L`analisi sull`in

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 L’uso dell’articolo partitivo italiano una ricerca empirica sul significato dell’articolo partitivo rispetto all’articolo zero Martina Cisci (S1526103) Scriptiebegeleider: Dr. R. de Jonge MA‐scriptie: RTC‐Italiaans November 2008 Romaanse Talen & Culturen “La lingua è il più complesso e più diffuso fra i sistemi di espressione, è altresì il più caratteristico di tutti. In questo senso la linguistica può divenire modello generale di ogni semiologia.” Saussure, Corso di linguistica generale, 1916, trad. it.: p.86 2
Indice Introduzione ........................................................................................................................ 5 2. Il quadro teoretico ........................................................................................................... 7 2.1 L’articolo determinativo vs l’articolo indeterminativo ............................................. 7 2.1.1 L’articolo zero .................................................................................................... 8 2.2 L’acquisto dell’articolo ............................................................................................. 9 2.3 Gli articoli al plurale ............................................................................................... 11 2.3.1 Bolinger (1975) e la genericità ......................................................................... 11 2.3.2 Cohen (2007) .................................................................................................... 12 2.3.3 Delfitto & Schroten (1991) .............................................................................. 14 2.4 L’articolo partitivo .................................................................................................. 16 2.4.1 Korzen (1996) .................................................................................................. 17 2.5 William Diver e la “Columbia School of Linguistics” ........................................... 18 2.6 Le ipotesi ................................................................................................................. 19 3. L’analisi......................................................................................................................... 21 3.1 Lo spoglio............................................................................................................... 21 3.1.1 Descrizione dello spoglio ................................................................................. 21 3.2 I risultati .................................................................................................................. 22 3.2.1 Articolo definito ............................................................................................... 23 3.2.2 Articolo zero..................................................................................................... 24 3.2.3 Articolo partitivo .............................................................................................. 25 3.3 Preverbale/postverbale ............................................................................................ 26 3.3.1. Soggetto........................................................................................................... 26 3.3.2 Oggetto ............................................................................................................. 28 3.4 Transitivo/intransitivo ............................................................................................. 30 3.5 Tratto del sintagma nominale .................................................................................. 31 3.5.1 Numerabile/innumerabile ................................................................................. 32 3.5.2 Concreto/astratto .............................................................................................. 33 4. Interpretare i dati: SNØ vs SNpart ................................................................................ 36 4.1 Complemento soggetto............................................................................................ 36 4.2 Complemento oggetto ............................................................................................. 37 4.3 Espressioni di paragone........................................................................................... 38 4.5 Espressioni di predicativi del soggetto.................................................................... 39 3
5. Conclusioni ................................................................................................................... 41 Note ................................................................................................................................... 43 Riferimenti bibliografici.................................................................................................... 44 4
Introduzione Uno degli aspetti più complessi di una lingua sono gli articoli, nonostante la loro piccola apparenza. E’ questo piccolo elemento grammaticale che sarà in primo piano di questa tesi di laurea. Dopo aver letto il saggio del linguista italiano Lorenzo Renzi, Il vero plurale dell’articolo ‘uno’, è stato realizzato l’argomento di questa tesi. In questo saggio Renzi (1982) si domanda quale è il vero articolo indeterminativo plurale in italiano. Le grammatiche notano che il plurale di un cane è dei cani, cani o anche alcuni cani. Renzi è di opinione che il miglior articolo plurale sia dei1 (e le sue forme morfofonologiche; delle e degli), perché gli altri non sono articoli. Vi sono linguistici che mettono dei, alcuni e Ø sullo stesso piano, ma poi non dimostrano le loro affermazioni. Anzi le grammatiche che sostengono dei come il vero articolo indeterminativo al plurale non dicono perché proprio dei lo sarebbe. In italiano dei è una forma eterogenea rispetto al singolare come avviene per esempio anche in francese (des), ma vi sono lingue in cui la forma al plurale è omogenea. Per esempio lo spagnolo e il portoghese le forme sono: un, unos e um, uns. Renzi basa la sua conclusione su una serie di prove di opposizione in cui contrappone ‘dei’, ‘alcuni’ e ‘Ø’ negli stessi contesti e sempre nella funzione di oggetto. Il problema, secondo Renzi, è nato dal fatto che in molti casi sia possibile avere dei, alcuni o Ø come plurale di un sintagma nominale indeterminato Partendo dalla frase (1): (1) Ho visto una barca in mezzo al mare si può avere al plurale: (2) a. Ho visto delle barche in mezzo al mare b. Ho visto alcune barche in mezzo al mare c. Ho visto Ø barche in mezza al mare Per analizzare ‘quale sia il vero articolo indeterminativo plurale’ egli contrappone in questo modo il plurale al singolare e l’indeterminativo al determinativo e osserva in quali casi ‘dei’, ‘alcuni’ o ‘Ø’ risultano impossibili o infelici. Continuando così le prove Renzi arriva alla sua conclusione che dei è il vincitore limitato, riassumendo, “la voce lessicale plurale dei è quella che più spesso osserva le stesse regole della voce lessicale singolare uno”. Da quest’idea è partito questo lavoro. Non voglio respingere la 5
