gennaio 2015 - "N. Copernico" Prato
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gennaio 2015 - "N. Copernico" Prato
NUMERO 45 GENNAIO 2015 EDITORIALE Alessandro Tacconelli………………………………………………………………………………………………………… 3 ATTUALITA’ -Essere solo Africani Sara Relli……………………………………………………………………………………………………………………... 4 -Charlie Hebdo Silvia Mazzei………………………………………………………………………………………………………………………... 5 -Hexie Farmi:uno spiraglio nella Grande Muraglia Sara Bichicchi………………………………………………………………… 7 COPERNICO -Muri Psicologici Matteo Fiaschi……………………………………………………………………………………………………………………. 7 -What about Particypate Federica Brunelli…………………………………………………………………………………………………... ETICA 8 -La “globalizzazione dell’indifferenza” Alessandro Tacconelli…………………………………………………………………………. 9 LICEO CLASSICO FORTEGUERRI -Cinque domande Lorenzo Vannucci …………………………………………………………………………………………………………….. LICEO CLASSICO CICOGNINI -Politicamente corretto Asia De Luca ……………………………………………………………………………………………………………. 10 FILM E SERIE TELEVISIVE -The Imitation Game Marta Massenzi…………………………………………………………………………………………………………….. 11 -Chi ha il coraggio di rompere le regole Demetra Gregoriadi ………………………………………………………………………….. VIDEOGIOCHI -Watch dogs Alessandra Santoni……………………………………………………………………………………………………………………. 12 LE VIGNETTE Stefano Ciapini……………………………………………………………………………………………………………………………….. 13 COMITATO FOTO Matilda Martini, Alessio Goricchi, Virginia Gelli ………………………………………………………………………….. 14 ISTRUZIONI PER L’USO -Zonzelle Isabella Giusti ………………………………………………………………………………………………………………………………... WONDERWALL 15 -Capitolo IV Alessandra Santoni…………………………………………………………………………………………………………………… ANGOLO DELL’ENIGMISTICA………………………………………………………………………………………………………………………………... 16 17 2 A EDITORIALE nno nuovo, Sintomi nuovo! No, solo nell’aspetto di questo mese, in sostanza il nostro giornale è rimasto lo stesso. Anche i sintomi influenzali sono rimasti gli stessi e siamo alle prese con medicinali di tutti i tipi. Riguardo agli atti terroristici, questo mese ne è pieno e sembra davvero che ormai non si parli d’altro. Ci sono reazioni diverse a questo bombardamento da parte dei media. C’è chi si interessa attivamente, chi è disinteressato di suo e chi lo è diventato a seguito dei ripetuti crudi eventi. Purtroppo la lettura del giornale, a causa della ampia cronaca nera e di ampie discussioni in merito a temi impegnativi, questo mese potrebbe risultare molto pesante. Effettivamente, non sono letture facili quelle che vi proponiamo questo mese ma hanno sicuramente qualcosa di costruttivo da trasmettere e speriamo che da queste forti riflessioni e meditazioni possa scaturire un atteggiamento di comprensione e sensibilizzazione. Questo mese è particolare perché vede la sofferenza di due delle tre religioni mondiali monoteiste: l’ebraismo, che ricorda la shoah, e l’islamismo che viene tanto confuso e attaccato a causa del fondamentalismo; anche il cristianesimo, in realtà, soffre a causa del formalismo etico che lo circonda e che allontana credenti. Di fronte a questa realtà, come comportarsi? Far finta che non succeda nulla fintanto che non accade qualcosa nella nostra città o altro? La questione è aperta, ovviamente, e ognuno si comporterà come meglio crederà. Tuttavia, vorrei che memoria fosse la parola centrale del mese. Che questa memoria non sia un atto formale e fine a sé stesso ma ci sproni a comportarci meglio nell’avvenire, con un occhio verso il passato e la direzione del cammino verso il futuro. Per prima cosa dobbiamo ricor- dare che siamo anzitutto uomini, poi eventualmente, iniziano le divisioni convenzionali. Molti non tengono conto di questo e tendono a sottovalutare e trascurare questi accaduti che affliggono paesi lontani e vicini a noi. In ambiente scolastico, invece, il quadrimestre si sta chiudendo e si tirano le somme! Cosa ci riserveranno i nostri docenti? Alessandro Tacconelli 3 ATTUALITA’ Essere solo africani S crivo oggi, mentre a Parigi i capi di Stato di oltre quaranta Paesi, fra cui anche alcuni africani, sfilano per le vie della città per manifestare contro il terrorismo che, in soli tre giorni, ha fatto diciassette morti nella capitale francese. Più o meno negli stessi giorni, in Nigeria, quello che è già stato soprannominato “il massacro di Baga”, di morti ne ha fatti duemila. Ma l’Europa sembra non essersene quasi accorta. Prima dell’effettivo attacco alla città, Boko Haram aveva assaltato la base militare della Multi-National Joint Task Force a Baga, nel nord del paese; all’alba del 3 gennaio, il gruppo jihadista Boko Haram è entrato nella stessa città e ha cominciato a sterminare la popolazione civile, dando fuoco alle case e agli edifici e distruggendo in quattro giorni sedici villaggi. Le immagini via satellite diffuse da Amnesty International, che ha definito la carneficina messa in atto da Boko Haram come “l’attacco più efferato e distruttivo contro i civili”, sono immagini di morte e distruzione, dove le lamiere che fungevano da tetto per le case sono accartocciate per terra e coperte da una spessa polvere grigia. In hausa, la lingua di alcuni Stati dell’Africa sub-sahariana che mescola latino e arabo, Boko Haram significa “l’educazione occidentale è peccato”: è ancora più impressionante se si pensa che haram, in arabo, indica un divieto categorico e stabilito per legge. In questi giorni, i televisioni e i giornali risuonano di termini arabi e la parola jihad è ormai diventata per l’Occidente sinonimo di “terrorismo”. Ma in origine, agli albori delle predicazioni di Maometto nella penisola arabica, questo termine aveva un significato profondo e estremamente personale: per ogni musulmano rappresentava un percorso intimo, la propria ricerca della fede, lo sforzo e la tensione necessari per raggiungere interiormente il vero significato dell’Islam e viverlo quindi nel migliore dei modi. Solo in seguito, il Corano iniziò ad amalgamare al significato primario della jihad quello del combattimento difensivo e quindi della lotta armata e della difesa di un popolo. Jihad come autodifesa, non come attacco, niente a che vedere, quindi, con la violenza che ha massacrato migliaia e migliaia di civili in Nigeria. In quattro giorni di guerriglia a Baga e a Doron Baga, oltre 3100 edifici sono stati devastati e le strutture ospedaliere sono andate in tilt per via dei continui arrivi di feriti, mentre il lago Ciad, quella pozza d’acqua poco profonda nel Sahel, a sud del Sahara, è diventata la meta per coloro che cercavano in qualche modo di salvarsi. Ancora non si conosce esattamente il numero dei morti e forse non lo si conoscerà mai: alcune fonti parlano di centinaia e centinaia di vittime, mentre Amnesty International sostiene che in totale i morti potrebbero essere duemila. Fatto sta che bastano le testimonianze dei sopravvissuti per capire la gravità e la brutalità con cui Boko Haram compie le sue mattanze in quel paese 4 martoriato che è la Nigeria. Dal 3 al 7 gennaio i terroristi di Boko Haram hanno massacrato chiunque si trovassero davanti: i bambini piccoli