T0ITOLO: Un rosso tramandato Charlie è un bambino diverso
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T0ITOLO: Un rosso tramandato Charlie è un bambino diverso
T0ITOLO: Un rosso tramandato Charlie è un bambino diverso, diverso da molti altri. Sopra il capo ha dei capelli folti e ricci, ma quei capelli sono rossi. Charlie odia quei capelli perché a causa loro è diverso. Charlie però non sa che quella caratteristica, ai suoi occhi spiacevole, apparteneva anche al nonno. Charlie non lo sa, per ora. Charlie ha solo 9 anni ed è tornato in Italia da soli quattro perché prima l’America era la sua casa, come lo era stata per molti anni per il suo papà che lì aveva conosciuto la mamma. Era tanto bella quando era giovane, ma non gli assomigliava se non per gli occhi, grandi e grigi, come le perle dell’oceano. Lui l’oceano non lo ha mai visto, a parte dall’aereo, quando Charlie volava verso l’Italia. Questo è il suo vero posto, dove si sente felice, si sente in pace. Ora vive in un piccolo paese di montagna, all’ombra delle immense vette e libero in sconfinati prati e si sente ritornato nel suo habitat anche se in fondo “ritornato” non è la parola giusta perché, come l’oceano, egli questo luogo incantato non lo conosceva, ma sentiva già, quando si trovava sospeso a mezz’aria, di conoscere questo mondo meglio di chiunque altro. Quel luogo gli apparteneva, era il racconto preferito in un’infanzia di magia. Il paese dove vive non è per nulla grande e, quando fantastica, pensa sempre che un gigante potrebbe arrivare e raccoglierlo in una mano sola, però a lui piace così com’è: dai torrenti serpeggianti ai margini del paese, che lo avvolgono e lo proteggono, ai fiori che crescono spontaneamente nei campi coltivati, alla tranquillità del centro, alle case disordinate nel paesaggio ma ordinate nella forma, ai vecchi che passeggiano felici e ai bimbi che giocano spensierati. A Charlie Agordo piace ma l’America un po’gli manca, come sente la mancanza della nonna che non vede da molto e degli amici, e poi se c’è una cosa che detesta è la scuola. Quando era arrivato, non sapeva l’italiano, se non per pronunciare poche elementari frasi che sentiva ripetere da papà quando, in rare occasioni, chiamavano i parenti dall’Italia. Il suo dizionario consisteva quindi in banali parole come saluti, auguri di Natale e compleanno e altre limitate espressioni utilizzabili in episodi ristretti. A ciò si aggiungevano le imprecazioni che papà pronunciava sottovoce quando brontolava con la mamma, certo che ella non capisse, ma Charlie sapeva che, come lui, anche la mamma cominciava a capire, ma lui non lo disse al papà perché gli piacevano gli sguardi arrabbiati della mamma e le coccole che si facevano quando il papà speranzoso le chiedeva scusa. Quindi in fin dei conti non conosceva la lingua paterna quasi per nulla e fu costretto a studiare privatamente con l’aiuto di una ragazza che in breve fu considerata in casa come una seconda figlia. Grazie a lei ora parlava adeguatamente la lingua paterna e per questo, da circa 3 mesi, frequentava la terza elementare con altri 21 bambini che come lui amavano giocare, correre e scherzare, e lo facevano tutti, ma senza Charlie. Tutto a causa di un ammasso di capelli ROSSI. Ed ecco qui che il bambino dalla particolarità evidente cominciò ad odiare una delle parti più belle di sé. Charlie perse il suo nome e per cinque ore al giorno si tramutava in “rosso malpelo”. Charlie odiava quei capelli. Si sentiva sempre preso in giro e nessuno lo difendeva; solamente dopo 305 interminabili minuti poteva tornare ad essere solo, a giocare senza essere disturbato e senza uno stupido nomignolo a perseguitarlo. Il tempo passava e tutti credevano il bambino “strano” ancor più strano. Finalmente una sera il papà, accoccolato accanto al figlio per la buonanotte, fu felice di ricevere la confessione che da lungo tempo ricercava. “Malpelo” era stato il problema. –Un nome- pensò. Ebbene si, un semplice nome che impresso su un foglio meno di due secoli prima tornava a turbare la quiete di un giovane sognatore. Il padre si alzò e dopo alcuni istanti, accompagnato da colpi ignoti e lontani, tornò. Ma le parole si erano fatte piccole e silenziose tanto da non essere sentite