ELEMENTI BIOGRAFICI DEI COMPONENTI DEL
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ELEMENTI BIOGRAFICI DEI COMPONENTI DEL
ELEMENTI BIOGRAFICI DEI COMPONENTI DEL PRIMO CONSIGLIO DI STATO (1831 – 1859) di Domenico La Medica PARTE PRIMA CONSIDERAZIONI GENERALI Il Consiglio di Stato presieduto dal Re e la formula del giuramento dei Consiglieri di Stato. IL VICE PRESIDENTE Thaon de Revel di Pralongo Ignazio. LA SEZIONE DELL’INTERNO IL PRESIDENTE: Saluzzo di Monesiglio Alessandro I COMPONENTI: 1) Alziari di Malaussena Giuseppe. 2) Lascaris di Ventimiglia Agostino. 3) Provana di Collegno Giuseppe. 4) Falletti di Barolo Tancredi. LA SEZIONE DI GIUSTIZIA, GRAZIA E AFFARI ECCLESIASTICI IL PRESIDENTE: Peyretti di Condove Ludovico I COMPONENTI: 1) Staglieno Marcello. 2) Roberi Giuseppe. 3) Cimella (di) Andreis Benedetto. 4) Grillo Giovanni Battista. 5) Avet Giacinto Fedele. 6) Leardi Biagio. LA SEZIONE DI FINANZA IL PRESIDENTE: Balbo di Vinadio Prospero. I COMPONENTI: 1) Villamarina (Pes di) Emanuele. 2) Adami di Bergolo Giuseppe e Strada Giuseppe. 3) Petitti di Roreto Carlo Ilarione. 1 CONSIGLIERI AGGIUNTI FISSI 1) D’Oncieux de la Bathie Giovanni Battista. 2) Franzoni Luigi. CONSIGLIERI STRAORDINARI 1) Manca di Thiesi di Villahermosa e Santa Croce Stefano. 2) Alfieri di Sostegno Carlo Emanuele. 3) Rey Pietro Giuseppe. 4) Tadini Placido. 5) PER LA SAVOIA: a) Costa di Beauregard Vittorio; b) De Boigne Carlo; 6) PER TORINO; a) Bertone di Sambuy Vittorio; b) Ferrero della Marmora Carlo; 7) PER CUNEO: a) Ricci d’Androne Alessandro; b) Galleani d’Agliano Giuseppe Maria; 8) PER ALESSANDRIA: a) Montiglio Alessandro; b) Ferrari di Castelnuovo Teodoro; 9) PER NOVARA: a) Avogadro della Motta Giuseppe; b) Tornielli di Vergano Giuseppe Benedetto Maria; 10) PER NIZZA: a) Tonduti de l’Escarène Gaetano; b) Caisotti di Robbione Agapito; 11) PER GENOVA: a) Durazzo Marcello (quondam Ippolito); b) Brignole Sale Antonio. 2 PARTE SECONDA SUCCESSIVE MODIFICHE NELLA COMPOSIZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO VICE PRESIDENTI 1) Sallier de la Tour Vittorio Amedeo. 2) Des Ambrois de Navâche Luigi. PRESIDENTI DI SEZIONE 1) Raggi Giovanni Antonio; 2) Provana di Collegno Luigi. CONSIGLIERI ORDINARI 1) Solari Nicola. 2) Greyfiè di Bellocombe Pietro Francesco Ippolito. 3) Avogadro di Casanova Paolo. 4) Fascio Pietro. 5) Del Carretto di Balestrino Domenico. 6) Massimino Ceva di San Michele Casimiro. 7) Colla Federico. 8) Ratti Oppizzoni Domenico. 9) Rovereto di Rivomazzano Luigi. 10) Melano di Portula Angelo. 11) Alfieri di Sostegno Cesare Carlo Emanuele. 12) Quaranta Lorenzo. 13) Marone Giovanni Battista. 14) Bermondi Bartolomeo 15) Carron Brianzone di San Tommaso Giovanni Nepomuceno. 16) Calvi di Bergolo Pietro Giorgio. 17) Quarelli Celestino conte di Lesegno. 18) Roero di Monticello Onorato. 19) Piccone Giovanni Battista. 20) Cagnone Giovanni Carlo Domenico. 21) Giulio Carlo Ignazio Filippo Alessandro. 22) de Fornari Giuseppe. 23) De Juge de Pievillet Francesco. 24) Castelli Jacopo Nicola. 25) Ravina Amedeo. 26) Allamand Giorgio. 27) Sappa Giuseppe. 28) Gioia Pietro. 29) Jacquemond (o Jacquemoud) Giuseppe Maria. 30) Regis Giovanni. 31) Maestri Ferdinando. 32) Fraschini Vittorio. 33) Mameli 3 Cristoforo. 34) Spinola Tommaso. 35) Bon Compagni di Monbello Carlo. 36) Ponza di San Martino Gustavo. 37) Tonello Michelangelo. 38) Mathieu Antonio. 39) Pernati di Momo Alessandro. 40) Nomis di Pollone Antonio. 41) Prato Giulio Giuseppe. 42) de Rossi di Santa Rosa Teodoro. 43) Cadorna Carlo. CONSIGLIERI AGGIUNTI FISSI 1) Coller Gaspere Andrea. 2) Gallina Stefano. CONSIGLIERI STRAORDINARI 1) Costa di Beauregard Pantaleone. 2) Rocca Saporiti Apollinare della Sforzesca. 3) Beraudo di Pralormo Carlo Giuseppe Francesco Angelo Maria Vincenzo Sebastiano. 4) Borelli Giacinto. 5) Charvaz Andrea. 6) Cuttica di Cassine Giuseppe. 7) Gallini Giovanni Battista Matteo. 8) D’Oncieux di Chafford Paolo. 9) Gerbaix de Sonnaz Giuseppe Maria. 10) Giovannetti (o Giovanetti ) Giacomo. 11) Giustiniani Pantaleo. 12) Losana Giovanni Pietro. 13) Oneto Giacomo Giovanni Battista. 14) Orengo Giovanni Stefano. 15) Renaud di Falicon Giuseppe Maria. 16.) Saluzzo di Monesiglio Cesare. 17) Cordero di Pamparato Stanislao. 18) Dal Pozzo della Cisterna Emanuele. 19) Nazari di Calabiana Luigi. 4 PARTE PRIMA 5 CONSIDERAZIONI GENERALI Il Consiglio di Stato presieduto dal Re; la formula del giuramento dei Consiglieri di Stato. Il Consiglio di Stato, formalmente, è presieduto dal Re : chiaro è in proposito, nel proemio del regio editto sostitutivo, il riferimento alla presenza del Re nelle adunanze delle sezioni riunite (“sovente alla nostra presenza”); in sostituzione del Re, assume le funzioni il Vice Presidente ( v. La Medica D., Il primo Consiglio di Stato, in Archivio Giuridico, 2006, 486, n. 2). In effetti, Carlo Alberto, ha disertato le adunanze; ma in seguito, anche per evitare che la sua assenza fosse interpretata come sintomo di diminuito favore verso l’istituto, ha presieduto per la prima volta le sezioni riunite del Consiglio nell’adunanza del 15 febbraio 1832 ( v. Pene Vidari G.S., Il Consiglio di Stato Albertino: istituzione e realizzazione, in Atti del Convegno celebrativo del 150° anniversario del Consiglio di Stato, Milano, 1983, 22 n. 4). Non si hanno peraltro notizie di ulteriori partecipazioni alle adunanze del Consiglio. I componenti del Consiglio di Stato, prima di assumere le funzioni dovevano prestare giuramento che , conformemente a quanto previsto dall’art. 6 del regio editto istitutivo, era del seguente tenore: “Giuro a Dio sopra il Santo Suo Evangelo di bene esercitare la carica che da Vostra Maestà mi è stata conferita nel Suo Consiglio di Stato. “E giuro che ogniqualvolta io sarò chiamato a discutere gli affari che, con Sua R. Legge 18 agosto11831 ha la M. S. ordinato che siano sottoposti alla disamina di esso Consiglio, darò, secondala mia coscienza, fedeli ed imparziali i miei consigli; rappresenterò con sincerità e con franchezza tutto ciò che mi parrà utile e conveniente al bene dello Stato; veglierò al mantenimento della dignità delle prerogative della Sua Corona, e farò conoscere i bisogni dei popoli, come ancora gli abusi, che vi fossero introdotti da qualsiasi parte di amministrazione. “Giuro di non rivelare alcun segreto che Vostra Maestà, o per parte sua da’ Suoi ministri ed ufficiali mi fosse confidato; ed altresì di non propalare quelle 6 deliberazioni del Consiglio di Stato, che di loro natura, o per volere di V. M. o dello stesso Consiglio non dovessero divulgarsi. “Giuro inoltre di non appartenere né di iscrivermi in avvenire ad alcuna società segreta, epperciò proibita, e di governarmi sempre ed in qualsivoglia occasione, così come si conviene ad un fedele, obbediente e devoto suddito di S. M., disposto a tutto perdere, perfino la vita, anziché mancare al proprio dovere. “Così Dio mi aiuti” (v. Salata F., Re Carlo Alberto e l’istituzione del Consiglio di Stato, Roma, 1932, 53 n. 40). Dei componenti del primo Consiglio di Stato intendiamo esporre, nel 180° anniversario del regio editto istitutivo, un succinto profilo biografico, per onorare coloro che, secondo differenti modalità, hanno contribuito al consolidamento ed al progresso dell’Istituto. Questi profili, nel dare notizia dell’attività svolta dagli illustri componenti presi in considerazione, risultano di varia ampiezza. Ciò è dipeso oltre che dal loro diverso spessore politico e culturale, anche dalla limitata partecipazione, per esempio per dimissioni o decessi verificatisi a poca distanza dalla nomina ai lavori del Consiglio di Stato; soprattutto, occorre tener presente che vengono esaminate persone e fatti risalenti nel tempo e che, perciò, la relativa documentazione, ove ancora esistente, non è facilmente reperibile. 7 IL VICE PRESIDENTE Thaon de Revel di Pralongo Ignazio. – Nasce a Nizza Marittima il 10 maggio 1760; muore a Torino il 26 gennaio 18351. Di nobile famiglia, era conte, venne avviato alla carriera diplomatica e destinato alla sede dell’Olanda. Nel 1792 partecipò volontariamente alla guerra contro i francesi e si distinse nelle azioni militari della campagna delle Alpi; in seguito ricevette la nomina a generale. Dopo la restaurazione, venne nominato membro del Consiglio di reggenza del Piemonte e, successivamente, ministro plenipotenziario a Parigi; fu anche governatore comandante della divisione militare di Genova e di quella di Torino, carica questa che mantenne fino alla morte. Nell’aprile del 1815 chiese ed ottenne dagli alleati la restituzione di tutta la Savoia. Nel 1820, per un breve periodo, fu vicerè di Sardegna. Durante i moti del 1821 rivestiva la carica di governatore militare di Torino e con tale qualifica si ritiene che abbia agito con prudenza e fermezza; secondo altri, invece, deve essere considerato come uno dei responsabili dell’insurrezione di marzo per cui viene tacciato di incapacità per essere intervenuto in ritardo e non adeguatamente. La regina Maria Teresa di Lorena Este, moglie di Vittorio Emanuele I, scrivendo alla cognata Maria Cristina sugli avvenimenti di quei giorni, afferma che egli “per paura” suggerì di cedere alle richieste dei congiurati e di concedere la costituzione2. In modo sintetico, ma significativo, per le sue maniere e le sue abitudini, fu definito come appartenente al passato3; peraltro, Carlo Felice, al suo ritorno a 1 V.: LEMMI F., in Enciclopedia italiana, XXXIII, 761; ZOLI C., Cenni biografici dei componenti la magistrature del Consiglio di Stato (1831-1931), in Il Consiglio di Stato, Studi in occasione del centenario, I, Roma, 1931, 7 ss. 2 V., BERTOLDI S., Il Re che tentò di fare l’Italia, vita di Carlo Alberto di Savoia, Milano, 2000, 87 ss., 132. 3 V., PINTO P., Carlo Alberto, il Savoia amletico, Milano, 1994, 181, che riferisce il giudizio dell’ambasciatore francese Barante; analogamente l’ambasciatore inglese Foster lo definisce avversario di ogni innovazione (v. ROSSELLI N., Inghilterra e Regno di Sardegna dal 1815 al 1847, a cura di P. Treves e introduzione di W. Maturi, Torino, 1954, 603). 8 Torino, lo nominò Luogotenente del regno con pieni poteri di alter ego. Nel 1822 venne nominato Maresciallo di Savoia. In qualità di governatore militare di Torino, fu accanto a Carlo Alberto quando il 27 aprile 1831 le truppe giurarono fedeltà al nuovo re di Sardegna. Nominato vice presidente del Consiglio di Stato, già al momento della sua istituzione, venne confermato nell’incarico fino alla sua morte; a lui, dopo un breve periodo di reggenza del conte Prospero Balbo, succedette il conte Vittorio Amedeo Sallier de la Tour, il quale venne poi sostituito dal nobile Des Ambrois de Navâche. E’ stato insignito del Collare della SS. Annunziata. 9 LA SEZIONE DELL’INTERNO Il Presidente: Saluzzo di Monesiglio Alessandro. – Nasce a Saluzzo il 12 ottobre 1775; muore a Torino il 10 agosto 18514. Era conte. E’ stato ufficiale di artiglieria nell’esercito piemontese. Durante il Direttorio e il Consolato servì sotto la bandiera francese, ma, dopo la battaglia di Marengo, si ritirò a vita privata dedicandosi al culto delle lettere e delle discipline storiche. Nel 1814, fece parte, come segretario generale, del Consiglio di reggenza che precedette la Restaurazione (il consiglio era presieduto dal marchese Filippo Asinari di San Marrano e tra gli altri era formato dai conti Alessandro di Vallesa, Prospero Balbo, Vincenzo Serra di Albugnano, Peyretti di Condove e Ignazio Thaon di Revel). In seguito, venne nominato ministro e tutore del principe Carlo Alberto. Per la partecipazione al governo (il 27 novembre 1820 venne nominato Ministro della Guerra) ed i molteplici incarichi diplomatici espletati godeva di alta reputazione. Durante il regno di Carlo Felice, fu ambasciatore ed a capo di importanti uffici statali. Con La Grangia e Cigna fondò la Reale Accademia delle scienze, di cui è stato vice-presidente; fu anche senatore del Regno. Venne nominato Grande della Corona e insignito del Collare della SS. Annunziata. E’ stato autore di una apprezzata Histoire militaire du Piemont, premiata all’Accademia di Torino. A lui è attribuita una dotta memoria storica dal titolo “Observations sur le Conseil d’Etat et sur les Communes sous le regne d’Emanuel Philibert” (ma, secondo alcuni studiosi, la paternità è di Prospero Balbo; v. Casana Testore P., Riforme istituzionali della restaurazione sabauda: il Consiglio di Stato, in Riv. 4 V., ZOLI C., Cenni, cit., 9. 10 st. dir. it., 1992, 356 seg.), che fu sottoposta a Vittorio Emanuele I, negli anni 1820 – 21, come progetto per l’istituzione del Consiglio di Stato e fu tenuta certamente presente da Carlo Alberto, allorché decise di creare il Consiglio di Stato5. I componenti: 1) Alziari (o Alziary) di Malaussena Giuseppe. – Nasce a Roccasteronte – Nizza Marittima il 14 febbraio 1764; muore il 15 novembre 18436. Carlo Alberto, presiedendo per la prima volta le sezioni riunite del Consiglio di Stato, nel suo diario, in data 15 febbraio 1832, ricordava con ironia che “Le général Malaussèna s’en remit costamment seul aux suffrages des colleègues de la section”7. Si dimise dall’incarico, per motivi di salute, il 9 settembre 1834; al suo posto venne nominato il marchese Domenico Del Carretto di Balestrino. 2) Lascaris di Ventimiglia Agostino – Nasce a Torino nel 1776; muore il 28 luglio 18388. Di nobile famiglia, era marchese, fu scudiero della Real Corte e vice presidente della Camera di agricoltura e di commercio di Torino. Fu anche Colonnello nello Stato Maggiore dell’armata, decurione della città di Torino e Maggiore generale. Nel 1837 venne nominato presidente perpetuo della Reale Accademia delle scienze e Mastro di ragione del Corpo decurionale di Torino. 3) Provana di Collegno Giuseppe (Maria Luigi Giacinto). – Nasce a Torino il 25 maggio 1775; muore il 5 febbraio 18549. 5 V., SALATA F., Re Carlo Alberto e l’istituzione del Consiglio di Stato, in Studi in occasione del centenario del Consiglio di Stato, I, Roma, 1932, 12. 6 V., ZOLI C., Cenni, cit., 9. 7 V., SALATA F., Re Carlo Alberto, cit., 37. 8 V., ZOLI C., Cenni, cit. 10. 9 V., ZOLI C., Cenni, cit., 10. 11 Era conte di Collegno, Signore di Bussolino, Signore delle Decime della Gorra e di Zucchea, Cavaliere d’onore e devozione dell’Ordine di Malta, Gran Cordone dell’Ordine SS. Maurizio e Lazzaro nonché gentiluomo di camera del Re. Sotto l’impero francese, è stato per due volte sindaco di Collegno e membro del Consiglio generale del dipartimento del Po e della Commissione delle acque. Dopo la restaurazione non subì alcuna epurazione o degradazione e questo rilievo, sotto diverso profilo, porta a respingere la diffusa convinzione sul generale ed indiscriminato allontanamento dagli incarichi pubblici delle personalità compromesse con il regime napoleonico10; infatti successivamente venne nominato Vicario e sopraintendente generale di politica e polizia. Fu più volte Sindaco di Torino; nel 1824 venne nominato presidente del Consiglio generale dell’amministrazione del debito pubblico. Nel 1835, durante l’epidemia di colera, venne collocato a capo della direzione sanitaria della sezione Monviso a Torino; nel 1840, venne nominato Presidente capo e controllore generale delle Regie finanze. Fu collaboratore del giornale “La Concordia” che ospitò, tra gli altri, scritti di Carlo Boncompagni, Riccardo Sineo, Giovanni Laura, Roberto D’Azeglio e Cesare Balbo. 4) Falletti di Barolo Tancredi. – Nasce a Torino il 26 ottobre 1782; muore a Chieri il 4 settembre 183811. Era marchese e gentiluomo di corte. Nel 1807 aveva sposato Giulietta Vitturnia Francesca Colbert, discendente del famoso statista Francesco, protettrice di Silvio Pellico. Era membro della Reale accademia delle scienze. Napoleone lo aveva nominato Conte dell’Impero e Gran Croce dell’Ordine della Riunione. 10 V., LA MEDICA D., Lo “spoils system” da Solaro a Frattini, in Riv. Guardia Finanza, 2003, 505 ss.; ID., Solaro della Margarita: il ministro sabaudo che inventò lo “spoils system”, in Instrumenta, 2002, 1099, ss. 11 V., ZOLI C., Cenni, cit. 10. 12 Fu decurione e sindaco di Torino, mostrando grande capacità di governo e spiccato senso di equilibrio. Insieme alla moglie dedicò la sua vita e le sue cospicue risorse finanziarie alle opere di beneficenza e di pietà; ai medesimi si deve la fondazione del primo asilo d’infanzia (“sala d’infanzia”) nel Piemonte e la fondazione dell’Istituto delle “Suore di Sant’Anna”, con il compito di educare e seguire i figli delle famiglie più indigenti. E’ stato anche autore di un progetto di Consiglio di Stato (Projet d’un Conseil privé may 1831, conservato nell’archivio storico della famiglia Barolo, a Torino), che, secondo il suo disegno, era formato da persone scelte dal Re, con il compito di fornire il loro ausilio sugli affari di governo; il Consiglio, tuttavia, risulta dotato di scarsa autonomia e senza specifica indicazione delle sue funzioni 12. Il Falletti si era mostrato restio ad accettare la nomina a Consigliere di Stato, adducendo motivi di salute; perciò Carlo Alberto scrisse al conte Alessandro Saluzzo affinché intervenisse per far recedere l’interessato dal suo proposito, osservando che l’incarico non era gravoso (“... je n’ai jamais pensé de leurs donnerà faire le travail des ministres, ni d’entrer dans les details des Ministeres: mais seulement de prendre leurs advis sur les actes importants...”). La lettera del Sovrano, si intende, va intesa nel contesto di una sollecitazione a recedere dalle dimissioni e non già, come pure è stato ritenuto, come una malcelata visione restrittiva dei limiti del Consiglio di Stato13. Il Falletti, comunque, si dimise dal Consiglio di Stato, per motivi di salute, il 15 aprile 1832; al suo posto venne nominato il conte Pietro Francesco Ippolito Greyfiè di Bellecombe. Nelle sue vaste tenute nacque il vino Barolo che, con quel nome, è tuttora conosciuto, e che, all’epoca, fu molto apprezzato da Carlo Alberto. 12 V., CASANA TESTORE P., Riforme istituzionali della restaurazione sabauda: il Consiglio di Stato, in Riv. storia dir. it., 1992, 409. 13 V., PENE VIDARI G. S., Il Consiglio di Stato albertino; istituzione e realizzazione, in Atti del Convegno celebrativo del centocinquantesimo anniversario della istituzione del Consiglio di Stato, Milano, 1983, 43 nota 79. 13 LA SEZIONE DI GIUSTIZIA, GRAZIA E AFFARI ECCLESIASTICI Il Presidente: Peyretti di Condove Ludovico. – Nasce a Torino il 9 ottobre 1767; muore il 26 settembre 184914. Di nobile famiglia, era conte, fu ministro di Stato e Presidente del Consiglio supremo di Sardegna. Sotto la dominazione francese, in qualità di magistrato, ricoprì la carica di sostituto procuratore generale ed in seguito di procuratore imperiale e di primo presidente della corte d’appello di Torino. Nel 1809 venne nominato barone dell’Impero. Dopo la parentesi napoleonica, al ritorno del Re, non subì alcuna epurazione o degradazione, per cui si possono richiamare qui le considerazioni in altre occasioni svolte avverso il ritenuto generale allontanamento delle personalità compromesse con il passato regime, dagli incarichi pubblici15; venne, infatti, nominato presidente capo del Senato di Nizza e ministro di Stato. E’ stato consigliere nel Consiglio di Stato e dei Memoriali, vigente in Piemonte prima della creazione del Consiglio di Stato albertino16. Ha redatto un progetto di Consiglio di Stato intitolato “Mémorial sur la réforme générale de la législation civile et criminelle, et sur la création d’un Conseil d’Etat”, che era concepito come un punto di partenza per la revisione della legislazione esistente; l’Autore era, peraltro, preoccupato dei danni che potessero derivare da radicali innovazioni17. Partecipò ai lavori del Consiglio di conferenza che portarono alla concessione dello Statuto. Nell’adunanza del 7 febbraio 1848, pur dichiarandosi “nemico delle istituzioni che tendono a cambiare i principi fondamentali del paese”, osserva che, al momento, “non c’è che l’alternativa di annullare ciò che si è 14 V.: COLOMBO P., Con lealtà di Re e con amore di padre, Bologna, 2003, 58; ZOLI C., Cenni cit., 9. 15 V., LA MEDICA D., Lo “spoils system”, cit., 509; ID., Solaro della Margarita, cit., 1099 ss. 16 Il Consiglio di Stato e dei Memoriali aveva essenzialmente competenza in materia di grazia; era presieduto dal Gran Cancelliere e, in sua assenza, dal Guardasigilli o dal reggente la Real Cancelleria. 17 V., TESTORE CASANA P., Riforme istituzionali, cit., 395. 14 fatto, oppure, restando nella via delle concessioni, continuare a camminare per questa strada e adeguarsi alle circostanze”; con senso di realismo rileva, quindi, che “essendo impossibile ritornare su ciò che si è fatto... la seconda possibilità diverrà una necessità fatale”18. Aderisce, pertanto, alla proposta del Ministro dell’interno Borelli di concedere la costituzione, proposta che alla fine riuscirà a convincere lo stesso Carlo Alberto19. Nel 1832 fu nominato Grande della Corona. I componenti: 1) Staglieno Marcello. – Nasce a Genova nell’ottobre 1772; muore il 25 giugno 184720. Era avvocato. Consigliere nella Corte d’appello di Genova, membro del Senato di Torino e avvocato generale presso il Senato di Genova. Nel 1829 venne nominato secondo presidente della Camera dei Conti. 2) Roberi Giuseppe. - Nasce a Cavallermaggiore il 21 marzo 1756; muore il 3 febbraio 183921. Giudice presso il Tribunale di prima istanza di Torino, nel 1814 venne nominato avvocato dei poveri e nel 1816 senatore nel Senato del Piemonte. 3) Cimella (o Cimié, Cimier, Cimiero) di Andreis Benedetto. – Nasce a Santo Stefano di Nizza il 21 (o 22) novembre 1786; muore a Torino il 19 novembre 185322. Era conte. Laureatosi in legge nell’Università di Torino, nel 1807, si avviò nella carriera della magistratura dove ricoprì l’incarico di sostituto avvocato 18 Lo Statuto Albertino e i lavori preparatori, a cura di Negri G. e Simoni S., in Fondazione dell’Istituto bancario San Paolo di Torino per la cultura, la scienza e l’arte, Roma 1992, 220. 19 V., LA MEDICA D., Lo “statuto albertino” nel 150° anniversario della sua promulgazione, in Scritti giuridici in onore di Sebastiano Cassarino, II, Padova, 2001, 869 ss. 20 V., ZOLI C., Cenni, cit., 12. 21 V., ZOLI C., Cenni, cit., 12. 22 V.: COLOMBO P., Con lealtà di Re, cit., 57; LIOTTA F., in Dizionario biografico degli italiani, XXV, 558; ZOLI C., Cenni, cit., 12. 15 fiscale generale nel Senato di Nizza, senatore sopranumerario ed infine senatore effettivo. Ricoprì anche l’incarico di componente del Consolato di commercio e di mare di Nizza; nell’amministrazione militare, in qualità d magistrato venne nominato dapprima uditore e poi presidente dell’Uditorato generale di guerra. Diresse in seguito le inchieste sulla congiura ordita dai cavalieri della libertà quasi al termine del regno di Carlo Felice, ricevendone il plauso di Carlo Alberto che lo riteneva un homme qui soit tout de ma confiance. Dopo i moti insurrezionali del 1833, presiedette la Commissione inquisitoria speciale (gli altri membri erano: Ambrosio di Gattinara e Giuseppe Antonio Gromo), in cui si distinse per il comportamento severo tenuto per ottenere confessioni e delazioni dai detenuti. Mutato l’orientamento politico di Carlo Alberto, venne nominato presidente del Senato di Casale (organo della suprema magistratura di nuova istituzione, accanto a quelli già esistenti di Savoia, Piemonte, Nizza e Genova) e tale nomina venne interpretata come allontanamento dalla capitale di un personaggio illiberale. Lasciò il relativo incarico nel marzo del 1848, quando venne collocato a riposo. A testimonianza della sua vasta esperienza amministrativa restano molteplici studi, conservati nell’archivio della famiglia, sul Consiglio di Stato, l’ordinamento delle strade pubbliche, le strade ferrate, gli archivi pubblici ed il Senato di Casale. Tra l’altro, fu relatore per il “Regolamento di servizio interno del Consiglio”. Era decorato del gran cordone dell’Ordine SS. Maurizio e Lazzaro. 