gennaio 2015 - "N. Copernico" Prato

Transcript

gennaio 2015 - "N. Copernico" Prato
NUMERO 45
GENNAIO 2015
EDITORIALE Alessandro Tacconelli…………………………………………………………………………………………………………
3
ATTUALITA’
-Essere solo Africani Sara Relli……………………………………………………………………………………………………………………...
4
-Charlie Hebdo Silvia Mazzei………………………………………………………………………………………………………………………...
5
-Hexie Farmi:uno spiraglio nella Grande Muraglia Sara Bichicchi…………………………………………………………………
7
COPERNICO
-Muri Psicologici Matteo Fiaschi……………………………………………………………………………………………………………………. 7
-What about Particypate Federica Brunelli…………………………………………………………………………………………………...
ETICA
8
-La “globalizzazione dell’indifferenza” Alessandro Tacconelli…………………………………………………………………………. 9
LICEO CLASSICO FORTEGUERRI
-Cinque domande Lorenzo Vannucci ……………………………………………………………………………………………………………..
LICEO CLASSICO CICOGNINI
-Politicamente corretto Asia De Luca ……………………………………………………………………………………………………………. 10
FILM E SERIE TELEVISIVE
-The Imitation Game Marta Massenzi…………………………………………………………………………………………………………….. 11
-Chi ha il coraggio di rompere le regole Demetra Gregoriadi …………………………………………………………………………..
VIDEOGIOCHI
-Watch dogs Alessandra Santoni……………………………………………………………………………………………………………………. 12
LE VIGNETTE Stefano Ciapini………………………………………………………………………………………………………………………………..
13
COMITATO FOTO Matilda Martini, Alessio Goricchi, Virginia Gelli ………………………………………………………………………….. 14
ISTRUZIONI PER L’USO
-Zonzelle Isabella Giusti ………………………………………………………………………………………………………………………………...
WONDERWALL
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-Capitolo IV Alessandra Santoni……………………………………………………………………………………………………………………
ANGOLO DELL’ENIGMISTICA………………………………………………………………………………………………………………………………... 16
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A
EDITORIALE
nno nuovo, Sintomi nuovo! No, solo nell’aspetto di questo mese, in sostanza il nostro
giornale è rimasto lo stesso. Anche i sintomi influenzali sono rimasti gli stessi e siamo
alle prese con medicinali di tutti i tipi. Riguardo agli atti terroristici, questo mese ne è
pieno e sembra davvero che ormai non si parli d’altro. Ci sono reazioni diverse a questo
bombardamento da parte dei media. C’è chi si interessa attivamente, chi è disinteressato di suo e chi
lo è diventato a seguito dei ripetuti crudi eventi. Purtroppo la lettura del giornale, a causa della ampia
cronaca nera e di ampie discussioni in merito a temi impegnativi, questo mese potrebbe risultare
molto pesante. Effettivamente, non sono letture facili quelle che vi proponiamo questo mese ma hanno sicuramente qualcosa di costruttivo da trasmettere e speriamo che da queste forti riflessioni e
meditazioni possa scaturire un atteggiamento di comprensione e sensibilizzazione. Questo mese è
particolare perché vede la sofferenza di due delle tre religioni mondiali monoteiste: l’ebraismo, che
ricorda la shoah, e l’islamismo che viene tanto confuso e attaccato a causa del fondamentalismo; anche il cristianesimo, in realtà, soffre a causa del formalismo etico che lo circonda e che allontana credenti. Di fronte a questa realtà, come comportarsi? Far finta che non succeda nulla fintanto che non
accade qualcosa nella nostra città o altro? La questione è aperta, ovviamente, e ognuno si comporterà
come meglio crederà. Tuttavia, vorrei che memoria fosse la parola centrale del mese. Che questa memoria non sia un atto formale e fine a sé stesso ma ci sproni a comportarci meglio nell’avvenire, con
un occhio verso il passato e la direzione del cammino verso il futuro. Per prima cosa dobbiamo ricor-
dare che siamo anzitutto uomini, poi eventualmente, iniziano le divisioni convenzionali. Molti non
tengono conto di questo e tendono a sottovalutare e trascurare questi accaduti che affliggono paesi
lontani e vicini a noi. In ambiente scolastico, invece, il quadrimestre si sta chiudendo e si tirano le
somme! Cosa ci riserveranno i nostri docenti?
Alessandro Tacconelli
3
ATTUALITA’
Essere solo africani
S
crivo oggi, mentre a Parigi i capi di Stato di oltre
quaranta Paesi, fra cui anche alcuni africani, sfilano
per le vie della città per manifestare contro il terrorismo che, in soli tre giorni, ha fatto diciassette morti nella capitale francese.
Più o meno negli stessi giorni, in Nigeria, quello che è
già stato soprannominato “il massacro di Baga”, di morti ne ha fatti duemila. Ma l’Europa sembra non essersene quasi accorta.
Prima dell’effettivo attacco alla città, Boko Haram aveva
assaltato la base militare della Multi-National Joint Task
Force a Baga, nel nord del paese; all’alba del 3 gennaio,
il gruppo jihadista Boko Haram è entrato nella stessa
città e ha cominciato a sterminare la popolazione civile,
dando fuoco alle case e agli edifici e distruggendo in
quattro giorni sedici villaggi. Le immagini via satellite
diffuse da Amnesty International, che ha definito la carneficina messa in atto da Boko Haram come “l’attacco
più efferato e distruttivo contro i civili”, sono immagini
di morte e distruzione, dove le lamiere che fungevano
da tetto per le case sono accartocciate per terra e coperte da una spessa polvere grigia. In hausa, la lingua di
alcuni Stati dell’Africa sub-sahariana che mescola latino
e arabo, Boko Haram significa “l’educazione occidentale
è peccato”: è ancora più impressionante se si pensa che
haram, in arabo, indica un divieto categorico e stabilito
per legge.
In questi giorni, i televisioni e i giornali risuonano di
termini arabi e la parola jihad è ormai diventata per
l’Occidente sinonimo di “terrorismo”. Ma in origine, agli
albori delle predicazioni di Maometto nella penisola
arabica, questo termine aveva un significato profondo e
estremamente personale: per ogni musulmano rappresentava un percorso intimo, la propria ricerca della fede, lo sforzo e la tensione necessari per raggiungere interiormente il vero significato dell’Islam e viverlo quindi nel migliore dei modi. Solo in seguito, il Corano iniziò
ad amalgamare al significato primario della jihad quello
del combattimento difensivo e quindi della lotta armata
e della difesa di un popolo. Jihad come autodifesa, non
come attacco, niente a che vedere, quindi, con la violenza che ha massacrato migliaia e migliaia di civili in Nigeria. In quattro giorni di guerriglia a Baga e a Doron Baga, oltre 3100 edifici sono stati devastati e le strutture
ospedaliere sono andate in tilt per via dei continui arrivi di feriti, mentre il lago Ciad, quella pozza d’acqua poco profonda nel Sahel, a sud del Sahara, è diventata la
meta per coloro che cercavano in qualche modo di salvarsi. Ancora non si conosce esattamente il numero dei
morti e forse non lo si conoscerà mai: alcune fonti parlano di centinaia e centinaia di vittime, mentre Amnesty
International sostiene che in totale i morti potrebbero
essere duemila. Fatto sta che bastano le testimonianze
dei sopravvissuti per capire la gravità e la brutalità con
cui Boko Haram compie le sue mattanze in quel paese
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martoriato che è la Nigeria.