conclusione di Renzi, ma voglio analizzare la differenza significativa fra l’articolo partitivo e quello zero (lasciando da parte alcuni perché voglio concentrarmi solo sugli articoli). Vedremo che l’articolo partitivo italiano è un elemento trascurato ed emarginato dai linguisti. L’articolo partitivo viene considerato dai puristi come parallelo all’articolo zero o come una 'variante’ di esso. Inoltre l'articolo partitivo appartiene più alla tradizione linguistica francese che non all’italiana. Oltre a ciò l’articolo partitivo viene chiamato “un surrogato” importato dalla Francia. Fatto sta che sia ampiamente usato nel linguaggio italiano e potrebbe apparire un po’ esagerato non accettarlo come una forma corretta. In questa tesi risulterà che l’articolo partitivo accompagna il nome per indicarne una quantità imprecisata. L’analisi sarà basata sulla teoria proposta da William Diver (fondatore della ‘Colombia School of Linguistics, (CSL)). L’idea basilare di questa teoria è che la struttura di una lingua è fondamentalmente determinata dalla sua funzione come uno strumento della comunicazione umana. Questo concetto è fondato sull’ideazione di Saussure che sostiene che la lingua sia un inventario di segni. Perciò coinvolgo anche l’articolo determinativo al plurale per avere così tutte le forme che esprimono una pluralità. L’idea che, le forme ‘dei’, ‘Ø’ e ‘i’ hanno ognuno il suo significato inserisce bene nel principio di Andersen (1984: 79) il “one to one principle”, che dice che ogni forma ha il suo significato. Le analisi dei linguisti di questa CSL sono tipicamente basate sui dati osservabili, come i corpora (testi o discorsi registrati). Per questo lavoro userò un unico testo, cioè ‘Vita’ di Melania G. Mazzucco. Come i linguisti della CSL applicherò le statistiche per analizzare il linguaggio. Vedremo che la distribuzione degli articoli vengono riscontrati secondo vari elementi sintattici. In seguito a questo dimostrerò le differenze significative tra gli articoli tramite esempi paralleli. Insomma la domanda centrale di questo lavoro è: Quale è la differenza significativa fra l’articolo zero e l’articolo partitivo in italiano per indicare un plurale indeterminativo? In breve nel secondo capitolo darò un quadro teoretico sugli articoli, nel terzo mostrerò i risultati delle analisi, nel quarto analizzerò i dati secondo gli esempi paralleli e il quinto capitolo è la conclusione. 6
2. Il quadro teoretico In questa prima sezione darò una rassegna del sistema italiano dell’articolo. Comincerò a spiegare la differenza fra l’articolo determinativo, indeterminativo e quello zero al singolare. Non discuterò qui l’articolo partitivo al singolare perché quest’uso è molto limitato. Poi discuterò uno studio interessante sull’acquisto dell’articolo. Nella seconda parte di questo capitolo tratterò gli articoli al plurale e discuterò cosa dicono i linguisti. E alla fine formulerò delle ipotesi. 2.1 L’articolo determinativo vs l’articolo indeterminativo Quello che l’italiano esprime con l’articolo, altre lingue lo esprimono in un altro modo. Per esempio il ceco e il finnico si servono qualche volta dell’ordine delle parole in modo da trasmettere la stessa informazione che l’italiano (o il francese, o l’inglese) ottiene con l’articolo. L’italiano conosce due tipi di articoli: l’articolo definito o determinativo il (3) e l’articolo indefinito o indeterminativo un (4). L’articolo accompagna spesso in modo diretto il nome e i suoi modificatori nel sintagma nominale (SN): (3) Il cane di nostro vicino (4) Un cane sta abbaiando La funzione essenziale dell’articolo determinato consiste oggi nel distinguere dall’insieme un singolo oggetto, individuandolo. L’articolo serviva originariamente (circa la sua provenienza dal pronome dimostrativo) a ricordare qualcosa di noto, o di appena nominato. L’articolo determinato si presenta quando si tratta di cose presenti in un unico esemplare2. Quest’articolo definito viene usato davanti ai nomi sia singolari sia plurali quando il nome è specifico. L’articolo un indica che, il nome che viene modificato è indefinito facendo riferimento a ogni membro di un gruppo. Questi articoli indefiniti vengono usati insieme ai nomi singolari quando il nome è generico. Nel corso degli anni l’articolo è stato trattato frequentemente. Poston (1975) per esempio, ha dichiarato che la complessità dell’articolo è più apparente che reale. Uno dei problemi deriva dal fatto che si presenti l’articolo da due punti di vista, cioè dal significato del nome e dalla funzione del nome. Si trovano soprattutto nelle grammatiche delle categorie semantiche (nomi astratti, nomi di paesi, nomi di lingue ecc.) delle quali richiedono l’articolo, ma allora si rimarca che l’articolo non 7
viene usato con questa o con quella classe di nomi in tale funzione. Queste regole che riguardano il genere del nome non sono più appropriate e Poston propone di considerare il nome dal punto di vista diverso, cioè dalla sua funzione nella frase. Egli dichiara che in una frase ‘normale’, soggetto più predicato, una frase spagnola non può cominciare con un nome comune, perché un nome comune richiede sempre l’articolo quando si trova nella posizione soggettiva. Per l’italiano possiamo concludere lo stesso. In italiano non vi sono sostantivi contabili al singolare senza essere introdotti da un determinante, cioè un articolo definito o indefinito, un quantificatore oppure un dimostrativo. Una frase come (5) è quindi grammaticalmente scorretto. (5) * Grande amico di Maria mi ha telefonato. Il/Un grande amico di Maria mi ha telefonato. (Longobardi 1994) 2.1.1 L’articolo zero Uno può osservare che in un linguaggio, l’assenza di un segno può avere un significato linguistico (un segno Ø) oppure non tale significato (un nonnulla). Nel sistema italiano dell’articolo, un articolo Ø accanto all’il e un esiste come un segno separato quale ha un valore linguistico coerente. Secondo Diver (1984) i valori sistematici degli articoli dell’inglese standard (anche applicabile all’italiano) sono basati sul parametro del discorso della diversità di un riferimento a un altro riferimento. Lo stesso può esser detto per gli articoli italiani. Il e un indicano entrambi che una differenziazione di un certo riferimento è richiesta. Il indica che l’interlocutore è in possesso di sufficiente informazione per seguire il processo della differenziazione, mentre un indica che tale informazione è assente. La differenziazione può essere quindi completa (il) e incompleto (un). D’altra parte un articolo zero (Ø) viene usato quando tale differenziazione non è richiesta. Non è richiesto quando “la radice lessicale possiede nessun problema di differenziazione” (Reid 1991: 79). Il sistema degli articoli singolari in italiano può essere rappresentato nella struttura seguente: 8