4) Grillo Giovanni Battista. – Nasce a Serravalle Scrivia il 13 novembre 1780; muore il 22 febbraio 185223. Consigliere della Corte imperiale di Genova, fu successivamente reggente del Consiglio di giustizia di Chiavari, senatore nel Senato di Genova e primo 23 V., ZOLI C., Cenni, cit., 13. 16 presidente del Senato di Savoia. Nel 1829 venne nominato avvocato fiscale generale presso il Senato di Nizza. 5) Avet Giacinto Fedele. – Nasce a Moutiers il 24 aprile 1788; muore a Torino il 3 (o 4) settembre 185524. Laureatosi in giurisprudenza presso l’università di Grenoble, intraprese la carriera della magistratura; successivamente venne nominato avvocato dei poveri, sostituto fiscale generale e, infine, componente del Senato di Savoia Ha presieduto la Giunta che preparò la nuova legislazione sulle miniere ed ha fatto parte della Commissione che preparò il nuovo codice civile, sotto la direzione del guardasigilli Barbaroux. A quest’ultimo proposito, sembra che fosse perplesso sull’opportunità di accettare l’incarico, a causa del carattere ritenuto volubile di Carlo Alberto e quindi sulla possibilità di fare affidamento, nello svolgimento del suo lavoro, sull’appoggio del Sovrano; perciò chiese informazioni e consiglio a monsignor Andrea Charvaz – vicario di Chambéry – valdostano come lui e precettore dei principi reali. Il canonico lo rassicurò alquanto comunicandogli che “il fondo è ricco al di là di quanto io stesso presumessi e sono convinto che ne sareste così meravigliato come lo sono stato io, se lo conosceste; dalle idee nobili, diritte e solide, un colpo d’occhio sicuro, molta cultura fondata su buone fonti e ben digerita, un giusto contemperamento tra il desiderio di innovare e la tenacia nel non cambiare, la religione come base dell’intero edificio, gli uomini di talento e di valore chiamati a dare consigli e a presiedere i diversi corpi; il tutto messo in bell’ordine”25; a seguito di queste confortanti informazioni, accettò l’incarico. Chiamato a far parte del Consiglio di Stato, venne assegnato alla Sezione di giustizia, grazia e affari ecclesiastici, dove partecipò attivamente alla discussione su quasi tutti gli articoli del codice civile e di questo curò, poi, la traduzione in francese per le popolazioni della Savoia e della Valle D’Aosta. Ha partecipato, anche, ai lavori per la compilazione del codice penale e di quelli di procedura civile e procedura penale. 24 25 V.: LIOTTA F., in Dizionario biografico degli italiani, IV, 671; ZOLI C., Cenni, cit., 13. V., BERTOLDI S., Il re, cit., 156 ss. 17 Ebbe il merito di concludere, anche mercè l’apporto del Ministro degli esteri Solaro della Margarita, il concordato con la S. Sede per l’immunità ecclesiastica personale (27 marzo 1841) in cui, quale primo passo per l’abolizione del foro ecclesiastico, si stabiliva la giurisdizione della magistratura ordinaria per i reati qualificati come crimini e contravvenzioni e si riservava all’autorità ecclesiastica la competenza per i delitti, con esclusione dei reati contro il fisco. Unitamente al conte Sclopis e al cav. Cibrario attese alla redazione della Convenzione per la protezione delle opere dell’ingegno, stipulata il 10 giugno 1840 dal conte Solaro della Margarita con l’Austria. Alla Convenzione aderirono in seguito il granducato di Toscana, il ducato di Modena, il ducato di Parma, il ducato di Lucca e lo Stato pontificio e cioè di tutte le province italiane, con esclusione del regno delle Due Sicilie; la stessa Convenzione, oltre che valore internazionale, in quanto come è stato affermato in giurisprudenza (Cass. 9 agosto 1892, in Mon. trib., 1983, 4, che conferma App. Milano 19 maggio 1891, ivi, 1891, 466), in mancanza di leggi speciali, doveva considerarsi quale legge interna per ciascuno Stato che vi aveva aderito, assumendo, quindi, le funzioni di un archetipo della disciplina del diritto d’autor e di una fonte storica cui attingere per la migliore comprensione della legislazione in materia. Nel 1840 Avet è stato nominato conte e chiamato a reggere la direzione della Grande cancelleria e dicastero di giustizia, grazia e affari ecclesiastici, di cui nel 1843 divenne titolare. Ha preso parte al Consiglio di conferenza in cui si discusse sulla concessione di una carta costituzionale. In particolare, nell’adunanza del 3 febbraio 1848, interpellato dal Re, ebbe ad osservare, con senso di realismo non disgiunto ad una convinta devozione alla Corona, che “S.M. non ha mai cessato durante tutto il suo regno di dare prove non equivoche della sua sollecitudine per il bene del paese e nessuno, in tempi ordinari, potrebbe suggerirgli di modificare un potere di cui Ella ha usato solo per la felicità dei suoi sudditi. Ma davanti ad avvenimenti che agitano l’Italia ritiene suo dovere consigliargli di entrare al più presto sulla strada delle 18 concessioni per salvare il paese dalla tempesta che lo minaccia”; aggiunge che “prendendo l’iniziativa, si potrebbe ancora dettare le condizioni” ed auspica che “S.M. darà una nuova prova della sua saggezza concedendo una Costituzione che non bisogna farsi strappare”26. Questa opinione ribadisce nella seduta del 7 febbraio 1848; “non resta che scegliere fra la resistenza e la concessione. La resistenza è evidentemente pericolosa, essa presenta poche possibilità di successo e può provocare le più funeste conseguenze. Egli è dunque del parere che bisogna entrare il più rapidamente possibile nella via delle concessioni”. In sostanza, come tutti gli altri Ministri, appoggia la proposta del Ministro dell’interno Borelli, condivisa poi dal Sovrano, secondo cui “bisogna preparare tutto per darla (la Costituzione), con la maggior dignità possibile per la Corona, con il minor male possibile per il paese. Bisogna darla e non lasciarsela imporre, dettare le condizioni, non riceverle”27. A lui si deve, in particolare, l’inserimento nello Statuto del principio della libertà di stampa (“la stampa è libera ma la legge ne reprime gli abusi”) e la successiva disciplina organica della materia (editto 16 marzo 1848) con cui, tra l’altro, venne abolita la censura prevedendo solo la repressione degli abusi; tale disciplina ha mantenuto il suo vigore per lungo tempo, anche dopo l’unificazione del regno28. Nella qualità di Primo segretario di Stato per gli affari ecclesiastici, di grazia e giustizia, Dirigente la Grande cancelleria, ha controfirmato lo “Statuto”. Di lui è stata riconosciuta la qualità di giurista, ma è stato ritenuto troppo desideroso di serbare il potere per saperne fare l’uso che i tempi richiedevano29; Solaro della Margarita riconosceva “nella sua persona qualità pregevoli, e fra le 26 V.: REBUFFA G., Lo Statuto albertino, Bologna, 2003, 56; RINIERI I., Lo Statuto e il giuramento del Re Carlo Alberto, Roma, 1899, 73 ss.; Negri G. e Simoni S., Lo Statuto Albertino, cit. 198 ss. 27 V., Lo Statuto, cit., 197 ss.: v., anche, LA MEDICA D., Lo “Statuto albertino” nel 150° anniversario della sua promulgazione, in Scritti giuridici in onore di Sebastiano Cassarino, II, Padova, 2001, 869 ss. 28 V., GABRIELI F.P., voce Avet Fedele Giacinto, in Nss. dig. it., I/II, Torino, 1964, 1649. 29 V., Memorie storiche inedite di Federico Selopis, in COLOMBO A., Dalle riforme allo Statuto di Carlo Alberto, Casale, 1924, 179. 19 altre schiettezza di carattere, per cui non si arrenderebbe facilmente agli intrighi” e l’ebbe “per collega franco e leale”30. Tra le sue opere, alcune di notevole pregio, vanno ricordate; “Eloge historique d’Antoine Favre, premier president du Sénat de Savoie”, Chambéry, 1824; “Notice sur M. le ministre Falquet”, Chambéry, 1840; “Rendiconto della giustizia civile e commerciale dell’anno 1845”, Torino, 1846. 6) Leardi Biagio. – Nasce a Viguzzolo il 5 luglio 1784; muore il 5 dicembre 184131. Era conte. E’ stato giudice e poi presidente del Tribunale di prima istanza di Voghera. In seguito venne nominato prefetto di Tortona, Susa e Mondovì; fu anche senatore nel Senato di Chambéry e, poi, in quello di Torino. Nel 1832 fu nominato reggente della Cancelleria del Regno di Sardegna, per cui si dimise dall’incarico; al suo posto venne nominato il conte Nicola Solari. Nel 1838, venne nominato presidente di classe nel Senato del Piemonte. 30 31 V., SOLARO DELLA MARGARITA C., Memorandum storico politico, Torino, 1852, 146. V., ZOLI C., Cenni, cit., 13. 20 LA SEZIONE DI FINANZA Il Presidente: Balbo di Vinadio Prospero. – Nasce a Chieri il 1° (o 2) luglio 1762; muore a Torino il 14 marzo 183732. Era conte. Figlio di Carlo Gaetano e di Paola Benso, a seguito della morte del padre venne accolto, all’età di tre anni, dal Conte G.B. Lorenzo Bogino, secondo marito della nonna materna Teresa Beraudo dei conti di Pralormo, che lo distolse dalla sua inclinazione verso le scienze matematiche per avviarlo alla magistratura civile e alla politica. In prime nozze aveva sposato Elisa Taparelli d’Azeglio e, dopo la morte di questa, sposò Maddalena Caterina des Isnard che era stata “sottogovernatrice dei figli di Francia” presso la corte di Luigi XVI. Si laureò in giurisprudenza presso l’università di Torino, nel 1781, a soli diciannove anni. Fu tra i promotori dell’Accademia dei Crescenti e tra i fondatori della Patria Società Letteraria. Nel 1782 venne nominato decurione della città di Torino e in tale qualità riformò la legislazione statutaria sulla successione testamentaria, attenuando il diritto di attuazione. Nel 1796, nominato ambasciatore da Vittorio Amedeo III, venne inviato a Parigi. Durante il periodo napoleonico si sottrasse agli incarichi offertigli di Consigliere di Stato e di senatore imperiale, con il pretesto degli obblighi militari; nel 1805 fu, tuttavia, nominato rettore dell’Accademia (Università) di Torino e poi, di ispettore generale, quando l’ateneo torinese venne posto sotto la giurisdizione di quello di Parigi. 32 V.:DURANDO G., Principi di diritto, economia e finanza in alcuni scritti editi ed inediti di Prospero Balbo, Torino, 1940; ROMAGNANI G. P., Prospero Balbo, intellettuale e uomo di Stato (1762-1837) 2 voll., Torino, 1990; SIRUGO F., in Dizionario biografico degli italiani, VI, 416; ZOLI C., Cenni, cit., 8 ss. 21 Alla caduta del regime napoleonico venne chiamato a far parte del Consiglio di reggenza, presieduto dal San Marzano, avente il compito di amministrare provvisoriamente il paese fino al rientro di re Vittorio Emanuele I (20 maggio 1814). Lo stesso re, in seguito, lo nominò Presidente dell’Accademia delle scienze, ambasciatore a Madrid e, poi, capo della “Magistratura della riforma degli studi”33. Le passate simpatie napoleoniche, quindi, non ebbero negative ripercussioni nei suoi confronti, per cui, a tale ultimo riguardo, si può dire che la restaurazione con l’epurazione di coloro che si erano compromessi con il passato regime non ebbe quell’ampia e generale portata che una certa letteratura tenta di accreditare34. Venne, poi, nominato ministro della pubblica istruzione (1819) e ministro dell’interno (1820). Durante i moti del 1821, nel consiglio della corona che si tenne l’11 marzo alla presenza di Vittorio Emanuele I, propose la concessione della Costituzione cui diede il nome di “Statuto” che richiamava la tradizione degli ordinamenti sabaudi evitando il termine rivoluzionario di costituzione; ma il re rifiutò di sottoscriverla e preferì abdicare35. Fu lo stesso Balbo, poi, che controfirmò l’atto di abdicazione. Successivamente, venne nominato decurione della città di Torino e presidente della Reale Accademia delle scienze. Balbo riteneva, in una visione paternalistica del governo, che le riforme dovessero essere concesse prima che fossero richieste; tra l’altro, auspicò una maggiore collaborazione con la Corona e propose la creazione del Consiglio di Stato. Di questo consesso elaborò un progetto, con la finalità anche se non chiaramente espressa, di affidargli una funzione suppletiva dell’istituto di rappresentanza; tale progetto ebbe molteplici rifacimenti e si ritiene sia stato 33 V., RUGGIERO M., L’eredità di Carlo Alberto, Milano, 1995, 96. V., LA MEDICA D., Lo “spoils system”, cit., 8 ss.; ID., Solaro della Margarita, cit., 1099. 35 V., ROMAGNANI G. P., Prospero Balbo, cit., 476 ss. 34 22 tenuto presente da Carlo Alberto nella compilazione del testo approvato nel 183136. Ha fondato la Cassa di Risparmio di Torino e fu tra i promotori dell’istituzione della Cassa dei censi e prestiti avente come scopo l’ammortamento del debito pubblico; fu anche presidente della Deputazione di Storia Patri, istituita con regio brevetto 20 aprile 1833. Carlo Alberto lo teneva in grande considerazione per i suoi consigli sui temi di libertà economica e riforme del commercio. Durante la malattia del vice presidente Ignazio Thaon de Revel, fu incaricato di reggere la vice presidenza del Consiglio di Stato; si segnalò per la grande diligenza e l’entusiasmo con cui attese ai suoi compiti37. Cessò, su domanda, dall’incarico il 1° aprile 1835. E’ stato insignito dell’onoreficenza di Gran Croce dei SS. Maurizio e Lazzaro e del Collare della SS. Annunziata. I componenti: 1) Villamarina (Pes di) Emanuele. – Nasce a Cagliari nel 1774; muore il 5 febbraio 185238. Di nobile famiglia, era marchese, già paggio di Vittorio Amedeo III, arruolatosi nei granatieri del reggimento Aosta si distinse come valoroso ufficiale nelle campagne di guerra contro i francesi degli anni 1794, 1795 e 1796. Durante le guerre napoleoniche, dal 1799 al 1803, militò sotto le bandiere austriache, ma dopo la restaurazione tornò a servire nell’esercito piemontese. Nella Campagna del 1815 venne nominato Commissario del Governo sardo presso l’esercito austriaco; successivamente fu capo di stato maggiore della divisione di Torino e generale delle regie armate. Nel 1833 venne nominato Ministro degli affari sardi con il proposito di abolire la proprietà feudale; in sua attuazione, negli anni che vanno dal 1833 al 1840 36 V.: RUGGIERO M., L’eredità, cit., 96 ss.; SALATA F., Re Carlo Alberto, cit., 12; CASANA TESTORE P., Riforme istituzionali, cit., 362; ROMAGNANI G.P., Prospero Balbo, cit, 476 ss. 37 V., SCLOPIS F., Notizie sulla vita del conte Prospero Balbo in Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, IX, 1973-74, 149; SALATA F., Re Carlo Alberto, cit., 12. 38 V., ZOLI C., Cenni, cit., 11. 23 vennero liquidati i diritti dei feudatari mediante compensi in denaro e in titoli di debito pubblico; i fondi liberati vennero dati in proprietà ai coltivatori con facoltà di chiusura e cioè con destinazione all’agricoltura (i fondi aperti, quali erano quelli dei feudatari, erano destinati alla pastorizia). Fu, poi, ministro della Regia segreteria di guerra e di marina e capo supremo della polizia. Quale ministro della guerra, in piena sintonia con Carlo Alberto, ebbe speciale cura dell’esercito che rafforzò e rese più efficiente anche nell’intento di permettere al piccolo Piemonte di non essere schiacciato dai colossi dell’Austria e della Francia; in particolare completò la riforma dell’artiglieria e modificò i criteri e le modalità della coscrizione, conseguendo il notevole risultato di poter adunare, in breve tempo, un esercito di ben ottantamila soldati. Tuttavia, proprio nell’organizzazione dell’esercito si riscontrarono in seguito disfunzioni e carenze che si riveleranno di deleterie conseguenze nella guerra del 1848-49. Nel 1840 venne insignito del collare della SS. Annunziata; nel 1848 venne nominato Senatore del Regno, ma nel 1851 presentò le dimissioni dall’incarico. A causa dei suoi precedenti rapporti con la borghesia mercantile genovese era tacciato di simpatie liberali. Des Ambrois – che, tra l’altro, fu ministro dell’interno e vicepresidente del Consiglio di Stato – lo riteneva “uomo intelligente, dinamico, capace negli affari, liberale nel senso di non ammettere l’intolleranza religiosa e l’intromissione del clero, e dei gesuiti in particolare, negli affari civili, favorevole all’idea che la borghesia avesse la sua parte nel governo e la stampa godesse di una certa libertà”39; Solaro della Margarita lo definì un nobile avversario in principi politici40. Carlo Alberto lo aveva in grande considerazione per l’attività svolta nell’ambito del Consiglio di Stato. 39 V., PINTO P., Carlo Alberto, il Savoia amletico, Milano, 1994, 182 ss. V.: SOLARO DELLA MARGARITA, Memorandum storico-politico, Torino, 1851, 514; RINIERI I, Lo Statuto e il giuramento del Re Carlo Alberto, Roma, 1899, 16; CHIALA L., La vita e i tempi del generale Giuseppe Dabormida, Torino, 1896, 97. 40 24 Solaro e Villamarina ebbero, in seguito, la stessa sorte, perché nell’ottobre 1847 furono entrambi licenziati dal re, “come conseguenza di un nuovo indirizzo politico per il governo”41. 2) Adami di Bergolo Giuseppe e Strada Giuseppe. – Il primo nasce a Torino nel 1773 e muore il 22 ottobre 1836; era figlio del conte Gaetano, ricordato per la sua generosità, avendo, tra l’altro, assunto a proprie spese il mantenimento di 450 persone sfrattate dall’Ospedale di Carità. L’altro nasce a Garlasco il 12 gennaio 1782 e muore nel 184742. Di loro non si hanno molte notizie, forse perché nella Sezione vi erano componenti di elevato spessore culturale, per cui è verosimile che queste personalità attirassero maggiormente l’attenzione del cronista, mettendo in ombra la collaborazione, ugualmente meritevole, di altri membri. 3) Petitti di Roreto Carlo Ilarione. – Nasce a Torino il 21 ottobre 1790 dal conte Giuseppe Antonio, primo presidente. e controllore generale delle finanze, e da Gabriella Vincenza Ferrero Ponsiglione di Borgo d’Ale43. Nel 1814 viene nominato sindaco di Cherasco, incominciando in tal modo ad acquisire esperienze nel campo dell’amministrazione; poco dopo, entra volontario nei Regi archivi di corte sotto la direzione del conte Napione. Contemporaneamente proseguiva i suoi studi economici e nel 1816 conseguiva presso l’Università di Genova la laurea dottorale in diritto civile e in quello economico; nello stesso anno venne nominato vice intendente di Chambéry. Nel 1818 venne chiamato a far parte della Giunta di liquidazione istituita per la soddisfazione dei debiti lasciati nello Stato dal governo francese, dando prova di grande capacità. Nel 1819 venne nominato intendente della provincia di Asti mantenendo l’incarico fino al 1826; dal 1826 fino al 1831 assolse l’incarico di intendente 41 Così, RINIERI I., Lo Statuto, cit., 18; v., anche SCLOPIS F., Storia della legislazione italiana, III, 333. 42 V., ZOLI C., Cenni, cit., 10. 43 V.: BRAVO G. M., Profilo intellettuale e politico di C. I. Petitti di Roreto (1790 – 1850), in Annali Fondazione L. Einaudi, Torino, 1968, II, 121; LA MEDICA D., Ricordo di Petitti di Roreto: amministratore pubblico, giurista, politico e... cultore del gioco del lotto, in Cons. Stato, 2005, I, 133 ss.; ZOLI C., Cenni, cit., 12. 25 generale di Cuneo. Nel periodo cuneense e precisamente nell’ottobre del 1830, gli fu offerto l’incarico di direttore generale della Polizia a Genova, ma rifiutò la proposta affermando che per “l’impossibilità di fare il bene, non è cosa che possa convenire”44. Nell’agosto del 1831 venne nominato Consigliere di Stato di cui in seguito divenne vice presidente e per un certo periodo svolse anche le funzioni di presidente; allorché dopo l’approvazione dello Statuto sorse la necessità di riordinare il Consiglio di Stato, come prevedeva l’art. 84, venne nominato componente della Commissione, presieduta dal conte Stefano Gallina, incaricata di preparare un progetto per regolarne le nuove attribuzioni. Aveva ricevuto vari riconoscimenti ed onorificenze: era socio, nella classe delle scienze morali, dell’Accademia delle Scienze di Torino; uguale riconoscimento aveva ottenuto dalle accademie di Napoli, Firenze, Milano, Lucca, Padova. Era componente onorario della Società olandese pel miglioramento delle prigioni e socio estero della Commissione centrale di Statistica del Belgio e dell’Accademia delle scienze morali e politiche di Francia. Era, altresì, insignito dell’Ordine Leopoldo del Belgio, dell’Ordine civile di Savoia e Commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Nel 1848 venne nominato Senatore. Al Petitti si devono numerosi scritti politici, tutti meritevoli di grande attenzione per i suggerimenti in essi formulati e le considerazioni al riguardo svolte; tra gli altri, vanno segnalati quelli che possono datarsi nei primi mesi del 1831: “Dell’ordinamento superiore governativo che converrebbe adottare nelli Stati di S.M., scritto negli ultimi d’aprile 1831. Ragionamento”; “Della necessità di un riordinamento amministrativo provinciale e comunale”; “Dell’attuale condizione governativa nelli Stati di S.M.”. In particolare nell’opera “Dell’ordinamento superiore governativo”, il Petitti suggerisce una serie di riforme organiche per rendere più efficiente tutto l’apparato dello Stato ed a tale scopo prende in considerazione oltre 44 V., Lettera a L. Nomis di Cossilla ed a K. Mittermaier, cit. da CASANA TESTORE P., Un progetto di riforma dell’ordinamento statale di Carlo Ilarione Petitti di Roreto (1831), in Riv. storia dir. it., 1986, 235 (nota 25). 26 l’amministrazione centrale e quella locale, la giustizia, l’ordinamento militare, le finanze, gli affari di culto e la Sardegna. Precisamente, dopo aver esaminato i vari organi consultivi che in passato esistevano, il Petitti propone “una istituzione forte ed indipendente” con la funzione di fornire al Principe i consigli su “ciò che sia opportuno permettere, o comandar d’eseguire ai suoi pubblici ufficiali”; a questo organismo dà il nome di “Gran Consiglio di Stato”. Il Consiglio di Stato, secondo lo studio del Petitti, si compone di cinque sezioni (“sale”) le cui competenze erano così ripartite I) affari esteri; II) materie ecclesiastiche e di pubblica istruzione; III) materie giuridiche e di pubblica sicurezza, con funzioni anche di “Tribunale di Cassazione” per le cause, in via d’appello, eccedenti una determinata somma, se civili, ovvero comportanti l’applicazione di una pena infamante o estrema, se criminali; IV) materie economiche e sanitarie; V) militare, o di pubblica difesa. Al Consiglio di Stato vengono attribuite funzioni consultive e giudiziarie, in quanto la Sezione delle materie giuridiche ha anche le funzioni di corte di cassazione; nel complesso, costituisce un organo di controllo dei Ministri così da ridurre le loro competenze a quelle di carattere meramente esecutivo nell’ambito delle direttive emanate dallo stesso Consiglio di Stato. Il Petitti si è occupato in più occasioni della riforma delle carceri ( opera in due tomi dal titolo “Saggio sul buon governo della mendicità, degli istituti di beneficenza e delle carceri”, Torino, 1837; “Della condizione attuale delle carceri e dei mezzi di migliorarla, Torino, 1840; “ Esame della polemica insorta sulla riforma delle carceri, considerata sulle ultime produzioni delle opposte scuole, e riflessioni relative”, Milano 1842; “Della condizione esordiente sulla riforma delle carceri, discussioni e fatti relativi con alcuni riflessi definitivi,” Firenze, 1845; “Cenni sopra alcune opere recentemente pubblicate intorno al buon governo delle carceri”, in Annali di Giurisprudenza, Torino, 1838); si è occupato anche dell’ordinamento tributario (“Considerazioni sopra la necessità d’una riforma dei tributi,con alcuni cenni su certe spese dello Stato . Studi sopra il bilancio del 1850”,Torino, 1850), e della necessità della realizzazione di una rete ferroviaria (“Delle strade ferrate e del migliore ordinamento di esse. Cinque discorsi”, edito nel 1845 a Capolago nel Canton Ticino; “Strade ferrate 27 negli Stati di S. M.il Re di Sardegna”, in Giornale agrario italiano, 1845, XIX, 87; “Inchiesta sull’amministrazione delle strade ferrate – Replica al Costituzionale Subalpino”, in Il Risorgimento ,17 ottobre 1848). Il Petitti è, infine, autore di una pregevole pubblicazione sul gioco del lotto dal titolo: “Del gioco del lotto considerato nei suoi effetti nazionali, politici ed economici”,edita postuma a Torino nel 1853 ed ancora oggi citata da coloro che si occupano dell’argomento. Il volume, di oltre settecento pagine, contiene una trattazione organica del gioco del lotto riportando la disciplina vigente non solo nel regno di Sardegna ma anche negli altri Stati europei e perfino nelle Americhe; il Petitti, comunque non condivide la malsana abitudine ed anzi l’esame della normativa in materia gli serve per fornire “utili ammaestramenti” ai cittadini ed ai governanti sulla perniciosità del balzello e propugnare la sua abolizione. Petitti non era un rivoluzionario e perciò non era incline a soluzioni radicali: “all’utile del migliorare sta vicino il danno dell’innovazione”; intendeva, tuttavia, favorire un programma di riforma riguardante tutti i settori dell’ordinamento statale, allo scopo di rendere l’apparato statale al passo con i tempi e superare anche le critiche che potessero avanzarsi. Di lui fu riconosciuto che ebbe la “sola ambizione che si possa confessare senza vergogna, quella di essere utili alla patria e all’umanità”45. 