Dal 3 al 7 gennaio i terroristi di Boko Haram hanno
massacrato chiunque si trovassero davanti: i bambini
piccoli e gli anziani sono stati uccisi per primi perché
incapaci di fuggire velocemente, una donna che stava
partorendo è stata uccisa a colpi di mitra, i feriti gravi
che affollavano gli ospedali sono stati a volte lasciati a
morire nei corridoi e nelle strade, mentre in molti sono
fuggiti verso il confine con il Ciad attraverso la boscaglia. “Ho corso nella boscaglia, e mentre noi correvamo,
loro sparavano e uccidevano” ha riferito un uomo ai
giornalisti, mentre una donna, con il suo racconto, ha
gettato una luce sull’altro risvolto della politica assassina e terrorista di Boko Haram, ossia quella dei rapimenti delle ragazze: “Ci hanno preso, eravamo circa 300
donne, e ci hanno portato in una scuola di Baga. Dopo
quattro giorni hanno lasciato andare le anziane, le madri e la maggior parte delle bambine ma hanno trattenuto le donne più giovani". Un altro sopravvissuto ha
riferito di essere fuggito calpestando cadaveri per cinque chilometri. Quelli che sono riusciti a fuggire si sono
rifugiati a Maiduguri, capitale dello Stato di Borno, proprio in quella città in cui il 10 gennaio una bambina di
dieci anni è stata imbottita di esplosivo e fatta saltare in
aria, provocando la morte di diciannove persone. Il
giorno dopo altre due bambine sono saltate in aria in un
mercato di Potiskum dove si vendevano telefonini, nello
stato di Yobe, roccaforte insieme a quello del Borno, di
Boko Haram.
E’ proprio in quel Borno massacrato, nel nord del paese,
che sono nate le squadre dei vigilantes. I vigilantes sono
gruppi di civili, nati spontaneamente e composti principalmente di adolescenti o giovani intorno ai venti anni,
che si sono uniti all’esercito nigeriano per aiutarlo a
combattere il gruppo jihadista di Boko Haram. Questi
ragazzi, miseramente armati, combattono nel loro angolo di guerra armati di tubi di ferro, coltelli, machete e
bastoni, presidiando i posti di blocco nelle città del nord
e proteggendo le loro città dagli attacchi dei terroristi.
Tutto questo avviene mentre l’Europa e forse il mondo
intero sembrano sottovalutare Boko Haram, così come è
stato fatto inizialmente con l’Isis. Anche se le dinamiche
con cui questi gruppi fondamentalisti controllano liberamente varie aree del Medio Oriente e dell’Africa sono
simili, per non dire quasi uguali, l’Europa chiude, come
al solito, gli occhi, fino a quando i kalashnikov degli jihadisti non bussano alle porte dell’Occidente. Leggendo
della carneficina di Baga, tornano tristemente alla mente le parole pronunciate dal colonnello dell’Onu nel film
“Hotel Rwanda”, mentre cerca di spiegare al protagonista perché l’Europa non si preoccuperà di intervenire
nel genocidio appena scoppiato: “Non sei neppure un
negro... sei un africano”.
di Sara Relli
Charlie Hebdo
C
inque minuti di terrore, 12 vittime e 11 feriti. L'attacco messo a segno da tre uomini contro la sede
del giornale satirico Charlie Hebdo il 7 gennaio, a Parigi, ha sconvolto la Francia. Killer incappucciati e armati
hanno fatto irruzione aprendo il fuoco con dei kalashnikov. Tra le persone che hanno perso la vita, 8 giornalisti, due agenti assegnati alla protezione del direttore,
un ospite che era stato invitato alla riunione di redazione e il portiere dello stabile. Sono stati uccisi il direttore del settimanale, Stephan Charbonnier, detto Charb, e
i più importanti vignettisti: Cabu, Tignous, Philippe
Honore' e Georges Wolinski, molto famoso anche in
Italia. Nell'attentato è rimasto ucciso anche l'economista Bernard Maris, azionista della testata parigina e
collaboratore di France Inter. E una donna: si chiamava
Elsa Cayat, era psicologa e psicoterapeuta, e teneva una
rubrica ogni due settimane sul magazine. Immediata è
iniziata la caccia ai killer in tutta la Francia. Inizialmente è stato sospettato di aver partecipato all'attentato
anche il diciottenne Hamyd Mourad. Nella notte fra il 7
e
l'8
gennaio Mourad si
è
presentato
alla Polizia con
un alibi di ferro: verso le
11.30,
l’ora
dell’attentato,
era a scuola. La
mattina dell'8
gennaio 2015,
nella
città
di Montrouge, a
sud di Parigi,
un altro terrorista armato di
mitra, il trentaduenne Amedy Coulibaly, ha aperto il
fuoco contro la polizia francese, chiamata per un incidente stradale. L'attacco ha provocato la morte di una
poliziotta, Clarissa Jean-Philippe, e il ferimento di un
altro agente. Dopo che inizialmente era stato smentito
ogni rapporto tra le vicende, è stato rilevato che Coulibaly era legato ai fratelli Kouachi, responsabili della
strage nella redazione di Charlie Hebdo. Coulibaly è
fuggito e il giorno successivo si è barricato in un supermercato, prendendo alcuni ostaggi e chiedendo per il
loro rilascio la liberazione degli attentatori di Charlie
Hebdo, nel frattempo asserragliatisi in una tipografia. I
due fratelli Kouachi sono stati uccisi nel pomeriggio del
9 gennaio durante l'irruzione nella tipografia dopo un
conflitto a fuoco nella cittadina di Dammartin-enGoële. Anche l'altro terrorista, Amedy Coulibaly, è stato
ucciso, a Porte de Vincennes, nella zona est di Parigi,
durante la simultanea irruzione delle forze speciali
francesi all'interno del supermarket Kosher. Quattro
degli ostaggi sono stati uccisi e quattro feriti gravemente. La compagna di Coulibaly, Hayat Boumedienne,
26 anni, ricercata per essere interrogata come persona
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informata sui fatti, non era presente. Successivamente
si è scoperto che era partita il 2 gennaio per la Turchia,
con destinazione finale la Siria. E’ continuata la ricerca
del «quarto uomo», complice dei fratelli Kouachi e di
Amedy Coulibaly, e sembra essere stato identificato
dagli inquirenti grazie alle chiavi di una moto trovate
nel rifugio di Coulibaly, secondo quanto si apprende da
Le Parisien. L'uomo potrebbe però essere già fuggito in
Siria. “Je suis Charlie”, anche io sono Charlie. La Rete si
è mobilitata dopo l’assalto armato alla sede del settimanale satirico. In un paio d’ore, su Twitter l’hashtag
#JeSuisCharlie è stato rilanciato almeno 45mila volte,
accompagnato da immagini e vignette di ogni colore,
forma, contenuto. Solidarietà, dolore e indignazione
anche su Facebook. Una pagina dedicata, di sostegno al
settimanale, perché «la libertà di stampa è un fondamento della Repubblica» francese, ha superato i due
milioni di like. Ci sono state manifestazioni in tutta la
Francia, e quella di Parigi dell’11 gennaio ha raccolto
oltre due milioni di persone. Anche in Italia ed in altre
parti
del
mondo FlashMob, cortei
uniti a slogan
ed urla silenziose nei socialnetworks.
