alla propria missione sprofondando nel sonno; oltre che un’opposizione volontaria, cerca la dimenticanza, sprofonda nel sonno e nell’incoscienza. Il peccato è il sonno in cui l’anima precipita. Sonno, perché l’uomo, una volta caduto in letargo non ha più la capacità di ascoltare. Anche se l’uomo fugge, la sua coscienza rimane desta nel rimorso, ma il sonno è la morte della coscienza, è il 6 precipitare dell’uomo, lontano dalla luce ed è come cadere nel nulla. E Giona cade in quest’ombra del nulla che è il sonno. «Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti» (Gn 2,1). E da dentro quell’animale marino prega Dio di essere liberato: «Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, Signore mio Dio. Quando in me sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore. La mia preghiera è giunta fino a te, fino alla tua santa dimora. Quelli che onorano vane nullità abbandonano il loro amore. Ed ecco che Dio, commosso dalla sue preghiere, comandò al pesce ed esso rigettò Giona sull’asciutto» (Gn 2,7-8). Giona comincia ad essere il profeta che risponde alla propria missione, quando dice ai mariani di gettarlo in mare. Continua ad esercitare la sua missione ora che, precipitato nel mare, ingoiato dal pesce, innalza a Dio un cantico di invocazione e di grazie, ora che, precipitato nel mare continua ad avere fede. Nella tenebra, nell’abisso, nel ventre del pesce, la sua anima afferma la fede in colui che l’ha chiamato, non cessa di avere speranza, si affida. È tutta qui l’opera dell’uomo: credere. Credere nonostante tutto. Sembra che tutto sia morte, e invece, nel profondo del mare un’anima prega. Questo salva il mondo, la preghiera è il cuore del mondo3. A questo punto il Signore ripete l’ordine a Giona: «Alzati, va’ a Ninive la grande città e annunzia loro quanto ti dirò» (Gn 3,2). Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Giona cominciò a percorrere la città, per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta» (Gn 3,4) e «I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più 3 Cf. N. PAVIA, Commento al libro di Giona, Città Nuova, Roma (RM) 1992, 75-77. 7 piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere» (Gn 3,5-6). Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece. A questo punto la storia potrebbe considerarsi conclusa. E invece no: «ma Giona ne provò grande dispiacere e ne fu indispettito» (Gn 4,1). Si resta interdetti per il comportamento di Giona, ma dalle parole successive si capisce perché Giona in un primo momento si era rifiutato di obbedire a Dio e di andare a Ninive a predicare. «Signore, non era forse questo che dicevo quand’ero nel mio paese? Per ciò mi affrettai a fuggire a Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e clemente, longanime, di grande amore e che ti lasci impietosire riguardo al male minacciato. Or dunque, Signore, toglimi la vita, perché meglio è per me morire che vivere!» (Gn 4,2-3) . Il comportamento di Giona viene qui messo in evidenza come un’accusa precisa dell’autore al popolo ebraico ed è giusto intendere il significato come ammonimento a credere che Dio voglia parlare a tutti gli uomini ed essere il Dio di tutta l’umanità, non solo del popolo di Israele. La città di Ninive rappresenta il mondo pagano e Giona ha una missione profetica, ma Israele è deluso, rifiuta il compimento dei disegni divini. Dio ha ingannato Israele, non solo l’ha deluso ma l’ha ingannato; ha mandato Israele ad annunciare la rovina e le nazioni invece si sono salvate. E Israele rifiuta la salvezza delle nazioni e si allontana dalla città salvata, va nel deserto per essere bruciato dal sole; 8 Israele invece di far parte della salvezza, si rifiuta e si toglie a questa salvezza. Il libro di Giona riassume tutto il destino di Israele4. Ma il Signore gli rispose: «Ti sembra giusto essere sdegnato così?» (Gn 4,4). Giona, arrabbiato, non rispose a Dio ma uscito dalla città si mise all’ombra di un riparo di frasche in attesa di vedere ciò che sarebbe avvenuto nella città (sembra la descrizione dei bambini che, quando si arrabbiano si mettono in un angolo a fare il broncio). Finalmente, attraverso un’allegoria un po’ complessa l’Antico Testamento ci dà una testimonianza del Dio dell’universo, del Dio di misericordia. Tutte le creature sono davanti a Dio. Israele era abituato a pensare che Dio, stringendo un patto con esso, fosse un popolo privilegiato. Era abituato a pensare che non solo gli altri