Davanti allo scaffale del supermercato: cosa vede, cosa percepisce

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Davanti allo scaffale del supermercato: cosa vede, cosa percepisce
Davanti allo scaffale del supermercato: cosa vede,
cosa percepisce, comprende e memorizza un cliente?
Daniele Tirelli e Loris Tirelli
Febbraio 2014
La responsabilità dei contenuti e delle ipotesi teoriche presentate in questo saggio
sono responsabilità degli autori. Gli stessi ringraziano Market Knowledge per il
supporto e per i dati forniti a scopo di verifica empirica dalla medesima società
Daniele Tirelli – Loris Tirelli
“DAVANTI ALLO SCAFFALE DEL SUPERMERCATO: COSA VEDE, COSA PERCEPISCE, COMPRENDE E MEMORIZZA UN CLIENTE?”
DAVANTI ALLO SCAFFALE DEL SUPERMERCATO: COSA VEDE,
COSA PERCEPISCE, COMPRENDE E MEMORIZZA UN CLIENTE?
“Mamma mia che prezzi!” è la frase che – in positivo o in negativo – sembrerebbe indicare da parte di chi
acquista una piena cognizione dei vantaggi o degli svantaggi che presenta l’assortimento di un
supermercato. Ma quali certezze abbiamo che la lettura e dunque la percezione, la comprensione e la
memorizzazione di quanto compare negli innumerevoli slim, apposti sui vari scaffali, sia corretta e
completa?
L’utilizzo diffuso di programmi dedicati a “ottimizzare” non solo i prezzi, ma la disposizione dei prodotti
sulle mensole (space management) sembrerebbe aver risolto ogni problema. Tuttavia, alla luce di quanto
esposto in questo saggio, il problema si presenta, in realtà, molto complesso per non dire insolubile.
L’argomentazione parte da un semplice quesito:
o
o
o
o
cosa vede,
cosa percepisce,
cosa memorizza e
cosa valuta
un purchaser quando si appresta a mettere nel carrello i prodotti che motivano il suo interesse?
Abbiamo usato il termine “purchaser” per distinguere gli specifici processi psicologici che guidano le scelta
dell’individuo senza dimenticare che, per altri versi, egli è contemporaneamente anche uno “shopper” e un
“consumer”.
Per quanto approssimative, queste definizioni sono state coniate per un uso operativo e possono essere
così riassunte:
a) Il “consumer” è l’individuo che, in specifiche condizioni dello spazio-tempo (a casa propria, al
ristorante, o in altri luoghi), si dedica a valutare l’utilità o il piacere o la soddisfazione (come le si
voglia chiamare) che derivano dal “consumare” un certo prodotto.
b) Lo “shopper” è lo stesso individuo che deve decidere in quale luogo andare per fare acquisti. In
questo modo egli opera una selezione a priori della varietà che può potenzialmente avere a
disposizione, pur sapendo che l’assortimento a cui verrà esposto è più limitato e/o comunque
diverso da quello di altri punti di vendita.
c) Il “purchaser” è il medesimo individuo che avendo scelto il punto di vendita si trova di fronte a
numerose alternative che possono soddisfare, in modo quasi equivalente, il bisogno o il desiderio
che lo spinge ad agire scegliendo, appunto. Questa personalità complementare alle due precedenti
appare più legata ad aspetti di “razionalità”, prettamente utilitarista. Per questo si tratta dell’unica
figura che da due secoli interessa l’economia (o meglio la micro-economia) che com’è ben noto si
disinteressava dei temi tipici della psicologia. Essa presuppone infatti un “homo oeconomicus” che
decide secondo una logica rigorosa ed egoistica, cioè basandosi sulla comparazione dei prezzi e
soprattutto su una perfetta conoscenza dell’offerta. I manuali di economia peraltro trascurano di
dire che questa assunzione, a sua volta, presuppone anche una memoria straordinaria e senza
lacune.
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Il marketing ha mutuato questi concetti (il più delle volte in modo implicito e inconsapevole e certamente
acritico) al fine di trasformarsi in una disciplina accademica strutturata. In molti casi, ha trascurato di
aggiornarsi sulla base delle scoperte della cosiddetta behavioural economics. I più recenti contributi
dell’economia comportamentale, al contrario, si riferiscono a individui dotati di una “razionalità limitata” o,
come nel caso dei contributi di Kahneman e Twersky, in grado di utilizzare due tipi di pensiero: uno
“veloce” e uno “lento”. 1
Da qui discende l’idea di riesaminare scientificamente l’atto di osservare un display di un supermercato e
discutere quali siano i possibili meccanismi psicologici di un “purchaser” reale, cioè di un individuo dotato
di:
o una limitata capacità percettiva,
o una limitata capacità di calcolo,
o una limitata capacità di ricordare le informazioni raccolte.