Figura 1: sistema degli articoli al singolare differenziazione richiesta Ø non richiesta sufficiente insufficiente IL UN Reid (1991) suggerisce inoltre tre argomenti comunicativi per l’uso dell’articolo Ø: 1: l’identità attuale del riferimento non è importante per il messaggio comunicato, perché il messaggio tratta di un’attività associata: (6) E’ andato a Ø letto presto (andare a dormire) 2: l’identità di riferimento è importante, ma non vi è la possibilità di confusione: (7) E’ andato a Ø casa (la sua casa dove abita) (8) E’ andato in Ø città. (al centro, la città più vicino) 3: il parlante non sta differenziando tra vari casi possibili: (9) Il tavolo è fatto da Ø quercia (la sostanza di un albero di quercia) 2.2 L’acquisto dell’articolo Un altro aspetto interessante è lo studio della Gorokhova (1995). Essa ha esaminato il processo dello sviluppo dell’acquisto degli articoli inglesi (the, a, Ø), presso studenti di madrelingua spagnola. Vi si conclude che gli interlocutori percorrono cinque stadi di sviluppo durante il processo dell’acquisto. Negli stadi iniziali gli studenti usano gli articoli come un segnale deittico. E nel loro corso dell’acquisto degli articoli essi si muovono da loro valori deittici iniziali a valori basati sulla differenziazione di un riferente da altri riferenti. Assumerò in breve gli stadi di sviluppo per mostrare il processo dell’acquisto. Nel primo stadio l’articolo determinativo the si utilizza con riferenti cognitivamente più salienti, cioè quelli riferenti importanti nel contesto e quelli 9
visibili per gli studenti. In questo stadio the attira attenzione su un riferente in particolare: (10) I like the people (mi piace la gente) (11) I see the chair (io vedo la sedia) Nel secondo stadio si acquisisce un nuovo segnale, cioè l’articolo indeterminativo a. Questo nuovo articolo acquisito segna riferenti meno salienti. Gli studenti lo usano con riferenti che sono meno importanti: (12) She’s is reading a book. (lei sta leggendo un libro) Nello stadio successivo gli studenti cominciano a essere guidati nella loro selezione degli articoli dal discorso linguistico più ampio e la posizione dei riferenti all’interno di ciò. Il fattore principale è la quantità d’informazione presente sul riferente. The viene usato per referenti su cui più informazione è nota, mentre a viene usato per referenti meno conosciuti. I primi referenti nel discorso, per esempio, ricorrono principalmente con a, mentre i referenti successivi ricorrono con the. (13) A woman reading the newspaper (una donna che sta leggendo il giornale) Oltre a usare a con il referente che è stato primo menzionato nel discorso, gli studenti lo usano, nello stesso tempo, con i referenti successivi che sono più piccoli in misura. (14) A man taking a cigarette (un uomo che sta prendendo una sigaretta) Questa strategia, che è la stessa strategia come fase due, non è basata sulla quantità d’informazione presente sul riferente, bensì sulla salienza cognitiva del riferente verso il parlante. Nel quarto stadio il discorso linguistico occupa una parte cruciale nella selezione degli articoli. Gli studenti basano la loro scelta sul parametro del discorso della differenziazione di un riferente da tutti gli altri riferenti. The nel quarto stadio viene applicato per indicare i riferenti che sono differenziati sufficienti dagli altri nel contesto, mentre a viene utilizzato per indicare i riferenti non differenziati. La ragione che la forma Ø non è stata presupposta per gli stadi I‐IV è, 10
che nessun valore linguistico consistente può essere assegnato all’assenza di the o a prima del nome a questo punto. Gli studenti possono omettere il segnale quando the o a non è adatto per il messaggio che stanno provando a comunicare; oppure essi possono ometterlo quando non sono sicuri di quale segnale usare a causa della mancanza della sofisticazione linguistica e una padronanza limitata di strategie. E’ solo nel quinto stadio, lo stadio finale, che gli studenti possiedono la capacità di influenzare tutti e tre i segnali (the, a, Ø) in un modo simile a quelli della madrelingua inglese. Nella quinta fase un nome senza articolo è un’indicazione che il valore semantico di the e a (differenziazione richiesta) è inadeguato per il messaggio. Insomma prendere una decisione sull’articolo richiede sia una parte del discorso sia delle informazioni circostanziali sul parlante e sull’ascoltatore. 2.3 Gli articoli al plurale In questa sezione parlerò degli articoli al plurale e in seguito dell’articolo partitivo. Discuterò alcuni saggi e studi di Bolinger, Cohen, Delfitto e Schroten e Korzen. 2.3.1 Bolinger (1975) e la genericità Bolinger (1975), che precede lo studio di Poston (menzionato nell’introduzione), discute l’argomento di come esprimere una genericità dell’uso dell’articolo definito. Egli ha analizzato per questo studenti nel primo stadio dell’apprendimento spagnolo (e le lingue romanze in genere). In inglese vi sono due modi di fare riferimento a una generalità usando un nome al plurale. Il primo è tramite l’articolo definito. (15) The airlines charge too much Le linee aeree fanno pagare troppo Qui l’articolo definito serve a precisare la cosa menzionata contro lo sfondo di un intero più inclusivo. Quando non vi è un intero più grande che si aveva in mente, l’articolo viene omesso, quindi il nome non fa specificamente riferimento a una totalità, ma a un gruppo indefinito, da cui il parlante deduce una totalità se il contesto lo favorisca. Tra l’inglese e le lingue romanze (lo spagnolo e l’italiano) la differenza risulta con i nomi massa e i nomi contabili al plurale. Se l’inglese usa l’articolo definito o no, lo spagnolo e l’italiano lo usano sempre: (16) a. (The) generals usually get their way 11
b. Los generales usualmente se salen con la suya (spagnolo) c. I generali normalmente ottengono ciò che si vogliono (italiano) La differenza per indicare la definitezza tra l’inglese e le altre due lingue, sembra essere che l’inglese richiede lo sfondo di una classe più grande, che non comprende ancora tutto il mondo, mentre lo spagnolo e l’italiano considerano lo sfondo come un universo intero. In (17) si considera ‘males’ come una sub classe definita di una classe che includono anche le donne. (17) The males are usually stronger (18) Gli uomini sono solitamente più forti Nel esempio (18) invece, in modo di generalizzare, si considerano ‘uomini’ come una classa definita tra tutte le classi possibili di cose. Inoltre l’inglese ha anche la sua generalizzazione indefinita ´Males are usually stronger’, ma una traduzione italiana sarà grammaticalmente scorretta. Gli esempi citati finora includono generalizzazioni nella posizione del soggetto nella proposizione. In questa posizione è chiaro che si tratta di un riferimento generico. Ma quando abbiamo una frase come (19) in cui il nome ‘sweets’ non è più chiaro il topic, la generalità è meno chiara. (19) They regard sweets as unessential Loro considerano i dolci come non essenziali Come abbiamo visto e vedremo più avanti, l’italiano richiede sempre l’articolo quando si vuole esprimere una generalizzazione. Però quando un nome è l’oggetto di un verbo o di un altro tipo di complemento, esso ha un significato partitivo piuttosto che generativo. In una frase come (20) è ovvio che lui mangi solo i dolci che mangia e non i dolci in generale. (20) He eats sweets lui mangia dei/ Ø dolci 2.3.2 Cohen (2007) Nello studio di Cohen (2007) viene esposta la differenza nell’interpretazione dei ‘bare plurals’ (nomi al plurale senza articolo, d’ora in poi i BP) in inglese e in italiano. In entrambi lingue i BP possono denotare proprietà che portano alle letture esistenziali. Ma le proprietà non possono essere topics, quindi, quando non vi è un 12
