Addio MHP, si passa a HbbTV 2.0

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Addio MHP, si passa a HbbTV 2.0
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
Visita ai laboratori
TIDAL HiFi diventa
Samsung e la
Alcatel-Lucent,
dove
lo streaming
fatica di andare si fa innovazione
04 delle mega star 13
oltre il prodotto
Sta per debuttare in negozio il Galaxy S6: si
tratta di un banco di prova davvero cruciale per
Samsung e le vendite del prossimo weekend
potranno già dirci quanto il deciso cambiamento
di rotta nella strategia mobile del colosso coreano
incontri l’accoglienza del pubblico. I primi segnali
sono buoni: rispetto ai “vecchi” Galaxy serie
S, si tratta di apparecchi più convincenti, dai
materiali ricercati, dalle prestazioni eccellenti
e che finalmente non puntano tutto sull’ultimo
sensore-gadget ma sulla sostanza. All’S6, nelle
sue due varianti, sono affidate in larga parte le
speranze di Samsung di recuperare il terreno
ceduto ai concorrenti, soprattutto in fascia alta, e
ricolmare la discesa di fatturati e utili fatti segnare
nelle ultime trimestrali. Sicuramente il nuovo top
di gamma, che arriva fuori sincrono rispetto ad
Apple e all’ormai metabolizzato iPhone 6, spingerà
in alto i numeri di Samsung, soprattutto quelli
relativi alla fascia alta del mercato, che poi è anche
quella più redditizia. L’S6 è uno smartphone di
rottura rispetto al passato e di certo rappresenta
un passaggio epocale: i “Galaxy fanboy”, infatti,
hanno già iniziato a lamentarsi per la batteria non
removibile e per la memoria non espandibile, da
sempre argomenti che venivano usati per criticare
i “nemici” iPhone. Tra l’altro, il grande pubblico dei
Galaxy, storicamente, non è mai stato particolarmente sedotto da materiali curati, vetro e metallo
e le scelte fatte oggi per l’S6 vanno proprio in
questa direzione. Insomma, come se Samsung con
questo smartphone volesse sedurre la clientela
Apple, ovviamente non quella “religiosa” ma quella più moderata, che probabilmente rappresenta
la maggior parte degli utenti iPhone. Anche a
costo di perdere un po’ di vecchi clienti. La scelta
è a nostro avviso corretta, ma la ricetta Samsung
è resa un po’ più insipida per la mancanza di un
ingrediente importante: l’ecosistema.
Infatti, traguardando la situazione in un orizzonte
un po’ più ampio del corto respiro delle trimestrali,
è il modello di business di Samsung che dà i
primi segni di “affaticamento”: il solo hardware
dà sempre meno soddisfazioni a chi lo produce
e lo commercializza. Soprattutto se a farlo è
un’azienda che oramai non è più snella come una
volta ma, pur nello stacanovismo dei coreani, ha
un peso organizzativo importante, sia nei costi che
nei tempi di reazione. Di fatto Samsung fino a oggi,
vendendo milioni di Galaxy, è stato il più grande
promotore di Android; e quindi dell’ecosistema
Google, che continua mese dopo mese a fatturare
e creare utili soprattutto in forza degli utenti Galaxy
che invece a Samsung, fino ad eventuale acquisto
di nuovo terminale, non daranno più nulla. Apple
dal canto suo fa tutto da sé, e – caso unico – è
riuscita a imporre da sola un ecosistema fatto sì
di hardware (neppure prodotto in proprio) ma
soprattutto di software e servizi. Samsung non
si è ancora veramente dimostrata capace di fare
altrettanto: Bada, che pur aveva diversi estimatori,
è stato abbandonato; i tentativi di imporre un
ecosistema di app proprio sembra tramontato, con
la chiusura di ChatOn; sul fronte Tizen, Samsung
sembra sempre lanciare il sasso e nascondere
la mano; insomma, non si capisce quanto sia
Samsung che tiene sotto scacco Google con Tizen,
o Google che di fatto impedisca a Samsung di fare
sul serio con il nuovo sistema operativo.
Di certo sembra finita l’era della pura economia
di prodotto nell’elettronica di consumo: i due
pilastri degli scorsi decenni, produzione hardware
e marketing, non bastano più. In un mondo che
si sposta sempre più verso l’economia dei servizi,
il software, i sistemi operativi e gli ecosistemi
sono vitali per chi vuole primeggiare. E il software
– oramai è dimostrato – lo sanno fare meglio
gli americani degli orientali. Da decenni. Mentre
il pallino della produzione si è periodicamente
spostato, dal mondo occidentale al Giappone, poi
alla Corea, Taiwan e quindi alla Cina. E non ci sono
motivi perché non si sposti ancora.
Gianfranco GIARDINA
Lytro Illum in Italia
Cambia il modo
di fotografare 22
Addio
MHP,
si
passa
a
HbbTV
2.0
Televisori e broadcaster adotteranno la piattaforma
interattiva HbbTV 2.0; i modelli di TV attuali non si potranno
aggiornare ma le app MHP continueranno a funzionare
ancora per qualche anno. Chiusura degli standard nel 2016
09
Come installare Sky Go e le
app sugli Android TV Philips
IN PROVA
27
Basta poco per caricare le applicazioni
del Google Play Store sui TV Philips Android
Vi spieghiamo come fare, passo per passo
HTC One M9
un piacevole déjà vu
29
10
Audio estremo: genialate
e follie dell’alta fedeltà
Motorola Moto 360
bello e ben costruito
Diffusori che volano o che vanno a candela,
auricolari da 2.500 euro: scopriamo i prodotti
più folli inventati nel mondo dell’alta fedeltà 35
19
Panasonic NN-CS894S
Un microonde al top
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MERCATO La CE ha annunciato il raggiungimento di un’intesa per la creazione del Digital Single Market
La Rete finalmente senza confini in Europa
Approvate le linee d’azione per Internet
La presentazione del piano avverrà a maggio, dopo la riunione dei commissari del 25 marzo
di Paolo CENTOFANTI
a Commissione Europea ha approvato le linee di intervento per arrivare
a una strategia per la creazione del
mercato unico in Europa anche online,
il cosiddetto Digital Single Market. Se
l’Unione Europea ha abbattuto le barriere
commerciali nel mondo fisico, paradossalmente è su Internet che permangono dei
clamorosi confini invalicabili. Basti pensare ai servizi e contenuti accessibili solo
in alcuni paesi o alle difficoltà ad aprire
un’attività online rivolta all’intero mercato
europeo districandosi tra leggi e regimi
fiscali diversi da Paese a Paese.
La presentazione del piano, che dovrà
essere tradotto in un pacchetto di nuove norme, avverrà a maggio e dopo la
L

riunione dei commissari del 25 marzo
sono state definite tre aree d’azione
principali: migliore accesso ai beni e ai
servizi digitali da parte di consumatori e
imprese, creazione di un ambiente propizio che favorisca la diffusione delle
reti e dei servizi digitali, creazione di un’economia e una società
“Sbarazziamoci di tutte le barriere
digitali europee con potenzialità
che ci bloccano.
di crescita a lungo termine.
Le persone devono poter attraversare
liberamente i confini quando sono online, Per quanto riguarda il primo punto, la Commissione si pone l’obietcome già avviene offline”
tivo di una riforma del copyright a
livello europeo che comprenda il
Andrus Ansip, Vicepresidente per il Mercato unico digitale
divieto di imporre limiti territoriali
torna al sommario
all’accesso di contenuti online: musica e video disponibili sui vari servizi di
streaming e store digitali dovranno essere accessibili da parte di tutti i cittadini europei indipendentemente dal paese di residenza. La Commissione punta
però anche a una maggiore diffusione
dell’e-commerce all’interno dell’Unione, con una semplificazione del regime
IVA, ma anche l’armonizzazione di norme contrattuali, tutela dei consumatori
e persino miglioramento dei servizi di
consegna dei pacchi sul territorio europeo anche in termini di costi. Parallelamente all’apertura del mercato digitale,
la Commissione intende anche mettere
mano alle norme in materia di telecomunicazioni e media, al fine di rilanciare
gli investimenti necessari a spingere lo
sviluppo della banda ultralarga in Europa, motivo per il quale verranno messi
sotto la lente di ingrandimento gli attuali piani di intervento dei singoli paesi in
questo senso. Il piano riproporrà inoltre
il tema dell’armonizzazione dello spettro a livello europeo per i servizi di telecomunicazioni, che era stato stralciato
dal pacchetto telecom della precedente Commissione, dopo il passaggio lo
scorso anno in parlamento.
Nel nuovo mercato digitale c’è anche
spazio però per un giro di vite sulla
pirateria online a quanto pare. Nel comunicato rilasciato dalla Commissione
si legge infatti l’intenzione di esaminare
“in che modo rafforzare la fiducia nei
servizi online attraverso una maggiore
trasparenza, come inserirli nella catena
del valore online e come agevolare la
rapida rimozione dei contenuti illegali”.
Per sapere quali saranno concretamente le misure che deciderà di impiegare
la Commissione Europea occorrerà
aspettare maggio.
Da Amazon
spazio infinito
online
Addio hard disk
Amazon lancia un nuovo
servizio cloud che offre
spazio illimitato a meno
di 60 $ all’anno, si può
memorizzare di tutto
Chi ha una connessione
veloce può fare a meno
degli hard disk esterni
di Roberto PEZZALI
Lo spazio per foto e file non è più
un problema: Amazon ha infatti
lanciato Cloud Drive Unlimited
Everything, 59 dollari all’anno per
avere a disposizione sul cloud un
disco “virtuale” con una quantità
infinita di spazio. Chi ha una connessione veloce, soprattutto in
upload, potrà quindi fare a meno
di dischi esterni, appoggiandosi
al nuovo servizio per memorizzare e richiamare file in modo trasparente e immediato. Amazon
è una certezza nel campo dello
storage cloud: i suoi servizi business come le CDN sono utilizzati da tutto il mondo (anche da
DDay.it) e anche per Cloud Drive
Unlimited saranno integrati i criteri di sicurezza per l’accesso e
per il backup destinati ai servizi
business. Per chi necessita di
spazio solo per le foto esiste il
più abbordabile Unlimited Photos: costa 11.99$ all’anno e garantisce archiviazione gratuita per
l’upload di sole fotografie, con
un bonus di 5 GB per i video. Al
momento in Italia, almeno sull’account che abbiamo provato, sono
ancora in vigore le vecchie tariffe
cloud ma pare che Amazon stia
effettuando l’aggiornamento a
gruppi di account. L’hard disk
è ormai roba vecchia, il cloud è
molto più sicuro.
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8 APRILE 2015
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MERCATO Dal nulla sbuca HEVC Advance, società che gestisce licenze e brevetti del formato
Su HEVC e Ultra HD Blu-ray arriva la tegola dei brevetti
Probabile un aumento dei costi e un ritardo nella diffusione del formato di compressione video
A
di Paolo CENTOFANTI
pochi giorni dall’apertura del NAB
2015, la fiera americana dedicata
al mondo del broadcasting, spunta
a sorpresa una nuova società denominata HEVC Advance e che si occupa della
concessione di nuove licenze per l’utilizzo dell’omonimo codec video. Secondo
il comunicato stampa che annuncia la
costituzione della società di licensing,
HEVC Advanced gestirà i diritti di più
di 500 brevetti ritenuti essenziali per la
tecnologia HEVC, non coperti dall’altro
gruppo che già gestisce i diritti per l’HEVC e l’MPEG-4 AVC (o H.264), l’MPEG
LA. Sia la lista dei brevetti, che dei suoi
proprietari, oltre che il listino e le modalità
di licenza che riguarderanno l’utilizzo dell’HEVC, non sono ancora stati pubblicati.
Tutto quello che si sa è che al momen-
to tra i detentori del pool
gestito da HEVC Advance
ci sono General Electric,
Technicolor, Dolby, Philips
e Mitsubishi Electric. Al di là
del probabile aumento dei
costi per chi scegli di implementare la nuova codifica
nei suoi prodotti, il problema è che il programma di
licenza verrà finalizzato e
lanciato nella seconda parte dell’anno, con il risultato che con ogni
probabilità la diffusione dell’HEVC verrà
ulteriormente ritardata. Il timing dell’operazione potrebbe non essere casuale:
proprio nel periodo in cui dovrebbero
diventare operative le nuove licenze, è
attesa la finalizzazione delle specifiche
del nuovo standard Ultra HD Blu-ray che,
guarda caso, prevede proprio l’adozione
dell’HEVC come nuovo formato di codifica per il video in 4K. Non è una novità
che il lancio di un nuovo formato sia anche l’occasione per capitalizzare sui brevetti coinvolti nelle tecnologie impiegate:
fu così per il CD, il DVD e naturalmente
HD DVD e Blu-ray Disc.
MERCATO L’Agenzia delle Entrate e la Procura di Milano indagano su una società sospetta di Apple Italia
Apple Italia avrebbe nascosto un miliardo di euro
L’accusa di omessa dichiarazione dei redditi con una contestazione di 880 milioni di euro
di Roberto PEZZALI
na vera società occulta di vendita travestita da semplice società
di consulenza: secondo l’Agenzia
delle Entrate e la Procura di Milano Apple
Italia avrebbe sottratto al fisco oltre un
miliardo di euro negli ultimi anni, continuando a dichiarare fatturati ridicoli. Per
capire bene la questione è necessario
spiegare come Apple gestisce le sue
filiali europee: Apple Italia Srl è configurata dal punto di vista fiscale come una
consulente della società Apple Sales
International (oggi Apple Distribution International), la famosa società con sede
a Cork, in Irlanda, dove grazie ad un accordo fiscale con il governo locale per
anni ha pagato aliquote molto basse. Il
gioco è noto da anni e viene applicato in
tutti gli stati europei: alle strutture locali
vengono pagati costi di consulenza che
servono a gestire i costi della struttura
e del personale, mentre tutti i proventi
dalle vendita dei prodotti arrivano direttamente in Irlanda. Una configurazione
fiscale di questo tipo è consentita dalla
normativa attuale, ma ovviamente la società di consulenza deve essere solo ed
esclusivamente una società di consulenza, non certo una rete vendite. Invece,

U
torna al sommario
secondo il procuratore di Milano
Francesco Greco e l’Agenzia
delle Entrate, nel corso degli interrogatori è emerso che Apple
Italia svolge effettivamente una
attività di vendita, una attività
parallela a quella di “supporto”
con venditori dotati di autonomia e quindi della possibilità di
contrattare prezzi, sconti, e di
gestire l’intero ciclo di vendita
dall’ordine alla consegna. Tutte
cose che invece avrebbe dovuto fare Apple Sales International ma
che non ha fatto: la società irlandese è
del tutto assente e compare solo come
firmataria “formale”, ma solo dopo che
la struttura italiana ha già deciso il tutto.
Inoltre, e questo sarebbe la prova che
giustifica le accuse, gli stipendi del manager sarebbero legati alle performance
di vendita, una contraddizione tenendo
conto del fatto che questi “manager” non
dovrebbero affatto vendere.
L’amministratore delegato di Apple Italia, Enzo Biagini e il direttore finanziario
Mauro Cardaio sono stati quindi accusati
di omessa dichiarazione dei redditi con
una contestazione di 880 milioni di euro
per Ires evasa tra il 2008 e il 2013.
La replica di Apple è affidata ad un breve
comunicato all’ANSA:
“Apple è uno dei più grandi contribuenti
al mondo e paghiamo ogni euro di tasse dovute ovunque operiamo”. E’ quanto afferma la società in una nota nella
quale si precisa che “le autorità fiscali
italiane hanno sottoposto a verifiche fiscali le attività italiane di Apple nel 2007,
2008 e 2009 e hanno confermato che
eravamo in piena conformità con i requisiti di documentazione e di trasparenza
OCSE. Queste nuove accuse contro i
nostri dipendenti sono completamente
prive di fondamento e siamo fiduciosi
che questo procedimento arriverà alla
stessa conclusione”.
Telecom investe
nella fibra
“to the home”
40 città cablate
entro il 2017
Telecom Italia promette
40 città cablate con
Fiber to the Home e Fiber
to the Building entro il
2017, un investimento
importante che darà una
grossa spinta alla banda
ultralarga in Italia
di Emanuele VILLA
Dopo il via libera all’investimento,
datato 20 febbraio, oggi Telecom
ha informato Infratel (la società del
Ministero dello Sviluppo Economico che si occupa di infrastrutture
di comunicazione) sul proprio
progetto di portare la fibra ottica
in ulteriori 40 città entro il 2017.
Città che comprendono Reggio
Calabria, Napoli, Roma, Ancona
e molte altre, ma soprattutto che
vanno a comprendere larga parte
del Cluster A e parte del Cluster B
previsti dal Governo. Decisamente positivo il fatto che Telecom
abbia deciso di dedicare i propri
investimenti ad estendere le tecnologie Fiber to the Home e Fiber
to the Building, più evolute rispetto alla diffusa Fiber to the Cabinet,
ovvero quella che arriva fino agli
armadietti di strada. Tutto ciò può
potenzialmente porre un problema alla concorrenza, visto che il
decreto Sblocca Italia prevede
che lo Stato non possa sostenere
aziende private in aree dove è già
previsto un altro investimento privato. E questo, in buona sostanza,
si tradurrebbe nell’impossibilità,
per Metroweb, di accedere ai finanziamenti pubblici: i concorrenti di Telecom potranno intervenire
ma senza aiuti da Roma.
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MERCATO Alcatel-Lucent italia ha aperto per un giorno la sua nuova sede di Vimercate. Noi ci siamo stati ed ecco cosa abbiamo visto
La visita ad Alcatel-Lucent, dove si fa innovazione
L’azienda è un esempio di realtà italiana dove si fa ricerca e sviluppo, per costruire prodotti che fanno comunicare tutto il mondo
di Paolo CENTOFANTI
i respira l’orgoglio di essere ancora in Italia varcando la soglia della nuova sede brianzola di Alcatel-Lucent, inaugurata ufficialmente lo scorso
novembre. Quando si parla di telecomunicazioni, l’Italia
ha giocato un ruolo fondamentale nella nascita e nello
sviluppo di questo settore oggi così cruciale, e non è un
caso che le due ali principali che ospitano i laboratori
di Alcatel-Lucent, siano intitolate a Guglielmo Marconi
e Antonio Meucci. Orgoglio di essere italiani dicevamo,
ma anche di essere sopravvissuti, i reduci di una crisi
che da anni ha intaccato quello che era uno dei settori
più promettenti dell’industria italiana.
Come tante altre multinazionali del settore insediate
nell’area milanese, anche Alcatel-Lucent si appresta a
fare i conti con tagli dolorosi, in un territorio che una
volta era un importante polo tecnologico e dove si faceva ricerca vera e nascevano le reti che hanno creato le
infrastrutture del nostro paese. “In vent’anni si è disperso un capitale di competenze di valore” è il commento
un po’ amareggiato di Alberto Lotti, marketing director
con un passato da CTO, a margine di un tour guidato
della nuova sede di Vimercate, in cui in realtà AlcatelItalia ci ha dimostrato come in Italia, nonostante tutto,
c’è ancora spazio per parole come eccellenza, tecnologia e innovazione. Alcatel-Lucent, nasce dalla fusione
nel 2006 di Alcatel, Lucent e Nortel, tutte aziende già
attive in Italia, con oltre un secolo di storia. Oggi è un
gruppo che ha un fatturato di oltre 14 miliardi di euro a
livello internazionale, di cui 727 milioni la quota relativa al mercato italiano (dati 2013), che però ha visto una
contrazione del 40% negli ultimi 4 anni. Nonostante ciò
l’Italia ha ancora un ruolo importante.
La nuova sede Alcatel-Lucent italia, situata all’interno
dell’energia park di Vimercate e che può ospitare circa
1700 dipendenti, è ancora un importante centro di ricerca e sviluppo a livello mondiale per quanto riguarda
sia le comunicazioni radio che quelle ottiche, le fondamenta delle telecomunicazioni di oggi. Qui si sviluppano soluzioni software e hardware per i ponti radio a microonde ad alta capacità che collegano le base station
delle reti cellulari alle centrali e i chipset degli apparati
per le reti WDM, la nuova frontiera delle comunicazioni
S
in fibra ottica, che sta gradualmente sostituendo l’ormai
superata tecnologia SDH, nata quando era ancora la
telefonia a commutazione di circuito a costituire il core
business delle telco. Internet ha cambiato tutto, giù fino
alle dorsali delle reti di telecomunicazioni, costituite
proprio anche da apparati Alcatel-Lucent.
L’azienda si presenta oggi come traghettata con successo nel XXI secolo. I clienti vengono accolti da un
ambiente arioso e colorato che “fa molto silicon valley” e per i prodotti più innovativi come quelli di Nuage
Networks, Alcatel ha scelto il modello della startup, con
una società apposita, piccola, snella e veloce come serve oggi. Nuage è uno dei prodotti di punta di AlcatelLucent di oggi, una suite per le architetture IT distribuite
che si inserisce nel nuovo filone delle SDN (software
defined networks). L’SDN sta alla rete un po’ come la
virtualizzazione ai centri di calcolo: i componenti di una
rete diventano astratti, qualcosa che può essere manipolato e riconfigurato via software, rendendo possibile
spostare una macchina virtuale che fornisce un certo
servizio da una parte all’altra del mondo semplicemente tracciando una nuova riga tra due nodi su un’interfaccia web; basta un click del mouse e la rete si riconfigura
da sola, indipendentemente dalla sua complessità e
dai componenti che la costituiscono, là dove una volta occorreva mettere mano a un’intera infrastruttura.
Photonic Design Center Clicca sulle immagini per l’ingrandimento
Alberto Lotti, direttore marketing, e Pierluigi
Novelli, ci guidano nel Multimedia Communication
Center con cui Alcatel-Lucent presenta ai clienti
le sue principali soluzioni.
Sono tecnologie come queste che abilitano i servizi
cloud che utilizziamo oggi e che stanno trasformando
il mondo dell’IT. Il futuro è sicuramente nei servizi come
Nuage, ma a Vimercate si lavora ancora sul trasporto
dei dati, sulle infrastrutture che fisicamente costituiscono l’ossatura di Internet fisso e mobile. Proprio da qui
sono usciti i primi apparati per ponti radio basati su rete
a pacchetto, soluzioni che oggi vengono impiegate per
i collegamenti di long-haul e backhaul per la telefonia
mobile da operatori come Orange, Vodafone e T-Mobile. Il centro di ricerca e sviluppo Wireless Transimission
diretto da Morena Ferrario, lavora sull’architettura di
rete, l’hardware e il software degli apparati per i ponti
radio. Qui viene sviluppato il firmware degli apparati,
che vengono testati in appositi laboratori per spingere
sempre più in là le prestazioni. Con l’avvento dell’LTE
e l’esplosione degli smartphone, le stazioni base delle
reti mobili sono sempre più affamate di banda, e non
sempre possono essere raggiunte dalla fibra ottica.
Compito dei collegamenti in microonde (in questo caso
dai 6 GHz in su fino ai 42 GHz) è quello di interconnettere le celle che portano il segnale agli utenti, con