Allo scopo utilizzeremo le basi informative fornite da Market Knowledge che rileva i prezzi dello scaffale
assieme all’indicazione della loro collocazione. Prenderemo dunque l’esempio delle marmellate di un
supermercato, di cui Market Knowledge ha registrato Marca, Gusto, Peso, Prezzo unitario, Prezzo al KG ed
eventuali promozioni nell’ordine in cui sono esposti. Da queste semplici informazioni potremo evidenziare
quale enorme complessità è sottintesa nelle scelte dei consumatori e quante combinazioni ne possono
derivare.
1. Occorre definire il criterio di osservazione dello scaffale da parte di un individuo.
Quali e quanti “pezzetti” di informazione può raccogliere un individuo da uno scaffale? Per rispondere
notiamo che le attuali configurazioni degli slim, ad esempio, presentano una particolarità: evidenziano,
scritto in grande, il prezzo unitario e, scritto più in piccolo, il prezzo al kilo.
Dunque:
i retailer presuppongono che il purchaser sia in grado di valutare la convenienza di ciò che gli
viene offerto, calcolando da solo o leggendo in seconda battuta e saltuariamente il prezzo al
kg.
Tuttavia se osserviamo l’altra informazione circa il peso del contenuto della confezione (ad esempio 240
gr.; 280 gr.; ecc.) comprendiamo che:
1
Daniel Kahneman (Tel Aviv, 5 marzo 1934) è uno psicologo israeliano, vincitore, insieme a Vernon Smith,
del Premio Nobel per l'economia nel 2002. Le sue ricerche riguardano l'ambito della psicologia cognitiva
applicata alla comprensione delle decisioni economiche. La sua collaborazione con Amos Tversky, ha
prodotto esperimenti ormai classici sui processi decisionali umani che violano sistematicamente i principi di
razionalità su cui si basano le teorie microeconomiche fondate sull’ipotesi di agenti razionali che
massimizzano la loro utilità.
Amos Tversky (Haifa, 16 marzo 1937 – Stanford, 2 giugno 1996) è stato uno psicologo israeliano pioniere
della psicologia cognitiva. Il suoi contributi sulla teoria delle aspettative e delle decisioni in condizioni di
rischio costituiscono dei capisaldi del pensiero economico contemporaneo.
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il calcolo “armonizzato” all’unità di misura (il kilogrammo) non è certo intuitivo e
sicuramente improbabile come prassi normale.
Un secondo punto riguarda l’ordine di lettura dei vari prezzi. Al proposito è innegabile che la loro
disposizione appaia “disordinata”. Questa affermazione contrasta con i concetti che probabilmente il
marketing del retailer ha inteso applicare alla cosiddetta “space allocation”. Ma chi ci assicura che i vari
criteri di lettura dello scaffale, studiati dal marketing, corrispondano a quelli della stragrande maggioranza
dei clienti? Come si può ragionevolmente sostenere che questi processi psicologici siano identici per Giorgio
Rossi che vive a Milano e per Rosaria Cangemi che abita a Palermo?
Per verificare questo principio procederemo dunque per passi successivi. La dimostrazione che le decisioni
di acquisto (basate sui prezzi percepiti attraverso la loro lettura dallo scaffale) sono altamente soggettive e
diverse tra loro, si basa sul fatto che, pur essendo razionali dal punto di vista strettamente individuale, non
lo sono da quello “oggettivo” presupposto dagli algoritmi allocativi dei programmi di space management.
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2. Prima Ipotesi: Una lettura completa e perfetta dell’informazione disponibile
La prima banale constatazione è che per un individuo cresciuto all’interno della cultura Occidentale, la
lettura dovrebbe procedere normalmente da sinistra a destra e dall’alto al basso (come per un libro o un
manifesto). Non vi sono ragioni a priori per cui anche la lettura (puramente teorica) dei prezzi esposti in
uno scaffale non debba seguire (in assenza di altri stimoli come stopper o altre segnalazioni) questa logica.