più. Charlie sognava e nei suoi sogni era di nuovo felice. Non vi erano piccoli adulti a perseguitarlo e lui non portava in testa un disordinato groviglio di fili rossi. Era assolutamente normale. Ma il sogno presto svanì e il bimbo al suo risveglio trovò al suo fianco il peggior mostro che avesse potuto immaginare, peggiore del gigante ladro di paesi e di ogni altro personaggio a cui egli avesse mai pensato: una minuscola raccolta di pagine, ingiallite dal tempo, ma su di esse era ancor perfettamente leggibile, in caratteri all’incirca grandi quanto il suo polpastrello, un titolo nero come il buio ma ai suoi occhi più rosso che mai: “Rosso Malpelo” e nel margine destro compariva un nome difficilmente interpretabile ma che Charlie conosceva bene: il nome di suo nonno. Charlie non capiva e con le lacrime agli occhi scagliò quel fascicolo contro la parete con quanta più forza poteva e scappò via, verso la sua prigione per i consueti 305 minuti di passione. Il cartafascio giacque immobile per giorni, ma una sera il nuovo proprietario afferrò tutto il coraggio che possedeva e per quanto le parole di quel vecchio scrittore fossero acerbe e notevolmente arcaiche Charlie divorò quelle diciannove facciate in un istante e si soffermò alcuni momenti su delle sottolineature che a logica erano di pugno del precedente proprietario. Terminata la lettura, trattenendo tra le mani ancor quel briciolo di magia che il termine di un libro avvincente crea, ed ancora sospeso tra una realtà cartacea e veritiera, il bimbo ripiegò l’ultima pagina sulla quale, con immenso piacere credette di veder continuare la storia che in modo tanto sfocato ed incerto era stata conclusa. Ma no. Charlie sbagliava. In alto una data che riportava ad un lontano 1878, che in fondo non era poi tanto distante, ma per un essere piccolo e fragile come lui, quell’anno sembrava perdersi in un’ immensità di momenti. Seguiva una breve lettera che non occupava neppure un intera facciata di quell’ inconsistente fascicolo ma a causa della ricercata calligrafia occupò una buon parte della serata per decifrarla. “ Al caro amico, tanto simile nell’aspetto al fantasioso Malpelo, senza il quale il racconto sullo stesso sarebbe ancor un’ idea contorta nella mia modestissima mente, e il mio amato personaggio sarebbe collocato in un ambiente totalmente errato e privo di veridicità. Non potrò mai rendere il favore di un tale aiuto sia riguardo le conoscenze fornitemi riguardanti le miniere siciliane sia per il sostegno e l’incoraggiamento nel proseguire un così arduo viaggio alla scoperta di mondi non ancora esplorati e ai margini della società moderna. Che questa copia possa ripagare sebbene minimamente la fatica nel trattare argomenti così scientifici con un’ intelligenza così distante da codesto tipo di apprendimento come la mia. Un caloroso abbraccio, Giovanni Carmelo Verga” Charlie fissò leggermente allibito quelle parole, sicuro che quel nome già prima avesse toccato i suoi pensieri. Colto da un’idea improvvisa chiuse il libro, controllò, e sì, quel nome era lo stesso inciso in copertina. Lo scrittore catanese aveva indirizzato quella lettera proprio al nonno. Ma com’era possibile? Troppi anni separavano le vite di quegli uomini e troppo diverse tra loro per stringersi in una comune linea sottile. Ma poi ecco spuntare la desiderata risposta al suo turbinoso quesito: un foglio leggermente ingiallito, attraversato da perpendicolari linee azzurre, sporgeva dalla copertina che sembrava essersi voluta spontaneamente dividere dal foglio a cui era stata incollata per proteggere e custodire quel mistero che il bimbo si apprestava a svelare. Un'altra lettera era impressa sulla carta, ma appariva più recente e la penna stilografica era stata sostituita da precise e marcate lettere nere, incise da tasti imbevuti di inchiostro. Charlie cominciò:” Non so quanto tempo passerà prima che qualcuno prenda in mano questo umile foglio ma desidero comunque tramandare la storia di questo, a mio avviso meraviglioso dono. Esso risale come si può ben vedere dalla data in copertina al secolo precedente e da generazioni naviga all’interno della mia famiglia. Ne entrammo in possesso alla fine del XIX secolo, quando il mio bisnonno entrò in contatto