IPASVI Taranto
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IPASVI Taranto
Editoriale Editoriale L’editoriale S Benedetta Mattiacci Presidente Collegio IPASVI pirito di collaborazione, disponibilità a vagliare con i tecnici la nostra richiesta, possibilità di lasciare inalterato lo status quo: tanto è emerso dall’incontro della Presidente della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI, Annalisa Silvestro, con il ministro dell’Università, Mariastella Gelmini. L’ incontro è stato immediatamente successivo alla Conferenza di Bologna del giugno scorso, quando la professione infermieristica ha deciso la linea d’azione per contrastare l’assorbimento del Med 45, previsto nella Riforma universitaria(Il ministro Gelmini ha firmato, tra gli altri, quattro importanti provvedimenti: quello sulla ripartizione del Fondo di funzionamento ordinario e del Fondo premiale, il taglio dei corsi inutili, i criteri di valutazione per concorsi da ricercatore e la direttiva per il varo dei concorsi 2008; per quel che riguarda i corsi non necessari e da eliminare inviando una nota illustrativa in cui sono contenute una serie di misure. Da notare che negli ultimi mesi già due corsi su dieci sono stati eliminati) Previsione che non poteva lasciare indifferenti perché si risolverebbe in un vero e proprio attentato all’autonomia, ai nostri saperi, all’intellettualità della professione, approdata, finalmente, ad un corso di laurea specifico con docenti infermieri. Ma, paradossi italiani, mentre il CUN avanza ipotesi di revisione ed assorbimento,il sottosegretario alla salute, Fazio, ha aperto agli Infermieri, con il nuovo contratto di lavoro, la possibilità dell’attività intra-moenia e della libera professione, libera professione anche, ad esempio, nelle farmacie, su proposta dell’Ordine di categoria, con il manifestato consenso addirittura entusiasmo dei cittadini, i quali possono finalmente vedere ridotti disservizi ed attese. Di fatto, le farmacie si proporrebbero come piccoli Distretti sanitari in grado di intercettare e soddisfare richieste della clientela come prestazioni infermieristiche accanto alle prenotazioni di visite specialistiche ed esami. Allora, un passo indietro con la soppressione del Med, proposta soppressione, due passi avanti con l’intramoenia infermieristica, con l’attivazione della libera professione e libera professione in farmacia, preludio questa alla presenza di un ambulatorio infermieristico, richiesto dalla professione e, maggiormente, dai cittadini. Riaffiora una poco evidenziata alleanza cittadino-infermiere, alleanza giovane ma opportuna, da gestire al meglio, incisiva tanto da poter spaventare i poteri forti, quei professionisti ancorati a visioni superate e monopolistiche, i nostri interlocutori di turno. Una alleanza che può portare benefici alla professione e, soprattutto, ai cittadini in termini di processi di salute più appropriati, distribuiti sul territorio, ecc., essenziali in un momento in cui la sanità meridionale è attaccata da ogni parte, è tacciata di costi eccessivi a fronte di una qualità scadente. Siamo pronti a riconoscere che si può lavorare meglio, che si può e si deve migliorare. Gli infermieri, lo stanno dimostrando, non sono autoreferenziali; sono impegnati nel miglioramento della professione per ottimizzare ricadute sull’utenza; cercano di individuare i punti critici, i punti deboli della sanità per un miglioramento generale della qualità dell’assistenza; hanno a cuore “gli interessi” dei pazienti, la qualità offerta, spesso mortificata dall’assenza di personale, sia infermieristico che di supporto. Ecco, allora, il bisogno di sostenere la formazione degli operatori socio-sanitari, personale indispensabile per il corretto governo del malato. Ma a nulla servono i corsi se, come conseguenza, non c’è la volontà di assumere, di potenziare, per permettere agli infermieri di riappropriarsi del proprio ruolo, di esprimere appieno potenzialità, capacità, competenze. In questo gioca un ruolo essenziale una dirigenza infermieristica capace, preparata, leale, scevra da legami e collusioni, di provate e verificate capacità. Sono le doti che possono segnare il cambiamento, portare a quel salto, atteso, di qualità, permettere l’affermazione di competenze e professionalità ancora soffocate e sacrificate. 1 IPASVI IPASVI LE RADICI CRISTIANE DELLA COMPASSIONE NELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA Dott. Giovanni Argese Vicepresidente Collegio IPASVI Taranto Michelangelo Buonarroti Particolare della Creazione di Adamo Vaticano, Cappella Sistina L a medicina riunisce, nella sua essenza più profonda, gli aspetti di una Scienza, teorica e sperimentale, e quelli di un’arte pratica, il cui “oggetto” è l’essere umano con le sue esperienze di salute e di malattia, di benessere e di sofferenza. Essa accompagna l’Uomo dal suo NASCERE fino al suo MORIRE, aiutandolo a prevenire e guarire le sue malattie, a riac- 2 quistare la salute…L’Uomo ha anche il potere di prestare aiuto a se stesso e agli altri esseri umani con atti specifici che costituiscono una prassi ed una tradizione universale fondata sulla COMPASSIONE (dal Latino CUM PATI = SOFFRIRE INSIEME). Le cure sono un esercizio della COMPASSIONE tra esseri umani: l’uomo che patisce un’ affezione è, in tal senso, IPASVI un paziente. Il rapporto tra vulnerabilità (MALATTIA) e compassione (CURA) costituisce la struttura etico-antropologica della medicina di ogni tempo. Le pratiche mediche più antiche erano una mescolanza di interventi empirici, di cui s’ignorava la reale causa di efficacia o inefficacia, di magia, che attribuiva il motivo del dolore e della malattia a forze esterne misteriose, dominabili con procedure enigmatiche. Solo il razionalismo medico greco segnerà il passaggio dalla fase mitico-religiosa, citata innanzi, a quella cosiddetta “scientifica”, in cui si cercò di conoscere la causa di fenomeni naturali ( malattie) che influenzano il comportamento umano, tanto da renderlo inadatto al compimento delle sue funzioni fisiche e sociali. Con la medicina ippocratica e lo studio sulla “natura umana” soggetta alle Leggi universali, si acquisì la consapevolezza che la malattia non era il segno dell’opposizione di forze occulte, poiché Ippocrate, con un dichiarato rispetto per le divinità, attribuì ai processi naturali una casualità nell’ambito di un cosmo ordinato dalle divinità stesse. Ma, cosa davvero importante, fu l’utilizzo da parte del medesimo della parola ANTHROPOS, cioè ESSERE UMANO; la medicina, pertanto, non era più antropologia filosofica ma SCIENZA DELL’UOMO. La nascita del Cristianesimo arricchì la giovane scienza medica di un nuovo concetto, legato all’antropologia personalista, in cui sia il CORPO che l’ANIMA erano ugualmente essenziali. La visione antropocentrica non considerò la malattia una punizione divina né una fatalità cosmica, ma una prova esistenziale che riguardava l’uomo nella sua interezza e nella sua unità somatico-spirituale; perciò la cura (COMPASSIONE) non aveva di mira solo il benessere fisico, ma tutta la persona che nel fisico era malata; l’uomo non fu considerato solo un “corpo”, ma attraverso la cura si poteva e si doveva raggiungere la persona nella sua realtà concreta, anche spirituale e religiosa. L’ispirazione e il fondamento di tale azione assistenziale si materializzò nell’invenzione degli ospedali, di origine evangelica. Le opere di misericordia corporale, la COMPASSIONE di Gesù verso i malati, le stesse infermità di Cri- IPASVI sto, potettero essere comprese pienamente soltanto se inserite nel nuovo ordine della Carità soprannaturale, che segnò un evidente stacco dalla filantropia pagana. Nel ribadire il primato assoluto della carità nella vita cristiana, che ci fa diventare simili a Dio, Tommaso D’Aquino nella Summa Theologiae affermò che il valore della misericordia RENDE L’UOMO SIMILE AL PADRE NELL’OPERARE. Il CUM PATI divenne una serie di atti concreti di assistenza materiale e spirituale a chi soffriva. La Rivoluzione scientifica rinascimentale e post-rinascimentale portò, poi, alla considerazione della medicina quale scienza strettamente naturalistico-positivista, mentre la VITA venne progressivamente “ devitalizzata ” e ridotta a struttura fisico-chimica. Cartesio ( 1596 – 1650 ) studiò il corpo umano con criteri meccanicistici ( res extensa ) separandolo chiaramente dall’anima (res cogitans ); quest’ultima scomparve quasi definitivamente dall’orizzonte medico. Dopo le innovazioni scientifiche in campo medico del 1700 ( es. la fisiopatologia dei tessuti), del 1800 ( es.teoria cellulare), la teoria olistica dei primi del ‘900, oggi il sapere medico è autenticamente scientifico soltanto quando considera che le vie per la conoscenza del corpo malato (soma e psiche) passano attraverso un approccio alla persona umana come totalità e unità. L’uomo è un soggetto naturale e cultu- IPASVI rale, situato cioè storicamente in un contesto relazionale di costumi, valori e norme che la medicina ha ormai constatato di non poter ignorare. Ogni ammalato è irripetibile anche quando nella sua malattia si presentano fatti che lo accomunano ad altri ammalati; il carattere, le condizioni familiari, professionali ed ambientali, non solo il suo genoma, sono all’origine di manifestazioni molto varie della stessa malattia. “ La prospettiva terapeutica s’inserisce in un orizzonte di accoglienza dell’altro come persona. (…) L’accoglienza è l’espressione di un’ ETICA DELLA COMPASSIONE che è alla base della prassi medica” (cfr.Botturi, 1993, p.110). 4 IPASVI Il rapporto tra un operatore sanitario e il paziente “ conserva la sua struttura etico-deontologica di una alleanza terapeutica i cui principi guida sono la beneficità, la libertà e la giustizia” ( cfr Sgreccia, 1999, pp 20ss). Per alleanza s’intende l’impegno solidale che scaturisce dal riconoscimento di una appartenenza alla stessa umanità( coumanità ), quindi a una comunità etica. L’incontro di un medico (e di un Infermiere - nda) con un malato s’inserisce in una radicale disposizione di apertura all’altro, costitutiva dell’essere umano in quanto persona ( cfr. Mordaci, 1993, p.231). Non a caso, il 25 novembre 1980 l’allora Pontefice Giovanni Paolo II, nell’Ospedale di Potenza, durante la Visita Pastorale in quella Diocesi, affermò che : “ Ho detto che quando soffrono uomini, quando soffre un uomo, ci vuole un altro uomo accanto a quello sofferente. Vicino a lui.” Ecco di nuovo riemergere prepotentemente il concetto di COMPASSIONE, che trova radici nel passo evangelico Mt.25,40 “ In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me ”. Aristotele ( 384 – 322 a.C. ), grande filosofo greco che con la sua Logica ha condizionato tutto il pensiero occidentale, affermò che la IPASVI COMPASSIONE per manifestarsi ha bisogno di tre condizioni: Che un avvenimento seriamente negativo abbia colpito qualcun altro; Che tale evento non sia dipeso (o almeno non interamente) dalla responsabilità di quella persona; Che noi stessi siamo vulnerabili nella stessa maniera. Da questo si evince che il pensiero aristotelico evidenziava una “ limitatezza emotiva ”, poiché il filosofo riteneva che la Compassione si estrinsecasse soprattutto in piccoli gruppi, i cui membri fossero preferibilmente legati da sentimenti, dove esistesse un coinvolgimento emotivo. Probabilmente l’uomo, o la maggior parte degli uomini, elabora un intenso sentimento di dolore e di compassione nei confronti di una “dimensione sociale locale” ( famiglia, cerchia di amici, compaesani…); solo gradualmente impara ad estendere il suo interesse oltre i confini ristretti dell’immediato, per allargarsi a tutto il genere umano. Il concetto di COMPASSIONE , superando i parametri aristotelici, trovò attuazione piena in Gesù Cristo, quando, più volte, in prima persona, manifestò la sua CUM PATI per l’uomo: Matteo 14,13-14 “Udito questo, Gesù se ne partì di là sopra una barca e si ritirò in un luogo deserto; ma le turbe lo seppero e, uscite dalle città vicine, lo seguirono a piedi. Quando fu sceso dalla barca, vide una gran folla, ne ebbe compassione, e guarì i loro malati.” Marco 6,34 “Sbarcando, Gesù vide una gran folla e ne ebbe compassione, perché erano come pecore senza pastore, e si mise ad istruirli a lungo” Romani 9,15 “ Lui avrà compassione di chi avrà compassione” La COMPASSIONE di Gesù Cristo insegna, a mio parere, tre cose fondamentali: - è rivolta all’uomo, non al parente o all’amico, ma allo sconosciuto (es. la gran folla), senza alcuna distinzione; è donata senza mostrar fa- IPASVI stidio … senza riserve - di fronte a persone senza guida ( es. pecore senza pastore), Gesù compassionevole diventa maestro, amico, consigliere; - chi sperimenta la COMPASSIONE riceverà del bene a piene mani. La religione, quindi, non può non essere considerata come fonte di teoria e di pratica medico-infermieristica, perché significherebbe trascurare la più universale sorgente etica che motiva i comportamenti umani. Una antropologia religiosa cristiana della medicina offre una visione precisa della vita, del destino eterno dell’uomo, del valore della sofferenza e del senso della salute: di fronte alla burocratizzazione e alla frammentazione dell’assistenza, la riscoperta della dimensione religiosa della medicina diviene un importante fattore di sviluppo della stessa, in favore soprattutto dei malati più vulnerabili e più deboli. Riferendosi all’assistenza infermieristica, la tradizione teorica e teoretica anglosassone ha messo in campo due concetti molto importanti: l’olismo e la globalità. Entrambi considerano la persona e la sua salute come un “ hòlon ”, una totalità, evidenziando che il corpo e l’anima sono unità inscindibile. Ma ogni individuo porta in sé caratteristiche fisiche, psicologiche, socio-culturali estremamente diverse, per cui l’Infermiere deve necessariamente mettere in campo un’assistenza PERSONALIZZATA, che si adatti alle peculiarità di ogni essere umano e che risponda ai bisogni specifici di salute del paziente. Questi ultimi presentano tre dimensioni o componenti: biofisiologica, psicologica e socio-culturale. La prima è il carattere oggettivabile del bisogno, mentre le altre due sono l’aspetto soggettivo verso il quale si direziona il rinnovamento e il divenire della professione infermieristica. Così i concetti di personalizzazione dell’assistenza e di assistenza infermieristica sono complementari. L’ “assistenza umanizzata”, compiuta dall’Infermiere nei confronti del paziente è direttamente proporzionale alla sua sensibilità! E allora… Se il fine dell’assistenza è l’uomo, il processo di assistenza rappresenta il metodo strategico per rispondere ai suoi bisogni, in una continua IPASVI mediazione tra l’irriducibile libertà dell’individuo e la prescrizione disciplinare ( ciò che è bene). Ed è qui che l’Infermiere, impegnato nell’assistenza, deve continuamente rivedere e riprogettare le sue scelte con i bisogni e le scelte espressi dal paziente. Prendersi cura…. TO CARE…può riferirsi anche al concetto di COMPASSIONE, soffrire con: si è preoccupati per la persona malata, si condividono con ella sentimenti ed emozioni perché se ne condivide l’umanità. Ma come si può manifestare il CUM PATI dell’Infermiere sia nei confronti del malato che della sua famiglia? Il CONTATTO FISICO, rappresentando una delle forme primarie di comunicazione, è per i pazienti un bisogno fondamentale, una carica affettiva e confidenziale molto alta, un’attenzione rivolta verso l’altro che permette a quest’ultimo di dare sfogo alle proprie emozioni, quali la paura, l’ansia, la rassegnazione, etc. A tal proposito la Medicina Palliativa o Cure Palliative ( da PALLIUM , corto mantello indossato dai primi cristiani in epoca romana, simboleggiante la CHARITAS , cioè l’amore per il prossimo in quanto figli di Dio ) si basa proprio sul senso del contatto. IPASVI L’ ASCOLTO è un altro elemento fondamentale della comunicazione; in campo di assistenza infermieristica significa far esprimere al malato i suoi pensieri, le sue paure, le sue richieste , per aiutarlo a liberarsi della sofferenza o soltanto a lenirla. A tal proposito esiste la L’ARTE DELL’ASCOLTO ATTIVO, modo non intrusivo di condividere i pensieri e i sentimenti del paziente: si ascolta quello che quest’ultimo dice, si ripete quello che si è sentito quindi si verifica con il paziente, per essere sicuri che quello che è stato ripetuto è corretto; non si presta ascolto solo alle parole, ma si cerca di cogliere e restituire alla persona anche la sensazione o il significato che sta dietro alle parole. Es. di DIALOGO TIPICO: PAZIENTE: - Sono molto spaventato per l’esame clinico che farò domani. INFERMIERE: - Non si preoccupi, andrà tutto per il meglio… Es. UNA RISPOSTA DI ASCOLTO ATTIVO: PAZIENTE: - Sono molto spaventato per l’esame clinico che farò domani. INFERMIERE: - E’ spaventato per l’esame clinico? Può spiegarmi cosa la preoccupa tanto? L’ascolto attivo mette l’Infermiere nell’atteggiamento del CUM PATI, aiutando il paziente a Masolino da Panicale Guarigione dello zoppo Firenze, Cappella Brancacci 6 IPASVI fare chiarezza e ad esprimere la propria sofferenza interiore, soprattutto negli Ospedali dove gli ammalati si sentono isolati ed invisibili ed implodono rabbia, paura, ansia. I GESTI, il modo di muoversi e di stare nello spazio, intesi quale forma di comunicazione non verbale ( meta-comunicazione ), rappresentano il prendersi cura del destinatario dell’assistenza, il quale valuta e soppesa ogni movimento, ogni espressione corporea spontanea o simulata, che può fornirgli sicurezza, placargli la tensione, dargli sollievo. Il SUPPORTO ALLA FAMIGLIA del paziente è un altro momento fondamentale dell’assistenza infermieristica, che deve supportare, rassicurare, informare i parenti , i quali insieme al malato e a tutta l’èquipe sanitaria devono condividere il progetto di cura o, in casi estremi, essere sostenuti nella “ sindrome delle perdita ” del proprio caro. La COMPETENZA PROFESSIONALE, nell’ottica dello studio, della ricerca e della formazione permanente, permette di sperimentare le capacità di utilizzare in termini creativi le conoscenze , di adottare comportamenti flessibili, di prendere decisioni terapeutiche ottimali. Tutto quanto detto innanzi è espresso in modo puntuale e approfondito sia nel PATTO INFERMIERE – CITTADINO (vedi allegato) che nel CODICE DEONTOLOGICO (Art. 1 – PREMESSA, Art. 2 - PRINCIPI ETICI DELLA PROFESSIONE) Nel documento: “LA PASTORALE DELLA SALUTE NELLA CHIESA ITALIANA ” Par. I art. 18 si legge: “ Il Cristianesimo ha un messaggio di vita da annunciare non solo a coloro che soffrono, ma anche a quanti scelgono di assistere e accompagnare i malati. Il loro servizio prestato con spirito di fede assume un valore autenticamente evangelico; la solidarietà umana e l’altruismo sociale si trasformano in espressione di religiosità. Il Signore, infatti, ha voluto costituire quasi un’identità morale e spirituale tra la persona che soffre e lui stesso, quando ha asserito: - In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me- (Mt 25,40) E ancora…. Dal discorso di PAOLO VI a tre IPASVI gruppi di ammalati ed infermieri, il 22 maggio 1971: “E diciamo anzitutto a voi, che vi occupate in varie forme dell’assistenza ai malati, o per vocazione consacrata a Dio e ai fratelli, o per tenerezza