e gli anziani sono stati uccisi per primi perché incapaci di fuggire velocemente, una donna che stava partorendo è stata uccisa a colpi di mitra, i feriti gravi che affollavano gli ospedali sono stati a volte lasciati a morire nei corridoi e nelle strade, mentre in molti sono fuggiti verso il confine con il Ciad attraverso la boscaglia. “Ho corso nella boscaglia, e mentre noi correvamo, loro sparavano e uccidevano” ha riferito un uomo ai giornalisti, mentre una donna, con il suo racconto, ha gettato una luce sull’altro risvolto della politica assassina e terrorista di Boko Haram, ossia quella dei rapimenti delle ragazze: “Ci hanno preso, eravamo circa 300 donne, e ci hanno portato in una scuola di Baga. Dopo quattro giorni hanno lasciato andare le anziane, le madri e la maggior parte delle bambine ma hanno trattenuto le donne più giovani". Un altro sopravvissuto ha riferito di essere fuggito calpestando cadaveri per cinque chilometri. Quelli che sono riusciti a fuggire si sono rifugiati a Maiduguri, capitale dello Stato di Borno, proprio in quella città in cui il 10 gennaio una bambina di dieci anni è stata imbottita di esplosivo e fatta saltare in aria, provocando la morte di diciannove persone. Il giorno dopo altre due bambine sono saltate in aria in un mercato di Potiskum dove si vendevano telefonini, nello stato di Yobe, roccaforte insieme a quello del Borno, di Boko Haram. E’ proprio in quel Borno massacrato, nel nord del paese, che sono nate le squadre dei vigilantes. I vigilantes sono gruppi di civili, nati spontaneamente e composti principalmente di adolescenti o giovani intorno ai venti anni, che si sono uniti all’esercito nigeriano per aiutarlo a combattere il gruppo jihadista di Boko Haram. Questi ragazzi, miseramente armati, combattono nel loro angolo di guerra armati di tubi di ferro, coltelli, machete e bastoni, presidiando i posti di blocco nelle città del nord e proteggendo le loro città dagli attacchi dei terroristi. Tutto questo avviene mentre l’Europa e forse il mondo intero sembrano sottovalutare Boko Haram, così come è stato fatto inizialmente con l’Isis. Anche se le dinamiche con cui questi gruppi fondamentalisti controllano liberamente varie aree del Medio Oriente e dell’Africa sono simili, per non dire quasi uguali, l’Europa chiude, come al solito, gli occhi, fino a quando i kalashnikov degli jihadisti non bussano alle porte dell’Occidente. Leggendo della carneficina di Baga, tornano tristemente alla mente le parole pronunciate dal colonnello dell’Onu nel film “Hotel Rwanda”, mentre cerca di spiegare al protagonista perché l’Europa non si preoccuperà di intervenire nel genocidio appena scoppiato: “Non sei neppure un negro... sei un africano”. di Sara Relli Charlie Hebdo C inque minuti di terrore, 12 vittime e 11 feriti. L'attacco messo a segno da tre uomini contro la sede del giornale satirico Charlie Hebdo il 7 gennaio, a Parigi, ha sconvolto la Francia. Killer incappucciati e armati hanno fatto irruzione aprendo il fuoco con dei kalashnikov. Tra le persone che hanno perso la vita, 8 giornalisti, due agenti assegnati alla protezione del direttore, un ospite che era stato invitato alla riunione di redazione e il portiere dello stabile. Sono stati uccisi il direttore del settimanale, Stephan Charbonnier, detto Charb, e i più importanti vignettisti: Cabu, Tignous, Philippe Honore' e Georges Wolinski, molto famoso anche in Italia. Nell'attentato è rimasto ucciso anche l'economista Bernard Maris, azionista della testata parigina e collaboratore di France Inter. E una donna: si chiamava Elsa Cayat, era psicologa e psicoterapeuta, e teneva una rubrica ogni due settimane sul magazine. Immediata è iniziata la caccia ai killer in tutta la Francia. Inizialmente è stato sospettato di aver partecipato all'attentato anche il diciottenne Hamyd Mourad. Nella notte fra il 7 e l'8 gennaio Mourad si è presentato alla Polizia con un alibi di ferro: verso le 11.30, l’ora dell’attentato, era a scuola. La mattina dell'8 gennaio 2015, nella città di Montrouge, a sud di Parigi, un altro terrorista armato di mitra, il trentaduenne Amedy Coulibaly, ha aperto il fuoco contro la polizia francese, chiamata per un incidente stradale. L'attacco ha provocato la morte di una poliziotta, Clarissa Jean-Philippe, e il ferimento di un altro agente. Dopo che inizialmente era stato smentito ogni rapporto tra le vicende, è stato rilevato che Coulibaly era legato ai fratelli Kouachi, responsabili della strage nella redazione di Charlie Hebdo. Coulibaly è fuggito e il giorno successivo si è barricato in un supermercato, prendendo alcuni ostaggi e chiedendo per il loro rilascio la liberazione degli attentatori di Charlie Hebdo, nel frattempo asserragliatisi in una tipografia. I due fratelli Kouachi sono stati uccisi nel pomeriggio del 9 gennaio durante l'irruzione nella tipografia dopo un conflitto a fuoco nella cittadina di Dammartin-enGoële. Anche l'altro terrorista, Amedy Coulibaly, è stato ucciso, a Porte de Vincennes, nella zona est di Parigi, durante la simultanea irruzione delle forze speciali francesi all'interno del supermarket Kosher. Quattro degli ostaggi sono stati uccisi e quattro feriti gravemente. La compagna di Coulibaly, Hayat Boumedienne, 26 anni, ricercata per essere interrogata come persona 5 informata sui fatti, non era presente. Successivamente si è scoperto che era partita il 2 gennaio per la Turchia, con destinazione finale la Siria. E’ continuata la ricerca del «quarto uomo», complice dei fratelli Kouachi e di Amedy Coulibaly, e sembra essere stato identificato dagli inquirenti grazie alle chiavi di una moto trovate nel rifugio di Coulibaly, secondo quanto si apprende da Le Parisien. L'uomo potrebbe però essere già fuggito in Siria. “Je suis Charlie”, anche io sono Charlie. La Rete si è mobilitata dopo l’assalto armato alla sede del settimanale satirico. In un paio d’ore, su Twitter l’hashtag #JeSuisCharlie è stato rilanciato almeno 45mila volte, accompagnato da immagini e vignette di ogni colore, forma, contenuto. Solidarietà, dolore e indignazione anche su Facebook. Una pagina dedicata, di sostegno al settimanale, perché «la libertà di stampa è un fondamento della Repubblica» francese, ha superato i due milioni di like. Ci sono state manifestazioni in tutta la Francia, e quella di Parigi dell’11 gennaio ha raccolto oltre due milioni di persone. Anche in Italia ed in altre parti del mondo FlashMob, cortei uniti a slogan ed urla silenziose nei socialnetworks. Non sono bastate 3 milioni di copie per l’ultimo numero di Charlie Hebdo, uscito il 14 gennaio 2015, che ha realizzato una nuova ristampa la cui tiratura raggiungerà i sette milioni di copie per soddisfare le richieste di chi, in edicola, si è sentito rispondere “tutto esaurito”. Sold out anche in Italia, dove in due giorni sono state vendute con Il Fatto Quotidiano quasi 500mila copie. C'è chi sostiene che la satira, per essere vera, non debba far ridere. Anzi deve far incazzare. Se nessuno si incazza per una