altro topic disponibile, la lettura esistenziale è esclusa. In inglese i BP possono denotare generi (che sono specifici e perciò possono essere topic) e quindi si possono avere letture generiche. Invece in italiano i BP non possono denotare generi e perciò non possono essere topic. E’ stato detto che i BP inglesi sono ambigui fra le letture esistenziali e generiche. Mentre il BP in (21a) può essere interpretato in modo esistente, esprimendo che alcuni cani stanno abbaiando fuori, il BP in (21b) invece può essere interpretato in modo generico, dicendo che i cani in genere sono intelligenti. (21) a. Ø Dogs are barking outside right now *Cani stanno abbaiando fuori proprio adesso b. Ø Dogs are intelligent *Cani sono intelligenti In italiano i BP possono essere interpretati in modo esistenziale e quando essi lo sono, si mostrano solo uno scopo limitato (Carlson 1977; Chierchia 1998). La frase (22) può solo significare che non vi sono belle ragazze che Gianni ha conosciuto, e non può significare che vi sono belle ragazze che Gianni non ha conosciuto. (22) Gianni non ha conosciuto Ø belle ragazze Chierchia sostiene che i BP italiani, come quegli inglesi, possono riferire ai generi. Egli basa il suo argomento sulla frase (23) (23) Qui, Ø ragazze in minigonna sono rare Secondo Cohen, questo esempio non supporta inequivocabilmente l’argomento, perché il predicato ‘rare’ è stato usato. Come Krifka et al (1995) mostra, questo tipo di predicato dovrebbe essere analizzato come un predicato di quantificazione piuttosto che un predicato di genere. Longobardi (2001) dimostra invece che, con predicati che sono inequivocabilmente predicati generici, i BP sono, infatti, impossibili: (24) a. * Ø Elefanti di colore bianco sono estinti b. * Ø Elefanti di colore bianco diventano sempre più grandi man mano che si va a nord 13
Quando i BP sono invece coordinati, il riferimento generico sembra essere possibile: (25) Ø Cani e Ø gatti diventano più comuni come si passa dal Sud al Nord Italia Ma i pareri divergono sul vero carattere dei BP coordinati. Heycock e Zamparelli (2003) suggeriscono che la coordinazione rende i BP definiti, mentre Roodenburg (2004) crede che questi BP siano fortemente indefiniti. 2.3.3 Delfitto & Schroten (1991) Un altro approccio è stato effettuato da Delfitto e Schroten (1991) sui BP nella lettura esistenziale in alcune lingue romanze e germaniche in modo sintattico e semantico. Gli esempi (26 a‐d) mostrano i BP che sono accettati come sia soggetti che oggetti: (26) a. Students have occupied the building b. I saw students in the building c. Studenten hebben het gebouw bezet d. Ik heb studenten in het gebouw gezien (inglese) (olandese) Esempi (27 a‐d) che sono le traduzioni degli esempi (26), mostrano invece che i BP sono accettati come oggetti, ma non come soggetti (preverbali) . (27) a. *Estudiantes han ocupado el edificio (spagnolo) (italiano) b. (Yo) he visto estudiantes en el edificio c. *Studenti hanno occupato l’edificio d. (Io) ho visto studenti nell’edificio I BP non sono accettati né come soggetto né come oggetto in francese3. Dunque le lingue germaniche come l’inglese e l’olandese ammettono la lettura esistenziale dei BP entrambi in posizione del soggetto e dell’oggetto. In italiano e in spagnolo i BP esistenziali sono consentiti come oggetti, ma sono esclusi come soggetti. Nelle lingue germaniche, come l’inglese e l’olandese, i BP che occupano la posizione del soggetto, sono assegnati più facilmente alla lettura esistenziale standard, una frase come (28) può essere interpretata come vera quando almeno due studenti hanno occupato l’edificio. 14
(28) Studenten hebben het gebouw bezet Gli studenti hanno occupato l’edificio Però in italiano e in spagnolo i BP in posizione dell’oggetto mostrano piuttosto diverse proprietà d’interpretazione. Come notano Benincà (1986) e Longobardi (1991), la frase (29) rimane vera, sebbene una sola patata sia stata mangiata. (29) Ieri Gianni ha mangiato patate La frase (30) può essere facilmente assegnata all’interpretazione di Gianni che è un libraio per solo cinque minuti. (30) Gianni ha venduto libri solo per cinque minuti Con questa interpretazione, la frase è vera, anche se Gianni non ha venduto nessun libro. Bisogna dire che questa lettura non è possibile in altre costruzioni esistenziali, come quella partitiva: (31) Gianni ha venduto dei libri per cinque minuti Anche Delfitto e Schroten ammettono che i BP generici non sono promessi in italiani. È stato notato prima che i BP in posizione del soggetto non sono promessi in italiani, però Delfitto e Schroten discutono che questi BP sono possibili ma solo quando vengono accompagnati dai modificatori aggettivali o preposizionali, come mostrano i seguenti esempi: (32) Politici corrotti hanno occupato il palazzo (33) Studiosi di grande fama sono stati coinvolti nello scandalo Inoltre Renzi osserva che i BP possono essere soggetti, ma solo in posizione post‐ verbale: (34) Ci sono ancora giornali in edicola a quest’ora Per quanto riguardano i nomi massa, essi mostrano lo stresso comportamento come i BP e i nomi contabili (cfr. Carlson 1977; Longobardi 1991). 15
2.4 L’articolo partitivo Finora abbiamo discusso l’articolo italiano al plurale con i nomi senza articoli (i BP), ma come abbiamo visto l’italiano conosce un’altra forma per indicare una pluralità, cioè l’articolo partitivo. L’uso del partitivo è stato preso dai puristi fin dall’Ottocento. Tuttora la convinzione è abbastanza diffusa che si tratti di un prestito linguistico dalla lingua francese, anche se è stato dimostrato che il partitivo è attestabile fin dal Medioevo nella letteratura italiana di maggior prestigio4. Vero è invece che se in francese il partitivo è spesso insostituibile, in italiano può essere invece omesso. Per esempio dopo être in una frase negativa si usa sempre l’articolo partitivo5. (35) a. Ce sont des Français, ce ne sont pas des Belges b. Essi sono dei francesi, non sono dei belgi c. Essi sono francesi, non sono belgi Inoltre viene spesso sconsigliata la combinazione tra una preposizione e l'articolo partitivo (che non sempre dà buoni risultati), oppure il suo uso combinato a parole astratte. Anche la ripetizione del partitivo in lunghe enumerazioni può essere indesiderata a causa della ripetizione continua delle sue varie forme. (36) (?) Ho delle paure. (37) (?) Ieri ho mangiato le verdure con delle patate. Per di più l'articolo partitivo suscita qualche discussione fra i sostenitori della purezza della lingua italiana e i difensori dell'innovazione spontanea data dall'uso reale che se ne fa. Infatti l'articolo partitivo appartiene più alla tradizione linguistica francese che all’italiana. Fatto sta che viene impiegato frequentemente e potrebbe apparire un po’ esagerato non accettarlo come una forma corretta. I puristi direbbero che la frase (38) è sconsigliabile, la frase come (39) sarebbe corretta. (38) (*) Dei bambini giocano in cortile (39) Alcuni bambini giocano in cortile Come in francese, l’articolo partitivo italiano viene usato per indicarne una parte o quantità imprecisata. 16