con lo stesso autore. Era il 1876 quando il giovane diplomando uscì con ottimi voti dalla Scuola Mineraria di Agordo, pronto ad affacciarsi al mondo del lavoro venne però agguantato dal già in auge Giovanni Verga per affiancarlo durante la stesura di una novella che con grande scalpore toccava il misero lavoro dei minatori di rena rossa. Non fu un caso la scelta di quel giovine in quanto il poeta cercò l’appoggio di colui che durante l’ultimo anno di studi si era approcciato a quella realtà siciliana e che fermamente aveva creduto in una esaltazione di quel tipo di cava. Come si può ben vedere la novella riscosse notevole successo e come riconoscimento fu donata al perito la prima stampa. Per ironia della sorte da secoli nella nostra famiglia un gene regna sugli altri e i capelli fulvi tendono a sovrastare le altre tinte. Mi ha sempre affascinato la fantasticheria che sia stato proprio quell’ ormai defunto parente ad ispirare la storia, nonostante il corso degli eventi possa smentire questa tesi. Questo libro è stato conservato per anni dal nonno come il tesoro più prezioso del mondo, custodito in scrigni di cristallo e sigillato da lucchetti infrangibili, e dopo aver scavalcato generazioni è giunto a me. A me che come il nonno ho quella strana particolarità. Sì, il rosso è incastonato sulla mia cute e come quel lontano parente ho inseguito la stessa professione, a volte soffrendo, faticando e distruggendomi la schiena per non abbandonare un così nobile mestiere. Questo libro ha accompagnato la mia vita e da me è stato a sua volta accompagnato. Lo ho letto e sfogliato tutte le volte che il cessare del dolore alle mani me lo permetteva e sebbene il tempo incalzasse e le pagine pungenti ferissero le dita rugose e il cuore stanco ho assaporato ogni istante che la vita mi concedeva quel testo. Ho lavorato nelle miniere tutta la vita e la miniera è stata la mia vita. Agordo ha portato la fortuna, e questa ha salvato tutti noi. Fino al 1962. Val Imperina chiuse e quel momento la vita me la distrusse. Agordo sparì, impacchettammo le nostre cose e partimmo. L’America ci accolse e lì fummo di nuovo a casa. Non fu facile lasciare il nostro mondo, perché non ero Malpelo: ero stato amato in quel luogo, avevo amato quel luogo, avevo vissuto, avevo sudato ma avevo strappato alla vita ogni istante pur di godere di essa un attimo in più. Non ero Malpelo. Io non ero stato solo. Io avevo quei capelli rossi che mi ricordavano che appartenevo a qualcuno. Ora nipote è il momento che mi rivolga a te. Caro Charlie, papà mi ha detto che qualcosa di te mi assomiglia, e sono fiero che la più particolare delle tue caratteristiche l’abbia ereditata da me. Questo libro mi è stato amico, quando la sola persona che credevo avere accanto ero io, mi ha aiutato a capire e grazie ad un bisnonno, che per te sembra soltanto un ricordo di un racconto lontano, ho cominciato ad apprezzare colui che per anni mi è stato rassomigliato. Malpelo non era un ragazzo crudele, solo non conosceva l’amore. Non fermarti all’apparenza e prova a scavare più in profondità nel cuore di un bambino abbandonato. Mi dispiace non poterti stare accanto in futuro come vorrei ma quando ti sentirai solo o triste ricorda i nostri riccioli ramati e rifugiati in questo libro, e preparati a consegnarlo ad un altro quando sarà il momento. Non farne una diversità, fanne una virtù. Un immenso bacio, nonno” Charlie ricordava. Non il nonno ma l’affetto con cui le persone parlano di lui dopo aver accarezzato la sua intricata chioma rossa. Nonno non era mai stato solo ma come Malpelo nonno era morto, portato via da un immenso male chiamato miniera. Ma ora Charlie è cresciuto, nessun figlio nato dal suo amore profondo porta quel dono diverso. Suo figlio partirà, Agordo non porta alcun sogno. Ma Charlie aspetterà il ritorno di un nipote un po’ strano. Charlie aspetta, stringendo tra le dite dei fogli di carta. Albero genealogico: 2014 QUADRISAVOLO 1857 N 157 anni TRISNONNO 1887 N 127 anni Diplomato: 1875 Lavorò con Verga: 1876 Uscita novella: 1878 BISNONNO 1912 N 102 anni NONNO 1942 N 72 anni lavorò a Val Imperina fino alla chiusura nel 1962 2058 CHARLIE 2005 N 53 anni FIGLIO 2032 N 26 anni PADRE 1969 N 45 anni CHARLIE 2005 N 9 anni