segue a pagina 05 
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8 APRILE 2015
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MERCATO Versione aggiornata al 2015 di una famosa infografica che mostra gli stream necessari per lo stipendio dei musicisti
Quanto paga lo streaming? Un’infografica ce lo spiega bene
Il CD è ancora quello che paga di più. YouTube pecora nera: richiede 4 milioni di riproduzioni per arrivare al sospirato stipendio
di Paolo CENTOFANTI
iù volte abbiamo parlato anche sulle
nostre pagine delle polemiche che
circondano i nuovi servizi di streaming musicale: rappresentano un modello sostenibile per gli artisti? Alcuni pensano di sì, viceversa altri dicono che i diritti
pagati dalle varie piattaforme sono troppo
bassi. I servizi di streaming, dal canto loro,
dicono di versare quasi tutto quello che
incassano da pubblicità e abbonamenti
a etichette e publisher. Chi ha ragione
allora? Prova a rispondere alla domanda
The Information is Beautiful con una versione riveduta e corretta di un’infografica
che già nel 2010, basandosi su una stima
delle royalty pagate dalle varie piattafor-
P
me di distribuzione di musica, cercava di
comparare CD, download e streaming utilizzando una semplice metrica: il numero
di copie/download/riproduzioni necessari
affinché un artista riesca ad arrivare a fine
mese con l’equivalente dello stipendio
minimo statunitense, 1200 dollari circa. I
dati riportati nella nuova infografica 2015
si riferiscono ai soli diritti di riproduzione
e non comprendono i diritti d’autore, e
per ogni categoria sono incluse due torte,
quella per gli artisti indipendenti e una per
chi invece ha un contratto con un’etichetta discografica. Chiaramente gli indipendenti percepiscono una quota più alta di
compensi, ma gli artisti con un’etichetta
hanno dalla loro una maggiore visibilità
che dovrebbe garantire maggiori “ven-
MERCATO
dite”. Interessante notare
come il CD è il supporto
che ancora oggi garantisce i compensi più alti per
copia all’artista, mentre il
fanalino di coda in assoluto è YouTube che richiede
qualcosa come 4 milioni
di riproduzioni per arrivare
al sospirato stipendio. Da
notare che, cinque anni fa, questo era il
numero di passaggi necessario con Spotify, che grazie alla crescita degli abbonati
è sceso ora a circa 1 milione di stream. In
testa tra i servizi di streaming più virtuosi
per gli artisti sembrerebbe esserci Beats
Music, ma attenzione: TIDAL e Beats pagano di più per stream ma hanno anche
apparati che devono lavorare in qualsiasi condizione,
specie le soluzioni outdoor. Spremere dal canale radio
ogni possibile guadagno in banda di trasmissione è il
compito giornaliero degli ingegneri di Alcatel-Lucent.
La sede di Vimercate ospita anche il Photonic Design
Center, il laboratorio dove si progettano gli apparati delle
reti in fibra ottica di nuova generazione in WDM (wavelenght division multiplexing), che stanno sostituendo le
“vecchie” soluzioni in TDM (time division multiplexing); si
tratta della tecnologia che ha reso possibile il salto della
capacità di trasmissione su fibra dai Gigabit/s ai Terabit/s.
In Italia si lavora sugli apparati fotonici e la modulazione
del segnale, ma anche sull’elaborazione digitale, con lo
sviluppo in casa dei componenti a semincoduttore ASIC
e FPGA all’avanguardia (tanto che in questi laboratori
non ci è stato concesso di scattare fotografie). Altra area
di ricerca riguarda il planning delle reti in fibra per i clienti, con lo sviluppo di tool di simulazione che permettono
di disegnare la migliore topologia di rete, anche su scala
sovranazionale, secondo rigidi vincoli di costo, prestazioni, ridondanza e sicurezza. La simulazione riveste un
ruolo importante anche per quanto riguarda il supporto
clienti. Nella sede di Vimercate viene gestito circa il 30%
del supporto tecnico mondiale per quanto riguarda le
reti di trasporto in fibra ottica con il Technical Excellence
Center. Un’ampia area è dedicata ai laboratori in cui è
possibile testare qualunque apparato Alcatel-Lucent,
ricreando la stessa rete in mano al cliente per replicare
qualsiasi tipo di problema e individuare rapidamente la
soluzione, quando il supporto tecnico di primo e secondo livello non sono sufficienti. Per i grossi clienti - stiamo
parlando di operatori multinazionali come Telecom Italia - sono state realizzate delle repliche della topologia
delle principali dorsali da utilizzare come riferimento per
ogni tipo di richiesta e sempre qui vengono monitorati
i collegamenti sottomarini. Il direttore della divisione,
Nicola Filosa, ci tiene a sottolineare come Technical
Excellence non è solo un nome ma una vera e propria
mission per l’azienda e per se stesso, un valore che purtroppo una certa Italia ha dimenticato portando il nostro
Uno dei laboratori del Wireless Transmission
Center in cui vengono testate le soluzioni di connettività a microonde.
Centinaia di metri di fibra ottica percorrono i corridoi dove si ricreano le reti dei principali clienti,
per fornire simulazioni e supporto.
Visita ai laboratori Alcatel-Lucent

segue Da pagina 04 
torna al sommario
un numero sensibilmente inferiore di
abbonati rispetto a Deezer e Spotify,
che pagano di meno ma hanno una
base utenti molto più grande. E così, se
con Beats per arrivare a fine mese un
artista deve sperare che almeno il 35%
degli utenti abbia ascoltato un suo brano, con Spotify diventa il 2%.
Nicola Filosa, direttore del Technical Excellence
Center IP and Transport, mostra gli apparti che
replicano la dorsale di Telecom Italia che collega
le isole e il sud Italia.
paese a non avere una bella nomea nel mondo: “Quando si parla di assistenza, noi italiani veniamo ancora
considerati quelli delle ‘pezze’ provvisorie, i tedeschi
quelli delle soluzioni definitive” ci scherza sopra Filosa,
ma nella sua parlata traspare chiaramente la passione
per il suo lavoro e ancora l’orgoglio di poter tenere alta
la bandiera dell’eccellenza tecnologica in Italia. Purtroppo l’Italia a un certo punto ha smesso di investire sulle
telecomunicazioni, e il risultato è che tutto il comparto è
in sofferenza da anni e sono ancora centinaia i posti di
lavoro a rischio in Alcatel-Lucent Italia.
Il problema non è solo industriale ma è anche culturale:
“sono sempre meno anche i giovani italiani che decidono di intraprendere ad esempio studi in ingegneria” ci
dice in uno scambio di battute sulla situazione italiana
Filosa, a sottolineare come in Italia si tenda sempre a
puntare su altro. Chissà allora che il piano per la banda
ultralarga del Governo possa dare nuovo impulso all’intero settore. Secondo Lotti “basterebbero 5 anni per invertire la tendenza” e rilanciare le telecomunicazioni in
Italia. Perdere anche queste competenze che ci restano
sarebbe davvero un peccato.
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MERCATO LG lancia il programma Good 4 Life, che permette di superare i limiti della garanzia convenzionale di 1, 2 o 4 anni extra
Da
adesso,
puoi
estendere
la
garanzia
LG
di
altri
4
anni
Vale su alcune categorie di prodotto, tra cui i TV, e può essere acquistata durante tutti i 24 mesi di garanzia “normale”
di Emanuele VILLA
G annuncia l’attivazione di un servizio di estensione di garanzia che
aggiunge a quella convenzionale
(2 anni) 1, 2, 3 o 4 anni extra a seconda
delle esigenze dell’utente. La cosa particolarmente interessante è che questa
estensione di garanzia la si può sottoscrivere non solo in sede d’acquisto
del prodotto, ma anche durante i 24
mesi della garanzia convenzionale. s
Il programma si chiama LG Good 4 Life
e riguarda alcune famiglie di prodotti,
nella fattispecie frigoriferi, asciugatrici,
L
lavatrici e TV: gli utenti, che possono
acquistare l’estensione di garanzia
contattando il call center di LG Italia
oppure all’indirizzo www.goodforlife.it,
decidono di quanto estendere la garanzia oltre al periodo convenzionale,
potendo scegliere tra 1, 2, 3 o 4 anni
extra, che portano fino a una copertura
totale (sommando la garanzia convenzionale) di sei anni dall’acquisto.
Di seguito, le tabelle con i prezzi di
Good 4 Life, che ovviamente differiscono a seconda del tipo di prodotto
e dell’estensione richiesta. Da notare
Frigoriferi
che lavatrici, asciugatrici e lavasciuga
sono soggette al medesimo trattamento, mentre per i TV si fa distinzione
sul polliciaggio, e lo spartiacque sono
i 50 pollici. La garanzia copre i costi
dell’uscita del tecnico, manodopera,
i ricambi utilizzati e l’eventuale sostituzione del prodotto nel caso in cui
quello in uso non sia riparabile. Come
chiaramente indicato nel sito dedicato
all’iniziativa, inoltre, Good 4 Life viene
proposto a un prezzo scontato qualora
l’adesione giunga nei primi 30 giorni
dall’acquisto del prodotto.
Lavatrici, asciugatrici e lavasciuga
+1 anno
+2 anni
+3 anni
+4 anni
entro 30 giorni dall’acquisto
€ 49,00
€ 69,00
€ 89,00
€ 99,00
entro 24 mesi dall’acquisto
€ 59,00
€ 79,00
€ 99,00
€ 109,00
TV fino a 50 pollici
+1 anno
+2 anni
+3 anni
+4 anni
entro 30 giorni dall’acquisto
€ 49,00
€ 89,00
€ 99,00
€ 129,00
entro 24 mesi dall’acquisto
€ 59,00
€ 99,00
€ 109,00
€ 149,00
+1 anno
+2 anni
+3 anni
+4 anni
TV oltre i 50 pollici
+1 anno
+2 anni
+3 anni
+4 anni
entro 30 giorni dall’acquisto
€ 69,00
€ 89,00
€ 99,00
€ 119,00
entro 30 giorni dall’acquisto
€ 79,00
€ 99,00
€ 129,00
€ 159,00
entro 24 mesi dall’acquisto
€ 79,00
€ 99,00
€ 109,00
€ 129,00
entro 24 mesi dall’acquisto
€ 89,00
€ 109,00
€ 139,00
€ 169,00
MERCATO Pubblicato un documento con le previsioni di fatturato e profitto per il Q1 del 2015
Profitto giù per Samsung, ma ora tocca a Galaxy S6
Numeri al top, ma calo netto rispetto allo scorso anno. Riuscirà Galaxy S6 a ribaltare la situazione?
di Emanuele VILLA
I

l mercato opera in funzione delle
aspettative, che in casa Samsung non
sono delle più rosee. Intendiamoci, i
numeri previsti per il Q1 2015 sono stellari come sempre, l’azienda è in salute
e non comprendono ancora il prodotto
su cui vengono riposte le massime speranze (Galaxy S6), ma resta il fatto che
le previsioni della stessa Samsung per il
Q1 2015 mostrano un brusco calo rispetto allo stesso periodo del 2014.
Samsung ha pubblicato un breve documento con le previsioni per il Q1 2015,
dal quale si evincono solo i dati generali
e non si può scendere in dettaglio (per
torna al sommario
quello ci sarà il bilancio): secondo le
stime degli analisti
dell’azienda, Samsung ha incassato
47 trilioni di Won
(circa 40 mld EUR),
da cui ha generato
un profitto d’esercizio pari a circa 4,8
mld EUR. Numeri
astronomici, dicevamo, ma non può che
far riflettere la comparazione tra questi
dati e quelli dello scorso anno: isolando
solo il profilo, qui siamo a -30%.
Resta il fatto che ora la situazione può
cambiare e Samsung può tornare a cre-
scere: nonostante i dati siamo molto generici, infatti, è più che evidente quanto
pesi il segmento mobile nell’economia
dell’azienda, e il lancio di Galaxy S6 e
Galaxy S6 Edge può rimettere Samsung
in carreggiata.
MERCATO
Tre: 5 euro
per 3GB LTE
Con l’offerta Super Internet Plus, Tre
punta ad acquisire quote di mercato:
3GB su rete LTE a 5 euro, con soglia
di navigazione mensile non è niente
male, soprattutto per chi usa il tablet
per lavoro e non ha necessità di muovere enormi quantità di dati. L’altra
opzione estremamente vantaggiosa
è quella di FastWeb (SuperWeb), che
tra l’altro è partner di Tre e opera sulla sua rete: qui parliamo di 15 GB al
mese per 10 euro, con vincolo trimestrale. Resta il fatto che i 3GB LTE a 5
euro non sono pochi, ma per chi ne fa
un uso più multimediale (magari con
streaming video), è meglio rivolgersi
a offerte più capienti, come quelle da
5, 7, 10 e 20 GB proposte da Tre e dai
concorrenti.
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
MERCATO Parte da Bergamo il progetto Cashless City, un interessante esperimento di 6 mesi
Bergamo senza contante è Cashless City
L’operazione vorrebbe convincere cittadini, esercenti e imprese a vivere senza contanti
L
di Paolo CENTOFANTI
e statistiche parlano chiaro: in Italia
il contante la fa ancora da padrone
quasi ovunque e la media del ricorso ai pagamenti elettronici è abbondantemente sotto quella europea. Se nei
“grandi” paesi d’Europa (Germania, Francia, Spagna) la incidenza in percentuale
dei pagamenti elettronici sui consumi
delle famiglie supera il 31%, in Italia siamo
a meno della metà, 14,3% secondo i dati
del 2013.
Da una parte c’è la refrattarietà di una
gran parte dei consumatori italiani all’utilizzo delle carte di credito, spesso per
paure o diffidenze infondate, dall’altra
anche una certa resistenza degli esercenti che lamentano un costo eccessivo
del POS, salvo poi trascurare il reale impatto del contante sulle proprie spese,
che non è affatto inferiore a quello dei
sistemi elettronici, anzi. Come invertire
allora la tendenza? Ci prova CartaSì, che
ha lanciato un’importante e significativa
iniziativa che coinvolge la città di Bergamo, Cashless City Bergamo, realizzata
in collaborazione con Mastercard, Visa,
UBI Banca, Banca Popolare di Bergamo e
Banco Popolare, presentata oggi dal sindaco Giorgio Gori e Laura Cioli di CartaSì, insieme ai principali rappresentati dei
partner del progetto. Come il nome della
campagna lascia intuire, si tratta di un tentativo di trasformare Bergamo nella prima
città italiana in cui si possa fare finalmente
a meno dei contanti. Un obiettivo non da
poco, che si cercherà di raggiungere con
una serie di iniziative che coinvolgeranno
cittadini, esercenti e imprese. Oltre a una
serie di attività per migliorare la rete di
accettazione negli esercizi commerciali,
l’iniziativa lavorerà soprattutto sulla co-

Si chiama FoodSniffer
ed è in grado di rilevare
il grado di freschezza
di carne e pesce:
un sensore rapido,
da collegare allo
smartphone per poter
mangiare il tranquillità
di Roberto PEZZALI
municazione ai cittadini, informando sulle potenzialità dei pagamenti elettronici
e chiarendo i pregiudizi più comuni, ma
lancerà anche una sorta di concorso, che
premierà con buoni spesa chi effettuerà
pagamenti senza ricorso al contante, siano essi cittadini o esercenti.
In particolare i cittadini potranno partecipare all’estrazione ogni giorno di un premio di 100 euro, caricando tramite l’app
ufficiale di Cashless City uno scontrino
che testimonia un acquisto effettuato tramite sistema di pagamento elettronico. A
questo si aggiunge un premio settimanale di 500 euro a cui potranno partecipare
sia i cittadini che hanno effettuato almeno
tre transazioni nella settimana in corso,
che gli esercenti, che potranno anch’essi
caricare almeno uno scontrino per POS
posseduto. In caso di estrazione di un titolare di una carta, vinceranno il premio
sia il cliente che l’esercente. Allo scopo di
incentivare i pagamenti elettronici, ogni
transazione oltre la terza darà una possibilità in più di venire estratti. Si tratta di
un meccanismo che potrebbe generare
un significativo effetto volano. L’iniziativa
è aperta anche alla
pubblica amministrazione,
che
potrà partecipare realizzando
servizi al cittadino che sfruttino
i pagamenti elettronici, nel caso
consentendo
alla città di ricevere dei premi in
“pubblica utilità”
(un punto questo
che a dire il vero
non è stato illu-
Clicca sull’immagine per l’ingrandimento
torna al sommario
Col naso digitale
mangi il sushi
in tranquillità
Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori
strato in modo molto chiaro). L’iniziativa
prevede un calendario ben preciso che
vede per il mese di aprile una chiamata a
raccolta degli esercenti e titolari di carte
di pagamento che vogliono partecipare
alla fase di warm up di Cashless City Bergamo, che prevede due settimane, dal 27
aprile al 10 maggio, in cui proveranno a vivere senza contanti. La cosa interessante
è che in questo periodo, i negozianti che
parteciperanno all’iniziativa, accetteranno
dunque esclusivamente pagamenti elettronici. Il 4 maggio partirà la campagna
di comunicazione in città con pubblicità
sull’iniziativa e la definizione delle gare
che porteranno ai premi giornalieri e settimanali, che saranno debitamente rendicontate e aggiornate sul portale cashlesscity.it, su cui i cittadini troveranno tutte le
informazioni sul progetto e le attività ad
esso collegate. Il tutto sarà attivo fino a
fine 2015, un periodo importante dunque,
e a fine anno si trarrà il bilancio finale dell’iniziativa, che si spera naturalmente sia
positivo al fine di esportare poi il modello
Bergamo ad altre città.
Tra i mille sensori disponibili per
uno smartphone, ce ne è uno
davvero utile: Food Sniffer è un
vero naso elettronico, in grado di
analizzare e elaborare i dati che
riceve “annusando” un po’ di carne o un po’ di pesce, ovviamente
crudi. Food Sniffer integra all’interno quattro differenti sensori:
temperatura, ammoniaca, umidità
e composti organici volatili, dove
i primi tre vengono utilizzati per
aggiustare la lettura dei oltre 100
composti organici che si possono
rilevare dalla carne o dal pesce
in fase di decomposizione. I dati
sono inviati via cloud ad un server
che in pochi secondi, tramite app,
ci restituisce il responso: fresco,
da mangiare previa cottura oppure da non mangiare assolutamente. Il CTO dell’azienda, che abbiamo incontrato alla fiera Seeds
and Chips di Milano dedicata alle
tecnologie e al cibo, ci ha spiegato che dalle analisi di laboratorio
fatte la misura ha una precisione dell’85%, e che al momento
funziona solo con pesce, carne
di maiale, pollo e manzo. Food
Sniffer costerà 120 $ spedito in
Europa e funziona sia con iOS sia
con Android tramite Bluetooth.
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
TV E VIDEO Lo standard HbbTV 2.0, con le necessarie integrazioni, verrà finalizzato nel 2016
Addio
MHP,
il
futuro
per
l’Italia
è
HbbTV
2.0
I TV attuali non potranno essere aggiornati, ma le app MHP funzioneranno ancora per anni
di Roberto PEZZALI
M
HP ha i giorni contati ma era
cosa nota da tempo: a fine luglio Confindustria Radio e TV ha
diramato un documento che guarda al
futuro della televisione interattiva, un
futuro di cui MHP non fa certo parte. Il
sistema per TV e set top box, anomalia
tutta italiana all’interno di un sistema
europeo che ha adottato lo standard
HbbTV, è destinato a morire entro il
2016 - 2017. A sostituirlo sarà proprio la
nuova versione di HbbTV 2.0, basata su
HTML 5, un sistema non solo più moderno e facile da gestire ma anche più
“universale” nell’ambito dell’Europa.
L’MHP è sconosciuto ai più, ma molti
utenti utilizzano comunque app come
Rai Replay e La 7 on Demand per la
catch up TV, app che sono realizzate
appunto con MHP come middleware.
Il passaggio a HbbTV 2.0 è un regalo
enorme per i produttori di TV e indirettamente anche per i consumatori: se
fino ad oggi infatti si doveva realizzare
una versione software dedicata all’Italia per gestire i servizi interattivi MHP,
nei prossimi anni tutti i TV venduti in
Europa saranno identici nella gestione
dei servizi interattivi e per i produttori
FreeTV Alliance vuole
uniformare alcuni
standard TV a livello
europeo migliorando
così sia l’esperienza
utente sia il dialogo
tra prodotti di marche
diverse. Rilasciato il
primo set di specifiche
italiani non si avranno più costi di sviluppo locali per ottenere certificazioni e
creare apps. Le specifiche per l’adozione della piattaforma interattiva europea
saranno incluse nell’HD Book versione
4.0 e lo stesso HD Forum Italia ha creato un gruppo di lavoro “HbbTV Working
Group” che analizzerà l’impatto della
nuova tecnologia in Italia e le modalità
di aggiornamento per le app da MHP
a HbbTV. Il percorso per l’adozione
dell’HbbTV 2.0 in Italia sarà trattato nel
prossimo incontro dell’HD Forum Italia
a San Marino a fine mese e poi a giugno al Forum Europeo Digitale di Lucca, e non dovrebbe essere un percorso
lungo: si parla di 2016 per la definizione dello standard e dei servizi accessori necessari per applicazioni evolute.
Le app MHP verranno lasciate attive
parallelamente per qualche anno per
non interrompere il servizio sui vecchi
apparecchi. Chi ha sviluppato app MHP
avrà quindi tempo per creare un porting dell’app sulla nuova piattaforma e
si spera che HbbTV stimoli anche altri
broadcaster a creare applicazioni di un
certo livello per accompagnare le trasmissioni lineari.
I TV 2016 dovrebbero essere HbbTV
2.0, mentre ci sarà nulla (o davvero
poco) da fare per i TV attuali.
TV E VIDEO Samsung Display avrebbe deciso di passare al White OLED come i colleghi di LG
Samsung torna a produrre pannelli OLED per TV
I pannelli potrebbero essere pronti a fine anno, con i primi TV disponibili a partire dal 2016
di Roberto PEZZALI
econdo il quotidiano ET News
Samsung avrebbe deciso di togliere dall’armadio il progetto OLED
tornando ad investire per arrivare ad
avere entro fine anno pannelli di grosso
taglio da vendere a Samsung Electronics per realizzare TV next gen. La notizia, già interessante, diventa ancora
più clamorosa se si crede alla fonte di
ET News secondo cui Samsung avrebbe deciso di abbracciare la tecnologia
WRGB, ovvero un OLED bianco con filtri
colore in pieno stile LG. Samsung, dopo
aver tentato di gestire l’OLED RGB, potrebbe aver capito che su un TV la stessa tecnologia dei piccoli schermi degli
smartphone non è adeguata a garantire
longevità ai prodotti. L’azienda avrebbe

S
torna al sommario
Free TV Alliance
vuole liberare
la TV dagli
standard
proprietari
deciso di ri-puntare sull’OLED proprio
perché tecnologia LCD non garantirebbe più utili: i produttori di pannelli
sono troppi e pochi hanno intenzione
di acquistare i modelli “curvi”. Samsung
starebbe studiando la nuove configura-
zioni delle fabbriche per far posto alle
nuove linee di produzione e poter iniziare la mass production; l’ostacolo più
grosso sembra però legale: l’utilizzo
della tecnologia WRGB potrebbe infatti
violare una serie di brevetti LG.
di Roberto PEZZALI
Un’iniziativa lodevole arriva dalla
FreeTV Alliance, l’associazione
dei quattro maggiori operatori
europei di TV free via satellite
alla quale fa parte anche Tivùsat:
uniformare gli standard per facilitare il dialogo tra apparecchi e
migliorare l’esperienza d’uso. Per
farlo è stata rilasciata una prima
serie di specifiche tecniche che
potranno essere adottate dai vari
produttori di TV e set top box per
gestire il controllo remoto del dispositivo da app e sistemi di terzi.
Attualmente ogni produttore fornisce la sua app per il controllo
da smartphone e tablet e spesso
queste applicazioni non sono intercambiabili: grazie a “Remote
Control” sarà possibile sviluppare non solo app che funzionino
con tutti i dispositivi ma sarà pure
possibile controllare un TV di un
brand “A” dall’app del brand “B”.
FreeTV Alliance ha tracciato una
roadmap di specifiche per i prossimi 12 mesi, e la parte sicuramente più interessante riguarda
le specifiche che permetteranno
alla TV di dialogare con servizi
PVR esterni in cloud. Una cosa
buona per i consumatori, spesso
alle prese con sistemi chiusi: chi
sarà il primo produttore intelligente a salire a bordo?
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
TV E VIDEO Basta poco per installare le app del Google Play Store sulle Smart TV Philips Android
Come caricare le app sugli Android TV Philips
Funziona quasi tutto, anche SkyGo, la pacchia potrebbe finire con la nuova versione di Android
di Roberto PEZZALI
hilips ha anticipato i tempi e lo
scorso anno ha portato Android
sulle sue TV. Non Android TV, la
versione basata su Lollipop che arriverà sui modelli 2015 sempre Philips
e Sony, ma un porting di Android 4.4
che permette di caricare e lanciare
app all’interno del classico ambiente
Smart Philips (vedi approfondimento).
Chi ha acquistato un TV Philips con
Android avrà anche notato che molte app non compaiono neppure nello store di Google: SkyGo, Infinity,
le stesse app di streaming Rai e Mediaset vengono filtrate dal TV stesso
perché marchiate come “incompatibili”. Sul TV effettivamente non esiste il
touchscreen con il quale gestire l’interfaccia, e mancano anche elementi
come il modem e il GPS necessari per
far funzionare alcune apps, ma resta
comunque un limite non da poco l’impossibilità di accedere a tutte le app
di Android.
Philips può anche aver ragione a
mostrare solamente le applicazioni
che funzionano perfettamente, ma
anche l’utente che ha speso i soldi
per il TV dovrebbe avere il diritto di
provare a installare app di terze parti, come possibile sullo smartphone,
assumendosi poi la responsabilità del
funzionamento.Questo non è però
possibile, perché nelle impostazioni
di Android non esiste la possibilità di
abilitare l’installazione delle app da
chiavetta USB: Philips ha nascosto
l’opzione, ma noi vi diciamo come farla ricomparire.
L’obiettivo di questa mini guida è
spiegare come fare ad installare una
qualsiasi applicazione Android su un
TV Philips da chiavetta USB: per farlo
serve solo il file .apk dell’applicazione, e nel nostro caso abbiamo scelto
per la prova il Media Center Kodi. Il
file APK perfettamente funzionante
con i TV Philips è questo e ovviamente va caricato su una chiavetta USB.
Per poter installare Kodi sul TV servono tre applicazioni scaricabili dal Play
Store (queste sono presenti senza
problemi): Developer Tools, Terminal
Emulator e File Manager.
Developer Tools ci permette di abilitare “Show More Apps”: questa
opzione elimina il filtro presente sul
Netflix annuncia un
accordo con Panasonic,
Philips, Sony, Toshiba
e Vestel in virtù del
quale il telecomando
dei TV venduti in Europa
avrà un tasto dedicato
per accedere al servizio
di streaming