Non
sono
bastate 3 milioni di copie
per l’ultimo
numero
di
Charlie Hebdo, uscito il
14 gennaio
2015, che ha
realizzato una nuova ristampa la cui tiratura raggiungerà i sette milioni di copie per soddisfare le richieste
di chi, in edicola, si è sentito rispondere “tutto esaurito”. Sold out anche in Italia, dove in due giorni sono
state vendute con Il Fatto Quotidiano quasi 500mila
copie. C'è chi sostiene che la satira, per essere vera,
non debba far ridere. Anzi deve far incazzare. Se nessuno si incazza per una battuta di satira, quella battuta
non ha colpito il suo obiettivo. Quindi, ed è solo logica,
non cuore, Charlie Hebdo ha fatto bene il suo lavoro di
giornalismo di satira. Già nel 2006 il settimanale satirico fu denunciato da alcune associazioni islamiche per
una copertina ritenuta offensiva. La testata fu assolta e
la cronaca video del processo divenne un documentario proiettato al festival di Cannes. Leggere "Wolinsky,
Charb, Cabu, Tougnons" nell'elenco dei morti è stato
per gli appassionati di satira un duro colpo: come quando muore un personaggio famoso/pubblico
che ami. Non è la persona in sé, sono tutte le emozioni
che ha saputo evocare. E' Linus, Le Canard Enchainè, il
Male, Cuore. Charlie Hebdo era, è, e sarà sempre uno di
quei giornali che non risparmia nessuno, da Allah a
Israele, al Parkinson del Papa. In Italia forse il Male ci si
è avvicinato, in tempi più recenti talora il Vernacoliere,
in rete Umore Maligno, Spinoza, Kotiomkin e i molti che
sicuramente dimentico. Non la battuta gratuita, ma la
cattiveria che mette a nudo ciò che tutti potrebbero
pensare ma i più non dicono. E’ quella controinformazione di cui la satira è il lato più plebeo ma spesso anche
più efficace. Tutti coloro che reputano l’attentato una
“giusta punizione”, sappiano che i nemici non erano
Wolinsky, Charb, Cabu e Tougnons, ma il proprio modo
distorto di considerare i concetti satirici. Cos'è la libertà? Tutto quello che ha a che fare anche con le tavole di
un palco o con le pagine di un libro rappresenta una
manifestazione concreta dell'esigenza di essere se stessi, senza imposizioni o condizionamenti. Siamo o non
siamo liberi? Nonostante la dolorosissima manifestazione di violenza e morte a cui siamo stati costretti ad assistere, anche in Italia si continua a discutere sui limiti
della satira e della libertà di stampa, e c'è chi conclude:
“Se la sono cercata”. Un’affermazione che, come risposta, merita il richiamo ad un post di Facebook di un più
o meno noto gruppo musicale italiano: “Se qualcuno di
questi piccoli dittatori si fosse degnato di leggere Aristofane, avrebbe scoperto che la satira è una cosa che
comincia solo quando il limite è già stato superato, e in
questo assolve una funzione vitale per la società. Se il
mondo è un corpo ferito, la satira è il sale nelle piaghe
che ti fa sentire male e ti impedisce di far finta di niente.
Se uno cerca una risata di conforto, un ammiccamento
simpatico, un sorriso assolutorio, si può dedicare allo
sberleffo, alla macchietta, al cabaret. Generi altrettanto
complicati, ma che non si occupano di porre quella domanda: siamo o non siamo liberi? E la libertà è scivolosa e fa la sua strada, e non la puoi tenere, e non la puoi
scartare. E non la puoi controllare, zittire, uccidere”.
Chiunque di noi oggi ha letto vignette che ieri, forse,
non conosceva, e forse si è reso conto che non erano
semplici e sterili provocazioni, ma un pezzo della nostra
libertà. Ricordiamocelo oggi, ma soprattutto domani.
Ricordiamocelo quando rimbomberà la notizia di un
altro ignobile attentato, ma ricordiamocelo anche quando ci spiegheranno che si combattono le cellule terroristiche bombardando dall'alto mercati, scuole, ospedali.
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Quando qualche delinquente guarderà dall'altra parte
mentre centinaia di uomini affogano in mare, o quando
si tornerà a raccontare ogni islamico come alcuni islamici raccontano ogni occidentale: tutti uguali e tutti
peccatori. Non possiamo e non dobbiamo guardare a
noi solamente come vittime di una cultura estremista e
“barbara”, ma dobbiamo anche riconoscere la nostra
incapacità di abbattere gli stereotipi. “Il problema è che
sono loro a non provarci neppure”: la mancanza di dialogo è forse il silenzio più pericoloso che esista, la generalizzazione il vero muro da abbattere. Ricordiamocelo
la prossima volta verrà annunciata una guerra in nome
di Dio, di qualsiasi Dio si tratti. Ricordiamocelo, anche
in ogni giorno della nostra distratta vita quotidiana.
Tutto è politica. Anche non fare politica è un gesto politico. E non assumere posizioni ha infiniti effetti, compreso lasciare soli quelli che le hanno assunte. Perché il
teatro, la musica, la letteratura, come la satira, o sono
liberi oppure, semplicemente, non esistono. Possiamo
stringerci nell'indignazione, è facile e confortevole. Oppure possiamo chiedere a noi stessi e al nostro mondo
una pratica costante di partecipazione e libertà. Siamo o
non siamo liberi? Io voglio esserlo, dunque scrivo. E’ un
articolo su un giornalino scolastico, sì, ma è la mia voce,
è una scheggia della mina spezzata, ma immortale, dei
vignettisti di Charlie Hebdo. “Perché?” Difficile spiegare
cosa possa armare un gesto del genere. Quello che si
può fare è cercare di spiegare perché tutto questo è folle. Perché satira vuol dire libertà. Più per chi la legge
che per chi la fa. Perché se il tuo Dio, qualunque sia, è
davvero perfetto, non può non avere senso dell’umorismo. Perché se a una matita devi opporre un mitra, la
matita ha già vinto. Perché voler mettere a tacere la satira con un fucile è come provare a spegnere un incendio con il cherosene. Perché una battuta, una vignetta,
un monologo non hanno mai bombardato, stuprato,
sparato a nessuno. Perché se devi uccidere per imporre
le tue idee o non valgono niente le tue idee o non vali
niente tu. Perché da una matita spezzata ne nascono
due sane. Perché se spari alla libertà, quella continua a
volare. Je suis Charlie.
di Silvia Mazzei
Hexie Farm: uno spiraglio nella Grande Muraglia
“T
utti hanno il diritto di manifestare liberamente il
proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni
altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere
soggetta ad autorizzazioni e censure.”
(Articolo 21 della Costituzione Italiana)
La libertà d’espressione è un diritto fondamentale, che
troppo spesso viene, erroneamente, dato per scontato;
un diritto che, in questo inizio di 2015, è stato calpestato dai terroristi che hanno assaltato la redazione di
Charlie Hebdo e che viene ancora negato in molti paesi
del mondo.
Uno degli stati dove le restrizioni sono più rigide è la
Cina, l’immensa nazione asiatica di cui sappiamo poco,
ma non tanto per nostra ignoranza, quanto perché lo
stesso governo cinese filtra
attentamente le notizie da
diffondere, servendosi della
censura e del cosiddetto
“Great Firewall”, un sofisticato blocco informatico che
elimina alcuni siti, browser
e social network (sono banditi, ad esempio, Facebook,
Twitter, Google e Wikipedia) che potrebbero veicolare informazioni scomode.
Ma scomode per chi? Per il
Partito Comunista, che, al
contrario di quanto siamo
portati a pensare, non è
tramontato con la morte di
Mao Tse Tung, anzi continua a tenere le redini della politica.
La Cina, infatti, nonostante vanti l’effige di “Repubblica
Popolare Cinese”, è uno stato a partito unico che di repubblicano non ha quasi nulla e ancor meno ha di democratico, come si può dedurre anche dalle recenti proteste degli studenti di Hong Kong, scesi in piazza a migliaia per rivendicare un diritto che a noi pare quasi ovvio: poter eleggere il proprio governatore senza essere
costretti a scegliere soltanto tra i candidati approvati
dal comitato elettorale, un organo composto prevalentemente da esponenti filogovernativi.