45 V., MANCINI P. S., Notizia della vita e degli studi dell’autore, nella prefazione al libro del Petitti Del giuoco del lotto considerato ne’ suoi effetti nazionali, politici ed economici, Torino, 1853, XIX. 28 CONSIGLIERI AGGIUNTI FISSI 1. – D'Oncieux de la Bathie Giovanni Battista. - Nasce a Thonon il 3 luglio 1765; muore il 1° febbraio 184746. Già paggio d'onore del Re e gentiluomo di bocca, fu capitano nel reggimento Savoia e sindaco di Chambéry. Dopo aver conseguito il grado di maggiore generale, venne nominato ispettore dei carabinieri reali e governatore generale del ducato di Savoia. In seguito venne nominato Ministro di Stato e Gran Maestro della Real Casa. Era insignito del Collare dell'Ordine della SS. Annunziata. 2. – Fransoni (o Franzoni) Luigi. - Nasce a Genova il 29 marzo 1789; muore a Lione il 26 marzo 186247. Apparteneva alla famiglia dei marchesi Serra. In gioventù, era stato ufficiale di cavalleria; l'11 dicembre 1814 venne nominato sacerdote. Carlo Felice, che lo aveva in grande considerazione, lo nominò vescovo di Fossano e, successivamente, lo chiamò a far parte della commissione per un'equa distribuzione dei beni ecclesiastici confiscati durante l'occupazione francese. Su designazione di Carlo Alberto, venne nominato amministratore apostolico della diocesi di Torino, alla cui sede venne trasferito definitivamente nel 1832; quasi contemporaneamente venne nominato amministratore apostolico della diocesi di Fossano, incarico che conserverà fino al 1836. In seguito, i rapporti del Fransoni con le autorità governative si deteriorarono e diedero luogo a veri contrasti tra il potere civile e quello religioso. Le rimostranze del prelato incominciarono a farsi sentire allorché si intese sottrarre la compilazione degli atti di stato civile alla competenza ecclesiastica; in questa occasione, il Fransoni si affrettò a pubblicare una istruzione pontificia sulla tenuta dei libri parrocchiali. 46 47 V., ZOLI C., Cenni, cit., 14. V.: GRISERI G., in Dizionario biografico degli italiani, L, 256; ZOLI C., Cenni, cit., 12. 29 Più insistente si fece l’opposizione, quando fu stabilito di sottoporre le opere pie alla vigilanza statale - che, però, non incideva, sulla loro autonomia amministrativa – imponendo alle medesime di presentare i bilanci ad una apposita commissione reale; il provvedimento ebbe, peraltro, definitiva e generale applicazione con una commendevole deroga disposta a favore della “Piccola Casa” del Cottolengo, alla quale venne concesso di operare “senza intervento di sorta da parte del governo”48. In seguito, il Fransoni, con l’appoggio del ministro degli esteri Solaro della Margarita, si mostrò decisamente contrario alla diffusione dell’istruzione popolare, affermando che il popolo non aveva bisogno di saper leggere e scrivere e che doveva trovare la sua felicità nella condizione in cui era nato, giungendo a sostenere che era pericolosa per l’ordine pubblico la smania di leggere che si voleva propagare49. Avversò, quindi, la nuova politica in materia, sconsigliando addirittura gli ecclesiastici dal frequentare il corso di lezioni che il pedagogista F. Aporti stava svolgendo presso l’università di Torino. Carlo Alberto, che pur l’aveva in precedenza nominato cancelliere dell’ordine della SS. Annunziata e gli aveva conferito il Collare del medesimo Ordine, reagì con fermezza e incaricò lo stesso Solaro di scrivere a Roma per far censurare il prelato. Peraltro, il malumore nei confronti del prelato si diffondeva, contagiando anche la popolazione che pubblicamente investì il prelato all’uscita del Duomo dove aveva celebrato il Te Deum per la liberazione di Milano. La situazione che si era venuta a creare sembrava richiedere l’allontanamento del Fransoni dalla diocesi per evitare ulteriori disordini; in tal senso, ma inutilmente, il Ministro dell’interno fece pressione sul prelato. 48 V.: LUZIO A., Carlo Alberto e Giuseppe Mazzini – Studi e ricerche di storia del Risorgimento, Torino, 1923, 218 ss.; RODOLICO N., Re Carlo Alberto e il Cottolengo, in Nuova Antologia, 1935, 406. 49 V.: GRISIERI G., in Dizionario, cit. 257; RUGGIERO M., L’eredità di Carlo Alberto, Milano, 1995, 253. 30 Le vicende della prima guerra d’indipendenza fecero passare sotto silenzio la questione che, tuttavia, riemerse a seguito di una interpellanza parlamentare che tornò a chiedere il suo allontanamento. Anche questa volta i tentativi per conseguire l’allontanamento del prelato non conseguirono concreti risultati. Poco dopo, l’approvazione della legge proposta dal ministro Siccardi sull’abolizione del foro ecclesiastico rinvigorì le opposizioni del Fransoni che impartì istruzioni al clero della sua diocesi affinché, per l’ipotesi di citazione dinanzi ad un tribunale laico, richiedesse l’autorizzazione vescovile e, contemporaneamente, eccepisse l’incompetenza del foro. La circolare vescovile venne sequestrata dall’avvocato fiscale, mentre il ministro dell’interno invitò senza effetto il Fransoni a lasciare la città; perciò il prelato venne processato e condannato per abuso ad una multa e ad un mese di reclusione che scontò deliberatamente. Peraltro, poiché la Santa Sede aveva confermato che tutti coloro che avevano approvato le leggi siccardiane erano incorsi nelle censure ecclesiastiche, il Fransoni rifiutò i sacramenti al morente ministro dell’agricoltura e commercio P. De Rossi di Santarosa50. Le furie del governo non si fecero attendere. Il Ministro dell’interno intimò al Fransoni di rinunciare all’arcivescovato e, stante il rifiuto del prelato, lo fece nuovamente arrestare sotto l’accusa di complotto contro il parlamento e il governo, tramutata, per la mancanza di prove, in abuso, per cui fu condannato all’esilio. Per rimediare alla situazione della diocesi di Torino il Governo cercò inutilmente, stante il rifiuto del Fransoni, di ottenere la nomina di un amministratore apostolico. Finalmente, su sollecitazione dello stesso Pio IX che voleva risolvere la questione, il segretario dei preti L. Pacifici incaricò il vescovo di Mondovi Ghilardi di provvedere al riguardo. 50 V., REBUFFA G., Lo Statuto albertino, cit., 77. 31 Questi elaborò un piano secondo cui il Fransoni veniva reintegrato nei suoi diritti e, quindi, con la contemporanea rinuncia all’arcivescovato veniva elevato a cardinale; successivamente si sarebbe proceduto alla nomina del successore. Il Fransoni non prestò il suo consenso, per cui preferì l’esilio dove finì i suoi giorni. Il Fransoni ha difeso le posizioni di privilegio fino all’ora godute dagli ecclesiastici, senza accorgersi che i tempi stavano mutando e che la società civile richiedeva sostanziali riforme; tuttavia, le condanne subite e il lungo esilio protrattosi fino alla morte fece di lui un simbolo della condizione politica in cui i medesimi ecclesiastici si erano venuti a trovare nell’età del Risorgimento. 32 CONSIGLIERI STRAORDINARI 1. – Manca di Thiesi di Villahermosa e Santa Croce Stefano. – Nasce a Cagliari il 10 (o 30) novembre 1767 da Giacomo Manca dei duchi dell’Asinara (oggi Vallombrosa) e da Caterina Aymerich dei marchesi di Laconi; muore a Genova il 15 (o 16) luglio 183851. Aveva sposato Anna Maria Manca dei duchi dell’Asinara “gentildonna sassarese per virtù e per senno” ed ebbe numerosi figli cui “più che la ricca fortuna, lasciò molti e grandi esempi da imitare”. A seguito della donazione del feudo di Villa-Hermosa e di Santa Croce fattagli dal duca di S. Pietro, ricchissimo signore sardo, acquisì il titolo di marchese52. E’ stato luogotenente generale delle regie armate e capitano della terza compagnia delle Guardie del Corpo del Re. Fu presidente perpetuo della Regia Società agraria di Cagliari, da lui ideata ed approvata da Vittorio Emanuele I con regia sanzione data a Gaeta il 14 luglio 1804, di cui Carlo Felice venne dichiarato “capo, fondatore e fautore”. Si adoperò efficacemente per il progresso civile ed economico della Sardegna: a lui si deve la realizzazione di numerose opere quali la costruzione di nuove strade, la fondazione di una cassa di beneficenza, l’istituzione di un pubblico ospizio per gli orfani, la concessione del beneficio delle chiudende (concessione in proprietà dei terreni liberati dai diritti feudali e loro destinazione all’agricoltura). “Favorito” di Carlo Felice, esercitò una ferma opposizione alla politica riformatrice; tra l’altro, al Villahermosa si addebita l’appoggio a Carlo Felice nel respingere le proposte di innovazioni, tra cui l’istituzione di un Consiglio di Stato, avanzate dal Ministro degli Esteri La Tour nel 182253. Era insignito del Collare dell’Ordine della SS. Annunziata, dell’Ordine supremo di S. Gennaro, della Gran Croce dell’ordine SS. Maurizio e Lazzaro, 51 V.: ROSSELLI N., Inghilterra e regno di Sardegna dal 1815 al 1847, a cura di P. Treves e W. Maturi, Torino, 1954, 276 ss; ZOLI C., Cenni, cit., 14. 52 V., TOLA R., Dizionario degli uomini illustri della Sardegna, III, Bologna, 1976, 303 ss. 53 V., ROSSELLI N., Op cit., XXV. 33 della Gran croce di S. Stefano d’Ungheria e delle insegne di S. Alessandro Newski di Russia. Carlo Alberto lo nominò Generale di cavalleria e gli conferì la carica di Gran mastro d’artiglieria. 2. – Alfieri di Sostegno Carlo Emanuele. – Nasce a Torino il 19 febbraio (o 17 settembre) 1764; muore nella stessa città l’8 dicembre 184454. Era marchese. Laureatosi in legge, intraprese la carriera militare divenendo ufficiale dei dragoni; si congedò, poi, dal servizio militare ed effettuò, tra il 1790 e il 1791, lunghi viaggi a Firenze, Napoli e Roma ed anche fuori dell’Italia, acquisendo una vasta cultura politica e artistica, di cui restano tracce in due volumi inediti. Prese parte alle spedizioni di guerra contro la Francia nel 1792 e nel 1793. Si sottrasse alla nomina di ciambellano di Corte offertagli da Napoleone ma non gli riuscì di evitare quella di cerimoniere del principe Borghese. Al momento della Restaurazione, rappresentò a Parigi il regno di Sardegna ed in tale veste partecipò ai negoziati per l’unione della Liguria al Piemonte, la restituzione di parte della Savoia, la riscossione dei crediti verso la Francia, opponendosi altresì alle mire austriache sul regno Sardo. Fu direttore della Regia Accademia di belle arti ed il primo presidente dell’Associazione agraria, costituita per discutere le condizioni per migliorare l’agricoltura dove si parlava anche di politica e promosse la costituzione di opere monumentali e artistiche, tra cui la fondazione della Galleria Sabauda. Ha rivestito la carica di Gran Ciambellano. Era stato nominato anche Grande della Corona ed insignito del Collare dell’Ordine della SS. Annunziata. 3. – Rey Pietro Giuseppe. – Nasce a Megevelle di Chiablese il 22 aprile 1770; muore nel 184455. 54 55 V.: ZOLI C., Cenni, cit., 15; ID., Dizionario biografico degli italiani, II, 321. V., ZOLI C., Cenni, cit., 15 34 Già Vicario capitolare dell’Arcivescovado di Chambéry, venne consacrato vescovo di Pinerolo nel 1824. Nel 1834 venne trasferito al Vescovado di Annecy. 4. - Tadini Placido. – Nasce a Moncalvo l’11 ottobre 1759; muore il 22 novembre 184756. Vescovo di Biella, fu successivamente nominato prelato domestico di Papa Gregorio XVI ed assistente al Soglio pontificio. Nel 1835 venne creato cardinale e destinato all’arcivescovado di Genova. 5. – Per la Savoia: a) Costa di Beauregard Vittorio. – Nasce a Villard il 20 dicembre 1779; muore il 19 giugno 183657. Era marchese e gentiluomo di camera del Re. b) De Boigne Carlo – Nasce a Dehli nel 1792; muore il 23 luglio 183558. Era Conte. E’ stato per molti anni sindaco di Chambéry e presidente dell’Accademia reale di Savoia. 6. – Per Torino: a) Bertone di Sambuy Vittorio (o Vittorio Balbo Bertone) – Nasce a Torino il 21 settembre 1793; muore a Vienna il 6 febbraio 184659. Era conte e gentiluomo di camera del Re. Da giovane, fu paggio di Napoleone; partecipò alla guerra di Russia, ma dopo la restaurazione non subì alcuna degradazione. Durante i moti del 1821, restò fedele a Carlo Alberto e si adoperò per impedire la sollevazione del corpo di cavalleria nel quale ricopriva il grado di colonnello. In seguito fu inviato a Madrid dove ricoprì dapprima l’incarico di segretario di legazione e poi quello di incaricato di affari. 56 V., ZOLI C., Cenni, cit., 15 V., ZOLI C., Cenni, cit., 15 58 V., ZOLI C., Cenni, cit., 15 59 V.: PASSAMONTI E., in Enciclopedia italiana, XXX, 600; ZOLI C., Cenni, cit., 16; BERTOLDI S., Il re, cit., 216. 57 35 Quando il ministro degli esteri Della Torre si ritirò a vita privata, Carlo Alberto pensò di richiamare al suo posto il Bertone, ma il predecessore brigò per la nomina del conte Solaro della Margarita. Fu, quindi, inviato in qualità di Ministro plenipotenziario a Vienna dove espletò egregiamente il difficile compito di tranquillizzare l’Austria nei confronti della Sardegna e nello stesso tempo di evitare ogni sopraffazione, come emerge dal fermo contegno tenuto per la questione del sale. Allorché si è trovato presso la Corte di Vienna, chiese ufficialmente la mano dell’arciduchessa Adelaide per il futuro re Vittorio Emanuele II. Per le sue idee liberaleggianti si trovò talora in disaccordo con il conservatore Ministro Solaro. b) Ferrero della Marmora Carlo (o Carlo Emanuele). – Nasce a Torino, primo di otto figli di Celestino e Raffaella Argentero di Bersezio, il 29 marzo 1788; muore il 21 febbraio 185460; era sposato con Marianna Gattinara di Sartivana e Breme. Era marchese. Aveva servito negli eserciti napoleonici, partecipando alle campagne di Prussia e di Spagna; qui, ad Escalona riportò una ferita al ginocchio destro che lo rese zoppo per tutta la vita. Alla caduta di Napoleone, passò nell’esercito piemontese dove raggiunse il grado di maggiore comandante della milizia provinciale di Biella. Successivamente venne nominato capitano di cavalleria e destinato allo stato maggiore di Carlo Alberto di cui divenne amico e confidente; nominato suo primo scudiero, in seguito, raggiunge il grado di maggiore di cavalleria e la nomina di gentiluomo di camera, ma conservò la carica di primo scudiero. Quando Carlo Alberto divenne re, fu promosso Luogotenente colonnello di cavalleria comandante la compagnia delle guardie del corpo di Sua Maestà e successivamente di Colonnello e di Maggiore generale. 60 V.: CASANA TESTORE P., in Dizionario, cit., XLVII, 47; ZOLI C., Cenni, cit., 16. 36 E’ stato regio commissario nell’Associazione agraria di Torino, membro della Società francaise de statistique universelle e della Società economica barcellonese. Partecipò alla prima guerra d’indipendenza. Raggiunse, poi, il re in viaggio per Oporto, per fargli firmare l’atto formale di abdicazione. Già primo aiutante di campo di Carlo Alberto, ottenne uguale incarico da Vittorio Emanuele II. Fece parte della delegazione governativa incaricata di svolgere le formalità per il trasporto della salma di Carlo Alberto a Torino. Nominato senatore, prese parte attiva ai lavori e si oppose tenacemente alla legge siccardiana sull’abolizione del foro ecclesiastico e per questo atteggiamento ritenne di dimettersi dall’incarico di primo aiutante di campo del re; le dimissioni furono respinte dal governo. Venne nominato Cavaliere dell’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e Cavaliere dell’ordine della SS. Annunziata; si fregiava dell’onorificenza della Legion d’onore ed aveva il titolo di Principe di Masserano, già di Ferrero Feschi. 7. – Per Cuneo: a) Ricci Androne Alessandro. – Nasce a Cuneo il 10 giugno 1805; muore il 31 marzo 183961. Era conte. Già sottotenente nel 1° reggimento della brigata Piemonte, venne in seguito nominato gentiluomo di bocca effettivo del re. b) Galleani d’Agliano Giuseppe Maria. – Nasce a Saluzzo il 5 ottobre 1762 (o 1770) e muore a Torino il 14 marzo 183862. Era conte. Prese parte alla campagna di guerra contro la Francia degli anni 1793 – 1796, in cui conseguì il grado di maggiore. Durante il periodo napoleonico è stato deputato del dipartimento della Stura. 61 62 V., ZOLI C., Cenni, cit., 16 V.: BARSALI M., in Dizionario biografico degli italiani, I, 403; ZOLI C., Cenni, cit., 16. 37 Dopo la restaurazione venne nominato comandante generale delle truppe della Savoia e tenne la reggenza del Ministero della guerra e “contadore” generale delle milizie e genti di guerra. Successivamente venne nominato luogotenente generale delle regie armate e Viceré di Sardegna; in seguito, in qualità di comandante generale, venne posto a capo della divisione di Novara. Era stato insignito del Collare dell’Ordine della SS. Annunziata ed era Grande ospitaliere dell’ordine di Malta. 8.– Per Alessandria: a) Montiglio Alessandro. – Nasce a Casale nel 1777; muore il 15 agosto 184563. Gentiluomo di camera onorario del re, fu Sindaco di Altavilla e Sindaco di prima classe di Casale. b) Ferrari di Castelnuovo Teodoro. – Nasce in Alessandria il 6 gennaio 1796; muore il 25 aprile 186364. Era marchese. E’ stato incaricato della direzione delle scuole nella provincia di Torino. 9.– Per Novara: a) Avogadro della Motta Giuseppe Ignazio. – Nasce a Vercelli il 7 luglio 1763; muore il 29 giugno 183365. Era Conte. E’ stato Sindaco di Vercelli e Maggiore della brigata granatieri guardie del Re. b) Tornielli di Vergano Giuseppe Benedetto Maria. – Nasce a Novara il 24 marzo 1764; muore il 18 febbraio 184666. Nella carriera militare aveva raggiunto il grado di capitano effettivo dei granatieri. 63 V., ZOLI C., Cenni, cit., 17. V., ZOLI C., Cenni, cit., 17. 65 V., ZOLI C., Cenni, cit., 18. 66 V., ZOLI C., Cenni, cit., 17. 64 38 Successivamente venne nominato gentiluomo di camera del Re, sottoprefetto dell’Olone, prefetto del dipartimento di Mello e Consigliere di Stato del Regno d’Italia (1795). Dopo la restaurazione, venne nominato intendente generale del ducato di Savoia e, poi, direttore generale del debito pubblico, viceré luogotenente e capitano generale del Regno di Sardegna, Grande della Corona e ministro di Stato. E’ stato primo segretario del Re per il gran magistero dell’Ordine Mauriziano. Era insignito del Collare dell’Ordine della SS. Annunziata. 10.– Per Nizza: a) Tonduti de l’Escarène Gaetano. – Nasce a Nizza Marittima nel 1768; muore nel 184567. Era maggiore generale delle regie armate. b) Caisotti di Robbione Agapito. – Nasce a Nizza il 22 agosto 1780; muore nel febbraio 185268. Era gentiluomo di camera del Re. Capo del Consiglio della riforma e vice presidente della Camera di agricoltura e commercio di Nizza marittima. 11.– Per Genova: a) Durazzo Marcello. – Nasce a Genova il 22 marzo 1790 (o 1770); muore l’11 febbraio 1848; aveva sposato, nel 1808, la marchesa Artemisia Negrone, donna di molteplici ed elevate virtù69. E’ ricordato per la sua cultura nelle lettere e nelle scienze. La figlia Teresa, sposa di Giorgio Doria, anch’essa molto colta, prese viva parte al movimento di idee che portò alle giornate del 1848. b) Brignole Sale Antonio. – Nasce a Genova il 22 maggio 1786 da Giulio e da Anna Pieri; muore nella stessa città, nel magnifico Palazzo Rosso dotato anche 67 V., ZOLI C., Cenni, cit., 18. V., ZOLI C., Cenni, cit., 18. 69 V.: VITALE V.A., in Enciclopedia italiana, XIII, Milano, 1932, 299; ZOLI C., Cenni, cit., 18. 68 39 di una ricca biblioteca, il 14 (o 13) ottobre 186170. Riceve il titolo di marchese di Groppoli quando il fratello primogenito Rodolfo si avvia al sacerdozio. Nel 1805 fece parte della deputazione nominata dal Senato di Genova per chiedere a Napoleone, in occasione della sua incoronazione a Milano a re d’Italia, la riunione della Liguria all’impero francese manifestando forse sentimenti di gratitudine per le concessioni in favore della Chiesa fatte dallo stesso Napoleone con il concordato del 1801. Dopo la morte del padre, si trasferì a Parigi dove la madre divenne dama d’onore dell’imperatrice Maria Luisa. Nel 1807, ad appena ventuno anni, venne nominato uditore del Consiglio di Stato, in cui si distinse per la solida preparazione e la attenta partecipazione ai lavori; in appresso venne nominato segretario per la liquidazione del debito pubblico della Toscana. Nel 1811 venne nominato maitre des requetes del Consiglio di Stato ed assegnato alla sezione dell’interno; nello stesso periodo gli venne conferito il titolo di Conte dell’Impero con maggiorasco e quello di Commendatore dell’ordine imperiale della Réunion. In seguito, per interessamento della madre, ottenne la prefettura di Montenotte che era uno dei tre dipartimenti in cui era stata suddivisa la Liguria, dopo l’incorporazione nell’impero francese. A Savona, capoluogo della Prefettura, era tenuto prigioniero Pio VII, al quale lui e il fratello cercarono di alleviare la segregazione con l’invio di aiuti, per cui il pontefice, quando ritornò libero, e fu lo stesso Brignole a dargli la notizia della decisione napoleonica lo chiamò il “mio buon carceriere”. Partecipò al Congresso di Vienna, per cercare di ottenere l’indipendenza di Genova che, invece, venne assegnata al Piemonte. Entrato, dunque, a far parte del regno sardo, venne nominato da Vittorio Emanuele I ministro plenipotenziario presso la Corte di Toscana con l’incarico di adoperarsi per una alleanza con la Sardegna; in tale veste, il 29 settembre 70 V.: LOCOROTONDO G., in Dizionario biografico degli ialiani, XIV, 283 ss.; ZOLI C., Cenni, cit., 18. 