P
torna al sommario
I TV venduti in
Europa avranno
un tasto Netflix
sul telecomando
di Roberto PEZZALI
Play Store e ci mostra tutte le app disponibili, anche quelle teoricamente
non compatibili.
Terminal Emulator invece crea una finestra “console”: utilizzando il telecomando va digitata la seguente stringa
senza virgolette: “am start --user 0 -n
com.android.settings/.SecuritySettings”.
Fatto questo è possibile installare
qualsiasi app.
Andiamo a cercare il nostro APK
sulla chiavetta con File Manager: ci
spostiamo su “home, mnt, media” e
scegliamo l’USB: selezioniamo l’APK
e diamo il via all’installazione.
I TV Philips attualmente in commercio
con questa piattaforma hanno un vantaggio non da poco, il puntatore con
mouse: Android ha richiesto la rimozione del puntatore su Android TV e
cosìcendo ha reso inutilizzabili molte
applicazioni che richiedono il touch.
Dopo aver dato “invio” appare finalmente il menu che Philips ha nascosto, quello che permette di abilitare
l’installazione di file di provenienza
dubbia.
SkyGo, ad esempio, non può essere
usata senza il puntatore (con le frecce non si riescono a raggiungiungere
alcuni dei pulsanti sullo schermo). Un
vantaggio enorme per chi ha messo
gli occhi sulla generazione attualmente nei negozi.
Da quest’anno chi compra un
TV smart marchiato Panasonic,
Philips, Sony, Toshiba o Vestel, troverà sul telecomando un tasto con
il logo di Netflix. Lo ha annunciato
lo stesso servizio di streaming,
confermando un accordo che
porta in Europa una pratica ormai
già affermata negli Stati Uniti. La
decisione di estendere questo
tipo di iniziativa anche in Europa
potrebbe far da preludio al lancio del servizio in tutti i paesi del
vecchio continente, a meno che
i produttori intendano fornire telecomandi diversi a seconda dei
modelli distribuiti sui vari mercati
interni (del resto succede già così
con l’MHP in Italia). L’accordo, si
legge nel comunicato ufficiale di
Netflix, riguarda anche l’ottimizzazione delle rispettive piattaforme
Smart al fine di migliorare l’esperienza d’uso del servizio di streaming sui TV dei produttori coinvolti. Così ha annunciato l’iniziativa
Bill Holmes, capo dello sviluppo
commerciale di Netflix: “Il nuovo
tasto Netflix sui telecomandi in
Europa renderà guardare Netflix
facile come cambiare canale su
un TV tradizionale, permettendo
agli spettatori di accedere ai nostri splendidi contenuti molto più
velocemente”
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
TV E VIDEO In occasione del suo quinto anniversario, il produttore cinese annuncia il Mi TV 2
Xiaomi lancia un TV 55” 4K a soli 750 euro
Il nuovo Mi TV2 ha un pannello UHD Samsung e può decodificare video HEVC 4K a 60 Hz
di Paolo CENTOFANTI
iaomi si appresta a festeggiare i
primi 5 anni di attività e per l’occasione ha annunciato una nuova
infornata di prodotti tra cui un nuovo televisore, il Mi TV 2 da 55 pollici. Si tratta
di un TV che svela tutte le ambizioni del
produttore cinese, che continua a vantare una proposta commerciale estremamente aggressiva: caratteristiche
tecniche al top e prezzi stracciati. Xiaomi, come da tradizione, ama indicare
tutti i fornitori dei componenti dei suoi
prodotti e così sappiamo che il Mi TV 2
monta un pannello LCD a LED Ultra HD
di Samsung e il SoC MStar 6A928 con
CPU quad core Corte-A17 capace di
decodificare video HEVC in formato 4K
a 60 Hz a 10 bit, con connettività Wi-Fi
802.11ac integrata, 2 GB di RAM e 8 GB
X
Vivitek presenta due
proiettori Full HD con
lens shift per facilitare
l’installazione
Prezzo 1000 euro e
1300 euro, arriveranno
a maggio e a giugno
di Roberto PEZZALI
di storage. In più il Mi TV 2 arriverà nei
negozi cinesi completo di soundbar
wireless con 8 diffusori e subwoofer, il
tutto a 4.999 Renminbi, l’equivalente
al cambio di circa 750 euro. Va ancora
bene ai maggiori produttori di TV che
Xiaomi non distribuisce ufficialmente al
di fuori del mercato cinese.
TV E VIDEO Da qualche mese è stato rilasciato il bollino Platinum per TV e decoder interattivi
Bollino Platinum per le TV: vediamo cosa significa
Il bollino certifica che è possibile ricevere trasmissioni Full HD da tuner DVB-T2 e HEVC
D
di Roberto PEZZALI

a qualche mese è arrivato un
nuovo bollino per i TV e i decoder interattivi, il bollino “Platinum”. Un bollino costruito sulle stesse
basi del precedente bollino Gold, ma
aggiornato alle nuove tecnologie.
Loghi e scritte presenti sul piccolo
adesivo di colore rosso sono abbastanza chiare, ma c’è un punto che
però potrebbe trarre in inganno. La
scritta “Predisposto per TV digitale in
chiaro, pay e servizi interattivi” assicura che il TV dotato di questo bollino
è compatibile con le normali trasmissioni digitale terrestre sia in chiaro sia
criptate (Premium) e può accedere ai
servizi interattivi tramite MHP, sia quelli in “broadcast” (ovvero trasmessi sui
canali del digitale terrestre assieme ai
programmi televisivi), sia quelli tramite
rete internet.
Niente di diverso dal bollino Gold fino
a qui, ma il Platinum si spinge oltre: i
TV dotati di questo bollino saranno in
grado anche di ricevere trasmissioni in DVB-T2 e HEVC con risoluzione
Full HD. Ad oggi non esistono trasmis-
torna al sommario
Vivitek H1186
e H1188: bastano
1000 euro per
un megaschermo
da 100”
sioni di questo tipo, ma il bollino è pur
sempre una sicurezza per il futuro.
Non deve ingannare la presenza del
logo Full HD al posto di 4K: il bollino
certifica la compatibilità con le trasmissioni Full HD e non fornisce alcuna
indicazione sul pannello utilizzato sul
televisore. Nessun campanello d’allarme quindi se sul bollino Platinum c’è
scritto Full HD e il TV ha un pannello
4K: ha ragione il bollino e ha ragione il
produttore, perché il primo si riferisce
alle trasmissioni e il secondo invece
alla risoluzione fisica del TV.
Un po’ per mancanza di spazio, un
po’ per la necessità di un ambiente dedicato, i proiettori vengono
spesso trascurati. Eppure con poche centinaia di euro è possibile
portarsi a casa prodotti eccellenti,
capaci di offrire qualità e risoluzione su 100” di diagonale. Vivitek
(qui la visita alla loro fabbrica),
uno dei marchi leader nel campo
della videoproiezione domestica e
professionale, ha annunciato due
nuovi modelli che saranno disponibili per la vendita da maggio e
dotati non solo di un modulo DLP
Full HD 1920 x 1080 DarkChip 3
ma anche di un prezzo super allettante, 1000 euro e 1300 euro di
listino rispettivamente per H1186
e H1188. Le caratteristiche in comune, oltre alla risoluzione, sono
il lens shift verticale per facilitare
l’installazione, la ruota colori a sei
segmenti e la connessione MHL
per smartphone e tablet, mentre
sul modello maggiore troviamo un
motion interpolation VividMotion
che fa lievitare il costo. Il modello da 1000 euro, l’H1186, è forse
quello più interessante non tanto
per il prezzo quanto per la tecnologia Dynamic Eco che porta
a 7000 ore la durata della lampada. Per le prestazioni vanno visti
entrambi all’opera, ma i dati parlano di ben 2000 ANSI Lumen e
50.000:1 di contrasto.
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
TV E VIDEO Mediaset punta forte su calcio e Champions League: nessun patto con Sky per i diritti
Mediaset
Premium,
in
arrivo
il
calcio
in
HD
L’obiettivo è quello di “rubare” 500 mila clienti Sky, aumentando anche la qualità video
M
di Paolo CENTOFANTI
ediaset non ha alcuna intenzione di venire a patti con Sky per
i diritti Champions, che intende far fruttare al massimo nei prossimi
tre anni grazie all’esclusività di trasmissione. Il management dell’azienda ha confermato non solo la volontà di tenere stretta la Champions ma
anche di portare il progetto Premium
a break even a partire dal secondo
semestre del 2016. Mediaset, che a
fine anno contava oltre 2 milioni di
tessere prepagate attive e 1.7 milioni
di abbonati, punta a passare i 4 milioni
rubando nei prossimi tre anni mezzo
milione di clienti a Sky. Per farlo, oltre
all’offerta, punterà anche sulla qualità:
il pacchetto calcio sarà infatti convertito interamente in HD, anche se non è
ENTERTAINMENT
È arrivato
Spotify per
PlayStation

Sony ha chiuso il servizio di
streaming Music Unlimited,
ufficialmente sostituito dal nuovo
PlayStation Music, interamente
basato su Spotify. La nuova app
debutta sia su PlayStation 3 che
PlayStation 4, ma è soprattutto su
quest’ultima che i giocatori potranno trarne maggiore beneficio, con
la possibilità di ascoltare la propria
musica preferita anche durante le
partite ai videogiochi. PlayStation
Music funziona anche con la versione gratuita di Spotify, ed è possibile
utilizzare il proprio account se se
ne possiede già uno per accedere
a tutta la propria libreria e playlist.
Altrimenti è possibile creare un
nuovo account direttamente da
PlayStation Music. L’app Spotify per
PlayStation supporta il protocollo
Spotify Connect che consente
di controllare la riproduzione da
console anche tramite l’applicazione per smartphone e tablet. Per
gli ex abbonati a Music Unlimited
è prevista un’offerta promozionale
che prevede due mesi di ascolto
gratuito anziché uno per chi decide
di iscriversi al nuovo servizio in
versione Premium.
torna al sommario
Rai Cinema
sbarca
su Google Play
Prezzi ok
La Rai si accorda con
Google: oltre 180 film
sono già disponibili
su Google Play
Prezzi da 2.99 euro
per il noleggio
a 5.99 euro
per l’acquisto
di Roberto PEZZALI
dato sapere dove Mediaset troverà lo
spazio necessario per poter trasmettere in alta definizione vera (e quindi
con un bitrate accettabile) sul digitale
terrestre. Tra pochi mesi dovrebbe arrivare la nuova offerta completamente
rivoluzionata. Wi-Fi 802.11ac integrata,
2 GB di RAM e 8 GB
ENTERTAINMENT È solo una prova, ma a breve chissa...
Su YouTube video Ultra HD a 60p
Y
di Paolo CENTOFANTI
ouTube sta sperimentando con la possibilità di offrire in streaming anche
video in Ultra HD con frame rate fino a 60p. TechCrunch ha infatti scovato
una playlist creata da YouTube in cui i video sono disponibili fino a questa
risoluzione. Al momento la lista comprende solo sei video, che sono stai abilitati
manualmente da YouTube al massimo frame rate. Caricando normalmente filmati
4K a 60p, infatti, verranno riprodotti comunque al massimo a 30p. Il motivo per
cui YouTube sta testando in modo così limitato questa possibilità è presto detto:
con gli attuali codec sulla stragrande maggioranza dei PC e riproduttori i video
sono troppo pesanti per una riproduzione fluida tramite YouTube, oltre naturalmente al problema della banda richiesta per la loro trasmissione. In ogni caso,
quello che si evince da questo esperimento è che il servizio di streaming è già
pronto ed è solo questione di tempo prima che YouTube decida di “accendere”
al gran completo il supporto ai video a 60p anche in Ultra HD.
Per chi lo desidera, la playlist è raggiungibile a questo indirizzo
La TV pubblica di Stato ha firmato
un accordo che permette a Google di accedere ad un catalogo di
centinaia di film tratti dal catalogo
di Rai Cinema. I film sono disponibili per l’acquisto o per il noleggio
su Google Play Movie, a prezzi che
vanno dai 2.99 euro per il noleggio
ai 5.99 euro per l’acquisto. Un accordo del genere è storico anche
per Google: per la priva volta, infatti, arrivano sullo store contenuti di
una TV e non di una major cinematografica. La sezione “Collezione
Rai” al momento può contare su
180 pellicole, ma un ulteriore set
di 100 film arriverà a breve. Come
per gli altri contenuti ci sarà possibilità di accesso da ogni device e
con Chromecast; il film potrà inoltre
essere scaricato offline per la visione senza connettività. La scelta di
Google è stata necessaria per dare
più visibilità ai contenuti, ha spiegato il Dg Gubitosi: “Il nostro obiettivo
è dare visibilità al cinema italiano e
questo avviene attraverso una miriade di piattaforme commerciali. E’
ovvio che attraverso più piattaforme si riesce a dare maggiore visibilità ma anche a procurare maggiori introiti ai produttori. Con la sola
piattaforma Rai non riusciremmo
probabilmente a raggiungere gli
stessi obiettivi e lo stesso numero
di utenti. Ma ciò non vuole dire che
non la faremo, ma in aggiunta.”
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
ENTERTAINMENT La società di Jay-z diventa il primo servizio di streaming di proprietà degli artisti
TIDAL HiFi diventa lo streaming delle star
Gli artisti hanno firmato una dichiarazione d’intenti, l’obiettivo è ridare valore alla musica
N
di Paolo CENTOFANTI
ella notte del 30 marzo, Jay-Z in
compagnia di un buon numero di
mega star della musica (la somma
degli incassi degli artisti in sala probabilmente equivale al PIL di una piccola
nazione) ha di fatto rilanciato il servizio
di streaming TIDAL HiFi. Come da precedenti indiscrezioni, Jay-Z, all’anagrafe
Shawn Carter, non si è limitato ad acquisire la parent company di TIDAL, Aspiro,
ma ha deciso di portare a bordo della
piattaforma alcuni dei più famosi artisti
del momento, che hanno firmato una
sorta di dichiarazione di intenti secondo la quale TIDAL diventa il loro canale
preferenziale per distribuire materiale in
esclusiva: “TIDAL è una società posseduta in maggioranza dagli artisti la cui
missione è di ridare valore alla musica
e proteggere la sostenibilità di un’industria musicale radicata nella creatività
e nell’espressione. Con TIDAL ci impegniamo a costruire una piattaforma che
rifletta i contributi diretti degli artisti,
offrendo una ricca esperienza. Musica
presentata e ascoltata così come l’hanno pensata gli artisti. Il nostro movimento è guidato da pochi che invitano tutte
le band a riunirsi intorno una causa comune, un movimento che vuole cambiare lo status quo”.
Questi i passaggi salienti della dichiarazione firmata da Jay Z, Beyoncé, Kanye
West, Alicia Keys, Arcade Fire, Daft Punk,
Jack White, Jason Aldean, Chris Martin,
Calvin Harris, J. Cole, deamau5, Madonna, Nicki Minaj, Rihanna, Nicki Minaj e
Usher. Durante la presentazione è stato
più volte sottolineato che gli artisti non
possono essere considerati un prodotto
da parte delle aziende di tecnologia e
con TIDAL vogliono riportare la musica
al centro. I termini dei nuovi contratti tra
le star e TIDAL non sono noti, ma è lecito
pensare che siano evidentemente molto
più favorevoli rispetto a quelli delle altre piattaforme, i cui principali investitori
sono invece le etichette discografiche.
Resta da vedere se tutta questa voglia
di rimettere gli artisti al centro includa
anche band emergenti e indipendenti,
visto che i nuovi proprietari includono
solo multi-milionari che certamente non
avevano bisogno di TIDAL per mantenere alti i propri introiti. Per ora poco si sa
di quello che sarà più concretamente il
futuro di TIDAL. L’unica novità è che il
servizio include ora anche un piano a
9,99 euro con streaming in alta qualità
ma non lossless, mentre il piano con
audio senza perdita continua a rimanere disponibile allo stesso prezzo di
19,99 dollari/euro, ora con una trial di 30
giorni. Intanto la mancanza di un piano
gratuito ha scatenato l’ironia sul web,
visto che l’hashtag della campagna promozionale, #TIDALforALL, non si abbina
molto bene con un servizio da 20 euro
al mese.
TIDAL HiFi
ora disponibile
anche in Italia
su Sonos
TIDAL HiFi è ora disponibile in Italia
sui sistemi Sonos, dopo un periodo
in cui il servizio era accessibile
dal sistema multiroom solo per gli
utenti di Stati Uniti e Regno Unito.
Su Sonos le alternative diventano
così due per chi vuole un servizio
di streaming con audio lossless,
TIDAL HiFi e Deezer Elite. La cosa
interessante è che è l’unico caso
in cui si può parlare di una vera
e propria concorrenza a livello di
prezzi: 19,99 euro al mese per TIDAL,
14,99 al mese per il primo anno per
Deezer Elite. La qualità offerta dai
due servizi è la medesima, audio a
44.1 KHz e 16 bit con bitrate di 1411
Kbit/s, ma mentre Deezer Elite è
disponibile unicamente su Sonos,
TIDAL è accessibile alla massima
qualità da qualsiasi dispositivo via
web o app dedicata, e sta venendo
integrato in diversi sistemi audio dei
principali produttori Hi-End.
ENTERTAINMENT Il CEO di Netflix torna a parlare di pirateria, VPN e del mercato dei contenuti
Netflix: contro la pirateria occorrono licenze globali
Si scarica per non pagare e perchè non c’è altro modo per ottenere quello che si desidera
R
di Paolo CENTOFANTI

ed Hastings, il CEO di Netflix,
in un’intervista rilasciata in occasione del recente lancio del
servizio in Australia e Nuova Zelanda
ha affermato che “la questione delle
VPN non è che un piccolo asterisco
in confronto alla pirateria”. Come in
altri paesi, anche all’altro capo del
mondo sono tanti gli utenti che hanno
utilizzato servizi di VPN per accedere
a Netflix quando non era ancora ufficialmente disponibili, una cosa questa
che al servizio americano non è certo
sfuggita. Ma la soluzione non è tanto
quella di bloccare l’accesso alle VPN
torna al sommario
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
secondo Hastings, cosa questa richiesta dagli studi di Hollywood, come
è emerso dai documenti pubblicati
durante l’hacking di Sony Pictures;
piuttosto occorre andare alla radice
del problema. “Lo scenario delle VPN
dipinge qualcuno che vuole pagare
ma non è messo nelle condizioni di
farlo. La soluzione di base è che Netflix diventi disponibile a livello globale e sia in grado di offrire gli stessi
contenuti in tutte le parti del mondo”.
Un discorso che non fa una piega, ma
che si scontra con la realtà dell’attuale mercato dei contenuti, in cui i produttori rivendono su base regionale i
diritti di sfruttamento, un aspetto che
Hastings vorrebbe risolvere: “Come
industria, dobbiamo risolvere il problema dei contenuti a livello globale.
Poi potremo occuparci di chi invece
non vuole proprio pagare”.
Chiaramente Netflix ha tutto l’interesse a poter offrire un ampio catalogo
in tutto il mondo, visto che è ciò che
spingerebbe più gente ad abbonarsi
al servizio, ma gli accordi di esclusiva su base territoriale con distributori, TV e servizi locali, sono una delle
principali fonti di guadagno per gli
studios, che difficilmente vorranno
rinunciarvi.
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
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Candiago, Simona Zucca
Alessandra Lojacono
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n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
MOBILE Microsoft annuncia il nuovo tablet Surface 3, sarà disponibile in Italia dal 7 maggio
Ecco Surface 3, con display 10” e CPU Intel
Rispetto al Pro è più piccolo, leggero e sottile. In Italia il modello base costerà 609 euro
La nuova app
TomTom GO per Android
è gratuita e permette
di utilizzare il navigatore
per di 75 Km al mese
Poi si paga
di Paolo CENTOFANTI
M
icrosoft ha annunciato il nuovo
tablet Surface 3, versione più piccola e leggera del Surface 3 Pro,
di cui mantiene impostazione del design,
compatibilità con la Surface Pen e soprattutto, processore Intel. A differenza del
Surface 2, modello che va a sostituire,
Surface 3 gira infatti su Windows 8.1 a
64 bit e sarà gratuitamente aggiornato a
Windows 10 non appena il nuovo sistema operativo verrà rilasciato. Parlando
di specifiche tecniche Surface 3 ha uno
spessore di 8,7 mm, pesa 622 grammi
ed è dotato di display da 10,8 pollici con
rapporto d’aspetto di 3:2 come il Surface 3 Pro e l’inconsueta risoluzione di
1920x1280 pixel. Sotto lo schermo c’è il
nuovo processore a basso consumo di
Intel Atom x7-Z8700 da 1,6 GHz e il tablet
sarà disponibile principalmente in due
versioni, con 2 GB di RAM e 64 GB di memoria storage, oppure 4 GB di RAM e 128
GB. Ci sono due fotocamere, una frontale
da 3,5 Megapixel e una posteriore da 8
Megapixel, entrambe saranno in grado di
riprendere video in 1080p. Sul fronte della connettività Surface 3 è dotato di porta USB 3.0, Bluetooth 4.0, WiFi 802.11ac
di Paolo CENTOFANTI
e uscita video mini DisplayPort e ci sarà
anche una versione con modem LTE integrato, che avrà anche il GPS.Come per la
versione Pro, anche Surface 3 supporterà
la Surface Pen, il pennino opzionale con
256 livelli di pressione che permette di
prendere appunti e soprattutto disegnare con i principali software di grafica. Non
manca tra gli accessori la nuova Type
Cover per Surface 3 che come per il modello superiore integra la pratica tastiera
con trackpad per trasformare il tablet in
un vero e proprio piccolo notebook. Microsoft non dichiara la capienza della batteria, ma indica un’autonomia di circa 10
ore nella riproduzione di video e la ricarica avviene tramite connettore microUSB. Le noti dolenti arrivano sul versante
prezzi: se negli Stati Uniti Surface 3 parte
da 499 dollari (esattamente come l’iPad
Air 2 a cui lo paragona Microsoft stessa),
in Italia il modello base avrà un prezzo di
listino di 609 euro. Surface 3 sarà disponibile in Italia a partire dal 7 maggio nella
versione WiFi, con il modello LTE atteso
più in là e per il quale serviranno almeno
100 euro in più. Il prezzo include anche
un anno di abbonamento a Office 365 e 1
TB di spazio su OneDrive. Qui un video di
presentazione del nuovo Surface 3.
MOBILE Dopo i rumor e le anticipazioni arrivano ufficialmente le chiamate tramite Whatsapp
La voce arriva su Whatsapp, solo su Android per ora
Al momento è disponiblile solo per i dispositivi Android, ma la versione iOS arriverà presto
D
di Massimiliano ZOCCHI