battuta di satira, quella battuta non ha colpito il suo obiettivo. Quindi, ed è solo logica, non cuore, Charlie Hebdo ha fatto bene il suo lavoro di giornalismo di satira. Già nel 2006 il settimanale satirico fu denunciato da alcune associazioni islamiche per una copertina ritenuta offensiva. La testata fu assolta e la cronaca video del processo divenne un documentario proiettato al festival di Cannes. Leggere "Wolinsky, Charb, Cabu, Tougnons" nell'elenco dei morti è stato per gli appassionati di satira un duro colpo: come quando muore un personaggio famoso/pubblico che ami. Non è la persona in sé, sono tutte le emozioni che ha saputo evocare. E' Linus, Le Canard Enchainè, il Male, Cuore. Charlie Hebdo era, è, e sarà sempre uno di quei giornali che non risparmia nessuno, da Allah a Israele, al Parkinson del Papa. In Italia forse il Male ci si è avvicinato, in tempi più recenti talora il Vernacoliere, in rete Umore Maligno, Spinoza, Kotiomkin e i molti che sicuramente dimentico. Non la battuta gratuita, ma la cattiveria che mette a nudo ciò che tutti potrebbero pensare ma i più non dicono. E’ quella controinformazione di cui la satira è il lato più plebeo ma spesso anche più efficace. Tutti coloro che reputano l’attentato una “giusta punizione”, sappiano che i nemici non erano Wolinsky, Charb, Cabu e Tougnons, ma il proprio modo distorto di considerare i concetti satirici. Cos'è la libertà? Tutto quello che ha a che fare anche con le tavole di un palco o con le pagine di un libro rappresenta una manifestazione concreta dell'esigenza di essere se stessi, senza imposizioni o condizionamenti. Siamo o non siamo liberi? Nonostante la dolorosissima manifestazione di violenza e morte a cui siamo stati costretti ad assistere, anche in Italia si continua a discutere sui limiti della satira e della libertà di stampa, e c'è chi conclude: “Se la sono cercata”. Un’affermazione che, come risposta, merita il richiamo ad un post di Facebook di un più o meno noto gruppo musicale italiano: “Se qualcuno di questi piccoli dittatori si fosse degnato di leggere Aristofane, avrebbe scoperto che la satira è una cosa che comincia solo quando il limite è già stato superato, e in questo assolve una funzione vitale per la società. Se il mondo è un corpo ferito, la satira è il sale nelle piaghe che ti fa sentire male e ti impedisce di far finta di niente. Se uno cerca una risata di conforto, un ammiccamento simpatico, un sorriso assolutorio, si può dedicare allo sberleffo, alla macchietta, al cabaret. Generi altrettanto complicati, ma che non si occupano di porre quella domanda: siamo o non siamo liberi? E la libertà è scivolosa e fa la sua strada, e non la puoi tenere, e non la puoi scartare. E non la puoi controllare, zittire, uccidere”. Chiunque di noi oggi ha letto vignette che ieri, forse, non conosceva, e forse si è reso conto che non erano semplici e sterili provocazioni, ma un pezzo della nostra libertà. Ricordiamocelo oggi, ma soprattutto domani. Ricordiamocelo quando rimbomberà la notizia di un altro ignobile attentato, ma ricordiamocelo anche quando ci spiegheranno che si combattono le cellule terroristiche bombardando dall'alto mercati, scuole, ospedali. 6 Quando qualche delinquente guarderà dall'altra parte mentre centinaia di uomini affogano in mare, o quando si tornerà a raccontare ogni islamico come alcuni islamici raccontano ogni occidentale: tutti uguali e tutti peccatori. Non possiamo e non dobbiamo guardare a noi solamente come vittime di una cultura estremista e “barbara”, ma dobbiamo anche riconoscere la nostra incapacità di abbattere gli stereotipi. “Il problema è che sono loro a non provarci neppure”: la mancanza di dialogo è forse il silenzio più pericoloso che esista, la generalizzazione il vero muro da abbattere. Ricordiamocelo la prossima volta verrà annunciata una guerra in nome di Dio, di qualsiasi Dio si tratti. Ricordiamocelo, anche in ogni giorno della nostra distratta vita quotidiana. Tutto è politica. Anche non fare politica è un gesto politico. E non assumere posizioni ha infiniti effetti, compreso lasciare soli quelli che le hanno assunte. Perché il teatro, la musica, la letteratura, come la satira, o sono liberi oppure, semplicemente, non esistono. Possiamo stringerci nell'indignazione, è facile e confortevole. Oppure possiamo chiedere a noi stessi e al nostro mondo una pratica costante di partecipazione e libertà. Siamo o non siamo liberi? Io voglio esserlo, dunque scrivo. E’ un articolo su un giornalino scolastico, sì, ma è la mia voce, è una scheggia della mina spezzata, ma immortale, dei vignettisti di Charlie Hebdo. “Perché?” Difficile spiegare cosa possa armare un gesto del genere. Quello che si può fare è cercare di spiegare perché tutto questo è folle. Perché satira vuol dire libertà. Più per chi la legge che per chi la fa. Perché se il tuo Dio, qualunque sia, è davvero perfetto, non può non avere senso dell’umorismo. Perché se a una matita devi opporre un mitra, la matita ha già vinto. Perché voler mettere a tacere la satira con un fucile è come provare a spegnere un incendio con il cherosene. Perché una battuta, una vignetta, un monologo non hanno mai bombardato, stuprato, sparato a nessuno. Perché se devi uccidere per imporre le tue idee o non valgono niente le tue idee o non vali niente tu. Perché da una matita spezzata ne nascono due sane. Perché se spari alla libertà, quella continua a volare. Je suis Charlie. di Silvia Mazzei Hexie Farm: uno spiraglio nella Grande Muraglia “T utti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni e censure.” (Articolo 21 della Costituzione Italiana) La libertà d’espressione è un diritto fondamentale, che troppo spesso viene, erroneamente, dato per scontato; un diritto che, in questo inizio di 2015, è stato calpestato dai terroristi che hanno assaltato la redazione di Charlie Hebdo e che viene ancora negato in molti paesi del mondo. Uno degli stati dove le restrizioni sono più rigide è la Cina, l’immensa nazione asiatica di cui sappiamo poco, ma non tanto per nostra ignoranza, quanto perché lo stesso governo cinese filtra attentamente le notizie da diffondere, servendosi della censura e del cosiddetto “Great Firewall”, un sofisticato blocco informatico che elimina alcuni siti, browser e social network (sono banditi, ad esempio, Facebook, Twitter, Google e Wikipedia) che potrebbero veicolare informazioni scomode. Ma scomode per chi? Per il Partito Comunista, che, al contrario di quanto siamo portati a pensare, non è tramontato con la morte di Mao Tse Tung, anzi continua a tenere le redini della politica. La Cina, infatti, nonostante vanti l’effige di “Repubblica Popolare Cinese”, è uno stato a partito unico che di repubblicano non ha quasi nulla e ancor meno ha di democratico, come si può dedurre anche dalle recenti proteste degli studenti di Hong Kong, scesi in piazza a migliaia per rivendicare un diritto che a noi pare quasi ovvio: poter eleggere il proprio governatore senza essere costretti a scegliere soltanto