In questo scenario che, pur con le dovute differenze,
ricorda vagamente il periodo fascista dell’Italia (il PCC è
sempre “grande e giusto”… non vi fa venire in mente la
propaganda che fecero un certo baffuto e il suo compare nostrano?), si colloca la vicenda di Crazy Crab, un
vignettista, la cui vera identità resta un mistero, che ha
deciso di denunciare nei suoi disegni la difficile situazione del paese. Il titolo del suo fumetto, Hexie Farm, è
stato inserito tra le “parole sensibili”, ovvero quelle che,
se digitate in un motore di ricerca, danno risultato nullo, e il suo lavoro è stato, ovviamente, censurato, però
ha raggiunto ugualmente una certa popolarità, soprattutto grazie alla “New Tang Dinasty Television”, che,
dalla sua sede di New York, lo ha fatto conoscere a mezzo mondo.
In Hexie Farm è raccontata la storia di una fattoria dominata da un solo partito, il Party-Party, che promette
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“giustizia ed equità”, ma che di fatto ha instaurato una
dittatura, chiude entrambi gli occhi di fronte ai quotidiani episodi di violenza che turbano la quiete e mette
tempestivamente a tacere chiunque osi avanzare qualche (legittima) critica. Nelle vignette che si susseguono
una dopo l’altra, si trovano personaggi come un maiale
grassoccio (il leader del Party-Party), vari animali ritratti in modo buffonesco (gli esponenti del Partito),
degli spaventapasseri (coloro che obbediscono docilmente agli ordini del Party-Party) e il popolo della fattoria, raffigurato il più delle volte in maniera indistinta.
I riferimenti all’attuale governo dispotico del PCC sono
abbastanza evidenti e non c’è da stupirsi del fatto che
Crazy Crab sia ricercato dalla polizia comunista e che
sia il primo artista cinese a fare satira politica: sfidare il
Partito significa mettere
a repentaglio la propria
incolumità e accettare il
rischio di finire in una
delle
“prigioni
nere” (così sono chiamati,
in Hexie Farm, i carceri
disumani che accolgono
chi dà fastidio ai rossi).
La satira, inoltre, è particolarmente avversata
perché è un mezzo di
comunicazione estremamente efficace, in
quanto porta a galla la
verità con battute salaci
e disegni provocatori,
che ridicolizzano chi ne è oggetto, mettono alla berlina
gli oppressori e fanno sorridere gli uomini, anestetizzando la paura, perciò un regime totalitario, che si basa
proprio sul terrore, non può tollerarla. Essa si muove
sul labile confine che separa l’ironia che diverte da quella che offende e, volendo, sarebbe possibile aprire una
digressione pressoché infinita su quale sia il limite che
non dovrebbe essere superato, però, a parte questo, la
satira può essere definita come un piccolo “sintomo” di
libertà ed è per questo che la sua comparsa al di là della
Grande Muraglia è particolarmente significativa: è un
primo, minuscolo segnale che forse qualcosa si sta muovendo.
Detto ciò, l’aria che tira a Pechino, Shanghai o Hong
Kong potrebbe anche non interessarci, se solo la Cina
non avesse un enorme credito nei confronti degli Stati
Uniti, non stesse procedendo spedita verso i vertici
dell’economia mondiale e la Terra non fosse simile a un
grande condominio. Tutto ciò che accade nel mondo, e
che scioccamente decidiamo di ignorare perché non ci
riguarda da vicino, prima o poi, per effetto della globalizzazione, si rifletterà anche su di noi e la storia di
Crazy Crab meritava di essere raccontata, per toglierla
dal cassetto con l’etichetta “Non sono affari nostri”, perché un paese che, nel XXI secolo, proibisce la libertà di
espressione e di stampa dovrebbe essere osteggiato,
non coperto.
di Sara Bichicchi
COPERNICO
Muri psicologici
“I
l muro di Berlino è caduto, ma i muri psicologici e
sociali non ancora”, nell’ultima assemblea è questo quello di cui abbiamo discusso nel forum appunto:” Muro di Berlino e barriere sociali”.
I due relatori, Valentina Betti e Matteo Fiaschi, sono
partiti dall’anniversario dei 25 anni della caduta del
muro per poi introdurre in un dibattito con tutti questi argomenti. Ovviamente provare a definire questi
muri non è facile, ma nel dibattito sono venute fuori
interessanti considerazioni.
Uno dei muri psicologici più forti è sicuramente quello
costituito dagli stereotipi. La società ci propone costantemente stereotipi, dalla ragazza che è bella solo
se è alta, con occhi chiari e magrissima alla persona
identificata come “da evitarsi” solo perché si veste in
modo più trasandato. È giusto ricordare che gli stereotipi sono causati anche dal consumismo: il tipico adolescente italiano del 2015 ha l’iPhone, il Woolrich e le
scarpe di marca. Fra i muri invece all’interno della società abbiamo quello che si crea tra le diverse etnie,
legato comunque agli stereotipi. A Prato possiamo trovare tantissimi esempi di persone discriminate solo
perché provenienti da un altro paese perché purtroppo è presente nell’idea comune che gli stranieri sono
tutti pericolosi ed incivili. Un altro muro sociale è
quello presente fra uomini e donne: spesso e volentieri sembra che l’uguaglianza fra i sessi non ci sia più,
specialmente in ambito lavorativo dove ad esempio
per una donna è più difficile fare carriera. Ancora fra i
muri sociali abbiamo quello fra gli Italiani del nord e
quelli del sud. Molto spesso ci sono esempi di persone
discriminate o messe in imbarazzo solo perché provengono dal Mezzogiorno. Ancora fra i muri all’interno della nostra società abbiamo quello fra i cittadini
Italiani e la classe politica, la quale nonostante il periodo di crisi è ancora ricca di privilegi.
Ovviamente queste sono solo alcune delle barriere
sociali presenti e si potrebbe elencarne ancora altre. Il
punto è che questa società piena di difetti sembra stagnarsi invece di progredire ed andare avanti cercando
di trovare la via del dialogo per “abbattere” questi muri. Sicuramente non è facile, ma neanche il muro di
Berlino è caduto subito, ci sono voluti quasi trent’anni
di manifestazioni e malcontento generale per arrivare
alla sua demolizione. Noi tutti siamo chiamati a prendere atto dei muri della nostra società e a cercare di
demolirli.
di Matteo Fiaschi
What about particypate
progetto, Inglese Per Una Cittadinanza GlobaQ uesto
le, realizzato grazie al supporto delle classi 5As, 5Is
Sarò sincera: eravamo scettici, molto scettici. L'idea di
una festa a scuola non ci attirava poi troppo, e nemmee 5Dl.
no il termine "Sostenibile", senza sprechi, senza sperperi. Solo quanto ci siamo ritrovati là dentro abbiamo caDurante il mese di dicembre alcune classi quinte hanno pito il vero senso: stare insieme senza finzioni.
avuto la possibilità di ospitare, scherzare e interagire
Quanti di noi possono assaporare la bellezza dello stare
con dei meravigliosi ragazzi provenienti da Melbourne, insieme ed essere felici in un modo naturale e a tratti
Australia. Si è subito instaurato un rapporto unico e
anche un po' infantile? Abbiamo ballato insieme e riso,
speciale, un mix indissolubile di lingue e sorrisi che dif- ci siamo presi in giro e appoggiati a vicenda, come se ci
ficilmente dimenticheremo. Ma non sono qui per parlar- conoscessimo da tutta una vita. Non c'era bisogno di
vi della cultura Australiana, dei loro sogni e di quanto
vestiti sfarzosi e all'ultima moda, di fingersi qualcuno
assomiglino ai nostri: sono qui per parlarvi del nostro
che con noi non c'entrava niente, bastava essere se stesSUSTAINABLE PARTY.