opo voci, indiscrezioni e un beta
testing più o meno pubblico, sembra che finalmente sia iniziato un
vero e proprio rollout per Whatsapp
VoiP. Nei giorni scorsi, chi aveva la fortuna di avere un proprio contatto tra i
tester, ricevendo una chiamata Whatsapp poteva a sua volta vedersi attivata
la nuova feature. Ora invece lentamente ma regolarmente, l’app si sta aggiornando da sola, proponendo in alto tre
classici tab, divisi in “chiamate”, “chat”
e “contatti”. L’unico dettaglio da rispettare per essere sicuri di rientrare nella
distribuzione il prima possibile è avere
installata l’ultima versione di Whatsapp.
Il rilascio è avvenuto solo per i terminali
Android, anche se iOS non dovrebbe
tardare ad aggiungersi, dato che proprio
torna al sommario
TomTom su
Android diventa
gratuito, o quasi
Brian Acton, cofounder di Whatsapp ha
dichiarato che gli Apple fan avrebbero
dovuto attendere “un paio di settimane”. Da notare che la versione definitiva
abilita chiamate app-to-app, ovvero solo
tra utenti Whatsapp, e non permette più
di chiamare un proprio contatto sul suo
normale servizio telefonico. In rete si sta
già scatenando l’attesa per chi ancora
non è tra i fortunati, ed appaiono le prime prove per testare i consumi sui piani
dati. Dai primi risultati, a fronte di una
buona qualità audio sembra che le chiamate Whatsapp siano le meno esigenti
in termini di kb utilizzati, rispetto ad altri
servizi VoiP già esistenti.
TomTom, per meglio competere con soluzioni gratuite come
Google Maps, ha deciso di cambiare il proprio modello di business su Android lanciando la
nuova app TomTom GO Mobile,
disponibile gratuitamente su
Google Play Store. Il navigatore diventa sì gratuito, ma con
il limite di 75 Km di guida “assistita” al mese. Raggiunto questo limite si dovrà sbloccare il
chilometraggio illimitato tramite
acquisto in app, con costi da
19,99 a 49,99 euro, a seconda
che si scelga un abbonamento
per uno o tre anni. A differenza
del passato però, l’app dà subito accesso alle mappe offline
di tutto il mondo e per la durata
dell’abbonamento sono inclusi
anche i servizi TomTom Traffic
e segnalazione autovelox. Per
gli utenti che avevano già acquistato la vecchia versione,
TomTom offre tre anni di navigazione illimitata con la nuova
app, con un costo di attivazione
in-app di 50 centesimi (oltretutto rimborsabili seguendo la procedura apposita). Il vantaggio
più grande di soluzioni come
TomTom, rispetto ai navigatori
gratuiti, rimangono i servizi aggiuntivi e le mappe offline, ma
va detto che con un abbonamento di tipo annuale si rischia
con il finire con lo spendere di
più rispetto a prima.
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
MOBILE Asus annuncia i prezzi degli ZenFone 2: il top di gamma costerà la metà dei concorrenti
ZenFone 2: il top di gamma costa 349 euro
4GB di RAM e 32 GB di storage a 349 euro, un prezzo che stupisce. Il “base” costa 179 euro
di Roberto PEZZALI
Apple estende il
programma di “riciclo”
ai dispositivi Android,
Windows Phone
e BlackBerry
Per molti potrebbe
essere l’occasione di
passare ad iPhone
A
quattro mesi dalla presentazione al CES di Las Vegas
Asus apre i pre-order del suo
nuovo ZenFone 2 e il prezzo stupisce: si parte da 179 euro e si arriva a
349 euro, con il modello intermedio
che costerà 249 euro. ZenFone 2 più
che uno smartphone è una famiglia,
anche perché è evidente che tra i tre
modelli c’è una differenza notevole di
prestazioni e caratteristiche.
Quello che però più colpisce è il modello top, che non solo è il primo
smartphone ad avere ben 4 GB di RAM
a bordo ma è anche il top di gamma
che costa la metà degli altri top di gamma. Asus ha sempre realizzato ottimi
smartphone che forse hanno raccolto meno di quanto han seminato, ma
ZenFone 2 potrebbe essere davvero
una scelta interessante per coloro che
ultimamente hanno guardato con attenzione alle soluzioni Android orientali in
stile Xiaomi o OnePlus One, top a prez-
di Emanuele VILLA
zo ok. ZenFone 2 è pensato bene, ha
uno schermo Full HD da 5.5” e 32 GB
di memoria per le apps, il tutto gestito
dal processore Intel Z3580 quadcore a
64 bit con architettura 22 nm. Standard
le fotocamere: 13 Megapixel sul retro e
5 Megapixel sul frontale. ZenFone 2 è
già aggiornato ad Android Lollipop anche se parte dell’interfaccia Google è
oscurata e modificata da Asus ZenUI.
MOBILE La preview di Windows 10 per smartphone sarà supportata da una lunga lista di modelli
Anche i vecchi Lumia possono provare Windows 10
Nell’elenco dei terminali supportati compaiono vecchi modelli, si parte dalla serie X20
di Roberto PEZZALI
razie all’inclusione di una nuova
funzionalità, la technical preview
di Windows 10 per smartphone
potrà essere installata su una lunga lista di dispositivi Nokia Lumia. Lo ha annunciato Microsoft sul blog di sviluppo
di Windows 10, in un post in cui si spiega che il numero limitato di dispositivi
supportati inizialmente era dovuto alla

G
torna al sommario
Vuoi disfarti
di un vecchio
Android?
Portalo da Apple
dimensione della partizione di ripristino
presente sugli smartphone Windows
Phone. A partire dalla prossima build
della preview, sarà inclusa una funzione
che permetterà di riarrangiare dinamicamente le partizioni della memoria storage degli smartphone, permettendo così
di installare l’aggiornamento su un maggior numero di modelli. La lista include
smartphone Nokia ormai “datati” come
la gamma x20, ovvero Lumia 1020, 920,
820, 720 e così via, oltre naturalmente
ai modelli più recenti. La preview sarà
disponibile nelle prossime settimane
per gli iscritti al programma Windows
Insider. Intanto ecco la lista completa
dei dispositivi che saranno supportati a
partire dalla prossima versione:
Lumia 1020, Lumia 1320, Lumia 1520,
Lumia 520, Lumia 525, Lumia 526, Lumia 530, Lumia 530 Dual Sim, Lumia
535, Lumia 620, Lumia 625, Lumia 630,
Lumia 630 Dual Sim, Lumia 635, Lumia
636, Lumia 638, Lumia 720, Lumia 730,
Lumia 730 Dual SIM, Lumia 735, Lumia
810, Lumia 820, Lumia 822, Lumia 830,
Lumia 920, Lumia 925, Lumia 928, Lumia ICON, Microsoft Lumia 430, Microsoft Lumia 435, Microsoft Lumia 435
Dual SIM, Microsoft Lumia 435 Dual
SIM DTV, Microsoft Lumia 532, Microsoft Lumia 532 Dual SIM, Microsoft Lumia 640 Dual SIM, Microsoft Lumia 535
Dual SIM.
Il programma di riuso e riciclo
Apple si estende ai dispositivi di
altri produttori. E soprattutto è
attivo anche in Italia: chiunque
potrà portare il proprio terminale
Android, BlackBerry e Windows
Phone presso un Apple Store ottenendo un credito da spendere
presso lo Store oppure online. Il
progetto è nato da qualche tempo per consentire lo smaltimento
responsabile dei componenti elettronici, ma finora era limitato a dispositivi Apple e PC. Quali modelli
extra-Apple siano coinvolti nel
programma non è dato sapere, ma
la versione inglese del sito Apple
ha già ufficializzato l’iniziativa anche online, prevedendo il ritiro di
modelli Sony, Samsung, Nokia, LG,
HTC e BlackBerry, che insieme costituiscono buona parte del mercato extra-iOS. Ognuno di questi
produttori ha poi diversi modelli
(per esempio, Sony è presente
con Xperia Z3, Xperia Z3 Compact, Xperia Z2, Xperia Z1, Xperia
Z1 Compact, Xperia Z Ultra, Xperia
ZL e Xperia Z), ognuno identificato con tagli di memoria e colori.
Segue una pagina con alcune domande circa lo stato del prodotto,
inteso in senso “strutturale” e funzionale, dopo di che si ottiene una
valutazione di massima espressa
in sterline. Una visita a un Apple
Store italiano potrà risolvere ogni
dubbio in merito.
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
PC Dopo le chiavette Android e Windows proposte da Intel arriva la soluzione di Google e Asus
Chromebit, Chrome OS in una chiavetta
Basta collegare Chromebit alla porta HDMI di un monitor o di un TV per avere un PC completo
G
di Roberto PEZZALI
oogle spinge forte Chromebook,
che negli USA, almeno a livello
accademico, sta diventando un
vero riferimento. Sentendo il fiato di
Microsoft sul collo, dopo i rumour di portatili Windows 10 a 149$ destinati proprio
al settore educativo, Google ha deciso
di migliorare l’offerta di prodotto affidandosi a nuovi partner e a quelli storici per
abbassare i prezzi. Chromebit, uno dei
prodotti appena annunciati, è la versione Chrome OS delle famose chiavette
Android: uno stick compatto, da infilare
nella porta HDMI di un TV o di un monitor, per avere Chrome OS perfettamente
funzionante su uno schermo di grandi dimensioni. Prodotta da Asus e con un target price di 100$ (da definire), Chromebit
ha due connettori: l’uscita video e l’ingresso micro USB per l’alimentazione,
un po’ come Chromecast. Tastiere, mouse e periferiche compatibili vengono
Toshiba e Intel
hanno annunciato
simultaneamente
le nuove memorie
NAND Flash
con struttura 3D
rispettivamente
a 48 e 32 strati per SSD
più capienti e veloci
gestite tramite la connessione wireless:
Bluetooth o Wi-Fi. Nessuna idea sul processore contenuto all’interno, anche se
si ipotizza possa trattarsi di un Soc quad
core RockChip, azienda cinese che produce processori integrati per questo tipo
di chiavette e che ora ha prodotto anche
un processore per i Chromebook a basso costo firmati Haier e Hisense.
Chromebook
PC Microsoft ha aggiornato la Technical Preview di Windows 10 aggiungendo il browser Spartan
Finalmente si può provare Spartan su Windows 10
Le prime impressioni sono assolutamente positive, con un netto colpo di spugna al passato
C
di Roberto PEZZALI

hi ha scaricato l’ultima release della Tecnical Preview di Windows 10
si è trovato una sorpresa: è comparso, infatti, Project Spartan, il nuovo
browser che Microsoft utilizzerà per
eliminare Internet Explorer dal suo
prossimo sistema operativo (anche se
in realtà sarà disponibile ancora per
utenti business). Spartan è un browser
tutto nuovo, che nasce principalmente con due idee: far dimenticare il suo
predecessore e offrire un’interfaccia
molto più vicina agli utenti con una serie di strumenti che migliorano il modo
di fruire il web. Alla base di tutto c’è un
nuovo motore di rendering javascript,
Edge, che sostituirà Trident utilizzato in
Internet Explorer: la scelta di cambiare il motore di rendering è dovuta alla
necessità di stare al passo con i tempi,
dove sempre più siti sono in realtà applicazioni che girano nel browser e non
pagine generate da un server remoto (il
forum di DDay è un esempio). Spartan
torna al sommario
SSD più veloci
e capienti con
le memorie flash
3D di Intel
e Toshiba
si focalizzerà, inoltre, sui contenuti delle
pagine, permettendo il salvataggio offline dei contenuti oltre a una modalità
di lettura semplificata che elimina dalle
pagine tutto il superfluo. Tra le funzionalità più curiose la possibilità di annotare
pagine web condividendo anche snippet di testo e foto con pennino, dita o
tastiera, una funzione che si rivelerà parecchio interessante su smartphone e
tablet. Nella versione USA, almeno per
ora, è stata integrata anche Cortana.
Come per Windows 10, anche in questo
caso non dobbiamo aspettarci un applicativo stabile e veloce (è una Technical Preview), ma le prime impressioni
sono positive: Spartan è leggero, facile
da usare e soprattutto sarà aggiornato
con regolarità. Mancano, al momento,
le estensioni: questo forse è un bene,
almeno in una prima fase di stabilizzazione, anche se in futuro Microsoft dovrà pensare anche a questo se vuole
fronteggiare Chrome.
di Paolo CENTOFANTI
Toshiba ha annunciato la disponibilità per i produttori dei primi
campioni chip di memoria flash
3D a 48 strati. Si tratta di memorie
flash BiCS (Bit Cost Scalable) in cui
le celle non sono più arrangiate su
un piano, ma in uno spazio 3D. Il
risultato della tecnologia Toshiba
a 48 strati è un singolo chip di memoria MLC (multilevel cell) con capacità di 128 Gigabit (pari a 16 GB),
che può essere utilizzato come
mattoncino per realizzare dischi
SSD ancora più capienti, ma anche veloci: la particolare struttura
tridimensionale di queste memorie, infatti, permette di migliorare
la velocità di scrittura e lettura,
nonché l’affidabilità della memoria stessa. Parallelamente, anche
Intel ha annunciato la disponibilità dei campioni di memorie flash
questa volta a 32 strati, sviluppate
in collaborazione con Micron. Le
memorie di Intel saranno disponibili in chip da 256 Gigabit (MLC
come Toshiba) ma anche da 384
Gigabit (Triplelevel cell). Giusto
per mettere in prospettiva le possibilità offerte da questo sviluppo
tecnologico, si parla della possibilità di realizzare SSD da 2,5 pollici con una capacità superiore ai
10 Terabyte. La nuova tecnologia
dovrebbe spingere non solo un
aumento della capacità ma anche una abbassamento dei prezzi
degli SSD grazie alla maggiore
densità. Nel giro di qualche anno
forse potremo mandare in pensione i buoni vecchi dischi a piatti
magnetici.
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
HIFI & HOME CINEMA In vendita già da qualche settimana negli Stati Uniti i quattro lettori LG
Nuovi Blu-ray LG pensati per il multiroom
Stanno per arrivare in Europa i lettori Blu-ray LG del 2015, compatti e completi in tutto
Interessante la connettività: sono tutti compatibili con il sistema multiroom Music Flow
di Michele LEPORI
a gamma 2015 di lettori Blu Ray firmata LG sta per varcare i confini
americani dove sono in vendita già
da qualche settimana per sbarcare anche qui in Europa: BP550, BP450, BP350
e BP250 non sono in grado di riprodurre
contenuti Blu Ray UHD (se tutto va bene
lo standard avrà via libera a fine anno) ma
portano con sé interessanti caratteristiche di connettività.
I top di gamma BP550 e BP450 saranno i lettori compatibili anche con i film in
3D ma - soprattutto - con Music Flow: a
dispetto del nome, lo “streaming” audio
supportato non si limita alle note di una
canzone ma anche ai dialoghi di un film,
ed i lettori saranno in grado di riconoscere la presenza sulla rete Wi-fi di casa di
speaker, soundbar o casse satellite multi-
L
LG BP550
di Roberto FAGGIANO
room della famiglia LG e le useranno per
la riproduzione. Addio a fili e telecomandi, quindi. Dal punto di vista smart, ai due
top di gamma si affianca anche BP350
per quello che riguarda app e contenuti
DLNA: sorpresa per la piattaforma di lavoro dei 3 lettori, non la WebOS che tan-
to ci ha sorpreso durante il test del 55”
OLED bensì NetCast che mancherà solo
sull’entry level BP250, lettore semplice e
funzionale che beneficerà comunque del
servizio Music Flow. Rimaniamo in attesa
di news per l’effettiva disponibilità nei
negozi.
Con il sintoampli Pioneer il Dolby Atmos è per tutti
Pioneer rinnova la gamma home theater con due sintoamplificatori di gamma media
Tra questi, il modello VSX-1130 è già completo di Dolby Atmos e costerà circa 600 euro
L’
di Roberto FAGGIANO

torna al sommario
DAC-HA300 è
riproduttore musicale
in cuffia, convertitore
digitale/analogico e
amplificatore per cuffia
Ma il prezzo sarà salato
LG BP350
HIFI & HOME CINEMA I due modelli saranno disponibili da aprile in versione nera o silver
ultima codifica di Dolby non è più
un’esclusiva degli apparecchi
più costosi. Le ultime novità di
Pioneer, infatti, lo portano in una fascia
di prezzo decisamente accessibile.
Il nuovo sintoamplificatore VSX-1130
(600 euro circa, foto a destra in alto) è
un 7.2 con potenza di 100 watt per canale (8 ohm - 0,08% THD) compatibile
Dolby Atmos e con tutte le codifiche
Dolby Digital e dts, upscaler video 4K,
Wi-Fi e Bluetooth già integrati, funzioni
DLNA e Airplay, calibrazione automatica e app di controllo per smartphone e
tablet.
Molto interessanti le specifiche tecniche, che vedono l’impiego di un processore DSP Texas della famiglia Aureus e di un pregevole convertitore D/A
Sabre ES9006S da 192 kHz/24bit. La
compatibilità con i formati audio liquidi
arriva fino al DSD (solo tramite ingresso
USB) e non manca la compatibilità con
Spotify Connect. Lodevole la presenza
dei collegamenti senza filo Wi-Fi e Blue-
Onkyo
DAC-HA300
Tuttofare per
la musica hi-res
tooth che alcuni
concorrenti
non
offrono.
In tema di connessioni si va ben oltre
le normali esigenze degli appassionati con sei ingressi HDMI, doppia
uscita HDMI, ingressi digitali ottico
e coassiale e triplo ingresso stereo. A
questi si aggiungono un ingresso HDMI
e una presa USB sul pannello frontale.
Chi non è interessato agli effetti surround “aerei” del Dolby Atmos può
orientarsi sull’altra novità, il VSX-830
(400 euro circa, foto a destra in basso)
che è un 5.2 con potenza di 80 watt per
canale (8 ohm 0,08% THD), Bluetooth e
Wi-Fi integrati, compatibile con tutte le
codifiche Dolby Digital e dts, video 4K
con upscaler, funzionalità DLNA e Airplay, app di controllo per smartphone
e tablet, Spotify Connect, calibrazione
automatica, compatibilità con musica li-
quida fino alla risoluzione dei DSD a 192
kHz. Dal punto di vista tecnico ritroviamo il processore DSP Texas Aureus del
modello superiore mentre il convertitore
D/A è di qualità standard. La versatilità
dei collegamenti è lievemente inferiore
al 1130 ma sempre più che sufficiente
per le normali esigenze.
Onkyo ha presentato DAC-HA300,
un apparecchio portatile con molteplici funzioni e compatibile con
tutti i file musicali in alta risoluzione, fino al DSD da 5,6 MHz. Come
riproduttore portatile dispone di
uno slot per card Micro SD fino a
128 GB, ma può anche prelevare
il segnale digitale da smartphone
e tablet o fare la conversione D/A
da una qualsiasi sorgente da un
ingresso diretto multifunzione e
per finire è anche amplificatore
per cuffie. Il ruolo più interessante è forse quello di convertitore e
amplificatore per il segnale digitale in arrivo da smartphone e tablet,
funzione disponibile per dispositivi Apple con connettore Lightning
e per Android compatibili con
il cavetto usb OTG (On the go).
Come convertitore da altre sorgenti può sfruttare, oltre alla presa
USB per il pc, un originale connettore minijack in grado di accettare
segnali digitali coassiali e ottici,
da questo ingresso possono entrare segnali fino a 192kHz/24bit.
L’amplificatore per cuffia accetta
anche il normale segnale stereo
analogico da minijack e ha un selettore per scegliere tra due livelli
di impedenza per meglio adattarsi
a diversi tipi di cuffie. L’autonomia
della batteria integrata è di 7 ore.
Al momento è stato diffuso solo il
prezzo in sterline, pari a 499 (circa
700 euro), cifra piuttosto alta ma
in fondo allineata con altri prodotti
similari.
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8 APRILE 2015
MAGAZINE
HIFI & HOME CINEMA Tra i prodotti originali, diffusori che volano, che funzionano con una candela e auricolari da 2.500 euro
Audio estremo: genialate e follie ad alta fedeltà
Qual è lo stato dell’arte dell’hi-tech dedicato all’audio? Ecco i prodotti più folli mai inventati nel mondo dell’alta fedeltà
di Emanuele VILLA
pesso si dice che l’audio sia un settore resistente al cambiamento: i dispositivi che usiamo oggi in casa e a passeggio sono le versioni
rivedute e corrette di quelli di 10 anni fa, la tecnologia applicata ai diffusori è la stessa da decenni e
l’avvento del multiroom Wireless ha semplicemente
dato una boccata d’aria fresca a un settore il cui tasso evolutivo è molto lento. Ma la realtà è un’altra:
certo, ci sono ambiti come quello dei diffusori in cui
l’hi-tech si inserisce marginalmente, ma l’evoluzione
è netta e avvertibile anche in questo segmento.
E non ci riferiamo solo alle sorgenti, che hanno ormai dematerializzato il supporto fisico a favore del
download prima e dello streaming dopo, ma anche
agli apparecchi per la casa e la musica in movimento: abbiamo speaker Bluetooth integrati nelle lampadine, diffusori magnetici che lievitano nell’aria,
auricolari che fanno di tutto senza bisogno di uno
smartphone, giradischi Bluetooth, amplificatori per
strumenti musicali grandi come il palmo di una mano
e mille altre cose curiose e tecnologicamente avanzate. Intendiamoci, non è tutto oro quello che luccica,
alcune manifestazioni di audio hi-tech sono poco più
di esercizi di stile, altre fanno sorridere, altre ancora
sono del tutto inutili, ma alcune potrebbero davvero
essere la next big thing. Quanto meno a casa tua.
S
Guarda, guarda, un diffusore che vola!
Ne avevamo già parlato all’epoca della presentazione del progetto, non possiamo non tornarci quando
si parla della tecnologia più “pazzesca” legata al
mondo dell’audio: OM/ONE non è una bufala, è un
diffusore sferico Bluetooth con microfono incorporato e batteria integrata, di modo tale da poterselo portare un po’ ovunque. Ma quello che colpisce non è
la finitura metallica né le piccole griglie che lo fanno
sembrare un piccolo pallone da calcio, bensì il fatto
che può rimanere sospeso in aria se posizionato sul-

La sfera di OM/ONE non va usata necessariamente
con la base: ha una batteria integrata ed è uno
speaker Wireless in tutto e per tutto
torna al sommario
la sua base, che di fatto è un grosso magnete.
Il prodotto è commercialmente disponibile, anche
presso retailer di riferimento come Amazon, ma le
quantità sono limitatissime, al punto da essere considerato in “pre-order” anche sul sito del produttore.
Costa 199 dollari/euro e verrà spedito tra marzo e
aprile 2015.
Nel frattempo, in rete i video hands on si sprecano:
da chi impazzisce perché non trova il punto esatto
dove posizionare la sfera in relazione alla base (se
il posizionamento non è più che preciso, il pallone
collassa e si aggancia alla base), a chi si diverte a
farlo roteare sospeso in aria. Sarebbe curioso capire
come si comportano eventuali animali domestici...
Clicca qui per il video.
The Dash non è un auricolare, è un PC
nell’orecchio
Gli auricolari per lo sport sono un po’ la moda del
momento, ma alla fine sono auricolari normali studiati
per non scivolare durante gli allenamenti, sopportare condizioni meteo avverse, permettere di ricevere
telefonate e andare sotto la doccia senza problemi.
Dentro c’è di tutto: processore, storage, auricolare, accelerometro, microfono con tecnologia a
conduzione ossea, pulsiossimetro...
Resta il limite del cavo (in molti casi) e la necessità
dello smartphone come sorgente musicale, fattori che
insieme possono condizionare negativamente la sessione di allenamento.
The Dash non è un semplice auricolare per gli sportivi
ma un vero e proprio sistema all in one per l’ascolto
musicale e la comunicazione in movimento. Perché fa
veramente di tutto: intanto è un auricolare completamente Bluetooth, cioè non c’è archetto o cavo che
collega i due auricolari, è un player musicale stand
alone con 4 GB di memoria flash integrata e ha una
piccola area touch per controllare la riproduzione; per
chi preferisce, c’è anche la possibilità di collegamento
allo smartphone tramite l’app relativa, cosa che serve
non solo per usare quest’ultimo come sorgente musicale, ma anche per scaricare i dati di fitness, ovvero
pulsazioni, ossigenazione, temperatura e calorie bruciate.
The Dash registra inoltre i passi, la distanza, l’andatura, la velocità e molto altro ancora; ovviamente tramite
smartphone si può andar oltre, basta scaricare un’app
di terze parti supportata per sfruttare il GPS e tutti gli
altri sensori dello smartphone, creando un quadro
completo della propria sessione di fitness. Come se
non bastasse, The Dash ha un microfono incorporato
che registra la voce tramite il principio della conduzione ossea, “ripulendola” dal rumore ambientale,
mentre per quanto concerne l’ascolto, gli auricolari
offrono un buon grado di isolamento ma dispongono
anche della funzionalità transparent audio che fa uso
di microfoni d’ambienza per permettere la percezione
dell’ambiente attorno a noi, cosa particolarmente utile
quando ci si trova nel traffico.
Davvero notevole, ma anche il prezzo non è da meno:
The Dash viene proposto al pubblico europeo a 299
euro, e le prime spedizioni partiranno a giugno 2015.
Presso il sito del produttore tutte le informazioni in
merito.
Clicca qui per il video
segue a pagina 20 
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8 APRILE 2015
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HIFI & HOME CINEMA
Audio estremo
segue Da pagina 19 
Devialet Phantom
il diffusore wireless “migliore al mondo”