40 1817 stipulò il patto nuziale more principum del matrimonio di Carlo Alberto con la secondogenita del granduca Maria Teresa. Quando nel 1821 venne promulgata la costituzione, il Brignole, che era ministro presso la Corte di Madrid, rimase a rappresentare il governo dei rivoluzionari e perciò Carlo Felice, quando venne ripristinato l’antico ordine, lo rimosse dall’incarico. Peraltro nel 1826 ebbe l’incarico di rappresentare, quale ambasciatore straordinario, il re di Sardegna alla cerimonia dell’incoronazione dello zar Nicola I. Con la nomina di Solaro della Margarita a ministro degli esteri, il Brignole venne nominato ambasciatore a Parigi, mantenendo l’incarico per dodici anni, sostentando magnificenza, peraltro sostenuta con propri mezzi, e conquistandovi prestigio e influenza tanto da essere definito “le grand ambassadeur du petit Roi”, nella stessa tornata di tempo fu inviato, quale ambasciatore straordinario a Londra per l’incoronazione della regina Vittoria e fu incaricato da Carlo Alberto di presiedere l’VIII congresso degli scienziati svoltosi a Genova nel settembre 1846. Licenziato il Solaro, della cui politica fu per molti anni fedele interprete, il Brignole venne revocato dall’incarico. Dopo la infelice fine della prima guerra d’indipendenza rappresentò a Vienna lo stato sconfitto. Dopo la promulgazione, dello Statuto, Carlo Alberto lo nominò senatore, ma il Brignole prestò giuramento solo nel 1855 per contrastare la politica estera ed ecclesiastica del Cavour; quando il Senato subalpino divenne Senato del Regno d’Italia proprio in conseguenza di quelle “annessioni territoriali alla monarchia sarda incompatibili con le religiose e politiche mie convinzioni”, si dimise da quel “rispettabile consesso”. Era insignito del Collare dell’Ordine della SS. Annunziata, decorato dell’Aquila Bianca di Polonia, Gran Croce dell’Ordine SS. Maurizio e Lazzaro con il titolo di “Eccellenza” e Gentiluomo di camera del re. 41 PARTE SECONDA 42 SUCCESSIVE MODIFICHE NELLA COMPOSIZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO Dopo l’istituzione del Consiglio di Stato e la successiva nomina dei suoi membri, per poco meno di un trentennio le funzioni del supremo consesso non hanno subito modificazioni; peraltro, la sua composizione ha fatto registrare notevoli variazioni dovute a rinunce, decessi o altri eventi. Anche di questi nuovi membri che hanno preso posto nel Consiglio di Stato, prima della riforma del suo ordinamento, avvenuta con la legge 30 ottobre 1859, n. 3707, viene indicato un succinto profilo biografico, secondo l’ordine: Vice Presidenti; Presidenti di sezione; Consiglieri ordinari; Consiglieri aggiunti fissi; Consiglieri straordinari. VICE PRESIDENTI 1.– Sallier de la Tour Vittorio Amedeo. – Nasce a Chambéry il 18 novembre 1773 (o 1774); muore a Torino il 19 gennaio 185871. Appartiene a nobile famiglia : è conte, marchese di Cordon e Combloux, barone di Chevron e Signore di Bordeaux. Si fregiava di numerose onorificenze, quali grande ufficiale e gran cordone dell’Ordine dei SS. Santi Maurizio e Lazzaro, commendatore dell’Ordine militare di Savoia, cavaliere dell’Ordine supremo della SS. Annunziata, cavaliere dell’Ordine civile di Savoia, gran cordone dell’Ordine costantiniano di S. Giorgio (ducato di Parma), gran cordone dell’Ordine di S. Ferdinando (regno delle Due Sicilie), cavaliere dell’Ordine di Cristo (stato pontificio), gran cordone dell’Ordine di S. Stefano di Ungheria (Austria), gran cordone dell’Ordine imperiale di Leopoldo (Austria), gran cordone dell’Ordine di S. Luigi (Francia), cavaliere dell’Ordine dell’Aquila Rossa (Russia), cavaliere e cavaliere di gran croce dell’Ordine di S. Alessandro Neweski (Russia). 71 V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio biografico dei Senatori dell’Italia liberale – Il Senato subalpino, II, Roma, 2500, 817; PIGLIONE E., in CERRI L., Il Dizionario del Risorgimento Nazionale, IV, Milano 1937, 180; SARTI T., Il Parlamento Subalpino e Nazionale, Terni, 1890, 840; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 20. 43 Avviatosi nella carriera militare, percorre rapidamente i gradi inferiori e nel 1799 consegue la promozione a maggiore applicato allo stato maggiore dell’esercito; a seguito delle conquiste napoleoniche, si trasferisce all’estero e si pone al servizio dell’Inghilterra nel cui esercito raggiunge il grado di generale che Vittorio Emanuele I, al ritorno nei suoi stati, gli conferma. Fu governatore di Novara, governatore degli Stati di Terraferma e di Torino, ministro di Stato. Nei moti del 1821, si schiera a favore di Carlo Felice e , con il grado di governatore generale del Piemonte , si pone a capo delle truppe fedeli al Re, riuscendo a stabilire l’ordine senza dar luogo a violenze o repressioni (le numerose condanne a morte pronunciate a carico degli insorti vennero, in verità, eseguite in effigie, data la contumacia degli imputati). Accompagna, poi, Carlo Felice al Congresso di Verona (1822), riuscendo ad ottenere la sollecita evacuazione delle truppe austriache che avevano precedentemente appoggiato l’esercito regio; nell’occasione gli venne conferita l’onorificenza dell’ordine supremo della SS. Annunziata. Nello stesso anno venne nominato ministro segretario di stato per gli affari esteri e mantenne questa carica per oltre un decennio; fu anche sovrintendente generale delle regie poste e maresciallo di Savoia (massimo grado dell’esercito piemontese). Diresse, in seguito, la politica del governo piemontese, avendo sempre di mira la conservazione e l’accrescimento dell’importanza politica e militare del paese, fin quando gli subentrò Solaro dalla Margarita. Nel 1835 venne nominato maresciallo d’Armata e governatore generale della divisione militare di Torino, conservando questa carica fino al 1848; nello stesso tempo venne nominato vice presidente del Consiglio di Stato, carica che mantenne per circa tre lustri fino alla reverenda età di settantotto anni. Nel Consiglio di conferenza del 7 febbraio 1848, prese viva parte alle discussioni sulla concessione della carta costituzionale, mostrandosi piuttosto tiepido verso le aperture parlamentari. Quando l’orientamento dei convenuti 44 sembrava unanime per un regime rappresentativo, tenta di “annacquare”72 questo aspetto della Camera dei deputati , proponendo di introdurre persone che rappresentino gli interessi speciali e delle corporazioni, come l’università, il commercio, il clero, ecc., richiamando l’esempio dell’Inghilterra dove le differenti corporazioni inviavano delegati per farsi rappresentare in parlamento; trovò, però, la ferma opposizione dello Sclopis , che gli fece notare come nel nostro ordinamento non esistono le corporazioni, e del Borelli che sottolineò come “trattandosi di una Camera elettiva, bisognava essere conseguenti al principio” e che, comunque, “non bisognava introdurre elementi speciali, perché ciò avrebbe significato l‘introduzione, di un privilegio”73. Fece parte del primo gruppo di senatori del regno nominato da Carlo Alberto. Nel Senato, da convinto cattolico, avversò tenacemente le proposte di legge sul matrimonio civile e sulle restrizioni dei privilegi ecclesiastici. Il presidente del Senato Alfieri commemorò la sua morte ricordando che “entrato in età già avanzatissima, e quando già era assalito da gravissima infermità, nell’arringo parlamentare vi si atteggiava nobilmente ed autorevolmente, temperando sempre la sincera espressione della sua convinzione e la severità dei giudizi, nei dissensi, con una squisita urbanità e con le norme di una dignitosa benevolenza”. 2.– Des Ambrois de Navâche Luigi Francesco. – Nasce ad Oulux (Torino) il 30 ottobre 1807; muore a Roma il 3 dicembre 187474. Era nobile; si fregiava del collare della SS. Annunziata. Laureatosi in giurisprudenza nel 1828, l’anno successivo intraprese la carriera della magistratura fino a conseguire il grado si sostituto procuratore generale del Re. 72 V., COLOMBO P., Con lealtà di Re e con affetto di padre, Bologna, 2003, 85. V. resoconto della seduta , in NEGRI G. e SIMONI S., Lo Statuto Albertino, cit., 246. 74 V.: ZOLI C., Cenni biografici, cit., 21; BERSANI C., Des Ambrois de Navâche Luigi Francesco, in MELIS G., Il Consiglio di Stato nella Storia d’Italia. Le biografie dei magistrati (1861-1948), I, Milano, 2006, 1 ss. 73 45 A 26 anni venne chiamato a far parte del Consiglio di legislazione dove collaborò attivamente alla redazione del codice penale, codice di procedura criminale, codice forestale e delle leggi sul contenzioso amministrativo. Nel 1821 fu nominato Intendente generale di Nizza ed in questo alto incarico diede ottima prova di attento amministratore che gli favorì la nomina, a soli 37 anni, di reggente e poco dopo di Ministro effettivo dell’interno. Questo ministero, all’epoca, era competente anche dell’istruzione, lavori pubblici e agricoltura e commercio, tutte competenze in seguito, per sua iniziativa, distribuite in tre distinti dicasteri. Quale ministro dell’interno, dette valido impulso all’istruzione pubblica, fece adottare il sistema metrico decimale, diede l’avvio alla costruzione delle prime ferrovie con la linea Torino-Alessandria-Genova, riordinò il settore dell’amministrazione forestale. Partecipò alle sedute del Consiglio di conferenza del febbraio 1848 in cui si discusse della concessione della Costituzione e, senza tentennamenti, si annoverò tra coloro che erano favorevoli al nuovo regime di riforme75. In quelle riunioni76, fa presente la necessità di prendere una sollecita iniziativa, sottolineando che “una scelta di resistenza avrebbe portato senza dubbi grandi sciagure senza probabili possibilità di successo”; scongiura, poi, il Re di non “limitarsi a chiedere consigli ma di prendere al più presto una decisione”. Insiste, successivamente nella opportunità di “adottare in linea di principio un regime costituzionale che dia forza alle idee di ordine e respinga l’anarchia”, precisando che se la nuova “organizzazione del paese non è fatta quando si ha sufficiente calma e forza per regolarla secondo il solo scopo del bene pubblico, le passioni anarchiche si impadroniranno della discussione, l’opinione sarà forviata e il paese sarà subirà il peso dei suoi errori”. Esprime, quindi, l’avviso che sia “inevitabile… arrivare ad un cambiamento fondamentale, reale, irrevocabile che riconosca la maggioranza della nazione”, dichiarando che “un punto principale e decisivo… è l’equilibrio dei poteri” ed al riguardo propone l’istituzione di due Camere, di cui una dei Pari di nomina reale. 75 76 V., CIAURRO L., Lo Statuto Albertino illustrato dai lavori preparatori, Roma, 1996, 31. V., NEGRI G. e SILVANO S., Lo Statuto, cit., 200 ss. 46 Prende, altresì, parte attiva alla formulazione dei singoli articoli della carta costituzionale che prenderà il nome di “Statuto”, di cui sarà il principale redattore; a lui si deve anche la predisposizione del proclama dell’8 febbraio 1848 con il quale fu annunciata la concessione dello Statuto. Secondo la descrizione di un suo arguto contemporaneo77, era “grosso, grasso, sempre accuratamente sbarbato, faccia tonda, occhio penetrante, sorriso rarissimo, lento nel parlare come lo facevano nel camminare i piedi podagrosi, aveva l’aspetto di un canonico piuttosto che di un magistrato”; ma sotto quelle sembianze viene riconosciuto che si celava una “intelligenza lucida vivace e a perfezione equilibrata” ed altresì una personalità ferma e irremovibile nelle doti di integrità, rettitudine e decoro. Chiamato a far parte del Senato del Regno, fu più volte eletto vice presidente e successivamente presidente della Camera alta. A questo proposito meritano di essere ricordate alcune elevate espressioni del discorso da lui pronunciato nella seduta inaugurale del 22 novembre 1874: “alieni da ogni spirito di parte, amiamo quella moderazione che non nasce da debolezza, ma è culto della ragione e della giustizia. Siamo conservatori senza avversare il progresso, che è legge della provvidenza e vita dei popoli. Custodi dello Statuto staremo sempre uniti nel rispetto della legge fondamentale e nella fede alla Dinastia gloriosa che si è immedesimata colla nazione”. 77 V., BERSEZIO V., Il Regno di Vittorio Emanuele II – trent’anni di vita italiana, II, Torino, 1895, 432, di cui è il caso di riportare, per la vivacità dell’esposizione, le ulteriori considerazioni, sull’animo e sui comportamenti del Des Ambrois: “ era un uomo di molta capacità e speciale dottrina nell’amministrazione, carattere mite, rispettivo, fors’anco un po’ timido, fors’anche un po’ egoista; non amava urtare contro nulla, contro nessuno; se incontrava ostacoli sulla sua via sia pel suo interesse privato, sia pel compimento del suo ufficio, cercava piuttosto di evitarli, girando intorno e lasciandoseli addietro, che non assalirli di fronte rimuoverli col vigore o superarli colla forza e se la sua strategia non riusciva allo scopo, la qual cosa succedeva di rado, egli trovava pur modo di acconciarsi coll’ostacolo, senza troppo affliggersene e senza troppo suo danno. Questa freddezza di sangue e questa sua calma prudente di spirito avevano mirabilmente aiutato il suo talento a spingerlo innanzi nelle cariche governative, anche essendo egli d’una piccola nobiltà che contava pochi quarti, che non avevano attinenze con le superbe famiglie della sin allora dominante aristocrazia, che poteva dirsi non trarlo fuori dalla mediocrità del ceto di mezzo. Egli aveva saputo non iscontentar mai nessuno; la borghesia lo credeva di spiriti liberali ed era diffatti, e lo vedeva volentieri negli alti uffici; l’aristocrazia lo trovava rispettoso, cedevole, il clero ossequente, e lo tolleravano non senza qualche simpatia; egli parlava bene ma poco, tanto poco da non compromettersi mai, sapeva ascoltare gli altri e giovarsi di quello che ascoltava”. 47 Tra i prestigiosi incarichi ricevuti, vanno menzionati quelli di rappresentante del governo sardo alla conferenza di Parigi (1857), primo plenipotenziario sardo per la pace di Zurigo, il cui trattato, per il suo impegno, poté essere sottoscritto senza alcun obbligo, da parte del re di Sardegna, per il ritorno degli antichi sovrani in Toscana e nei ducati (1859), presidente del Contenzioso diplomatico, presidente della Consulta araldica, ministro di Stato. Fu eletto alla Camera dei deputati nel primo parlamento subalpino. Nominato Consigliere di Stato, venne addetto alla sezione giustizia, grazia e affari ecclesiastici; in seguito venne nominato vice presidente e poi presidente e tale carica di vertice del supremo consesso conservò anche dopo la riforma introdotta dalla legge 20 marzo 1865, n. 2248. E’ stato autore di pregevoli pubblicazione quali: “ Notes et souvenirs inédits” “Notice sur Bandonéche”. 48 PRESIDENTI DI SEZIONE 1.– Raggi Giovanni Antonio. – Nasce a Genova il 31 (o 30) dicembre 1769; muore ivi il 27 aprile 185578. Appartiene ad antica e cospicua famiglia risalente al XII sec. che vanta tra i suoi componenti governatori e magistrati superiori della repubblica di Genova e due cardinali. Nel 1797, prima dei rivolgimenti rivoluzionari è stato componente del Minor Consiglio. Nel 1800 combatté con gli austriaci contro i francesi e perciò, quando la Liguria fu annessa all’impero francese, Napoleone lo rilegò in Francia insieme al padre, ed ai suoi fratelli. Ritornato a Genova nel 1814, ebbe dal governo provvisorio all’epoca presieduto da Girolamo Serro la nomina di Componente del Magistrato di Polizia di Serzana, dove in qualità di commissario straordinario, svolse opera di pacificazione di quella popolazione che si era ribellata per l’abolizione di privilegi di cui godeva da secoli ma che erano in contrasto con i moderni principi di equità e di utilità pubblica. E’ stato per un lungo periodo, gentiluomo di camera di Vittorio Emanuele I e successivamente secondo scudiero e gentiluomo di bocca di Maria Cristina. Ha ricoperto diversi incarichi sotto Vittorio Emanuele I; è stato ministro delle finanze nel 1825 e ministro di Stato nel 1831. Nel 1835 viene nominato presidente della sezione finanze del Consiglio di Stato, prendendo il posto di Prospero Balbo che si era dimesso. Nella seduta del Consiglio di conferenza del 7 febbraio 1948, in cui si discusse della concessione della carta costituzionale, viene annoverato tra i “dubbiosi” o “frenatori”79. Chiamato ad esprimere la sua opinione sull’oggetto della riunione e cioè la situazione attuale dell’opinione pubblica ed i modi più convenienti per 78 V.: COLOMBO P., Con lealtà di Re, cit., 58; ERCOLE F., Il Risorgimento Italiano (IV) – Gli uomini politici, III, Roma, 1942, 30; POGGI F., in Dizionario del Risorgimento nazionale, IV, Milano, 1937, 11; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 22. 79 V., CIAURRO L., Lo Statuto,cit., 31. 49 ristabilire l’ordine e la calma, indica gli aspetti negativi del momento negli abusi della stampa che falsa le idee della popolazione e nell’obbedienza del popolo agli ordini di un’autorità occulta; perciò auspica interventi che influiscano il diffondersi di queste cattive influenze80. Successivamente, quasi in risposta al conte La Tour che pone l’alternativa di una nuova via di concessioni oppure di restare nello stato attuale, ritiene che si debba concedere ciò che può soddisfare i bisogni del momento, rispettando nello stesso tempo la forma di governo; ma, di fronte alla specifica richiesta di Carlo Alberto, si pronuncia apertamente per l’adozione del regime parlamentare. Ai primi del 1850 viene collocato a riposo. 2.– Provana di Collegno Luigi. – Nasce a Torino il 21 giugno 1786; muore il 16 novembre 186181. E’ stato primo ufficiale nella segreteria di Stato per gli affari esteri, commissario generale dei confini, presidente capo del magistero della riforma e presidente capo dell’Università di Torino, ministro di Stato. Nel 1840 venne nominato presidente della sezione dell’interno del Consiglio di Stato. Partecipò al Consiglio di conferenza del 7 febbraio 1848 in cui si discusse dell’introduzione del regime parlamentare e si annoverò tra i “dubbiosi” o “frenatori” rispetto alle modifiche costituzionali che si intendevano introdurre82. Prendendo la parola, si mostra scettico sulla possibilità di resistere al governo occulto e, richiamando l’opinione espressagli da persone legate al vecchio ordinamento, comunica che non si può impedire di ”entrare in un nuovo ordine di cose”. Non manca, poi, di sottolineare, di fronte alle difficoltà palesate dal de La Tour di prendere su due piedi la decisione sui cambiamenti da adottare, che “le pretese e le esigenze si accrescendo in ragione del ritardo che si metterà a soddisfarle”. 80 V., CIAURRO L., Op., cit.,124 ss. V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 22. 82 V., COLOMBO P., Con lealtà, cit., 58. 81 50 Raggiunta l’adesione dei presenti all’introduzione di un regime parlamentare, interviene nell’esame dei singoli articoli della costituzione, che prenderà il nome di “Statuto”, e specialmente delle disposizioni sulla libertà di stampa. Venne compreso nel primo elenco dei senatori del regno nominati da Carlo Alberto, ma due anni dopo si dimise dalla carica perché non condivideva la politica governativa in materia ecclesiastica e specialmente perché era contrario all’abolizione dei fidecommessi e maggioraschi. Viene definito “ bigotto ancor più conservatore… e legato al partito gesuitico”83; ma la sua condotta si rivela moralmente ineccepibile. 83 V., CIAURRO L., Lo Statuto, cit., 31. 51 CONSIGLIERI ORDINARI 1.– Solari Nicola. – Nasce a Genova il 5 luglio 1778; muore il 19 novembre 183784. Era conte. E’ stato revisore deputato dei libri e delle stampe per Torino, componente della Grande cancelleria e del Senato di Genova, componente del Consiglio ordinario amministrativo del debito pubblico. Nel 1832 venne nominato Consigliere di Stato ordinario, in sostituzione del conte Biagio Leardi che era stato nominato reggente la Cancelleria del regno di Sardegna, ed assegnato alla sezione di giustizia, grazia e affari ecclesiastici; nel 1833, si dimise dalla carica, per motivi di salute, ma ne conservò il titolo. 2.– Greyfiè di Bellocombe Pietro Francesco Ippolito. – Nasce a Montiers (Savoia) il 9 settembre 1786 ; muore il 21 giugno 185985. E’ stato intendente generale di Sardegna, conservatore generale del Tabellione e componente del Consiglio di finanza. Nel 1832 venne nominato Consigliere di Stato ordinario, in sostituzione del dimissionario, per motivi di salute, Tancredi Falletti di Barolo, ed assegnato alla sezione di finanza. Si dimise, a sua richiesta, dall’incarico, ma conservò il titolo e la facoltà di vestirne la divisa. 3.– Avogadro di Casanova Paolo. – Nasce a Vercelli il 7 luglio1763; muore il 25 novembre 185786. Nel 1832 venne nominato Consigliere di Stato ed assegnato alla sezione dell’interno. E’ stato componente supplente del Consiglio ordinario di amministrazione del debito pubblico. 84 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 23. V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 23. 86 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 23. 85 52 4.– Fascio Pietro. – Nasce a Ravignano d’Asti il 1° dicembre 1768 (o 1771) ; muore il 26 aprile 1860 (o 1861)87. Avviatosi alla carriera della magistratura, nel 1815 è stato nominato componente del Senato di Nizza e, quindici anni dopo, ne è diventato presidente. Nel 1833 è stato nominato Consigliere di Stato ordinario ed assegnato alla sezione di giustizia, grazia e affari ecclesiastici . In occasione del suo collocamento a riposo, nel 1849, gli venne conferito il titolo onorifico di primo presidente. 5.– Del Carretto di Balestrino Domenico. – Nasce a Torino (o Genova) il 22 luglio 1792; muore il 2 settembre 186988. Era marchese. E’ stato luogotenente della Guardia del corpo di S.M. il Re, decurione onorario della città di Torino e componente del Consiglio generale dell’amministrazione del debito pubblico. Nel 1834 venne nominato Consigliere di Stato ordinario, in sostituzione del consigliere dimissionario Giuseppe Alziari di Malaussena, ed assegnato alla sezione dell’interno. Nel 1849 venne collocato in pensione. 6.– Massimino Ceva di San Michele Casimiro. – Nasce a Torino il 25 ottobre 1786 (o 1778) ; muore il 24 dicembre 185789. Era marchese. E’ stato intendente generale dell’azienda generale della finanza; componente del consiglio generale e, poi, del consiglio ordinario del debito pubblico. Nel 1836 venne nominato Consigliere di Stato ed assegnato alla sezione di Finanza. Eletto nella sesta legislatura a componente della Camera dei deputati, cessò di vivere pochi giorni dopo. 87 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 24. V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 24. 89 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 24. 88 53 7.– Colla Federico. – Nasce a Genova il 14 dicembre 1790; muore a Torino il 17 aprile 187990. Nel 1809, obbedendo agli ordini di Napoleone I, interruppe gli studi intrapresi di giurisprudenza ed entrò a far parte della Guardia imperiale ponendosi al servizio del principe Camillo Borghesi. Successivamente conseguì la laurea in giurisprudenza e, dopo la restaurazione, intraprese la carriera dell’impiego nell’amministrazione centrale piemontese, assumendo l’incarico di sottosegretario, segretario e, poi, primo ufficiale (segretario generale) del ministero di guerra e marina; in seguito venne nominato intendente generale dell’azienda d’artiglieria, fortificazione e fabbrica militare, ma continuò a svolgere anche le precedenti funzioni di primo ufficiale. Nel 1838 venne nominato Consigliere di Stato ed assegnato alla sezione di finanza dove mise a frutto mostrò le sue ampie conoscenza dell’amministrazione pubblica distinguendosi specialmente nell’esame dei bilanci del regno che, all’epoca , rientrava nella competenza di quel consesso. Fu tra i primi ad essere nominato senatore del regno. Fin quando non venne collocato a riposo a sua richiesta, per motivi di salute, prese parte attiva ai lavori del senato, dove fu eletto segretario del primo ufficio di presidenza e più volte componente della commissione permanente di finanza e contabilità interna; fu relatore di importanti progetti di legge tra cui quello della soppressione delle corporazioni religiose dove, cercando di trovare una via per superare il vivo contrasto sorto in parlamento, propose che la somma offerta dall’episcopato, tramite il senatore Monsignore Calabiana, per il ritiro della legge medesima figurasse come una imposizione di legge che avrebbe colpito le mense dei prelati. Fece anche parte della Commissione per la fusione legislativa della Sardegna con gli Stati di terraferma. 