Assumiamo dunque (in via del tutto teorica) che un individuo abbia il tempo e la pazienza di leggere
TUTTI i prezzi da sinistra a destra e dall’alto verso il basso. Inoltre ipotizziamo che sia indifferente verso i
vari gusti delle marmellate, oggetto della rilevazione di Market Knowledge. Assumiamo anche che il suo
interesse si appunti sulla marmellata Zuegg di fragole da 320 grammi e che ne voglia valutare la
convenienza in base all’informazione disponibile. La giudicherà dunque cara o conveniente, ma ... rispetto a
cosa?
Rispetto alla MEDIA dei prezzi? Difficile da credere. Ciò implicherebbe la capacità del cliente di sommare
tutti i prezzi e poi dividere la somma per il numero delle alternative. Improbabile si direbbe!
Rispetto alla MEDIANA? Questo criterio sarebbe più facile. Come misura della centralità la mediana è il
valore che “sta in mezzo” alla distribuzione dei prezzi ordinati in maniera crescente.
Calcolata (o essendosi formato un’idea intuitiva della MEDIANA) il purchaser potrebbe ricavare lo
scostamento percentuale in positivo o in negativo rispetto ad essa. Egli dovrebbe inoltre essere consapevole
che la differenza percentuale è distribuita in modo asimmetrico in quanto il prezzo minimo non può distare
più del -99% dalla mediana, mentre quello più caro può corrispondere al 100%, al 200%, … al 400% e così
via.
Ma, chiediamoci, il purchaser riesce a ricordarli tutti? In questo caso come valuterebbe la convenienza di
una certa confettura? Risulterebbe molto o poco cara? Oppure il suo giudizio si baserà su una selezione
ristretta di prezzi? Quest’ultima banale domanda introduce un difficile quesito.
Analizziamo una prima ipotesi astratta. Da cosa è richiamata la sua attenzione in assenza di particolari
segnali? Ovvero l’informazione più rilevante per la scelta delle marmellate può essere quella del gusto?
Assumendo che sia un amante delle ciliegie, potrebbe scartare a priori le confetture di arance. In seconda
battuta egli presterebbe attenzione alla marca, in terza al prezzo (al kg? A confezione?). Se così fosse i
retailer dovrebbero ordinare lo scaffale secondo una logica lessicografica
partendo da Albicocca e finendo a Uva
assortimento.
e declinando ogni insieme di gusti per le diverse brand in
Qualora si assuma invece una priorità del Brand, il discorso sarebbe analogo: tutte le referenze dei vari
gusti di una stessa marca andrebbero raggruppate in posizioni contigue. In entrambi questi scenari ipotetici
si presuppone che i prezzi non siano rilevanti ai fini della disposizione delle merci. Se il fattore prezzo fosse
invece così importante come si dice in altre occasioni, allora bisognerebbe agevolare proprio la raccolta di
queste informazioni. Di fatto la disposizione spaziale per altezza e visibilità viene decisa in base a ipotesi
relative alla maggiore propensione all’acquisto a sua volta determinata da un mix di notorietà, prezzo,
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marginalità, ecc. Tuttavia, dato che sono conoscibili gli acquisti, ma non sono documentati i “mancati
acquisti!” di chi ha rinunciato a guardare più attentamente lo scaffale la questione è aperta.2
Qualunque sia il punto di partenza le rilevazioni utilizzate per questo saggio dimostrano che la raccolta
completa di informazioni sui prezzi, per i clienti, è in realtà molto faticosa, se non addirittura scoraggiante.
La conclusione resta quindi la stessa. Chi ci assicura che la caoticità nella lettura dei prezzi che deriva dalle
scelte espositive attuali, determini il risultato ottimale?
In ogni caso, se uno shopper leggesse meticolosamente da sinistra a destra e dall’alto al basso TUTTI i
prezzi per confezione la sequenza dei dati perceptiti e processati sarebbe questa:
e il prezzo mediano (senza ordinamento) calcolato passo-passo sarebbe:
2,49 €
5
4
3
2
1
1
4
7
10
13
16
19
22
25
28
31
34
37
40
43
46
49
52
55
58
61
64
67
70
73
76
79
82
85
88
91
94
97
100
103
106
0
2
A proposito si potrebbe richiamare il famoso paradosso dei responsabili delle risorse umane, i quali spesso
si lamentano della scarsa qualità degli assunti, ignorando però quanti talenti hanno scartato (non potendo
seguire la loro biografia).