tra i candidati approvati dal comitato elettorale, un organo composto prevalentemente da esponenti filogovernativi. In questo scenario che, pur con le dovute differenze, ricorda vagamente il periodo fascista dell’Italia (il PCC è sempre “grande e giusto”… non vi fa venire in mente la propaganda che fecero un certo baffuto e il suo compare nostrano?), si colloca la vicenda di Crazy Crab, un vignettista, la cui vera identità resta un mistero, che ha deciso di denunciare nei suoi disegni la difficile situazione del paese. Il titolo del suo fumetto, Hexie Farm, è stato inserito tra le “parole sensibili”, ovvero quelle che, se digitate in un motore di ricerca, danno risultato nullo, e il suo lavoro è stato, ovviamente, censurato, però ha raggiunto ugualmente una certa popolarità, soprattutto grazie alla “New Tang Dinasty Television”, che, dalla sua sede di New York, lo ha fatto conoscere a mezzo mondo. In Hexie Farm è raccontata la storia di una fattoria dominata da un solo partito, il Party-Party, che promette 7 “giustizia ed equità”, ma che di fatto ha instaurato una dittatura, chiude entrambi gli occhi di fronte ai quotidiani episodi di violenza che turbano la quiete e mette tempestivamente a tacere chiunque osi avanzare qualche (legittima) critica. Nelle vignette che si susseguono una dopo l’altra, si trovano personaggi come un maiale grassoccio (il leader del Party-Party), vari animali ritratti in modo buffonesco (gli esponenti del Partito), degli spaventapasseri (coloro che obbediscono docilmente agli ordini del Party-Party) e il popolo della fattoria, raffigurato il più delle volte in maniera indistinta. I riferimenti all’attuale governo dispotico del PCC sono abbastanza evidenti e non c’è da stupirsi del fatto che Crazy Crab sia ricercato dalla polizia comunista e che sia il primo artista cinese a fare satira politica: sfidare il Partito significa mettere a repentaglio la propria incolumità e accettare il rischio di finire in una delle “prigioni nere” (così sono chiamati, in Hexie Farm, i carceri disumani che accolgono chi dà fastidio ai rossi). La satira, inoltre, è particolarmente avversata perché è un mezzo di comunicazione estremamente efficace, in quanto porta a galla la verità con battute salaci e disegni provocatori, che ridicolizzano chi ne è oggetto, mettono alla berlina gli oppressori e fanno sorridere gli uomini, anestetizzando la paura, perciò un regime totalitario, che si basa proprio sul terrore, non può tollerarla. Essa si muove sul labile confine che separa l’ironia che diverte da quella che offende e, volendo, sarebbe possibile aprire una digressione pressoché infinita su quale sia il limite che non dovrebbe essere superato, però, a parte questo, la satira può essere definita come un piccolo “sintomo” di libertà ed è per questo che la sua comparsa al di là della Grande Muraglia è particolarmente significativa: è un primo, minuscolo segnale che forse qualcosa si sta muovendo. Detto ciò, l’aria che tira a Pechino, Shanghai o Hong Kong potrebbe anche non interessarci, se solo la Cina non avesse un enorme credito nei confronti degli Stati Uniti, non stesse procedendo spedita verso i vertici dell’economia mondiale e la Terra non fosse simile a un grande condominio. Tutto ciò che accade nel mondo, e che scioccamente decidiamo di ignorare perché non ci riguarda da vicino, prima o poi, per effetto della globalizzazione, si rifletterà anche su di noi e la storia di Crazy Crab meritava di essere raccontata, per toglierla dal cassetto con l’etichetta “Non sono affari nostri”, perché un paese che, nel XXI secolo, proibisce la libertà di espressione e di stampa dovrebbe essere osteggiato, non coperto. di Sara Bichicchi COPERNICO Muri psicologici “I l muro di Berlino è caduto, ma i muri psicologici e sociali non ancora”, nell’ultima assemblea è questo quello di cui abbiamo discusso nel forum appunto:” Muro di Berlino e barriere sociali”. I due relatori, Valentina Betti e Matteo Fiaschi, sono partiti dall’anniversario dei 25 anni della caduta del muro per poi introdurre in un dibattito con tutti questi argomenti. Ovviamente provare a definire questi muri non è facile, ma nel dibattito sono venute fuori interessanti considerazioni. Uno dei muri psicologici più forti è sicuramente quello costituito dagli stereotipi. La società ci propone costantemente stereotipi, dalla ragazza che è bella solo se è alta, con occhi chiari e magrissima alla persona identificata come “da evitarsi” solo perché si veste in modo più trasandato. È giusto ricordare che gli stereotipi sono causati anche dal consumismo: il tipico adolescente italiano del 2015 ha l’iPhone, il Woolrich e le scarpe di marca. Fra i muri invece all’interno della società abbiamo quello che si crea tra le diverse etnie, legato comunque agli stereotipi. A Prato possiamo trovare tantissimi esempi di persone discriminate solo perché provenienti da un altro paese perché purtroppo è presente nell’idea comune che gli stranieri sono tutti pericolosi ed incivili. Un altro muro sociale è quello presente fra uomini e donne: spesso e volentieri sembra che l’uguaglianza fra i sessi non ci sia più, specialmente in ambito lavorativo dove ad esempio per una donna è più difficile fare carriera. Ancora fra i muri sociali abbiamo quello fra gli Italiani del nord e quelli del sud. Molto spesso ci sono esempi di persone discriminate o messe in imbarazzo solo perché provengono dal Mezzogiorno. Ancora fra i muri all’interno della nostra società abbiamo quello fra i cittadini Italiani e la classe politica, la quale nonostante il periodo di crisi è ancora ricca di privilegi. Ovviamente queste sono solo alcune delle barriere sociali presenti e si potrebbe elencarne ancora altre. Il punto è che questa società piena di difetti sembra stagnarsi invece di progredire ed andare avanti cercando di trovare la via del dialogo per “abbattere” questi muri. Sicuramente non è facile, ma neanche il muro di Berlino è caduto subito, ci sono voluti quasi trent’anni di manifestazioni e malcontento generale per arrivare alla sua demolizione. Noi tutti siamo chiamati a prendere atto dei muri della nostra società e a cercare di demolirli. di Matteo Fiaschi What about particypate progetto, Inglese Per Una Cittadinanza GlobaQ uesto le, realizzato grazie al supporto delle classi 5As, 5Is Sarò sincera: eravamo scettici, molto scettici. L'idea di una festa a scuola non ci attirava poi troppo, e nemmee 5Dl. no il termine "Sostenibile", senza sprechi, senza sperperi. Solo quanto ci siamo ritrovati là dentro abbiamo caDurante il mese di dicembre alcune classi quinte hanno pito il vero senso: stare insieme senza finzioni. avuto la possibilità di ospitare, scherzare e interagire Quanti di noi possono assaporare la bellezza dello stare con dei meravigliosi ragazzi provenienti da Melbourne, insieme ed essere felici in un modo naturale e a tratti Australia. Si è subito instaurato un rapporto unico e anche un po' infantile? Abbiamo ballato insieme e riso, speciale, un mix