popoli dovevano servirlo, ma che in fondo, l’unica cosa che avrebbe dovuto fare Dio nei loro confronti, era quella di distruggerli per fare regnare Israele5. Sapeva certo che Dio era il creatore del cielo e della terra, ma non voleva capire che tutti i popoli e tutte le terre non soltanto erano sotto il suo dominio sovrano, ma erano davanti a Dio, creature del suo amore. Il messaggio che ci dà il libro di Giona è proprio questo: affermare la verità di una provvidenza divina che si estende a tutte quante le creature, a tutti i popoli. Gli altri profeti, quando annunciano la divina parola, continuano ad annunciarla in Israele, nella terra di Dio. Giona invece deve lasciare Israele e portarsi proprio nel cuore del mondo pagano. Rileggiamo insieme il finale: «Allora Dio fece crescere una pianta di ricino al di sopra di Giona per fare ombra sulla sua testa e liberarlo dal suo male. Giona provò 4 5 Cf. D. BARSOTTI, Meditazione sul libro di Giona, Editrice Queriniana, Brescia (BS) 1967, 16-18. Cf. V. PERI, Nel segno di Giona, Skira Editore, Milano (MI) 2000, 18-22. 9 una grande gioia per quel ricino. Ma il giorno dopo, allo spuntar dell’alba, Dio mandò un verme a rodere il ricino e questo si seccò» (Gn 4,6-7). È ancora il Dio che dà e toglie come vuole. Quando il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un vento d’oriente, afoso. Il sole colpì la testa di Giona, che si sentì venir meno e chiese di morire, dicendo: «Meglio per me morire che vivere» (Gn 4,8). La testardaggine di Giona è incredibile, ma tipicamente ebraica, duro di cervice (Cf. Es 33,5). Ed ecco la misericordia di Dio, quella che scaturisce dal cuore di un Dio padre forse per la prima volta presente nell’Antico Testamento in maniera così chiara: «Dio disse a Giona: ti sembra giusto essere così sdegnato per una pianta di ricino?». Egli rispose: «sì, è giusto; ne sono sdegnato al punto da invocare la morte!». Ma il Signore gli rispose: «Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita: e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?» (Gn 4, 9-11). La profonda ironia che caratterizza il racconto consiste nel fatto che gli abitanti di Ninive esprimono pentimento per le loro azioni, mentre al profeta di Dio, che dovrebbe gioirne, viene meno proprio la compassione. Giona fa tutto quello che un profeta non dovrebbe fare: rifiuta di comunicare il messaggio che Dio gli ha trasmesso e condanna la misericordia divina quando Ninive viene salvata. Al contrario la malvagia Ninive non si comporta secondo le aspettative: si pente6. 6 ATLANTE DELLA BIBBIA, Touring Editore, Assago (MI) 20072, 308. 10 L’uomo pur essendo eletto da Dio quale strumento, resta egoista, meschino, cerca di adattare Dio alle proprie vedute e non sopporta di adattarsi invece egli stesso alle vedute di Dio. Vuole insegnare a Dio. “Ho ragione a risentirmi. Mi hai mandato in una città per annunciare che fra quaranta giorni sarebbe stata distrutta e poi la lasci tale e quale. Potevi fare a meno di mandarmi, allora. Non sarei stato gettato nel mare, non sarei stato inghiottito dal pesce…Potevi fare subito quello che ti pareva”. I disegni di Dio sorpassano sempre la meschinità umana, sono sempre al di là di ogni previsione. Giona è l’uomo che non sa adattarsi ai disegni di Dio. Giona aveva previsto la misericordia di Dio, ma fino ad un certo punto, sperava che Dio non gli avrebbe fatto fare questa brutta figura, sperava di premere a Dio più lui, pover’uomo che era fuggito dal Signore, che aveva resistito alla sua grazia, che non le centoventimila persone della città. Così, secondo Giona, Dio, per risparmiargli una brutta figura, doveva distruggere centoventimila persone… Noi siamo questo Giona meschino, egoista, duro verso i fratelli, che pretende tutto per sé, che davanti a Dio crede di avere ogni diritto e non ne concede nessuno agli altri uomini; siamo noi questo Giona che per sé vuole avere ogni attenzione da parte di Dio e non ammette che Dio possa perdonare moltitudini immense. Il libro di Giona è un testo biblico di facile lettura e di grande efficacia comunicativa. Si presta a molte interpretazioni, secondo la prospettiva da cui lo si legge. Si possono sottolineare: la vicenda personale di un profeta recalcitrante a eseguire la volontà di Dio; la conversione dei pagani o del potere; l’universalismo della salvezza; chi è Dio e qual è il suo modo di agire; una profezia della vicenda di Gesù di Nazareth. 