2.4.1 Korzen (1996) Il linguista danese Korzen (1996) ha fatto uno studio semantico‐sintattico sul sistema nominale in italiano con particolare riguardo all'uso degli articoli e del sintagma nominale senza determinante sia al singolare sia al plurale. Egli nota che l’articolo partitivo è trascurato negli studi linguistici. Le menzioni presenti di quest’articolo si riducano purtroppo a note limitate e lo interpretano come l’espressione di “una parte di un insieme”. Inoltre in molti casi l’uso di quest’articolo viene spesso sconsigliato. Dai puristi l’articolo partitivo viene considerato come parallelo all’articolo zero o come un ‘variante’ di esso. Gabrielli (1983: 218‐220) per esempio lo chiama “un surrogato” importato dalla Francia. Sebbene alcuni puristi fossero dell’opinione che l’articolo partitivo appartenesse più alla tradizione linguistica francese, vi è un altro motivo per l’avversione di quest’articolo. Il motivo può essere la semantica della demarcazione di quantità, cioè simile a quella dell’articolo indeterminato, ma differentemente da quella di quantificatori come alcuni, parecchi, qualche, ecc. che indicano una quantificazione in modo molto più univoco e preciso. Nel suo libro Korzen discute alcuni saggi e studi sul SN partitivo. Nello studio di Bach & Schmitt Jenssen (1990: par. 95 pp160‐163) si confrontano l’articolo partitivo e l’articolo zero. Ambedue esprimono indeterminatezza e quantità e l’articolo zero si usa come “una variante dell’articolo partitivo” con “quasi lo stesso valore, laddove il nome stesso indichi quantità”. Ma contemporaneamente i SN con l’articolo partitivo sono anche considerati costrutti partitivi ridotti per ellissi6. Spore7 (1975: 61‐64 par.40) suppone di analizzare l’articolo partitivo come di, in funzione di costituente che esprime totalità (comparativamente ai quantificatori tutto, ambedue, tutti e tre, ecc.) + articolo determinativo. Dopo aver paragonato l’articolo zero e l’articolo partitivo Spore afferma che l’uso dell’articolo zero è 20‐25 volte più frequente dell’articolo partitivo, considerando che l’uso del partitivo è quasi un’eccezione. Alcuni anni più tardi lo stesso Spore (1987) ha riveduto alcune conclusioni in un lavoro posteriore e da uno spoglio di ca. 8000 SN, di cui 750 partitivi, discute fra l’altro la loro distribuzione secondo il tipo di testo e la funzione sintattica. Da ciò risulta che l’articolo partitivo, rispetto all’articolo zero, è particolarmente frequente in funzione di complemento d’oggetto. Inoltre è più frequente nel soggetto con si che con ci/vi ed è più frequente nel soggetto postverbale che in quello preverbale. Korzen stesso ha uno spoglio di circa 7000 SN 17
di cui 1500 partitivi. Tornerò nel seguente capitolo sulla frequenza statistica degli articoli così come risulta dal mio spoglio. 2.5 William Diver e la “Columbia School of Linguistics” Vi sono diversi modi per analizzare il linguaggio, Bolinger (1975), Cohen (2007) e Delfitto & Schroten (1991) lo analizzano tutti e quattro in modo generativo, Korzen (1996) invece lo basa su uno spoglio. L’analisi in questo lavoro si baserà pure su uno spoglio e adotterò l’approccio di William Diver. L’approccio di William Diver, fondatore della “Columbia School of Linguistics” (CSL), è stato moderno nei suoi tempi. Egli analizza il linguaggio come una forma del comportamento umano, piuttosto come un’espressione della verità idealizzata. La scuola che Diver ha fondato è un gruppo di linguisti con una concezione empirica e funzionale del linguaggio. Secondo le loro idee la funzione principale del linguaggio è la comunicazione. Le analisi dei linguisti di questa scuola sono tipicamente basate sui dati osservabili, come i corpora (testi o discorsi registrati), e non sulle frasi introspettive ad hoc. Inoltre la scuola non ha solo una teoria del linguaggio, ma un set di orientazioni in cui gli studiosi analizzano atti del discorso attuali, e in seguito fanno un tentativo di spiegare perché essi prendono queste forme. La differenza tra la ‘Columbia School of Linguistics’ e altri approcci linguistici è il modo sul quale ognuno riguarda il campo della matematica. La CSL usa le statistiche come uno strumento per analizzare e per trarre delle conclusioni sui linguaggi. Invece di cercare di produrre delle regole per generare ogni possibile frase “grammaticale”, gli scolari di CSL contano e paragonano i numeri di eventi dei vari fenomeni e poi applicano i criteri statistici per trarre delle conclusioni sui motivi per quest’uso. Queste conclusioni sono basate sulle orientazioni della comunicazione, della fisiologia oppure della psicologia. I linguisti cercano soprattutto una spiegazione perché una forma apparisce più spesso che un’altra. Mentre la gran parte dei linguisti parla delle restrizioni e combinazioni delle entità che non sono permesse, i linguisti CSL discutano le scelte che parlanti di un linguaggio hanno e come sfruttano di queste scelte. Inoltre la CSL assume che ogni segno linguistico abbia un significato, sebbene significati possano essere simili, non siano mai esattamente lo stesso. E finché si può mostrare 18
obiettivamente che un segno particolare ha significati multipli, l’assunzione è che ha solo un significato, capace di portare messaggi diversi. L’unità teoretica fondamentale della CSL è il segno – un segnale accompagnato da un significato. (Ciò ci ricordiamo all’idea di signe linguistique di Saussure, composto da un signifiant e un signifié). La frase invece forma la base della teoria generativa. Entrambi i segni e i loro significati sono di un linguaggio particolare piuttosto che universale. Il problema analitico per il linguista della CSL è di determinare l’identità attuale di queste unità del segnale‐significato in un linguaggio particolare. Ciò lo fanno tramite il controllo dei segni proposti rispetto all’uso attuale; un significato ipotizzato deve essere adatto a ogni messaggio per cui il suo segno è stato usato. La spiegazione per un’apparizione di un segno particolare in un testo è che il suo significato associato, ipotizzato e controllato dall’analista, contribuisce semanticamente al messaggio che si vuole indirizzare. Una domanda di un linguista della CSL potrebbe essere; perché in italiano si usa a volte il pronome maschile singolare egli indicando il soggetto grammaticale e a volte il pronome maschile singolare lui?8 (40)