90 V.: GASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., I, 309; MOSCATI A., I ministri del ’48, Salerno, 1948, 215 ss.; SARTI T., Il Parlamento Subalpino e Nazionale, Terni, 1890, 293; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 24. 54 Fu commissario regio quando le popolazioni del parmense decisero di affidare il loro governo alla Casa Savoia e provvide al passaggio dei poteri, evitando ogni ritorsione nei confronti dei precedenti reggitori; cercò in quella occasione di organizzare una resistenza contro l’occupazione austriaca a seguito dell’armistizio di Salasco, venne richiamato in patria. Il 20 agosto 1849 fu nominato ministro senza portafoglio e si avvalse dell’incarico per riorganizzare i servizi dell’Intendenza militare. Nel 1859 assunse la presidenza della Corte dei conti che conservò fino a quando nel 1865 non venne collocato a riposo per limiti di età, lasciando un’impronta che costituì valida guida per i suoi successori. Negli ultimi anni della sua vita svolse intensa attività a capo di importanti istituti di beneficenza. 8.– Ratti Oppizzoni Domenico. – Nasce a Tortona il 5 (o 15) gennaio 1786; muore il 24 novembre 184891. E’ stato uditore di guerra e marina di Genova e componente del senato della medesima città. Nel 1838 venne nominato Consigliere di Stato ordinario: Nel 1848 venne nominato uditore generale di guerra con il titolo di presidente capo. 9.– Rovereto di Rivomazzano Luigi. – Nasce a Tortona il 15 gennaio 1788 (o il 13 marzo 1790); muore il 23 agosto 184392. Era marchese. Ha ricoperto molteplici e prestigiosi incarichi, quali componente del Senato di Genova, revisore delle stampe, componente del magistrato supremo dell’Ammiragliato, componente della Commissione degli archivi del ducato di Genova e componente del Consiglio dell’Ammiragliato. Nel 1833 è stato nominato Consigliere di Stato ordinario ed assegnato alla sezione giustizia, grazia e affari ecclesiastici. 91 92 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 25. V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 25. 55 10.– Melano di Portula Angelo. – Nasce a Cuneo ( o a Genova ) il 28 gennaio 1795 ; muore il 28 giugno (o luglio) 186193. Era conte. E’ stato intendente generale ad Asti e, poi, intendente generale nella Segreteria di Stato per l’interno. Nel 1833 è stato nominato Consigliere di Stato ordinario ed assegnato alla sezione dell’interno. 11.– Alfieri di Sostegno Cesare. – Nasce a Torino il 13 agosto 1799; muore a Firenze il 16 aprile 186994. Era marchese. Sotto la guida del padre, ambasciatore a Parigi del regno di Sardegna, si avviò alla carriera diplomatica dove iniziò con il grado di allievo nella segreteria di stato per gli esteri; dopo successivi molteplici incarichi diplomatici, nel 1824 venne nominato reggente la legazione di Russia e qui stipulò un importante trattato in materia di poste con la Turchia. Nel 1827 Carlo Alberto lo nominò suo primo scudiero. Nel 1839, insieme a Cavour, C. Boncompagni e P. di Santa Rosa ebbe l’incarico di studiare l’ordinamento statistico; nello stesso anno fu chiamato a far parte del Consiglio di Stato ed assegnato alla sezione dell’interno. Nel 1840 venne nominato presidente dell’Associazione agraria e in quella sede si prodigò per far compiere notevoli progressi all’agricoltura. Nel 1844, in considerazione della sua vasta esperienza nel campo dell’istruzione, venne chiamato a dirigere il Magistrato della riforma degli studi. In tale veste numerosi furono i suoi provvedimenti nel campo dell’istruzione e dell’insegnamento: dopo aver organizzato la Società per gli asili infantili, istituì scuole per la preparazione dei maestri elementari, creò nuove cattedre universitarie, riordinò lo studi della teologia e quello del diritto, ristabilì la cattedra di economia politica soppressa dopo i moti del 1821 e creò nuove cattedre universitarie quali storia del diritto, diritto amministrativo e commerciale e storia moderna. 93 94 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 25. V.: Dizionario biografico degli italiani, II, Roma, 321; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 26. 56 Nel 1847 fu posto a capo del ministero della pubblica istruzione, di nuova istituzione. Al termine della prima guerra di indipendenza, ebbe l’incarico di formare il nuovo governo, ma sia per la difficoltà dell’impresa , sia per le sue precarie condizioni di salute, ben presto si dimise dall’incarico. Partecipa attivamente alle sedute del Consiglio di conferenza in cui si discute dell’introduzione del regime parlamentare nel regno di Sardegna e, unitamente agli altri intervenuti, si pronuncia a favore del sistema costituzionale. In proposito, quasi a sollecitare Carlo Alberto nelle decisioni da prendere, sottolinea, con parole apparentemente enfatiche ma che rispecchiano sentimenti sinceri ed elevati, che l’unanimità delle vedute emersa è indice di sicura validità perché le considerazioni espresse provengono da “uomini fieri dell’onore di sedere nei suoi Consigli ma per i quali l’esercizio del potere non potrebbe essere oggetto di bramosia e che non sacrificherebbero mai il più stretto compimento del loro dovere ad un vano desiderio di popolarità”. Concludendo, afferma con linguaggio inequivoco, che “esiste dunque una sola uscita dalla situazione che si à creata : prendere l’iniziativa dei cambiamenti più essenziali da introdurre nelle forme attuali del governo”95. Lo Statuto promulgato, poi, il 4 marzo 1848 reca anche la sua firma. Chiamato a far parte del Senato del regno, ne divenne vice presidente e per oltre un quinquennio presidente ; in seguito, lasciò spontaneamente l’incarico per cedere il posto, con evidente senso di patriottismo, a Ruggero Settimio cittadino delle nuove province. 12.– Quaranta Lorenzo. – Nasce a Torino il 18 settembre 1780; muore il 20 marzo 184796. E’ stato creato conte nel 1830. Avviatosi nella carriera della magistratura, fu sostituto procuratore generale imperiale presso la corte d’appello e senatore nel Senato di Piemonte. 95 Cfr. resoconto della seduta del Consiglio di conferenza del 3 febbraio 1848 in NEGRI G. e SIMONI S., Lo Statuto Albertino, cit., 202 ss.; v. anche, MAZZONIS F., La Monarchia e il Risorgimento, Bologna, 2003, 55. 96 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 26. 57 Nel 1840 venne nominato Consigliere di Stato ed assegnato alla sezione di giustizia, grazia e affari ecclesiastici. 13.– Marone Giovanni Battista. – Nasce a Cortemilia il 10 agosto 1790; muore il 24 maggio 185997. E’ stato intendente ad Asti e, successivamente, vice intendente generale ed intendente generale dell’Azienda economica dell’interno. Nel 1841 venne nominato Consigliere di Stato ordinario ed assegnato alla sezione di finanza. 14.– Bermondi Bartolomeo. – Nasce a Nizza Marittima il 24 ottobre 1786; muore il 27 marzo 185598. Era conte. Si fregiava delle onorificenze di commendatore e gran cordone dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Dopo la laurea in giurisprudenza si avviò nella carriera della magistratura dove fu avvocato generale fiscale a Cagliari e poi a Genova, senatore nel Senato di Piemonte e avvocato generale di cassazione. Nel 1843 fu nominato Consigliere di Stato ed assegnato alla sezione di giustizia, grazia e affari ecclesiastici. Nel 1850 venne nominato senatore del regno e si annoverò tra i sostenitori del partito conservatore. 15.– Carron Brianzone di San Tommaso Giovanni Nepomuceno. – Nasce a Torino il 16 novembre 1783; muore il 24settembre 184799. Era marchese. Nella sua attività di magistrato, è stato giudice a Rivoli, congiudice nel Consiglio di giustizia di Alessandria, componente del senato di Savoia e , poi, di quello del Piemonte; è stato anche reggente della Cancelleria di Sardegna e presidente capo del Consolato di Torino. Nel 1844 venne nominato Consigliere di Stato ed assegnato alla sezione di giustizia, grazia e affari ecclesiastici. 97 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 27. V.: GASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., 211; MALATESTA A., Ministri, deputati e senatori dal 1848 al 1922, I, Milano , 191; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 27. 99 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 27. 98 58 16.– Calvi di Bergolo Pietro Giorgio. – Nasce a Torino il 4 agosto 1798; muore il 10 gennaio 1848100. Era conte. Nell’amministrazione pubblica ha svolto diversi incarichi quali, primo sottointendente generale della divisione di Savoia, intendente generale di Azienda e primo ufficiale della Segreteria di Stato per gli affari dell’interno e delle finanze. Nel 1844 è stato nominato Consigliere di Stato ed assegnato alla sezione di finanza. 17.– Quarelli Celestino conte di Lesegno. – Nasce a S. Michele Mondovì (Cuneo) il 23 marzo 1792; muore il 31 gennaio 1868101. Durante la dominazione francese fu addetto all’ufficio del Procuratore generale imperiale; in seguito, entrò nella magistratura piemontese e gradualmente assunse l’incarico di Sostituto procuratore generale alla Camera dei conti, Intendente generale dell’azienda delle gabelle, Procuratore generale e Primo Presidente della Camera dei conti. Nel 1844 fu chiamato a far parte del Consiglio di Stato come componente ordinario ed assegnato alla sezione dell’interno e poi a quella di giustizia, grazia e affari ecclesiastici; nominato presidente di sezione, dopo il riordinamento del Consiglio di Stato effettuato con l. 30 ottobre 1859, n. 3707, esercitò le funzioni di Vice presidente di quel Consesso, fino al suo collocamento a riposo. Prese parte attiva al Consiglio di conferenza del 7 marzo 1848, in cui si discusse sulla concessione della carta costituzionale; in tale occasione sottolineò i percoli cui si sarebbe andato incontro se fossero stati adottati “mezzi repressivi” e propose di “ampliare le concessioni già fatte cercando di conciliarle con le attuali istituzioni”; in prosieguo, interpellato specificamente dal Re, ribadì chiaramente il suo parere a favore dell’adozione del regime costituzionale102. 100 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 27. V.: SARTI T., Il Parlmento, cit., 787; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 27. 102 V., NEGRI G. e SIMONI S., Lo Statuto albertino, cit., 221. 101 59 Nominato Senatore del Regno con r.d. 3 aprile 1848, venne più volte eletto segretario dell’Ufficio di presidenza; viene ricordato per la frequente sua presenza e l’annotazione non sembra di scarso rilievo, ove si consideri che, anche per la gratuità dell’incarico, i componenti non potevano agevolmente sobbarcarsi alle spese di soggiorno e perciò le sedute non erano soverchiamente affollate. Coloro che lo avevano conosciuto hanno posto in evidenza le sue doti di grande cultura e di fervida memoria ; godeva di grande stima e rispetto per la rigorosità e linearità della sua condotta di vita, per cui conquistava facilmente la simpatia e l’affetto di coloro che gli si avvicinavano. 18.– Roero di Monticello Onorato. – Nasce a Torino il 28 gennaio1792; muore il 22 luglio 1858103. Era conte. Fu capo di stato maggiore della divisione Nizza, Primo ufficiale del ministero di guerra in marina, colonnello intendente generale di artiglieria di fortificazione e fabbriche militari. Nel 1844 venne promosso maggior generale delle regie armate. L’anno successivo venne nominato Consigliere di Stato ordinario ed assegnato alla sezione dell’interno; venne collocato a riposo nel 1849. 19.– Piccone Giovanni Battista.– Nasce a Genova il 17 aprile 1771; muore il 5 aprile 1862104. Era conte. E’ stato senatore e prefetto di Genova, direttore generale delle poste, reggente la Cancelleria di Sardegna. Nel 1847 venne nominato Consigliere di Stato ordinario, e nell’anno successivo gli viene conferito il titolo e il grado si presidente capo. 20.– Cagnone Giovanni Carlo Domenico. – Nasce a Front (Torino) l’11 ottobre 1794; muore l’11 novembre 1862105. 103 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit. 28. V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 28 105 V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., 251; MALATESTA A., Ministri, cit., 177; SARTI T., Il Parlamento, cit., 200; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 28. 104 60 Era conte. Si fregiava delle onorificenze di cavaliere, commendatore e grande ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e di commendatore dell’Ordine di Carlo III (Spagna). Occupò vari uffici giudiziari e svolse , poi, prestigiosi incarichi nella pubblica amministrazione quali , volontario nell’ufficio fiscale generale di Piemonte, sostituto avvocato fiscale a Novara, avvocato fiscale a Casale, prefetto del Tribunale di Alba, intendente generale della divisione e provincia di Novara, intendente generale dell’azienda economica dell’interno. Fu eletto alla camera dei deputati nella quarta legislatura, ma nel corso della stessa si dimise in quanto era stato nominato senatore del regno; nel Senato fu, tra l’altro, apprezzato questore dell’ufficio di presidenza,componente della commissione permanente di finanza, relatore del disegno di legge sul riordinamento dell’amministrazione centrale e di vari bilanci. Fu componente della Commissione di vigilanza della casa depositi e prestiti, componente della Commissione superiore di liquidazione, direttore secolare del Convitto della Provvidenza di Torino e presidente della Società di patrocinio dei giovani liberati dalle case di correzione e pena. Nel 1847 venne nominato Consigliere di Stato e venne assegnato dapprima alla sezione dell’interno e successivamente a quella di giustizia, grazia e affari ecclesiastici; si dimise dall’incarico per motivi di salute, rivestendo il grado onorario di presidente di sezione. Nel celebrare il suo elogio funebre, così si espresse il vice presidente del Senato Sclopis : “Seppe congiungere colla solerzia dell’amministratore l’equità del magistrato, e quindi ottimamente venne impiegata l’opera sua nella presidenza della sessione del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato”. 21.– Giulio Carlo Ignazio Filippo Alessandro. – Nasce a Torino l’11 agosto 1803; muore ivi il 29 giugno 1859106. 106 V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit.,, 529; SARTI T., Il Parlamento, cit., 526; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 29. 61 Si fregiava di numerose onorificenze quali cavaliere e commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, cavaliere dell’Ordine civile di Savoia, cavaliere dell’Ordine della Legion d‘onore (Francia). Era docente universitario di meccanica razionale nell’università di Torino di cui fu, poi, rettore; fu anche professore di meccanica applicata alle arti presso la Camera di commercio e presso l’Istituto tecnico della medesima città. E’ stato componente della Commissione superiore di statistica, della Camera di commercio di Torino, della Commissione dei pesi e misure negli stati di Terraferma, componente ordinario perpetuo del Consiglio superiore della Pubblica istruzione. E’ stato, altresì, socio nazionale residente dell’Accademia delle scienze di Torino, componente dell’Accademia Italiana delle Scienze e socio dell’Accademia di agricoltura di Torino. Nel 1847 venne nominato Consigliere di Stato straordinario per la divisione di Torino e nel 1856 Consigliere di Stato ordinario. Nel 1848 fu chiamato a far parte del Senato del Regno e qui, per un decennio, svolse le funzioni di Segretario dell’Ufficio di presidenza; fu anche componente della Commissione di agricoltura e Commercio, della Commissione finanze e della Commissione incaricata dei progetti di legge dei trattati di commercio con il Belgio e l’Inghilterra. Ancora nel 1848 fu nominato primo segretario di stato per i lavori pubblici agricoltura e commercio. Aveva un eloquio avvincente ed elegante. Il presidente del senato Cesare Alfieri, nel commemorare la sua scomparsa, ricordò che “manteneva intiera la dignità della scienza anche quando se ne faceva al popolo divulgatore benevolo, il cui alto senno si esprimeva con sì lucida ed efficace parola, che in udirlo sembrava fossero per loro natura il bel dire e il ben dire una sola e medesima cosa”. 62 22. – de Fornari Giuseppe. – Nasce a Sarzana il 2 ottobre 1779; muore il 15 (o 16) febbraio 1858107. Era conte; si fregiava delle onorificenze di commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e di cavalieri dell’Ordine di Leopoldo (Austria). E’ stato favorevolmente apprezzato, specialmente dal duca di Wellington che conduceva i negoziati, per la condotta tenuta nelle trattative svoltesi a Parigi nel 1818, per la determinazione del debito della Francia nei confronti del Piemonte. Ha ricoperto numerosi incarichi pubblici, quali intendente generale e direttore generale dell’amministrazione del debito pubblico, componente della Commissione superiore di liquidazione del debito e credito dello Stato e componente della Commissione di sorveglianza della cassa dei depositi e prestiti. Nel 1847 venne nominato Consigliere di Stato ordinario ed assegnato alla sezione di giustizia, grazia e affari ecclesiastici. L’anno successivo venne chiamato a far parte del senato del regno dove ricoprì l’incarico di segretario dell’ufficio di presidenza. Nel 1849, per un breve periodo, fu ministro degli affari esteri. Viene ricordato come integro, colto ed attento pubblico amministratore. 23.– De Juge de Pievillet Francesco. – Nasce a Rumilly (Savoia) il 9 luglio 1799; muore il 3 agosto 1857108. E’ stato secondo sottotenente generale a Chambéry, vice intendente a Bobbio ed ad Oneglia, reggente dell’intendenza generale di Sardegna, primo ufficiale della segreteria di stato di Sardegna. Nel 1848 è stato nominato Consigliere di Stato ordinario ed assegnato alla sezione di finanza; nel 1856 venne collocato a riposo. 24.– Castelli Jacopo Nicola. – Nasce a Verona il 15 novembre 1791; muore a Torino il 18 marzo 1849109. 107 V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., 371; SARTI T., Il Parlamento, cit., 359; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 29 s. 108 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 30. 109 V.: CELLA S., in Dizionario biografico degli italiani, XXI, Roma, 1978, 732; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 30. 63 Dopo aver conseguito nel 1826, la laurea in legge a Pavia, si stabilisce a Venezia dove esercita con successo la professione forense. Nel 1820 si sposa con Matilde d’Acqua che gli diede dodici figli. Nelle infuocate giornate del 1848, nel governo provvisorio repubblicano retto dal Manin assunse la direzione del Ministero degli affari esteri e di grazia e giustizia ed in questa veste introdusse varie innovazioni quali il diritto alla difesa degli imputati, l’uguaglianza dei diritti tra le diverse confessioni religiose e l’abolizione dei privilegi fiscali nelle cause civili. Sostenne la fusione con il Piemonte che venne approvata dall’Assemblea veneziana del 4 luglio con l’impegno di restare “perpetuamente incorporati negli Stati Sardi con la Lombardia”; fu nominato presidente del nuovo governo provvisorio. Dopo l’armistizio di Salasco, mentre Manin riprendeva la direzione del governo, pensando che la sua presenza non fosse più gradita, partì esule per Firenze; successivamente si trasferì a Torino. Alla fine del 1848 venne nominato Consigliere di Stato ma decedeva poco tempo dopo, a seguito di grave malattia. 25.– Ravina Amedeo. – Nasce a Gottasecca (Cuneo) il 30 marzo 1788; muore a Torino il 13 giugno 1857110. Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza. prestò servizio come applicato presso il Ministero degli affari esteri. Prese parte ai moti del 1821 e durante il breve periodo del governo costituzionale ricoprì l'incarico di sotto-segretario per gli affari esteti; ma quando le concessioni di Carlo Alberto furono sconfessate dal nuovo re Carlo Felice, per sfuggire alle misure di repressione. riparo all'estero. Fu, comunque, processato insieme ad altri quattordici patrioti e condannato alla "pena di morte per mezzo della forca. da eseguirsi. stante la loro contumacia, in effigie". Tornò in patria nel 1842, a seguito dell'indulto concesso dal re per le nozze del figlio Vittorio Emanuele con l' Arciduchessa d'Austria Maria Adelaide. 110 V.: POGGI E.,in Dizionario del Risorgimento nazionale, IV, Milano, 1937, 30; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 30. 64 Dopo la promulgazione dello Statuto, partecipo attivamente alla vita politica, venendo eletto deputato nella prima, seconda, terza, quarta e quinta legislatura. Nel 1848 venne nominato Consigliere di Stato ed assegnato alla sezione dell’interno, ma nel 1852 venne collocato a riposo; secondo il giornale genovese "La Maga" (17 febbraio 1852, martedì, n. 16), la spiegazione è dovuta a fatto che "nella disputa del progetto ministeriale di restrizione alla stampa non seppe seppellire ogni generosa aspirazione sotto la lapide marmorea del salario dello impiegato e non seppe contenere ogni palpito liberale sotto la fastosa livrea del Consigliere di Stato!". Certamente non era di carattere facile è stato definito “focoso”111 e lo stesso Mazzini che custodiva gelosamente una copia del suo manoscritto “Canti italici" di acceso contenuto patriottico, lo riteneva di “natura irritabile, stravagante, pazza talora, ma buona"112. Altri sottolineò che nel parlamento subalpino la sua parola “suonò la più ironica, la più pungente e la più originale”113. Appropriato risulta il giudizio di Vittorio Bersezio (direttore della Gazzetta Piemontese): “bizzarro ingegno, dottissimo, ricco di classica erudizione, compiacentesi più che non convenga nella contraddizione, proclive ad avvolgere colla sua parola ornata a presentare come verità il paradosso”114. 26.– Allamand Giorgio. – Nasce a Sixt (Savoia) il 7 settembre 1778; muore il 5 gennaio 1855115. Era conte. Nell’attività pubblica, è stato vice intendente di Thonon , intendente di Aosta e primo ufficiale nel Ministero dei lavori pubblici. Nella prima legislatura del parlamento subalpino fece parte della Camera dei deputati. 111 V., FERRARI ZUMBINI R., Tra idealità, cit., 11 n. 16. V., Scritti editi e inediti, XIX, 290. 113 V., SARTI T., I rappresentanti del Piemonte e d'Italia nelle tredici legislature del Regno, Roma,1880, 697. 114 Riportato da SARTI T., Il Parlamento, cit., 768. 115 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 31. 112 65 Nel 1849 venne nominato Consigliere di Stato ed assegnato alla sezione dell’interno; nel 1852, a sua richiesta, venne collocato a riposo, ma conservò il titolo. 27.– Sappa Giuseppe. – Nasce a Torino il 25 (o 23) agosto 1803; muore il 20 maggio 1873116. Era barone. Incominciò la sua vita pubblica prestando servizio preso il ministero degli esteri e, poi, presso il Consiglio di Stato dove espletò le mansioni di segretario aggiunto e segretario di sezione; le doti di intelligenza e di rettitudine manifestati in tali uffici gli propiziarono, in seguito, incarichi più prestigiosi, quali consigliere d’appello, intendente generale delle finanze in Sardegna, conservatore generale del Tabellione, intendente generale a Chambery, intendente generale d’azienda con le funzioni di primo ufficiale. Chiamato a far parte del Consiglio di Stato nel 1849, dieci anni dopo veniva nominato Presidente di sezione. Fu ripetutamente eletto alla Camera dei deputati e precisamente nella quarta, quinta (in cui venne nominato vice presidente) e nella sesta legislatura; nel 1861 venne nominato senatore del regno. Frequentò assiduamente le sedute del parlamento e più volte fece parte di giunte e commissioni; partecipò, con autorevoli e approfonditi interventi, alla discussione di vari argomenti e, pur facendo parte di coloro che appoggiavano il governo, manifestò la sua opposizione quando si trattava di proposte che contrastavano con la sua coscienza.. 28.