e obbligo familiari, o per dovere professionale, il grande valore che la vostra opera assume, il grande merito che essa acquista per la vita eterna. Ciò che vi muove è la COMPASSIONE verso i cari infermi, nel senso più alto e vero della parola, che significa PATIRE CON gli altri. Voi, cioè, avete il merito di condividere la sofferenza, questa misteriosa e indecifrabile presenza nell’umanità ferita dal peccato originale, e conseguenza della ribellione arcana che questo ha introdotto nella natura creata, come nella psiche e nella carne dell’uomo; per tale COM-PASSIONE voi promuovete l’assistenza, la cura, le sollecitudini, le veglie, le incessanti e trepidanti premure di carità, voi fate vostri i sentimenti di chi soffre.” IPASVI IPASVI Questi due brani costituiscono l’essenza profonda dell’assistenza infermieristica, esempio concreto di COMPASSIONE che fiorisce autentica, forte, intelligente e bella. Abituiamoci a cogliere i miracoli della stessa! San Francesco d’Assisi riassunse la Regola dei suoi frati in un unico precetto: “Ognuno sia Madre per il proprio fratello”. Forse non sapeva che nella lingua ebraica COMPASSIONE indica un atteggiamento femminile e propriamente materno…..e quante volte Dio nella Bibbia è definito compassionevole! Destinatari della Sua materna compassione, noi Infermieri dobbiamo essere capaci di moltiplicarla in un mondo che la invoca, perché cerca….una traccia di Dio!!! • INDIVIDUARE i tuoi bisogni di assistenza, condividerli con te, proporti le possibili soluzioni, operare insieme per risolvere i problemi. • INSEGNARTI quali sono i comportamenti più adeguati per ottimizzare il tuo stato di salute nel rispetto delle tue scelte e stile di vita. • GARANTIRTI competenza, abilità e umanità nello svolgimento delle tue prestazioni assistenziali. • RISPETTARE la tua dignità, le tue insicurezze e garantirti la riservatezza. Allegato • ASCOLTARTI con attenzione e disponibilità quando hai bisogno. • STARTI VICINO quando soffri, quando hai paura, quando la medicina e la tecnica non bastano. • PROMUOVERE e partecipare ad iniziative atte a migliorare le risposte assistenziali infermieristiche all’interno dell’organizzazione. • SEGNALARE agli organi e figure competenti le situazioni che ti possono causare danni e disagi. Io infermiere mi impegno nei tuoi confronti a: 8 • PRESENTARMI al nostro primo incontro, spiegarti chi sono e cosa posso fare per te. • SAPERE chi sei, riconoscerti, chiamarti per nome e cognome. • FARMI RICONOSCERE attraverso la divisa e il cartellino di riconoscimento. • DARTI RISPOSTE chiare e comprensibili o indirizzarti alle persone e agli organi competenti. • FORNIRTI INFORMAZIONI utili a rendere più agevole il tuo contatto con l’insieme dei servizi sanitari. BIBLIOGRAFIA • GARANTIRTI le migliori condizioni igieniche e ambientali. - NURSING OGGI, numero 3/01 ( articolo di Carlisa Lucchi ) • FAVORIRTI nel mantenere le tue relazioni sociali e familiari. - FOCUSING ED ASCOLTO: STRUMENTI OLISTICI PER LA PRATICA • RISPETTARE il tuo tempo e le tue abitudini. - INFERMIERISTICA di Joan Klagsbrun • AIUTARTI ad affrontare in modo equilibrato e dignitoso la tua giornata supportandoti nei gesti quotidiani di mangiare, lavarsi, muoversi, dormire, quando non sei in grado di farlo da solo. - AMERICA, GLI INCERTI CONFINI DELLA COMPASSIONE di Martha Nussbaum - SITO INTERNET SCIENZA E FEDE , articolo “ Medicina ” di M.Pelaez IPASVI IPASVI La funzione tutoriale con gli studenti di infermieristica Marta Nucchi , professore associato di MED/45 presso l’Università degli Studi di Milano Vincenza De Santis , infermiera presso l’azienda ospedaliera di Busto Arsizio (VA) Anne Destrebecq., ricercatore confermato di MED/45, presso l’Università degli Studi di Milano INTRODUZIONE Questo piccolo contributo è scritto ha l’intento di approfondire qualche aspetto della formazione infermieristica e, in particolare, il ruolo del tutor. Sono ormai numerosi gli infermieri che lavorano e studiano per indagare in merito alla figura tutoriale, palesemente presente in campo universitario dal 1990 con la legge n. 341 “Riforma degli ordinamenti didattici universitari”. Probabilmente, è lecita un ulteriore ragionamento per riflettere e comprendere se il tutor è rilevante ai fini del tragitto di apprendimento, IPASVI oggi, come lo è stato – in passato – l’infermiere “monitore”. È presuntuoso oppure è ancora possibile studiare argomenti che da tempo sono affrontati? In letteratura è ricorrente una constatazione: c’è contrasto e/o lontananza tra quanto viene appreso in ambito teorico e ciò che si sperimenta nella clinica. Al tutor si assegna la responsabilità di garantire l’integrazione degli apprendimenti derivanti da questi due contesti formativi; è utile comprendere se questo dislivello rappresenta una criticità per lo studente e, soprattutto, quale valenza educativa viene attribuita alla figura tutoriale. E’ immodesto e borioso considerare nuove prospettive e avere, di conseguenza, chiavi di differente interpretazione di uno stesso fenomeno? In qualità di facilitatore dell’apprendimento, il tutor guida gli studenti fino a renderli soggetti consapevoli ed autonomi nel gestire i propri bisogni di formazione, attivando le risorse necessarie, utilizzando capacità di pensiero critico e abilità nella soluzione di problemi relativi alla futura vita professionale. A questo proposito diventa rilevante l’autorevolezza del Codice Deontologico dell’infermiere (2009), che, all’articolo 11, così si esprime: “l’infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate e aggiorna saperi e competenze attraverso la formazione permanente, la riflessione critica sull’esperienza e la ricerca. Progetta, svolge e partecipa ad attività di formazione. Promuove, attiva e partecipa ala ricerca e cura la diffusione dei risultati”. Il percorso implica l’appropriarsi di un adeguato bagaglio di conoscenze teoriche che devono essere coniugate con i saperi derivanti dall’esperienza, al fine di ottenere un apprendimento significativo perché perdura nel tempo. Ciò è possibile attraverso adeguati interventi tesi all’attivazione di processi di riflessione critica, che richiedono abilità sia su piano metodologico che didattico. 10 IPASVI In ogni situazione “dialogica” gli attori della relazione sono almeno due: per quanto riguarda il tema trattato sono da menzionare gli studenti insieme al tutor e, a corollario, i docenti di scienze umanistiche e cliniche, che dovrebbero essere tra di loro coordinati. La figura tutoriale cosa deve fare in qualità di agente del processo formativo? Per il servizio tutoriale, quale è la visione dello studente, agente del proprio apprendimento? Il presente lavoro desidera, in modo rapido, mettere a fuoco una revisione della letteratura, con il ricorso alla consultazione di banche dati come PubMed e Cinhal per reperire alcuni studi autorevoli allo scopo di: 1. delineare un profilo del tutor; 2. comprendere quali metodologie caratterizzano il processo di tutoring; 3. effettuare un’analisi storica dell’evoluzione delle insegnanti infermiere che IPASVI confluiscono nel ruolo di tutor; 4. evidenziare le problematiche più ricorrenti connesse alla funzione tutoriale. In questa fase le difficoltà maggiori sono state quelle relative ad un utilizzo di fonti bibliografiche di lingua inglese e l’esigenza di non alterare il significato di alcuni contenuti nella trasposizione in italiano. REVISIONE DELLA LETTERATURA: IL PROFILO DEL TUTOR Il tutor facilitatore dall’apprendimento È difficoltoso definire in modo univoco e condiviso il profilo del tutor, perché con lo stesso termine si fa riferimento a più ruoli in diversi contesti, pur riconoscendo caratteristiche comuni. In Italia il servizio di tutorato viene introdotto ufficialmente dalla legge del 19 novembre 1990, n. 341 “Riforma degli ordinamenti didattici universitari”. Questa legge parla di un servizio di tutorato “finalizzato a orientare e assistere gli studenti lungo tutto il corso di studi, a renderli attivamente partecipi del processo formativo, a rimuovere gli ostacoli a una proficua frequenza dei corsi, anche attraverso iniziative rapportate alle necessità, alle attitudini e alle esigenze dei singoli”. Scandella, definisce i significati della tutorship; IPASVI sottolinea il ruolo del tutor e l’opportunità di inserirlo nei contesti educativi per soddisfare esigenze di innovazione pedagogica – didattica, per fronteggiare fenomeni connessi a una nuova domanda di formazione e per ottenere più opportuni risultati. Il significato più profondo, che definisce il tutor, è nel nucleo semantico di “facilitatore dell’apprendimento”. In realtà ciò dovrebbe essere una prerogativa comune a tutti i ruoli che si occupano di formazione a vari livelli 1. Carl Rogers esamina e sottolinea l’importanza del ruolo del facilitatore dell’apprendimento. Parla di un educatore che si pone a garanzia per la realizzazione di apprendimenti significativi e che siano percepiti dagli studenti come rilevanti per i propri fini. Ogni persona tende a realizzare la sua possibilità di compiere esperienze; l’apprendimento è il mezzo di cui si serve. L’apprendimento implica coinvolgimento personale che parte dall’interno e che chiama in causa una dimensione affettiva oltre che cognitiva. In tal senso il tutor non è solo una particolare categoria di insegnante ma in quanto facilitatore: 1. predispone l’atmosfera e il clima favorenti l’esperienza; 2. seleziona le risorse adatte per conseguire gli obiettivi dell’apprendimento; 3. rende disponibili il più gran numero possibile di mezzi e situazioni per apprendere. Carl Rogers evidenzia l’importanza di un apprendimento significativo se questo è acquisito tramite l’agire. La formazione squisitamente formale e passiva è poco stimolante e percepita come obbligo, mentre lo sperimentare i mede- IPASVI simi contenuti in contesti reali e operativi, oltre ad essere particolarmente attraente, permette di raggiungere gli obiettivi di apprendimento in tempi più veloci2. La valenza di quanto sostenuto da Carl Rogers, ripreso e approfondito negli anni successivi, è particolarmente rilevante nel caso della configurazione infermieristica, la quale trova nel tirocinio un aspetto di apprendimento clinico autenticamente professionalizzante. Infatti, in un contesto operativo, lo studente può sviluppare competenze e abilità necessarie per il suo futuro essere professionista. In tal senso gli studenti sperimentano la “socializzazione anticipatoria” al lavoro: vengono coinvolti in situazioni di progressiva assunzione del ruolo professionale incontrando anticipatamente le convinzioni, i valori, le norme di status di un gruppo senza di fatto ancora appartenervi3. Lo studente viene invitato a “raccontarsi” non perché lo si voglia conoscere meglio (il che costituirebbe comunque di per sé un risultato), ma per aiutarlo –e aiutarci- a riflettere, a ricostruire, quindi riconoscere come apprende mentre apprende13. È utile che l’apprendimento avvenga in contesti protetti perché è un processo di formazione in atto, di cui lo studente è protagonista non come passivo metabolizzatore ma come attivo elaboratore del proprio bagaglio conoscitivo, pertanto vuole valutare, selezionare, modellare ciò che teoricamente è definito sapere4. Di conseguenza, i discenti necessitano di chi li possa guidare nell’esperienza e li aiuti a riflettere sul proprio agire affinché l’apprendimento sia significativo e siano impediti insuccessi futuri. La figura in questione è il tutor che, in qualità di facilitatore del percorso formativo, orienta 12 IPASVI IPASVI La figura in questione è il tutor che, in qualità di facilitatore del percorso formativo, orienta il discente verso modi di operatività all’interno della professione. IPASVI il discente verso modi di operatività all’interno della professione e trasmette modelli di elevata qualità, attraverso un’attività di supporto tesa alla crescita e all’autonomia dello studente stesso5. Ciò è possibile se si considera quello che è il ruolo dell’esperienza, cioè essere risorsa per l’apprendimento e allo stesso tempo base sempre più ampia a cui rapportare nuovi apprendimenti. Diventano sostanziali l’utilizzo di metodologie che colgono l’esperienza dello studente e lo coinvolgono nell’analisi delle stesse. L’uso di lezioni frontali, di presentazioni audiovisive preconfezionate svaniscono a favore della discussione, del “laboratorio dei gesti”, delle simulazioni, delle riflessioni guidate, dei progetti di gruppo e di altre tecniche di apprendimento attivo o di action learning, situazioni in cui emerge la centralità del soggetto che apprende e che sono presidiate da un punto di vista metodologico dalla figura tutoriale. Lo studente è un adulto coinvolto in un processo di formazione e si identifica attraverso le proprie esperienze. Se per l’adulto l’esperienza è chi egli è, per lo studente rappresenta il fondamento su cui basa il suo futuro essere professionista. La mancanza di una rielaborazione può portare come conseguenza una perdita di valore con il rischio del persistere di conflitti a livello cognitivo e affettivo, aspetti che un adeguato supporto tutoriale è, invece, in grado di far superare incoraggiando lo studente ad attivare le risorse idonee a creare le condizioni per un lifelong learning6. Nella descrizione del ruolo tutoriale emerge in modo evidente il passaggio da una concezione di formazione come prodotto a formazione come processo. IPASVI IPASVI zione, ma ciò non deve essere erroneamente interpretato come attivazione di un “processo di satellizzazione”, per cui il tutor deve ruotare intorno ai bisogni dello studente soddisfacendoli con meccanismi di programmazione didattica8. Nel primo caso è autocentrata: si costituisce e autoperpreta come istituzione, si interpreta come “data” ed è essenzialmente immodificabile, perchè focalizzata su chi la fa. La formazione come processo si propone in un divenire finalizzato al cambiamento. Il ruolo del tutor come agente facilitatore del contesto educativo è messo in gioco ed è tale da consentire in prospettiva un passaggio allo studente, in quanto soggetto in formazione. L’efficacia dell’intervento tutoriale è in funzione di come il processo costruttivo - istruttivo e l’apprendimento si dissolvono uno nell’altro, ha luogo quando il destinatario della formazione si appropria del ruolo di agente di apprendimento, in grado di gestire in prima persona il proprio cambiamento diventando perciò autonomo7. L’attenzione è centrata sul soggetto in forma- 14 Dà a intendere che lo studente si mette nelle condizioni di appropriarsi degli strumenti e delle risorse necessarie per controllare situazioni relative ai propri cambiamenti intellettuali, relazionali, gestuali perché possa sorvegliarli con responsabilità personale. In tal senso la formazione come processo verte sull’insieme relazionale specifico in cui ha luogo l’evento formativo con il coinvolgimento del tutor, agente del processo educativo, e dello studente, agente del suo apprendimento. La complessità risiede nella particolare situazione di sfida del ruolo del tutor che va a minare i tradizionali rapporti docente-discente; la sua natura è essere facilitatore e ciò comporta una perdita di potere e di controllo perché, come afferma Javis : “Il facilitatore assiste l’apprendimento degli allievi fino a provvedere a creare l’ambiente in cui avviene questo apprendimento ma non detta mai i risultati dell’esperienza”9. Questi, infatti, sono patrimonio e particolarità dello studente quando si realizzano come presupposti fondamentali: 1. il manifestarsi del bisogno di conoscere, inteso come esigenza di sapere il perché occorre apprendere qualcosa prima di intraprendere l’apprendimento; IPASVI 2. la disponibilità ad apprendere; 3. il riconoscimento del ruolo dell’esperienza che assicura una vasta gamma di differenze individuali e che deve essere continuamente valorizzata e rielaborata10. Ciò riconferma la posizione specifica dei soggetti coinvolti nella formazione e il rilievo che concetti come responsabilità e negoziazione assumono in qualità di strategie per promuovere le effettive condizioni di un apprendimento significativo e duraturo. La negoziazione e il contesto formativo richiedono elasticità nelle scelte educative e il riconoscimento che l’individuo possa essere sostenuto nell’utilizzare diversificate vie d’apprendimento come risorsa nelle difformi situazioni. In tal senso l’intervento educativo del tutor non si fonda sulla teoria dell’insegnamento di percorsi predefiniti, ma è attento all’individuo e alle sue specifiche esigenze, attraverso un’azione di sostegno finalizzata a garantire un percorso che ha come obiettivo arrivare alla capacità del soggetto in formazione di autogestirsi11. Il tutor, secondo numerosi autori, è facilitatore dell’apprendimento e l’efficacia dei suoi interventi si realizza quando e se lo studente è inserito nei percorsi “dell’imparare ad imparare” che gli saranno necessari per fabbricare, continuamente, i modi di comunicare e gli stili comportamentali per realizzare una identità relazionale. 22 UNA CONCLUSIONE … che è in divenire Nel definire il ruolo di un tutor e nel tentativo di circoscrivere la figura è necessario investigare ed analizzare le pratiche educative nelle quali IPASVI è coinvolto sia qualità di conduttore di gruppi di studenti, sia in rapporto di reciprocità formativa con il singolo studente. L’attività di tutoring è finalizzata: • a far transitare conoscenze e abilità dall’aula al mondo reale; • a favorire la costruzione di sapere a partire dall’esperienza, trasferendo le conoscenze dal mondo reale all’aula, come avviene tipicamente nei tirocini. È il tutor ad avere la responsabilità della congiunzione tra teoria e pratica: ruolo basilare, in tal senso, è esercitato dall’attivazione della riflessione che rappresenta la funzione cruciale di questo formatore nei processi di apprendimento dall’esperienza13. Il tutor, guidando lo studente attraverso la riflessione, lo aiuta a sviluppare capacità di ragionamento e abilità di pensiero critico da utilizzare nel futuro esercizio professionale che, come afferma Schon, è caratterizzato da “complessità, instabilità, incertezza, unicità e dalla presenza di conflitti di valore”13. La figura infermieristica conferma, dunque, la sua professionalità svolgendo funzioni tecniche, relazionali ed educative; “declinando” i tre vocaboli non si può far altro che sostenere, con vigore e senso di responsabilità, l’opportunità di svolgere le attività solidamente strutturate al tutorato. Il “buon tutor” si mette in luce per saper facilitare/saper accompagnare il discente verso l’indipendenza, rinunciando alla tentazione di “fare un altro a partire da sé”, come specchio che gli restituisca la propria immagine, per meglio dire secondo il mito di Pigmalione. Sembra lecito affermare che il tutor è capace IPASVI di “declinare” l’articolo 20 del codice deontologico (2009): se è vero che “l’infermiere ascolta, informa, coinvolge l’assistito e valuta con lui i bisogni assistenziali, . . . e facilitarlo nell’esprimere le proprie scelte” può essere altrettanto vero, etico e deontologico che l’infermiere facilitatore debba ascoltare, informare e coinvolgere lo studente di infermieristica, affinché quest’ultimo comprenda e valuti i suoi bisogni di formazione e sia facilitato ad esprimere le proprie scelte individuali nella molteplicità delle espressioni professionali. BIBLIOGRAFIA 1. Scandella O. Tutorship e apprendimento. Nuove competenze dei docenti nella scuola che cambia. Firenze: La Nuova Italia, 1995. 