si e per una volta non avere paura di aprirsi a qualcuno
Viviamo in una società fredda, dai toni cupi illuminati
che, per quanto diverso, era simile a noi. E allora è nata
solo da qualche sprazzo di colore, e posso garantire a
la proposta: perché non farlo di nuovo? Si, intendo dire,
tutti che questi ragazzi sono stati un arcobaleno properché non fare un sustainable party coinvolgendo anrompente nelle nostre vite. Abbiamo affrontato insieme che chi questa esperienza non l'ha vissuta?
un percorso di condivisione di idee, passioni e abbiamo Abbracciamo la nostra voglia di vivere e buttiamoci in
deciso di coronare il nostro incontro con una festa, una questa avventura, scettici e non: se io ho accettato l'idea
festa speciale come loro. Abbiamo avuto un Party a
che loro festeggino il Natale in estate perché non provascuola, sul tema della Sostenibilità e della Partecipazio- re un sustainable party?
ne, e ognuno di noi ha avuto un ruolo.
di Federica Brunelli
8
ETICA
La “globalizzazione dell’indifferenza”
P
urtroppo il mondo di oggi è fondamentalmente
egoista e chino sui propri interessi; atteggiamento
che si riflette in tutti gli aspetti della vita di ognuno: in
famiglia, a lavoro, con gli amici e anche da soli. Ci siamo avviati sempre più verso un attaccamento a noi
stessi in un disinteresse
e un’indifferenza per gli
altri esorbitante.
E’ curioso come in questi giorni, in vista dei
numerosi attentati e
delle sanguinose stragi
ad opera di jihadisti,
fondamentalisti musulmani, esaltati, assassini,
ci ritroviamo a provare
solo una piccolissima
compassione e non ci
interessiamo minimamente di ciò che accade
al di fuori della nostra
vita fintanto che non vi
entra dentro. Ma perché
il 99% del mondo resta
a guardare impassibile e solo quelli che vivono da vicino queste esperienze cercano di apporvi un rimedio?
Sicuramente quello che succede oggi è anche il frutto
di un disinteresse e di una negligenza nella relazione
con l’altro. Il punto di partenza però è semplicissimo,
quasi trascurabile. Basti pensare all’atteggiamento che
ognuno ha nei confronti degli altri fin dai rapporti
adolescenziali; la frase “Non mi interessa” è praticamente sulla bocca di tutti ed è questa stessa espressione che manda avanti la maggior parte dei problemi.
Dall’indifferenza per la dignità altrui provengono le
offese, gli insulti, e, a un livello più grande, le guerre;
dall’indifferenza per la condizione dell’altro proviene
la famigerata “fame nel mondo”, gli aiuti mancati, l’accoglienza negata; sempre dall’indifferenza proviene
un notevole disinteresse, soprattutto nella nuova generazione, di molto di ciò che succede nel mondo e ciò
che vi è all’interno: in un mondo tanto incentrato sui
social e sulle frivolezze
siamo concentrati su un
mondo virtuale dove ci
siamo noi e basta.
Jorge Mario Bergoglio,
meglio noto come Papa
Francesco, ha definito
questo fenomeno la
“globalizzazione dell’indifferenza” in vista della
tragedia di Lampedusa
e la citazione è assolutamente centrata: “ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci
riguarda, non è affare
nostro. Ritorna la figura
dell’Innominato di Manzoni. La globalizzazione
dell’indifferenza ci rende tutti ‘innominati’, responsabili senza nome e senza volto”.
Ritengo che se avessimo dovuto vivere tutti concentrati sui propri interessi e sul proprio “io” saremmo
nati ognuno in un mondo a sé stante, nel pieno dei piacere e delle soddisfazioni materiali; però, è accaduto
diversamente: siamo in un mondo di più di 7 miliardi
di persone che trascurano gli interessi di tutti, anche
di chi gli è vicino. Lascio immaginare il mondo quanto
sarebbe migliore se ognuno potesse interessarsi anche
solo di una persona alla settimana.
di Alessandro Tacconelli
LICEO CLASSICO FORTEGUERRI
P
Cinque domande
arigi. É una mattina fredda di gennaio. Siamo vicini
a Place de la Republic. Due uomini entrano furtivi
in un palazzo. Fuori una targhetta con la scritta "Charlie
Hebdo", nome del famosissimo giornale francese che lì
ha sede. I due uomini vestiti di nero salgono le scale.
Entrano nella stanza delle riunioni e freddano varie persone. Charbonniet, pensatori, Cabu, idee, Tignous, vite,
Wolinsky, onestà. I due scappano. Nella fuga ammazzano chi capita, anche un poliziotto, che se ne stava a terra, già ferito. Si scoprirà poi che i due erano terroristi,
forse dell’Isis forse di Al Qaeda. Succederanno altre cose, ma è bene premere il tasto stop del telecomando e
farsi alcune domande:
1) Erano fondamentalisti islamici? No. Erano terroristi.
Le parole possono sembrare poca cosa ma il peso è
enorme. La distinzione è necessaria perché - altrimenti
9
- potremmo cadere nel facile errore di dar via ad un
odio razziale ed etnico alquanto immotivato. Purtroppo
alcuni finti intellettuali (vedi Le Pen in Francia, vedi Salvini in Italia) non hanno perso occasione per sparare a
zero proprio in questo senso, strumentalizzando un
dramma e facendo campagna elettorale sulla vita di alcune persone. Grottesco.
2) A chi conviene tutto ciò? Perché un attentato ora?
Una cosa in cui dobbiamo essere straordinariamente
lungimiranti è la lettura della storia: riflettiamo: il 25
gennaio in Grecia ci sono le elezioni, con il candidato di
Syriza, Alexis Tzsipras, uomo della sinistra, uomo che
vuole l’uscita della Grecia dall' euro, uomo scomodo alla
centralità europea, nettamente favorito. Il partito di Alba Dorata però, partito di estrema destra, dal momento
dell’attentato ha preso il 3.4 per cento in più nei son-
daggi. Un oceano. Stessa situazione in Spagna, con il
movimento dei Podemos, anti europeisti convinti, che
ormai si preparano a guidare il paese. Forse mai come
oggi un attentato era la cosa ideale per gli interessi di
molti. Se è di stampo religioso poi è perfetto.
3) Come diavolo è nato l'Isis? Come hanno raggranellato i miliardi di cui dispongono? Perché nessuno dice che
è l’Arabia Saudita (paese Nato) a vendere loro armi e
passare loro soldi? Perché non si dice che il Pkk, il gruppo che in Siria combatte l’Isis, è considerato dagli USA
come terrorista?
4) che cos' è la libertà di stampa? Senza dubbio il cardine di uno stato libero e democratico. Con la religione è
la stessa cosa? Si. E deve esserlo. Non si può limitare la
libertà di creare ad artisti.