indissolubile di lingue e sorrisi che dif- ci siamo presi in giro e appoggiati a vicenda, come se ci ficilmente dimenticheremo. Ma non sono qui per parlar- conoscessimo da tutta una vita. Non c'era bisogno di vi della cultura Australiana, dei loro sogni e di quanto vestiti sfarzosi e all'ultima moda, di fingersi qualcuno assomiglino ai nostri: sono qui per parlarvi del nostro che con noi non c'entrava niente, bastava essere se stesSUSTAINABLE PARTY. si e per una volta non avere paura di aprirsi a qualcuno Viviamo in una società fredda, dai toni cupi illuminati che, per quanto diverso, era simile a noi. E allora è nata solo da qualche sprazzo di colore, e posso garantire a la proposta: perché non farlo di nuovo? Si, intendo dire, tutti che questi ragazzi sono stati un arcobaleno properché non fare un sustainable party coinvolgendo anrompente nelle nostre vite. Abbiamo affrontato insieme che chi questa esperienza non l'ha vissuta? un percorso di condivisione di idee, passioni e abbiamo Abbracciamo la nostra voglia di vivere e buttiamoci in deciso di coronare il nostro incontro con una festa, una questa avventura, scettici e non: se io ho accettato l'idea festa speciale come loro. Abbiamo avuto un Party a che loro festeggino il Natale in estate perché non provascuola, sul tema della Sostenibilità e della Partecipazio- re un sustainable party? ne, e ognuno di noi ha avuto un ruolo. di Federica Brunelli 8 ETICA La “globalizzazione dell’indifferenza” P urtroppo il mondo di oggi è fondamentalmente egoista e chino sui propri interessi; atteggiamento che si riflette in tutti gli aspetti della vita di ognuno: in famiglia, a lavoro, con gli amici e anche da soli. Ci siamo avviati sempre più verso un attaccamento a noi stessi in un disinteresse e un’indifferenza per gli altri esorbitante. E’ curioso come in questi giorni, in vista dei numerosi attentati e delle sanguinose stragi ad opera di jihadisti, fondamentalisti musulmani, esaltati, assassini, ci ritroviamo a provare solo una piccolissima compassione e non ci interessiamo minimamente di ciò che accade al di fuori della nostra vita fintanto che non vi entra dentro. Ma perché il 99% del mondo resta a guardare impassibile e solo quelli che vivono da vicino queste esperienze cercano di apporvi un rimedio? Sicuramente quello che succede oggi è anche il frutto di un disinteresse e di una negligenza nella relazione con l’altro. Il punto di partenza però è semplicissimo, quasi trascurabile. Basti pensare all’atteggiamento che ognuno ha nei confronti degli altri fin dai rapporti adolescenziali; la frase “Non mi interessa” è praticamente sulla bocca di tutti ed è questa stessa espressione che manda avanti la maggior parte dei problemi. Dall’indifferenza per la dignità altrui provengono le offese, gli insulti, e, a un livello più grande, le guerre; dall’indifferenza per la condizione dell’altro proviene la famigerata “fame nel mondo”, gli aiuti mancati, l’accoglienza negata; sempre dall’indifferenza proviene un notevole disinteresse, soprattutto nella nuova generazione, di molto di ciò che succede nel mondo e ciò che vi è all’interno: in un mondo tanto incentrato sui social e sulle frivolezze siamo concentrati su un mondo virtuale dove ci siamo noi e basta. Jorge Mario Bergoglio, meglio noto come Papa Francesco, ha definito questo fenomeno la “globalizzazione dell’indifferenza” in vista della tragedia di Lampedusa e la citazione è assolutamente centrata: “ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non è affare nostro. Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti ‘innominati’, responsabili senza nome e senza volto”. Ritengo che se avessimo dovuto vivere tutti concentrati sui propri interessi e sul proprio “io” saremmo nati ognuno in un mondo a sé stante, nel pieno dei piacere e delle soddisfazioni materiali; però, è accaduto diversamente: siamo in un mondo di più di 7 miliardi di persone che trascurano gli interessi di tutti, anche di chi gli è vicino. Lascio immaginare il mondo quanto sarebbe migliore se ognuno potesse interessarsi anche solo di una persona alla settimana. di Alessandro Tacconelli LICEO CLASSICO FORTEGUERRI P Cinque domande arigi. É una mattina fredda di gennaio. Siamo vicini a Place de la Republic. Due uomini entrano furtivi in un palazzo. Fuori una targhetta con la scritta "Charlie Hebdo", nome del famosissimo giornale francese che lì ha sede. I due uomini vestiti di nero salgono le scale. Entrano nella stanza delle riunioni e freddano varie persone. Charbonniet, pensatori, Cabu, idee, Tignous, vite, Wolinsky, onestà. I due scappano. Nella fuga ammazzano chi capita, anche un poliziotto, che se ne stava a terra, già ferito. Si scoprirà poi che i due erano terroristi, forse dell’Isis forse di Al Qaeda. Succederanno altre cose, ma è bene premere il tasto stop del telecomando e farsi alcune domande: 1) Erano fondamentalisti islamici? No. Erano terroristi. Le parole possono sembrare poca cosa ma il peso è enorme. La distinzione è necessaria perché - altrimenti 9 - potremmo cadere nel facile errore di dar via ad un odio razziale ed etnico alquanto immotivato. Purtroppo alcuni finti intellettuali (vedi Le Pen in Francia, vedi Salvini in Italia) non hanno perso occasione per sparare a zero proprio in questo senso, strumentalizzando un dramma e facendo campagna elettorale sulla vita di alcune persone. Grottesco. 2) A chi conviene tutto ciò? Perché un attentato ora? Una cosa in cui dobbiamo essere straordinariamente lungimiranti è la lettura della storia: riflettiamo: il 25 gennaio in Grecia ci sono le elezioni, con il candidato di Syriza, Alexis Tzsipras, uomo della sinistra, uomo che vuole l’uscita della Grecia dall' euro, uomo scomodo alla centralità europea, nettamente favorito. Il partito di Alba Dorata però, partito di estrema destra, dal momento dell’attentato ha preso il 3.4 per cento in più nei son- daggi. Un oceano. Stessa situazione in Spagna, con il movimento dei Podemos, anti europeisti convinti, che ormai si preparano a guidare il paese. Forse mai come oggi un attentato era la cosa ideale per gli interessi di molti. Se è di stampo religioso poi è perfetto. 3) Come diavolo è nato l'Isis? Come hanno raggranellato i miliardi di cui dispongono? Perché nessuno dice che è l’Arabia Saudita (paese Nato) a vendere loro armi e passare loro soldi? Perché non si dice che il Pkk, il gruppo che in Siria combatte l’Isis, è considerato dagli USA come terrorista? 4) che cos' è la libertà di stampa? Senza dubbio il cardine di uno stato libero e democratico. Con la religione è la stessa cosa? Si. E deve esserlo. Non si può limitare la libertà di creare ad artisti. 