due amici nel deserto

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due amici nel deserto
I.P.S.I.A. “GIORGI”
Lucca
RACCONTI
FANTASTICI:
FANTASTICI
RACCONTI
CONCORSO LETTERARIO
Edizione 2009
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DUE AMICI NEL DESERTO
di Gabriele Nelli
(2OEB)
Jack scese dall’auto di suo padre, il console francese in Marocco, e guardò con
ammirazione la facciata del palazzo dove avrebbe abitato da quel giorno in poi. Era
bianca, con delle colonne alte che arrivavano fin sotto le finestre e c’erano anche dei
balconi. Sperò che anche la sua camera avesse il terrazzo, così la sera avrebbe potuto
vedere le stelle con il suo cannocchiale.
“Papà, posso andare a fare una passeggiata? Vorrei vedere la città.” chiese Jack.
“Non credo sia una buona idea che tu vada da solo. Vedrò se qualcuno può
accompagnarti. Mentre parlavano sulle scale, era apparsa una donna con uno strano
vestito colorato che gli rivolse un bel sorriso.
“Benvenuto Jack.” Lo salutò e dietro di lei spuntò timidamente un ragazzo della stessa
età.
“Lui è mio figlio Mohammed, spero che diventerete buoni amici. Mohammed non essere
timido, saluta. Il ragazzino si fece avanti e porse la mano a Jack che ricambiò il saluto
allegramente. “Sai giocare a pallone?” gli chiese Jack e l’altro annuì. Sotto il sole
cocente del misterioso Marocco, Jack aveva incontrato il suo primo amico.
Dopo quindici giorni erano diventati inseparabili e stavano insieme ogni ora, tranne
quando dovevano studiare. Andavano a due scuole diverse e questo gli dispiaceva
molto, ma subito dopo le lezioni tornavano a giocare. Qualche volta Mohammed aveva
persino il permesso di rimanere a dormire da Jack e trascorrevano buona parte della
notte a guardare le stelle con il cannocchiale.
“Qui le stelle si vedono molto meglio che in Francia.” disse Jack.“Nel deserto si vedono
ancora meglio. Perché non convinci tuo padre a portartici? Vi farò io da guida, conosco
ogni duna a memoria!” rispose Mohammed .“Non penso che mi ci porterà, è troppo
impegnato con il lavoro.”
Mohammed si accorse che il suo amico soffriva della mancanza della mamma e
commosso gli propose di fare una gita loro due soli. Jack accettò subito e tutto contento
si mise a fare progetti per l’escursione. Decisero che andava presa una tenda, le
borracce con l’acqua, panini a sufficienza e vestiti leggeri e un maglione, perché, spiegò
Mohammed, nel deserto la notte fa molto freddo.
“Torneremo dopo domani, ma prima dobbiamo trovare una scusa altrimenti non ci
lasceranno andare da soli.” concluse Jack. Mohammed disse che avrebbero detto che
se ne andavano a trovare una zia che abitava dall’altra parte della città.
Si prepararono a partire nel pomeriggio seguente.
Jack aveva rimediato il cibo e l’acqua, mentre Mohammed aveva preso in prestito la
tenda da un suo compagno di scuola. I loro genitori avevano creduto alla loro bugia e si
erano raccomandati di non dare troppo fastidio alla zia e di tornare a casa la mattina
successiva.
Sulla strada affollata, in mezzo alle bancarelle del mercato, i due ragazzi cercavano di
farsi spazio per passare. Il caldo era soffocante e la gente strillava, offrendo le merci ai
passanti. Era la prima volta che Jack era da solo al mercato e avrebbe voluto fermarsi a
vedere gli strani oggetti che erano esposti, ma Mohammed lo trascinò via dicendo che
qualcuno avrebbe potuto rubargli i soldi se stava troppo fermo davanti a una bancarella.
Uscirono dalla città, salirono su un autobus e si mescolarono agli altri passeggeri.
Qualcuno fissò Jack come se fosse stato un marziano, ma Mohammed gli disse di non
badarci e sedersi vicino a lui.
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Scesero dopo qualche chilometro e si trovarono su una strada che divideva in due il
deserto. Jack si mise gli occhiali da sole e guardò la distesa di sabbia che sembrava
non finire mai.
“Bello, vero? Andiamo, ci accamperemo dopo quelle dune. Bevi anche se non hai sete,
è importante, altrimenti svieni.” lo consigliò Mohammed e si avviarono. Fortunatamente
Jack si era messo i sandali chiusi altrimenti si sarebbe bruciato i piedi su quella sabbia
incandescente. Mohammed camminava come se niente fosse, come se fosse stato in
città. Non sudava nemmeno. Camminavano da parecchio tempo, quando Mohammed
annunciò che erano arrivati. Piantarono la tenda mentre il sole tramontava. Mangiarono
e a notte fonda si misero ad ammirare le stelle, che erano davvero molto più splendenti
che in città.
Stava quasi facendo giorno quando si addormentarono e si risvegliarono a causa del
caldo che stava diventando insopportabile.
“Dobbiamo sbrigarci a tornare sulla strada e aspettare l’autobus, ci ammazzano se
scoprono che non siamo da mia zia.” La sicurezza di Mohammed stava vacillando e
Jack lo guardò preoccupato. Smontarono la tenda e si misero a camminare
velocemente.