5) L'Italia è un paese libero? No. Secondo una classifica
redatta dall' Onu il nostro è ll'84esimo paese, dietro le
Isole Tonga, per la libertà di stampa, di satira e di
espressione. Poi però il Governo va a marciare a Parigi
ed ecco che, con un sorriso ed un selfie, per magia, è finito tutto.
di Lorenzo Vannucci
LICEO CLASSICO CICOGNINI
Politicamente corretto
F
inalmente, dopo mesi di lungo lavoro, la loro fiaba
era finita; vi avevano dedicato tutto il loro impegno
raccogliendo versioni diverse e pensando ai bambini
che se la sarebbero fatta leggere. Ora tutto questo doveva essere giudicato da quella variopinta assemblea china sulla propria copia, stava a loro decidere se si poteva
procedere con la pubblicazione. La tensione tra i due
fratelli era evidente, era in corso una vera lotta di sguardi: Jacob avrebbe voluto un principe alternativo, niente
cavallo ma una potente Harley Davidson, Wilhelm invece pensava che la regina non avrebbe dovuto chiedere
consigli allo specchio ma alla sua retrocamera … avevano infine optato per una versione molto più tradizionale
nella speranza di soddisfare l’assemblea. Il primo a deporre la sua copia di “Biancaneve” fu l’assessore alla
cultura: - bella, veramente ben fatta, i bambini la adoreranno … - I bambini, sì, ma noi? – ribatté il rappresentante dei
genitori – quale padre o madre vorrebbe che sua figlia
desiderasse andare a vivere nel bosco con sette uomini?
– sulla fronte di Jacob spuntò una gocciolina di sudore,
si rimproverò per non aver proposto che i nani fossero
gay così da non preoccupare i genitori.
- E io cosa dovrei dire? Una disgraziata che scappa di
casa, non va a scuola e si rifugia nel bosco! Inaccettabile.
– decretò la direttrice scolastica.
- Dov’è finita la democrazia? Re, regine, principi e principesse … non possiamo inculcare ai nostri figli il desiderio di una monarchia! – si infervorò il sindaco.
- E poi avrò di certo reclami dall’alimentari! – replicò il
10
rappresentante dei commercianti – non venderanno più
una mela! – Wilhelm si rammaricò di non averla fatta
andare in overdose per non ricevere reclami dall’inesistente rappresentante degli spacciatori.
L’assessore al turismo stava per parlare ma venne prepotentemente interrotto dal venditore di specchi e lampadari di cui Jacob non si spiegava la presenza dato il
rappresentante dei commercianti …
- Io non potrò mai vendere uno specchio che parla! Andrò in fallimento … - Immaginatevi i danni che tutto questo porterà al turismo! Un lupo nel bosco, una bambina con il cappuccio
rosso, il cacciatore che salva tutti … - l’assessore si bloccò quando vide che tutti lo fissavano senza capire
- Mi scusi, signor assessore- intervenne Wilhelm – abbiamo presentato “Cappuccetto rosso” tre mesi fa … - il
poveretto si fece tutto rosso
- Volete dire che questi fogli erano diversi? Avrei dovuto
leggere altro?! – i due sventurati fratelli Grimm annuirono sconsolati – Ah, spero bene che la vostra scorsa
fiaba non sia stata pubblicata, troppi danni, troppi danni … - continuò a borbottare.
E i due fratelli Grimm tornarono al loro appartamento
che dividevano con un motociclista omosessuale che
organizza rave party nella sua casa in campagna, tristi e
sconsolati, pronti a scrivere una nuova, fantastica storia
politicamente corretta.
di Asia De Luca
FILM E SERIE TELEVISIVE
The Imitation Game
T
he imitation game (UK – 2014) 114
min.
"Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose
quelle che fanno cose che nessuno può immaginare..."
- Regia: Morten Tyldum
- Interpreti: Benedict Cumberbatch, Keira Knightley, Matthew
1939, Bletchley Park, Inghilterra. Il giovane prefessore Alan Turing (Benedict Cumberbatch) si reca a un
colloquio di lavoro nell'ufficio del comandante Denniston (Charles Dance) per un incarico top secret, ma il
matmatico è già a conoscenza di cosa dovrà fare.
Enigma, la macchina di cifratura usata dai tedeschi
durante la guerra, permetteva di falciare vite ogni
minuto. Una squadra di matematici, crittografi e linguisti era stata formata dal comandante per decrittare i messaggi nazisti, ma il numero di impostazioni
della macchina aveva 18 zeri e venivano cambiate
tutti i giorni. Turing ottiene il lavoro e presto arriva al
comando, costruendo una macchina che avrebbe dovuto risolvere Enigma. Una crittanalista, Joan
Clarke (Keira Knightley), si unisce alla squadra entrando subito in empatia con Alan e insieme, a dispetto del poco tempo a disposizione, dei nemici militari e
delle minacce ministeriali, arrivano a far scattare la
macchina. Enigma è risolto. E da quel momento inizia
la loro tortura.
Pieno di flash-back e flash-foward, questo film ci condurrà dagli anni della giovinezza di Turing al
dopoguerra, passando dalla vittoria sui nazisti alla
sua condanna per indecenza per la sua inclinazione
omosessuale.
Nel 2009 il primo ministro inglese ha chiesto scusa
pubblicamente per il modo in cui lo studioso era stato
trattato, da
parte del
governo e di
tutti quelli
che oggi vivono liberamente grazie a lui.
La pellicola,
uscita a novembre in
Inghilterra e
a gennnaio
in Italia, ha
ricevuto
numerose canditature e premi, tra i quali otto nomination per gli Academy Awards 2015.
Il film è stato criticato per la sua accuratezza storica
non esattamente da manuale ma, come ha detto il
regista:"Un sacco di film storici a volte sembrano persone che leggono una pagina di Wikipedia; volevamo
che il film fosse emotivo e passionale. Il nostro obiettivo era quello di mostrare come era Alan Turing. Che
cosa significa la sua storia. Cosa vuol dire essere Alan
Turing.”
di Marta Massenzi
Chi ha il coraggio di rompere le regole?
W
alter White è un professore di chimica in un normale liceo di Albuquerque, nel New Mexico. Ha
una moglie, Skyler, che aspetta una bambina, e un figlio
adolescente affetto da paresi cerebrale, malattia che lo
costringe ad usare delle stampelle. A causa dello scarso
stipendio, Walter lavora anche in un autolavaggio, dal
quale in seguito decide di licenziarsi dopo uno scatto
d'ira.
Alla soglia dei cinquant'anni scopre con alcune analisi
di avere un cancro ai polmoni che potrebbe ucciderlo di
lì in capo a due anni, forse provocato da alcune sostanze
chimiche tossiche con le quali era stato a contatto per
un lungo periodo di tempo nel suo laboratorio. Dopo
questa scoperta, si sente come se gli fosse crollato il
mondo addosso e non ha la più pallida idea di come riuscire a mantenere la propria famiglia.
Un giorno, per movimentarsi un po', Walter decide di
partecipare ad una cattura insieme ad alcuni agenti del11
la DEA, il dipartimento anti-droga statunitense, tra i
quali anche suo cognato Hank, mobilitati per sgominare
un gruppo di spacciatori di metanfetamina. Uno di questi criminali riesce a scappare, ma viene riconosciuto
dal professore come un suo ex-allievo, Jesse Pinkman.
Senza avvertire nessuno, White decide di contattarlo
per mettere su una squadra di produzione di una MET
purissima: in questo team, il chimico produce grazie
alla vastissima conoscenza del settore scientifico mentre il ragazzo si fa strada tra i possibili acquirenti.
Cos'è questa storia alquanto intricata? Ma si tratta di
Breaking Bad ovviamente, un telefilm composto da cinque stagioni, già tutte fatte e finite, apprezzato sia da
giovani che da adulti per la sua originalità e, purtroppo,
anche veridicità.
Perché ormai è così difficile trovare un lavoro stabile,
che molti disoccupati riescono a inventarsi e a compiere l'impossibile pur di mantenere la propria famiglia. E'
una situazione a mio parere disperata e disastrosa; non
è possibile ridursi a compiere crimini pur di racimolare
un gruzzolo di soldi, non per avarizia ma per istinto di
sopravvivenza e per necessità. Inoltre, anche se giusto e
legale, sarebbe disumano condannare queste
stesse persone; perché
dopotutto una parte di
colpa va attribuita anche alla società ed allo
stato, ai funzionari e agli
onorevoli che pur non
facendo niente dalla
mattina alla sera percepiscono uno stipendio
stellare a più di cinque
cifre.