5) L'Italia è un paese libero? No. Secondo una classifica redatta dall' Onu il nostro è ll'84esimo paese, dietro le Isole Tonga, per la libertà di stampa, di satira e di espressione. Poi però il Governo va a marciare a Parigi ed ecco che, con un sorriso ed un selfie, per magia, è finito tutto. di Lorenzo Vannucci LICEO CLASSICO CICOGNINI Politicamente corretto F inalmente, dopo mesi di lungo lavoro, la loro fiaba era finita; vi avevano dedicato tutto il loro impegno raccogliendo versioni diverse e pensando ai bambini che se la sarebbero fatta leggere. Ora tutto questo doveva essere giudicato da quella variopinta assemblea china sulla propria copia, stava a loro decidere se si poteva procedere con la pubblicazione. La tensione tra i due fratelli era evidente, era in corso una vera lotta di sguardi: Jacob avrebbe voluto un principe alternativo, niente cavallo ma una potente Harley Davidson, Wilhelm invece pensava che la regina non avrebbe dovuto chiedere consigli allo specchio ma alla sua retrocamera … avevano infine optato per una versione molto più tradizionale nella speranza di soddisfare l’assemblea. Il primo a deporre la sua copia di “Biancaneve” fu l’assessore alla cultura: - bella, veramente ben fatta, i bambini la adoreranno … - I bambini, sì, ma noi? – ribatté il rappresentante dei genitori – quale padre o madre vorrebbe che sua figlia desiderasse andare a vivere nel bosco con sette uomini? – sulla fronte di Jacob spuntò una gocciolina di sudore, si rimproverò per non aver proposto che i nani fossero gay così da non preoccupare i genitori. - E io cosa dovrei dire? Una disgraziata che scappa di casa, non va a scuola e si rifugia nel bosco! Inaccettabile. – decretò la direttrice scolastica. - Dov’è finita la democrazia? Re, regine, principi e principesse … non possiamo inculcare ai nostri figli il desiderio di una monarchia! – si infervorò il sindaco. - E poi avrò di certo reclami dall’alimentari! – replicò il 10 rappresentante dei commercianti – non venderanno più una mela! – Wilhelm si rammaricò di non averla fatta andare in overdose per non ricevere reclami dall’inesistente rappresentante degli spacciatori. L’assessore al turismo stava per parlare ma venne prepotentemente interrotto dal venditore di specchi e lampadari di cui Jacob non si spiegava la presenza dato il rappresentante dei commercianti … - Io non potrò mai vendere uno specchio che parla! Andrò in fallimento … - Immaginatevi i danni che tutto questo porterà al turismo! Un lupo nel bosco, una bambina con il cappuccio rosso, il cacciatore che salva tutti … - l’assessore si bloccò quando vide che tutti lo fissavano senza capire - Mi scusi, signor assessore- intervenne Wilhelm – abbiamo presentato “Cappuccetto rosso” tre mesi fa … - il poveretto si fece tutto rosso - Volete dire che questi fogli erano diversi? Avrei dovuto leggere altro?! – i due sventurati fratelli Grimm annuirono sconsolati – Ah, spero bene che la vostra scorsa fiaba non sia stata pubblicata, troppi danni, troppi danni … - continuò a borbottare. E i due fratelli Grimm tornarono al loro appartamento che dividevano con un motociclista omosessuale che organizza rave party nella sua casa in campagna, tristi e sconsolati, pronti a scrivere una nuova, fantastica storia politicamente corretta. di Asia De Luca FILM E SERIE TELEVISIVE The Imitation Game T he imitation game (UK – 2014) 114 min. "Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare..." - Regia: Morten Tyldum - Interpreti: Benedict Cumberbatch, Keira Knightley, Matthew 1939, Bletchley Park, Inghilterra. Il giovane prefessore Alan Turing (Benedict Cumberbatch) si reca a un colloquio di lavoro nell'ufficio del comandante Denniston (Charles Dance) per un incarico top secret, ma il matmatico è già a conoscenza di cosa dovrà fare. Enigma, la macchina di cifratura usata dai tedeschi durante la guerra, permetteva di falciare vite ogni minuto. Una squadra di matematici, crittografi e linguisti era stata formata dal comandante per decrittare i messaggi nazisti, ma il numero di impostazioni della macchina aveva 18 zeri e venivano cambiate tutti i giorni. Turing ottiene il lavoro e presto arriva al comando, costruendo una macchina che avrebbe dovuto risolvere Enigma. Una crittanalista, Joan Clarke (Keira Knightley), si unisce alla squadra entrando subito in empatia con Alan e insieme, a dispetto del poco tempo a disposizione, dei nemici militari e delle minacce ministeriali, arrivano a far scattare la macchina. Enigma è risolto. E da quel momento inizia la loro tortura. Pieno di flash-back e flash-foward, questo film ci condurrà dagli anni della giovinezza di Turing al dopoguerra, passando dalla vittoria sui nazisti alla sua condanna per indecenza per la sua inclinazione omosessuale. Nel 2009 il primo ministro inglese ha chiesto scusa pubblicamente per il modo in cui lo studioso era stato trattato, da parte del governo e di tutti quelli che oggi vivono liberamente grazie a lui. La pellicola, uscita a novembre in Inghilterra e a gennnaio in Italia, ha ricevuto numerose canditature e premi, tra i quali otto nomination per gli Academy Awards 2015. Il film è stato criticato per la sua accuratezza storica non esattamente da manuale ma, come ha detto il regista:"Un sacco di film storici a volte sembrano persone che leggono una pagina di Wikipedia; volevamo che il film fosse emotivo e passionale. Il nostro obiettivo era quello di mostrare come era Alan Turing. Che cosa significa la sua storia. Cosa vuol dire essere Alan Turing.” di Marta Massenzi Chi ha il coraggio di rompere le regole? W alter White è un professore di chimica in un normale liceo di Albuquerque, nel New Mexico. Ha una moglie, Skyler, che aspetta una bambina, e un figlio adolescente affetto da paresi cerebrale, malattia che lo costringe ad usare delle stampelle. A causa dello scarso stipendio, Walter lavora anche in un autolavaggio, dal quale in seguito decide di licenziarsi dopo uno scatto d'ira. Alla soglia dei cinquant'anni scopre con alcune analisi di avere un cancro ai polmoni che potrebbe ucciderlo di lì in capo a due anni, forse provocato da alcune sostanze chimiche tossiche con le quali era stato a contatto per un lungo periodo di tempo nel suo laboratorio. Dopo questa scoperta, si sente come se gli fosse crollato il mondo addosso e non ha la più pallida idea di come riuscire a mantenere la propria famiglia. Un giorno, per movimentarsi un po', Walter decide di partecipare ad una cattura insieme ad alcuni agenti del11 la DEA, il dipartimento anti-droga statunitense, tra i quali anche suo cognato Hank, mobilitati per sgominare un gruppo di spacciatori di metanfetamina. Uno di questi criminali riesce a scappare, ma viene riconosciuto dal professore come un suo ex-allievo, Jesse Pinkman. Senza avvertire nessuno, White decide di contattarlo per mettere su una squadra di produzione di una MET purissima: in questo team, il chimico produce grazie alla vastissima conoscenza del settore scientifico mentre il ragazzo si fa strada tra i possibili acquirenti. Cos'è questa storia alquanto intricata? Ma si tratta di Breaking Bad ovviamente, un telefilm composto da cinque stagioni, già tutte fatte e finite, apprezzato sia da giovani che da adulti per la sua originalità e, purtroppo, anche veridicità. Perché ormai è così difficile trovare un lavoro stabile, che molti disoccupati riescono a inventarsi