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3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
1
5
9 13 17 21 25 29 33 37 41 45 49 53 57 61 65 69 73 77 81 85 89 93 97 101105
dunque una confezione di Marmellata Zuegg di fragole risulterebbe avere un prezzo di 2,89 € che
risulterebbe dunque maggiore del 17% rispetto alla mediana. Si tratterebbe di una deduzione senza senso
ovviamente.
Assumiamo sempre in astratto che il cliente abbia interesse solo per le marmellate di fragole. Allora
potrebbe memorizzare i prezzi secondo la sequenza di lettura illustrata nella tabella e nella colonna senza
ordinamento. Il valore mediano sarebbe quindi di 1,08 €.
Se viceversa avesse la capacità di riordinare tutte informazioni raccolte circa le confezioni di confetture di
fragole, il valore mediano cambierebbe diventando 1,89 €. In conclusione e in ogni caso la marmellata Zuegg
con i suoi 2,89 € a confezione, apparirebbe estremamente costosa. Ancora una volta si tratterebbe di una
deduzione priva di senso e tuttavia indicativa della necessità di chiarire quale uso fa il cliente
dell’informazione presente a scaffale.
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Prezzi delle sole CONFEZIONI di marmellate di fragole rilevate in un ipermercato e disposte da sinistra a destra e dall’alto
al basso
Ordinamento
crescente
Senza
Ordinamento
1
0,69
1,49
2
1,08
3,99
3
1,21
2,19
4
1,29
1,89
5
1,29
2,89
6
1,45
0,69
7
1,49
2,19
8
1,89
1,08
9
2,19
2,38
10
2,19
1,21
11
2,38
2,59
12
2,59
2,99
13
2,89
1,29
14
2,99
1,29
15
3,99
1,45
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Se il cliente leggesse invece i prezzi al kg (nonostate siano scritti in piccolo e de-enfatizzati) la percezione
cambierebbe profondamente.
La distribuzione di tali prezzi sarebbe la seguente:
14
12
10
8
6
4
2
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
e il prezzo al kg di Zuegg risulta essere esattamente il prezzo mediano del set offerto dall’ipermercato.
Resta ovviamente da chiedersi quale sia il vantaggio per il retailer di scrivere sullo slim quest’informazione,
in modo quasi illeggibile. La risposta potrebbe articolarsi in questo modo e cioè: “lo scrivono in piccolo per
vendere i prodotti a maggior prezzo”, ma sarebbe del tutto incongruente. Infatti i retailer hanno interesse a
vendere le Private Label proprio rimarcando la loro convenienza di prezzo (al kilo)!
Un’altra spiegazione potrebbe suonare così: “il prezzo di riferimento per l’acquirente è quello del leader di
mercato”. Ma il cliente normale sa davvero chi è il leader di mercato delle marmellate? Certamente lo sa il
buyer, invece quasi certamente ogni individuo qualunque ha una propria opinione non coincidente con
quella degli altri. E comunque il prezzo del leader di mercato (cioè il prezzo medio) non corrisponde quasi
mai al prezzo mediano.3
Dunque la questione resta aperta.
3.Seconda Ipotesi: Una lettura parziale e perfetta dell’informazione disponibile
A questo punto occorre fare un altro passo verso la realtà. Come dimostrato dalle ricerche di eye-tracking, i
purchaser in realtà non osservano MAI i prodotti da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso.
3
La dimostrazione per cui la distribuzione dei prezzi in base ai volumi venduti, non segue le logiche
ipotizzate comunemente, ma piuttosto una distribuzione a “cipolla” (proprio per il ruolo del leader e delle
marche private) si trova su Mark-Up Aprile 2009.
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Al contrario, queste ricerche dimostrano che l’osservazione, in media, è random e che lo sguardo del
consumatore si sposta e si sofferma in modo apparentemente caotico su quei prodotti che catturano la sua
attenzione (e tralasciamo i dettagli per ragioni di sintesi)4.
Ne discende che l’informazione viene raccolta secondo un ordine che varia da soggetto a soggetto e che,
per i ben noti meccanismi di memoria a breve e a lungo termine, assume maggiore o minore importanza ai
fini della fissazione del ricordo dei prezzi.
Dunque il calcolo (ipotetico) della MEDIANA risulta inevitabilmente diverso per ogni individuo. Quindi la
convenienza di prezzo della marmellata X risulta del tutto SOGGETTIVA.
Il nostro esperimento “mentale” prosegue
ora, mantenendosi sempre su un piano di
astrazione.
Ipotizziamo innanzitutto che ci siano due
diverse tipologie di purchaser: i “meticolosi”
e i “frettolosi”.