2. Rogers Carl R. Libertà nell’apprendimento. Firenze: Giunti Barbera, 1981. 3. Formenti L., Gamelli I., 1998, Quella volta che ho imparato. La conoscenza di sé nei luoghi dell’educazione. Cortina, Milano, pag. 49 4. Sarchielli G. il tirocinio professionale nei processi di socializzazione al lavoro, in AA.VV. Il tirocinio. Milano: Franco Angeli, 1990. 5. Nucchi M. Il “Tutor”: chi è, cosa fa?. Prof Inferm, 1997; 50(1):21-4. 6. Nucchi M. una figura nuova e antica : il Tutor. Infermiere a Pavia 2005; 1: 3-6. 7. Knowles M. Dalla pedagogia alla andragogia, in AA.VV. Professione formazione. (13a ed.) Milano: Franco Angeli, 2003. 16 IPASVI avis: “Il facilitatore assiste l’apprendimento degli allievi fino a provvedere a creare l’ambiente in cui avviene questo apprendimento ma non detta mai i risultati dell’esperienza 8. Ferrario M. Modelli di formazione nel rapporto formatore-utente, in AA.VV. Professione formazione. (13a ed.) Milano: Franco Angeli, 2003. 9. Binetti P, De Marinis MG, Matarese M, Tartaglini D. La formazione del tutore clinico: l’esperienza del III corso di perfezionamento presso l’Università Campus Biomedico, Professioni Infermieristiche 1999, 52(2): 84-90. 10. Glen S, Wilkie K. Apprendimento basato sui problemi. Milano: CEA, 2003. 11. Colombo A, Gandini T, Garrino L, Gioia A, Malinverno E, Rodriguez D. Dalla prassi alla teoria per l’infermiere. Torino: CSE, 2003. 12. Schon DA. Il professionista riflessivo. Bari: Dedalo,1993. 13. Zannini L. La tutorship nella formazione degli adulti. Uno sguardo pedagogico. Milano: Guerrini Scientifica, 2005. IPASVI IPASVI Istituito l’albo dei CTU Infermieri I l Tribunale di Taranto, tra i primi in Italia, ha quest’anno istituito l’albo dei CTU infermieri, ovvero Consulenti Tecnici d’Ufficio infermieri, che dovrebbero a breve essere nominati per diventare un’appendice del giudice in quanto preposti ad esprimere parere tecnico in controversie che vedano coinvolti infermieri o casi infermieristici(art 191 “Nomina del consulente tecnico”). Una novità senza dubbio di rilievo per “una nuova lettura” della professione, approdata nei Tribunali anche con l’infermiere forense. Il cammino della nostra professione, negli ultimi 20 anni, ha avuto una evoluzione rapida che non ha eguali nelle altre professioni. Le leggi susseguitesi( L. 42/99, L.251/00, L. 43/06) hanno scandito bene il percorso e delineato altrettanto bene il ruolo del professionista infermiere, nonché le sue responsabilità precise. Il percorso, così anche le scienze infermieristiche, è Dott. Nicola Zicari Infermiere S.O. Chirurgia Vascolare “SS. Annunziata”-Ta CODICE DI PROCEDURA CIVILE Art. 61. - Consulente tecnico. Quando è necessario, il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica. La scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice. Art. 62. - Attività del consulente. Il consulente compie le indagini che gli sono commesse dal giudice e fornisce, in udienza e in camera di consiglio, i chiarimenti che il giudice gli richiede a norma degli articoli 194 e seguenti, e degli articoli 441 e 463. Art. 63. - Obbligo di assumere l’incarico e ricusazione del consulente. Il consulente scelto tra gli iscritti in un albo ha l’obbligo di prestare il suo ufficio, tranne che il giudice riconosca che ricorre un giusto motivo di astensione. Il consulente può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell’art.51. Della ricusazione del consulente conosce il giudice che l’ha nominato. Art. 64. - Responsabilità del consulente. Si applicano al consulente le disposizioni del codice penale relative ai periti. In ogni caso, il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a € 10329. Si applica l’articolo 35 del codice penale. Egli è inoltre tenuto al risarcimento dei danni causati alle parti. Art. 191. - Nomina del consulente tecnico. Nei casi di cui agli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con l’ordinanza prevista nell’articolo 187, ultimo comma, o con altra successiva, nomina un consulente tecnico e fissa l’udienza nella quale questi deve comparire. Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quando la legge espressamente lo dispone. IPASVI “in fieri”, ovvero in continuo divenire e noi tutti siamo impegnati a scoprire i nuovi orizzonti della professione. Uno di questi è, appunto, quello che concerne il ruolo dell’infermiere come CTU o perito di parte all’ interno dei Tribunali. E’ per ciò che il Consiglio direttivo del nostro Collegio ha avvertito l’esigenza di dare agli iscritti questa possibilità e gli strumenti atti al nuovo, appassionante percorso, procedendo alla costituzione, in primis, di un Comitato Scientifico, individuando successivamente il “ partner formatore”, una società che opera nel campo della formazione, specializzata nel campo forense. A questa è stato chiesto un pacchetto formativo in grado di garantire la preparazione per l’esercizio, di fatto, di CTU. Di seguito la proposta è stata presentata agli iscritti, riscontrando un grande entusiasmo per la novità e la nuova opportunità. Il primo Corso, appena terminato, è stato aperto a tutti gli iscritti; si è sviluppato nell’arco di 10 lezioni tenuti da avvocati nonché da un pubblico ministero; si è concluso con il rilascio di un attestato. Il 18 IPASVI Art. 192. - Astensione e ricusazione del consulente. L’ordinanza è notificata al consulente tecnico a cura del cancelliere, con invito a comparire all’udienza fissata dal giudice. Il consulente che non ritiene di accettare l’incarico o quello che, obbligato a prestare il suo ufficio, intende astenersi, deve farne denuncia o istanza al giudice che l’ha nominato almeno tre giorni prima dell’udienza di comparizione; nello stesso termine le parti debbono proporre le loro istanze di ricusazione, depositando nella cancelleria ricorso al giudice istruttore. Questi provvede con ordinanza non impugnabile. Art. 193. - Giuramento del consulente. All’udienza di comparizione il giudice istruttore ricorda al consulente l’importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere al giudice la verità. Art. 194. - Attività del consulente. Il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all’articolo 62, da sé solo o insieme col giudice secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi. Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze. Art. 195. - Processo verbale e relazione. Delle indagini del consulente si forma processo verbale, quando sono compiute con l’intervento del giudice istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga relazione scritta. Se le indagini sono compiute senza l’intervento del giudice, il consulente deve darne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti. La relazione deve essere depositata in cancelleria nel termine che il giudice fissa. Art. 196. - Rinnovazione delle indagini e sostituzione del consulente. Il giudice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente tecnico. IPASVI conseguimento di questo, è da notare, è stato per tutti solo un punto di partenza, perché non prelude all’automatica iscrizione all’albo dei CTU, significa che d’ora in poi ogni collega potrà mettere in campo tutta la professionalità e competenza al servizio della giustizia(Art. 194. - Attività del consulente..) Compito non certo da poco, tenuto conto della ricaduta che potrà avere sulla nostra professione, sia in termini positivi che negativi. A gratificarci è che il Tribunale ha compreso chi è davvero l’infermiere del 2009, istituendo l’albo dei CTU. Anzi, da contatti tra la presidente del nostro C.D. IPASVI, Benedetta Mattiacci, ed il presidente del Tribunale, dott. Antonio Morelli, è emersa la richiesta, formalizzata con lettera ufficiale, dell’apertura presso il Tribunale di un ambulatorio infermieristico di primo soccorso. Gli infermieri, quindi, a livello di immagine, cominciano a raccogliere i frutti di quanto seminato negli anni passati. Ma il cammino è ancora lungo ed irto di ostacoli. IPASVI Art. 197. - Assistenza all’udienza e audizione in camera di consiglio. Quando lo ritiene opportuno il presidente invita il consulente tecnico ad assistere alla discussione davanti al collegio e ad esprimere il suo parere in camera di consiglio in presenza delle parti, le quali possono chiarire e svolgere le loro ragioni per mezzo dei difensori. Art. 198. - Esame contabile. Quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, il giudice istruttore può darne incarico al consulente tecnico, affidandogli il compito di tentare la conciliazione delle parti. Il consulente sente le parti e, previo consenso di tutte, può esaminare documenti e registri non prodotti in causa. Di essi tuttavia, senza il consenso di tutte le parti, non può fare menzione nei processi verbali o nella relazione di cui all’articolo 195. Art. 199. - Processo verbale di conciliazione. Se le parti si conciliano, si redige processo verbale della conciliazione, che è sottoscritto dalle parti e dal consulente tecnico e inserito nel fascicolo d’ufficio. Il giudice istruttore attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale. Art. 200. - Mancata conciliazione. Se la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore. Le dichiarazioni delle parti, riportate dal consulente nella relazione, possono essere valutate dal giudice a norma dell’articolo 116 secondo comma. Art. 201. - Consulente tecnico di parte. Il giudice istruttore, con l’ordinanza di nomina del consulente, assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico. Il consulente della parte, oltre ad assistere a norma dell’articolo 194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa all’udienza e alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del giudice, per chiarire e svolgere, con l’autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche. La consulenza infedele è punita dagli artt. 380, 381 e 383 del codice penale. IPASVI IPASVI DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE E TRANSITORIE DEL CODICE DI PROCEDURA CIVILE Art. 13. - Albo dei consulenti tecnici. Presso ogni tribunale è costituito un albo dei consulenti tecnici. L’albo è diviso in categorie. Debbono essere sempre comprese nell’albo le categorie: 1) medico-chirurgica; 2) industriale; 3) commerciale; 4) agricola; 5) bancaria; 6) assicurativa. Art. 14. - Formazione dell’albo. L’albo è tenuto dal presidente del tribunale ed è formato da un comitato da lui presieduto e composto dal procuratore della Repubblica e da un professionista, iscritto nell’albo professionale, designato dal consiglio dell’ordine o dal collegio della categoria a cui appartiene il richiedente la iscrizione nell’albo dei consulenti tecnici. Il consiglio predetto ha la facoltà di designare, quando lo ritenga opportuno, un professionista iscritto nell’albo di altro ordine o collegio, previa comunicazione al consiglio che tiene l’albo a cui appartiene il professionista stesso. Quando trattasi di domande presentate da periti estimatori, la designazione è fatta dalla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Le funzioni di segretario del comitato sono esercitate dal cancelliere del tribunale. Art. 15. - Iscrizione nell’albo. Possono ottenere l’iscrizione nell’albo coloro che sono forniti di speciale competenza tecnica in una determinata materia, sono di condotta morale specchiata e sono iscritti nelle rispettive associazioni professionali. Nessuno può essere iscritto in più di un albo. Sulle domande di iscrizione decide il comitato indicato nell’articolo precedente. Contro il provvedimento del comitato è ammesso reclamo, entro quindici giorni dalla notificazione, al comitato previsto nell’art. 5. Art. 19. - Disciplina. La vigilanza sui consulenti tecnici è esercitata dal presidente del tribunale, il quale, d’ufficio o su istanza del procuratore della Repubblica o del presidente dell’associazione professionale, può promuovere procedimento disciplinare contro i consulenti che non hanno tenuto una condotta morale specchiata e non hanno ottemperato agli obblighi derivanti dagli incarichi ricevuti. Per il giudizio disciplinare è competente il comitato indicato nell’art. 14. Art. 20. - Sanzioni disciplinari. Ai consulenti che non hanno osservato i doveri indicati nell’articolo precedente possono essere inflitte le seguenti sanzioni disciplinari: 1) l’avvertimento; 2) la sospensione dall’albo per un tempo non superiore ad un anno; 3) la cancellazione dall’albo 20 IPASVI IPASVI Art. 21. - Procedimento disciplinare. Prima di promuovere il procedimento disciplinare, il presidente del tribunale contesta l’addebito al consulente e ne raccoglie la risposta scritta. Il presidente, se dopo la contestazione ritiene di dover continuare il procedimento, fa invitare il consulente con biglietto di cancelleria, davanti al comitato disciplinare. Il comitato decide sentito il consulente. Contro il provvedimento è ammesso reclamo a norma dell’art. 15 ultimo comma. Art. 22. - Distribuzione degli incarichi. Tutti i giudici che hanno sede nella circoscrizione del tribunale debbono affidare normalmente le funzioni di consulente tecnico agli iscritti nell’albo del tribunale medesimo. Il giudice istruttore che conferisce un incarico ad un consulente tecnico iscritto in albo di altro tribunale o a persona non iscritta in alcun albo, deve sentire il presidente e indicare nel provvedimento i motivi della scelta. Le funzioni di consulente presso la corte d’appello sono normalmente affidate agli iscritti negli albi dei tribunali del distretto. Se l’incarico è conferito ad iscritti in altri albi o a persone non iscritte in alcun albo, deve essere sentito il primo presidente e debbono essere indicati nel provvedimento i motivi della scelta. Art. 23. - Vigilanza sulla distribuzione degli incarichi Il presidente del tribunale vigila affinché senza danno per l’amministrazione della giustizia, gli incarichi siano equamente distribuiti tra gli iscritti nell’albo. Per l’attuazione di tale vigilanza il presidente fa tenere dal cancelliere un registro in cui debbono essere annotati tutti gli incarichi che i consulenti iscritti ricevono e i compensi liquidati da ciascun giudice. Questi deve dare notizia degli incarichi dati e dei compensi liquidati al presidente del tribunale presso il quale il consulente è iscritto. Il presidente della corte di appello esercita la vigilanza prevista nel primo comma per gli incarichi che vengono affidati dalla corte. Art. 90. - Indagini del consulente senza la presenza del giudice. Il consulente tecnico che, a norma dell’articolo 194 del codice, è autorizzato a compiere indagini senza che sia presente il giudice, deve dare comunicazione alle parti del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni, con dichiarazione inserita nel processo verbale d’udienza o con biglietto a mezzo del cancelliere. Il consulente non può ricevere altri scritti defensionali oltre quelli contenenti le osservazioni e le istanze di parte consentite dall’articolo 194 del codice. In ogni caso deve essere comunicata alle parti avverse copia degli scritti defensionali. Art. 91. - Comunicazioni ai consulenti di parte. Nella dichiarazione di cui all’articolo 201 primo comma del codice deve essere indicato il domicilio o il recapito del consulente della parte. Il cancelliere deve dare comunicazione al consulente tecnico di parte, regolarmente nominato, delle indagini predisposte dal consulente d’ufficio, perché possa assistere a norma degli articoli 194 e 201 del codice. Art. 92. - Questioni sorte durante le indagini del consulente. Se, durante le indagini che il consulente tecnico compie da sé solo (C.p.c. 194) sorgono questioni sui suoi poteri o sui limiti dell’incarico conferitogli, il consulente deve informare il giudice, salvo che la parte interessata vi provveda con ricorso. Il ricorso della parte non sospende le indagini del consulente. Il giudice, sentite le parti, dà i provvedimenti opportuni. IPASVI IPASVI La Movimentazione Centrata sulla Persona (MCP): storia e risultati di un modello infermieristico Massimo Ragonesi: Presidente e Direttore Scientifico Ass. Igiea AS Coord. Area Tecnica della Prevenzione - Risk Management ASL Viterbo; Alessandro Perrone: Responsabile Area Ricerca Ass. Igiea - Coord. Inf.co UTIR Osp. S. Pietro Fatebenefratelli, Roma. Premessa L’Associazione IGIEA nasce nel 1995 con l’obiettivo di svolgere attività di ricerca nell’ambito della sicurezza sul lavoro nelle organizzazioni sanitarie. Nel 1998 ha avviato una sistematica analisi del decreto legislativo 626 del 1994 e dei documenti ad esso correlati (linee guida per l’applicazione del DL 626, indice MAPO, etc.), partendo dall’assunto che “la realtà per essere osservata e valutata, deve essere letta attraverso un modello concettuale” (15) e che la classificazione delle organizzazioni del lavoro distingue tra quelle manifatturiere, destinate alla produzione di prodotti, e quelle destinate alla produzione di servizi all’interno delle quali si collocano le organizzazioni sanitarie che erogano servizi alla persona. Sulla base dell’analisi condotta (18) ha elaborato un nuovo ed originale modello di movimentazione del paziente denominato “Movimentazione Centrata sulla Persona” (MCP) che ha ottenuto nel 2008 il riconoscimento di buona pratica da IPASVI e Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, inserendolo nel call 2008 dell’osservatorio buone pratiche per la sicurezza dei pazienti. Analisi del problema Le affezioni cronico–degenerative della colonna vertebrale sono, assai di frequente, riscontrabili presso le più disparate collettività lavorative dell’industria, dell’agricoltura e del terziario; nell’ambito delle professioni sanitarie assumono particolare rilievo tra gli addetti alla mobilizzazione dei pazienti. Sotto il profilo dei costi economici e sociali, indotti in termini di assenze per malattia, cure, spostamenti di mansione ed invalidità, le lombalgie rappresentano uno dei principali problemi per chi si occupa degli aspetti sanitari nel mondo del lavoro. Da studi di Magora (1970), ancora oggi tra i più citati sull’argomento, risulta che gli infermieri presentano la prevalenza più elevata di lombalgia tra le varie categorie professionali. L’autore ha, infatti, esaminato la relazione fra lombalgia e professione in un vasto campione di addetti a differenti settori lavorativi considerati a rischio. Nell’elaborazione dei dati, effettuata con tassi grezzi, riportati nello studio, veniva messa in rilievo fra gli infermieri una prevalenza pari al 16,8% del totale del personale esaminato. Il dato risultava inferiore unicamente a quello relativo ai lavoratori occupati nell’industria tessile e della carta (21,6%). La prevalenza della lombalgia, registrata tra gli infermieri, ha assunto dimensioni maggiori in seguito all’elaborazione statistica effettuata da Colombini e Occhipinti (8), i quali, dopo la 22 IPASVI IPASVI standardizzazione dei dati grezzi dello studio di Magora, hanno dimostrato che gli infermieri presentavano il tasso più elevato, precedendo addirittura gli addetti dell’industria pesante. Sempre dalla ricerca di Magora vengono fornite importanti informazioni circa