e a compiere l'impossibile pur di mantenere la propria famiglia. E' una situazione a mio parere disperata e disastrosa; non è possibile ridursi a compiere crimini pur di racimolare un gruzzolo di soldi, non per avarizia ma per istinto di sopravvivenza e per necessità. Inoltre, anche se giusto e legale, sarebbe disumano condannare queste stesse persone; perché dopotutto una parte di colpa va attribuita anche alla società ed allo stato, ai funzionari e agli onorevoli che pur non facendo niente dalla mattina alla sera percepiscono uno stipendio stellare a più di cinque cifre. Un altro riferimento simile riguarda un film italiano, uscito nel grande schermo quasi un anno fa, e cioè Smetto quando voglio: questo racconta delle peripezie della cosiddetta banda dei ricercatori, formata da sette uomini intelligentissimi e tutti dotati di dottorato, che per guadagnare qualche soldo decidono di produrre un nuovo tipo di droga che non è presente nella lista delle sostanze stupefacenti proibite dal Ministero della Salute. La morale di questa storia è divertente ma al tempo stesso disarmante, infatti il tutto finisce in una scena in cui Pietro Zinni, un neurobiologo a capo del team, si trova in galera a parlare con la sua compagna. Sono entrambi preoccupati perché la condanna potrebbe scadere entro i sei mesi seguenti, dopodiché lo scienziato potrebbe tornare a casa ma al tempo stesso rinuncerebbe allo stipendio offertogli come insegnante di scienze ai detenuti che vogliono ottenere il diploma e cioè soldi che a loro servono per vivere e per far crescere loro figlio; allora Pietro decide di partecipare ad una rissa con alcuni albanesi alla quale seguirebbe un allungamento di pena, Quindi, sostanzialmente, ci sono molti tipi di ladri, ma tutti racchiusi in solo due gruppi principali: i ladri malvagi, arraffoni, pieni di sé e di manie di protagonismo, superbi ed egoisti. E poi i seguaci di Robin Hood, che rubano ai ricchi per donare ai poveri. Chi preferite? di Demetra Gregoriadi VIDEOGIOCHI Watch Dogs S e avete sempre sognato di poter avere una città sistema, raccogliendo informazioni per conto di uno come Chigago sotto il vostro completo controllo,ora strano individuo, il quale decide di mandare qualcuno a lo potete fare. Uscito il 27 maggio 2014 sia per console 'spaventare' lui e la sua famiglia. Questo porta alla di vecchia che di nuova morte di sua nipogenerazione,watch dogs è te,Lena,da qui parte una stato subito amato. Il giolunga storia che ruota inco,come già detto,si svolge torno alla vendetta per la a Chigago. morte di sua nipote. La città oggi è gestita completamente dalla tecnologia; è la prima città,infatti,a poter sfruttare della Blume Corporation detta anche ctOS,un sistema avanzato in grado di controllare non solo cellullari,computer e bancomat ma anche semafori,dissursori,tubature,telecamere e molto altro ancora. Ma solo un bravo hacker è in grado di riuscire a intrufolarsi nel sistema e mandare tutto all'aria;ed è proprio qui che entra in gioco Aiden Pearce. La trama ruota intorno proprio a quest'ultimo. Il gioco inizia con un colpo nell'atrio di un hotel,nel quale Aiden è impegnato ad hackerare,con il suo smartphone,laptop e telefoni dei clienti. Non è da solo però:infatti un secondo hacker riesce a connettersi al 12 Nel gioco,ci troviamo,quindi, nei panni di Aiden Pearce,in cerca di risposte ma soprattutto di vendetta. Il gioco vi terrà impegnati per circa 18-19 ore,senza contare le innumerevoli missioni secondarie e i vari oggetti da raccogliere. Creato dagli stessi produttori della saga di Assassin's creed e Far cry (Ubisoft),il gioco non pecca nè nella grafica,a dir poco magnifica,nè nella storia. di Alessandra Santoni LE VIGNETTE di Stefano Ciapini 13 COMITATO FOTO “London” - Matilda Martini “Piramide Maya” - Alessio Goricchi “Surfer in Malibu” - Virginia Gelli 14 ISTRUZIONI PER L’USO Zonzelle ZONZELLE ISTRUZIONI PER L'USO INGREDIENTI PER 500 g D'IMPASTO -300 g di farina 00 -150 g d'acqua -10 g di lievito naturale -olio d'oliva -padella (la friggitrice purtroppo non è un must di ogni casa) -rondella -forchetta -sale -fame 1 PASSO: per prima cosa dovete assemblare gli ingredienti principali e formare un qualcosa la cui forma dovrebbe assomigliare – almeno lontanamente – ad un pallina. Prendete dunque una ciotola di plastica e versateci dentro farina, acqua e lievito, opportunamente sbriciolato. 2 PASSO: osservate le vostre mani pulite e salutatele con sentimento. Poi infilatele fra l'acqua e la farina e cominciate a mescolare il tutto. Il composto sulla pelle può fare un po' schifo all'inizio, ma poi diventa divertente. 3 PASSO: continuate a rimestolare le tre entità fin quanto il tutto si solidifica andando a formare la sopracitata pallina bianca. Sciacquatevi le mani eliminando i residui appiccicati alle dita, poi coprite la ciotola in cui sta la palla con un asciughino e abbandonatela in un angolo. 4 PASSO: lasciate lievitare per circa mezz'ora l'impasto. In un questo lasso di tempo fate altro. Non sollevate assolutamente il telo per sbirciare e controllare se la pallina si è evoluta: potreste bloccare il processomolecolare-della-lievitazione e in sintesi, succederebbe un casino. 5 PASSO: trascorsi i trenta minuti assicuratevi che la pallina sia lievitata. Un fornaio di mia conoscenza consiglia di disegnare con un coltello una croce sulla superficie dell'impasto prima di farlo riposare. Se dopo mezz'ora gli spacchi si sono aperti, la palla è pronta. 6 PASSO: spianate la pallina col matterello fino a che non diventa una lamina sottile. (In alternativa potreste fare i sofisticati e usare uno stendipasta, aggeggio alquanto divertente e comodo. Basta che utilizziate quello manuale, perché quelli a motore fanno casino e basta. State attenti alle dita.) 7 PASSO: tagliate la pasta ottenuta con una rondella e create le zonzelle delle forme/misure che più vi aggradano. Sappiate solo che più sono spesse/grandi, più ci vorrà a friggerle, più si riempiranno d'olio. Poi bucatele con una forchetta. Nel frattempo scaldate l'olio nella padella. Per controllare se è caldo abbastanza buttateci dentro un frammento di pasta: se non va a fondo e sfriggola, è ok. 8 PASSO: armatevi di grembiule e inserite nell'olio bollente le zonzelle, a due o tre per volta, giudicate voi. Con qualche utensile domestico trovabile nei cassetti della cucina rigirate le zonzelle al momento giusto per fare in modo che si colorino da entrambi i lati. Non fatelo un miliardo di volte. Siate pazienti, perché “il fritto va lasciato stare”. Ah, non lanciate le zonzelle dall'alto. L'olio potrebbe anche rendervi ciechi, se vi finisce negli occhi. 9 PASSO: quando le vostre creazioni si saranno dorate da entrambe le parti, toglietele dall'olio (mi raccomando non con le mani..) e adagiatele delicatamente su un piatto. 