1 Il capitale sociale fa bene alla salute? - CCM
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1 Il capitale sociale fa bene alla salute? - CCM
Il capitale sociale fa bene alla salute? Lorenzo Rocco - Dipartimento di Scienze economiche “Marco Fanno”, Università di Padova L’importanza delle determinanti socioeconomiche della salute è ormai ben nota a tutti: la correlazione negativa tra status socioeconomico e salute individuale, comunque misurata, è infatti straordinariamente forte. E la ragione è duplice: da un lato i più poveri hanno generalmente minore accesso alle cure mediche, in quanto spesso non sono in grado di affrontarne i costi diretti (out-of-pocket), dall’altro, essi tendono ad assumere più frequentemente comportanti a rischio. Fumo, abuso di alcol, alimentazione squilibrata, scarsa attività fisica sono molto più comuni tra le classi sociali più svantaggiate piuttosto che tra le classi abbienti. La Commissione promossa dall’Oms e presieduta da Sir Micheal Marmot ha avuto il merito di portare con forza all’attenzione dei governi l’importanza delle determinanti socioeconomiche della salute. Recentemente, è stato suggerito che tra le determinanti socioeconomiche il capitale sociale finora piuttosto trascurato - giochi un ruolo non secondario. La definizione di capitale sociale non è per nulla ovvia o unanimemente accettata e le definizioni o categorizzazioni proposte sono state numerose. Tuttavia, un elemento su cui la maggior parte degli studiosi concorda è quello secondo cui il capitale sociale favorisce comportamenti cooperativi e collaborativi tra individui, anche al di fuori di relazioni sociali o network prestabiliti o formalizzati. Guiso et al. (2008, 2010) suggeriscono che il capitale sociale possa essere definito come una aspettativa individuale (belief) circa la propensione degli altri a collaborare. Ne consegue che, quanto più un individuo si aspetta un comportamento cooperativo da parte degli altri, tanto più lui stesso sarà collaborativo. Quando gli individui collaborano tra loro, si innescano meccanismi che favoriscono l’adozione di comportamenti salutari. Ad esempio, tra persone collaborative è verosimile che la circolazione di informazioni rilevanti per la salute sia più intensa, oppure che si costituiscano reti di mutuo supporto e sostegno informali in caso di malattia di uno dei partecipanti e, ancora, che comunità maggiormente coese esercitino una pressione politica più decisa sui livelli di governo più elevati per ottenere ulteriori risorse per la propria salute. È importante notare che questa definizione sottolinea la dimensione individuale piuttosto che collettiva del capitale sociale. Prendendo la media del capitale sociale degli individui di una data regione si ottiene una misura del capitale sociale comunitario in quella regione. Sia nella letteratura di public health che di economia sanitaria si sono moltiplicate le analisi empiriche che mirano a evidenziare una associazione tra capitale sociale e salute individuale, ma solo recentemente si è cercato di provare l’esistenza di una loro relazione di causa-effetto. La principale difficoltà che questi tentativi affrontano risiede nel fatto che la relazione tra capitale sociale e salute è circolare, ovvero capitale sociale e salute si influenzano reciprocamente. Se da un lato, una rete di relazioni sociali vasta e fitta contribuisce a mantenere elevato il livello di benessere delle persone coinvolte, dall’altro, la buona salute è una condizione necessaria per prendere parte alla vita sociale che contribuisce a mantenere vitali questi network. Dunque, come il capitale sociale influenza la salute, così la salute influenza il capitale sociale. Lo studio “Is social capital good for health? A European perspective” di Lorenzo Rocco e Marc Suhrcke recentemente pubblicato dall’Ufficio europeo dell’Oms, intende comprovare l’esistenza di una relazione circolare tra capitale sociale e salute e stimare empiricamente l’effetto causale del capitale sociale sulla salute individuale, utilizzando i microdati della European Social Survey raccolti tra il 2002 e il 2006 in 14 Paesi europei. 1 I risultati dell’indagine mostrano che il capitale sociale – definito come l’aspettativa individuale circa la propensione degli altri ad assumere un comportamento cooperativo - ha un effetto causale positivo piuttosto marcato sulla salute del singolo e che questo effetto è tanto maggiore quanto più alto è il capitale sociale comunitario nella regione di residenza, cioè il livello medio di capitale sociale dell’individuo nella regione. Ad esempio, nelle regioni con un livello di capitale sociale comunitario attorno alla media europea, l’effetto stimato di un aumento del 10 per cento nel capitale sociale di un di una persona tipo, corrisponde a un aumento nella probabilità di essere in buona salute pari a 2,8 punti percentuali. Il capitale sociale rappresenta, dunque, un notevole potenziale ancora inutilizzato, o per lo meno sotto-utilizzato, ai fini delle politiche sanitarie. Pur riconoscendo che non è chiaro se e come i governi possano condizionare l’accumulo di capitale sociale della società, è tuttavia possibile immaginare politiche in grado di favorire il dispiegarsi dei suoi benefici effetti. Il consentire ai lavoratori dipendenti di gestire autonomamente, in tutto o in parte, il proprio orario di lavoro potrebbe favorire lo svolgimento di quelle attività informali di mutuo soccorso e assistenza reciproca che si producono tra individui propensi alla cooperazione, ovvero ricchi di capitale sociale. Riferimenti bibliografici Lorenzo Rocco e Marc Suhrcke (2012) “Is social capital good for health? A European perspective”, Ufficio europeo dell’Oms. Luigi Guiso, Paola Sapienza e Luigi Zingales (2010) “Civic Capital As The Missing Link”, Nber Working Paper 15845. Luigi Guiso, Paola Sapienza e Luigi Zingales (2008), “Alfred Marshall Lecture Social Capital as Good Culture”, Journal of the European Economic Association, vol. 6, no. 2‐3, pp. 295-320. 2