Un altro riferimento simile riguarda un film italiano,
uscito nel grande schermo quasi un anno fa, e cioè
Smetto quando voglio: questo racconta delle peripezie
della cosiddetta banda dei ricercatori, formata da sette
uomini intelligentissimi e tutti dotati di dottorato, che
per guadagnare qualche soldo decidono di produrre un
nuovo tipo di droga che non è presente nella lista delle
sostanze stupefacenti proibite dal Ministero della Salute. La morale di questa storia è divertente ma al tempo
stesso disarmante, infatti il tutto finisce in una scena in
cui Pietro Zinni, un neurobiologo a capo del team, si trova in galera a parlare con la sua compagna. Sono entrambi preoccupati perché la condanna potrebbe scadere entro i sei mesi seguenti, dopodiché lo scienziato potrebbe tornare a casa
ma al tempo stesso rinuncerebbe allo stipendio offertogli come insegnante di scienze ai detenuti che vogliono ottenere il diploma e cioè
soldi che a loro servono
per vivere e per far crescere loro figlio; allora
Pietro decide di partecipare ad una rissa con
alcuni albanesi alla quale seguirebbe un allungamento di pena,
Quindi, sostanzialmente, ci sono molti tipi di ladri, ma
tutti racchiusi in solo due gruppi principali: i ladri malvagi, arraffoni, pieni di sé e di manie di protagonismo,
superbi ed egoisti. E poi i seguaci di Robin Hood, che
rubano ai ricchi per donare ai poveri.
Chi preferite?
di Demetra Gregoriadi
VIDEOGIOCHI
Watch Dogs
S
e avete sempre sognato di poter avere una città sistema, raccogliendo informazioni per conto di uno
come Chigago sotto il vostro completo controllo,ora strano individuo, il quale decide di mandare qualcuno a
lo potete fare. Uscito il 27 maggio 2014 sia per console 'spaventare' lui e la sua famiglia. Questo porta alla
di vecchia che di nuova
morte di sua nipogenerazione,watch dogs è
te,Lena,da qui parte una
stato subito amato. Il giolunga storia che ruota inco,come già detto,si svolge
torno alla vendetta per la
a Chigago.
morte di sua nipote.
La città oggi è gestita completamente dalla tecnologia; è la prima città,infatti,a poter sfruttare
della Blume Corporation
detta anche ctOS,un sistema avanzato in grado di
controllare non solo cellullari,computer e bancomat ma anche semafori,dissursori,tubature,telecamere
e molto altro ancora. Ma solo un bravo hacker è in
grado di riuscire a intrufolarsi nel sistema e mandare
tutto all'aria;ed è proprio qui che entra in gioco Aiden
Pearce. La trama ruota intorno proprio a quest'ultimo.
Il gioco inizia con un colpo nell'atrio di un hotel,nel quale Aiden è impegnato ad hackerare,con il suo
smartphone,laptop e telefoni dei clienti. Non è da solo
però:infatti un secondo hacker riesce a connettersi al
12
Nel
gioco,ci
troviamo,quindi, nei panni di
Aiden Pearce,in cerca di
risposte ma soprattutto di
vendetta. Il gioco vi terrà
impegnati per circa 18-19
ore,senza contare le innumerevoli missioni secondarie e i vari oggetti da raccogliere.
Creato dagli stessi produttori della saga di Assassin's
creed e Far cry (Ubisoft),il gioco non pecca nè nella
grafica,a dir poco magnifica,nè nella storia.
di Alessandra Santoni
LE VIGNETTE
di Stefano Ciapini
13
COMITATO FOTO
“London” - Matilda Martini
“Piramide Maya” - Alessio Goricchi
“Surfer in Malibu” - Virginia Gelli
14
ISTRUZIONI PER L’USO
Zonzelle
ZONZELLE ISTRUZIONI PER L'USO
INGREDIENTI PER 500 g D'IMPASTO
-300 g di farina 00
-150 g d'acqua
-10 g di lievito naturale
-olio d'oliva
-padella (la friggitrice purtroppo non è un must di ogni casa)
-rondella
-forchetta
-sale
-fame
1 PASSO: per prima cosa dovete assemblare gli ingredienti
principali e formare un qualcosa la cui forma dovrebbe assomigliare – almeno lontanamente – ad un pallina. Prendete dunque una ciotola di plastica e versateci dentro
farina, acqua e lievito, opportunamente sbriciolato.
2 PASSO: osservate le vostre mani pulite e salutatele con sentimento. Poi infilatele fra l'acqua e la farina e cominciate a mescolare il tutto. Il composto sulla pelle può fare un po' schifo all'inizio, ma poi diventa divertente.
3 PASSO: continuate a rimestolare le tre entità fin quanto il tutto si solidifica andando a formare la sopracitata
pallina bianca. Sciacquatevi le mani eliminando i residui appiccicati alle dita, poi coprite la ciotola in cui sta la
palla con un asciughino e abbandonatela in un angolo.
4 PASSO: lasciate lievitare per circa mezz'ora l'impasto. In un questo lasso di tempo fate altro. Non sollevate
assolutamente il telo per sbirciare e controllare se la pallina si è evoluta: potreste bloccare il processomolecolare-della-lievitazione e in sintesi, succederebbe un casino.
5 PASSO: trascorsi i trenta minuti assicuratevi che la pallina sia lievitata. Un fornaio di mia conoscenza consiglia di disegnare con un coltello una croce sulla superficie dell'impasto prima di farlo riposare. Se dopo mezz'ora gli spacchi si sono aperti, la palla è pronta.
6 PASSO: spianate la pallina col matterello fino a che non diventa una lamina sottile. (In alternativa potreste
fare i sofisticati e usare uno stendipasta, aggeggio alquanto divertente e comodo. Basta che utilizziate quello
manuale, perché quelli a motore fanno casino e basta. State attenti alle dita.)
7 PASSO: tagliate la pasta ottenuta con una rondella e create le zonzelle delle forme/misure che più vi aggradano. Sappiate solo che più sono spesse/grandi, più ci vorrà a friggerle, più si riempiranno d'olio. Poi bucatele
con una forchetta. Nel frattempo scaldate l'olio nella padella. Per controllare se è caldo abbastanza buttateci
dentro un frammento di pasta: se non va a fondo e sfriggola, è ok.
8 PASSO: armatevi di grembiule e inserite nell'olio bollente le zonzelle, a due o tre per volta, giudicate voi. Con
qualche utensile domestico trovabile nei cassetti della cucina rigirate le zonzelle al momento giusto per fare in
modo che si colorino da entrambi i lati. Non fatelo un miliardo di volte. Siate pazienti, perché “il fritto va lasciato stare”.
Ah, non lanciate le zonzelle dall'alto. L'olio potrebbe anche rendervi ciechi, se vi finisce negli occhi.
9 PASSO: quando le vostre creazioni si saranno dorate da entrambe le parti, toglietele dall'olio (mi raccomando non con le mani..) e adagiatele delicatamente su un piatto.
10 PASSO: si consiglia il sale come condimento, ma qualche miscredente mette lo zucchero. Le vostre zonzelle
sono pronte, buon appetito.