– Gioia Pietro. – Nasce a Piacenza il 22 ottobre 1797; muore a Torino il 17 luglio 1865. Era nobile. Si fregiava della onorificenze di cavaliere, commendatore e grande ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. 116 V.: MICHEL E., in Dizionario del Risorgimento nazionale, IV, Roma, 1937, 207; SARTI T., Il Parlamento, cit., 952; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 31. 66 Laureatosi in giurisprudenza, si dedicò alla professione forense dove acquisì fama di valentissimo117. Nelle infuocate giornate del marzo 1848 fece parte del governo provvisorio di Piacenza; propugnò, poi, tenacemente la sua unione con il regno di Sardegna. Nel parlamento subalpino, fin dalla prima legislatura fu eletto a componente della Camera dei deputati dove si collocò nei banchi della destra ; fu eletto anche nella seconda legislatura, ma l’elezione venne annullata, perché ricopriva un impiego governativo, quale segretario della Camera di commercio di Piacenza. Esito positivo non ebbe nemmeno la sua elezione nella quarta legislatura. Invero, secondo la normativa elettorale (comunemente intesa come Editto Balbo), il numero dei pubblici impiegati eletti per la Camera non poteva superare il quarto del totale dei suoi componenti che era di cinquantuno; perciò, quando, si verificava tale evenienza, si procedeva, mediante estrazione a sorte, ad eliminare un numero di eletti in misura da rispettare la detta proporzione118. Il Gioia, pertanto, in quanto apparteneva a tale categoria e risultando il numero di costoro in misura superiore al limite previsto, venne estratto a sorte e decadde dal mandato. Fu segretario della Camera di Commercio di Piacenza dal 1817 al 1848, componente del Consiglio superiore della pubblica istruzione, componente straordinario d’elezione e, poi, del Consiglio superiore della sanità. Nel 1849 venne nominato Consigliere di Stato e, quindi, senatore del regno. Nel Senato fu componente della commissione per l’esame del progetto di legge sull’igiene pubblica e l’esercizio della professioni sanitarie, componente della commissione per l’esame del progetto di legge per la proroghe dell’attivazione dei codici sardi nelle province dell’Emilia, componente della commissione per l’esame del progetto di legge sul codice civile. 117 V.: CERRI L., in Dizionario del Risorgimento Nazionale, II, Roma, 1937, 230; GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., 519. 118 V., FERRARI ZUMBINI R., Tra idealità, cit. 308 ss. 67 Gabrio Casati, all’epoca presidente del Senato, nel commemorare la sua scomparsa, ebbe ad affermare che “ Era di tali uomini che bastava conoscerlo per pregiarlo. Colto in molti rami dell’umano sapere, spiccava specialmente quale professore giureconsulto. Sapeva nel medesimo tempo raccogliere la stima di tutti e come magistrato e come buon cittadino e come padre di famiglia”119. 29.– Jacquemond (o Jacquemoud) Giuseppe Maria. – Nasce a Chambéry il 26 gennaio (o maggio) 1802 (o 1801); ivi muore il 27 novembre 1863120. Era barone. Si fregiava della onorificenze di cavaliere, commendatore e grande ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro; commendatore dell’Ordine di S. Silvestro (Stato pontificio) grande ufficiale e gran cordone dell’Ordine di Leopoldo (Belgio) ufficiale dell’Ordine della Legion d’onore (Francia) e commendatore grande ufficiale dell’Ordine di Carlo III (Spagna). E’ stato consigliere comunale e sindaco di Habère Lullin, e consigliere comunale di Chambèry; nel Collegio di questa città ha insegnato diritto canonico. Entrò ben presto in magistratura dove rivestì il grado di consigliere di corte d’appello. Fu componente, vice presidente e poi presidente della Camera di commercio di Chambèry, componente dell’amministrazione del debito pubblico e componente del Consiglio generale e ordinario. Fu anche socio corrispondente ed in seguito socio effettivo dell’Accademia di agricoltura di Torino, componente residente e poi corrispondente della società accademica di Savoia, socio fondatore della Società di Economia politica di Torino e Socio corrispondente dell’Accademia delle scienze della medesima città. Nel parlamento subalpino fu eletto componente della camera dei deputati nelle prime quattro legislature; tuttavia, nella seconda legislatura la sua elezione venne annullata per incompatibilità, per l’ufficio giudiziario che rivestiva. 119 V., SARTI T., Il Parlamento, cit., 798. V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., 553; SARTI T., Il Parlamento, cit., 559; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 32. 120 68 Cessò dalla carica di deputato allorché , nel 1850, fu nominato senatore del regno; nel Senato fu componente della commissione per l’esame del progetto di riforma della tariffa doganale e della commissione per l’esame del progetto di legge sul primo libro del codice civile. Il 7 luglio 1849 venne nominato Consigliere di Stato. Espletò con zelo e intelligenza i vari incarichi pubblici che gli vennero conferiti, agendo sempre nell’interesse del paese e del governo. Nell’attività parlamentare viene ricordato per l’assidua frequenze alle sedute dove si distinse per la signorilità dei suoi comportamenti e l’accortezza dei suoi interventi. 30. – Regis Giovanni. – Nasce a Savigliano il 4 dicembre 1792; muore il 5 maggio 1870121. Era conte. Laureato in giurisprudenza, rivestì numerosi incarichi pubblici, quali sostituto procuratore generale presso la Camera dei conti, relatore alla Commissione superiore di liquidazione, direttore generale del debito pubblico. Nel parlamento subalpino fu eletto alla Camera dei deputati nella prima e nella quarta legislatura, durante la quale cessò dal mandato avendo ricevuto la nomina a senatore del regno. Nel 1849 venne nominato Consigliere di Stato nella sezione di finanza. 31.– Maestri Ferdinando. – Nasce a Sala Baganza (Parma) il 7 (o 1) luglio 1786; muore a Parma l’11 (o 10) novembre 1860122. Ha esercitato la professione di avvocato; ha altresì insegnato economia politica, storia e statistica e diritto civile nell’Università di Parma. Si fregiava dell’onorificenza di cavaliere, cavaliere ufficiale e commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. 121 V.: SARTI T., Il Parlamento, cit., 800; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 32. V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., 577; GIAMPAOLO M. A., in Dizionario del Risorgimento nazionale, III, Roma, 1933, 230; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 33. 122 69 Prese parte ai moti del 1820/21; processato per cospirazione contro la propria patria, fu assolto per non aver commesso il fatto. Fu, quindi, riammesso a continuare l’insegnamento dal quale era stato sospeso. E’ stato consultore della Camera di commercio di Parma, socio corrispondente dell’Accademia d’agricoltura di Torino e socio dell’Accademia scientifica di Parma. Nel 1848 fece parte del governo provvisorio di Parma. A seguito dell’ampliamento del territorio del Regno con i ducati emiliani, nel 1848 fu nominato senatore del regno e per tre anni fu segretario dell’ufficio di presidenza. Ai primi giorni del 1850 venne nominato Consigliere di Stato ordinario ed assegnato alla sezione di giustizia grazia e affari ecclesiastici. Il 30 giugno 1860 venne, infine, collocato a riposo a sua richiesta, per motivi di salute. Il presidente del senato Cesare Alfieri, nel commemorare la sua scomparsa, ha ricordato i “lunghi servizi resi e la dignità del carattere”. 32.– Fraschini Vittorio. – Nasce a Cortanze il 12 marzo 1776; muore ad Asti l’8 marzo 1858123. Era insignito delle onorificenze di cavaliere, commendatore e grande ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Laureatosi in giurisprudenza nel 1796, si avviò nella carriera della magistratura dove raggiunse la qualifica di avvocato generale presso il Magistrato di cassazione di Torino. Fu eletto alla Camera dei deputati dalla prima alla quarta legislatura; quale deputato più anziano, svolse le funzioni di presidente dell’assemblea, senza riscuotere grandi apprezzamenti124. 123 V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, I, cit., 479; ZOLI C., Cenni biografici, cit. 33. 124 Per il ruolo di presidente svolto nell’attività parlamentare, è stato rilevato che “definirlo notarile sarebbe ingeneroso verso il delicato ruolo del notaio: fu semplicemente fiacco e venne meno al primo compito di un presidente, quello di garantire l’ordine nei lavori parlamentari” (v., FERRARI ZUMBINI R., Tra idealità e ideologia, cit., 288). 70 Nel 1850 viene nominato senatore del Regno e, poco dopo, Consigliere di Stato per essere assegnato alla sezione di giustizia, grazia e affari ecclesiastici. Il Presidente del Senato Alfieri nel commemorare la sua scomparsa, lodò la lucidità di mente, il giusto criterio e la forza delle giuridiche discipline che lo facevano annoverare tra i più distinti membri del foro torinese; aggiunse che “Consigliere di Stato, magistrato, deputato, senatore, egli fu sempre tenuto in pregio dai suoi colleghi, siccome quello che procedendo a rigor di logica ed equità esponeva un concetto sano e positivo con nitide e conclusive parole”125. 33.– Mameli Cristoforo. – Nasce a Lanusei il 4 settembre 1795; muore a Roma il 18 ottobre 1872126. Da giovane esercitò con successo la professione forense ; era particolarmente esperto di diritto ecclesiastico. E’ stato vicario e sovrintendente generale di polizia, presidente del Consiglio universitario di Cagliari, componente della delegazione cagliaritana per la fusione della Sardegna con il Piemonte e la Liguria, giudice del Tribunale supremo di guerra e marina, componente del Consiglio superiore della pubblica istruzione, assessore per Cagliari della Curia vescovile di Ales, componente del consiglio generale dell’amministrazione del debito pubblico, componente e poi vice presidente della società agraria ed economica di Cagliari. Nel parlamento subalpino fu eletto nella prima legislatura a componente della Camera dei deputati, ma in seguito decadde dall’incarico per incompatibilità, in quanto rivestiva un impiego pubblico; fu eletto anche nella seconda, terza, quarta e quinta legislatura, ma in quest’ultima si dimise perché era stato nominato senatore del regno (1854). Nel Senato fu componente di commissioni di esame di vari disegni di legge riguardanti: il catasto, l’ordinamento forestale, modifica al codice penale, prestito alla Cassa ecclesiastica per sopperire al pagamento degli assegni e sussidi del clero di Sardegna, codice della marina mercantile. 125 V., SARTI T., Il Parlamento,cit.,480.. V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, II, cit., 589; SARTI T., Il Parlamento, cit., 606; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 33. 126 71 Fu anche componente della Commissione di vigilanza alla Cassa ecclesiastica e componente della Commissione di sorveglianza per il fondo al culto. Fu ministro della pubblica istruzione nel gabinetto De Launay e nel primo gabinetto d’Azeglio; si dimise dall’incarico nel 1850, ma il re Vittorio Emanuele, che lo aveva come accorto consigliere legale per i suoi affari privati, intese dargli un segno della sua stima, nominandolo poco dopo componente ordinario del Consiglio di Stato, dove venne assegnato alla sezione di giustizia, grazia e affari ecclesiastici; in seguito, conseguì la nomina a Presidente di sezione. Nel parlamento, prese posto nei banchi della destra ed acquisì grande ammirazione, tra l’altro, “per il fiume dell’eloquenza , che gli consentiva di pronunziare sino a 170 parole al minuto”127; intervenne spesso in difesa dei provvedimenti governativi anche nelle materie che non rientravano nella competenza del suo ministero, divenendo una specie di oratore del Governo. Si pronunciò a favore della legge Siccardi sull’abolizione del foro ecclesiastico, rilevando che “ i popoli non sono abbastanza forti ed i Governi ordinati se non quando hanno una giusta linea di separazione tra le cose divine e le umane, le spirituali e le temporali , le sacre e le profane”; rivolto, poi, ai prelati presenti nel senato, affermò che “ il vostro sacro carattere tanto più acquisterà rispetto e venerazione quanto più voi vi accosterete alla primitiva semplicità e vi asterrete dalla temporalità!”. In seguito , tuttavia, avversò, anche se senza successo, tutte le leggi ostili al clero. Per questi motivi, prevedendo la sua resistenza alle prossime riforme in materia ecclesiastica, Cavour, allorché fu chiamato a far parte, come ministro dell’agricoltura e commercio, del ministero d’Azeglio , pose quale condizione l’allontanamento del Mameli. Si fregiava delle onorificenze di cavaliere, commendatore, grande ufficiale e gran cordone dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e di commendatore e grande ufficiale della Corona d’Italia. 127 V., MOSCATI A., I ministri del Piemonte dopo Novara ( 1849-1860 ), Salerno, 1952, 37. 72 Il vice presidente del Senato Vigliani, nel commemorare la sua scomparsa, ricordò le doti del Mameli quale dotto giureconsulto temerato presidente di sezione del Consiglio di Stato e benemerito ministro. 34.– Spinola Tommaso. – Nasce a Milano il 21marzo 1803; muore a Genova il 25 ottobre 1879128. Era marchese. Nel 1850 venne nominato Consigliere di Stato ed assegnato dapprima alla sezione di finanze e, poi, a quella dell’interno; nell’alto consesso svolse la sua attività mostrando dottrina, diligenza e rettitudine, per circa un trentennio fino a diventare Presidente della sezione dell’interno. Nel parlamento subalpino fu eletto alla Camera dei deputati nella quarta, quinta e sesta legislatura. Nel 1862 venne eletto senatore del regno e dal 1867 fino al 1878 in cui chiese di essere dispensato dall’ufficio, ebbe l’incarico di Questore. Rivestì varie e prestigio cariche, quali Commissario presso la Banca di Genova e Presidente della deputazione dell’Università di Genova, fino a capo per numerosi anni dell’amministrazione comunale di Genova dove riscosse lodi e gratitudine. Aveva grande cultura e nella sua molteplice attività mostrò rettitudine solerzia meritando rispetto e ammirazione; nell’attività parlamentare mostrò vivissimi sentimenti di patriottismo appoggiando la politica di Cavour. 35.– Bon Compagni di Monbello Carlo. – Nasce a Torino il 25 luglio 1804; muore ivi il 14 dicembre 1880129. Apparteneva ad una nobile famiglia. Poco prima di morire il re gli riconobbe il titolo di conte di Lamporo, con la facoltà di trasmetterlo al marito della sua unica figlia Ester ed ai loro discendenti. Nel 1824 conseguì la laurea in giurisprudenza e due anni dopo intraprese la carriera della magistratura fino a raggiungere, nel 1845, la qualifica corrispondente a quella di consigliere di corte d’appello. 128 129 V.: SARTI T., Il Parlamento, cit., 897; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 34. V.: SARTI T., Il Parlamento, cit., 144; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 34. 73 Per la sua particolare conoscenza in materia di istruzione e di educazione, ebbe l’incarico di compilare le Regie Patenti con le quali venivano disciplinate le scuole magistrali nel Piemonte. Alla fine della prima guerra d’indipendenza, il re Vittorio Emanuele II lo inviò a Milano, unitamente al Dabormida, per trattare la pace, riuscendo ad ottenere le condizioni migliori che si potessero ragionevolmente sperare in quelle sfavorevoli congiunture. Nel 1857, Cavour lo inviò, quale ministro plenipotenziario, a Firenze, al fine di convincere il governo granducale a favorire le idee liberali e ad appoggiare il regno piemontese in un eventuale conflitto contro l’Austria; non venne ascoltato, ma Leopoldo II fu, poi, costretto ad abbandonare Firenze . Il governo provvisorio, che in seguito si era costituito, offrì la dittatura militare al Re di Sardegna e questi delegò i suoi poteri al Bon Compagni che per l’occasione ricoprì anche l’incarico di commissario straordinario del re. Alla fine del 1859, quando le assemblee della Romagna, dei Ducati e della Toscana si pronunciarono per affidare la reggenza al principe Eugenio, venne da questi nominato suo rappresentante. Fu ministro della pubblica istruzione nel primo gabinetto costituzionale presieduto da Cesare Balbo; successivamente, nel gabinetto Alfieri fu dapprima ministro dell’agricoltura, industria e commercio e, poi, anche ministro della pubblica istruzione; nel secondo gabinetto d’Azeglio fu ministro della pubblica istruzione e contemporaneamente di quello di grazia e giustizia. Nel parlamento subalpino, fu eletto alla Camera dei deputati dalla prima all’undicesima legislatura; della stessa Camera fu per alcuni anni presidente. Presentò il progetto di legge sul matrimonio civile che fu approvato dalla Camera, ma respinto dal senato. Nel 1852 fu nominato Consigliere di Stato straordinario. Nel 1874 venne nominato senatore del regno. Fu precettore del principe Umberto per le materie costituzionali ed economiche. Insegnò diritto costituzionale nelle Università di Torino e di Roma. 74 Fu componente della Regia Accademia di scienze, lettere ed arti di Torino e dell’Accademia dei Lincei; componente e, poi, presidente della Deputazione di storia patria. Fu autore di molteplici scritti quali : “Introduzione alla scienza del diritto”, “Saggio di lezioni per l’infanzia”, “Storia della letteratura cristiana degli undici primi secoli”, “Sulla potenza temporale del Papa”, “L’Unità d’Italia”. Alla sua morte, numerose furono in parlamento le dichiarazioni di apprezzamento per la sua attività e di lodi per il suo carattere fermo e nobile ; particolarmente sentito fu l’elogio funebre che il prof. Moleschott pronunciò in senato, in cui, tra l’altro, affermò che : “sotto la toga del patriotta si nascondeva un uomo il quale a prò della patria ha saputo fare moltissime volte il sacrificio di quei sentimenti più intimi, più intrinseci, più delicati che tante volte riesce difficile sacrificare, anche per le idee più elevate… Più che tolleranza egli mostrava agli avversari delle sue opinioni stima, affetto, affabilità, a condizione ch’egli sapesse di avere innanzi a sé una vera, una seria e sincera convinzione”. 36.– Ponza di San Martino Gustavo Giorgio Filippo Maria. – Nasce a Cuneo il 6 gennaio 1810; muore a Dronero il 6 settembre 1876130. Era conte; si fregiava di numerose onorificenze quali, cavaliere e commendatore dell’Ordine dei SS. Di Maurizio e Lazzaro e gran cordone dell’Ordine della Corona d’Italia. Dopo aver conseguito la laurea in legge, ha retto nel 1848 l’intendenza di Genova, ma lasciò l’incarico quando assunsero il potere i democratici. Unitamente a Carlo Lamarmora si recò a Tolosa per far sottoscrivere a Carlo Alberto l‘atto di abdicazione. Fu eletto deputato nel parlamento subalpino, nella terza, quarta e quinta legislatura; nominato, in seguito, senatore del regno, assolse per qualche tempo l’incarico di segretario dell’ufficio di presidenza. Nel 1852 venne nominato ministro degli interni nel gabinetto Cavour; nello stesso anno venne nominato Consigliere di Stato. 130 V.: BADII G., in Dizionario del Risorgimento Nazionale, III, Milano, 1933, 130; ERCOLE E., Il Risorgimento nazionale – gli uomini politici, Roma, 1942, 13; GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, II, cit., 753; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 35. 75 Fu per molti anni consigliere comunale di Torino e poi, presidente del Consiglio provinciale di Cuneo. Nel 1861 ebbe l’incarico, precedentemente svolto dal principe di Carignano, di luogotenente di Napoli, ma si dimise dopo pochi mesi per non aver ricevuto i rinforzi ritenuti necessari per la sicurezza generale. Vittorio Emanuele II, che lo aveva in grande considerazione, l’8 settembre 1870 lo inviò in missione presso Pio IX con l’incarico, come ricordò il presidente Sebastiano Tecchi nella commemorazione al Senato “ di annunciare al Pontefice che finalmente era giunta l’ora di scellerate la spada dal pastorale e di rendere a Cesare il regno che la divina sapienza aveva chiamato Regno di Cesare”; la missione, come era facilmente prevedibile non ebbe successo, ma il corso della storia era ineludibile e pochi giorni dopo la bandiera italiana sventolava sul Campidoglio. Negli ultimi anni della sua vita, si dedicò alle Opere pie di S. Paolo e del R. Ricovero di mendicità; nello stesso tempo volse l’incarico di presidente del Consiglio provinciale di Torino. Al San Martino vengono generalmente riconosciuti “la dignità della vita, la profonda conoscenza degli organi amministrativi…la rigida fermezza del carattere, l’acume del carattere… [ e che ] non stette mai in seconda linea né mancò con la sua spiccata personalità di dare un caratteristico rilievo agli uffici che ne ricoperse”131; peraltro , queste eccelse qualità vennero travolte dalla tenacia con cui difendeva i propri convincimenti senza mai sacrificare le sue tesi alle altrui opinioni, dall’affermazione del comando che respingeva ogni comportamento chiarificatore. 37.– Tonello Michelangelo. – Nasce a San Secondo il 29 (o l’8) maggio 1800; muore a Torino il 2 dicembre 1879132. Ha insegnato nell’ateneo torinese diritto canonico e poi diritto romano, manifestando grandi doti di cultura. 131 V., MOSCATI A., I ministri, cit., 1952, 313. V.: MICHEL E., in Dizionario del Risorgimento Nazionale, IV, Milano, 1937, 451; SARTI T., Il Parlamento, cit., 923; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 36. 132 76 Ricoprì numerosi ed importati uffici pubblici, quali primo ufficiale del ministero della pubblica istruzione, componente del Consiglio universitario di Torino, componente straordinario del Consiglio superiore della pubblica istruzione, presidente del Consiglio permanente dell’Economato generale di Torino, rettore dell’Università della stessa città e giudice del tribunale supremo di guerra. Nel parlamento subalpino fu eletto nella prima legislatura a componente della Camera dei deputati; fece parte del parlamento nazionale nella settima e nell’ottava legislatura. Nel 1852 venne nominato Consigliere di Stato, ma in seguito si dimise per ragioni di salute. Nel 1865 dal Ministero Lamarmora - Lanza venne inviato presso lo Stato pontificio per trattare delicate questioni. Nel 1868 venne nominato senatore del regno. 38.– Mathieu Antonio. – Nasce ad Annecy (Savoia) il 10 settembre 1799; muore il 9 (o 19) gennaio 1870133. Nel parlamento subalpino, fu eletto nella Camera dei deputati nella seconda, terza quarta e quinta legislatura, sedendo nei banchi della destra. Partecipò assiduamente e con grande competenza alle sedute del parlamento, specialmente nelle discussioni concernenti materia di politica interna. Nel 1852 venne nominato Consigliere di Stato. Fu nominato per un brevissimo periodo ministro dei lavori pubblici, con l’interim del ministero dell’industria, agricoltura e commercio, per cui fu denominato ministro “fantasma”134. 39.– Pernati di Momo Alessandro. – Nasce a Novara il 2 maggio 1808; muore a Torino il 27 luglio 1894135. 133 V., SARTI T., Il Parlamento, cit., 640; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 36. V., MOSCATI A., I ministri, cit., 110. 135 V.: SARTI T., Il Parlamento, cit., 749 ; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 37. 