a. Egli non rispose b. Lui non rispose (Davis, 1992, 1995a)
Per questo lavoro possiamo formulare una domanda del genere, il problema analitico in seguito è di scoprire il significato di questi segni. 2.6 Le ipotesi Lo scopo centrale di questo lavoro è trovare la differenza significativa fra l’articolo zero e quello partitivo. Il fatto che l’articolo partitivo sia composta da una preposizione e un articolo determinativo, suppongo che l’articolo partitivo si impiegherebbe soprattutto con le cose più specifiche, esprimendo una quantità più concreta. Invece l’articolo zero s’impiegherebbe con qualcosa di meno specifico (e meno concreto) e sarà più dipendente dal contesto. Inoltre entrambi gli articoli esprimono una quantità imprecisa, però siccome l’articolo partitivo esprime che fa parte di una totalità, la quantità sarebbe più delimitata. L’articolo zero invece non è delimitato e perciò la quantità sarebbe più elevata. Per questo fatto il nome 19
accompagnato da un articolo partitivo sarebbe sempre contabile e l’articolo zero non farebbe differenza (Figura 2 dà una rassegna). Figura 2: le ipotesi L’articolo Ø ‐ specifico ‐ concreto + quantità L’articolo partitivo + specifico + concreto ‐ quantità ‐/+N contabile + N contabile Notando poi che l’uso dell’articolo partitivo è un po’ isolato nella maggior parte delle grammatiche italiane, assumerò la percezione di Spore, cioè l’uso dell’articolo zero sarebbe più frequente dell’articolo partitivo. 20
3. L’analisi Nel capitolo precedente ho parlato della teoria di Diver, che forma la base dell‘analisi dei risaltati. Caratteristiche di questa teoria sono lo spoglio e l’approccio statistico. In questo capitolo parlerò dello spoglio che forma le fondamenta di questo lavoro. In seguito mostrerò i risultati che sono trovati tramite le prove statistiche e darò alcune conclusioni provvisorie. 3.1 Lo spoglio Come notato prima, le analisi della ‘Colombia School of Linguistics’ dipendono molto dai dati presi dall’uso di un linguaggio naturale, spesso scritto alle volte parlato. Per quanto riguarda l’analisi di questo lavoro ho scelto un testo scritto, cioè ‘Vita’ di Melania G. Mazzucco. Quest’opera racconta la storia di due bambini, Vita e Diamante. A solo nove e dodici anni partono da un paesino nel Sud d’Italia e attraversano l’oceano alla ricerca di una vita migliore e di un futuro in America, come tanti italiani fecero tra l’Ottocento e il Novecento. In una pensione sporca, umida e caotica di Prince Street, un ghetto italiano di downtown, New York, il padre di Vita, Agnello e la sua compagna Lena li aspettano. In questa città immensa i due bambini scoprono la vera vita. Mazzucco non racconta solo la storia di questi due bambini, ma anche com’è stata realizzata la storia, giacché questi due bambini non sono due figure fittizie, anzi anche la pensione e molti personaggi sono veramente esistiti. Essa racconta come ha scavato tra memoria e ricordi familiari e com’è stata in America a trovare informazioni, usando giornali, documenti, rapporti dell’epoca. 3.1.1 Descrizione dello spoglio Dalla storia Vita sono copiati tutti gli esempi in cui le tre forme ricorrono insieme a loro contesto diretto. Considerato l’argomento di questo lavoro, lo spoglio sarà piuttosto ampio dato che in quasi ogni frase si usa uno degli articoli. La tabella 1 mostra la loro distribuzione. 21
Tabella 1: frequenza dell’articolo al plurale (N/%) articolo definito articolo zero articolo partitivo totale frequenza % 1698 61,5 1021 37,0 43 1,6 2762 100,0 Spore affermava che l’uso dell’articolo zero è 20‐25 volte più frequente dell’articolo partitivo, concludendo così che l’uso del partitivo è quasi un’eccezione. Nel paragrafo 2.4 ho assunto questa percezione e ora vediamo che i risultati della tabella 1 corrispondono, infatti, a quelli di Spore. L’articolo zero è molto più frequente dell’articolo partitivo, soltanto il 1,6% dello spoglio totale consiste di un articolo partitivo. 3.2 I risultati Nei paragrafi seguenti le ipotesi saranno sottomesse a un’analisi. Il contesto in cui sono trovati gli esempi è importante per determinare il comportamento degli articoli. Innanzitutto ho riscontrato la loro distribuzione secondo la funzione sintattica del SN. Tutti e tre gli articoli sono trovati in funzione di: 1. complemento soggetto: (41) I ragazzi sono seduti intorno al tavolo, e bevono il caffè. (p.57) 2. complemento oggetto: (42) Vita non scrive lettere a casa, ma si chiede cosa farebbe Dionisia (p.52) 3. complemento di un sintagma preposizionale: (43) Tamponandosi il naso con le dita, inseguito sulle scale dall’importuna ammirazione dei ragazzini dell’isolato, Rocco corre a chiamare Agnello. (p.72) 4. complemento di paragone: 22
(44) Sono qui, panciute al centro della strada, come carogne. (p.8) 5. complemento predicativo del soggetto: (45) Erano dei guitti di quart’ordine. (p.358) La loro distribuzione secondo le funzioni sintattiche troviamo nella tabella 2. Tabella 2: frequenza dell’articolo e la funzione sintattica (X2,p<) (N/%) soggetto oggetto complemento complemento complemento di un sintagma predicativo di paragone preposizionale art. definito 507/72,3 422/51,7
731/63,6 17/36,2 21/44,7 art. zero 186/26,5 367/44,9
419/36,4 24/51,1 25/53,2 8/1,14 28/3,43
0/0,00 6/12,8 1/2,10 701/100 817/100
1150/100 47/100 47/100 art.partitivo totale X2: 149.8 p< 0,001 In primo luogo possiamo concludere statisticamente che le differenze non sono dovute al caso (p<0,001). Perciò possiamo assumere che vi è una differenza tra i tre segni. 3.2.1 Articolo definito L’articolo definito viene usato, come abbiamo discusso nei paragrafi precedenti, con riferenti cognitivamente più salienti, cioè quelli riferenti importanti nel contesto. Il soggetto è l’argomento o questione sui cui verte una conversazione, discussione o riflessione ecc. Perciò l’articolo definito si impiegherebbe maggiormente in funzione di soggetto. La tabella 2 mostra che l’aspettativa è vera, vi è una preferenza relativa (72,3%) per l’uso dell’articolo definito in funzione di soggetto (46). In funzione di complemento oggetto (47) e quello di un sintagma preposizionale (48) vi è una piccola preferenza per il secondo (63,6% vs 51,7%). Lo stesso possiamo concludere per il complemento predicativo (49) e il complemento di paragone (50). Vi è una preferenza relativa per quello di paragone (44,7% vs 36,2%). Insomma l’articolo definito viene usato frequentemente in tutte le funzioni analizzate. 23