le modalità di comparsa della lombalgia degli infermieri: il sintomo compare nel 46% dei casi prima dei 30 anni di età, nel 49,5% nei primi 3 anni di lavoro ed è equamente ripartito tra un esordio improvviso (45% dei casi) e un esordio subdolo (49,5% dei casi). Nel settore ospedaliero, pur non sottovalutando la movimentazione di carichi generici, bisogna considerare che tale attività è svolta dal personale sanitario (caposala, infermieri, OTA, fisioterapisti) prevalentemente nei confronti del paziente. Tra le unità operative a maggior rischio vanno menzionati in particolare la geriatria, la rianimazione, la riabilitazione, il pronto soccorso, l’ortopedia e la neurologia (1,2). Motivo dello studio A distanza di oltre un decennio dal recepimento delle direttive europee in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, osservando i pochi dati italiani disponibili, appare evidente che in molte realtà si verifica un aumento degli infortuni e delle assenze per malattia e, contestualmente, si osserva la comparsa di nuove sedi delle lesioni da sforzo. Al contrario, in Inghilterra, si rileva la riduzione degli infortuni (azzerati in alcuni ospedali) e la riduzione delle assenze per malattia fino all’80% (20,21). Alla luce degli studi effettuati da Igiea, la situazione Italiana sembra legata all’adozione del modello concettuale Bio Meccanico attraverso il quale si effettua la lettura e decodifica della realtà lavorativa in ambito sanitario (valutazione dei rischi) e si definiscono le strategie prevenzionistiche da adottare. Quest’ultime, parallelamente a quanto avvenuto nell’industria, appaiono orientate alla meccanizzazione (ausili meccanici come elementi per l’eliminazione del rischio alla fonte) ed alla standardizzazione delle attività assistenziali (tecniche di movimentazione manuale dei pazienti). Questo approccio, parafrasando C. Rogers (20), è stato definito in Igiea come della “movimentazione centrata sull’operatore” (MCO). A partire dal 1998, l’associazione IGIEA ha sviluppato il modello professionale, definito “movimentazione centrata sulla Persona/paziente”. In questa interpretazione, sostenuta da un modello concettuale dell’assistenza, le relazioni dinamiche tra infermiere, paziente, gruppo famigliare, ambiente di lavoro e di cura, ambiente sociale assumono il rango di fattori di rischio, in quanto capaci generare domanda di Movimentazione Manuale dei Pazienti (MMP) (12,13). L’esperienza sperimentale ha dimostrato che è possibile l’eliminazione dei fattori ostacolanti l’autonomia del Paziente, sia a livello ambientale, organizzativo che relazionale e l’utilizzo di ausili per l’autonomia consente di eliminare o ridurre efficacemente la domanda di MMP. Ciò dimostra il valore aggiunto di un intervento assistenziale personalizzato, capace di trasformare l’oggetto della movimentazione in soggetto pro-attivo e gestore della tutela della propria salute nella lotta alle patologie da Movimentazione Manuale dei Carichi (MMC) correlate (3). Il nuovo modello formativo, elaborato da Igiea a partire dal 1996, si basa su un approccio olistico (bio-psico-sociale), coerente con la normativa professionale, i diritti del malato e la metodologia del Nursing. Questo nuovo modello determina, di fatto, il passaggio dalla movimentazione centrata sull’operatore alla movimentazione centrata sulla persona. L’esperienza sperimentale, che a tutt’oggi ha coinvolto un campione di 650 pazienti e 3300 osservazioni, (i primi risultati sono stati presentati a Roma il 23 giugno 2008 (http://www.ispesl.it/informazione/eventi/2008mmcslsancamillo.pdf.), ha permesso di dimostrare è possibile ridurre la domanda di movimentazione dei pazienti perseguendo IPASVI IPASVI l’eliminazione dei fattori ostacolanti l’autonomia del malato a livello del malato stesso (deficit di forza/conoscenze/motivazioni), dell’ambiente terapeutico, dell’organizzazione. Ipotesi e disegno di ricerca L’ipotesi di ricerca parte dal modello teorico di D. Orem (17), che definisce la persona, sana o malata, come soggetto di cure attivo nella determinazione del proprio stato di salute e parte integrante delle risorse utili per il raggiungimento degli obiettivi assistenziali; ciò richiede all’infermiere il possesso di capacità valutative, progettuali e di formulazione degli obiettivi, oltre a competenze relazionali/educative elevate. Per questo ultimo aspetto è fondamentale il riferimento alla teoria di D. Goleman (10), il quale identifica un ambiente lavorativo ideale quello che tiene conto sia degli aspetti strutturali che interpersonali, in termini di presa di decisioni e di obiettivi condivisi. Gli strumenti utilizzati nello studio sono stati identificati tra quelli comunemente validati a livello scientifico, mentre altri sono stati appositamente creati e validati attraverso uno studio pilota (14,24). La scelta di realizzare strumenti dedicati è stata fatta in quanto non sono stati reperiti, attraverso una accurata ricerca bibliografica, strumenti che permettessero di applicare la metodologia dello studio (5). Gli obiettivi formativi del modello della MCP sono: a) far acquisire conoscenze teoriche e aggiornamenti in tema di movimentazione centrata sulla Persona secondo il modello Bio Psico Sociale della salute OMS b) far acquisire abilità manuali, tecniche o pratiche in tema di valutazione dell’interazione dinamica persona/ambiente/infermiere e valutazione dello sforzo fisico percepito; c) far migliorare le capacità relazionali e comunicative in tema di personalizzazione dell’assistenza infermieristica. La modalità formativa utilizzata si basa sui seguenti concetti fondamentali: • • • • • • • 24 un modello concettuale di riferimento: il modello di D. Orem, nel quale è espresso molto chiaramente il ruolo dell’assistenza, del professionista infermiere e le esigenze/bisogni del paziente, permette la condivisione di obiettivi assistenziali realmente raggiungibili in quanto secondari ad una accurata analisi delle risorse residue del paziente e ad una pianificazione ad hoc degli interventi; trasformare una prestazione in un processo: il processo innescato (processo di nursing) (16) cambia completamente il significato della movimentazione; si attribuisce ad una semplice attività/prestazione, da attuarsi in situazioni potenzialmente standardizzate (24), un significato completamente diverso, trasformandola in attività assistenziale (24) e riabilitativa; l’attività laboratoriale, attuata sia in aula che durante il periodo di raccolta dati nelle diverse unità operative, attivando un processo di learning organization, crea una condizione di continuità tra l’evento formativo e la pratica; la modalità formativa (11) attuata ha come obiettivo principale non quello di trasmettere contenuti nuovi o conoscenze innovative, ma quello di organizzare le conoscenze già presenti nel core formativo del professionista infermiere e, insieme con una rilevante parte esperenziale, creare nuove modalità di approccio al problema. IPASVI IPASVI Gli strumenti utilizzati: Fatta eccezione per i primi due strumenti, validati a livello internazionale, gli altri sono stati realizzati da Igiea e validati in occasione delle attività di ricerca condotte in collaborazione con l’ISPESL e gli altri partner nel periodo 2000-2008. 1. scala di Borg: permette di rilevare lo sforzo fisico percepito da un soggetto; è uno strumento di diagnosi medica definito “da campo” per la sua versatilità che viene comunemente utilizzato nelle prove cardiologiche da sforzo. Gode di una validità strumentale attraverso il confronto tra sforzo fisico percepito e risultati elettromiografici; 2. indice di Braden: è un indice utilizzato nell’assistenza infermieristica per determinare il livello di rischio, che presenta un paziente, di sviluppare lesioni da pressione; comprende 6 variabili e, nello studio presente, è stata considerata esclusivamente la variabile mobilità, in quanto era necessario utilizzare un criterio, per definire il livello di autosufficienza del paziente, che fosse di semplice comprensione e che permettesse di differenziare il livello di autosufficienza su più variabili rispetto al criterio dicotomico non collaborante-parzialmente collaborante adottato dall’indice MAPO; 3. la scheda dell’interazione dinamica persona-ambiente-infermiere: (5) scheda viene utilizzata durante la formazione d’aula per leggere e decodificare la relazione tra gli elementi in gioco (7); 4. la griglia per la valutazione dell’impegno dell’operatore durante la MMM - gruppo A: utilizzata con la scala di Borg, permette di rilevare lo sforzo fisico percepito dall’operatore per ogni singola fase di attività di movimentazione predefinite (spostamento letto-sedia e spostamento sul letto da laterale a controlaterale) e monitorare eventuali variazioni nel tempo; 5. la griglia per la valutazione dell’impegno dell’operatore durante la MMM - gruppo B: permette: • la rilevazione dello sforzo fisico percepito dall’operatore in ogni singola fase di attività di movimentazione predefinita (spostamento letto-sedia e spostamento sul letto da laterale a controlaterale); • di identificare il tipo di intervento assistenziale effettuato secondo i criteri espressi dal modello di D. Orem (intervento in sostituzione di forza, in integrazione di forza, in educazione o nessun intervento); • la rilevazione dei fattori ostacolanti l’autonomia della persona in riferimento alle osservazioni possibili con l’utilizzo delle schede dell’interazione dinamica persona-ambiente-infermiere; • il monitoraggio della situazione osservata nel tempo. Il nuovo percorso formativo Igiea (9) si realizza in due fasi e, abbandonando la logica dell’addestramento in quanto considerata adeguata la formazione di lavoratori di ruolo esecutivo, utilizza la metodologia di tipo laboratoriale. La prima fase del percorso affronta l’aspetto ergonomico nella movimentazione dei pazienti con il recupero dei saperi legati alla formazione tradizionale e la loro riorganizzazione attraverso l’utilizzo di appositi strumenti cartacei. La seconda fase introduce nuovi concetti di tipo teorico e metodologico della disciplina infermieristica che, applicati attraverso le attività laboratori ali, permette di valorizzare e condividere i saperi e le esperienze individuali e di gruppo. Al termine di ogni fare formativa è previsto un periodo di sperimentazione sul campo ed una verifica finale. IPASVI IPASVI Analisi dei risultati (dati elaborati da ISPESL) La validità del modello Igiea è stata verificata attraverso il confronto sul campo tra i modelli della “movimentazione centrata sull’operatore” (MCO) e la “movimentazione centrata sulla persona” (MCP). Sono stati utilizzati alcuni indicatori di sintesi delle valutazioni sullo sforzo fisico espresse dagli infermieri che hanno partecipato alla sperimentazione. La verifica della riduzione dello sforzo da parte dell’operatore è stata condotta per l’attività di “spostamenti nel letto” dalla posizione laterale a controlaterale (tabella 1) e per l’attività di “spostamenti dal letto alla sedia/carrozzina” (tabella 4). Tab. 1 L’assistenza al malato negli spostamenti nel letto dalla posizione laterale a controlaterale consiste nelle seguenti 3 fasi: a) da laterale a supino-lato letto; b) da supino-lato letto a supino-lato letto opposto; c)da supino-lato letto opposto a controlaterale. La misurazione dello sforzo fisico per tale movimentazione è stata effettuata su due distinti gruppi di degenti, il gruppo chiamato 3A seguito da infermieri formati secondo l’approccio MCO ed il gruppo 3B (Tab. 2) seguito dagli stessi infermieri dopo che erano formati secondo i canoni della MCP. Tab. 2 Gruppo Intervento 3A Gruppo Intervento 3B 4,0 4,0 3,5 3,5 3,0 3,0 2,5 A 2,5 A 2,0 B 2,0 B 1,5 C 1,5 C 1,0 1,0 0,5 0,5 0,0 0,0 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 Per i due gruppi sono state inizialmente analizzate le caratteristiche descrittive di età, sesso e classe di dipendenza Braden (voce mobilità). Il gruppo 3A, composto da 141 degenti di cui il 36% donne, ha riportato un’età media di 74,4 anni con deviazione standard (descrive la variabilità della caratteristica considerata, in questo caso l’età) pari a 12,5; il valor medio dell’indice Braden è risultato pari a 2,9 con deviazione standard pari a 0,7. Il gruppo 3B di 74 degenti, di cui 42% donne, si è presentato con età media di 75,4 anni e deviazione standard pari a 13; l’indice Braden è risultato anche in questo caso pari a 2,9 in media, con deviazione standard pari a 0,6. In sostanza, in base alle caratteristiche descrittive, i due gruppi di degenti risultano omogenei e confrontabili. Nell’arco di cinque successivi interventi di movimentazione è stato dapprima calcolato lo sforzo fisico medio per ognuna delle tre fasi, valutato secondo la scala di Borg, quindi la somma di questi 15 punteggi medi (5 interventi per tre fasi ognuno) ha fornito lo Sforzo fisico totale per il 26 IPASVI IPASVI gruppo di degenti considerato, nel caso del gruppo 3A pari a 48,6 e per il gruppo 3B a 38,8, con una diminuzione percentuale dello sforzo totale pari al 20,3% laddove si è operato secondo l’approccio MCP. Per controllare l’effetto di fattori di confondimento, come ad esempio il peso dei degenti, si è calcolato la differenza percentuale tra i valori dello sforzo medio nel primo e nel quinto intervento. Il risultato mostra come la diminuzione sia molto evidente nel caso dell’approccio MCP, con, quasi, un dimezzamento dello sforzo dopo cinque interventi (-46,9%) sul gruppo di degenti 3B, che non nel caso della dell’approccio MCO, dove per il gruppo di degenti 3A si registra solo un modesto decremento dello sforzo fisico degli infermieri (-7,3%). Tab. 3 L’assistenza al malato negli spostamenti dal letto alla sedia/carrozzina si esplica in 5 fasi: a) sollevamento del busto (da supino a semiseduto); b) gambe fuori dal letto; c) posizione eretta spalle al letto; d) spostamento spalle alla sedia/carrozzina; e) da eretto a seduto sulla sedia/carrozzina. Anche in questo caso sono state effettuate misure dello sforzo fisico per la movimentazione su due distinti gruppi di degenti, il gruppo chiamato 5A seguito da infermieri formati secondo l’approccio MCO ed il gruppo 5B (Tab. 4) seguito dagli stessi infermieri, dopo che erano formati alla MCP. Tab. 4 Gruppo Intervento 5B Gruppo Intervento 5A 4,0 3,5 3,0 2,5 2,0 1,5 1,0 0,5 0,0 A B C D E 1 2 3 4 5 4,0 3,5 3,0 2,5 2,0 1,5 1,0 0,5 0,0 A B C D E 1 2 3 4 5 In termini di età, sesso, e classe di dipendenza Braden (voce mobilità), il gruppo 5A, composto da 103 degenti di cui il 30% donne, ha riportato un’età media di 74,8 anni con deviazione standard pari a 13,3; il valor medio dell’indice Braden è risultato pari a 2,7 con deviazione standard pari a 0,6. Il gruppo 3B di 80 degenti, di cui 38% donne, si è caratterizzato per un’età media di 74,6 anni e deviazione standard pari a 12,5; l’indice Braden ha assunto anche in questo caso il valore medio di 2,7, con deviazione standard pari a 0,6. Ancora una volta i due gruppi di degenti risultano omogenei e confrontabili. Considerati cinque successivi interventi di movimentazione, lo sforzo fisico medio, valutato secondo la scala di Borg per ognuna delle cinque fasi, è stato riassunto nello Sforzo fisico IPASVI IPASVI totale, nel caso del gruppo di degenti 5A è risultato pari a 71,5 e per il gruppo 3B a 59,5, con una diminuzione percentuale dello sforzo totale pari al 16,7% laddove si è operato secondo l’approccio MCP. La differenza percentuale tra i valori dello sforzo medio nel primo e nel quinto intervento ha mostrato anche nell’intervento a cinque fasi un dimezzamento dello sforzo (-49,2%) nel caso dell’approccio MCP, per l’approccio MCO si registra un più modesto decremento dello sforzo fisico degli infermieri (-10,2%). I grafici sotto riportati illustrano i decrementi per ciascuna delle cinque fasi nei due gruppi. I risultati delle analisi condotte sui due gruppi di degenti mostrano con evidenza come la movimentazione centrata sul paziente conduca a un deciso decremento, nell’ambito di successivi interventi, dello sforzo fisico richiesto al personale infermieristico. Viene, così, a ridursi significativamente il rischio residuo per l’operatore (sforzo fisico richiesto nell’esecuzione dell’attività) in conseguenza della riduzione della domanda di movimentazione da parte del malato (cosiddetto rischio alla fonte). I livelli ottenuti di riduzione dello sforzo fisico costituiscono un elemento estremamente positivo e potenzialmente capace di produrre la riduzione del danno per l’operatore, ma sono sicuramente solo una parte dei potenziali risultati. Mancano, infatti, indicazioni quantitative sulla portata delle azioni terapeutiche e relative analisi costi/benefici anche economici. Conclusioni L’esperienza ha dimostrato che: • è possibile ridurre lo sforzo fisico degli infermieri nell’esecuzione di attività di movimentazione del malato, eseguite secondo il modello IGIEA della MCP, mediamente del 39% rispetto al modello bio-meccanico (tecniche di movimentazione standard). • Il miglioramento dell’autonomia ha interessato l’80% circa del campione dei malati osservati e il risultato è legato a un approccio professionale capace di intervenire su 9 fattori di rischio appartenenti a tre nuove categorie identificate dal modello IGIEA e su 2 nuovi fattori di rischio appartenenti alle vecchie categorie. Una ulteriore esperienza di laboratorio, condotta sempre presso l’A.O. S. Camillo-Forlanini, ha mostrato una ulteriore riduzione del 40% dello sforzo fisico percepito dagli infermieri, conseguente l’introduzione di letti elettrici con caratteristiche tecniche definite per l’opportunità di intervenire su altri 4 fattori di rischio appartenenti a 2 delle nuove categorie di fattori di rischio offerta dall’utilizzo dei nuovi strumenti. Lo studio ha, inoltre, permesso di evidenziare che l’attività di movimentazione da “prestazione”, ossia attività che ha alla base uno standard definito, può essere reinterpretata in chiave di processo, consentendo una applicazione più estesa di quanto previsto in materia di responsabilità professionale (Profilo Professionale degli infermieri), utilizzando le competenze acquisite con la formazione di base e permanente, la capacità di analisi e di osservazione, implementata dalle conoscenze necessarie per dare una risposta assistenziale appropriata al paziente basata sulla analisi della situazione, sulla definizione delle risorse e degli obiettivi condivisi con il paziente e sulla valutazione dei risultati (processo di nursing). Risorse necessarie e possibili effetti COSTI L’applicazione del modello IGIEA della “Movimentazione Centrata sulla Persona” MCP si realizza a parità di risorse economiche impiegate per la formazione, secondo il modello 28 IPASVI IPASVI tradizionale (MCO) ai sensi della Legge 81/08 ed è applicabile in situazioni dove non è possibile l’utilizzo dei solleva-pazienti meccanici. BENEFICI Per la sicurezza sui luoghi di lavoro riduzione dei rischi da MMP (dal 39% fino all’80% di riduzione dello sforzo fisico con l’introduzione di ausili per l’autonomia e letti elettrici; sforzo fisico, in molti casi, di livello estremamente basso e non a rischio di lesioni); riduzione, in termini qualitativi e quantitativi, la domanda di movimentazione nell’80% dei malati osservati; riduzione del numero dei certificati con limitazione lavorativa per MMC (35.000 circa in Italia); riduzione del peso delle limitazioni contenute nei certificati di idoneità con prescrizione; Per il paziente: miglioramento della qualità del servizio assistenziale; miglioramento del livello di autonomia dell’80% dei malati osservati; costruzione di misure di barriera verso interventi assistenziali inappropriati e potenzialmente pericolosi per il malato (se sovradimensionati rispetto alle esigenze, possono determinare la progressiva perdita di autonomia del paziente; riduzione del rischio cadute; Per la ricerca (Evidence Based Nursing) (6) Acquisizione e sviluppo di nuove conoscenze e dati utili alla sperimentazione di un modello di valutazione dei rischi da MMP basato sulle evidenze. Per l’azienda sanitaria (4) valorizzazione delle risorse umane; riduzione del contenzioso legato ai risarcimenti per danni al paziente da inappropiatezza delle modalità assistenziali; professionalizzazione delle risorse umane; creazione di comunità di pratica partecipazione attiva del personale miglioramento dell’immagine aziendale Per la professione infermieristica affermazione delle competenze disciplinari infermieristiche e del ruolo degli infermieri in qualità di esperti nella tutela della propria salute e sicurezza nelle attività assistenziali e nella tutela del paziente; ricomposizione del quadro generale delle competenze, specifiche e complementari, necessarie all’applicazione di quanto stabilito dalla legge 81/08 coerentemente con la normativa professionale, deontologica e con il percorso formativo. Sviluppi futuri I dati raccolti durante la sperimentazione, giunta attualmente alla fase multicentrica, hanno permesso di valutare l’efficacia di interventi mirati sui singoli fattori di rischio e superare i primi test del percorso di realizzazione di uno nuovo indice di valutazione dei rischi da MMP, elaborato da Igiea in collaborazione con gli altri partner del progetto di ricerca. IPASVI IPASVI Riferimenti bibliografici 1. Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. (2000) Foglio di informazione “Disturbi dorso-lombari legati all’attività lavorativa”; disponibile nel sito http://agency.osha.eu.int/publications/reports 2. Baldasseroni A., Abrami V., Arcangeli G. et al. Studio longitudinale per la valutazione dell'efficacia di misure preventive in una popolazione di operatori sanitari esposta al rischio di movimentazione manuale di pazienti. G Ital Med Lav Erg 2005; 27:1, 101-105 3. Bordini L et al. 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Lavorare con intelligenza emotiva. Come inventare un nuovo rapporto con il lavoro. BUR 2001 11. ISPESL. (2002) CDS: la formazione utile 12. ISPESL. La promozione della salute nei luoghi di lavoro 13. ISPESL. Linee guida per la valutazione del rischio, applicazione nelle strutture del SSN 14. LoBiondo-Wood G, Haber J. (1997) Metodologia della ricerca infermieristica. McGraw-Hill, Milano. 15. Motta PC. (2001) Linee guida, clinical pathway e procedure per la pratica infermieristica: un inquadramento concettuale e metodologico. Nursing Oggi 4, 27-36. 16. Motta PC. (1998) Il processo di assistenza infermieristica”, in Fumagalli E, Lamboglia E, Magon G, Motta PC. La cartella infermieristica informatizzata. Uno strumento per la pianificazione e la misurazione del carico di lavoro, Torino. 17. Orem D. Nursing: concetti di pratica professionale. Ed. SUMMA. Padova 1992 18. Ragonesi M. (2001) La movimentazione manuale dei malati. Ass. ne Sanitaria Italiana 14. 19. Rogers C. 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Potremo sentirci dire questo, si spera a breve, nelle farmacie italiane, dove è in corso una rivoluzione per quanto riguarda i nuovi servizi sociosanitari contenuti nella legge 69/2009 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile) con la previsione, accettata anche dai farmacisti, di vedere infermieri, liberi professionisti, nelle farmacie appunto, a contatto con il pubblico. Stiamo parlando delle cosiddette «farmacie di comunità». Siamo ancora lontani dalla prescrizione infermieristica, già in vigore in alcuni stati europei come la Spagna e l’Inghilterra, ma è un sicuro passo in avanti verso il superamento di quel gap storico della professione a cui viene ancora impedito di «consigliare» un farmaco se non della specie da banco. (Possibilità, questa, permessa alle case farmaceutiche attraverso la pubblicità, spesso ingannevole, sui IPASVI mezzi di diffusione di massa). Ma veniamo alla novità introdotta dalla recente legge e dalle nuove aperture della lobby dei farmacisti che, contrariamente a quanto si temeva, hanno deciso di ospitare i colleghi infermieri. A dimostrazione di ciò, la potente Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani, la Fofi, ha addirittura proposto la vaccinazione in farmacia con l’impiego della nuova figura sanitaria non medica. «La possibilità di ottenere il vaccino nelle farmacie contribuirebbe - secondo la Fofi - a migliorare notevolmente la copertura vaccinale della popolazione, soprattutto tra i cittadini che, per ragioni di età o per gli impegni lavorativi, hanno difficoltà di spostamento o poco tempo a disposizione». Molti infettivologi, tra l’altro, hanno recentemente ricordato che anche le normali epidemie stagionali comportano un certo numero di decessi, prevalentemente concentrate tra gli anziani. Ed ecco lo sdoganamento dell’infermiere in farmacia: «Per questo la vaccinazione tra le categorie a rischio andrebbe agevolata, con l’inoculazione del vaccino direttamente in farmacia, grazie alla presenza di un infermiere professionale», ha sostenuto il presidente della Federazione, Andrea Mandelli, riallacciandosi, appunto, alla recente approvazione delle deleghe per l’affidamento alle farmacie di nuovi servizi sociosanitari della legge 69/2009. Nello specifico dell’articolo 11, ecco cosa prevede la legge approvata il 18 giugno 2009, 32 IPASVI per i cui decreti attuativi il governo avrà tre mesi di tempo. Art. 11. (Delega al Governo in materia di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell’ambito del Servizio sanitario nazionale nonché disposizioni concernenti i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti) 1. Ferme restando le competenze regionali, il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati all’individuazione di nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria erogati dalle farmacie pubbliche e private nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) assicurare, nel rispetto di quanto previsto dai singoli piani regionali socio-sanitari, la partecipazione delle farmacie al servizio di assistenza domiciliare integrata a favore dei pazienti residenti nel territorio della sede di pertinenza di ciascuna farmacia, a supporto delle attività del medico di medicina generale, anche con l’obiettivo di garantire il corretto utilizzo dei medicinali prescritti e il relativo monitoraggio, al fine di favorire l’aderenza dei malati alle terapie mediche; b) collaborare ai programmi di educazione sanitaria della popolazione realizzati a livello nazionale e regionale, nel rispetto di quanto previsto dai singoli piani regionali socio sanitari; c) realizzare, nel rispetto di quanto previsto dai singoli piani regionali socio-sanitari, campagne di prevenzione delle principali patologie a IPASVI IPASVI gimento delle suddette attività da parte delle farmacie, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; f) rivedere i requisiti di ruralità di cui agli articoli 2 e seguenti della legge 8 marzo 1968, n. 221, al fine di riservare la corresponsione dell’indennità annua di residenza prevista dall’articolo 115 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, in presenza di situazioni di effettivo disagio in relazione alla localizzazione delle farmacie e all’ampiezza del territorio servito. forte impatto sociale, anche effettuando analisi di laboratorio di prima istanza nei limiti e alle condizioni stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, restando in ogni caso esclusa l’attività di prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe; d) consentire, nel rispetto di quanto previsto dai singoli piani regionali socio-sanitari, la prenotazione in farmacia di visite ed esami specialistici presso le strutture pubbliche e private convenzionate, anche prevedendo la possibilità di pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a carico del cittadino e di ritiro del referto in farmacia; e) prevedere forme di remunerazione delle attività di cui al presente comma da parte del Servizio sanitario nazionale entro il limite dell’accertata diminuzione degli oneri derivante, per il medesimo Servizio sanitario nazionale, per le regioni e per gli enti locali, dallo svol- 2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi del presente comma, ciascuno dei quali corredato di relazione tecnica sugli effetti finanziari delle disposizioni in esso contenute, sono trasmessi alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei medesimi schemi di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati. 3. Nel caso in cui ai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti siano richiesti da qualsiasi pubblica amministrazione atti, documenti, provvedimenti, copia degli stessi, dati, rilevazioni statistiche e informazioni che siano o debbano essere già nella disponibilità di altri enti pubblici, gli uffici comunali di riferimento sono tenuti unicamente ad indicare presso quali enti, amministrazioni o uffici siano disponibili gli atti, i dati o le informazioni loro richieste, senza che tale procedura comporti alcuna penalizzazione. IPASVI IPASVI S. C. Cardiologia Stabilimento Moscati: “Certificazione di qualità” U na consapevolezza reale dell’importanza della corretta gestione delle attività cliniche ed organizzative; una volontà consolidata di superare quella autoreferenzialità foriera dei mille e mille danni della Sanità; un impegno continuo e costante nelle risposte all’utenza, alla quale vanno garantite sicurezza, appropriatezza ed efficienza. E’ la filosofia di riferimento dell’ U. O. Cardiologica del presidio “S.G. Moscati”, diretto dal dott. Enzo Lenti, che ha por34 tato alla certificazione ISO 9001, “Certificazione di Qualità”, come risultato di un “Progetto Qualità delle Cardiologie”, promosso dall’ ANMCO, associazione no profit, promotrice della buona prassi clinica nonché della prevenzione delle malattie cardiovascolari attraverso proposte organizzative, educazione professionale e formazione, promozione e conduzione di studi clinici e ricerche. Un “Progetto Qualità” partito nel 2007 in Toscana con la certificazione per 10 Car- IPASVI diologie, nel 2008 approdato in Puglia dove sono state scelte sette Cardiologie tra quelle di maggiore prestigio. Tra le prescelte la Cardiologia del Moscati, alla quale da sempre i pazienti riconoscevano meriti di efficacia ed efficienza, già dal 2003 interessata a studiare con un ente esterno “come stavamo lavorando - afferma il direttore della Struttura- superando quell’autoreferenzialità certo dannosa al paziente ed al processo di assistenza. La ricerca della verifica fatta da figure esterne, competenti, in grado di garantire trasparenza e centralità del paziente nel processo di cura ci risultava, allora, oltremodo interessante”. Ecco, quindi, l’adesione pronta al Progetto, il cui obiettivo è la promozione dell’adeguamento delle strutture ai requisiti ISO 9001 per facilitare la gestione della complessità del rischio clinico e migliorare le condizioni per la misurabilità dei risultati attraverso indicatori di appropriatezza, efficacia, efficienza. Da qui l’ avvio dell’iter per la certificazione del percorso di miglioramento: analisi delle risorse umane e tecnologiche, controllo, verifica, individuazione delle criticità, definizione delle regole ed impostazione delle strategie per il miglioramento. Tanti piccoli passi per un progetto personalizzato, nessuna improvvisazione, anche perché “un simile percorso non può essere improvvisato in realtà che nel loro DNA non hanno il desiderio e la volontà del cambiamento”(dott. Lenti); il coinvolgimento di tutto il personale, motivato per professionalità e capacità, percorso di miglioramento passato attraverso più fasi, che vanno da una iniziale di formazione di tutto il personale ad una “operativa”, di “lavoro”, con la necessità di IPASVI interfacciarsi con tutte le realtà. La fase operativa, tra l’altro, ha previsto: - l’organizzazione di 7 piccoli team, composti da 1 medico e 2 infermieri, finalizzati all’ approfondimento delle patologie più frequenti nell’U.O., allo scopo di trovare eventuali punti deboli per prevenirli o correggerli; - la personalizzazione delle linee guida attraverso l’adozione di protocolli in base al contesto lavorativo; - la Scheda Unica di Terapia (STU), che evidenzia “chi fa e chi segue il paziente”, ovvero porta all’assunzione di responsabilità per medici ed infermieri con la sottoscrizione di qualunque atto( nel cambio di terapia, ad esempio, il medico firma anche la cancellazione; gli infermieri firmano per la somministrazione della terapia). Tanti i “piccoli passi” della generale organizzazione del lavoro, passi che contemplano financo la conservazione delle scorte, sia chiuse che aperte, con l’indicazione su mobili contenitori e frigoriferi dei tempi di scadenza! Per un obiettivo raggiunto un altro da raggiungere: allargare il progetto all’intero ospedale o, almeno, alle aree omogenee per certificare il percorso del paziente all’interno di un intero ospedale. Alla fine, parliamo di un modo “giusto” di lavorare, aldilà del Progetto (gruppo di lavoro costituito dal direttore dott. Lenti, dalla dott. ssa Pascente, dalla coordinatrice Carla Minzera, dagli infermieri Serio-Montesano-Santopietro, con la collaborazione dell’intero organico) accreditato presso il Ministero della Salute, aldilà della certificazione. Un modo giusto che cozza con la chiusura del reparto, prevista nel PAL aziendale! IPASVI IPASVI Progetto di qualità Gli strumenti gestionali in una Terapia Intensiva Cardiologica Ruolo del Coordinatore Infermiere Gerardo Mecca –Infermiere S.C. UTIC CARDIOLOGIA Presidio Osp. “S.S. Annunziata” ASL Taranto Master in Management Infermieristico per le Funzioni di Coordinamento. La qualità dei servizi richiede impegno costante da parte del Coordinatore Infermiere, per ottenere un miglioramento continuo e istituzionalizzato. In un reparto come la Utic ognuno è responsabile della risoluzione dei problemi, ma, soprattutto, deve svolgere una prevenzione sistematica degli stessi. Il miglioramento continuo richiede, in assenza di problemi visibili, una gestione continua del monitoraggio delle esigenze espresse dal paziente, dal personale e dalla mission dell’azienda stessa. Attraverso l’apprendimento di un’adeguata metodologia, applicata ai processi, è possibile quel miglioramento, continuo e sistematico, di cui un’orga- 36 nizzazione ha bisogno per mantenere e migliorare la stessa qualità del servizio. Il coinvolgere il personale nel miglioramento continuo, la prevenzione sistematica dei problemi e la conoscenza dei risultati portano all’acquisizione di nuove competenze specifiche, alla nascita di nuovi stimoli e opportunità professionali. Il Coordinatore Infermiere deve approfondire le principali tematiche del miglioramento: la valutazione dell’organizzazione e la sua modifica nella visione del progetto qualità, la metodologia per la gestione del progetto di cambiamento, la metodologia e i principali strumenti del miglioramento dei processi, le modalità organizzative IPASVI per il miglioramento. Importanti sono i lavori di gruppo su problematiche emergenti nel cambiamento organizzativo dell’ Utic; importante anche l’utilizzo di strumenti e metodologie già affermate. In particolare agendo su: 1. Linee guida EBN / percorsi di presa in carico della persona sotto il profilo infermieristico per la principale patologia cardiaca 2. Implementazione di strumenti quali protocolli e procedure assistenziali 3. Attività di audit assistenziale e gestione degli eventi indesiderati 4. Misure di outcome Un progetto di qualità ha come risultato la sua applicazione e si prefigge i seguenti obiettivi: 1) Qualità nella gestione delle risorse umane 2) Qualità nella gestione della formazione ed aggiornamento continuo 3) Qualità nella vigilanza igienico sanitaria e strutturale 4) Qualità nella ricerca infermieristica I modelli e linee guida operative, per approntare processi di cambiamento reale, per il momento, nella nostra realtà, trovano molta resistenza e paura. “La resistenza al cambiamento deriva dalla paura degli uomini che permane finchè non si diviene esperti”, come scriveva Nicolò Machiavelli. GLI STRUMENTI GESTIONALI IN UNA TERAPIA INTENSIVA CARDIOLOGICA. RUOLO DEL COORDINATORE INFERMIERE Premessa e Quadro di riferimento Attualmente, anche nel settore della sanità, esistono quattro norme tecniche internazionali dette ISO, ed in particolare la UNI-EN-ISO 9001-2000 (detta VISION) unica certificabile, che indica i requisiti per la definizione e certificazione del sistema di gestione della qualità. Essa costituisce il riferimento per l’implementazione di sistemi di gestione della qualità nella organizzazione e consente di erogare prestazioni di qualità nell’ottica di un miglioramento continuo, obbligando la struttura a dimostrare che si è organizzato un sistema di gestione conforme alla norma con un riconoscimento IPASVI pubblico: il certificato. La norma è basata sui processi, cioè l’azienda analizza e identifica i processi interni, definisce la loro sequenza e, soprattutto, i risultati attesi (output) a fronte delle risorse impegnate (input). E’ richiesto il miglioramento continuo che presuppone la raccolta, l’analisi dei dati e la loro verifica ed è importante definire le funzioni e le competenze delle persone, coinvolte nei processi, attraverso le Job Description che specificano “chi fa che cosa”. A tal proposito, è importante parlare di formazione permanente per la crescita personale, culturale e professionale. La formazione, ovviamente, deve valutare l’efficacia, per esempio attraverso test, misure della performance ed interviste. La norma, inoltre, consente un facile allineamento con altri sistemi di gestione come, per esempio, il sistema di gestione ambientale e il sistema di gestione di sicurezza. La norma ISO 9000 indica la qualità come “l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di una entità che conferiscono ad essa la capacità di soddisfare le esigenze espresse o implicite dell’utente”. La caratteristica dei servizi è la loro non materialità, per cui, una volta erogati, non sono più modificabili e occorre prestare attenzione prima della loro erogazione con adeguate procedure, controlli e con la formazione. Il servizio è una attività, una prestazione personalizzata. Nell’erogazione del “bene di merito” più grande che è la salute, il personale è un fattore fondamentale. Esso deve affrontare un percorso universitario lungo, complesso e costoso; sostenere un esame di stato ed essere iscritto in appositi albi, sottostando al codice penale, al codice deontologico ed etico e sottoporsi a riabilitazione per l’esercizio. Inoltre il professionista interpreta le procedure sulla base di proprie conoscenze, esperienza