Perché parlare di un diffusore wireless in un servizio
sulle primizie e stranezze hi-tech? D’altronde, a parte la forma molto ricercata e l’impronta tipicamente
hi-end, è pur sempre uno speaker Wireless che riproduce musica tramite la rete di casa. Ma ci ha colpito,
perché questo Devialet Phantom viene definito (dal
produttore, s’intende) come lo speaker in grado di
produrre The Best Sound in the World (il miglior suono
al mondo). Lungi dal poterlo giudicare in una rassegna
del genere, i giudizi che vediamo in giro sono davvero
lusinghieri. D’altronde, tutto ciò è ampiamente giustificato dal prezzo: 1.690 euro per la versione “regolare”,
con amplificazione da 750 Watt e una pressione sonora di 99 dB a 1 metro, e 1.990 euro per la versione Silver, con 3.000 watt di potenza di amplificazione e 105
dB. Da notare che queste caratteristiche emergono da
un diffusore molto compatto, con un volume interno di
appena 6 litri. Anche le altre caratteristiche tecniche
sono eccellenti per un dispositivo di questo tipo: a
partire dalla risposta in frequenza estesa da 16 Hz a
25 kHz, che rende inutile l’impiego di un subwoofer
(infatti Devialet non lo produce, nonostante i Phantom
possano essere usati anche in configurazione multicanale), è alimentato da un processore ARM dual core
da 800 Mhz con 512 MB di memoria DDR3 a supporto
e integra convertitori D/A Texas Instrument PCM1798
24bit/192kHz: non per niente l’idea è quella di permettere lo streaming da PC o da dispositivo mobile
mediante l’app Spark, che grazie a un protocollo proprietario consente lo streaming lossless fino appunto
a 24bit/192kHz. Per chi non la conoscesse, l’azienda
francese è tutt’altro che la solita startup: Devialet è
un nome noto e affermato nel mondo dell’audio hiend, e le opinioni finora raccolte sul prodotto sono
decisamente positive, nonostante l’elevato prezzo di
listino. Oltretutto, Phantom è un concentrato di tecnologia: il dispositivo impiega la tecnologia ADH (Analog Digital Hybrid), con amplificazione in Classe A e
utilizza la medesima amplificazione del Devialet 200
(un ampli da quasi 7.000 euro), ma “piegata” alle esigenze e alle dimensioni del Phantom; il circuito ADH
qui è integrato in un chip da 1 cm2. A livello di diffusori
troviamo due subwoofer che lavorano in tandem con
emissione laterale, un midrange e un tweeter posizionato all’estremità del cabinet, il tutto gestito dal DSP
integrato. Chi volesse entrare nel mondo dell’audio
Wireless di altissima qualità, può farci un pensierino.
Budget permettendo, s’intende.
torna al sommario
Aria pura e buona musica: ci pensa AXA
Premessa: non si tratta ovviamente della nota compagnia assicurativa ma di una startup di Hong Kong
desiderosa di mostrare al mondo le sue idee rivoluzionarie. Idee che però sembrano stentare un po’, visto che il qui presente purificatore d’aria con speaker
Bluetooth incorporato ha ottenuto 2.000 dollari dei
6.000 richiesti per partire con la produzione. Ma va
anche detto che mancano ancora pochi giorni, per cui
se qualcuno volesse partecipare, è ben accetto.
Poche parole questa volta per descrivere il prodotto:
è un purificatore d’aria multifiltro con ionizzatore incorporato, un prodotto che il produttore ha pensato
soprattutto per l’ufficio, specie quelli più affollati. Oltre
a rendere l’aria respirabile e quindi agire positivamente sulla nostra salute, AXA Hifi Music Air Purifier ha
anche uno speaker Bluetooth incorporato, con tanto
di app che ne permette il controllo via smartphone;
il dispositivo è compatibile con tutti gli smartphone
dotati di Bluetooth 4, a prescindere dalla marca e dal
sistema operativo. L’idea portata avanti dal produttore è quella di migliorare sia la salute che l’umore
delle persone (health and happiness, recita la pagina
Kickstarter dedicata al progetto), puntando tra l’altro
su un design moderno e colorato, come comanda il
gusto orientale. Non ci resta che verificare se il progetto avrà successo e verrà finanziato: nonostante sia
tutt’altro che rivoluzionario, c’è da dire che in questa
fase costa molto poco (69$ ad apparecchio, e 79$
con filtro Hepa) e potrebbe essere una buona idea
per dare una “nota di colore” al proprio ufficio.
Sta nel palmo della mano e suona come
un Marshall: chitarrista avvisato...
Anche in questo caso stiamo parlando di un progetto
nato su Kickstarter, ma a differenza del precedente,
questo è stato regolarmente finanziato poiché ha
quasi raddoppiato la previsione iniziale di 27.000 dollari e viene proposto a 69 e 99 dollari. Il primo è Yaba,
la versione “standard” che riproduce tutte le sorgenti
audio, mentre il secondo è Yaba X che contiene anche un micro amplificatore per chitarra da 2,4 W e
una batteria al litio con autonomia di 8 ore. La sua
caratteristica di punta, che accomuna entrambi gli amplificatori è la trasmissione del suono e della musica
attraverso i materiali, che fungono così da ulteriore
elemento di amplificazione.
Ecco perchè nei video diffusi dall’azienda, Yaba X
emette un suono potente nonostante le dimensioni
davvero irrisorie, anche se a onor del vero il dispositivo è spesso piazzato sopra una scatola di cartone,
che per sua stessa natura funge da cassa di risonanza. La cosa curiosa è che, ovviamente, il suono
risultante è diverso a seconda del materiale su cui
è piazzato il dispositivo: i chitarristi più innovativi e
visionari si divertiranno un sacco a sperimentare i
diversi suoni possibili con la propria attrezzatura. In
un’intervista a Mashable, il direttore marketing di PLX
Devices (l’azienda che ha inventato e produce Yaba)
ha affermato che è percepito come molto “divertente” considerare una superficie esterna come principale sorgente musicale. E lo stesso ha dichiarato di
essere un fan del vetro a causa della sua capacità di
amplificazione delle basse frequenze: sarà, ma qui
una prova s’impone...
Clicca qui per il video.
Con Klang puoi alzare al massimo il
volume: i tuoi vicini non sentono niente
Nonostante sia stato presentato al CES del 2011, ci
risulta che Klang, il diffusore a ultrasuoni, al momento non sia ancora stato prodotto. Eppure il designer
Adam Moller non ha abbandonato il progetto, nella
speranza che qualche azienda affermata decida di
investirci e di produrlo. L’obiettivo è ambizioso: dirigere il suono verso una piccola porzione della stanza, di modo tale che giunga solo ed esclusivamente
all’ascoltatore e non si propaghi altrove. Significa
avere i vantaggi dell’ascolto in cuffia senza doverne
indossare una, ma soprattutto significa poter ascoltare un film a tutto volume lasciando riposare i vicini,
un vantaggio eccezionale per chi (come la maggior
parte) abita in condominio.
segue a pagina 21 
n.109 / 15
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Audio estremo
segue Da pagina 20 
che né di batterie, poiché è proprio la piccola candela sottostante il diffusore ad alimentarlo. È quindi
un prodotto bello da vedere e capace di creare atmosfera mediante l’impiego congiunto della luce e
della musica.
Il principio fisico da cui trae origine Pelty venne scoperto da Charles Peltier (il nome del diffusore non è
dunque un caso), un fisico francese che scoprì come
la corrente fatta passare tra due metalli possa generare calore; l’effetto “gemello”, chiamato Seeback,
è alla base di Pelty e consiste nel fatto che in un
circuito di conduttori metallici, una differenza di temperatura genera elettricità. In pratica, Pelty deriva la
propria alimentazione dal fuoco, e per questo rappresenta qualcosa di assolutamente inedito. Pelty
funziona completamente senza cavi poiché, oltre
a non richiedere nessuna alimentazione, è anche
Bluetooth e compatibile con tutti gli smartphone dotati di questa tecnologia.
Clicca qui per il video.
Pelty è il diffusore Bluetooth
che va a candela
Ecco il giradischi
che “manda in streaming” gli LP
Finalmente un progetto made in Italy ingegnoso e
interessante, per quanto sembra non abbia raggiunto il quorum nella campagna di finanziamento:
ciò nonostante, il progetto di Gianluca Gamba, che
fece parlare la stampa di mezzo mondo a metà 2014,
sembra essere ancora in piedi, come dimostra il sito
www.pelty.it. Di cosa si tratta è presto detto: un diffusore Bluetooth di design la cui caratteristica di base
è l’alimentazione a candela: pensato per una serata
romantica, il diffusore non necessità di prese elettri-
Un prodotto senza dubbio meno particolare di tanti
altri presenti in questa rassegna, ma per qualcuno
potrebbe avere anche un suo fascino. Ci riferiamo
all’Air LP di ION, un prodotto presentato allo scorso
CES di Las Vegas e che dovrebbe arrivare a giorni
sul mercato (USA) a 169 dollari di listino.
Cosa fa Air LP (un nome, un programma) è presto detto: converte in digitale gli LP e li trasmette in streaming ai diffusori Bluetooth presenti in casa. Difficile
che una soluzione del genere possa attrarre l’audio-

Come ciò sia possibile è presto detto: il diffusore
Klang, che nelle immagini si presenta sotto forma di
prototipo ed è un oggetto di design, è in grado di
emettere onde di ultrasuoni (quindi non udibili dall’essere umano) in una colonna anche molto stretta,
di modo tale da raggiungere solo un’area dell’ambiente circostante.
Queste onde “stimolano” le molecole d’aria solo all’interno del cono in questione (che può essere più
o meno stretto a seconda delle intenzioni dell’ascoltatore), e questo contatto genera suono udibile. La
cosa molto particolare è che il suono non si è originato nel/dal diffusore, ma precisamente in quel punto, e
questo spiega perché chi è fuori dal cono non sente
nulla: una tecnica analoga è già impiegata in ambito
militare. Inoltre, Adam Moller ha anche pensato a un
modo per ampliare o restringere il cono di onde ad
alta frequenza che si origina dal diffusore, di modo
tale da rendere più ristretto o ampio il fronte sonoro: nel caso questo sia minimo, l’audio raggiunge un
solo soggetto, e a fianco c’è solo il silenzio.
Altra applicazione molto interessante è relativa all’home cinema: invece di sfruttare vari rimbalzi e
riflessioni sonore, fenomeno tipico delle soundbar
e soundbase, il sistema in questione non colloca
nessun diffusore alle spalle dello spettatore ma è in
grado di indirizzare il suono dove dovrebbero esserci
i canali posteriori, generando un senso di coinvolgimento notevole.
torna al sommario
filo, perché un prodotto da 169 dollari difficilmente è
in grado di soddisfare le sue pretese qualitative, ma
può avere un senso per chi vuole riprodurre vecchi o
nuovi LP sull’impianto Wireless di casa senza doverli convertire in file e riprodurli tramite strumenti più
moderni e hi-tech.
Nota interessante, Air LP si può collegare al PC via
USB per la conversione diretta degli LP in file audio,
con tanto di software fornito in dotazione, e lo stesso si può fare con sorgenti esterne preventivamente
collegate alla presa Aux di cui è dotato l’apparecchio: pensiamo a un vecchio riproduttore a cassette
o anche a un CD player, per esempio. Difficilmente
riscuoterà un successo planetario, nonostante il vinile sia tornato di moda, ma staremo a vedere...
Gli auricolari esotici
costano più di 2.500 euro
Sinceramente non sappiamo se gli auricolari Noble
Audio Prestige siano proprio i più cari al mondo o
se ci vadano vicino, resta il fatto che sono una soluzione pensata non solo per chi vuole il massimo in
quanto a qualità sonora, ma anche un lusso senza
mezze misure.
Il punto di partenza è un progetto già affermato nella
fascia altissima del mercato: i K10 di Noble Audio,
auricolari dotati di ben 10 trasduttori che lavorano a
coppie e gestiscono ognuno una piccola parte dello
spettro di frequenze udibili.
La versione Prestige, dedicata a chi non ha nessun
limite di budget, ha diverse particolarità: intanto è
realizzata su misura con un processo di scansione
3D che “registra” fino a 2,5 milioni di punti per ogni
orecchio, poi lo stampo viene realizzato a mano con
un processo che può durare anche 30 ore per ciascun auricolare. Come materiali, si spazia dai legni
esotici all’alluminio e alla fibra di carbonio con diverse finiture e texture metalliche. Per un suono e un
look davvero “no compromise”.
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
DIGITAL IMAGING La fotocamera, distribuita da Fowa, utilizza un particolare sensore Megaray
Lytro Illum in Italia, cambia il modo di fotografare
La rivoluzionaria fotocamera che cattura la luce è ufficialmente disponibile a 1.299 euro
D
di Roberto FAGGIANO
opo la presentazione sul mercato
USA dello scorso anno, la fotocamera Lytro Illum arriva anche in Italia distribuita da Fowa. Il prezzo di listino
è stato fissato a 1.299 euro, qualcosa in
meno del prezzo di partenza negli Stati
Uniti (qui la news completa dei dati tecnici), ma sempre un prezzo comunque
elevato per una fotocamera che scatta in
modo particolare, utilizzando un sensore
Megaray al posto del classico CMOS.
L’uso di questo sensore permette la cattura di un file che, manipolato, può generare da un singolo scatto migliaia di foto
con prospettive e punti di fuoco diversi
(qui l’approfondimento). La Lytro Illum
è qualcosa di diverso dal primo oggetto
presentato dalla società statunitense: il
piccolo gadget a bassa risoluzione per
mostrare la tecnologia si è trasformato in
un “giocattolo” per adulti dalle potenzialità immense. Inultile dire che Illum necessita di esperienza per dare il meglio delle
sue prestazioni, non tanto in fase di scatto quanto in postproduzione dove si può
davvero cambiare tutto. Alla Lytro
ritengono la Illum
il prodotto ideale
per i servizi fotografici durante i
matrimoni (vedi
l’esempio), ma
solo la fantasia
può limitare i
confini di utilizzo
di questa macchina. Avremo ovviamente modo
di fare una prova approfondita della Illum, in ogni caso
dopo un breve contatto ci è sembrato
molto buono il display touch da 4 pollici,
ben sensibile al tocco e poco sensibile
alla luce esterna. Il corpo macchina è tuttavia piuttosto ingombrante, ma il peso
rimane contenuto entro il chilogrammo
grazie all’utilizzo di alluminio e magnesio.
Le foto si memorizzano su scheda SD, ma
ne serve una di grande capacità perché
ogni scatto occupa circa 50 MB. Lytro ha
In attesa della
presentazione ufficiale
che avverrà al NAB
di Las Vegas, Canon
mostra la nuova
videocamera 4K
Corpo analogo
alla EOS 70D, sensore
CMOS da 1’’ e zoom 10x
di Emanuele VILLA
intanto aggiornato anche il software per
elaborare le immagini, software disponibile anche sotto forma di applicazione
iOS oltre che come programma per PC
Mac e Windows. Per mostrare al pubblico
la nuova fotocamera Lytro, Fowa ha organizzato un tour per tutta Italia che partirà
da Palermo il 10 aprile e si concluderà a
Torino il 15 maggio. Maggiori informazioni
su tutte le date del tour si possono trovare su www.fowa.it/phototour
DIGITAL IMAGING Con Nikon 1 J5 si possono registrare filmati in 4K ma a 15 frame al secondo
Nikon 1 si aggiorna: arriva la J5 con ripresa in 4K
Compatta a ottiche intercambiabili con sensore retroilluminato in formato CX e 20,8 Mpixel
N
di V. R. BARASSI

ikon 1 J5 è la nuova fotocamera
compatta ad ottiche intercambiabili dell’azienda nipponica.
La fotocamera si presenta in uno stile
classico e le specifiche tecniche sono
abbastanza interessanti, a partire dal
processore d’immagine EXPEED 5A
abbinato a un nuovo sensore CMOS
retroilluminato da 20,8 Megapixel in
formato CX (1”). Grazie a questa accoppiata e alla modalità di riduzione del
disturbo avanzata, Nikon 1 J5 è capace
di scattare facilmente anche in scarse condizioni di luce (ISO 160-12800).
Nikon 1 J5, però, non è solo questo. La
compatta propone un sistema di autofocus ibrido da 171 punti con 105 punti
a rilevazione continua, sistema pensato
per le riprese in movimento. La fotocamera può scattare a 20 frame al secon-
torna al sommario
do in AF continuo
e addirittura a 60
fps con messa a
fuoco fissa sul primo fotogramma.
Ci sono i controlli
manuali
tramite
apposita ghiera,
c’è un pulsante
Fn e non mancano
specifiche ormai
immancabili come
Wi-Fi e NFC, oltre
a tante opzioni di
post-produzione in
camera. La nuova fotocamera è, inoltre,
in grado di registrare filmati di buona
qualità: c’è la possibilità di effettuare
catture in risoluzione 4K (ma questa
avviene a 15 frame al secondo), mentre
ben più interessanti sono la registrazione a 1080/60p e quella a 720/120p
per effetti slow-motion di tutto rispetto.
Pronta la
videocamera
compatta
Canon 4K
Tutte le funzionalità di Nikon 1 J5 sono
controllabili attraverso un display touchscreen LCD da 3 pollici e 1.037K punti
basculante. La fotocamera sarà disponibile in kit con l’obiettivo 1 NIKKOR VR
10–30mm f/3.5–5.6 PD-ZOOM. Negli
USA si parte da 499 dollari ma i prezzi
europei sono ancora da comunicare.
La vedremo molto probabilmente al NAB (dall’11 al 16 aprile), ma
in Rete stanno già circolando
alcune indiscrezioni su una videocamera compatta Canon con
capacità di ripresa 4K. L’azienda
l’avrebbe infatti mostrata a un
meeting tecnico (dove tra l’altro
uno degli ospiti era Jackie Chan),
senza svelarne in modo dettagliato le specifiche tecniche:
una serie di immagini leaked
dimostrano quanto sopra. Come
detto, le caratterisitche tecniche
non sono ufficiali ma si tratterà
senza dubbio di una videocamera molto compatta e con impugnatura snodata e un corpo
che di fatto ricorda quello della Canon EOS 70D. Tra le altre
caratteristiche certe (o quasi) si
segnala il sensore CMOS da 1’’,
il filtro da 58mm e il mirino esterno, oltre all’obiettivo zoom ottico
Canon 10x 8,9-89mm (24-240
equivalente) f/2.8-5.6. Potrebbe dunque essere un modello
consumer dedicato alla fascia
alta del mercato, per chi vuole riprendere in qualità 4K con
componentistica di alto livello.
Ne sapremo di più in occasione
della presentazione al NAB di
Las Vegas.
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
SMARTHOME Fluffy, Total Clean e Absolute sono i modelli disponibili a partire da aprile
Dyson V6, la scopa che aspira “alla grande”
Dyson presenta la sua nuova linea di scope elettriche senza fili con motore digitale V6
Spazzole più potenti e capaci di aspirare detriti di sporco piccoli e grandi in una sola passata
S
di Simona ZUCCA
i chiama V6 ed è la nuova linea di
scope elettriche senza fili di Dyson
caratterizzate dalla presenza a
bordo del motore digitale V6. Sono tre i
prodotti della gamma, Fluffy, Total Clean
e Absolute, differenti per dotazione e per
prezzo: se le prime due sono equipaggiate con la spazzola Fluffy, disegnata per
aspirare simultaneamente polveri piccole
e detriti più grandi, Total Clean e Absolute
si distinguono per una spazzola a propulsione diretta capace di rimuovere anche
lo sporco più ostinato e per un efficientissimo sistema di filtraggio per rimuovere
allergeni, polline e spore di muffa.
La spazzola Fluffy è il risultato di ricerche
approfondite da parte degli ingegneri
Dyson nel tentativo di risolvere uno dei
problemi più comuni delle scope elettriche, cioè il fatto che la spazzola tradizionale in dotazione spesso non è in
grado di aspirare contemporaneamente
la polvere più sottile e i detriti più grandi: progettata per aderire perfettamente
al pavimento per aspirare le particelle
piccole, infatti, respinge invece quelle
più grandi. Dyson ha dunque ideato una
spazzola con setole in nylon alternate a
setole in fibra di carbonio con un profilo leggermente rialzato in grado però di
mantenere la giusta pressione per aspirare ogni genere di detrito.
Abbiamo avuto modo di provare velocemente il modello Fluffy e oltre alla
consueta praticità e ottima manovrabilità
di queste scope, siamo rimasti in effetti
particolarmente colpiti dalla capacità di
aspirare detriti leggermente più grandi
con una sola passata.
Se per avere nelle nostre case il robot
aspirapolvere 360 Eye, dovremo aspettare almeno la seconda metà dell’anno,
la linea V6 è disponibile in tempi più
brevi: il modello Dyson V6 Fluffy dotato
della spazzola a rullo arriverà ad aprile al
prezzo di 499 euro, l’Absolute ad aprile
a 549 euro e la Total Clean a maggio a
599 euro.
In arrivo le lampadine al grafene che durano una vita
Le lampadine al grafene si pongono come step successivo ed evoluzione di quelle LED
Costano più o meno uguale ma durano di più e riducono i consumi. In arrivo entro l’anno
L
di Emanuele VILLA

torna al sommario
Mipow, dopo il successo
delle lampadine smart
Playbulb, presenta
Playbulb Garden,
versione pensata per
il giardino o per terrazzi
Si ricarica di giorno
e colora la notte...
di Massimiliano ZOCCHI
SMARTHOME Graphene Lightning e National Graphene Institute produrranno le lampadine
a ricerca in ambito di illuminazione
non si arresta: dopo il consolidamento della tecnologia LED, più o
meno connessa ad applicazioni smart,
tocca ora al grafene fare il suo debutto
sul mercato. Sì, perché un conto è la
ricerca, un altro sono le applicazioni
commerciali e disponibili su larga scala: pare che l’Università di Manchester,
che peraltro è il luogo dove il grafene è
stato isolato pochi anni or sono (2004),
sia stata in grado di realizzare il primo
prodotto replicabile industrialmente e
dal costo contenuto.
Ricordiamo che il grafene non è una
tecnologia totalmente disgiunta dal
LED: le nuove lampadine sono LED
a tutti gli effetti, il grafene interviene
Questo faretto
si ricarica al sole
e colora la notte
come conduttore di elettricità e per
sottrarre calore al LED stesso, prolungandone di fatto la vita e minimizzando
i consumi energetici. Le nuove lampadine, infatti, promettono una ridotta
emissione di energia (-10% rispetto
alla media delle LED tradizionali) e un
ulteriore passo
avanti in termini
di durata: considerando che le
migliori lampadine LED durano
decenni, possiamo supporre che
quelle basate sul
grafene siano vitalizie o quasi.
Per ottenere il
risultato, l’Università di Manchester ha
collaborato con la società Graphene
Lightning: quest’ultima, che produrrà le
lampadine insieme al National Graphene Institute, intende proporle a un
prezzo prossimo ai 20 euro, con disponibilità appunto entro fine anno.
Mipow, che sta avendo un discreto successo con la sua serie
di lampadine smart Playbulb, ha
chiuso da qualche giorno con
altrettanto successo una campagna su Kickstarter per un nuovo
prodotto della serie Playbulb,
denominato Garden. La raccolta fondi è andata oltre ogni più
rosea aspettativa, raccogliendo
oltre 140.000 dollari sul totale di
10.000 inizialmente preventivato
come goal line.
Garden è pensata per applicazione in giardini, terrazzi o comunque in ambito outdoor. Viene
fornita col classico stelo per permettere di infilzarla nel terreno, e
ha al suo interno diversi componenti tecnologici. È dotata di mini
pannelli fotovoltaici che ricaricano batterie al litio da 650 mAh,
che ne assicurano poi il funzionamento per 20 ore consecutive.
Un sensore di luminosità si occupa di accendere e spegnere automaticamente i LED al tramonto
e all’alba. Come per i prodotti
precedenti, tramite Bluetooth e
l’app iOS o Android sarà possibile controllare il colore, oppure
creare effetti particolari, lampeggi arcobaleno, effetto candela, e
così via. Le Playbulb Garden possono essere associate a gruppi
di 5 unità, così da creare effetti di
gruppo e giochi di luce.
Una volta disponibile, Garden dovrebbe essere venduto a 39.99
dollari.
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8 APRILE 2015
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SMARTHOME È perfetto quando sono rimaste poche capsule di caffè o è finito il detersivo
Dash Button, premi e compra con Amazon
Il dispositivo si attacca agli elettrodomestici e si preme per inoltrare un ordine ad Amazon
D
di Emanuele VILLA
ash è un servizio che potrebbe rivelarsi molto utile in determinate
situazioni. Di cosa si tratta è presto detto: un sistema rapido e “fisico”,
un tag da appiccicare in prossimità degli
elettrodomestici per ordinare consumabili quando sono in esaurimento. Si tratta, in buona sostanza, dell’equivalente
fisico della funzione “compra subito” cui
Amazon e gli altri siti di e-commerce ci
hanno abituati nel corso degli anni.
Giusto per fare un esempio, pensiamo
alle capsule del caffè: basta mettere
il Dash Button corrispondente (ognuno ha una marca ben visibile) vicino
alla macchinetta del caffè e, quando il
numero di capsule diventa pericolosamente basso, si preme il tasto. Amazon
prende l’ordine e lo spedisce. Fine.
L’idea perseguita da Amazon è quella
di riempirsi la casa con pulsanti Dash,
SCIENZA
Metalli per
elettronica in
esaurimento