10 PASSO: si consiglia il sale come condimento, ma qualche miscredente mette lo zucchero. Le vostre zonzelle sono pronte, buon appetito. CONSIGLI DEL GUIDO: non rifriggere l'olio perché fa malissimo!! il sale è il male della cucina, non usatelo, fa stringere le vene!! di Isabella Giusti 15 WONDERWALL Capitolo IV L a mente di Jason brulicava di mille pensieri. Era divisa in due:non sapeva se seguire il cuore o se pensare alla sua reputazione. Se avesse scelto cuore,sarebbe stato con Emily perdendo la sua reputazione ma se avesse scelto la reputazione,Emily sarebbe rimasta solo un bel ricordo nella mente e nell'adolescenza di Jason. Doveva compiere una scelta ma il tempo era ben poco. fratello è rimasto coinvolto in un incidente" disse la madre con voce rotta. "Arrivo" rispose Jason riattaccando. Prese la macchina della madre parcheggiata nel vialetto di casa e raggiunse l'ospedale. Corse per i corridoi del pronto soccorso e trovò la stanza dove era ricoverato il fratello. "Jason" disse la madre abbracciandolo. "Come sta?" chiese Jason staccandosi da quell'abbraccio. "Per fortuna,si è rotto solo la gamba Mentre la sua mente elaborava possibili soluzio- destra ma a quanto dicono i dottori,poteva andare molni,arrivò a casa. Entrò e notò subito che tutto era rimas- to peggio" disse la madre a Jason. to come la mattina quando era uscito:il buio padronegAspettarono fino alla mattina del giorno dopo,quando il giava e nell'aria c'era ancora l'odore della colazione. fratello di Jason fu dimesso dall'ospedale. Cercò per tutte le stanze i genitori e il fratello urlando i Sapeva benissimo che ora,avrebbe dovuto occuparsi di loro nomi invano. Controllò il telefono di casa sperando suo fratello,senza avere il tempo di uscire con Emily. La di trovare un messaggio sulla segreteria telefonica che scelta era quindi rimandata. avrebbe chiarito la situazione. Niente di niente. Non c'era traccia nè dei genitori nè del fratello. Ipotizzò i ********** possibili 'incidenti' che erano potuti succedere dalla Passarono due settimane da quel tragico incidente,e di mattina al pomeriggio. Terrorizzato e allo stesso tempo Emily non era rimasto altro che una figura sbiadita e un preoccupato,decise di telefonare al padre. Compose,con bellissimo ricordo nella mente di Jason. Con il fratello in mano tremolante,il numero. Appena mise il telefono quelle condizioni,non aveva tempo di incontrarall'orecchio,sentì la suoneria del padre provenire dalla la,nonostante tutto fosse il desiderio più grande. cucina. "Maledizione" disse Jason riattaccando il teleUn pomeriggio,però,qualcosa di inaspettato lo sorprese. fono. Provò a telefonare alla madre sperando in una risposta. "Pronto?" rispose la madre. "Mamma,dove sidi Alessandra Santoni ete?!" disse Jason preoccupato. "Siamo all'ospedale. Tuo 16 ANGOLO DELL’ENIGMISTICA di Maria Huynh 1 2 3 4 11 5 6 12 15 7 8 9 13 10 14 16 17 18 19 20 21 22 25 23 26 29 30 33 34 31 32 35 37 36 38 39 41 40 44 46 47 45 48 49 50 54 55 57 60 63 51 56 59 68 24 64 61 65 52 53 58 62 66 67 69 70 73 71 72 74 75 76 77 ORIZZONTALI 1 Vi si trova Plaza Mayor; 3 sedicesima lettera dell'alfabeto italiano; 7 dolce austro-tedesco a forma di palla ripieno di marmellata; 11 moglie di Zeus; 12 pseudonimo di Giovanni Pellino; 14 se non è ingenium; 15 Polanski il regista; 17 presidente della Slovacchia durante il terzo Reich;18 anione derivante dalla dissociazione dell'acido cromico; 19 significato di obrigado/a; 20 attuale presidente della regione Veneto; 21 conformazione ripida rocciosa; 22 cantano stop crying your heart out; 25 Eljero, centocampista olandese in prestito al Southampton ; 26 Piano Nazionale Informatica; 27 medici in prima linea (serie televisiva); 29 canta Titanium feat David Guetta; 30 simbolo del cesio; 31 forma obsoleta per dire con sé; 32 marcatura che certifica un prodotto conforme agli standard europei; 33 pianta aromatica appartenente alla famiglia delle Lamiaceae ; 36 canta what a feeling; 37 deriva dal latino peditum; 39 va bene in inglese; 40 film del 1982 diretto da Steven Spielberg; 41 segno zodiacale cinese del 2015; 44 Edgar Allan ; 45 Ambito Territoriale Ottimale; 46 simbolo del rame; 47 vi è ambientata una celebre favola dei fratelli Grimm; 49 ha diffuso il Dottor Zivago in Russia; 50 il partito di Renzi; 51 liquore ottenuto dalla distillazione della melassa della canna da zucchero; 54 protagonista di Kingdom Hearts ( PlayStation 2); 56 abbreviazione di disco magneto-ottico; 58 lo si è da esausti; 59 figura della mitologia greca, padre di Otrera; 61 i dreadlocks; 63 deriva da una parola greca che significa ripresa; 67 effettua servizio di trasporto pubblico a Prato; 69 lo è il Giudizio Universale di Michelangelo; 71 complesso chimico membro di una famiglia di composti chiamati porfirine; 72 canzone di Katy Perry “This is part of..”; 73 passare del tempo; 75 famoso Padre che visse a San Giovanni Rotondo; 76 significato di Ich; 77 dolce natalizio originario di Verona. VERTICALI 1 casa automobilistica fondata da Karl Benz; 2 web browser open source multipiattaforma ideata da Benjamin Meyer; 3 ha origini italiane ed è figlio del conte Salvatore; 5 canta Cola Song con J Balvin; 6 Blasio, sindaco di New York; 7 catena di fast-food specializzata nella vendita di pollo fritto; 8 metà del diametro; 9 conduce l'Eredità; 10 pronome personale maschile plurale; 13 film d'animazione Disney ispirato alla “Regina delle nevi”; 16 femminile di amaro; 23 merce in giacenza in magazzino; 24 Victoria, programma di fashion; 30 verbo di citato; 34 si trovano su Apple Store; 35 paese in cui fu ucciso l'erede al trono d'Austria Francesco Ferdinando; 38 tribunale amministrativo regionale; 42 precede il sorgere del sole; 48 medium earth orbit ; 50 si trova con i morti di morte violenta nell'Anti Purgatorio; 52 sigla del Regno Unito; 53 cessazione delle funzioni biologiche che definiscono gli esseri viventi; 55 il cantante Zero; 57 personale non docente a servizio nella scuola; 60 lo è quello di Dreyfus; 61 supply chain operations reference; 62 se non è chiuso; 64 codice vettore ICAO per Air France; 65 lo sono quella maggiore o minore; 66 strumento a percussione utilizzato nella musica brasiliana;68 lo sono Tip, Tap, Minnie; Topolino; 70 l'ultimo nato di una covata o nidiata; 71 nel canto III del Paradiso Dante afferma che levò il capo a profferer più...; 72 termine inglese che si utilizza per indicare qualsiasi cosa; 74 vi è alla fine di ogni favola o film. 17 Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato a questo numero scrivendo, leggendo e spillando. Grazie per il vostro contributo, senza il quale Sintomi non esisterebbe E’ disponibile anche una versione digitale sul sito scolastico. Alessandro Tacconelli (3AS) Sara Bichicchi (3AS), Valentina Saccomando (4DS) Seguici sulla pagina Facebook https://www.facebook.com/pages/Sintomi/328793947224648 Alessandra Santoni (4CL) Demetra Gregoriadi (2FS) Federica Brunelli (5IS) Isabella Giusti (3DS) Marta Massenzi (4AS) Matteo Fiaschi (4ES) Sara Relli (5AL) Silvia Mazzei (5DS) Stefano Ciapini (5IS) Virginia Gelli (3IS) Lorenzo Vannucci (Liceo Classico Forteguerri) Asia De Luca (Liceo Classico Cicognini) Inquadra questo codice con la tua fotocamera!