- I “meticolosi” sono coloro che, prima di
acquistare, leggono e ricordano (diciamo)
18 prezzi di 18 diversi brand/tipi di
marmellate!
- I “frettolosi” invece si stancano dopo aver
letto e memorizzato soltanto 7 prezzi e
processano questa informazione limitata
Figura 1 Esempio di percorso visivo di un osservatore di uno scaffale di
In ogni caso, nel tentativo di semplificare al ipermercato con i relativi punti focali a diversa intensità di permanenza
massimo il nostro ragionamento, si è scelto
di utilizzare i prezzi al chilo come input del
calcolo del prezzo mediano da parte dei vari purchaser (virtuali). Si tratta ovviamente di un’ astrazione, ma
se si ipotizzasse un processo valutativo basato sul prezzo medio, l’esercizio sarebbe ancora più lontano dalla
realtà.
Si è proceduto dunque a simulare la percezione e la memorizzazione dei prezzi delle marmellate presenti
nello scaffale oggetto di indagine da parte di Market Knowledge, attraverso un’estrazione casuale ripetuta
200 volte di 7 e 18 prezzi.
4
In realtà esistono metodi per verificare se i grafi dei vari percorsi compiuti dal focus visivo dei vari soggetti
seguono schemi preferenziali, determinati dalla “composizione” dell’immagine osservata. Così ad esempio
l’osservazione della Gioconda può avvenire secondo un processo relativamente comune a tanti osservatori:
la bocca, gli occhi, il seno… Viceversa l’osservazione di un quadro di espressionismo astratto à la Pollock,
può non generare alcuna sequenza comune poiché non esistono “baricentri” su cui si accentra l’attenzione.
Gli attuali scaffali della grande distribuzione (ad esempio quello dello yogurt) sembrano non discostarsi
molto da quest’ultima forma di “sequenzialità caotica”.
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Si è supposto quindi che tutti i purchaser puntino ad acquistare la marmellata Zuegg di fragole da 320
grammi e ne valutino la convenienza in base allo scostamento del suo prezzo (al kg) e pari a 7,44 €,
rispetto alla mediana di tutte le confetture.
Lo scostamento reale risulta pari al 42% in meno della mediana (calcolata su tutte le referenze e pari a
9,20 €). Ovviamente lo scostamento percepito soggettivamente da ciascun individuo in base alla selezione
casuale di 7 o di 18 prezzi osservati sarà affetto da errori più o meno grandi.
La domanda è dunque : come si distribuiscono gli errori commessi? L’esperimento dimostra che:
1.
la percezione di “convenienza” della marmellata Zuegg di fragole è differente per ogni purchaser a
seconda della quantità e della casualità dell’informazione raccolta davanti allo scaffale;
2. gli errori commessi dai frettolosi risultano maggiori (nel senso che il loro range e il loro standard
error è di maggior ampiezza) rispetto a quelli dei meticolosi;
3. non è chiaro se la distribuzione dei prezzi memorizzati dai vari individui è “normale”
In breve, i purchaser “meticolosi”, elaborando un sottoinsieme di prezzi più ampio, riescono a ridurre
l’ampiezza dei loro errori di valutazione circa la reale convenienza di prezzo rispetto al valore mediano.
Ovvero:
maggiore sforzo per raccogliere informazione = maggior precisione.
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Si noti però come nel caso di alcuni “frettolosi” il differenziale percepito rispetto prezzo mediano di
Zuegg fragole, può risultare estremamente piccolo, vanificando i vantaggi di posizionamento della marca in
realtà collocata a -42%. In breve Zuegg può apparire più cara di quello che è.
Questo risultato è in linea con ricerche di mercato ben condotte sul tema della percezione dei prezzi. Alla
domanda:
“Secondo lei di quanto è più o meno costoso rispetto alla “media” del mercato il marchio X”
La distribuzione delle risposte risulta, in genere, essere molto più ampia del nostro esercizio puramente
simulativo. Ovvero il meccanismo psicologico reale di percezione e di memorizzazione dei prezzi è molto
più impreciso di quello sinora descritto attraverso un artifizio matematico.