134 77 Appartenente ad una delle più antiche e cospicue famiglie del novarese, era figlio del cav. Damiano, signore di Momo e di Algiate, e di Teresa dei conti Longoni. Nel 1830 consegue la laurea in giurisprudenza e, dopo un breve periodo di attività professionale svolto preso lo studio di Pier Dionigi Pinelli, futuro ministro dell’interno, si dedica alla carriera amministrativa ricoprendo vari incarichi quali, volontario nella Procura generale della Camera dei conti, segretario d’intendenza, sottointendente a Saluzzo e a Genova e, poi, intendente a Pallanza. In quest’ultimo incarico si dedicò specialmente al miglioramento delle vie di comunicazioni e, verosimilmente, per i risultati ottenuti in tale attività, il Des Ambrois, all’epoca ministro dell’interno, lo pose a capo della divisione dei lavori pubblici, le cui competenze non erano ancora attribuite ad un apposito autonomo ministero. Successivamente, fu intendente generale ad Annecy ed a Chambéry, ed, in seguito, a Torino. Del Pernati viene ricordato che, durante una discussione sorta in seno al consiglio divisionale di Torino, nella qualità di Regio Commissario prese la parola per contrastare una proposta del Cavour, componente del consesso divisionale; in quella occasione , la padronanza della materia trattata e il vigore delle argomentazioni svolte finirono con il prevalere sulle tesi del Cavour, ma non sembra che questi se ne sia adombrato ed anzi gli ha espresso i complimenti per la competenza dimostrata, cominciando a pensare a lui come un buon ministro dell’interno136. Questo intento verrà in seguito realizzato nel 1852, nel primo ministero D’Azeglio, con la sua nomina al posto di Galvago , trasferito al Ministero di giustizia; nel medesimo incarico verrà confermato nel secondo ministero D’Azeglio. 136 V., MOSCATI A., I ministri, cit., 294 ss. 78 Cessata la sua attività governativa, venne subito dopo nominato Consigliere di Stato ed assegnato alla sezione dell’Interno; si dimise, a sua domanda, dall’incarico nell’ottobre del 1865. E’ stato eletto nella Camera dei deputati alla quarta ed alla sesta legislatura, prendendo posto nei banchi del centro destra; nel 1861 viene nominato senatore del Regno. Prese attivamente parte ai lavori parlamentari e fu componente di giunte e di commissioni; è intervenuto autorevolmente in molteplici importanti questioni, manifestando, tra l’altro, ferma opposizione al disegno di legge di Sella sulla riscossione delle imposte. E’ stato anche presidente del Consiglio superiore di sanità, componente del Consiglio provinciale e di quello comunale di Torino; della medesima città, per un breve periodo, ha assolto le funzioni di sindaco. Nella vita pubblica, la sua attività si svolse sempre con grande vantaggio delle amministrazioni presso cui prestava servizio; fu munifico benefattore delle sue terre d’origine. 40.– Nomis di Pollone Antonio. – Nasce a Torino il 19 settembre 1799; muore ivi il 17 giugno 1866137. Era conte. Nella vita pubblica rivestì molteplici e prestigiosi incarichi quali vice direttore del debito pubblico, direttore generale delle poste, presidente della Camera di commercio di Torino. Nel 1849 è stato nominato senatore del regno ed ha partecipato attivamente ai lavori parlamentari, rivestendo la carica di questore dell’ufficio di presidenza. Nel 1855 è stato nominato Consigliere di Stato. 41.– Prato Giulio Giuseppe. – Nasce a Crevacuore ( Novara ) il 30 marzo 1803; muore il 25 ottobre 1868138. Fu eletto nel parlamento subalpino nella sesta legislatura e si annoverò tra i sostenitori di Cavour; in seguito si dimise dall’incarico, avendo accettato la nomina ad avvocato fiscale generale. 137 138 V., SARTI T., Il Parlamento, cit., 703; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 37. V., SARTI T., Il Parlamento, cit., 780; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 37. 79 Ebbe numerosi incarichi pubblici, quali sostituto procuratore generale, avvocato patrimoniale e intendente generale delle finanze, incarichi che svolse sempre con intelligenza e spirito patriottico. In data 1° gennaio 1857 venne nominato Consigliere di Stato. 42.– de Rossi di Santa Rosa Teodoro. – Nasce a La Spezia l’11 dicembre 1812; muore il 21 settembre 1860139. Era conte. E’ stato sottointendente e, poi, intendente generale di Nizza. Nominato, nel 1849, sottosegretario nella sezione finanza del Consiglio di Stato, divenne, nel 1859, Consigliere di Stato ordinario. E’ stato collaboratore del “Risorgimento”. E’ stato eletto nella Camera dei deputati nella quarta legislatura, dove sostenne il governo di Cavour, ma cessò dall’incarico per la nomina a reggente ispettore del regio erario; in seguito rieletto, decadde dal mandato per incompatibilità con l’impiego pubblico rivestito e nuovamente eletto, si dimise successivamente dall’incarico. Viene ricordato per l’impegno a favorire l’avvento di pubbliche riforme e per gli ideali patriottici che ispiravano la sua attività. 43.– Cadorna Carlo. – Nasce a Pallanza l’8 dicembre 1809; muore a Roma il 2 (o 3) 1891140. Di antica famiglia, si fregiava delle onorificenze di grande ufficiale gran cordone dell’Ordine SS. Maurizio e Lazzaro e di gran cordone dell’Ordine della Corona d’Italia. Laureatosi in giurisprudenza nel 1830, si avvia nella carriera della magistratura dove riveste il grado di giudice aggiunto presso il Tribunale di Novara e, poi, presso il Tribunale di prima istanza di Casale e di avvocato presso il Magistero d’appello della medesima città. Fu prefetto di Torino, nel torbido periodo di agitazioni per il trasferimento della capitale a Firenze, componente ed in seguito vice presidente e presidente del 139 V.: SARTI T., Il Parlamento, cit., 850; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 38. 140 V.: GRASSI ORSINI F., e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., 245; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 38. 80 Contenzioso diplomatico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario a Londra e ministro di Stato. E’ stato, anche, consigliere, vice presidente e presidente del Consiglio provinciale di Pallanza. Era socio fondatore e, poi, vice presidente della Società di economia politica di Torino. Prese parte alla vita parlamentare e fu attivo componente della Camera dei deputati dove rivestì l’incarico di segretario, vice presidente e presidente. In seguito fu chiamato a far parte del Senato del regno dove fu vice presidente e componente di varie commissioni come quella per l’esame del progetto di legge sul codice civile e di quella per l’esame del progetto di legge sul Consiglio di Stato. E’ stato due volte ministro della pubblica istruzione, ministro dell’agricoltura e ministro dell’interno, quando dovete affrontare i disordini verificatisi a Bologna e Ravenna; quale ministro dell’interno, ebbe a presentare un progetto di riforma dell’amministrazione centrale e provinciale, tendente a decentrare ed a rendere più semplice e spedita l’amministrazione; il progetto, peraltro, fu avversato ed il Cadorna si dimise dall’incarico. Nel 1959 viene nominato Consigliere di Stato e nel 1975 assume la carica di quell’elevato consesso. Il presidente del Senato Domenico Farini, nel commemorare la sua scomparsa, ha ricordato che “entrava in Parlamento con tutte le impazienze con che l’inesperienza acuiva le aspirazioni più alte. Ma ben presto il senso dell’opportunità imprimeva novello indizio alla sua mente, temperava la ingenua foga di lui nato a bello, all’ottimo, all’ideale”. Non mancò, poi, di aggiungere che “aiutò ad instaurare presso di noi le norme, le buone consuetudini parlamentari… conscio che gli uomini politici, per utilmente versarsi nella cosa pubblica, non devono, dalle transazioni aborrenti, star pronti sotto alle offese, per procedere insecchiti quasi fra le ritorte di regola claustrale, aveva saputo a tempo, non rinnegare i principi, ma colla scorta della ragione dei temi e dello stato propiziarne il trionfo”. Ha ricordato, altresì , che “Consigliere di Stato, presidente dell’Alto consesso, spassionatezza ne segnò la 81 onesta via, dottrina ne informò, sapienza ne illuminò i verdetti. Gli sopravvivrà la sua tradizione”. 82 CONSIGLIERI AGGIUNTI FISSI 1.– Coller Gaspare Andrea. – Nasce a Moretta (Cuneo) il 14 ottobre (o 5 aprile) 1776; muore ivi il 14 settembre 1855141. Era conte e si fregiava del gran cordone dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Laureato in giurisprudenza, era stato magistrato sotto il governo francese quale giudice di Al mese, avvocato fiscale di Vigevano e, poi, di Pinerolo, giudice del Tribunale di prima stanza di Torino, vice presidente interinale, effettivo ed, infine, procuratore imperiale; con la restaurazione fu posto momentaneamente da parte, ma ben presto venne riammesso in servizio ed inviato come senatore in Savoia. In seguito venne nominato procuratore generale e, poi, primo presidente della Camera dei conti, avvocato fiscale generale nel Supremo Consiglio di Sardegna e primo presidente del Senato del Piemonte. E’ stato, tra l’altro, autore di un importante studio sul nuovo codice di procedura civile(1807-1809). Nel 1847 venne nominato primo presidente di Cassazione e nello stesso tempo ministro di Stato. Fu anche componente della Commissione superiore di liquidazione e presidente della sede ordinaria. Partecipò al Consiglio di conferenza del 7 febbraio in cui si discusse della introduzione del regime rappresentativo, ma i suoi interventi non sono sembrati molto significativi, anche a causa del suo carattere ritenuto “scarsamente diplomatico e poco incline al compromesso“142; in particolare, dopo aver osservato che “la maggioranza del paese è legata al Governo e tiene al principio conservatore: solo la minoranza è per il progresso “, consiglia di “incoraggiare le persone ben pensanti ad assecondare il Governo nel cammino che esso si è 141 V.: BERSEZIO V., Il Regno di Vittorio Emanuele II, cit., 68; ERCOLE F., Il Risorgimento italiano - Gli uomini politici, I, Roma, 1941, 197; GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., 315; MICHEL E., in Dizionario del Risorgimento Nazionale, Milano, 1930, II / 1, 721; SARTI T., Il Parlamento, cit., 294 ; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 39. 142 V., COLOMBO P., Op. cit., 59. 83 dato, facendo alcune nuove concessioni per proseguir nel sistema già tracciato”143. Fu tra i primi ad essere nominato componente del senato del regno di cui fu anche il primo presidente144; nel Senato fu componente della Commissione per l’esame del progetto di legge sul codice civile. Viene ricordato per rettitudine, cultura e operosità, tutte doti che possedeva in grande misura. 2.– Gallina Stefano Agostino Domenico. – Nasce a Torino il 19 settembre 1802 [ o a Marene (Cuneo) il 20 marzo 1790]; muore a Torino il 1° aprile 1867145. Era conte; si fregiava delle onorificenze di gran cordone dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e di cavaliere dell’Ordine civile di Savoia. Fu residente e, poi, presidente onorario dell’Associazione agraria subalpina di Torino, socio onorario dell’Accademia dei Georgofili di Firenze, socio onorario dell’Accademia dell’agricoltura di Torino e della Società di agricoltura, industria e commercio della stessa città. Ha iniziato l’attività pubblica dapprima come volontario e poi come sostituto nella Procura generale della Camera dei conti. In seguito è stato nominato ministro delle finanze e ministro dell’interno. A causa di una malattia agli occhi, si era successivamente dimesso dagli incarichi politici ; tuttavia il Re, che gli mostrava una particolare simpatia, gli conferì la dignità nazionale di Sovrintendente e Presidente capo degli archivi di Corte. 143 V. resoconto della seduta in NEGRI G.-SIMONI S., Lo Statuto, cit., , 215 ss. E’ stato notato che sia al momento dell’insediamento nella carica di presidente del senato, sia successivamente, il Coller non tenne alcun discorso e questo comportamento è stato piegato con il fatto che “era un magistrato e perciò non incline ad un ruolo visibile”; è stato aggiunto che, nella conduzione dell’assemblea, si fidava del suo prestigio personale, “ma non sempre si rivelò incisivo nel dirigere i lavori e decisivo nel dirimere le controversie procedurali “(FERRARI ZUMBINI R., Tra idealità, cit., 213 ss.). Altri ha osservato che “essendo nuovo, come tutti i colleghi, alla politica e privo della duttilità e dell’intuito necessari… si trovava in difficoltà nel dominare la discussione e nel trovare un non facile punto di convergenza” (MONTALE B., Gli anni del Risorgimento, in AA.VV., I presidenti del Senato, Roma, 1989, 20 s.); il presidente del Senato Cesare Alfieri, nel commemorare la sua scomparsa, ha posto in evidenza che, nel presiedere l’Assemblea, univa “ un certo che di paterno all’esercizio dell’autorità presidenziale”. 145 V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., 491 ; MODUGNO B., Dizionario biografico degli italiani, Roma, 677; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 40. 144 84 Questo incarico che, secondo un’interpretazione evolutiva della disposizione di cui all’art. 33 dello Statuto146, venne equiparato a quello di Presidente del Magistrato di Cassazione e della Camera dei Conti, permise poi la sua nomina a senatore del regno, quale appartenente alla ottava categoria. Al Gallina si deve una accorta gestione del bilancio dello Stato e conseguentemente il risanamento delle finanze pubbliche; seguì una politica intesa a favorire i libero scambio e modificò più volte le tariffe doganali per agevolare la libertà di commercio. Rilevante è stata la sua attività svolta nel Consiglio di conferenza del 7 febbraio 1848, dove si pronunciò chiaramente per la concessione della carta costituzionale. Nel Senato fu componente attivo di varie commissioni, tra cui quelle di finanza, di agricoltura e commercio, per l’esame del progetto di legge sulla sicurezza pubblica e per l’esame del progetto di legge sul riordinamento dell’amministrazione centrale. Per le particolari doti dimostrate nel contrarre il primo prestito pubblico a condizioni vantaggiose, Carlo Albero lo nominò conte di Guarente. Mostrava talora una durezza di carattere che viene attribuita alla circostanza che si era fatto da solo147; era considerato “un argomentatore di prim’ordine, che enuncia le proprie ragioni e sostiene il proprio assunto con una chiarezza ed una logica concatenazione di idee da non potersi desiderare migliore e più soddisfacente148. Il presidente del Senato Gabrio Casati, nel commemorare la sua scomparsa, ricordò che “diede novelle dei suoi lumi e di amore per la Patria, con la sua attiva partecipazione alla Commissione di finanze a quella di agricoltura e commercio, a quella per l’esame del progetto di legge sulla sicurezza pubblica ed a quella per l’esame del progetto di legge sul riordinamento dell’amministrazione centrale”. 146 V., FERRARI ZUMBINI R., Op, cit., 71. V., COLOMBO P., Op., cit., 59. 148 V., CALANI A., Il Parlamento dl Regno d’Italia, Milano, 1866, 1022. 147 85 CONSIGLIERI STRAORDINARI 1.– Costa di Beauregard Pantaleone. – Nasce a Marcieux il 19 settembre 1806; muore a Chambéry il 18 ottobre (o 19 settembre) 1864149. Era marchese. Entrato in giovane età nella corte di Carlo Alberto, rivestendo la carica di gentiluomo di camera e di primo scudiero, divenne in seguito suo fedele amico e confidente. Fece parte del parlamento subalpino e di quello nazionale. Fu tra i promotori dell’Associazione agraria che non si occupava solo di agricoltura ma si interessava anche di questioni generali le cui discussioni costituivano quasi un preludio di quelle parlamentari con gli opposti schieramenti di “destra” e di “sinistra”. E’ stato infatti rilevato che in tale ambito si affronteranno e confronteranno le opinioni di borghesi ed anche di altri ceti con un ampio bagaglio di progetti riformisti e moderni, con quelli di conservatori contrari ad ogni innovazione dando vita ad un “risveglio” culturale che darà in seguito i suoi frutti durante il periodo cavouriano150. Nel 1847 venne nominato Consigliere di Stato straordinario annuale. E’ stato anche presidente dell’Accademia imperiale di Savoia. Nel 1861 venne nominato senatore francese, ma non accettò l’incarico, per la sua fedeltà a Casa Savoia. E’ stato autore di numerosi scritti su argomenti storici. 2.– Rocca Saporiti Apollinare della Sforzesca. – Nasce a Reggio Emilia il 13 aprile 1813; muore il 16 febbraio 1880151. Era marchese. Delle cospicue sostanze ereditate dallo zio Saporiti della Sforzesca si avvalse per aiutare le arti, favorire le industrie e svolgere intensa attività filantropica. Nel 1847 vene nominato Consigliere di Stato straordinario. 149 V.: ERCOLE F., Il Rinascimento italiano. Gli uomini politici, I, Roma, 1941, 393; MICHEL E., in Dizionario del Risorgimento nazionale, II/2 Milano 1930, 769; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 40. 150 V., BROGNOLI M., Carlo Alberto, ultimo re di Sardegna (1798-1849), Torino, 2007, 285. 151 V., ZOLI C., Cenni biografici ,cit., 41. 86 3.– Beraudo di Pralormo Carlo Giuseppe Francesco Angelo Maria Vincenzo Sebastiano. – Nasce a Torino il 2 agosto 1784; muore il 10 dicembre 1855152. Era conte. Si fregiava di numerose onorificenze, tra cui: cavaliere dell’Ordine SS. Maurizio e Lazzaro, cavaliere della SS. Annunziata, gran Croce dell’Ordine di S. Giuseppe (Granducato di Toscana), cavaliere dell’Ordine della Corona ferrea (Austria), cavaliere dell’Ordine dell’Aquila Bianca (Russia), cavaliere dell’Ordine di S. Anna (Russia), cavaliere dell’Ordine di S. Stranislao (Russia). Durante il periodo napoleonico aveva ricoperto varie cariche amministrative; successivamente svolse intesa attività diplomatica come inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso la Santa Sede e presso la corte di Vienna dove venne apprezzato da Metternich e dall’imperatore Francesco I. Fu ministro segretario di stato per le finanze ed in seguito per l’interno. Nel 1847 venne nominato Consigliere di Stato straordinario; l’anno successivo fu chiamato a far parte del senato del regno. Nel Consiglio di conferenza del 7 febbraio 1848, in cui si discusse dell’adozione del regime costituzionale153, espressamente interpellato sul punto dal Re, afferma la sua contraria opinione; tuttavia, dopo aver ascoltato la dichiarazione concorde dei sette ministri sulla situazione del paese e quella del governo, da cui emerge che la concessione di una Costituzione sembra a tutti il rimedio capace di far cessare questo stato di cose, poiché ritiene che la salvezza del Sovrano e dello Stato sia il primo dovere di ogni suddito fedele, comunica la sua adesione. Non manca, però, di avanzare le sue riserve, chiarendo che il suo divisamento è dettato dal fatto che, nello stato disperato in cui si trova il paese, il rimedio proposto resta il solo da provare; aggiunge, con atteggiamento pilatesco, che di fronte alla necessità non c’è nulla da fare, ma che tale necessità è fondata sulla responsabilità di coloro che l’affermano. E’ il caso, infine, di segnalare che quando il Re chiede di esaminare l’opportunità di inserire, nella norma sulla libertà di stampa prevista nella 152 V.: COLOMBO P., Op, cit., 58 ss.; GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., I, Roma, 2005, 209, ZOLI C., Cenni biografici, cit., 41. 153 V. resoconto della seduta, in NEGRI G.- SIMONI S., Lo Statuto, cit., 212 ss. 87 nuova carta costituzionale, una disposizione particolare per ciò che riguarda le opere in materia di religione, la cui revisione verrebbe lasciata ai vescovi, Pralormo si dichiara decisamente contrario; di fronte alla politica di “dare con una mano e incamerare con l’altra”154, fa notare, con atteggiamento condivisibile, che “non ci sono mezzi termini, che quando si vuole prendere una strada, bisogna assumerne tutta la responsabilità, ma che un sistema che tenga da una parte e dall’altra non può conciliarsi”. A seguito di ciò, la norma aggiuntiva non venne inserita. 4.– Borelli Giacinto. – Nasce a Demonte (Cuneo), presso la cui fortezza il padre era protomedico, l'11 settembre 1783 e muore a Torino il 20 novembre 1860155. Laureatosi in giurisprudenza presso l'Università di Torino il 12 giugno 1804, dopo un periodo di pratica legale, nel 1806 venne nominato volontario nel Tribunale di prima istanza di Torino e, quindi, avvocato patrocinante presso la Corte d'appello della medesima città. In seguito si trasferì in Toscana dove svolse la sua attività di magistrato fino a conseguire la nomina di Procuratore imperiale criminale del dipartimento dell’Ombrone. Per i risultati raggiunti, specie per la diminuzione dei delitti che fece registrare, meritò numerosi elogi; il Boncompagni, Procuratore generale presso la Corte criminale di Firenze, di lui affermò che: “il n'y a pas en Tóscane de Procureur Impérial plus intelligent ni plus activ que M. Borelli”. Dopo la Restaurazione, tornò nei ruoli della magistratura piemontese dove fu nominato avvocato fiscale del Consolato di Torino; ma, per motivi di ordine economico (dalla famiglia non poteva ricevere alcun aiuto perché il padre, con il suo stipendio non elevato, doveva provvedere a sostenere ben sette figli), assunse il più remunerato incarico di segretario di Stato nel Ministero dell'interno. 154 V., COLOMBO P., Op., cit., 89. V.: LOCORORONDO G., BORELLI G., in Dizionario biografico degli italiani, XlI, Roma, 1970, 536; ZOLI C., Cenni biografici, cit., III, Roma, 41. 155 88 In seguito, rientrò nella magistratura assumendo l'incarico di senatore, di avvocato fiscale generale e, poi, di presidente presso il Senato di Genova, incarico quest'ultimo che mantenne per sedici anni; anche qui ebbe lusinghieri riconoscimenti per la sua attività ed, in particolare, per il rigore mostrato nei confronti dei funzionari che si erano rivelati inefficienti. Svolse anche le funzioni di reggente della reale cancelleria di Sardegna. Nel l820 venne nominato conte “in cò suoi discendenti maschi con ordine di primogenitura per la linea mascolina”; ma essendo rimasto celibe, nel 1837, gli venne concessa la facoltà di trasmettere il titolo al fratello Luigi e, in caso di premorienza, al di lui figlio Giacinto. Carlo Alberto, che evidentemente apprezzava il suo operato, sul finire del 1847 lo nominò Consigliere di Stato straordinario (30 settembre 1847) e, poco dopo, ministro per gli affari dell'interno che, per effetto delle recenti riforme, comprendeva anche l'amministrazione della polizia, in precedenza rientrante nelle attribuzioni del ministero della guerra. L. Des Ambrois de Navâche, che lo aveva proposto per la nomina al Re, lo riteneva “uomo forte e severo" ed in grado di "tranquilliser le Roi156”; F. Sclopis lo aveva definito “uomo sagace e fermo nei suoi giudizi .....Voleva che il governo si mantenesse in autorità e forza, ed avrebbe volentieri battuto il sentiero di quella regolare amministrazione Napoleonica” e più oltre aggiungeva che “inclinava per abitudine d'animo e di patria piuttosto agli ordini regolari bensì, ma stretti, che ai larghi e liberali157”. Bersezio158 rilevava in lui “la scrupolosità e il rispetto del giusto e di ogni ragione giuridica proprii dell’antica onoratissima magistratura piemontese”, sottolineando che “nemicissimo dell’arbitrio, dei soprusi, dei favoritismi, ed aveva fermezza di volontà incrollabile come severità onesta, incapace di ogni transazione”. Borelli non aveva esperienza politica, ma era un fine giurista e particolare conoscitore del diritto pubblico. 156 V., Notes et Souvenirs inédits, Bologna, 1901, 14 ss. V.,SCLOPIS F., Memorie Storiche, cit., da COLOMBO A., Dalle riforme allo Statuto di Carlo Alberto, Casale, 1924,179 ss. e specialmente 182. 158 V., BERSEZIO V., Il regno, cit., II, 1885, 434. 