L’Università di Yale ha analizzato i 62
metalli della tavola periodica degli
elementi valutando quali potrebbero
finire e quali sarà impossibile sostituire. Lo studio ha considerato la disponibilità dal punto di vista minerario, le
zone di concentrazione e la situazione
geopolitica. Questo problema riguarda soprattutto l’elettronica: molti
metalli come lo zinco o l’alluminio non
rappresentano un problema essendo
geograficamente diffusi e abbondanti,
tuttavia i metalli usati per smartphone
e computer esistono solo in piccole
quantità e in qualche caso non ci sono
sostituti. I produttori di elettronica
possono aiutare pensando alla fase
di vita dei prodotti ma anche alla fase
di “morte”, quando il prodotto viene
gettato. La difficoltà nel riciclare
questi componenti è dovuta al design,
per cui si ricorre a soluzioni anche
estreme come la creazione di nuove
leghe per le scocche, procedure che
rendono difficile il recupero, e ai
componenti sempre più compatti e
integrati: recuperare i metalli con la
tecnologia attuale è quasi impossibile.
torna al sommario
Philips Hue Go
La lampada
connessa ora è
anche portatile
Hue Go è la lampada
di Philips che si può
controllare a distanza e
che grazie alla batteria
ricaricabile integrata
può seguirvi in tutta la
casa per circa 3 ore
di Roberto FAGGIANO
che in effetti sono molto piccoli e non
dovrebbero creare “disagi” di natura
estetica: per le capsule della lavatrice,
del caffè, le cartucce della stampante, il
detersivo, i sacchetti dell’aspirapolvere
e via dicendo. E se si schiaccia inavvertitamente il tasto, magari più volte?
Nessun problema, tramite smartphone
è possibile rivedere l’ordine e, nel caso,
annullarlo. A livello tecnico, il pulsante è
un piccolo dispositivo Wi-Fi brandizzato e associabile (tramite telefono) a un
particolare prodotto e una certa quantità dello stesso, prodotto che ovviamente deve essere presente nel database
di Amazon. Il servizio è disponibile solo
negli USA, ma non si esclude un’estensione internazionale come per gli altri
servizi dell’azienda.
Clicca qui per il video.
SMARTHOME Presentato un nuovo modello di ventilatore
Ecco il nuovo Dyson senza pale
Con Pure Cool l’aria è purificata
D
di Massimiliano ZOCCHI
yson aggiunge un nuovo prodotto alla sua nota linea di ventilatori senza pale,
Pure Cool AM11, che in sostanza è un ulteriore step creativo ed evolutivo
del concetto iniziale. Come i precendenti modelli, cattura l’aria e la direziona tramite la parte superiore dalla caratteristica forma che gli appassionati di Sci-Fi
chiamerebbero “a portale”. Il nuovo arrivato non servirà solo a rinfrescare la vostra
torrida estate, ma avrà anche un’azione purificante dell’aria. Per ottenere questo
risultato gli ingegneri Dyson hanno inserito nella base un filtro HEPA in grado di
trattenere particelle fino a 0.1 micron di dimensione. Questo si traduce nella possibilità di intrappolare anche virus, batteri e pollini, responsabili di fastidi e patologie,
soprattutto nelle grandi città, con inquinamento a livelli preoccupanti. Per
raggiungere questo traguardo sono
stati scartati 450 prototipi. Dyson dichiara che il filtro rimuove il 99.95% di
particelle ultrafini, e può essere usato
per 6 mesi consecutivi, quindi per gli
utilizzi tipici nostrani potrebbe durare
ben più di un anno. Come molti prodotti Dyson sarà probabilmente disponibile in tutto il mondo, iniziando
da maggio con Hong Kong. Il prezzo
tuttavia non sarà dei più popolari: si
parla infatti dell’equivalente di 720
dollari americani. Sarete disposti a
spendere tanto per la vostra salute?
La gamma di lampade connesse
Philips Hue ha ora una nuova protagonista, si chiama Hue Go (100
euro) ed è una lampada che può
seguirvi ovunque vogliate grazie
alla batteria ricaricabile. Libera
dal vincolo della presa elettrica
può essere facilmente spostata
sul terrazzo o in giardino e in tutti
quei punti della casa lontani da
una presa di corrente. Hue Go ha
una forma semisferica e può essere appoggiata in diverse posizioni. Grazie alla tecnologia LED,
può riprodurre fino a 16 milioni
di colori per adattarsi a qualsiasi
situazione. E visto che portandola
in giro si potrebbe uscire dalla copertura Wi-Fi, è anche previsto un
interruttore fisico sulla lampada
che modifica la tonalità sulla base
di alcuni preset.
Quando è alimentata a batteria,
Hue Go assicura un’autonomia di
tre ore di utilizzo continuo, mentre per ricaricarsi impiega circa
90 minuti; per il resto, valgono
le considerazioni di tutta la linea
Hue, compresa la possibilità di integrare Go all’interno di una rete
già formata da diversi esemplari
della stessa linea. In questo modo
è possibile “costruire” strada facendo la propria illuminazione
domestica, aggiungendo lampadine, preset, app e via dicendo.
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8 APRILE 2015
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AUTOMOTIVE Sarà disponibile nel terzo trimestre 2015 in un’ampia gamma di motorizzazioni
La Ford S-MAX sa leggere i cartelli stradali
S-MAX di Ford è uno Sport Activity Vehicle per un’esperienza di guida sempre più hi-tech
All’esordio il limitatore intelligente di velocità che è in grado di leggere i segnali stradali
O
di Massimiliano ZOCCHI
ltre 20 tecnologie a bordo, 7 posti
con design sportivo e dinamico
e ampia scelta di motorizzazioni.
Questa è la nuova Ford S-MAX, che sarà
disponibile nel corso del terzo trimestre
del 2015. Definita Sport Activity Vehicle,
è la reinterpretazione della family car che
ha praticamente inventato un intero segmento.
La nuova S-MAX sarà la prima vettura equipaggiata con Intelligent Speed
Limiter, che riconosce i segnali stradali e
adatta la velocità in base ai limiti vigenti
nel tratto percorso. Il guidatore può impostare la velocità massima come ogni
limitatore, ma il sistema lo corregge nel
caso il limite sia inferiore. Utilizza telecamere con riconoscimento dei segnali
stradali, unendo il tutto anche con i dati
delle mappe del navigatore satellitare.
Nel caso sia necessario rallentare non
ci sarà una brusca frenata, ma l’auto rallenterà in modo graduale.
Il limitatore intelligente si va ad unire ad
altre tecnologie per la sicurezza stradale,
come la frenata automatica Pre-Collision
Assist e il Pedestrian Detection. Nel pri-
AUTOMOTIVE
In Cina
stampa 3D
per le auto

L’azienda cinese Sanya Si Hai 3D,
specializzata nella realizzazione di
oggetti con la stampa 3D, ha presentato Shuya un’automobile nata
da stampa 3D, realizzata in soli 5
giorni, per un costo equivalente
a 1.700 dollari. Come materiale è
stato utilizzato un filamento color
oro chiamato Tyrant Gold, una
quantità pari a 500 kg, al costo di
10 yuan al kg. Oltre al materiale
bisogna aggiungere circa 1.000
yuan per la manodopera e l’energia
utilizzata. Questa mini-car ha una
ridotta velocità, può raggiungere i
40 km/h, è a propulsione elettrica
e al momento non è dato sapere
quale sia l’autonomia stimata. La
mini auto 3D quante ordinazioni
riceverà?
torna al sommario
mo caso il veicolo frenerà automaticamente per evitare collisioni, nel secondo
il sistema è in grado di rilevare i pedoni
precaricando i freni per ridurre il tempo di
reazione, fino a intervenire direttamente
nel caso il guidatore sia distratto.
Non solo sicurezza, ma anche piacere di guida. S-MAX avrà a bordo anche
una completa dotazione di sistemi per
semplificare la guida quotidiana. Per la
prima volta sarà presente la trazione integrale intelligente Ford All-Wheel Drive,
in grado di attivarsi automaticamente in
base alle condizioni di guida, come automatica è anche la regolazione del servosterzo Adaptive Steering. Completano
la gamma delle agevolazioni alla guida il
sistema Active Park Assist, per parcheggi
automatici sia in parallelo che in verticale,
oltre all’uscita dal parcheggio, denominata Park-Out Assist. Infine, per i genitori
preoccupati per i figli neopatentati, la tecnologia MyKey permetterà di programmare una speciale chiave per limitare la
velocità massima e il volume massimo
dell’impianto audio, oltre che impedire la
disattivazione dei sistemi di sicurezza attiva. Si potrà scegliere tra un’ampia gamma di motorizzazioni, col diesel TDCi con
singola o doppia turbina per potenze da
120, 150, 180 cv, fino ai 210 cv del doppio
turbo. Le versioni a benzina avranno motori EcoBoost, 1.5 da 160 cavalli o 2.0 da
240 cv, tutti a normativa euro 6.
I lampioni
controlleranno
i parcheggi e i
divieti di sosta
Siemens ha sviluppato una rete di
sensori radar che può essere utilizzata
in un contesto di smart city per gestire
i parcheggi nelle strade. L’idea prevede l’installazione sui lampioni dell’illuminazione pubblica di sensori radar
che possono monitorare l’occupazione dei parcheggi sulla carreggiata. La
rete di sensori viene integrata con un
sistema di monitoraggio del traffico e
di gestione dei parcheggi, abilitando
diverse possibilità e scenari. Diventa
possibile gestire la disponibilità
di parcheggio comunicando con
apparecchiature di bordo degli
automobilisti per indirizzare il traffico
verso le aree dove ci sono posti liberi.
Il sistema permette anche di allertare i
vigili urbani nel caso di eventuali abusi o violazioni del codice della strada.
Integrando anche la tecnologia RFID
il sistema permetterebbe la lettura
automatica di permessi speciali per i
disabili, servizi pubblici, auto elettriche oltre naturalmente il pagamento
della sosta ove previsto. La tecnologia
di Siemens verrà sperimentata sul
campo a Dubai e a Berlino, dove il
primo trial partirà il prossimo maggio.
AUTOMOTIVE Le dichiarazioni di BMW rilasciate durante il Salone dell’Auto di New York
Nuove auto BMW anche in versione ibrida plug-in
Non sono previsti nuovi modelli di auto elettriche BMW, almeno nei prossimi due anni
Tutte le prossime vetture, però, saranno disponibili anche in versione ibrida plug-in
di Paolo CENTOFANTI
MW aveva già annunciato a fine
dello scorso anno che avrebbe
esteso la sua tecnologia ibrida
anche ad altre autovetture, a partire
da un prototipo di Serie 3 basato sul
motore elettrico della BMW i3.
In un’intervista rilasciata in occasione
del Salone dell’Auto di New York, Ludwig Willisch, CEO della divisione nordamericana di BMW, ha però lasciato
intendere che i piani della nota Casa
automobilistica tedesca siano molto
più ambiziosi di quello che si potesse
pensare. La prossima ibrida plug-in X5
xDrive40e sarà, infatti, solo l’apripista
di un programma che porterà ogni
nuovo modello di automobile BMW
B
ad avere anche una versione ibrida.
In questo caso si parla di auto in cui il
motore elettrico è dotato di una batteria sufficientemente capiente da consentire qualche decina di chilometri
in modalità totalmente elettrica, con
possibilità di ricarica anche dalla presa
di corrente. Non ci sarebbero, invece,
al momento piani per espandere la
gamma di auto elettriche oltre la full
electric i3 e l’ibrida i8, non nell’arco
dei prossimi due anni quanto meno.
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8 APRILE 2015
MAGAZINE
TEST Non è la svolta radicale che in molti si aspettavano e confonderlo con il suo predecessore, M8, risulta davvero facile
HTC One M9 in prova: è un piacevole déjà-vu
Le novità ci sono e sono anche parecchie, ma la fotocamera e lo schermo avrebbero potuto essere di migliore qualità
di Roberto PEZZALI
a famiglia HTC One ha un degno successore:
dopo M7 e M8 ha fatto capolino, al Mobile World
Congress, HTC One M9. Chi si aspettava uno
smartphone profondamente rivoluzionato è rimasto
in parte deluso: HTC ha scelto di tenere la stessa linea dei modelli precedenti limando qualche dettaglio
e lavorando soprattutto sotto la scocca per introdurre
novità corpose a livello tecnico. One M9 non è molto diverso da One M8, ma può essere considerato un
upgrade a 360°: all’interno cambia quasi tutto, dal processore alla memoria, la criticata fotocamera che passa
da 4 a 20 Megapixel e migliora ulteriormente la bella
interfaccia grafica che, abbinata alla cover Dot View,
rende davvero unica l’esperienza d’uso, anche quando
lo smartphone è spento e appoggiato a un tavolo.
L
Oro e argento insieme
strano ma può funzionare
HTC One M8 è stato ritenuto da molti lo smartphone
Android più bello presente sul mercato, ed effettivamente per scelta dei materiali, finiture e dettagli il
piccolo HTC è un vero gioiellino. One M9 prosegue
sulla stessa linea con qualche piccolo accorgimento:
la scocca unibody, infatti, è stata realizzata con una
nuova tecnica che è riuscita a unire due tonalità differenti di lega di alluminio, una silver spazzolata in
senso orizzontale sul fronte e sul retro e una gold
spazzolata in senso opposto a comporre la cornice.
Nell’idea di HTC, l’unione di oro e argento dovrebbe
aumentare la percezione di luxury del prodotto avvicinandolo a un oggetto di gioielleria piuttosto che a
un prodotto hi-tech. Il risultato è sicuramente piacevole ma dobbiamo essere onesti: la cover Dot View è
talmente bella e pratica che tutta questa filosofia sul
design viene meno poiché la cover lascia libero solo
il retro, comunque protetto da un layer plastico. Gli
unici due cambiamenti rispetto al modello dell’anno
scorso sono il riposizionamento del tasto di accensione, che dall’alto viene finalmente spostato di lato
per un accesso più rapido con il pollice, e la finitura
del retro, che lo rende meno scivoloso quando viene
impugnato senza cover. In queste settimane di utilizzo l’unica perplessità che abbiamo avuto è legata
video
lab
HTC One (M9)
749,00 €
MOLTI PASSI AVANTI E QUALCHE PASSO INDIETRO
HTC One M9 è un ottimo smartphone, come lo era il modello precedente, ma è chiaro che dopo aver visto il passaggio da Galaxy S5 a Galaxy S6
ci si aspettava da HTC una rivoluzione e invece ci si è trovati di fronte a un buon upgrade. Chi ha HTC One M8 non ha probabilmente ragioni per
cambiare smartphone, anche perché se è vero che l’M9 è molto più rapido e più bello e suona meglio è anche vero che l’autonomia e lo schermo
dell’M8 sono migliori. Qualche dubbio anche sulla fotocamera: dai 4 Megapixel dell’M8 si è passati ai 20 Megapixel dell’M9 e questo passaggio,
oltre ad aumentare la risoluzione, non ha migliorato di molto la qualità degli scatti, segno che forse la strada giusta era una via di mezzo.
7.9
Qualità
8
Longevità
8
Qualità costruttiva elevata
COSA CI PIACE Velocità dell’interfaccia
Cover interattiva Dot View
Design
7
Semplicità
9
D-Factor
9
Prezzo
7
Fotocamera migliorabile
Schermo non perfetto sotto il profilo cromatico
COSA
NON CI PIACE Tasto di accensione e volume troppo vicini
all’eccessiva vicinanza tra i tasti volume e power che
potrebbe indurre qualcuno a confondersi, ma ormai
quasi tutti sbloccano lo schermo con il doppio tap. Del
resto, parlando di ergonomia e design, c’è ben poco
da dire: One M8 era un gran bel pezzo di hardware e
M9 si riconferma tale.
freddo. Quella del punto di bianco sembra essere una
scelta di HTC in fase di calibrazione dei display, ma
purtroppo questo profilo è l’unico presente: gli schermi IPS utilizzati su iPhone e gli OLED dei Galaxy Note
sono sicuramente più accurati sotto il profilo cromatico.
HTC si ferma a 1080p
mai scelta fu più azzeccata
Lo Snapdragon 810 non scalda più
Lo schermo è l’elemento attorno al quale costruire lo
smartphone: non solo decide le dimensioni ma incide anche sui consumi. Nel caso di One M9,
HTC ha scelto di tenere lo stesso schermo del
modello precedente, un 5” con risoluzione di
1.920 x 1.080. L’aumento della risoluzione finalizzato ad allinearsi con gli altri produttori non
avrebbe avuto molto senso: sarebbe stato impossibile vedere i pixel, nemmeno a distanza
ravvicinata, e si sarebbe verificato un aumento
dei consumi, che già non sono il punto forte di
questo HTC One M9.
Lo schermo è buono, ha un contrasto notevole
e una luminosità nella norma ma non eccelle
nella fedeltà dei primari e dei secondari e ha
un punto di bianco spostato troppo verso il
Dopo il G Flex 2, HTC One M9 è stato uno dei primi
prodotti ad essere dotato del nuovo Snapdragon 810
di Qualcomm, il processore che secondo Samsung
“scalda troppo”. Le recensioni dei primi campioni hanno effettivamente evidenziato un riscaldamento eccessivo della scocca in alluminio, ma nell’esemplare
da noi provato questo problema non sussiste. HTC ha
infatti rilasciato una nuova versione del software e il
nostro esemplare utilizzava già la 1.32.401.214, la versione modificata che dovrebbe essere la stessa dei
modelli in vendita.
Dopo svariate sessioni di test, dal gioco ai benchmark
di stress della CPU e della GPU, la temperatura della
scocca è sempre rimasta all’interno di livelli controllati, segno che forse nelle prime prove (di solito fatte
rapidamente in fiera) non erano stati inseriti troppi

segue a pagina 28 
torna al sommario
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8 APRILE 2015
MAGAZINE
TEST
Smartphone HTC One (M9)
segue Da pagina 27 
“accorgimenti” nella gestione del processore, che per
assicurare risultati eccezionali andava oltre i limiti di
tolleranza previsti.
Senza entrare troppo nei tecnicismi (nelle opzioni di
sviluppo esiste una modalità prestazioni elevate attivabile), possiamo assicurare che con l’ultima release
del software, One M9 è veloce, stabile e non ha alcun
problema di gestione termica. L’unica situazione in
cui si avverte forse un leggero surriscaldamento del
retro è l’utilizzo come hotspot wireless, ma non è una
situazione che desta troppa preoccupazione. HTC ha
scelto e bilanciato bene i vari componenti: 3 GB di
RAM e una veloce memoria per lo storage assicurano
il lancio immediato di ogni applicazione e una gestione davvero fluida e piacevole dell’interfaccia utente,
che resta sempre un ottimo esempio di personalizzazione di Android. Utilizzare One M9 è un vero piacere: tutto quello che facciamo e tutte le operazioni che
poniamo in essere riescono senza problemi e l’attesa
è minima.
L’audio è ottimo
l’autonomia un po’ meno

HTC ha da sempre un’ottima fama per l’audio degli
smartphone, e sebbene non si possano raggiungere
livelli di eccellenza con piccoli altoparlanti integrati il
sistema BoomSound riesce comunque a distinguersi dalla modesta offerta degli altri produttori. I due
speaker anteriori, merito anche del nuovo amplificatore (NXP TFA9895), riescono a offrire un’adeguata
pressione sonora sia durante l’ascolto di musica e
film sia durante le chiamate vivavoce. Ottimo anche
l’ascolto in cuffia: all’interno di HTC M9 è presente un
DAC a 24 bit 192 kHz che restituisce una resa trasparente, bilanciata e cristallina se accoppiamo lo smartphone a un set di cuffie di qualità. Sembra invece più
una trovata pubblicitaria il Dolby Virtual 5.1: quando
si guarda un film c’è l’elaborazione integrata, ma chi
afferma di sentire audio multicanale provenire anche
dal retro è un parente di Pinocchio. Una maggiore
ampiezza si percepisce, ma il multicanale è un’altra
cosa. Restando nell’ambito dell’utilizzo vero e proprio,
perché alla fine M9 è pur sempre un telefono, le chiamate hanno una buona resa e la riduzione ambientale
del microfono è davvero efficiente: se chiamiamo da
un luogo chiassoso o trafficato, il nostro interlocutore
riesce comunque a sentire la nostra voce con chiarezza.
Buona anche la ricezione, nonostante la scocca
metallica: la sensibilità di ricezione è paragonabile
a quella di un iPhone. HTC One M9 ha uno slot SD
compatibile con card fino a 2 TB e la memoria interna è di 32 GB: all’utente ne restano liberi comunque
molti meno, con 8 GB occupati da sistema e app varie.
Concludiamo con la batteria: si arriva a fine giornata
se è questo che si vuole sapere, ma forse ci saremmo
aspettati qualcosa di più. La ricarica è decisamente
veloce, ma anche il consumo è altrettanto rapido: la
sera siamo già in modalità risparmio. Le prestazioni
sono come sempre dipendenti dalla tipologia di uso
e dalle applicazioni installate (quelle che aggiornano i
torna al sommario
dati in continuo come Google Now sono vere sanguisughe), ma chi dello smartphone fa un uso piuttosto
“allegro” deve mettere in conto una batteria esterna.
Nel corso della prova abbiamo anche connesso allo
smartphone uno smartwatch Moto 360, che come tutti gli Android Wear sfrutta i dati del terminale e anche
parte delle app: in questo caso la batteria è diminuita
ancor più velocemente e siamo arrivati appena alle 7
di sera. Una situazione questa che dovranno fronteggiare tutti coloro che decidono di dotarsi di un wearable attivo.
sotto il profilo software è un lavoro eccellente, anche
se la vera marcia in più (e anche elemento di maggior
stupore) è la nuova gestione della cover Dot View. Disponibile in due modelli, con parte posteriore opaca
o trasparente, la cover è ancora più interattiva e personalizzabile con il menù dedicato: un vero schermo a
matrice di punti interattivo che si rivela parecchio utile
in moltissime situazioni. Prendere un HTC One e non
utilizzare la cover Dot View è un vero sacrilegio: da
sola vale almeno il 20% del prodotto, quel qualcosa in
più che gli altri non hanno.
HTC Sense 7 è una scheggia
e migliora ancora
Fotocamera buona
ma ci aspettavamo di più
Per One M9, HTC ha rivisitato leggermente la sua interfaccia HTC Sense: la nuova versione, che gira su
Android Lollipop, è sostanzialmente identica a quella
precedente anche se molto più veloce e reattiva. Merito in parte dell’ottimizzazione di HTC, ma sicuramente
contribuiscono anche i 3GB di RAM e lo Snapdragon
810. HTC Sense ha una marcia in più rispetto ad altre
interfacce custom che appesantiscono troppo il sistema operativo, ed era davvero difficile trovare funzionalità da aggiungere senza rovinare un equilibrio che
è praticamente perfetto. Proprio per questo sono solo
due le novità: un widget che gestisce le app a seconda della posizione in cui ci troviamo, casa o lavoro, e
un completo gestore di temi che permette si cambiare
totalmente il design dell’interfaccia dallo sfondo alla
font per arrivare alla forma delle icone. Quello di HTC
HTC ha scelto di abbandonare parzialmente la fotocamera Ultrapixel per inserire un modulo da 20 Megapixel prodotto quasi sicuramente da Sony. Come per
i modelli Xperia dotati di tale sensore la resa video
è troppo condizionata dall’illuminazione: alla buona
qualità di scatto diurna fa da contrappeso una qualità modesta la sera, con un eccesso di rumore per
le scene troppo scure. I pixel sono piccoli, c’è poco
da fare, e sorprende che a fare una cosa simile sia la
stessa azienda che lo scorso anno raccontava, giustamente, che sono più importanti pochi pixel grandi di
tanti pixel minuscoli. La situazione potrebbe migliorare con qualche aggiornamento software: alcuni scatti
peccano di incisività e altri hanno qualche problema
di esposizione, tutte cose che si risolvono ritoccando
un po’ il software di scatto (sul rumore c’è poco da
fare). Qualche tentennamento anche nella messa a
fuoco a ricerca di contrasto: scatti che apparentemente a schermo sembrano nitidissimi si sono poi rivelati
leggermente fuori fuoco visti al 100%. Un peccato,
perché il software di scatto come lo scorso anno è
davvero ben fatto, completo e intuitivo. La fotocamera
Ultrapixel ha trovato posto come camera frontale per
i selfie: questa è una scelta azzeccata, perché fa la
differenza soprattutto in condizioni di bassa luminosità. Poco da dire sulla ripresa: il 4K c’è ma serve solo
a consumare spazio, per il resto ci troviamo davanti a
prestazioni nella media.
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8 APRILE 2015
MAGAZINE
TEST Abbiamo trascorso una settimana con al polso Moto 360, è ben costruito e con Lollipop sembra avere una marcia in più
Moto 360: Google può battere Apple Watch
La ricetta per il successo si chiama Google Now, ma per avere lo smartwatch perfetto Google deve sapere tutto di noi
I
di Roberto PEZZALI
l Moto 360 è finalmente disponibile in Italia tramite
il Google Store: servono 279 euro per mettersi al
polso il modello “deluxe”, un po’ meno (249 €) per
il modello con il cinturino in pelle. Android Wear, e con
lui gli smartwatch, sono ormai più maturi: ecco quindi che torniamo a provare un wearable Android dopo
l’arrivo dell’aggiornamento a Lollipop. Non vogliamo
raccontare quanto è bello questo Motorola: il design
per un orologio, è soggettivo, e ognuno è in grado di
capire se un modello particolare piace o meno; non si
può negare tuttavia che Motorola abbia fatto un lavoro
eccellente. L’unica stonatura, ma che può essere vista
come una sorta di marchio di fabbrica, è la piccola lunetta scura nella parte bassa del display: un “neo” che
lo rende ancora più intrigante. Tenuto al polso il Moto
360 è comodo, da un’ottima impressione di solidità e
non pesa neppure troppo: non si deve temere in alcun modo l’acqua facendosi la doccia o lavandosi le
mani, ma è bene evitare una immersione prolungata.
Come il design anche la vestibilità è soggettiva: chi
è abituato ad un orologio importante si troverà a suo
agio con questo Moto 360 che potrebbe anche apparire piccolo, chi invece veste orologi slim deve farci un
po’ l’abitudine.
Un orologio va usato da orologio