(46) Ma i pugilatori che combattano negli scantinati delle birrerie hanno sempre il viso tumefatto e Rocco ce l’ha fresco e lisco. (p.93) (47) Ha pure rubato i cani nell’orto dei guappi. (p.97) (48) Quelli dell’“Araldo” lo odiano perché è reazionario, lecca il culo ai potenti ha preso le parti dei padroni contro gli scavatori della metropolitana in sciopero. (p.65) (49) Le schiave circasse sono le concubine più belle dei pascià. (p.50) (50) Era gentile e interessato ai loro discorsi, come gli adulti non sono mai. (p.38) 3.2.2 Articolo zero L’articolo zero non ha morfologicamente una forma, per questo una differenziazione di un certo riferimento non è richiesta. Perciò è difficile predire in quale funzione si impiegherebbe più frequentemente l’articolo zero. Tuttavia non prevedo che l’articolo zero in funzione di soggetto sia usato frequentemente, perché il soggetto è l’elemento più specificato della frase e perciò richiede, come abbiamo appena discusso, spesso l’articolo definito. I dati della tabella 2 mostrano che l’articolo zero in funzione di soggetto (51) non è molto preferibile, anzi ha la preferenza minore (26,5%). Per quel che riguarda le altre funzioni sintattiche, non vi è una preferenza chiara. L’articolo zero dà leggermente la preferenza al complemento oggetto (52) che al complemento di un sintagma preposizionale (53) (44,9% vs 36,4%). Poi vi è una preferenza più o meno uguale per il complemento predicativo (54) e quello di paragone (55) (51,1% vs 53,2%). (51) In casa non ci sono libri e quando i bordanti devono correre d’urgenza al gabinetto non trovano di meglio per asciugarsi. (p.77) (52) Emma era stata cucitrice in un giubbificio, ma scriveva poesie, rime e racconti e forse avrebbe voluto continuare a farlo. (p.233) (53) Il salone era arredato con tavoli di formica che a me ricordavano banchi scolastici e forse lo erano. (p.139) (54) Aiutava Lena a preparare le polpettine di pesce quando il padre sbottò che erano imbrogli grossolani per i broccoloni, la donna albina la sbiancavano con la soda, la donna barbuta era un maschio vestito da 24
donna, gli zulù erano negri della Virginia e l’uomo scheletro solo un poveraccio denutrito che portava una maglia stretta. (p.116) (55) I gruppi si intruppavano come pecore fra le passerelle, prima uno, poi l’altro, poi un altro ancora. (p.22) 3.2.3 Articolo partitivo Com’è mostrato in tabella 1, la frequenza dell’articolo zero è piuttosto marginale. Ciò non vuole dire che non possiamo trarre delle conclusioni. In base al fatto che l’articolo partitivo sia parzialmente formato da un articolo definito e perciò meno determinato come l’articolo definito, ma un po’ di più per quel che riguarda l’articolo zero, penso che si impieghi l’articolo partitivo relativamente non in funzione di soggetto ma più negli altri. Siccome la combinazione tra una preposizione e l’articolo partitivo viene spesso sconsigliata per motivi stilistici (vedi §2.3), non aspetto di trovare quest’articolo in funzione di un complemento di un sintagma preposizionale. La tabella 2 mostra che l’articolo partitivo non dà preferenza alla funzione di soggetto (56) (solo 1,14%). Anche per le altre funzioni, tranne quello predicativo, la preferenza è piuttosto bassa (3,43% del complemento oggetto (57) vs 2,1% del complemento di paragone (58)). La distruzione dell’articolo partitivo in funzione del complemento di un sintagma preposizionale risulta, com’era l’aspettativa, zero9. In
funzione di complemento predicativo (59) invece la preferenza è relativamente più chiara (12,8%). Spore conclude lo stesso, in suo spoglio il partitivo si riscontra soprattutto in funzione predicativa. Una spiegazione può essere che in funzione predicativa l’interpretazione di ‘una parte di un insieme’ è più chiara presente rispetto alle altre funzioni. Il nome del predicato è l’elemento che porta l’informazione principale del soggetto, cioè una qualità o uno stato. Questo elemento è sempre collegato al soggetto e perciò diventa una parte di una totalità. In (59) per esempio, il padre, la madre e i fratelli del protagonista Diamante si trovano in uno stato, cioè di un fantasma. (56) Sulle pareti, su entrambi i lati, ci sono delle cuccette, come nel dormitorio del piroscafo. (p.98) (57) Siccome era italiano, e suonava delle canzoni bellissimi sul suo organo, non diffidarono di lui. (p.37) 25
(58) Invece noi siamo come quegli altri negri che urlano: non moriamo come dei proci. (p.150) (59) Col tempo, senza che se ne accorgesse, suo padre, sua madre e i suoi fratelli, erano diventati dei fantasmi. (p.362) Dopo i primi risultati possiamo concludere che l’articolo definito ha la preferenza in funzione di soggetto. Si possono trovare gli altri due articoli in questa funzione ma non frequentemente. Le preferenze degli articoli per le alte funzioni sono minime. Solo l’articolo partitivo mostra una chiara preferenza per il complemento predicativo. 3.3 Preverbale/postverbale Dopo aver riscontrato la distribuzione secondo la funzione sintattica, volevo analizzare se possiamo trovare una relazione significativa fra il soggetto e l’oggetto e la posizione del verbo, giacché questi due elementi sono collegati al verbo. Vi sono classificati casi in cui i SN possono essere preverbale (60) oppure postverbale (61). (60) I soldati insistono perché la prende per i suoi figli. (p.9) (61) Ci sono cadaveri in strada e perfino nelle chiese (p.198) Spore (1975) conclude che l’articolo partitivo è più frequente nel soggetto postverbale che in quello preverbale. Delfitto e Schroten (1991) osservano invece che i sintagmi nominale senza articolo non vengono accetti come soggetto in posizione preverbale (vedi § 2.3). Nei paragrafi successivi analizzo se le conclusioni appena citate coincidono con i miei risultati. 3.3.1. Soggetto Il soggetto accompagnato da un articolo definito in una frase è in genere già noto o determinato all’interlocutore. Perciò penso di trovare l’articolo definito relativamente più all’inizio della frase, cioè in posizione preverbale. Il soggetto accompagnato da un articolo partitivo invece è parzialmente formato da un articolo definito e quindi meno determinato. Per questa ragione presumo che i SN con l’articolo partitivo si trovino sia in posizione preverbale sia in posizione postverbale. Il SNØ non è determinato per nulla e per questo meno noto. Perciò penso di trovarlo più indietro, ciò più postverbale. I risultati si trovano in tabella 3. 26