e formazione acquisita. Distinguiamo la qualità erogata che è la visione propria del professionista, la qualità percepita che è quella dell’utente e quella progettata il cui obiettivo è ridurre al minimo la differenze tra la qualità erogata, la qualità percepita e la qualità attesa, in modo da soddisfare sia l’operatore sia l’utente. Questi aspetti della qualità sono dinamici, per questo devono essere continuamente monitorati per gestire e migliorare le prestazio- IPASVI ni. Definendo il processo possiamo dire che “è l’insieme delle attività dirette ed indirette, correlate tra loro, che generano valore per chi le riceve”. Caratteristiche del processo sono: -INPUT -RISORSE -CONTROLLI -OUTPUT Per attuarlo esistono degli step: mappatura, identificazione delle aree critiche, identificazione degli indicatori, misurazione e valutazione. Mappare il processo significa rappresentarlo con simboli grafici riconosciuti a livello internazionale, definendo prima dove inizia e dove finisce. Le aree critiche sono attività che possono essere gestite ed organizzate con modalità differenti, quindi è bene analizzare prima l’area, per 38 IPASVI individuare la modalità operativa ed ottenere la migliore performance. La fase più complessa è identificare i fattori di qualità, che rappresentano i concetti di efficacia ed efficienza. Essi sono: tempestività, accessibilità, fruibilità, appropriatezza, produttività e soddisfazione dell’utente. Per ciascun fattore di qualità si devono trovare uno o più indicatori per una misurazione quantitativa. Dal Ministero della Salute sono stati individuati 53 indicatori, suddivisi per aree: personalizzazione e umanizzazione dell’assistenza 17, diritto all’informazione 8, prestazioni alberghiere 19, aspetti della prevenzione 9. Devono avere le seguenti caratteristiche: attendibilità, significatività, rilevabilità e tempestività. Distinguiamo, inoltre, gli indicatori di struttura che sono riferiti alle risorse, gli indicatori di processo riferiti al comportamento degli operatori e quelli di esito riferiti al risultato. La misura degli indi- IPASVI catori richiede un confronto con uno standard di riferimento, che può essere un livello minimo di accettabilità o un riferimento ottimale oppure un risultato di lavoro: standard di processo, standard di risultato, standard minimo e standard ottimale. Infine la valutazione deve dare un giudizio dei risultati ma anche analizzare il perché del risultato raggiunto e come fare per migliorarlo. Esiste, al fine del miglioramento della qualità dei servizi e la riduzione dei costi, un modello rappresentato dal Ciclo P.D.C.A. ovvero: -Plan Cosa fare? Come farlo? -Do Fare quanto pianificato – Check Si è fatto quanto pianificato? - Act Come migliorare. Il ciclo P.D.C.A. deve essere seguito da un gruppo, coordinato da un responsabile, documentando in tutte le fasi il percorso delle attività svolte. Il legislatore individua con l’accreditamento i livelli minimi di qualità e delle prestazioni. Nel caso della Regione Puglia i requisiti richiesti sono specificati nel Regolamento Regionale. In Italia l’accreditamento ha un significato bivalente: Accreditamento Istituzionale obbligatorio e Accreditamento Professionale volontario. Il Sistema di qualità di una ASL è dato dalla mission e dai principi: eguaglianza, centralità della persona, efficacia ed efficienza dell’organizzazione, modello gestionale innovativo, imparzialità, continuità e diritto di scelta. Esso è implementato con l’ausilio di documentazione specifica e tutto il personale è coinvolto nello sviluppo di tali documenti di servizio. ANALISI DELLE COMPETENZE L’Utic ha come compito generale la prevenzione, diagnosi e cura della malattie cardiovascolari; si occupa dei pazienti che soffrono di cardiopatia ischemica, infarto in fase acuta, angina, scompenso cardiaco e aritmie cardiache avvalendosi di procedure invasive e non; fornendo un servizio specialistico, qualificato ed aggiornato che possa soddisfare le necessità della popolazione, ispirato a principi di qualità nella gestione, nel rispetto del paziente e dei criteri di efficienza, efficacia, imparzialità, continuità e garantendo al personale un aggiorna- IPASVI mento professionale continuo. Le metodiche e le procedure non invasive comprendono: ecg, ecg dinamico delle 24 h, ecocardiografia, prove da sforzo, tilt test, monitoraggio parametri vitali in continuo al letto del paziente e con telemetria. La procedure invasive si svolgono nella sala operatoria di emodinamica interventistica per quanto concerne le patologie di tipo ostruttivo: coronarografia ed angioplastica; mentre nella sala di elettrofisiologia si svolgono le procedure invasive riguardanti i disturbi del ritmo cardiaco: CVE (cardioversione elettrica), impianto PMK definitivo e provvisorio in urgenza, impianto AICD (defibrillatore impiantabile), SEF (studio elettrofisiologico). SPECIFICITA’ DELL’UTIC La Terapia Intensiva deve avere dei requisiti specifici per l’accreditamento; essi sono rappresentati dai requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi. Una analisi sistemica dell’organizzazione consente di mettere in evidenza alcuni fattori e aspetti di essa: Stile di Direzione, Modello organizzativo dichiarato, Variabili Organizzative di Contesto, Strumenti di Gestione Infermieristica in uso, Criticità, Punti di Forza, Azioni e Piano di Miglioramento da intraprendere. Il ruolo del Coordinatore Infermiere è estremamente importante, richiede delle conoscenze e delle competenze tali per cui è necessario un percorso formativo specifico e un aggiornamento continuo. Da qui la necessità di elaborare e mettere in atto protocolli di intervento mirato, i quali hanno il fine di erogare una attività Infermieristica in maniera efficace, efficiente ed omogenea. Uno strumento organizzativo, costruito a questo scopo, è sicuramente la Cartella Infermieristica, che fornisce una integrale documentazione dell’intero processo di assistenza infermieristica, inoltre vi sono elementi specialistici che caratterizzano la professione infermieristica all’interno di un utic di fondamentale importanza per il percorso diagnostico-terapeutico ed assistenziale del paziente: il dolore, l’equilibrio idro-elettrolitico, l’equilibrio acido-base, IPASVI l’elettrocardiografia, il monitoraggio emodinamico, la contropulsazione aortica e, non ultimo, il trattamento dell’arresto cardiaco. OBIETTIVI E PROGRAMMAZIONE DEL COORDINATORE E DEL GRUPPO INFERMIERISTICO IPASVI accertamento, diagnosi, pianificazione, attuazione e valutazione. Il Coordinatore Infermiere è ormai riconosciuto quale professionista della salute e responsabile dell’assistenza generale infermieristica, pertanto risulta indispensabile la ricerca dei modelli organizzativi da applicare alla propria realtà. I sistemi organizzativi sono essenzialmente distinti in due categorie: modelli tecnici e modelli professionali. I primi sono caratterizzati dall’assegnazione dell’operatore delle attività da svolgere e sono ancora oggi usati più frequentemente in Italia. Nei modelli professionali il ruolo del Coordinatore Infermiere è attivo ( la persona non il compito). Alcuni esempi di modelli professionali sono il “team nursing o piccola equipe”, “case management” (gestore del caso), “managed care(assistenza gestita) e “primary nursing”. Nell’ambito della programmazione delle attività come prima cosa è necessario definire con precisione la finalità di un progetto, nell’ottica della qualità orientata al miglioramento continuo. L’impegno, pertanto, è rivolto a: progetto rilevazione degli indici di complessità assistenziale in terapia intensiva cardiologia; progettare la cartella infermieristica; progettare la scheda infermieristica di trasferimento dall’Utic ad altro reparto; il foglio unico di terapia informatizzato; introdurre il Modello Organizzativo “Primary Nursing”; definire il VALUTAZIONE DEI RISULTATI piano delle attività infermieristiche; definire la Check Per ogni cambiamento il perList del carrello delle ursonale deve avere il tempo genza-emergenza; denecessario per prendere Il Coordinatore Inferfinire e rivedere le Job confidenza e fare promieristico è laureato Description in Utic; prio il nuovo strumento predisporre lo stato o la modalità organizin Infermieristica ed in di competenze del zativa. Per esempio, possesso del Master personale di Utic; il modello di cartella organizzare la scheinfermieristica verrà in Management Inferda di valutazione del presentato, analizzato mieristico in Funzioni personale neoase discusso in un inconsunto e/o neoinseritro con lo staff infermiedi Coordinamento to; programmare dei ristico dell’Utic ed, evenpercorsi formativi. Per la tualmente, verrà corretto e progettazione e realizzamodificato in base alle prozione della cartella infermieblematiche messe in evidenza. ristica in Utic è auspicabile utiDurante l’incontro si motiverà l’imlizzare i modelli funzionali di Gordon portanza di questo strumento per il miche sono 11, comuni per tutte le persone e guiglioramento della qualità assistenziale e si veda per l’identificazione delle diagnosi infermierificherà la condivisione da parte del personale ristiche in associazione al modello bifocale di infermieristico. A distanza di due mesi dal suo Carpenito che identifica l’infermiere in veste di inserimento, si effettuerà una prima valutazioprescrittore e in veste di collaboratore, potendo ne, utilizzando i seguenti indicatori: numero di affermare, quindi, che l’infermiere è abilitato ad ingressi, totale numero di diagnosi infermieristiindividuare, trattare e valutare. che aperte, numero di diagnosi infermieristiche La diagnosi infermieristica è un giudizio clinicorrette (ad ogni diagnosi deve corrispondere co e professionale che richiede la messa in atto almeno un obiettivo e un intervento), numero del processo di assistenza in tutte le sue fasi: di esiti raggiunto, test di gradimento sull’uso da 40 IPASVI parte del personale infermieristico. In base ai dati ottenuti si continuerà ad utilizzare il modello proposto o si apporteranno delle modifiche con conseguente nuovo periodo di prova e ulteriore verifica. Il modello Primary nursing verrà presentato dal Coordinatore Infermiere e dal Responsabile del Servizio Infermieristico in un incontro con il gruppo infermieri Utic, formando gruppi di lavoro e definendo tempi per le verifiche periodiche, utilizzando il metodo dell’audit professionale o dei test di gradimento per gli infermieri che erogano l’assistenza, utilizzando il modello primary nursing e per i pazienti ai quali l’assistenza viene erogata. Il Coordinatore Infermiere, che deve fare una valutazione, deve avere la consapevolezza di essere, per il personale in collaborazione, il primo punto di riferimento, ha la responsabilità di dare l’esempio, di fare proprie le regole e i criteri che adotta nella valutazione del personale. Una corretta valutazione presuppone sempre una buona conoscenza di se stessi da parte del valutatore, perché gli errori in cui incorrere sono molti: giudizio sulla persona e non sulle prestazioni, effetto alone, indulgenza, tendenza alla severità, appiattimento, influenza della memoria ed errori di metodo. IL RUOLO DEL COORDINATORE INFERMIERE Il Coordinatore Infermieristico è laureato in Infermieristica ed in possesso del Master in Management Infermieristico in IPASVI IPASVI IPASVI comunicazione con gli altri coordinatori di altre unità operative per i trasferimenti. Fornisce ai parenti dei pazienti tutte le informazioni relative alla permanenza del loro congiunto in Utic. Legge 1 febbraio 2006, n. 43 “Disposizioni in Rappresenta il personale non medico con la materia di professioni sanitarie infermieristiche, Direzione e i vari servizi della struttura, stimola ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della il personale all’aggiornamento continuo dopo prevenzione e delega al Governo per l’istituziouna analisi delle priorità formative emerse dal ne dei relativi ordini professionali” pubblicata gruppo, naturalmente cercando di facilitare la nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 17 febbraio partecipazione di tutti gli infermieri a corsi pro2006, Art. 6 (Istituzione delle funzioni di Coorfessionali, convegni e congressi organizzando dinamento) i turni di servizio. Il Coordinatore esercita una supervisione per il Egli ha come “interfaccia a monte” il Direttore controllo sullo stato igienico delle aree comuni Sanitario, il Responsabile del Servizio Infermiedell’Utic, controllo sulle attività di disinfezione ristico, il Direttore di S.C. e il responsabile Mecontinua e corretta applicazione degli dico del reparto. Come “interfaccia a interventi per le pulizie a fondo valle” l’Infermiere e il personale di eseguite. Verifica, con l’equisupporto (OSA/OTA/O.S.S.). pe infermieristica, il carrello Come “rapporto funzionale”i -gestione delle risorse delle emergenza-urgenza medici e i responsabili dei umane e relativa check list. Provservizi ed uffici coinvolti vede all’approvvigionanella programmazione -formazione ed aggiormento per il materiale e i e nella qualità delle attifarmaci con modulistica vità. L’attività managenamento continuo appropriata, controlla il riale del Coordinatore frigo farmaci, le attrezInfermiere si articola in -vigilanza igienico sazature in uso. Richiede quattro aree: nitaria e strutturale manutenzione ordinaria -gestione delle risorse e straordinaria, conserva - qualità e ricerca. umane le cartelle cliniche fino alla consegna in archivio e compi-formazione ed aggiornamenla tutti i documenti amministratito continuo vi dell’Utic. Verifica le aree comuni e la corrispondenza ai requisiti di sicu-vigilanza igienico sanitaria e strutturale rezza per i lavoratori. - qualità e ricerca. Inoltre, il Coordinatore Infermiere realizza ed attua con altre figure professionali protocolli La gestione delle risorse umane si concretizza relativi alle attività assistenziali e di prevenziocon l’organizzazione del personale infermierine delle infezioni nosocomiali, sensibilizzando stico ed ausiliario di supporto e presenta vari il personale e favorendo la partecipazione a aspetti: dall’aggiornamento e verifica dei turni, gruppi di lavoro per il miglioramento continuo alla gestione degli eventuali conflitti, collabodella qualità e, sempre a tale scopo, partecipa ra con l’equipe infermieristica e medica per le alle riunioni con la Direzione e con il Responsastrategie da condividere i base alle priorità e bile della qualità. agli obiettivi, verifica il raggiungimento di tali Per il ruolo del coordinatore infermiere l’ultiobiettivi ed eventualmente modifica le strategie mo decennio ha comportato l’affermazione di valutando il carico assistenziale e risorse dedinumerose novità che stanno determinando, e cate. Costruisce e sperimenta modalità orgasempre di più determineranno in futuro, una nizzative (primary nursing), accoglie, istruisce grande evoluzione culturale e professionale. e valuta il personale neoassunto, mantiene la Funzioni di Coordinamento oppure Infermiere in possesso del certificato di abilitazione alle Funzioni Direttive: 42 IPASVI Questi cambiamenti, unitamente alla necessità di gestire ed assicurare la continuità delle cure, la loro appropriatezza e tempestività anche con apporti provenienti da professionalità e discipline molto diverse fra loro, hanno consentito di far nascere e diffondere anche in Italia esperienze che portano il coordinatore e l’infermiere ad assumere il ruolo di case manager. Nello specifico nella gestione del paziente con patologia cardiaca, la complessità del governo clinico-assistenziale determina l’impegno di ricercare costantemente la best-practice attraverso l’Evidence Based Nursing e l’Evidence Based Medicine; inoltre, per operare ottimizzando l’efficienza e l’efficacia dei processi, è necessario individuare i modelli organizzativi e gli strumenti che favoriscano il miglioramento della qualità dell’assistenza. L’UTIC è una Terapia Intensiva molto speciale, dove è necessaria un’assistenza infermieristica complessa, caratterizzata essenzialmente dalla convivenza di competenze e sensibilità particolari nei confronti degli aspetti umani del paziente e della sua famiglia, ma anche di competenze estremamente specialistiche di tipo tecnico. La formalizzazione di procedure, e l’utilizzo di percorsi diagnostici - terapeutici - assistenziali condivisi, assicura un livello adeguato delle prestazioni ed una razionalizzazione delle risorse. L’adozione di questa metodologia, tipica della UNI-EN-ISO 9001, prevede l’elaborazione di strumenti multidisciplinari che non può non prescindere dalla necessità e volontà di dialogo fra le diverse figure professionali coinvolte nel processo assistenziale. Il ruolo del Coordinatore Infermiere è, in questo contesto, di facilitatore e promotore della metodologia che presuppone un cambiamento culturale laddove non è ancora stato raggiunto. Progettare e definire dei sottobiettivi a breve termine, cercando la condivisione da parte del gruppo infermieristico e soprattutto valutarne la fattibilità, potrebbe essere il metodo migliore per affrontare questo cammino, che si presenta sicuramente laborioso ma non impossibile. E’ suo compito, quindi, sostenere un’etica del lavoro come rivalutazione della specificità e della dimensione qualitativa dell’esperienza individuale nel proprio lavoro, IPASVI nella gestione del paziente con patologia cardiaca, la complessità del governo clinico-assistenziale determina l’impegno di ricercare costantemente la best-practice attraverso l’Evidence Based Nursing e l’Evidence Based Medicine inteso e vissuto come risorsa per se stessi e per tutti coloro che ai diversi livelli contribuiscono a perseguire i principi della Politica della Salute. Tale processo comporta la creazione di un clima lavorativo nel quale aumenti la competitività “positiva” legata ad un miglioramento del contenuto del lavoro, ad un arricchimento delle competenze professionali, ad una liberazione delle capacità creative ed innovative. In questo modo si realizza sia l’affermazione della dignità e centralità della persona, sia l’affermazione del professionista come colui che è capace di rispondere ai bisogni del paziente, garantendo nel rispetto delle conoscenze tecnico-scientifiche attuali la risoluzione più appropriata. Il nuovo paradigma espresso nel concetto di empowerment, e le decisioni che ne derivano, danno una impronta del tutto particolare al processo dinamico di miglioramento continuo della qualità dell’assistenza. Questo favorisce una reale integrazione, uno scambio reciproco di informazioni, una maggiore definizione dei ruoli e delle responsabilità di ciascuno, condizione essenziale per erogare un’assistenza infermieristica di qualità alla persona in un momento particolare della sua vita. Alla luce di quanto detto ritengo che pensare, pianificare e gestire una vera organizzazione per obiettivi significhi: “avere un progetto per la persona”. IPASVI IPASVI BIBLIOGRAFIA • G.Bagni, M. 