11 La vicenda di Gesù di Nazareth, cresciuto tre secoli dopo nella rigida mentalità del giudaismo del Secondo Tempio, confermerà che l’integralismo religioso è duro a morire e porta i suoi frutti di morte in ogni epoca storica. Gesù porterà alla sua pienezza il cammino di rivelazione del volto di Dio, annunciando un Padre che ama tutti gli uomini e tutti vuole salvare. Annuncerà che il modo di fare giustizia di Dio è quello di usare misericordia, perché è buono, fedele e grande nell’amore. Gesù darà molti segni del grande amore di Dio verso tutti, soprattutto verso i peccatori, i malati, gli stranieri, gli impuri, gli emarginati dalla società legalista del suo tempo. Per questo si è richiamato al libro di Giona per chiedere ai suoi contemporanei un cammino di conversione, interpretando i segni che Dio dava loro attraverso la sua vita (Mt 12,38-42; Lc 11,29-32). Oggi la lettura del libro di Giona pone gli stessi interrogativi alla nostra Chiesa: i cristiani, infatti, si trovano a vivere e ad annunciare il Vangelo in una società fortemente secolarizzata e globalizzata, dove il credente di religione diversa, l’indifferente, l’ostile, il diverso, è il vicino di casa e lavoro. Così diventa viva e coinvolgente anche per noi questa perla di saggezza racchiusa nella Bibbia. Giona è profeta suo malgrado, un profeta malcontento, cocciuto e scornato. È tirato per i capelli in una vicenda che non sente sua, costretto a recitare una parte che non si addice al suo carattere schivo e alla sua formazione tradizionale. È un povero diavolo che Dio non lascia tranquillo a vivere la sua vita di praticante fedele, onesto e sottomesso. E non può neanche lamentarsi! È una figura vicina all’uomo contemporaneo che si sente costretto a scelte che non vorrebbe fare, a cambiamenti culturali e religiosi che non capisce ed è costretto a 12 subire suo malgrado. Rappresenta molte persone messe di fronte alla proposta di una vita di fede e di un volto di Dio che contrastano con quelli dell’educazione ricevuta. Incarna il dramma che hanno vissuto molti cristiani tradizionali dopo il Concilio e che vivono oggi i pochi fedeli rimasti a frequentare le nostre comunità, dove si fa fatica a cambiare per i traumi e i rischi che ogni nuovo cammino comporta. Ma se non ci si incammina sulla via di un rinnovamento coraggioso e coerente, non resta che lamentarsi perché, come l’alberello di Giona, anche le iniziative più belle si seccano nel volgere di poche stagioni. Così l’interrogativo finale del libro diventa sempre attuale: Ti sembra giusto comportarti così? Il commento si propone di coniugare questa domanda nell’oggi della nostra Chiesa perché siamo invogliati a dare una risposta, come singoli e come comunità. INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA I temi che affronterei in classe dopo questo racconto potrebbero essere: Il sonno →la depressione che è oggi un male diffuso. Scappare dalle proprie responsabilità e scelte →rifugiarsi nell’alcool e nelle droghe. Il tema della giustizia →Dio segue un ordine disatteso, diverso da quello che noi osserviamo. Non tutti, come ad esempio nel mondo del lavoro, partono da uguali potenzialità, sociali, intellettuali, fisiche. Non per questo dovrebbero avere meno diritti dei “privilegiati”. Farei leggere in classe la parabola del figliol 13 prodigo (Lc 15,11-32) e la parabola degli operai dell’ultima ora (Mt 19,3020,16). La misericordia di Dio →leggerei qualche brano del diario di Santa Faustina Kowalska, l’apostola della Divina Misericordia. Attraverso lei, il Signore ha mandato al mondo il grande messaggio della Divina Misericordia. Integralismo religioso →tra teocrazia e fanatismo. Globalizzazione →solo una nuova forma di colonizzazione o un’opportunità? Farei ascoltare una canzone di Bob Marley, come ad esempio il reggae, grazie alla globalizzazione è riuscito ad entrare nella cultura di massa. La promozione della cultura →partirei dalla lettura della GS 53. Ho preso in considerazione il P.O.F di un liceo scientifico per la scelta del percorso interdisciplinare. ITALIANO Mahatma Ghandhi: approfondimento del suo pensiero su libertà e cultura. STORIA Evoluzione del fenomeno globalizzazione. FILOSOFIA Approfondimento del pensiero di Arthur Schopenhauer sulla compassione, essenza di ogni amore e solidarietà. DIRITTO L’amore quale principio di responsabilità. STORIA DELL’ARTE – DISEGNO Giona rappresentato da Michelangelo nella Cappella Sistina. 14