Per questa prova abbiamo tenuto al polso Moto 360
per una settimana, utilizzandolo come “orologio” e
non come gadget tecnologico: abbiamo guardato l’ora
quando serviva, le notifiche quando arrivavano e abbiamo usato poche volte lo schermo per controllare un
paio di dati sulle schede. Così facendo siamo arrivati
alla fine della giornata con ancora il 33% di batteria,
facilmente ricaricabile con il supporto di ricarica wireless da appoggiare al comodino. Se il dover ricaricare
lo smartwatch tutti i giorni non è certo il massimo, Motorola almeno ha alleviato questa sofferenza con il caricatore a contatto: non si devono inserire spinotti, basta
appoggiarlo. La scomodità arriva quando si deve viaggiare: il “bussolotto” è costretto a venire con noi. L’autonomia è ovviamente variabile: se si passa la giornata
con il braccio per aria sbandierando il nuovo gadget e
se si caricano un numero tale di app da ricevere una
notifica ogni 3 minuti oltre ad ammazzare la batteria
si dimostra di non aver capito a cosa server realmente
uno smart watch. In ogni i caso il “record” di autonomia
che abbiamo raggiunto, con il Moto 360 collegato ad
torna al sommario
video
lab
Motorola Moto 360
279,00 €
UN BEL GADGET CHE PER CRESCERE HA BISOGNO DI IOS
Il Moto 360 è stato il primo smartwatch con display tondo e ovviamente risente di un po’ di anzianità. Nonostante questo resta comunque uno
dei modelli meglio costruiti e più affascinanti da vedere, anche se l’estetica è soggettiva. Semplice come gli altri Android Wear, aggiornato a
Lollipop sembra avere una piccola marcia in più. Il prezzo è commisurato alla tecnologia e alla qualità costruttiva ma non certo all’utilizzo che
ancora oggi è limitato a poche cose. Un bel gadget, a tratti anche utile, che deve crescere ancora molto: il supporto a iOS non può mancare.
8.0
Qualità
8
Longevità
8
Design
Ottima qualità costruttiva
COSA CI PIACE Buona ergonomia
8
Semplicità
9
COSA NON CI PIACE
un HTC One M9, è stato di 39 ore: smartwatch messo a
ricaricare la sera alle 23.00 e ricaricato alle 14.00 circa
due giorni dopo. L’abbiamo usato troppo poco? Secondo noi l’abbiamo usato il giusto.
Informazioni giuste al momento giusto
Fruendo del Moto 360 in modo passivo sicuramente
si lascia lo smartphone più a lungo in tasca: arriva una
notifica o un messaggio, colpo d’occhio e si decide
cosa fare. Inoltre, e questa è cosa da non sottovalutare, il Moto 360 sfrutta benissimo i servizi di Google per
fornire indicazioni basate sulla persona, e questa a nostro parere sarà l’arma che davvero potrà far vincere la
guerra dei wearables. Google qui è in forte vantaggio,
perché (purtroppo) da una vita assimila dati su di noi in
ogni modo, dagli usi alle abitudini ai posti che siamo
soliti frequentare. Al momento questi dati sono limitati,
ma quando guardando il quadrante dello smartwatch
troviamo il tempo stimato per tornare a casa capiamo
non solo che Google sa già tutto, ma che forse è questo il vero scopo di questi prodotti. Nel nostro tragitto
da casa all’ufficio abbiamo provato a pensare a quello
che avremmo voluto vedere sul quadrante: una sbirciatina prima di uscire di casa per vedere se il treno
che prendiamo di solito è in orario, i promemoria della
giornata, l’avviso se qualche nostro amico è sullo stes-
D-Factor
9
Prezzo
7
Design particolare
Utilità ancora da dimostrare a pieno
Non funziona ancora con iOS
so binario o sta per caso arrivando e così via. Lo smartwatch deve funzionare con logica predittiva: un po’
come guardavamo l’orologio solo per sapere data e
ora, l’orologio intelligente dovrebbe dirci sempre quello che ci serve sapere in quell’istante, l’informazione
che ci manca e che stiamo per cercare online o tramite
un’app. Che sia il Gate dell’aereo, la strada per andare
dal dottore, il rifornimento di benzina, la direzione per
l’hotel prenotato o semplicemente un promemoria o il
numero di un autobus lo smartwatch dev’essere pronto a fornirlo in modo totalmente passivo e senza input
da parte nostra. Deve indovinare cosa vogliamo sapere in base alla posizione e al tempo. Per arrivare ad
una situazione simile tuttavia dobbiamo accettare che
Google (o chi per lui) conosca tutto di noi lasciando da
parte la privacy, incrociando poi i nostri dati con tutti i
dati dei servizi a lui connessi. Google Now come abbiamo detto già lo fa, anche se in forma limitata: per offrire
un servizio completo serve un ulteriore step.
Moto 360 offre anche misuratore di battito cardiaco,
funzioni fitness, integrazione con app di terzi grazie a
Wear e altre piccole funzionalità ma ci sono parse tutte
superflue: l’unico vezzo piacevole, oltre alla notifica, è
la possibilità di cambiare il quadrante per spezzare la
monotonia e cambiare il look.
segue a pagina 30 
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
GADGET Kaspersky lancia l’allarme “fitness tracker”: le procedure di autenticazione non sono sicure
Kaspersky: i fitness tracker non sono sicuri
Potrebbero venire sottratti i dati dell’utilizzatore, come il conteggio dei passi. Pesce d’aprile?
di Roberto PEZZALI
nuovi “contapassi” digitali non sono
sicuri secondo Kaspersky Lab: malintenzionati potrebbero infatti accedere di nascosto ai dispositivi e sottrarre
dati. La ricerca è stata fatta da Roman
Unuchek che ha analizzato l’interazione
tra smartphone e alcuni fitness tracker
noti: il metodo di autenticazione permetterebbe in molti casi ad un terzo soggetto di connettersi al dispositivo, eseguire
comandi e estrarre dati. Nel mirino ci
sarebbero i prodotti privi di schermo, per
i quali l’utente preme un solo tasto senza saper bene cosa si sta confermando.
Al momento comunque non si corrono
grossi rischi: nei dispositivi analizzati dal
ricercatore si è risalito solo al numero di
passi fatti dal proprietario nell’ora precedente, ma secondo Kaspersky questa
minaccia potrebbe diventare seria dal
momento in cui i fitness tracker integre-
I
ranno più dati sensibili, come quelli
medici.
“La riuscita della verifica della sicurezza
di questi dispositivi
dipende da molti
fattori e non dimostra che attualmente i criminali siano in
grado di raccogliere
dati veramente critici come password o numero della carta
di credito. Tuttavia questa è la prova del
fatto che l’aggressore può approfittare
di qualche errore non corretto lasciato
dagli sviluppatori all’interno del dispositivo. I fitness tracker al momento in
commercio sono ancora abbastanza
semplici: sono capaci di contare i passi
e monitorare i cicli del sonno o poco più.
Ma la seconda generazione di questi di-
TEST
Motorola Moto 360
segue Da pagina 29 
iOS è d’obbligo per decollare

il Moto 360 è sicuramente uno dei prodotti più belli ed
eleganti. Le critiche alla batteria valgono se ne fa un uso
intensivo: come orologio la carica del Moto 360 dura “il
giorno”. Per il resto non ha punti deboli: lo schermo è
ben luminoso e la risoluzione buona se si calcola che
lo si guarda da una distanza di circa 30 cm, l’unica nota
da segnalare sul display è la presenza del piccolo bordo tagliato a 45” lungo il diametro che crea un piccolo
effetto di rifrazione sulle scritte “off canvas”. Il limite più
grande è sicuramente l’assenza del supporto a iOS,
che Google dovrebbe però aggiungere a breve: Apple
Watch ha bisogno di un po’ di concorrenza.
torna al sommario
spositivi è ormai vicina e saranno in grado di raccogliere molte più informazioni
relative agli utenti. Quindi è importante
pensare alla sicurezza e assicurarsi che
abbiano una protezione adatta al modo
in cui il tracker interagirà con lo smartphone” ha affermato Unuchek”.
Rispetto ai rischi che si corrono tutti i
giorni con conti correnti, frodi e carte di
credito clonate questa minaccia sembra
davvero un pesce d’Aprile, ma non lo è.
Apple pensa a
un iPhone 6C
con display 4”?
Secondo indiscrezioni, la prossima
gamma di iPhone sarà composta da
iPhone 6S e iPhone 6S Plus, più uno
smartphone che andrà a sostituire
l’iPhone 5S e che si potrebbe chiamare iPhone 6C. Quest’ultimo, sarà
introdotto per mantenere a catalogo
una versione con display da 4 pollici e
sarà in gran parte basato sull’attuale
iPhone 6. L’iPhone 6C sarebbe dotato
anche di NFC per Apple Pay e di
Touch ID. L’articolo del DigiTimes, che
riporta queste informazioni, specifica
anche i fornitori dei display per i
nuovi smartphone, vale a dire Japan
Display, LG Display e Sharp per iPhone
6S Plus e iPhone 6C e Japan Display
ed LG per l’iPhone 6S. In tutti i casi,
Apple avrebbe deciso di rimanere sulla tecnologia LCD. Il DigiTimes non si è
rivelato essere sempre affidabile, ma
l’idea di un iPhone 6C da 4 pollici ha
una sua logica e sembra verosimile.
Concert for one
Cuffia P3. Un mix di alta qualità sonora e comfort di lusso, frutto della fusione calcolata e calibrata tra materiali pregiati e tecnologie raffinate. Nata dalla penna di Morten Warren, lo stesso creatore dello Zeppelin Air iPod Speaker, la P3, disponibile in 4 colori, nero, bianco, rosso e blu, ne conserva la personalità, il talento sonoro e la frequentazione privilegiata, ovvero l’iPod e l’iPhone dai quali estrapola il meglio dei conte-
nuti sonori, ne integra la funzionalità e la cosmetica. P3 è infatti dotata di un cavo con comando per iPod/iPhone con microfono e controllo volume/salto-traccia, utilissimo per tutti gli
amanti dei player firmati dalla mela argentata. Ma –ovviamenteP3 è "anche" una cuffia Hi Fi tradizionale di elevatissimo livello,
da poter collegare a qualsiasi sorgente standard, tramite il
cavo a corredo intercambiabile con quello per player Apple.
Zeppelin e Zeppelin Air sono marchi registrati di B&W Group Ltd. AirPlay, iPod, iPhone e iPad sono marchi di Apple Inc. registrati negli Stati Uniti e in altri paesi.
www.audiogamma.it
n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
TEST Google alza il tiro con il Nexus 9, ha Lollipop “liscio” a bordo ed è pensato per chi cerca un tablet Android di elevata qualità
HTC Nexus 9, il tablet Lollipop che sfida l’iPad
Ha processore Tegra K1 di NVIDIA, design curato e un formato più vicino a quello dell’iPad rispetto agli altri tablet Android
di Paolo CENTOFANTI
l Nexus 9, realizzato in collaborazione con HTC,
segna una svolta per la strategia di Google, con un
tablet che sembra pensato apposta per prendere di
mira l’iPad di Apple. Nonostante Android abbia ormai
preso il volo anche in questa fetta di mercato, almeno
a livello di percentuali, si parla comunque di un segmento ancora molto frammentato e senza prodotti
di forte richiamo, per lo più concentrato nella fascia
di primo prezzo con modelli con display intorno ai 7
pollici. C’è chi come Samsung e Sony prova a realizzare modelli di fascia alta con caratteristiche di un
certo livello, ma è difficile parlare di un vero e proprio
successo per questi tablet: quando si sale di prezzo,
l’iPad vince ancora. Google prova allora ad attaccare
Apple con il nuovo Nexus 9, scegliendo un formato a
metà tra l’iPad Mini e l’iPad Air con uno schermo da 8,9
pollici che si distingue soprattutto per il cambio di rapporto d’aspetto rispetto al Nexus 7 - e alla stragrande
maggioranza dei tablet Android - che passa dai 16:9 ai
4:3. Naturalmente poi, come ogni prodotto Nexus che
si rispetti, Google propone qui la sua visione “pura” di
Android e il Nexus 9 ha il compito di mostrare come
Lollipop sia bello e funzionale anche sui tablet.
I
Sul design garantisce HTC
Il Nexus 9 mostra la cura per la costruzione tipica degli
ultimi prodotti HTC: è un dispositivo curato nelle finiture, robusto e dal design molto piacevole, per quanto
sotto alcuni aspetti derivativo. In particolare, il retro in
plastica morbida sembra provenire direttamente dal
Nexus 5 e anche il posizionamento della fotocamera
e del flash LED presentano una stretta somiglianza
con quella dello smartphone prodotto da LG.
Il Nexus 9 ha un bordino in alluminio che corre intorno
allo schermo che però è leggermente più alto rispetto
al vetro che riveste il pannello LCD, con un passaggio
un po’ brusco ben percepibile al tatto. La cornice laterale dello schermo è molto sottile e spesso quando
si impugna in verticale il tablet si finisce con il coprire
con la mano parte del display. Viceversa sopra e sotto
il bordo si fa più spesso, un po’ per la presenza della fotocamera frontale da 1,6 Megapixel, un po’ per i
video
lab
HTC Nexus 9
389,00 €
PASSI IN AVANTI, MA NON È ANCORA IL TABLET ANDROID DELLA SVOLTA
Il Nexus 9 ci ha lasciato con sensazioni contrastanti. Da una parte il formato di schermo e alcune scelte di design avvicinano più che mai il
tablet Nexus all’iPad di Apple come tipo di prodotto. Le dimensioni sono simili e il formato 4:3 rende molto più piacevole utilizzare questo
tablet per la lettura rispetto a tanti altri prodotti Android sul mercato. Lollipop segna inoltre una tappa importante per quanto riguarda l’esperienza d’uso di Android che non è mai stato davvero così piacevole da utilizzare e bello da vedere. Sulla bilancia dobbiamo però mettere sul
piatto anche le prestazioni non poi così da urlo. Ci sono momenti in cui Chrome rallenta in un modo che non ci saremmo mai aspettati su una
macchina come questa e, se in generale i giochi offrono una grafica fluidissima, dall’altra molte volte si ha la sensazione che il tablet sia un
po’ “ingrippato” con app che ci mettono quel tanto di più ad aprirsi e rallentamenti estemporanei. E nonostante i tanti passi in avanti è ancora
d’attualità il tema dell’ecosistema: la qualità delle app Android ottimizzate per tablet sono ancora un passo indietro rispetto a iOS.
8.2
Qualità
8
Longevità
9
Design
8
Semplicità
8
D-Factor
8
Prezzo
8
Design piacevole, costruzione robusta
Qualche rallentamento di troppo
COSA CI PIACE Android Lollipop è una gioia da usare COSA NON CI PIACE Con app pesanti Tegra K1 “beve” tanto
distintivi diffusori stereo BoomSound, che quando si
guarda un filmato con il tablet in orientamento landscape si trovano giustamente ai lati dello schermo.
Il Nexus 9 è comunque un tablet leggero e piacevole
da utilizzare e, a differenza di tante altre alternative
presenti sul mercato, dà la sensazione di avere tra
le mani qualcosa che vale quello che si è pagato. Lo
schermo di diagonale di 8,9 pollici è a metà strada tra
quello dell’iPad Mini e l’iPad Air, ma nel complesso le
dimensioni sono più vicine a quelle di quest’ultimo.
Per quanto riguarda tasti e connessioni, il Nexus 9 è
davvero minimalista: controlli del volume, tasto accensione/blocco schermo, uscita stereo per le cuffie
e connettore micro USB. Stop. La struttura del tablet è
unibody e non c’è uno slot per le schede microSD e la
batteria da 6700 mAh non è sostituibile dall’utente.
Display retina, ma la novità è il formato
La scelta di Google di passare a un formato di schermo
4:3 è stata a nostro avviso un’ottima mossa. I display
16:9 o 16:10 sono perfetti per la riproduzione di filmati, ma per la lettura (web, libri, riviste, ecc.) abbiamo
sempre trovato il formato 4:3 molto più piacevole ed
“ergonomico”. Lo schermo del Nexus 9 ha la stessa
risoluzione del display retina dell’iPad (2048 x 1536
pixel) ed è un LCD di tipo IPS che offre un ottimo angolo di visione. La risoluzione è assolutamente adeguata alle dimensioni del display e i pixel non sono
assolutamente percepibili, dando così la sensazione
di un’immagine praticamente stampata, anche se si

segue a pagina 33 
torna al sommario
n.109 / 15
8 APRILE 2015
TEST
HTC Nexus 9
segue Da pagina 32 
nota un certo gap tra pannello LCD e superficie del
vetro frontale. Il display, con la retroilluminazione spinta al massimo, non è luminosissimo, circa 315 cd/mq,
ma non abbiamo riscontrato particolari problemi da
questo punto di vista. Il pannello è però abbastanza riflettente e soprattutto il rivestimento tende a sporcarsi
piuttosto in fretta in modo un po’ superiore alla media.
A livello di colorimetria il display è sufficientemente
preciso, ma non perfetto. Il bianco, in particolare, tende verso il bluastro a causa di una temperatura colore
un po’ troppo alta e i primari del verde e del blu sono
leggermente spostati rispetto al riferimento. Il risultato
è un immagine con tonalità verso il verde e il giallo un
po’ più sature del dovuto, ma stiamo parlando di finezze che non pregiudicano minimamente l’esperienza di
utilizzo e sfidiamo chiunque ad accorgersene senza
un’analisi approfondita.
Cuore NVIDIA, ma non è il più potente