CONSIGLI DEL GUIDO: non rifriggere l'olio perché fa malissimo!!
il sale è il male della cucina, non usatelo, fa stringere le vene!!
di Isabella Giusti
15
WONDERWALL
Capitolo IV
L
a mente di Jason brulicava di mille pensieri. Era
divisa in due:non sapeva se seguire il cuore o se
pensare alla sua reputazione. Se avesse scelto
cuore,sarebbe stato con Emily perdendo la sua reputazione ma se avesse scelto la reputazione,Emily sarebbe
rimasta solo un bel ricordo nella mente e nell'adolescenza di Jason. Doveva compiere una scelta ma il tempo
era ben poco.
fratello è rimasto coinvolto in un incidente" disse la madre con voce rotta. "Arrivo" rispose Jason riattaccando.
Prese la macchina della madre parcheggiata nel vialetto
di casa e raggiunse l'ospedale.
Corse per i corridoi del pronto soccorso e trovò la stanza dove era ricoverato il fratello. "Jason" disse la madre
abbracciandolo. "Come sta?" chiese Jason staccandosi
da quell'abbraccio. "Per fortuna,si è rotto solo la gamba
Mentre la sua mente elaborava possibili soluzio- destra ma a quanto dicono i dottori,poteva andare molni,arrivò a casa. Entrò e notò subito che tutto era rimas- to peggio" disse la madre a Jason.
to come la mattina quando era uscito:il buio padronegAspettarono fino alla mattina del giorno dopo,quando il
giava e nell'aria c'era ancora l'odore della colazione.
fratello di Jason fu dimesso dall'ospedale.
Cercò per tutte le stanze i genitori e il fratello urlando i
Sapeva benissimo che ora,avrebbe dovuto occuparsi di
loro nomi invano. Controllò il telefono di casa sperando
suo fratello,senza avere il tempo di uscire con Emily. La
di trovare un messaggio sulla segreteria telefonica che
scelta era quindi rimandata.
avrebbe chiarito la situazione. Niente di niente. Non
c'era traccia nè dei genitori nè del fratello. Ipotizzò i **********
possibili 'incidenti' che erano potuti succedere dalla Passarono due settimane da quel tragico incidente,e di
mattina al pomeriggio. Terrorizzato e allo stesso tempo Emily non era rimasto altro che una figura sbiadita e un
preoccupato,decise di telefonare al padre. Compose,con bellissimo ricordo nella mente di Jason. Con il fratello in
mano tremolante,il numero. Appena mise il telefono quelle condizioni,non aveva tempo di incontrarall'orecchio,sentì la suoneria del padre provenire dalla la,nonostante tutto fosse il desiderio più grande.
cucina. "Maledizione" disse Jason riattaccando il teleUn pomeriggio,però,qualcosa di inaspettato lo sorprese.
fono. Provò a telefonare alla madre sperando in una
risposta. "Pronto?" rispose la madre. "Mamma,dove sidi Alessandra Santoni
ete?!" disse Jason preoccupato. "Siamo all'ospedale. Tuo
16
ANGOLO DELL’ENIGMISTICA
di Maria Huynh
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3
4
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5
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71
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74
75
76
77
ORIZZONTALI
1 Vi si trova Plaza Mayor; 3 sedicesima lettera dell'alfabeto italiano; 7 dolce austro-tedesco a forma di palla ripieno di marmellata; 11 moglie di Zeus; 12
pseudonimo di Giovanni Pellino; 14 se non è ingenium; 15 Polanski il regista; 17 presidente della Slovacchia durante il terzo Reich;18 anione derivante
dalla dissociazione dell'acido cromico; 19 significato di obrigado/a; 20 attuale presidente della regione Veneto; 21 conformazione ripida rocciosa; 22
cantano stop crying your heart out; 25 Eljero, centocampista olandese in prestito al Southampton ; 26 Piano Nazionale Informatica; 27 medici in prima
linea (serie televisiva); 29 canta Titanium feat David Guetta; 30 simbolo del cesio; 31 forma obsoleta per dire con sé; 32 marcatura che certifica un
prodotto conforme agli standard europei; 33 pianta aromatica appartenente alla famiglia delle Lamiaceae ; 36 canta what a feeling; 37 deriva dal latino
peditum; 39 va bene in inglese; 40 film del 1982 diretto da Steven Spielberg; 41 segno zodiacale cinese del 2015; 44 Edgar Allan ; 45 Ambito Territoriale Ottimale; 46 simbolo del rame; 47 vi è ambientata una celebre favola dei fratelli Grimm; 49 ha diffuso il Dottor Zivago in Russia; 50 il partito di Renzi;
51 liquore ottenuto dalla distillazione della melassa della canna da zucchero; 54 protagonista di Kingdom Hearts ( PlayStation 2); 56 abbreviazione di
disco magneto-ottico; 58 lo si è da esausti; 59 figura della mitologia greca, padre di Otrera; 61 i dreadlocks; 63 deriva da una parola greca che significa
ripresa; 67 effettua servizio di trasporto pubblico a Prato; 69 lo è il Giudizio Universale di Michelangelo; 71 complesso chimico membro di una famiglia
di composti chiamati porfirine; 72 canzone di Katy Perry “This is part of..”; 73 passare del tempo; 75 famoso Padre che visse a San Giovanni Rotondo; 76
significato di Ich; 77 dolce natalizio originario di Verona.
VERTICALI
1 casa automobilistica fondata da Karl Benz; 2 web browser open source multipiattaforma ideata da Benjamin Meyer; 3 ha origini italiane ed è figlio del
conte Salvatore; 5 canta Cola Song con J Balvin; 6 Blasio, sindaco di New York; 7 catena di fast-food specializzata nella vendita di pollo fritto; 8 metà del
diametro; 9 conduce l'Eredità; 10 pronome personale maschile plurale; 13 film d'animazione Disney ispirato alla “Regina delle nevi”; 16 femminile di
amaro; 23 merce in giacenza in magazzino; 24 Victoria, programma di fashion; 30 verbo di citato; 34 si trovano su Apple Store; 35 paese in cui fu ucciso
l'erede al trono d'Austria Francesco Ferdinando; 38 tribunale amministrativo regionale; 42 precede il sorgere del sole; 48 medium earth orbit ; 50 si
trova con i morti di morte violenta nell'Anti Purgatorio; 52 sigla del Regno Unito; 53 cessazione delle funzioni biologiche che definiscono gli esseri viventi; 55 il cantante Zero; 57 personale non docente a servizio nella scuola; 60 lo è quello di Dreyfus; 61 supply chain operations reference; 62 se non è
chiuso; 64 codice vettore ICAO per Air France; 65 lo sono quella maggiore o minore; 66 strumento a percussione utilizzato nella musica brasiliana;68 lo
sono Tip, Tap, Minnie; Topolino; 70 l'ultimo nato di una covata o nidiata; 71 nel canto III del Paradiso Dante afferma che levò il capo a profferer più...; 72
termine inglese che si utilizza per indicare qualsiasi cosa; 74 vi è alla fine di ogni favola o film.
17
Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato a questo numero scrivendo,
leggendo e spillando. Grazie per il vostro contributo, senza il quale Sintomi
non esisterebbe
E’ disponibile anche una versione
digitale sul sito scolastico.
Alessandro Tacconelli (3AS)
Sara Bichicchi (3AS),
Valentina Saccomando (4DS)
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Alessandra Santoni (4CL)
Demetra Gregoriadi (2FS)
Federica Brunelli (5IS)
Isabella Giusti (3DS)
Marta Massenzi (4AS)
Matteo Fiaschi (4ES)
Sara Relli (5AL)
Silvia Mazzei (5DS)
Stefano Ciapini (5IS)
Virginia Gelli (3IS)
Lorenzo Vannucci (Liceo Classico Forteguerri)
Asia De Luca (Liceo Classico Cicognini)
Inquadra questo codice con la tua
fotocamera!