La conclusione è devastante. La scelta delle varie referenze in base al prezzo, non segue una relazione
stabile e quantificabile con le variabili ipotizzate da teorie pseudo-sociologiche, e cioè il reddito familiare, la
cultura, la professione, ecc. MA IL CRITERIO DI LETTURA E TRATTAMENTO DELL’INFORMAZIONE
REPERIBILE NEL PUNTO D’ACQUISTO. Lo shopper può a priori mostrare l’intenzione di risparmiare
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basandosi sul prezzo (relativo) delle marche a disposizione, MA PUO’ OPERARE DEDUZIONI SBAGLIATE
IN BASE AL TEMPO E ALL’ATTENZIONE CHHE DEDICA ALLA RACCOLTA DELLE INFORMAZIONI!
Va detto, infine, che questo esercizio deve essere tenuto distinto, nella vita reale, dal problema della scelta
all’interno di una specifica tipologia. Il nostro caso riguarda la decisione di primo livello, ovvero in base a
ciò che posso osservare, “quale marmellata è più conveniente?” Il problema è radicalmente diverso da
quello classico del marketing cioè: devo decidere (secondo livello) se acquistarla di marca A o di marca B o
eventualmente di marca C. Questo è il caso classico dei manuali di micro-economia da non confondere con
il problema precedente.5
Riassumendo:
1.
Ogni comparazione di prezzi implica un criterio di classificazione. Quale criterio utilizza il
purchaser per operare la sua scelta? Confronta tutti i prezzi? Li raggruppa in base ai brand? O in
base ai gusti? O in base alle diverse “famiglie” di prodotti (bio, senza zucchero, classici, ecc.)?
2. Quanti prezzi può memorizzare il purchaser? E quali? 6
3. In che misura il purchaser è in grado di approssimare un “prezzo mediano”? E questo questo
calcolo varia per classe di prodotto, tenuto conto che il numero di referenze può essere anche
molto ampio?
4. Inoltre, il purchaser è disposto a raccogliere con la stessa attenzione, una quantità crescente di
informazioni, mano a mano che procede nel suo trip all’interno del supermercato?
5. E ancora: i segnali delle varie promozioni (di prezzo, di quantità aggiuntive, di punti loyalty, ecc.)
interferiscono con la razionalità di questi calcoli mentali?
6. Queste riflessioni, fondate su ragionamenti rigorosi, ma astratti suggeriscono la necessità di
esperimenti di laboratorio come quelli condotti dalla società specializzata InVivo.
5
Resta comunque da capire in base a quale calcolo e a quale precisione l’acquirente decide per A invece di
B o C, considerando il prezzo. Il lettore può provare mentalmente (intuitivamente!) e nei tempi dedicati
realmente all’acquisto, a valutare lo scostamento percentuale tra i prezzi di A e B ; A e C; B e C, dati i
seguenti valori:
A = 3,99 € (per 340 gr.),
B= 1,29 € (per 450 gr),
C = 2,99 € (per 230 gr.).
Le risposte sono riportate alla fine del testo.
6
Si noti che anche il prezzo al chilo può non avere natura informativa. Ad esempio certi prodotti alimentari
prevedono un prezzo al kilo lordo e uno IMPLICITO per il prodotto “sgocciolato”. Ad esempio, presi i filetti
di alici all’olio di semi della marca “X”, risulta che il loro peso netto è di 720 gr. mentre il peso netto
sgocciolato è di 380 gr . Se il costo è di 15 euro a confezione, il cliente valuterà in base al prezzo di 20,83 al
Kg o di 39,47 del contenuto sgocciolato, visto che nessuno consuma l’olio di governo?
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4. Attendendo la “rivoluzione informativa” dell’e-commerce
“Save Time, Buy On Line!” dice una pubblicità del supermercato Super-U di Chamonix. “Allez plus vite,
Achetez en un clic!” “Récupérez vos courses en magasin Super-U ou Faites-vous livrer à domicile”7 é il claim
principale della sua pubblicità8. E specifica ulteriormente “Collect your purchases from the store or Have
them delivered to your door”. Sono frasi che suggeriscono una riflessione.
Il cliente di Super-U, già ora, può non solo scegliere, comandare e pagare i prodotti preferiti direttamente
da casa, ma:
può visualizzare l’intero assortimento “dello scaffale” e ordinare logicamente le varie referenze
a seconda dei propri criteri.