Il Nexus 9 rimane sulla carta uno dei dispositivi più
potenti sul mercato. HTC e Google hanno optato per
il SoC NVIDIA Tegra K1 nella versione a 64 bit, visto
il supporto introdotto con Lollipop a questo tipo di
processori. Questo modello di Tegra K1 è dotato di
CPU dual core basata sull’architettura Denver, sviluppata interamente da NVIDIA, ed è diverso da quello
montato ad esempio sul Tablet Shield che invece ha
una CPU quad core più uno basato sull’architettura
Cortex-A15. Resta invariata invece la GPU, basata su
Kepler e contraddistinta da 192 core. Il processore è
accompagnato da 2 GB di memoria e il tablet è disponibile nelle versioni da 16 e 32 GB di storage. Ciò che
rende interessante il Nexus 9 è che si tratta del primo
tablet a utilizzare questa particolare versione di Tegra
K1, ma come si comporta rispetto alla concorrenza?
Al di là del tanto parlare che se ne fa, la soluzione di
NVIDIA è sì molto performante, ma non la più potente
in assoluto. Geekbench 3 a 64 bit, ad esempio, certifica le ottime prestazioni in assoluto in modalità single-core, ma posiziona nel test multi-core il Nexus 9
ben al di sotto del concorrente più diretto, l’iPad Air
2; nel test single-core il K1 è superiore al processore
A8 di Apple, ma evidenzia un punteggio curiosamente
torna al sommario
MAGAZINE
sensibilmente più basso nel test
floating point. Più sorprendente il
benchmark grafico GFXBench GL
3.1, che vede il Nexus 9 in realtà
superato da diversi smartphone e
tablet, oltre che dal già citato iPad
Air 2, in buona parte dei test in
OpenGL ES 3.0; il processore NVIDIA sembra in realtà dare il meglio
di se soprattutto con le nuove
API OpenGL ES 3.1, ma essendo
questo test piuttosto recente, lo
storico dei dati sui dispositivi di
qualche mese fa è ancora ridotto.
Come tanti altri processori, anche Il Nexus 9 è dotato di fotocamera posteriore da 8 megapixel con tanto
il Tegra K1 montato dal Nexus 9 di flash a LED. Come su tanti altri tablet però, le prestazioni non sono
sotto carico intensivo comincia a minimamente paragonabili a quelle delle fotocamere che troviamo
ridurre la potenza di elaborazione oggi su uno smartphone: lenta a mettere a fuoco e con fotografie poco
non appena la temperatura sale dettagliate e rumorose anche in buone condizioni di luminosità.
oltre una certa soglia. In questo
caso, sempre con i benchmark sintetici, si notano prelo scrolling delle pagine si fa intermittente e in alcuni
casi il tablet si blocca persino per un secondo o due,
stazioni perfettamente costanti fino a quando la temcosa questa che si verifica più frequentemente se si
peratura non supera i 35 gradi, il che avviene dopo
aprono più di due tab nel browser. Sembrerebbe escirca 3 minuti, dopo di che la GPU comincia a venire
sere un problema di gestione della memoria: quando
strozzata, per mantenere l’autonomia della batteria
ci sono tre o quattro tab aperte le pagine continuano
intorno alle 3 ore con questo tipo di carico (test cona venir ricaricate rallentando così tutto il browser. L’ardotti sempre con GFXBench). A questo proposito le
applicazioni grafiche consumano parecchio su questo
chitettura Denver del processore Tegra K1 implementa
tablet e durante la nostra prova, anche con un utilizzo
una particolare tecnica di ottimizzazione del codice e
light ma con una mezzoretta di gaming al giorno, ci
magari il sistema operativo necessita ancora di qualsiamo ritrovati a caricare il Nexus una volta ogni due
che messa a punto. La nostra prova è stata effettuata
giorni circa.
quando il tablet montava ancora Android 5.0.1, non
è detto che l’imminente 5.1 (al momento della prova
non ancora disponibile per il Nexus 9) migliori questo
aspetto. Dove il Nexus 9 non sembra invece avere
Dopo aver utilizzato per un po’ di tempo il Nexus 9
problemi di sorta è nelle app graficamente intensive,
dobbiamo dire che, viste le caratteristiche sbandiecome appunto i videogiochi con grafica 3D: frame rate
rate dal SoC NVIDIA nei test che abbiamo visto, ci
in generale fluidissimo con dettagli grafici al massimo
aspettavamo un po’ di più sul fronte delle prestazioe in questo caso, fortunatamente, alcun rallentamento
ni. In realtà, è nell’utilizzo generale che il Nexus 9 ci
improvviso. Con Dead Trigger 2 abbiamo riscontrato
ha lasciato a tratti un po’ perplessi. Se le primissime
una resa eccezionale, un po’ meno con Asphalt 8 dal
impressioni sono infatti di un’ottima fluidità e reattività
quale ci aspettavamo un frame rate un po’ più considel sistema operativo, dopo qualche ora di utilizzo ci
si rende conto che ogni tanto si verificano degli imstente, ma il problema crediamo sia dell’app visto che
è l’unico tra i giochi che abbiamo provato che non ci
provvisi rallentamenti, sia all’interno delle app, che
ha convinti fino in fondo. Il tablet si scalda in questo
passando da una all’altra o tornando alla home screen.
caso, ma non in modo eccessivo, forse anche grazie al
In quest’ultimo caso spesso siamo accolti dalla home
guscio posteriore in plastica. La potenza c’è quindi, ma
screen vuota che si ripopola dopo quasi un secondo
nell’utilizzo generale manca quella sensazione di avedi attesa. Questi rallentamenti si verificano soprattutto
in concomitanza con l’utilizzo di Chrome. A volte infatti
re tra le mani una macchina perfettamente oliata. Tutto
sommato buona la resa degli altoparlanti BoomSound.
Certo non ci si possono aspettare bassi corposi o un
suono particolarmente potente, ma rispetto al solito
speaker mono integrato, i piccoli altoparlanti stereo
fanno una bella differenza sia quando si gioca che
quando si guarda magari un video musicale al volo.
Uno dei veri motivi per scegliere il Nexus 9 è a nostro
avviso il sistema operativo, visto che quello di Google è uno dei pochi prodotti che consente di avere
Lollipop senza alcuna personalizzazione. Si tratta indubbiamente della migliore versione di Android fin
qui pubblicata da Google, con l’interfaccia più pulita
e piacevole da utilizzare, semplice e funzionale. Il numero di applicazioni Android ottimizzate per tablet è
cresciuto rispetto al passato, ma comunque non è ancora esploso e questo è forse l’unico vero limite al
momento di un prodotto come il Nexus 9.
Qualche tentennamento con Chrome
Dammi il cinque!
MODELLO 730-1 redditi 2007
ALLEGATO B
Scheda per la scelta della destinazione
dell'8 per mille dell'IRPEF e del 5 per mille dell'IRPEF
Da consegnare unitamente alla dichiarazione
Mod. 730/2008 al sostituto d’imposta, al
C.A.F. o al professionista abilitato, utilizzando
l’apposita busta chiusa contrassegnata sui
lembi di chiusura.
genzia
ntrate
CONTRIBUENTE
CODICE FISCALE
(obbligatorio)
COGNOME (per le donne indicare il cognome da nubile)
DATI
ANAGRAFICI
DATA DI NASCITA
GIORNO
MESE
ANNO
NOME
SESSO (M o F)
COMUNE (o Stato estero) DI NASCITA
PROVINCIA (sigla)
LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUELLA DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF
NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE ENTRAMBE LE SCELTE
SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)
Il tuo 5 per mille
può cambiare la vita
di molti bambini
prematuri.
E non ti costa nulla.
Ogni anno in Italia nascono 30.000Assemblee
bambini
di Dio in Italiaprematuri,
di cui circa 5000 hanno un peso inferiore a 1500 gr.
Stato
Chiesa cattolica
Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chiesa Valdese unione delle chiese metodiste e valdesi
Chiesa Evangelica Luterana in Italia
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Questi
bambini
hanno
bisogno di
Unione Comunità
Ebraiche
Italiane
e assistenza per molti anni.
cure, controlli
genitori hanno bisogno del tuo aiuto.
AISTMAR Onlus
interamente impiegate per:
E anche i loro
In aggiunta a quanto indicato nell’informativa sul trattamento dei dati,
si precisa che
Le contenuta
donazioninel
ad paragrafo 3 delle istruzioni,
vengono
i dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta.
AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle sette istituzioni
beneficiarie
della
quota dell'otto
per mille
dell'IRPEF, il
- l’assistenza
delle
gravidanze
a rischio
o patologiche
contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente.
Lacura
scelta
deve
esserealfatta
esclusivamente
per una delle
la
e
il
supporto
neonato
prematuro
istituzioni beneficiarie.
e alla
famiglia
nel percorso
di sviluppo
crescita
La mancanza della firma in uno dei sette riquadri previsti costituisce scelta
non sua
espressa
da parte
del contribuente.
In talecaso,
la ripartizione della quota d’imposta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. Le quote non attribuite spettanti alle
Assemblee di Dio in Italia e alla Chiesa Valdese Unione delle Chiese metodiste e Valdesi, sono devolute alla gestione statale.
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15agli- Milano
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Finanziamento
enti
delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni riconosciute
della ricerca scientifica e della università
che operano nei settori di cui all’art. 10, c. 1, lett a),
•
C/C
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Codice fiscale del
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nell’informativa
trattamento
via Francesco
Sforza, 28sul
- 20122
Milano dei dati, contenuta nel paragrafo 3 delle istruzioni, si precisa che
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n.109 / 15
8 APRILE 2015
MAGAZINE
TEST In prova il Panasonic NN-CS894S, un microonde combinato che alle classiche cotture aggiunge anche la funzione vapore
Il microonde può sostituire il forno? Scopriamolo
Il Panasonic NN-CS894S è un prodotto top di gamma, vediamo come funziona e se vale i 700 euro del prezzo di listino
di Simona ZUCCA
anasonic negli ultimi mesi sta puntando forte sul
settore degli elettrodomestici. Conferma ne è,
tra l’altro, il suo microonde top di gamma, il modello NN-CS894S, risultato di una forte competenza
dell’azienda nel settore e di alcuni funzionalità extra,
come ad esempio la cottura a vapore. N-CS894S è
il microonde combinato che alla classica modalità
“Microonde” aggiunge quella “Grill”, “Convezione” e
quella “Vapore”. È un forno con tecnologia Inverter,
comandi touch e display a Led, caratterizzato tra l’altro dall’assenza del piatto rotante e dalla possibilità di
cuocere più pietanze su più livelli. Il forno è particolarmente capiente, 32 litri, e di conseguenza dall’ingombro abbastanza impegnativo. Impegnativo, in verità,
qui è anche il prezzo (di listino), 699 euro. Il microonde
NN-CS894S di Panasonic si inserisce in realtà in un filone che stanno seguendo anche altre aziende, quello
cioè che propone microonde combinati multifunzione capienti e superdotati con il vanto di sapere fare
cose molte simili a quelle di un forno tradizionale ma
in meno spazio e con in più il vantaggio della potenza
delle microonde. Abbiamo dunque messo alla prova il
microonde di Panasonic, per capire se in effetti questo
genere di elettrodomestico può essere un sostituto
del forno tradizionale. Lo abbiamo inserito in una cucina per alcune settimane usandolo quotidianamente
per tutto quello di cui avevamo bisogno, dallo scaldare l’acqua del the alla cottura di torte, pollo, pizza, ne
abbiamo testato la semplicità di utilizzo e soprattutto i
risultati… in tavola.
P
Ci sono tutte le cotture che servono
Il plus è la funzione vapore
Cominciamo dai programmi a disposizione. Le modalità di cottura sono essenzialmente quattro, Microonde,
Convezione, Grill e Vapore, che possono essere combinate tra loro in modo diverso. La
funzione microonde raggiunge la
potenza massima di 1000 W, la cottura ventilata la temperatura massima di 230 °C, il grill al quarzo ha tre
livelli di potenza con potenza massima di 1300 W, il vapore ha tre livelli di
potenza diversi (basso, medio, alto).
Le cotture combinate permettono di
utilizzare insieme Grill + convezione, Grill + microonde, Convezione
+ microonde, Grill + convezione +
microonde, Vapore + microonde,
Grill + vapore, Convezione + vapore.
Tra le ulteriori funzioni proposte poi
troviamo: Turbo cottura (aggiunge
300 W di cottura microonde per
accelerare i tempi), Scongelamento automatico in base al peso, Programmi con sensore automatico
(fondamentalmente per cibi precot-
video
lab
Panasonic NN-CS894S
VERSATILE E FACILE DA USARE, IL VAPORE È IL PEZZO FORTE
QUALCHE AUTOMATISMO IN PIÙ NON GUASTAVAO INTERESSANTE
699,00 €
Il forno a microonde combinato Panasonic si dimostra subito versatile e semplice da usare, un buon compagno durante tutta la giornata per
le diverse esigenze culinarie. Impostazioni manuali e assenza di automatismi per la cottura ne fanno un prodotto essenziale ma facile all’uso.
Peccato per il display un po’ avaro di informazioni e per l’assenza di cotture preimpostate interessanti. I risultati portati in tavola sono stati
davvero buoni e la presenza della cottura a vapore gli dà sicuramente una marcia in più rispetto ad altri prodotti, caratteristica che sicuramente può convincere all’acquisto. Il prezzo non è da poco, ma ribadiamo: questo non è un semplice microonde e la presenza della cottura a
vapore può giustificare il costo.
8.1
Qualità
9
Longevità
9
La cottura a vapore
COSA CI PIACE Semplicità di utilizzo
Versatilità
Design
7
Semplicità
8
COSA NON CI PIACE
ti), Vapore automatico. Il plus tra i programmi è sicuramente la presenza del vapore, che si può utilizzare da
solo oppure anche in abbinata ad altri tipi di cottura.
Pochi automatismi e cotture preimpostate
ma non se ne sente troppo la mancanza
Vediamo che cosa, invece, manca al microonde
Panasonic e se queste assenze sono fondamentali per
un buon uso del forno. Cominciamo dalle cotture combinate: la loro impostazione è assolutamente manuale,
non esiste alcun tasto preimpostato che le accoppi a
priori per noi, neanche quello microonde+grill spesso
presente sui modelli base. Se in un primo momento la
cosa può lasciare un po’ perplessi (più in relazione al
prezzo che alla reale mancanza), da subito usando il
microonde ci si rende conto che poi questa mancanza non è così importante e che la combinazione delle
diverse funzioni è comunque immediata. Basta una
brevissima sequenza di tasti per personalizzare la cottura come si vuole. Altra assenza in questo forno è il
cosiddetto Menu con le ricette già impostate, presente
in altri modelli di microonde di fascia alta (si può scegliere la pietanza da un elenco di decine di come pizza,
pollo, patate, che hanno già preimpostati i parametri
D-Factor
7
Prezzo
7
Display troppo essenziale nelle info
Assenza quasi totale di automatismi
di cottura, cioè la combinazione ideale di funzioni e
che solitamente imposta il tempo dopo aver inserito il
peso). Ma è davvero una mancanza? Anche in questo
caso, usando il forno con una certa frequenza, per preparazioni diverse (e soprattutto provenendo da un forno tradizionale che non ha questo tipo di funzione) non
ne abbiamo sentito troppo la necessità. Le decisioni in
questo caso sono lasciate all’utente, a cui spetta leggere attentamente il manuale e scegliere tra i programmi a disposizione quello più adatto al proprio piatto.
Ovviamente qui è una semplice questione di preferenze personali, ma è certo che l’assenza di questo menu
non preclude risultati buoni. Quello che c’è, in verità, è
un programma con sensore automatico capace di cucinare i cibi senza essere costretti a impostare tempo,
peso o potenza (pensa a tutto il forno). Il limite, però, è
che i cibi che si possono cuocere (o meglio riscaldare)
devono essere in verità per la maggior parte precotti.
Le possibilità a disposizione sono ad esempio “Riscaldare un pasto fresco precotto”, “Riscaldare un pasto
surgelato precotto”, “Riscaldare e indorare la superficie
della pizza fresca precotta”, “Riscaldare e indorare la
superficie della quiche fresca e precotta”.
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8 APRILE 2015
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TEST
Microonde Panasonic NN-CS894S
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Essenzialità e semplicità di utilizzo
Ma il display è avaro di informazioni
Di questo microonde si può dire con certezza una
cosa: è facile da usare. Se la mancanza di alcune funzioni preimpostate può sembrare un limite, dall’altro
l’essenzialità è certo un punto a favore del Panasonic.
Non c’è bisogno di smanettare tra tasti, manopole, display, simboli e scritte. Basta individuare il tasto giusto
sul pannello touch dei comandi e premerlo per selezionare la funzione e la potenza. Premendo, infatti, di
seguito il pulsante del microonde scorrono le diverse
potenze sul display, e così per il livello del vapore. Per
avviare basta premere il tasto con il simbolo Avvio.
Poche altre cose ci sono da fare se non selezionare il
tempo o in alcuni casi il peso a seconda della funzione
scelta tramite il cursore in alto, premendo + o – oppure
facendo scorrere il dito. Altrettanto facile impostare le
cotture combinate: si scelgono le due funzioni di cottura una dopo l’altra (verificando che siano compatibili) e
poi il tempo totale di cottura e si avvia; oppure si può
optare per una cottura multifase scegliendo due o tre
cotture e i rispettivi tempi: in questo modo si avranno
modalità diverse di cottura in successione. Comandi
essenziali dunque, tanto quanto il display LED che riporta a caratteri piuttosto evidenti le informazioni a seconda del caso: il simbolo della cottura, la temperatura
o la potenza, il peso impostato e il tempo restante al
termine della cottura. L’inconveniente, però, c’è ed è
che questa eccessiva semplicità, non tanto nelle funzioni a disposizione quanto nelle informazioni fornite
dal display, costringe ad avere spesso il manuale sotto
mano. Quando, ad esempio, si seleziona la funzione
Programma con sensore automatico ci sono bene 6
modalità a disposizione a seconda del cibo che si vuole cuocere, indicate con numeri che vanno dal 12 al 17,
ma sul display compaiono solamente i numeri e non
indicazione chiara dell’alimento corrispondente: occorre dunque consultare il manuale, dove invece questa
informazione si trova, per poter scegliere la funzione
giusta. Il manuale dunque è indispensabile, più che con
altri modelli di microonde, difficile infatti memorizzare
tutte le funzioni possibili e abbinarle all’alimento giusto. Nella funzione Scongelamento automatico ci sono
tre diversi programmi a seconda del tipo di alimento
e all’inizio forse non sarà semplice ricordarsi subito
quante volte premere il tasto corrispondente, se una
per i pezzi piccoli e tre per quelli grossi o viceversa.
Allo stesso modo per la funzione Vapore automatico,
sono ben 8 i programmi a seconda che si voglia cuocere verdure fresche, petti di pollo, pesce intero fresco, ecc.: e dato che il display mostra semplicemente
il numero del programma, è praticamente obbligatorio
consultare il manuale. E questo, lo ammettiamo, a volte è un po’ una seccatura… Fortunatamente il manuale è semplice e chiaro, dà tutte le informazioni utili a
seconda della funzione, fornisce piccoli suggerimenti
per ottenere il meglio dal forno e ci aiuta anche con
illustrazioni e schemi.
Mettiamolo alla prova
In funzione, dalla mattina alla sera
A questo punto, dopo un primissimo contatto con il
forno, sondate le diverse funzioni, lo abbiamo messo
alla prova su quello che dovrebbe fare meglio, cioè
cuocere. Lo abbiamo utilizzato dalla mattina presto per
scaldare l’acqua del tè della colazione alla sera per
scongelare i panini, dal pollo arrosto del pranzo della
domenica alla pizza del sabato sera. E dobbiamo anticipare che i risultati sono stati molto buoni. Il bello di
questi forni, infatti, è la loro versatilità e la possibilità
di fare tutto, o quasi, con un unico prodotto in modo
facile e veloce. Abbiamo usato la funzione Convezione con grill per cuocere sei pezzi di pollo piccoli e le
patate, e la funzione Convezione per cuocere la pizza
e un Brownies al cioccolato (abbiamo fatto fondere il
cioccolato tagliato in pezzi che serviva per la ricetta
utilizzando la funzione microonde a 600 W di potenza,
come consigliato dal manuale). Qui le accortezze sono
due: non poggiare la teglia direttamente sul fondo della cavità ma a metà del forno (come in effetti il manuale
suggerisce, ma noi la prima volta abbiamo trascurato
questo dettaglio e il fondo della pizza non ci si è cotto), e avere l’accortezza di girare la teglia almeno un
paio di volte perché la parte di cibo che si trova vicino (molto) alla ventola sulla parete di fondo si cuoce
di più rispetto a quella davanti. Ottimi i risultati anche
per la quiche che abbiamo cotto seguendo la ricetta
consigliata dal manuale: 27 minuti di cottura combinata
ventilato a convezione 210 °C + microonde 100 W. Per
alcune cottura ventilate è preferibile preriscaldare il
forno, che arriva a temperatura in pochi minuti.
La funzione scongelamento è una delle più usate dai
possessori di microonde e con questo forno si può
fare in due modi: o scegliendo la potenza 270 W della funzione microonde appositamente pensata per lo
scongelamento e impostando manualmente il tempo,
oppure usando la funzione Scongelamento automatico in base al peso. Noi abbiamo utilizzato questa per
i panini, per due hamburger (230 g in circa 5 minuti) e
per delle sovracosce di pollo (1,1 kg in circa 25 minuti).
In questo caso il manuale suggerisce il programma 3
per il pane e l’1 per i piccoli pezzi di carne. Dopo aver
premuto 1 o 3 volte sul simbolo, si seleziona il peso con
il cursore e poi si avvia. Qui, per un risultato ottimale
è importante seguire le indicazioni del manuale e rispettare il tempo di riposo (ma questo vale per tutti i
microonde, o quasi!). Per risultati ottimali Panasonic
utilizza uno scongelamento ciclico prevedendo già fasi
di riposo durante il funzionamento del forno. Risultati
buoni, pane scongelato e abbastanza friabile, carne
scongelata a dovere e nessuna parte cotta, inconveniente che può capitare spesso con lo scongelamento
con il microonde.
Cottura a vapore
Il fiore all’occhiello del forno Panasonic
Fiore all’occhiello di questo forno è la cottura a vapore,
con immissione del vapore direttamente nella cavità
grazie a un serbatoio di acqua. Funzione interessante che si trova prevalentemente sui forni di fascia alta
e che è sicuramente anche uno dei motivi del prezzo
non irrisorio di questo modello.Qui alla base del forno
si trovano a destra un piccolo serbatoio (da riempire di
acqua (e lo si fa facilmente) e a sinistra un piccolo vas-
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soio per la raccolta dell’acqua in eccesso. La preparazione richiede pochi istante ed è davvero semplice.
Dopodiché l’unica accortezza è poggiare il cibo sulla
apposita griglia in dotazione e inserire sotto il vassoio
di vetro in dotazione per raccogliere l’acqua.
Noi abbiamo utilizzato il programma Cottura a vapore
usando potenza 1, cioè vapore forte, impostando manualmente il tempo. La cottura è ovviamente piuttosto lunga visto il tipo di alimento, è dunque potrebbe
essere consigliabile aggiungere anche la funzione
microonde per abbreviare i tempi. Abbiamo poi provato a cuocere filetti di salmone con il programma con
Vapore automatico (si sceglie il numero di programma
in base all’alimento, si imposta il peso e il forno decide il tempo ideale), funzione numero 8, cioè filetti di
pesce fresco, impostando il peso di circa 500 grammi
e ottenendo dal forno un tempo di cottura di quasi
17 minuti. Data la capacità del serbatoio dell’acqua, il
tempo massimo di cottura a vapore è di 30 minuti, dopodiché occorre riempire nuovamente il contenitore.
I risultati ottenuti sono stati molto buoni. Ricordiamo
che la funzione vapore non serve semplicemente per
cuocere verdura o pesce, ma può essere utilizzata
anche in abbinata ad altri tipi di cottura (convezione,
microonde e grill) oppure come scarica di vapore per
mantenere ad esempio il giusto grado di umidità nella
cottura di pizza e focaccia. La cottura a vapore è stata
per noi una piacevole sorpresa, un forno con funzione
a vapore invoglia a utilizzare questo metodo di cottura, evita l’utilizzo di cestelli e pentole piene di acqua e
fa sì che questo modo di cucinare saporito e salutare
possa entrare più di frequente nelle nostre abitudini
culinarie.​​
Design minimal e niente piatto rotante
per una pulizia più semplice

Dal punto di vista del design, il forno Panasonic è
piuttosto semplice e lineare: solo una maniglia sul
pannello frontale ed è privo di manopole poiché i
comandi sono unicamente touch. Il pannello frontale
si può facilmente pulire con un panno e un prodotto ad esempio per vetri. Quello che colpisce è ovviamente l’ingombro, dal momento che è un forno
con 32 litri di capacità (le dimensioni esterne sono
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49,4 x 43,8 x 39,0 cm (LxPxA). Occupa dunque un notevole spazio
sul ripiano della nostra cucina.
Per quanto riguarda l’interno, è da
sottolineare la cavità piatta, ossia
l’assenza del piatto rotante e dell’invito in cui si inserisce il piatto.
Il piatto rotante solitamente serve
per sopperire a un inconveniente
di alcuni modelli, cioè una distribuzione non perfettamente uniforme
delle microonde. Panasonic ha
dunque posizionato una antenna
sotto il ripiano inferiore proprio per
una distribuzione più omogenea, Cottura a vapore: le verdure vanno sistemate sulla griglia di plastica
cosa che consente di eliminare e sotto va posizionato il vassoio di vetro per la raccolta dell’acqua.
il piatto. Il piano inferiore della
cavità dunque è completamente piatto e questo fa sì
ne l’utilizzo rispetto a un forno tradizionale per la magche la pulizia sia più semplice. Facili da pulire anche le
gior parte dei bisogni quotidiani in cucina.
altre pareti interne, anzi abbiamo constatato che anIl forno Panasonic, dunque, nelle settimane in cui noi
lo abbiamo utilizzato ha egregiamente sostituito il forche dopo un utilizzo prolungato l’interno della cavità
non si sporca facilmente ed è comunque lavabile con
no tradizionale, fermando la sua produttività solamenun panno umido senza problemi.
te nei casi in cui abbiamo avuto bisogno di preparare
pietanze di una certa importanza, come teglie di pizze
per molte persone o pesci del peso di alcuni chili. I
32 litri di capacità, infatti, per quanto permettano di
Il forno Panasonic ha in dotazione gli accessori base
cuocere pietanze sufficienti per una piccola famiglia,
che servono per le diverse funzioni: una leccarda
possono non essere sufficienti per alcune situazioni
smaltata da usare per la cottura ventilata, una griglia
particolari. Quello che manca, come detto, sono le
in metallo per la cottura ventilata, una teglia in vetro e
più evolute funzioni automatiche, che potrebbero
una griglia in materiale plastico da usare per la cottura
semplificare la vita in cucina ma che possono togliere
a vapore. Si possono ovviamente usare i contenitoall’utente possibilità di intervenire in modo personale
ri che si hanno a casa, con due piccole accortezze:
sulle cotture. La presenza o meno di queste funzioni è
scegliere quello giusto a seconda del tipo di funzione
da valutare attentamente al momento dell’acquisto di
(sapete bene che nel microonde non tutti i materiali
un forno o un microonde, ma qui la scelta è puramente
sono ammessi), e la dimensione giusta: alcune delle
personale: c’è chi preferisce essere guidato nella cotteglie che si usano abitualmente per il forno traditura dal forno perché non sa qual è la funzione migliozionale, quelle ovviamente piuttosto grandi, diciamo
re per i dolci lievitati e chi invece preferisce intervenire
quelle che superano ad esempio i 30 cm di diametro,
su ogni passaggio “manualmente” perché vuole avere
non “entrano” in questo Panasonic.
tutto sotto controllo e si fida delle proprie competenze.
Altra “pecca” di questo forno, per noi più rilevante della precedente, riguarda le poche informazioni disponiMesso alla prova quotidianamente, il forno combinato
bili sul display, per cui si è costretti ad avere il manuale
Panasonic NN-CS894S ha superato egregiamente il
di istruzione sempre a portata di mano. Peccato, forse
nostro test. Si è dimostrato versatile, facile da usare e
dalle prestazioni culinarie buone, e fa della presenza
si poteva fare qualcosa in più…
della cottura a vapore il suo punto di forza.
In ogni caso, il Panasonic mette a disposizione tutte
La piacevole sorpresa è stata scoprire l’estrema comole cotture che servono, ha in più l’utile presenza della
cottura a vapore e, aggiunge una semplicità di utilizzo
dità di un forno come questo, da usare per qualsiasi
notevole e risultati davvero più che soddisfacenti in
esigenza, che potrebbe facilmente portare a preferirquello che veramente conta, cioè cuocere.
Il vapore è sicuramente un punto di forza che distingue questo Panasonic da altri forni e che lo eleva a
prodotto di fascia alta con una marcia in più. Può essere sicuramente un dettaglio che fa la differenza al
momento dell’acquisto.
Quello su cui si può discutere è il prezzo, non proprio da microonde. 699 euro non sono sicuramente
pochi (il top di gamma di un’altra azienda nota anche
per i suoi microonde ha un prezzo di listino inferiore
di 100 euro), ma qui la spiegazione è presto detta:
questo non è un semplice microonde, ma un elettrodomestico che per alcuni potrebbe anche sostituire il
forno tradizionale e inoltre dotato della funzione vapore, presente solitamente sui top di gamma. Da qui
il prezzo che sfiora i 700 euro, anche se online si può
trovare fortunatamente a meno.
Una buona dotazione di accessori
Buone prestazioni e facilità di utilizzo