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L’INSIEME DI TUTTE LE VARIABILI CHE INTERVENGONO NEL PROCESSO DI ASSISTENZA PORTA AD UN’EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI CARICO DI LAVORO, ORA DEFINITO CON L’ESPRESSIONE “COMPLESSITA’ ASSISTENZIALE”. L ’aumentata incidenza e prevalenza delle malattie cronico - degenerative e della disabilità, quale conseguenza del sensibile aumento dell’aspettativa media di vita che si è realizzato soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo scorso, ha IPASVI messo in crisi il modello assistenziale. In particolare, si è assistito alla crescita rapidissima di una nuova categoria di pazienti, di età avanzata o molto avanzata, con comorbilità e polifarmacoterapia, con caratteristica di estrema vulnerabilità. In quest’ottica è necessaria la definizione di una nuova realtà assistenziale che si configura con la nascita delle Rsa; che hanno lo scopo di migliorare la qualità di vita degli ospiti ricoverati e fare in modo che gli ultimi anni di vita non rappresentino un semplice logorio e noioso passare del tempo ma siano caratterizzati dal mantenimento di un buon livello di qualità della vita, utilizzando in modo fruttuoso le capacità residue dell’individuo. L’attività della RSA dà un contributo importante alla soluzione del problema del congestionamento e dell’uso improprio delle strutture ospedaliere, che dovrebbero limitarsi alla cura dei casi acuti trasferendo alle strutture residenziali i trattamenti di lungo assistenza e di riabilitazione prolungata. «Le RSA sono presidi che offrono a soggetti non autosufficienti, anziani e non, con esiti di patologie fisiche, psichiche, sensoriali o miste, non curabili a domicilio, un livello medio di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, accompagnata da un livello “alto” di assistenza tutelare e alberghiera, modulate in base al modello assistenziale adottato dalle regioni e province autonome.»(DPR 14/1/1997) La RSA, in accordo con la normativa nazio- 46 IPASVI nale, è una struttura del territorio destinata ad accogliere per ricoveri temporanei o a tempo indeterminato - gli anziani non autosufficienti, cui deve offrire: - una sistemazione residenziale (Residenza) con una connotazione il più possibile domestica, organizzata in modo da rispettare il bisogno individuale di riservatezza e di privacy e da stimolare al tempo stesso la socializzazione tra gli anziani ospiti; - tutti gli interventi medici, infermieristici e riabilitativi (Sanitaria) necessari a prevenire e curare le malattie croniche e le loro riacutizzazioni; nonché gli interventi volti a recuperare e sostenere l’autonomia dei degenti; - un’assistenza individualizzata (Assistenziale), orientata alla tutela ed al miglioramento dei livelli di autonomia, al mantenimento degli interessi personali ed alla promozione del benessere. I servizi erogati comprendono: - prestazioni di medicina generale; - prestazioni specialistiche; - prestazioni farmaceutiche; - prestazioni infermieristiche ed assistenziali; - prestazioni riabilitative atte ad impedire gli effetti involutivi del danno stabilizzato con particolare riguardo alla rieducazione dell’ospite allo svolgimento delle normali attività quotidiane (deambulazione ed azioni elementari di vita anche con idonei supporti) nonché alla rieducazione psico-sociale, soprattutto attraverso la terapia occupazionale; IPASVI - prestazione di sostegno psicologico; - attività di rianimazione e ludico-ricreative; - prestazioni di tipo alberghiero, comprendenti alloggio, vitto e servizi generali. Nel territorio della Puglia esistono 11 Rsa gestite dal Consorzio San Raffaele, come deliberato dall’ARES nel 2004. La complessità assistenziale Nel processo di assistenza infermieristica è basilare definire quali sono i criteri utili per stabilire quale paziente richiede maggiori attenzioni e cure, quindi occorre definire la complessità assistenziale. La complessità assistenziale è un criterio indispensabile per un’equilibrata e sostenibile allocazione delle risorse umane; permette di individuare due importanti indicatori: o La centralità dell’assistenza infermieristica nel processo assistenziale, o L’osservabilità e la misurabilità dell’assistenza infermieristica. È necessaria una valutazione della complessità, quindi, anche dal punto di vista infermieristico e non solo clinico, anche perché analizzando un singolo caso la complessità clinica e la complessità assistenziale infermieristica non necessariamente coincidono. Il modello che definisce la complessità deve tener conto della specificità dell’approccio infermieristico, orientato ai bisogni e all’autonomia del paziente più che alla patologia. IPASVI L’obiettivo è quello che la valutazione della complessità assistenziale diventi una necessità ed essere utile agli infermieri: - a garantire prestazioni sicure ed adeguate alle necessità del paziente; - a migliorare la documentazione del lavoro infermieristico; - a supportare gli operatori nella presa di decisioni; - la valutazione continua dell’attività infermieristica diventa un metodo di lavoro che contribuisce a migliorarsi. La complessità assistenziale è un progetto di presa in carico della persona e dei caregivers ad elevata integrazione, in cui il progetto di vita della persona può essere a rischio, compromesso/invalidato, o che ha bisogno di essere riportato alla possibilità di essere gestito dalla persona /caregivers. Il modello per la lettura della complessità assistenziale consente di leggere e analizzare le funzioni infermieristiche in relazione alle necessità bisogni delle persone assistite. Sulla base di quanto descritto i pazienti possono essere inseriti in tre livelli di complessità assistenziale: complessità assistenziale bassa; complessità assistenziale media; complessità assistenziale alta. Per fare ciò è necessario “misurare” il peso assistenziale del paziente in base alla: gravità della patologia; instabilità della patologia; IPASVI livello di dipendenza dalle cure infermieristiche; tempo necessario a compiere le azioni infermieristiche; livello delle procedure necessarie ; tecnologia necessaria per erogare l’assistenza competenze professionali- livello di formazione necessari. Nella metodologia della complessità assistenziale è importante: - Stabilire le priorità, concentrare l’attenzione sui pazienti; - Personalizzare le cure infermieristiche; - Ottimizzare le risorse; - Individuare e sviluppare le competenze necessarie per poter assistere i pazienti. - Che l’infermiere decida se effettuare direttamente gli interventi o se demandarli agli operatori di supporto. In quest’ultimo caso l’infermiere mantiene la responsabilità del piano assistenziale, la supervisione dell’andamento del processo di assistenza e la verifica di quanto effettuato da altri. Da quanto detto finora si può dedurre che, dove si presentano problemi assistenziali specifici e “complessi”, sarà necessaria la presenza di personale infermieristico. La complessità assistenziale nella Rsa di Ostuni La Rsa di Ostuni è ubicata nel vecchio ospe- 48 IPASVI dale “Tanzarella”, attivo dagli anni 50 sino al 1993 ; è stata inaugurata nel dicembre del 2006, ha 62 posti letto; suddivisi per 2 piani: 30 p.l. al 1’ e 32 p.l. al 2’ di cui 12 destinati al modulo Alzheimer . L’ U.V.M., dopo aver valutato il paziente ed espresso il proprio parere sull’idoneità o meno del suo ingresso in Rsa, trasmette alla struttura l’autorizzazione con il tempo di durata del ricovero e la stessa è inserita nella lista d’attesa, utilizzata seguendo i parametri della cronologia e dell’urgenza (ricovero in ospedale e necessità dell’inizio della riabilitazione). Nel momento in cui è disponibile il posto letto, la struttura contatta l’ospite e viene deciso il giorno del ricovero, chiedendo di portare con sé documenti personali, documenti riguardanti l’anamnesi clinica, ausili se ne fa uso (deambulatori, carrozzina, panni) e farmaci. Al momento del ricovero , dopo l’accettazione dell’ospite , vengono compilate le varie cartelle e schede valutative, tra le quali il PAI, strumento assistenziale importante, perché permette di verificare il raggiungimento degli obiettivi e di avere de visu insieme le valutazioni della intera èquipe, inoltre viene visionato dalla commissione Asl in sede di proroga. È la commissione che può decidere, in base al raggiungimento o meno degli obiettivi, per la dimissione del paziente, oppure per una proroga a termine o per una proroga che verrà rivalutata allo scadere della stessa; oppure la commissione può decide- IPASVI re, nel caso in cui l’ospite non sia in grado di far ritorno al proprio domicilio, per il ricovero in una struttura con livello di assistenza inferiore perché inferiori sono le necessità assistenziali dell’ospite (Rssa) . Il ricovero di un ospite in Rsa ha sempre degli obiettivi, dato che secondo la normativa vigente il ricovero ha una durata che dipende dalla risoluzione o stabilizzazione dei problemi rilevati all’ingresso, e la durata è diversa a seconda del tipo di ricovero e degli obiettivi da raggiungere. Di rilevante importanza è senz’altro un altro parametro che incide sia sulla durata del ricovero che sulla complessità assistenziale. Infatti succede più volte che i problemi, rilevati in fase di valutazione, si accentuino durante il ricovero, cosa principalmente dovuta al fatto che quasi mai la complessità clinica e la complessità assistenziale coincidono. L’approccio e la scelta del piano assistenziale è completamente diversa in un paziente in cui è difficile pianificare un obiettivo come un soggetto Alzheimer e in un altro in cui l’obiettivo assistenziale da raggiungere è definito come un paziente riabilitativo . L’esperienza della Rsa di Ostuni e delle altre al momento è positiva, ma almeno per alcuni soggetti andrebbe superato il vincolo del tempo (durata del ricovero); l’ospite delle Rsa ha diverse complessità assistenziali legate a diversi problemi sia di salute che sociali; non sono rari i casi infatti di persone che non hanno nessuno e che all’interno di tali strutture si sentono avvolti non solo dal- IPASVI le cure ma anche dall’affetto degli operatori sentendosi come a casa. Metodi per la misurazione della c.a. È necessaria una valutazione/misurazione della complessità assistenziale anche dal punto di vista infermieristico e non solo clinico; il modello che definisce la complessità deve tener conto della specificità dell’approccio infermieristico, orientato ai bisogni e all’autonomia più che alla patologia. In quest’ottica è quanto mai importante la discrezionalità decisoria dell’infermiere che in maniera autonoma deve saper decidere fino a quando poter gestire l’evento critico e quando invece richiedere l’intervento del medico. È necessario trasformare i modelli teorici in strumenti operativi utili per la gestione quotidiana: - strumenti per misurare la complessità assistenziale; - modalità di utilizzo dei risultati. Lo studio della complessità assistenziale della Rsa di Ostuni aiuta a comprendere il “peso” assistenziale degli ospiti, con alcuni indici più vicini a una complessa unità operativa che ad un Rsa. Le criticità evidenziate sono correlate principalmente alla crescente complessità clinica assistenziale degli ospiti delle Rsa, caratterizzati da una maggiore instabilità clinica, un aumento progressivo dei livelli di dipendenza e delle disabilità, un aumento dei bisogni sanitari e delle demenze . Si rende necessario definire tre livelli di IPASVI complessità assistenziale, considerando paziente idoneo alla Rsa il paziente con complessità assistenziale Media (così come definito dal D.P.R. 14/01/97). Attraverso la griglia di rilevazione della complessità assistenziale (figura 1) si può così definire la complessità assistenziale: 1. Complessità Assistenziale Media: da 1 a 4 punti 2. Complessità Assistenziale MedioAlta: da 5 a 8 punti 3. Complessità Assistenziale Alta a Rischio: da 8 punti in su Analizzando la griglia si evince la seguente distribuzione: 1. Complessità Assistenziale Media: 40 50 IPASVI pazienti presenti 2. Complessità Assistenziale MedioAlta: 12 pazienti presenti 3. Complessità Assistenziale Alta a Rischio: 10 pazienti presenti Per poter meglio comprendere la complessità assistenziale delle Residenze Sanitarie Assistenziale proviamo a comparare i diversi risultati ottenuti, attraverso la griglia di misurazione, in sei delle undici rsa pugliesi ( figura 2) . IPASVI Dalle suddette tabelle si può evincere che non ci sono grandi differenze riguardo la tipologia di pazienti ed il loro livello di complessità assistenziale in base alle diverse province della Puglia e che in base ai posti letto previsti per ogni struttura è piuttosto alta la percentuale di ospiti con complessità assistenziale medio-alta ed alta a rischio, intendendo con alta a rischio il pericolo di non riuscire ad erogare un’assistenza adeguata ad ospiti con diverse criticità visti gli standard di ogni Rsa che non prevedono tali casi. Tale complessità richiede l’attuazione di risposte sanitarie continue e molto complesse, che trovano nella situazione organizzativa attuale una difficile realizzazione. Il lavoro del coordinatore infermieristico in Rsa è senz’altro diverso da qualsiasi altra unità operativa, in quanto si trova a gestire l’assistenza all’ospite in senso completo, dall’approviggionamento dei farmaci, alle consulenze esterne. Definire e misurare la complessità assistenziale può servire ad un coordinatore per: - gestire il personale infermieristico e di supporto; - allocare le risorse disponibili secondo il peso assistenziale effettivo; - monitorare il carico complessivo del reparto; - valutare se il personale è adeguato rispetto al carico assistenziale complessivo; - misurare e documentare il lavoro della propria Rsa; - confrontare le performance di Rsa diverse; IPASVI - per il miglioramento della qualità assistenziale; - per l’adeguamento delle prestazioni infermieristiche alle necessità dell’ospite ; -per la distribuzione delle risorse infermieristiche in base all’intensità sia dal punto di vista quantitativo (proporzioni infermiere/ pazienti) che qualitativo . Il ruolo del coordinatore infermieristico in Rsa abbraccia diverse tematiche, tra le quali senza dubbio quella di fare da collante tra le diverse professionalità, gli ospiti, i parenti e le istituzioni e di creare un clima armonico in cui tutte le attività sono centrate sul benessere dell’ospite. L’obiettivo del coordinatore infermieristico è senz’altro quello di trovare soluzioni ai problemi che incidono sul carico di lavoro del personale; sarà così necessario nei confronti degli infermieri aumentare le conoscenze in modo da essere maggiormente preparati nelle criticità di difficile soluzione alle quali si trovano di fronte in assenza del medico, da qui i periodici corsi di aggiornamento organizzati dal Consorzio San Raffaele sulle casistiche di patologie più frequenti tra gli ospiti da Rsa. Altra soluzione è quella di dare all’infermiere dei supporti in senso di risorse umane (come l’aumento degli OSS in servizio ai quali possono essere affidate problematiche di più semplice soluzione) o di tipo tecnologico. Altro sistema messo in pratica nelle strutture del Consorzio è quello di stilare tra i coordinatori e la direzione infermieristica IPASVI protocolli e procedure per la gestione delle criticità che più frequentemente si verificano . E’ importante gestire i rapporti con le istituzioni esterne in modo da considerare la Rsa (dato che i ricoveri, l’approvvigionamento dei presidi sono di pertinenza dell’Asl nella figura dei DSS) come un reparto dell’ospedale se pur sul territorio. Così come andrebbero consolidati i rapporti con i DSS riguardanti la valutazione dei nuovi ricoveri e decisi insieme con i componenti l’èquipe socio-assitenziale delle Rsa. Dall’analisi comparativa delle complessità assistenziale delle Rsa si è potuto evidenziare che la percentuale dei pazienti “fuori range da Rsa” è alta, ciò può essere dovuto o - alla valutazione di pazienti con complessità assistenziale più alta rispetto a quella da Rsa, - può succedere che, quello definito un paziente con c.a. media, all’ingresso in Rsa non sia stato identificato più tale o per l’aggravarsi delle condizioni cliniche o perché quella che si può definire c.a. media in un reparto ospedaliero può diventare una c.a. medio-alta o alta a rischio in un Rsa (succede nei casi in cui il paziente è sottoposto a terapie particolari o fa uso di presidi di cui la struttura non è dotata, o ha bisogno di interventi/accertamenti diagnostici per i quali sono necessarie lunghe liste d’attesa presso altre strutture). Altro aspetto importante, da ciò la necessità di coinvolgere l’èquipe dell’Rsa, è che 52 IPASVI va tenuto conto il carico assistenziale già presente nella struttura. Studiare la complessità assistenziale in un Rsa non vuol dire avere delle tabelle e dei numeri fini a se stessi, ma vuol dire avere la possibilità di valutare lo specifico grado di complessità per effettuare una flessibilità riferibile al carico di lavoro e alle specificità delle competenze necessarie;aiuta a capire il rischio che si corre ad avere dei pazienti che non sono nella media di quelli da Rsa e cioè di non riuscire ad erogare la giusta assistenza a tali ospiti, e questo è oltre modo frustrante sia per gli operatori che per gli ospiti e le loro famiglie che a volte giungono in Rsa con un vissuto già molto difficile. Conclusioni Questo studio porta a delle proposte, alcune di difficile realizzazione, ma non bisogna dimenticare che il nostro lavoro è volto alla soddisfazione dei bisogni dell’assistito : andrebbe stabilito con l’Asl il tipo di ospite che deve entrare in Rsa e definire la complessità assistenziale media perché confrontata con le possibilità, in senso di risorse umane e tecnologiche della struttura; andrebbe risolta la problematica della mancanza di altre strutture nel territorio atte ad accogliere i pazienti in particolari condizioni e troppo complessi per un Rsa (come pazienti che utilizzano ausili come ventilatori meccanici, psichiatrici non compensati, terminali od oncologici con somministrazione di chemioterapici); nel caso di difficile soluzione dei pun- IPASVI ti precedenti andrebbero rivisti gli standard delle Rsa e rese più adatte ad accogliere il ricovero di ospiti con c.a. medio-alta e con c.a. alta a rischio, standard rivisti sia con l’aumento di personale dal punto di vista quantitativo che qualitativo con la giusta formazione e con la creazione di competenze adeguate al tipo di ospite da trattare, che dal punto di visto tecnologico con la dotazione di ausili – presidi - elettromedicali in sintonia con le patologie da trattare . In tale ottica è importante da parte del Coord. Inf., che è la persona più vicina al personale, trovare sempre delle soluzioni non solo dal punto di vista professionale ma anche da un punto di vista psicologico; basti pensare ad un neo assunto senza alcuna esperienza precedente che ha bisogno di essere supportato nella gestione di situazioni così complesse. È importante saper creare all’interno del team di lavoro un’ ambiente armonico in cui ognuno conosca le proprie competenze e le sappia far fruttare al meglio per agire in maniera incisiva e positiva nei confronti dell’ospite. In questa difficile realtà assistenziale, il Coordinatore Infermieristico assume, quindi, un ruolo importantissimo, costituendo il trait d’union tra le diverse figure professionali, ma anche tra realtà interna e realtà esterna. Saper essere, saper fare, saper divenire si costituiscono così come i tratti peculiari di questo nuovo modo di intendere il Coordinatore Infermieristico. IPASVI