In altre parole il cliente può predisporre una propria lettura facilitata di quanto disponibile prima di
scegliere. Questa innovazione del “sistema di ordini online” di Super-U non solo offre molti vantaggi
percepibili, ma prefigura una nuova relazione tra insegna e shopper. Permette infatti sin d’ora ai suoi clienti
di migliorare la razionalità della scelta dei propri prodotti preferiti in base al prezzo, qualora questo sia il
criterio ultimo e determinante. Permette inoltre una più facile comparazione tra marche. Grazie alla sua
odierna applicazione, si possono davvero ordinare facilmente tutti i prezzi unitari e per kg, cosa che entra
in conflitto con l’attuale tradizionale lettura dello scaffale nel punto di vendita. Il principio (in via teorica) è
gravido di conseguenze. Qualora venga ulteriormente perfezionato per facilitare dei raffronti (con misure
di centralità e di dispersione, oppure con altre insegne) può cambiare il peso che impulso e calcolo hanno
nelle decisioni dello shopper nell’odierna realtà.
Soprattutto il sistema è aperto ad altri drammatici affinamenti. Al pari dei prezzi può classificare e ordinare
altri attributi di prodotto. In futuro, i retailer potrebbero facilmente implementare questo sistema,
chiedendo semplicemente ai fornitori di fornire la descrizione completa e codificata dei loro prodotti, così
come è accaduto in passato per il codice EAN.. Queste codifiche esistono già per esempio per consentire le
rilevazioni e le classificazione dei sistemi informativi di Nielsen e IRI.
7
“Risparmia tempo compra online” “ Siate più veloci, comprate con un clic” Ritirate la vostra spesa nel
supermercato Super-U o fatevela consegnare”
8
Per ulteriori informazioni più dettagliate si esamini il sito www.coursesu.com
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“DAVANTI ALLO SCAFFALE DEL SUPERMERCATO: COSA VEDE, COSA PERCEPISCE, COMPRENDE E MEMORIZZA UN CLIENTE?”
Potremmo parlare, a ragion veduta, di una vera e propria rivoluzione nello Shopping Behaviour. In breve, il
cliente può attualmente confrontare i prezzi per confezione o al kilo ordinando le voci di ciascuna classe di
prodotto, in ordine crescente o decrescente, selezionandoli per marca/produttore. Ogni prodotto è
attualmente corredato da una scheda informativa, abbastanza completa, che in futuro verrà ulteriormente
migliorata divenendo, come si è detto, parte del processo contrattuale dei buyer.
Ovvero le aziende fornitrici dovranno comunicare le informazioni richieste in forma standardizzata da
immettere nell’archivio elettronico in cui “pesca” l’applicazione. In questo modo il cliente potrà avere a
disposizione un’informazione sempre più dettagliata, ordinata, chiara e facile da consultare e comparare.
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“DAVANTI ALLO SCAFFALE DEL SUPERMERCATO: COSA VEDE, COSA PERCEPISCE, COMPRENDE E MEMORIZZA UN CLIENTE?”
In futuro potrà ottenere anche una classificazione secondo i vari attributi di prodotto. Nel caso delle
marmellate:
o
o
o
o
o
o
o
gusto,
composizione,
zucchero,
calorie,
vitamine,
qualità delle materie prime (biologico o no)
ecc.
Figura 2 Raffronto tra la composizione della marmellata A e la composizione mediana della classe di
prodotto (I dati sono stati trasformati ove necessario in indice = 100)
In breve tempo, gran parte dei clienti potrebbe orientarsi nella “lettura” dell’assortimento nel nuovo modo.
Dunque l’applicazione Internet sconvolgerà in modo radicale le tematiche che riguardano oggi lo space
management e il visual display dello scaffale, di cui si è parlato nella prima parte. Non è da escludere, in via
teorica, l’introduzione nelle applicazioni online l’utilizzo di strumenti di graphics display e di analisi ad uso
dello shopper. Ad esempio si potrebbe raffigurare graficamente nel range tra il prezzo minimo e il prezzo
massimo, il posizionamento di una marca/confezione, oppure la relazione tra attributi (es. quantità di
frutta) e prezzo e così via. A trarre giovamento da questa maggiore e più chiara informazione sarebbero
Brand A
Mediana
Energie (kJ)
Teneur en sucres 60 g 200
pour 100 g.
Avec 50 g de cerises pour
150
100 g
100
Traces de fruits à coque
50
acidifiant : citrate de
calcium
Energie (kcal)
0
Glucides (g) Sucres (g)
Graisses (g)
acidifiant : acide citrique
gélifiant : pectine de
fruits sucre de canne
sucre,
10%
Protéines (g)
Acides gras saturés (g)
Fibres alimentaires (g)
Sel (g).
sicuramente le Private Label.