“Da quanto siamo in marcia?” chiese Jack che era così stanco che si sarebbe messo a
piangere.
“Un’ora…” Anche Mohammed sembrava angosciato e si fermò.
“Senti, credo che ci siamo persi. Non riesco a capire perché, eppure abbiamo passato
le dune di ieri.”
“Forse erano quelle là.” Jack indicò delle dune lontanissime. Il pensiero di tornare
indietro era troppo da sopportare così come era terribile pensare a quello che gli
avrebbero fatto i genitori.
Rimasero in silenzio, con la testa che bruciava e la paura sempre più grande di
rimanere lì per sempre.
“Riposiamoci per qualche minuto, è inutile continuare a camminare a vuoto.” propose
Jack, ma sedersi su quella sabbia equivaleva a cuocersi e quindi tornarono sui loro
passi tentando di raggiungere le altre dune.
Jack controllò l’orologio e vide che era mezzogiorno; a quel punto suo padre doveva già
sapere che non era tornato a casa e forse lo stava cercando. Ma come avrebbe fatto a
trovarlo nel mezzo del deserto? Ad un tratto, girando lo sguardo da tutte le parti e
continuando a camminare alla cieca, Jack si stropicciò gli occhi un paio di volte:
“Mohammed? Cos’è quella?” Aveva individuato qualcosa in lontananza che sembrava
un’oasi. “Sei un genio Jack! Non l’avevo vista! Corriamo, presto!” si entusiasmò
Mohammed. I due riuscirono ad arrivare e con un bel sospiro di sollievo si resero conto
che le palme erano veramente lì così come l’acqua in un laghetto piccolo circondato da
piante grasse e spinose. Ma oltre a quelle c’erano anche sette o otto tende piuttosto
grandi fatte di tela bianca. Un paio di uomini si alzarono in piedi e fissarono i due
ragazzi con stupore.
“Da dove venite?” chiese uno e si avvicinò. Jack rimase immobile. E se quegli uomini
fossero stati banditi? Mohammed invece incominciò a parlare svelto in arabo e
gesticolando spiegò la situazione. L’uomo scoppiò a ridere e li condusse in una delle
tende.
“Bevete e dormite, siete distrutti.” ordinò loro e li lasciò soli.
Quando Jack riaprì gli occhi si stupì di trovarsi steso su un tappeto morbido e lì per lì
non si rese conto di dove fosse.
Improvvisamente un uomo altissimo entrò nella tenda. Era sicuro che non fosse lo
stesso di prima. Lo illuminò con una torcia a pile e Jack rimase a occhi spalancati. Non
sapeva se avere paura o no e si chiese dove poteva essere Mohammed.
“Hai fame?” l’uomo misterioso parlava francese perfettamente e si avvicinò a lui a
grandi passi.
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“No, non so, mi fa male la testa. Dov’è il mio amico?” chiese tutto d’un fiato.
“E’ fuori con gli altri della mia tribù” rispose l’uomo. “Dovrei tornare a casa. Mi ci potete
accompagnare?” mormorò e l’uomo rise.
“Non ti preoccupare, abbiamo già avvertito tuo padre e la mamma di Mohammed.”
Questo entrò nella tenda e sorrise all’amico.
“Jack, lui è mio padre. Ci ha salvato.” Jack rimase di sasso. Non si sarebbe mai
aspettato che Mohammed fosse imparentato con gli uomini del deserto. “Sono contento
che mio figlio abbia un amico straniero, forse potrai insegnargli qualcosa della tua
terra.” disse l’uomo. Mohammed si unì a Jack, che si sentì molto sollevato che tutto
fosse andato a posto.
Più tardi, il padre di Mohammed uscì e i due amici rimasero soli. L’aria si era fatta più
fresca e dopo aver mangiato un po’ di frutta e bevuto del tè, Jack iniziò a fare domande
a raffica. Mohammed scoppiò a ridere: “La mamma vuole farmi andare a scuola e
quindi mi ha portato a vivere in città, ma io sono un figlio del deserto. Mi dispiace averti
messo in pericolo.”
“Tuo padre sembra uscito da un libro. Deve essere bello essere suo figlio…” mormorò
Jack.
Mohammed lo guardò in modo strano e gli dette una pacca sulla spalla: “A me piace il
tuo, anzi credo che i padri siano tutti uguali. Il mio mi ha dato uno schiaffo prima quando
mi ha visto . Se penso che mi aspettano anche da mamma quando tornerò…”
“L’abbiamo combinata grossa stavolta!” disse Jack scoppiando a ridere.“Ora dormiamo,
domani mattina torniamo a casa.” Mohammed si stese sul tappeto e si tirò addosso una
coperta leggera.
Durante la notte, Jack si alzò facendo attenzione a non disturbare l’amico che dormiva
profondamente. Uscì dalla tenda e si sedette sulla sabbia; osservò i cammelli, la luna
che si specchiava nell’acqua del laghetto e inspirò l’aria profumata. Come era tutto
diverso dalla città! Il deserto era bellissimo. E le stelle così luminose sembravano
salutarlo, prima che tornasse a casa con nel cuore quella terribile e bellissima
avventura.
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