Bibliografia: Cavallere Bruno, Snaidero Diego, Metodologia per la rilevazione della Complessità Assistenziale Infermieristica: Calcolo dell’Indice di Complessità Assistenziale, Management infermieristico, 1999 Cammarata Silvio, Complessità- Un’odissea fra ordine e caos,1999, ETAS Cavaliere Bruno, Snaidero Diego, La complessità Assistenziale: Metodologia per la rilevazione della Complessità Assistenziale, 1999 Gallinaro Roberto, Caos e Complessità. Nuove sfide per la bioetica, Edizioni Scientifiche Italiane 2003 Grossi Enzo, La nuova sfida della complessità, un concetto non banale, Direzione Medica Bracco SpA, Milano Kauffman Stuart, A casa nell’universo. Le leggi del caos e della complessità, Einaudi, 2005 Lavalle T. Dirigere le risorse umane. Roma: Carocci Faber; 2005 Festini Filippo, Misurazione e Monitoraggio della Complessità Assistenziale. Monitoraggio dei livelli ottimali di staffino, Università Di Firenze, 2007 Pedler M, Burgyne J, Boydell T. Il manager eccellente. Milano: Franco Angeli; 1990 Santullo A. L’Infermiere e le innovazioni in sanità. Milano: McGraw-Hill; 2004. Un modello di analisi della Complessità Assistenziale, Convegno di Ferrara 2005 L’Assistenza Infermiertica in Rsa: Il presente e le prospettive future e il consenso dalle prestazioni sanitarie negli anziani: Problematiche etiche e legali, Colleggio Ipasvi Milano, 16/1711-07 Continuità Assistenziale: Modelli a Confronto, Convegno di Firenze, 03/07/2004 IPASVI IPASVI INFERMIERE E CONTENZIONE: LIMITI DELLA CORRETTA APPLICAZIONE Infermiere e contenzione: limiti della corretta applicazione ( Sintesi de “La responsabilità degli infermieri nella Contenzione Fisica” di : Rosaria ALVARO, professore associato- presidente Corso di laurea in Infermieristica PediatricaUniversità Tor Vergata; Lia FERRAZZA Infermiere Centro medico legale INPS; Riccardo GULOTTA Infermiere SERT; Giuseppina IASENZA Infermiere Coordinatore Gastroenterologia; Francesco LEONE Infermiere Rianimazione-Taranto; Filippo MILANO Medico Legale; Angelo Massimo MODEO Infermiere Ortopedia e Traumatologia; Elena PORCU’, coordinatrice Master forense, Centro di Formazione IDI; Grazia SUMA Infermiere Dirigente) Complesso e articolato è il ruolo dell’infermiere nella gestione del paziente che può richiedere interventi contenitivi. Scopo del lavoro è cercare di appurare se una buona assistenza possa influire sulla riduzione di tali interventi e se questo atto, da tutti ritenuto prescrittivo, richieda all’infermiere esclusivamente una competenza orientata a “garantire la corretta applicazione delle prescrizioni” o se il suo può essere un ruolo di co-decisore del processo. Il ricorso alla contenzione risente fortemente delle norme ideologiche e sociali, del tipo di sistema sanitario, delle caratteristiche demografiche, delle aspettative del personale, del modello organizzativo, della normativa, delle attrezzature disponibili, della disponibilità di operatori. Si tratta di un intervento raramente appropriato, soprattutto nell’anziano1, a causa della sequela di funzioni fisiche e psichiche2. 1 Ouslander JG, Osterweil D, Morley J. Medical care in the nursing Home. McGraw Hill, Inc. 1991:129-33. Pajusco E, De Leo D. Conseguenze del contenimento sul paziente anziano. In: De Leo D, Stella A, eds. Manuale di psichiatria dell’anziano. Padova: Piccin 1994:713-25. 2 54 IPASVI IPASVI L’unica regolamentazione della contenzione è del 19093. La L.180/78 nulla dice su legittimità e liceità della contenzione, regolamentata, invece, nell’ordinamento penitenziario4. Difficile, anche, l’individuazione dei dispositivi utilizzabili. È consentita l'immissione in commercio dei dispositivi recanti la marcatura CE5, ma nel documento Riclassificazione dei dispositivi non sono presenti presidi riconducibili a mezzi di contenzione. Nei paesi anglosassoni esistono elenchi e descrizioni dettagliate degli strumenti approvati6-7. Negli USA, detti dispositivi devono portare la dicitura “da utilizzarsi solo su prescrizione medica”. Aspetti etico-deontologici Il Comitato Nazionale di Bioetica, in un parere del 1999, precisa che la contenzione deve essere “ di breve durata, proporzionata allo stato di agitazione e al rischio”. Il codice deontologico degli infermieri8 affronta il problema senza alcuna ritrosia. Infatti, nell’art. 30 si legge: “L'infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione sia evento straordinario, sostenuto da prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali”. Le indicazioni per una buona pratica si basano principalmente su raccomandazioni di esperti, in quanto la peculiarità e specificità dell’argomento rendono difficilmente eseguibili, considerando l’ineleggibilità etica e legale, studi comparati sulla contenzione fisica verso farmacologica o studi su pazienti trattati con la contenzione verso non trattati. Dal punto di vista legale, molti sono i reati che possono essere ascritti al professionista, sia che la contenzione venga posta in essere, sia che ci si astenga dal farlo; è ammessa solo per Stato di necessità, quindi in casi estremi ed eccezionali. L’interpretazione giurisprudenziale non è univoca e il caso Muccioli, di cui l’opinione pubblica si è interessata, è emblematico. Infatti, la giurisprudenza ha diversamente valutato l’accaduto nei due gradi di giudizio. 3 Regio Decreto del 16 agosto 1909 n. 615 DPR 30/06/00 N°230 5 Decreto Legislativo 24 febbraio 1997, n. 46attuazione della Direttiva 93/42/CEE 6 Goldberg S.L., Legal aspect of restraint use in Hospital and Nursing Homes, H.E.C. 10. pag. 276-289, 1998 7 Miles S. Meyers R., Untying the elderly, Journal of Clinical Ethics, 10(3), pag. 513-524, 1994 8 Codice Deontologico Approvato dal Comitato centrale della Federazione Nazionale Collegi IPASVI con deliberazione n. 1/09 del 10.01.2009 4 IPASVI IPASVI Punti salienti dei due giudizi del caso Muccioli Tribunale di Rimini Corte di appello di Bologna Reato di Sequestro di persona e Maltrattamenti concerne la soppressione della libertà non sussiste il reato di maltrattamenti personale o limitazioni così gravi da qualora gli episodi di vessazione sono sminuire in modo notevole la funzione costituiti dalla somma dei singoli episodi sociale dell’individuo contro più soggetti diversi, essendo invece necessaria per la sussistenza del reato in questione una molteciplità dei fatti contro la stessa persona. Consenso Può essere revocato in momento, qualsiasi non discrimina, il reato di sequestro di conservando tossicodipendente la il persona, qualora la privazione della capacità di libertà copra un arco temporale determinarsi validamente anche in corso incongruamente dilatato rispetto alle di crisi di astinenza del esigenze di recupero singolo soggetto o assuma carattere lesivo della dignità sociale di quest’ultimo Esito Delitto trattenere di sequestro con la di forza persona: Stato di necessità: soggetti è collegata alla sussistenza di un tossicodipendenti, impedendo loro di pericolo attuale di un danno grave alla allontanarsi dalla comunità terapeutica persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile 56 IPASVI IPASVI La contenzione nella pratica assistenziale È utile ed indicata? E’ eticamente e legalmente giustificabile? Sto rispettando i diritti dell’utente? …….. Questi sono solo alcuni dei quesiti cui il professionista deve dare risposte eticamente, legalmente e scientificamente valide. Quali i casi in cui la contenzione va attuata? Caduta:9 evenienza che ricopre una grande percentuale dei ricorsi ad interventi contenutivi, soprattutto negli anziani. Considerato il bisogno assistenziale di questi pazienti, è intuibile che una adeguata risposta può sensibilmente ridurre il ricorso a presidi restrittivi. Una buona anamnesi infermieristica, una assistenza personalizzata fanno la differenza. Decidere di allocare il paziente vicino alla medicheria può ridurre l’ansia (o al contrario disturbarlo durante il sonno), sedare il dolore, aiutarlo ad assumere una posizione comoda, mettere un campanello vicino, utilizzare letti ad altezza variabile, sono solo alcuni interventi da valutare. Se a questi aggiungiamo prescrizioni mediche che considerino le abitudini del paziente, prevedendo la somministrazione di farmaci in orari flessibili, la necessità di alzarsi durante la notte può essere considerevolmente limitata. Si tratta di semplici soluzioni, ma possono essere utili a ridurre il ricorso alle spondine (per altro ancor più pericolose) o peggio ancora l’immobilizzazione forzata. Vagabondaggio: si tratta di abitudini del paziente che, generalmente, si acuiscono quando questo si trova in un contesto sconosciuto; entra in luoghi riservati, nelle stanze degli altri degenti, rischia di perdersi. Tra gli interventi vanno attivate: terapie occupazionali, esercizio fisico; inoltre, può risultare utile fornire il paziente di un bigliettino contenete indicazioni sul reparto. Effettuare terapie e mantenere in situ tubi vari. Proporre delle alternative potrebbe risultare abbastanza azzardato, soprattutto considerando l’ampia gamma di dispositivi che possono essere applicati. Renderli inaccessibili richiede un’assistenza che va oltre quello che si può imparare sui 9 Strumpf N, Evans LK, Schwartz D. Restraint-free care: from dream to reality. Geriatr Nurs. 1990;11(3):122-124 IPASVI IPASVI libri; occorre spirito di osservazione e capacità di fornire un’assistenza alternativa e fantasiosa (fasciare un catetere alla coscia, organizzare attività ludiche, favorire la presenza di famigliari), ma soprattutto è importante coinvolgere il paziente, processo indispensabile per ottenere il suo coping; coinvolgere significa informare, rassicurare, spiegare cosa si deve o è stato fatto, a cosa serve. Auto e etero lesionismo In questi casi, se altri interventi alternativi sono falliti, è giustificato un intervento contenitivo, volto a tutelare l’incolumità del malato o di altri. Il Ministero della Salute, nel progetto Gestione del rischio clinico10, ha inserito tra gli eventi sentinella il Suicidio di pazienti in ospedale, ai fini della determinazione di opportuni interventi correttivi. Il caso dell’RSA In questi contesti l’infermiere si trova ad operare con ampia autonomia e con saltuaria presenza di medici, pertanto sarebbe necessario valutare delle forme di prescrizioni ad hoc, per evitare che gli infermieri si trovino nella penosa situazione di illegalità. Per eludere questa situazione si dovrebbero considerare interventi prescrittivi alternativi, già disciplinati in altri settori della sanità, quali sistema 118 e triage. Nell’emergenza sanitaria11-12 si attribuisce all’infermiere la responsabilità operativa a “manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali, nell’ambito di protocolli decisi dal medico responsabile”. Con questi protocolli13 diagnostici-terapeutici “ è demandata all’infermiere l’intera gestione assistenziale del caso”. Anche il Consiglio di Stato14 ha ribadito la legittimità di tali compiti. Per analogia, e attraverso gli stessi requisiti (adeguata formazione e adozione di protocolli prestabiliti), si potrebbe prevedere di affidare agli infermieri la responsabilità operativa di praticare la contenzione in quelle situazioni in cui la prescrizione medica può essere ritardata nel tempo. Si 10 Ministero della salute, Dipartimento della qualità, Direzione generale della programmazione sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema ufficio III, Prevenzione del suicidio di paziente in ospedale, Raccomandazione n. 4, Ottobre 2006 www.ministerosalute.it/imgs/C_17_pubblicazioni_592_allegato.pdf 11 DPR del 27 marzo 1992 Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza 12 Ministero della Sanità, Atto di intesa tra Stato e Regioni di approvazione delle linee guida sul sistema di emergenza sanitaria in applicazione del DPR del 27 marzo 1992. gazzetta Ufficiale 17 maggio 1996 13 Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, McGraw-Hill, Milano, 2005, Quarta edizione, p. 202 14 Consigli di stato, 17 luglio 1992, sentenza n. 868 58 IPASVI IPASVI tratta di co-decisione e co-responsabilità quindi di azione collaborativa tra infermiere e medico, dove questo ultimo, in momenti cronologici diversi, provvede alla diagnosi e alla prescrizione. Conclusioni Ridurre numericamente gli atti contenitivi è possibile, ma, per poter realizzare questo obiettivo, è necessario attuare un’assistenza di qualità, personalizzata, che metta al centro del proprio interesse l’uomo malato. Pertanto, la differenza grava pesantemente sugli infermieri, in quanto sono coloro che, più di ogni altra figura professionale, sono vicini al paziente. Gli infermieri non rivendicano come propria la prescrizione dell’atto coercitivo, ma ritengono fondamentale la corresponsabilità, elemento sostenuto anche da un recente studio promosso e finanziato dalla Commissione Europea15. Quello che ogni infermiere deve chiedere e pretendere non è una legge che stabilisca e disciplini il suo operato, ma regole professionali, frutto della ricerca e dell’esperienza vissuta. 15 Commissione europea, Ethical Codes in Nursing (ECN), programma Qualità of Life and Managment of Living Resources in D’Addio L. Barazzetti G. Radaelli S., Responsabilità professionale e contenzione: indagine su una questione fondamentale per gli infermieri italiani, Giornale di Scienze Infermieristiche, Anno 1, n.0, 2005, p. 10-15 IPASVI PROGRAMMA SCIENTIFICO Programma Scientifico 60 2° Edizione Corso: “Dalla psicomotricità alla musicoterapia: strumenti di interazione infermiere-persona” 4° Edizione Corso: “Dalla psicomotricità alla musicoterapia: strumenti di interazione infermiere-persona” Giorni: 21 settembre Orario: 8,30 - 13,30 22 settembre 15 - 20 25 settembre 15 - 20 Giorni: 19 ottobre 20 ottobre 23 ottobre Numero partecipanti: 50 Sede del Corso: Collegio IPASVI Crediti formativi: 14 Costo: € 20 per iscritti Collegio Ipasvi-Ta € 50 per iscritti altri Collegi Destinatari: Infermieri Iscrizioni dal 2 settembre Numero partecipanti: 50 Sede del Corso: Collegio IPASVI Crediti formativi: 14 Costo: € 20 per iscritti Collegio Ipasvi-Ta € 50 per iscritti altri Collegi Destinatari: Infermieri Iscrizioni dal 2 settembre 3 ° Edizione Corso: “Dalla psicomotricità alla musicoterapia: strumenti di interazione infermiere-persona” 5° Edizione Corso: “Dalla psicomotricità alla musicoterapia: strumenti di interazione infermierepersona” Giorni: 30 settembre Orario: 8,30-13,30 2 ottobre 15 – 20 13 ottobre 15 – 20 Giorni: 30 ottobre Orario: 8,30-13,30 3 novembre 15 – 20 6 novembre 15 - 20 Numero partecipanti: 50 Sede del Corso: Collegio IPASVI Crediti formativi: 14 Costo: € 20 per iscritti Collegio Ipasvi-Ta € 50 per iscritti altri Collegi Destinatari: Infermieri Iscrizioni dal 2 settembre Numero partecipanti: 50 Sede del Corso: sala convegni “Cittadella della Carità” Quartiere Paolo VI- Ta Crediti formativi: 14 Costo: € 20 per iscritti Collegio Ipasvi-Ta € 50 per iscritti altri Collegi Destinatari: Infermieri Iscrizioni dal 2 settembre Orario: 8,30-13,30 15 – 20 15- 20 IPASVI 4° Edizione Corso “Complessità assistenziale: le ulcere da pressione” Giorni: 6 ottobre 7 ottobre Orario: 8-18 8-15 Numero partecipanti: 70 Infermieri 30 Fisioterapisti Sede corso: sala convegni “Cittadella della Carità” Quartiere Paolo VI - Ta Crediti formativi: 9 per infermieri, 8 per fisioterapisti Costo: € 25 per Infermieri € 25 per Fisioterapisti Destinatari: Infermieri e Fisioterapisti Iscrizioni: dal 2 settembre 5° Edizione Corso “Complessità assistenziale: le ulcere da pressione” Giorni: 10 novembre Orario: 8-18 11 novembre 8-15 Numero partecipanti: 70 Infermieri 30 Fisioterapisti Sede corso: sala convegni “Cittadella della Carità”Quartiere Paolo VI- Ta Crediti formativi: 9 per infermieri, 8 per fisioterapisti Costo: € 25 per Infermieri € 25 per Fisioterapisti Destinatari: Infermieri e Fisioterapisti Iscrizioni: dal 2 settembre PROGRAMMA SCIENTIFICO “La movimentazione centrata sulla persona (MCP): una buona pratica infermieristica per il governo del rischio da movimentazione dei pazienti” Giorno: 8 ottobre Orario 8- 16,30 Numero partecipanti: 100 Sede del corso: Collegio IPASVI-Ta Crediti formativi: 4 Costo: € 20 Destinatari: Infermieri Iscrizioni: dal 2 settembre In fase di organizzazione: 1) Corso di aggiornamento(titolo provvisorio) “Management infermieristico in Burn-out” Destinatari: 80 Infermieri 2) Incontri di neonatologia “Il neonato e dintorni… Globalità, interdisciplinarità, integrazione nell’assistenza neonatale” Destinatari: 80 Infermieri, 80 Infermieri Pediatrici, 40 Ostetriche Importante! MODALITÀ DI ISCRIZIONE AI CORSI L’iscrizione va fatta presso la sede del Collegio nei giorni e negli orari di apertura. Non saranno accettate richieste di partecipazione al di fuori dei giorni e degli orari indicati. Non si accettano iscrizioni via fax ed e-mail 61 IPASVI TARANTO CENTRO DI FORMAZIONE E DIIPASVI STUDI SANITARI “Padre Luigi Monti” A.A. 2009-2010 UNIVERSITA’ DI ROMA TOR VERGATA MASTER UNIVERSITARIO di 1º Livello in MANAGEMENT INFERMIERISTICO PER LE FUNZIONI DI COORDINAMENTO Ai sensi del D.M. 509/99 Il Master ha l’obiettivo di fornire conoscenze avanzate e sviluppare le competenze per la gestione delle risorse umane ed economiche dei processi assistenziali ed organizzativi delle unità operative, nell’ambito delle organizzazioni sanitarie. Ha una durata di 1500 ore, corrispondenti a 60 Crediti Universitari (CFU), distribuite in 6 moduli. Le lezioni teoriche, le esercitazioni, le simulazioni ed i seminari si svolgeranno prevalentemente presso la struttura del COLLEGIO IPASVI di Taranto, via Mazzini 37/D. Al termine di ciascun Modulo verranno sostenuti gli esami dei corsi integrati previsti e la valutazione del tirocinio. Gli studenti ammessi all’esame finale discuteranno una tesi su tematiche gestionali. Con l’esame finale verrà rilasciato dall’Università degli Studi di Tor Vergata il “Diploma di Master di 1º livello in Management infermieristico per le funzioni di coordinamento”. Taranto - Colonna dorica Il Master è riservato ad infermieri, infermieri pediatrici ed ostetriche. 62 Bando: http://www.idi.it/poloinfermieri/index.htm Informazioni: [email protected] Tel. 06.393.660.59/62 - 099.459.26.99 Iscrizioni: http://www.delpho.uniroma2.it Preiscrizioni: dal 4 maggio 2009 Per informazioni rivolgersi al Collegio IPASVI di Taranto nei giorni martedì-venerdì. IMPORTANTE Controllate frequentemente il sito www.infermieritorvergata.com per la pubblicazione del bando di partecipazione alla selezione IPASVI IPASVI AVVERTENZA VARIAZIONE DI INDIRIZZO Si invitano gli iscritti, in caso di modifica degli indirizzi, a darne tempestiva comunicazione al Collegio La seconda parte del Progetto “Promozione ed Educazione alla Salute” sarà pubblicata nel prossimo numero IL COLLEGIO RESTERA’ CHIUSO DAL 12 AL 18 AGOSTO. L’apertura pomeridiana del venerdì è soppressa fino al 31 agosto NORME EDITORIALI 1. 2. 3. 4. 5. "La parola a noi" pubblica - previa approvazione del Comitato di Redazione - articoli inerenti la professione infermieristica, la formazione, la legislazione sanitaria, nonché tutto quanto concerne l'attività infermieristica. Gli articoli dovranno essere inviati in duplice copia (cartacea e su CD, oppure cartacea e tramite e-mail), corredati eventualmente da foto, alla redazione. 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