Ovviamente anche questo sistema non sarà una soluzione definitiva perché emergeranno, una volta avviato
un utilizzo massificato, nuove problematiche. Certamente grazie allo sviluppo da parte dei retailer di sistemi
informativi simili e anche più perfezionati di quelli attuali di Super U gli acquirenti di prodotti confezionati
“seriali” di marca potranno, grazie ad Internet, calcolare effettivamente la somma dei prezzi di due panieri
identici. Inoltre potranno decidere se acquistarne una parte in un’insegna e una parte in un'altra insegna.
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Probabilmente l’acquisto si frazionerà tra le insegne come avviene oggi, negli Stati Uniti, dove coabitano
Costco e Whole Foods. L’uno è un fornitore di staples a prezzi contenutissimi, l’altro è uno specialista
nell’alimentare freschissimo e salutista.
È chiaro anche che non mancheranno comunque le complicazioni dovute alle varie sfumature definitorie di
natura merceologica. Tuttavia il progresso verso una maggior razionalità “oggettiva” dei processi di acquisto
è innegabile. Comunque la componente “soggettiva” rimarrà sempre prevalente. É certo dunque che
l’impatto sulle politiche di pricing di brand e retailer sarà devastante e cancellerà “astuzie” come le
sgrammature, i prezzi psicologici, ecc.
Va detto però che comunque rimarrà irrisolto il problema della “sovrapposizione dell’assortimento” e della
comparabilità tra le insegne. Infatti resta provata, anche introducendo l’ipotesi teorica di un purchaser
perfettamente informato, l’impossibilità di effettuare una completa comparazione dei prezzi valida “erga
omnes”. Non si potrà comunque individuare l’insegna più conveniente pur avendo ogni consumatore a
disposizione una vasta e chiara informazione sui prezzi. I problemi si accentueranno per le marche mentre i
retailer dovranno competere su variabili non quantificabili come qualità dei deperibili e servizio.
Il vero grande problema riguarderà la logistica. Come si gestiranno le consegne? Con un aumento del
personale? Come si potranno confezionare i basket ordinati se saranno costituiti da prodotti freschi,
surgelati e confezionati? Come si gestiranno le code se i clienti si concentreranno per il pick-up in certe ore
e in certi giorni? Insomma diversi problemi rimangono insoluti ma, come dimostra il caso di Super-U, i
retailer sapranno risolverli passo passo.
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Riassumendo
il “supermercato virtuale” di cui vediamo l’esordio, offrirà questi vantaggi e svantaggi:
Vantaggi:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
possibilità di una visualizzazione completa delle informazioni sui prezzi del display
eliminazione dei tempi (costi) di raccolta informazione da parte del cliente
possibilità per l’acquirente di avere la consegna della spesa a domicilio
individuazione dei prodotti a prezzi più bassi in base alle preferenze (gusto, brand, formato…)
maggiore comparabilità dei prezzi
possibilità di individuare più facilmente i prodotti preferiti in base alle informazioni dettagliate nelle
loro schede
maggiore fidelizzazione all’insegna per la soddisfazione di bisogni specifici (targetizzazione dei
bisogni)
maggiore possibilità di targetizzare la clientela e di proporre offerte e promozioni mirate
Eliminazione delle rotture di stock
possibilità di sfruttare le carte-fedeltà, grazie alle applicazioni del sito del punto di vendita
Pagamento a priori attraverso la monetica e riduzione del lavoro di cassa.
Possibilità di raccogliere informazioni e giudizi da parte dei clienti
Pubblicità mirata per prodotto.
Svantaggi:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Problema della sovrapposizione dell’assortimento tra insegne diverse e facilità del monitoraggio da
parte dei concorrenti.
Problema di gestione nella consegna combinata dei prodotti confezionati, freschi e surgelati
Costi aggiuntivi di tempo per i clienti per il ritiro dei prodotti presso il punto di vendita se non
bene organizzato
Problemi logistici – gestione del magazzino e costi correlati ai rifornimenti di merci secondo nuovi
flussi
Problemi di stoccaggio dei prodotti
Problemi di coordinamento del sistema informativo (acquisto di software più complessi per ridurre
le “code” e le tempistiche dei ritiri dei prodotti)
Costi di gestione, manutenzione e aggiornamento del sito web dell’insegna
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Risposte al calcolo intuitivo dei prezzi relativi delle marche A, B,C,
A=
3,99 € (per 340 gr.),
B=
1,29 € (per 450 gr),
C=
2,99 € (per 230 gr.).
A vs B
+309%
A vs C
-10%
B vs C
-78%
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