157 89 Queste conoscenze fece valere in più occasioni: così, quando il Re volle proclamare lo stato d'assedio di Genova o proibire mediante la polizia gli assembramenti, manifestò il suo avviso contrario, rilevando la mancanza di una legge che disponesse in tal senso; in altra occasione sostenne l'esclusione del clero dal corpo elettorale, facendo richiamo ai possibili inconvenienti derivanti dall'ammissione nei consigli comunali di persone che non erano soggette al foro civile159. Era, quindi, sempre attento affinché le iniziative del governo si svolgessero nell'ambito della legalità, anche se si trovava d'accordo con il re nell'intento di restaurare l'ordine. Il comportamento del Borelli di sostanziale moderazione mutò nelle turbolente giornate del febbraio 1848, allorché opportunamente e saggiamente consigliò di non cedere ai movimenti insurrezionali, ma di concedere spontaneamente la costituzione, di cui pure era convinto che fosse "un mal ". Si assunse quindi, il gravoso compito di convincere il Re che era impossibile proseguire nella politica fino allora seguita e che occorreva porsi a capo del movimento per contenerlo e guidarlo. Non ricevendo l'immediata adesione di Carlo Alberto, dopo aver sentito i ministri che si mostrarono concordi sulla necessità di andare incontro alle esigenze dei tempi, nell'adunanza del 3 febbraio espose tutte quelle argomentazioni già rappresentate nei precedenti colloqui privati con il re, ponendo l'alternativa ineludibile: crisi o costituzione. Le argomentazioni del Borelli trovarono rispondenza e consensi negli altri intervenuti nell’adunanza, per cui il Re, che non dubitava della devozione e senso di patriottismo dei suoi ministri, “nella sua bontà davvero paterna”, come si legge nel verbale di quella seduta, dichiarò solennemente di non avere " altri desideri se non il bene dei suoi popoli e che non avrebbe mosso alcun ostacolo al compimento di tutto ciò che avrebbe potuto contribuire alla felicità dei popoli "; perciò ordina di occuparsi di un progetto nel quale si avesse cura di 159 V., CROSA E. La Concessione dello Statuto - Carlo Alberto e il Ministro Borelli, in Nuova Antologia, 1935, 375. 90 non imitare in modo servile altre nazioni, riservandosi di prendere successivamente la decisione che riteneva conveniente. Per il giorno 7 febbraio viene convocato un consiglio di conferenza straordinario cui parteciparono insieme ai ministri, i più alti funzionari e dignitari dello Stato, in cui il problema della concessione della costituzione venne ampiamente dibattuto. Quando alle quattro del pomeriggio ebbe termine la prima parte della seduta, la concessione della Carta Costituzionale appariva non più dilazionabile. Il Borelli è, pertanto, riuscito ad indirizzare la volontà reale ad altra via; a lui spetta, quindi, il merito di aver legato la concessione dello Statuto alla causa dell’indipendenza, affermando con risolutezza che l'una era condizione dell’altra come risulta palese nel proclama dell'8 febbraio, in cui si preannuncia la concessione dello Stato “ora poi che i tempi sono disposti a cose maggiori ...”. In tal modo la Monarchia assorbiva la risoluzione dando inizio alla gloriosa epopea del Risorgimento. Il testo definitivo dello Statuto venne promulgato il 4 marzo 1848. Dopo la firma apposta dal Re “calmo e sereno, come un uomo che adempie coscienziosamente un grande dovere”, il vecchio Borelli, con un movimento spontaneo, si avvicinò, posò a terra un ginocchio e baciò la mano cha aveva firmato lo Statuto"; così fecero poi gli altri Ministri160. In seguito, il Borelli rifiutò la nomina a senatore, avvenuta il 27 luglio 1849, lamentandosi della tardività della proposta, in quanto non era stata avanzata al momento della formazione del primo parlamento piemontese, quando avrebbe avuto una sua "significazione"; osservava anche che la medesima proposta non era stata estesa a tutti i componenti del gabinetto che avevano preparato la carta costituzionale. Nel 1858, si dimise, anche dalla carica di Primo Presidente della Camera dei Conti che aveva assunto il 18 marzo di dieci anni prima. 160 V., la testimonianza di Des Ambrois, come viene riferita da MARANINI, Le origini dello Statuto Albertino, Firenze, 1926, 123. 91 5.– Charvaz Andrea. – Nasce a Hautecour (Savoia) il 25 dicembre 1793; muore a Mont-Saint Michel (Moùtiers) il 18 ottobre 1870161. Appena ordinato sacerdote nel 1818, ebbe l’incarico di vice parroco a Beaufort, incarico che tuttavia poco dopo lasciò per l’insegnamento di teologia nel Collegio di Moùtiers. Sucessivamente, a Parigi , l’arcivescovo di quella metropoli gli offrì una buona sistemazione e la nomina a professore supplente di teologia alla Sorbona; per la mancata autorizzazione al trasferimento oppostagli dal vescovo dell’epoca di Chambery, preoccupato di perdere un così valido collaboratore, fece ritorno in patria dove gli venne affidato l’incarico di analogo insegnamento nel seminario della medesima città . Fu, poi, segretario e cancelliere del nuovo vescovo, canonico onorario della metropolitana di Chambery e vicario generale della diocesi. Lasciò tale incarico quando Carlo Alberto gli chiese di fare il precettore dei figli Vittorio Emanuele e Ferdinando; il compito fu svolto egregiamente,con grande soddisfazione dell’augusto genitore che gli conferì, per riconoscenza, la croce di cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro (in seguito ebbe anche l’onorificenza di Cavaliere di gran croce con il gran cordone e quella del Collare della SS. Annunziata) ed il sostegno per la nomina a vescovo di Pinerolo che, in seguito, gli venne conferita. Nell’espletamento del nuovo mandato, conferitogli nel 1834, viene ricordato per il riordinamento del seminario, l’istituzione di scuole per giovinette affidate alla cura delle dame del Sacro Cuore, l’apertura di sale d’asilo per l’infanzia, la fondazione della Prioria della Torre con un corpo di missionari per la propaganda della fede cattolica tra i valdesi e la costruzione dell’ospedale di Luserna per i cattolici poveri. Il 30 settembre 1847 venne nominato Consigliere di Stato straordinario, ma si dimise poco tempo dopo, rinunziando anche al vescovado di Pinerolo, per protesta contro una circolare del conte Sclopis che demandava alle apposite 161 V.: POGGI F., in Dizionario del Risorgimento nazionale, II/2, Milano,1930, 665; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 42. 92 commissioni provinciali la revisione della stampa di liturgie, catechismo o pura teologia . Si trasferì, quindi, a Roma dove venne nominato vescovo di Sebaste in partibus infedelium ed, in seguito, si ritirò nella sua casa di campagna di Mont Saint Michel. Di lui, però, si ricordò Vittorio Emanuele II che , d’intesa con il Papa, gli offrì la sede arcivescovile di Genova, da anni vacante, anche nell’intento di agevolare la riconciliazione dei rapporti con la Santa Sede che, in quei tempi, erano alquanto tesi . Governò la diocesi con equilibrio e saggezza, distinguendosi per le provvidenze concesse a favore dell’istruzione, nonché a favore delle congregazioni religiose e dei poveri; prestò attiva partecipazione all’attività di soccorso delle popolazioni colpite dall’epidemia colerica degli anni 1854-6, meritandosi la medaglia d’oro dal regio governo. Mostrò attenzione anche alla stampa cattolica e specialmente al periodico “Il Cattolico” cui rivolse parole di elogio per lo zelo ed il coraggio con cui difendeva le ragioni della Chiesa, senza omettere di invitarlo a mantenersi “nei limiti della verità, della giustizia, della moderazione, allontanando ogni insinuazione o supposizione malevole o infondata”. Nel 1860, a causa delle sue precarie condizioni di salute, chiese formalmente al Papa di essere esonerato dal mandato arcivescovile, ma revocò la sua richiesta per le sollecitazioni in tal senso rivoltegli da duecentocinquanta sacerdoti, oltre che dai giornali e dalla popolazione genovese; aggravatosi il suo stato di salute, tra l’altro venne colpito da sordità, presentò nuovamente la sua domanda di esonero che venne finalmente accolta. Al momento del commiato, la Giunta municipale di Genova gli indirizzò una calorosa lettera di apprezzamento in cui si poneva in evidenza che “Ella fu esempio costante di sapere, di virtù, di tolleranza e moderazione: Vescovo e cittadino, conciliò mirabilmente i doveri del suo ministero e quelli verso la Patria ed il Re. Frenò le esorbitanze che deturpano la Religione, e le recano danno: fu il modello del Pastore cristiano in tempi difficili”. 93 6.– Cuttica di Cassine Giuseppe. – Nasce ad Alessandria il 19 febbraio 1786; muore il 23 marzo (o aprile) 1855162. Era marchese. E’ stato colonnello aiutante generale nello stato maggiore generale, gentiluomo di camera del Re, consigliere della città di Alessandria. Nel 1847 venne nominato Consigliere di Stato straordinario. 7.– Gallini Giovanni Battista Matteo. – Nasce a Voghera il 21 febbraio 1788; muore a Torino il 25 dicembre 1848163. Era nobile. Si fregiava dell’onorificenza di cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Fu Riformatore degli studi a Voghera e assessore della riforma della medesima città di cui successivamente, e per molti anni, fu sindaco. E’ stato anche componente del Consiglio generale dell’amministrazione del debito pubblico. Nel 1847 è stato nominato Consigliere di Stato straordinario. L’anno successivo venne chiamato a far parte del senato del Regno. 8.– D’Oncieux di Chafford Paolo. – Nasce a Torino il 22 marzo 1780; muore il 16 febbraio 1862164. Nell’attività pubblica ha svolto numerosi incarichi quali sindaco di Saint Jean d’Arvey, gentiluomo di camera di Savoia, secondo scudiero nella corte dei principi di Carignano e grande di Corte. Nel 1847 venne nominato Consigliere di Stato straordinario. 9.– Gerbaix de Sonnaz Giuseppe Maria. – Nasce a Chambéry il 24 gennaio 1784, muore nel 1865165. Era conte. Si fregiava dell’onorificenza di grande della Corona, gran maestro della Real Casa e collare della SS. Annunziata. 162 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 42. V., GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., I, Roma, 2005, 495. 164 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 42. 165 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 43. 163 94 10.– Giovannetti (o Giovanetti) Giacomo. – Nasce a Orta Novarese il 1° giugno 1787; muore a Novara il 21 gennaio 1849166. Si fregiava dell’onorificenza di cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, cavaliere dell’Ordine civile di Savoia, cavaliere dell’Ordine della Legion d’onore (Francia), cavaliere dell’Ordine di Cristo (Portogallo). Era avvocato e grandemente esperto di diritto in generale e di scienza della pubblica amministrazione; nella materia del regime delle acque era “inarrivabile“167 e la sua fama era giunta anche all’estero dove i suoi consigli venivano richiesti dalla Francia, Portogallo e Russia. E’ stato consigliere comunale e provinciale di Novara, è stato anche presidente capo della Commissione superiore di sanità, presidente dell’Istituto civico Bellini di arti e mestieri, componente della Deputazione di storia patria di Torino. Fu prezioso ed ascoltato consigliere di Carlo Alberto che lo interpellava in tutti gli affari più importanti del regno; si può dire che tutte le riforme che vennero attuate nel periodo albertino ebbero nel Giovannetti l’accorto suggeritore e l’esperto partecipe. E’ stato considerato l’autore della legge comunale e provinciale promulgata con regio editto 27 novembre 1847, n.659, che riordinava le amministrazioni suddividendole in divisioni amministrative, province e comuni escludendo ogni partecipazione dell’autorità militare168. A lui si deve, tra l’altro, l’opportuna carta delle istituzioni parlamentari con il proposta di intitolare nome di “Statuto”, la evitando quello di “costituzione” che richiamava connotazioni rivoluzionarie169. 166 V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., 523; SARTI T., Il Parlamento, cit., 573; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 43. 167 L’espressione è del Bersezio, come viene riferito da SARTI T., Op. loc. cit. 168 V., BROGNOLI M., Carlo Alberto, ultimo re di Sardegna (1798-1849), Torino, 2007, 346. 169 E’ il caso di ricordare che Statuto è lo stesso termine con cui viene indicato il progetto di costituzione predisposto dal “primo uffiziale” Melchiorre Mangiardi su incarico di Prospero Balbo e presentato, nelle burrascose giornate del marzo 1821, al Re Vittorio Emanuele I; il progetto non ebbe l’approvazione del Sovrano, specie per le rimostranze del Ministro degli esteri Filippo Antonio di S. Marzano che, al ritorno dal convegno di Lubiana, aveva riportato la ferma volontà della Santa Alleanza di non tollerare concessioni costituzionali, per cui il medesimo Re, di fronte all’incalzare degli eventi, decise di abdicare in favore del fratello Carlo Felice e di abbandonare la capitale per trasferirsi nello Stato della Chiesa. (V., 95 Nel 1847 è stato nominato Consigliere di Stato straordinario e successivamente ordinario; assegnato alla sezione di finanza e, poi, a quella di giustizia, grazia e affari ecclesiastici, venne poco dopo nominato Presidente capo. Fu tra i primi ad essere nominato senatore del regno, rivestendo la carica di primo segretario dell’ufficio di presidenza. E’stato autore di interessanti scritti, quali : “Du régime des eaux”, “Commentario agli Statuti novaresi”, “Dell’abolizione delle tasse annonarie”, “Della libera estrazione della seta greggia”. 11.– Giustiniani Pantaleo. – Nasce a Genova il 14 agosto 1780; muore il 17 febbraio 1867170. E’ stato sindaco di San Francesco d’Albaro, decurione e, successivamente primo sindaco della città di Genova. Il 30 settembre 1847 è stato nominato Consigliere di Stato straordinario. Nel 1847 venne nominato Consigliere di Stato straordinario. 12.– Losana Giovanni Pietro. – Nasce a Vigone il 22 gennaio 1793; muore il 4 febbraio 1873171. Era prelato cattolico, domestico di Sua Santità e assistente al Soglio Pontificio. Fu vicario apostolico di Aleppo e delegato del Vaticano al Monte Libano. Il Papa Leone XII lo invio più volte in missione in Asia Minore e in Egitto; anche Carlo Alberto, che lo aveva in considerazione, si avvalse dei suoi servizi,incaricandolo di visitare i consolati sardi. Nel 1833 venne nominato vescovo di Biella dove fu prodigo di attività benefiche; nel 1847 venne nominato Consigliere di Stato straordinario. Nella vita civile appoggiò la politica liberale del governo piemontese. Nel Concilio Vaticano avversò la concezione dell’infallibilità pontificia, ma, dopo la proclamazione del dogma, fece atto di sottomissione. ROMAGNANI G.P., Prospero Balbo intellettuale e uomo di Stato (1762-1837), II, Torino, 1990, 548 ss.) 170 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 43. 171 V.: Dizionario enciclopedico italiano, ad vocem, VII, Roma, 1957, 128; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 44. 96 13.– Oneto Giacomo Giovanni Battista. – Nasce a Genova il 5 settembre 1790; muore ivi il 23 (o 25) febbraio 1873172. Si fregiava dell’onorificenza di cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Appartenente ad una famiglia di banchieri genovesi, rivestì numerose cariche pubbliche, quali vice presidente e, poi, presidente della Camera di commercio della medesima città e componente del Consiglio di reggenza della Banca nazionale degli Stati sardi, sede di Genova. Fu tra i primi ad essere nominato da Vittorio Emanale II, senatore del regno. Nel 1847 venne nominato Consigliere di Stato straordinario. Il vice presidente del Senato Terenzio Mariani, nel commemorare la sua scomparsa, ricordò la sua vita modesta, laboriosa e integerrima. 14.– Orengo Giovanni Stefano. – Nasce a Dolcedo (Porto Maurizio) il 4 febbraio 1784; muore il 2 luglio 1858173. Era barone. E’ stato componente dei senati di Genova e del Piemonte, avvocato fiscale presso l’Udienza di Cagliari, avvocato generale presso il senato di Casale. Nel 1847 è stato nominato Consigliere di Stato straordinario. Venne collocato a riposo nel 1853, con il grado di consigliere di Cassazione. 15.– Renaud di Falicone Giuseppe Maria. – Nasce a Biella l’8 aprile 1775; muore il 25 dicembre 1846 (o 1850)174. Era nobile ed insignito del Collare della SS. Annunziata. E’ stato colonnello e, poi, maggiore generale comandante della brigata Cuneo, governatore della divisione Torino , di Novara. e di Alessandria. Nel 1847 venne nominato Consigliere di Stato straordinario. 172 V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., I, Roma, 2005, 681; SARTI T., Il Parlamento, cit., 709; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 20. 173 V., ZOLI C., Cenni biografici, cit., 44. 174 V., ZOLI C., Cenni biografici , cit., 44. 97 16.– Saluzzo di Monesiglio Cesare. – Nasce a Torino il 14 giugno 1778; muore il 6 ottobre 1853175. Era conte e si fregiava dell’onorificenza dell’Ordine della SS. Annunziata. E’ stato segretario del Consiglio dei ministri durante il regno di Vittorio Emanuele I. Durante il regime napoleonico si è dedicato agli studi storici e filosofici.; in seguito ha ricoperto molteplici e prestigiosi incarichi tra cui, è stato decurione della città di Torino, segretario perpetuo e direttore dell’Accademia di belle arti, comandante dell’Accademia militare, precettore dei figli di Carlo Alberto, Vittorio Emanuele e Ferdinando, gentiluomo di corte, presidente della Deputazione di storia patria, gran mastro d’artiglieria, componente dell’Accademia delle scienze, gran scudiero del Re, direttore dell’edizione dei Monumenta historiae patriae. Piuttosto conservatore, non aveva mostrato molto entusiasmo per la concessione dello Statuto e per il regime liberale. 17.– Cordero di Pamparato Stanislao. – Nasce a Mondovì il 10 luglio 1797; muore a Torino l’8 marzo 1863176. Era nobile: conte di conte di Roburent, marchese di Pamparato, e signore di Roasio; si fregiava dell’onorificenza di cavaliere, commendatore, gran cordone e gran croce dell’Ordine di SS. Maurizio e Lazzaro. Avviatosi alla carriera militare, fu sottotenente nel Reggimento Dragoni del Re e poi luogotenente nello Stato maggiore ed applicato alla ispezione di cavalleria; esperto nella disciplina ippica, raggiunse nel 1844 il grado di colonnello di cavalleria. Il 1848 fu per lui un anno molto prospero, perché venne nominato maggior generale, aiutante di campo del re Carlo Alberto, senatore del regno e Consigliere di Stato; fu anche sovrintendente generale della Lista civile, componente del Congresso consultivo permanente di guerra, componente del 175 V.: Dizionario enciclopedico italiano, ad vocem, X, Roma, 1959, 743; ZOLI C., Cenni biografici , cit., 44. 176 V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., I, Roma, 2005, 331; SARTI T., Il Parlamento, cit., 308; ZOLI C., Cenni biografici , cit., 45. 98 consiglio d’amministrazione della Società d’assicurazione contro la mortalità del bestiame e preside e capo primario direttore dell’Accademia Albertina di Torino. Il vicepresidente del Senato Federico Sclopis, nel commemorare la sua scomparsa mise in evidenza che fu “Uomo di antica fede, di schiettissimo carattere, di nobilissimi sentimenti, servì il Re e la patria nella milizia, ed in uffici d'alta amministrazione e fu sempre apprezzatissimo da tutti quelli che ebbero seco lui relazione. La sua da molto tempo mal ferma salute ed il lungo soggiorno che faceva fuori della nostra città, on gli permisero da parecchi anni il dividere assiduamente i nostri lavori, ma sempre egli serbò verso il Senato riverenza affettuosa e devota”. 18.– Dal Pozzo della Cisterna Emanuele. – Nasce a Torino il 7 (o 16) gennaio 1784; muore ivi il 26 marzo 1864177. Coinvolto nei moti liberali del 1821, per sottrarsi alle più dure conseguenze (in effetti, fu condannato alla forca in effigie e alla confisca dei beni) espatriò in Francia, dove rimase anche dopo l’indulto del 1842. Nei primi giorni del 1848 venne nominato Consigliere di Stato. Nel parlamento subalpino fu eletto a componente della Camera dei deputati nella prima legislatura, ma optò per palazzo Madama, quando ricevette la nomina a senatore del regno. La figlia Maria Vittoria andò sposa nel 1867 al principe Amedeo di Savoia duca d’Aosta. 19.– Nazari di Calabiana Luigi. – Nasce a Savigliano (Cuneo) il 27 luglio 1808; muore a Milano il 23 ottobre 1893178 Si avviò alla carriera ecclesiastica dove ben presto fu nominato vescovo di Casale ed in seguito arcivescovo di Milano. 177 V.: LEMMI F., Il processo al principe di Cisterna, in Biblioteca di storia italiana recente, Torino, 1923; SARTI T., Il Parlamento, cit., 358; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 45. 178 V.: GRASSI ORSINI F. e CAMPOCHIARO E., Repertorio, cit., I, Roma, 2005, 657; SARTI T., Il Parlamento, cit., 696; ZOLI C., Cenni biografici, cit., 46. 99 Elemosiniere di S.M. il Re, gli mancò la sacra porpora di cardinale forse perché non ritenne di dimettersi da senatore del regno. Si fregiava di numerose onorificenze: cavaliere dell'Ordine supremo della SS. Annunziata, commendatore ed in seguito gran cordone dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e grande ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia. Nell’estate del 1947 partecipò attivamente ai lavori del congresso dell’Associazione agraria subalpina di Casale,in cui tra l’altro vennero avanzate varie richieste di riforme, manifestando sentimenti di omaggio a Pio IX e convinta adesione alle teorie del Gioberti. Nel gennaio 1848 venne nominato Consigliere di Stato straordinario; nello stesso anno venne nominato senatore del regno, ma poiché non aveva raggiunto il quarantesimo anno di età, venne ammesso a condizione che “non prenda arte alle deliberazioni finché non raggiunta l’età prescritta”. Nel Senato prese parte alle discussioni in materie religiose, parlando contro l’abolizione del foro ecclesiastico e contro il matrimonio civile. Durante la discussione in Parlamento del disegno di legge d’iniziativa del Rattazzi sulla soppressione degli ordini religiosi (“Legge per la soppressione degli stabilimenti ecclesiastici e le congregazioni religiose addette alla predicazione, alla istruzione, alla beneficenza“), propose di porre a carico dell’episcopato piemontese la congrua dei parroci, a condizione del ritiro del medesimo disegno di legge. L’iniziativa dell’alto prelato celava numerosi vantaggi per il clero mentre si risolveva in altrettanti pregiudizi per l’autorità statale,come il riconoscimento di una generosità che si spinge a concedere un aiuto finanziario all’avversario, il risalto del prestigio che arriva ad imporre il ritiro di un progetto di legge in discussione in parlamento, l’affermazione del principio che i beni ecclesiastici sono di proprietà dl clero con l’evidente significato dell’intromissione del Papa negli affari del regno. La proposta del Nazari, che aveva ricevuto l’appoggio del Re, diede luogo ad un tormentato periodo di crisi che prese nome dal prelato e si concluse, dopo molti contrasti, con la sua sostituzione con un progetto di compromesso elaborato da Des Ambrois e da Giacinto Collegno che prevedeva di non disperdere le monache e i frati disseminati in centinaia di monasteri, ma di 100 lasciarli dove si trovavano e di assegnare loro una pensione; in tal modo si superava anche l’apprensione di molte famiglie nobili piemontesi che temevano il ritorno dei loro congiunti allo stato laico, con il conseguente riconoscimento dei diritti civili e soprattutto di quello di ereditare179. Da allora non partecipò alle sedute del Senato se non nel 1865, quando si discusse dell’unificazione legislativa, ribadendo le sue considerazioni espresse in altre occasioni contro il matrimonio civile. Domenico Farini, presidente del Senato, nel commemorare la sua scomparsa, ricordò che “Nei penetrali della inviolabile coscienza poté forse lamentare qualcuno dei mezzi o dei fatti che condussero all’unità della patria; forse poté dolersi di ordinamenti e leggi con cui il nuovo regno si ammodernava. Ma per quanto in ispirito potesse rammaricarsene, mai non si affievolì l’antica sua devozione alla Casa dei suoi Re; né verso la potestà civile mai si scostò da conciliante mitezza”. 179 V.: DE FEO I., Cavour, l’uomo e l’opera, Milano 2011, 248 s.; MAZZONIS F., La Monarchia e il Risorgimento, Bologna, 2003, 43. 101