Tabella 3: posizione del soggetto preverbale vs postverbale (X2, p<) (N/%)10 preverbale postverbale totale articolo definito 389/84,6 71/15,4 460/100 articolo zero 36/26,3 101/73,7 137/100 articolo partitivo 2/25,0 6/75,0 8/100 X2: 180.8 p<0,001 Dal punto di vista statistico possiamo concludere che vi è una correlazione, inoltre la probabilità che i risultati sono dovuti al caso è 1 su 1000. I risultati della tabella mostrano moderatamente le mie previsioni. L’articolo definito rispetto all’articolo zero e partitivo troviamo relativamente più nel soggetto preverbale (85,8% vs 26,3% e 25,0%). Un esempio troviamo in (60). La conclusione di Spore che l’articolo partitivo è più frequente nel soggetto postverbale che in posizione preverbale coincide con i miei risultati. L’articolo zero e quello partitivo troviamo relativamente più nel soggetto postverbale (circa 75% vs 15,4%). Nel soggetto preverbale vediamo che l’articolo zero è presente, però non volentieri. L’osservazione di Delfitto & Schroten (1991) che i sintagmi nominale senza articolo non vengono accetti in posizione preverbale, viene perciò rifiuta sotto questo riguardo. Inoltre vi sono sufficienti esempi per concludere che non tratta di un’eccezione. In (62) abbiamo un SN senza articolo postverbale e in (63) il SN ‘sbuffi di fumo’ in posizione preverbale. La frase sembra corretta, perché l’ordine è grammaticalmente logico. (62) Continuavano ad attaccare navi, partite da Brema, da Rotterdam, da Liverpool, Copenhagen, Amburgo. (p.23) (63) Sbuffi di fumo incoronano le torri, stingendo i contorni, trasformandole in una visione immateriale, quasi un sogno. (p.20) Gli esempi seguenti mostrano un SN partitivo nel soggetto postverbale (64) e due SN partitivi nel soggetto preverbale (65) e (66): (64) In altri paesi sono entrati a cavallo dei carri armati – tra gli applausi. (p.8) 27
(65) Non aveva il tempo di fermarsi da nessuna parte, Diamante la trascinava di qua e di là, e poi si misero a correre, perché anche il poliziotto era entrato nel grande magazzino, aveva portato un fischietto alle labbra, li inseguiva e dei commessi biondi larghi come armadi avanzano minacciosi da tutte le direzioni. (p.35)
(66) Gli avevano promesso uno stipendio considerevole, e dei minatori che scioperavano non gli importava niente. (p.307) In (65) il soggetto in posizione preverbale non è impensabile poiché le frasi italiane seguono generalmente l’ordine soggetto, verbo, oggetto (SVO). In (66) invece abbiamo a che fare con un caso un po’ complicato. In questa frase ‘dei minatori’ coincidono con il verbo scioperare, perciò l’ho classificato come preverbale sebbene ‘dei minatori’ non sia grammaticalmente il soggetto e quest’ordine sia l’unico possibile. 3.3.2 Oggetto Anche in funzione di oggetto ho riscontrato la loro posizione. Siccome l’ordine consueto è soggetto verbo oggetto, aspetto a trovare la gran parte in posizione postverbale come mostra esempio (67). (67) Se non facevi la spia restavamo amici e ti raccontavo ancora le storie. (p.123) I risultati troviamo in tabella 4: Tabella 4 posizione dell’oggetto (X2, p<) (N/%)10 preverbale postverbale totale articolo definito 4/0,1 405/99,0 409/100 articolo zero 2/0,6 342/99,4 344/100 articolo partitivo 0/0,0 27/100 27/100 X2: 0.602 p=0,740 La distribuzione dei SN in posizione preverbale è piuttosto limitata. Ciò non è singolare, poiché l’oggetto segue generalmente il verbo. Date le minime differenze considero i risultati non rilevanti. Anche le statistiche indicano che le differenze 28
sono dovute al caso. Perciò non possiamo trarre delle conclusioni convincenti. Però vale la pena discutere i casi preverbali, perché differiscono degli altri. Gli esempi definiti che sono trovati in posizione preverbale hanno tutti la stessa costruzione. Se osserviamo tutti e quattro gli esempi seguenti (68) ‐ (71), vediamo che i SN sono dislocati a sinistra e che l’anticipazione viene compensata dall’inserimento del pronome atono li. (68) No, risponde Diamante, i soldi me li guadagno io e non miei. (p.67) (69) I morti li rispetta. (p.161) (70) I latrati dei cani se li porta via il vento. (p.79) (71) Il problema è che i dieci dollari necessari a sbarcare sua madre glieli ha cuciti proprio nelle mutande, perché non glieli rubassero di notte nel dormitorio del piroscafo. (p.15) I SN senza articolo in posizione preverbale invece mostrano un’altra costruzione. In (72) e (73) vediamo che entrambi frasi mostrano, come abbiamo visto dagli esempi (68)‐(71), il fenomeno di dislocazione a sinistra. In (72) abbiamo a che fare con una frase interrogativa in cui l’oggetto è dislocato. In (73) vediamo un’altra costruzione, cioè di una particella pronominale ‘ne’. In questo caso ‘ne’ riferisce a ‘figli’ e ha perciò un significato partitivo. (72) Che speranze abbiamo di ritrovarlo? Chiese Lhepsch alla Donna albero. (p.203) (73) Tutto questo Lene sosteneva di averlo detto a nessuno, tanto meno a Agnello, perché non era colpa sua se aveva buttato il figlio nel lago, anche se c’entrava qualcosa, perché le aveva appena chiesto di mettersi con lui, ma comunque si era pentita, aveva chiesto perdono a Dio che poteva capirla perché pure lui ha crocifisso il figlio suo e infatti Dio aveva capito e in cambio lei figli non ne voleva più. (p.108) Siccome gli articoli partitivi sono marginalmente presenti in quest’analisi la probabilità di trovare l’articolo partitivo nell’oggetto preverbale sarebbe escluso. I risultati riflettono il pensiero, non vi sono trovati oggetti in posizione preverbale con l’articolo partitivo. Ciò non implica che non ricorrano in questa posizione. In quest’analisi l’articolo partitivo apparisce solo nell’oggetto postverbale, com’è mostrato in (74). 29
(74) Siccome era italiano, e suonava delle canzoni bellissimi sul suo organo, non diffidarono di lui. (p.37) 3.4 Transitivo/intransitivo Oltre a essere pre‐ o postverbale, il verbo può risultare transitivo o intransitivo. Il verbo è transitivo quando può reggere un complemento oggetto come in (75). Il soggetto i ragazzi con il verbo evitare regge un oggetto cioè i vecchi, dunque ‘evitare’ è un verbo transitivo. Il verbo intransitivo d’altra parte ha solamente un argomento (il soggetto) e regge da solo come mostra (76). In (76) il soggetto i libri con il verbo essere non ha un argomento e regge da solo. Anche il soggetto i bordanti con il verbo correre regge da solo. I verbi ‘essere’ e ‘correre’ sono perciò verbi intransitivi. Inoltre vi sono verbi che possono essere sia transitivi che intransitivi. Il verbo ‘mangiare’ in (77) è transitivo, ma il verbo può essere anche intransitivo. Possiamo dire soltanto: "Lui mangia", per dire che è impegnato nell'attività di mangiare senza specificare cosa mangia. (75) I ragazzi evitano i vecchi, non li calcolano proprio, stanno per conto loro e vanno in giro sempre insieme. (p.49) (76) In casa non ci sono libri e quando i bordanti devono correre d’urgenza al gabinetto non trovano di meglio per asciugarsi. (p.77) (77) Mangia fagioli tute le sere (p.92)
La tabella 3 ha mostrato che l’articolo definito rispetto all’articolo zero e partitivo troviamo relativamente più nel soggetto preverbale. E che l’articolo zero e il partitivo troviamo relativamente più nel soggetto postverbale. Con questa conclusione possiamo fare delle aspettative per i verbi transitivi/intransitivi. La lingua italiana segue, come menzionato prima, generalmente l’ordine SVO (soggetto verbo oggetto). Poiché l’articolo definito si trova relativamente più nel soggetto preverbale possiamo assumere che quest’articolo vada relativamente più con i verbi transitivi. Quanto agli altri due articoli che si trovano più nel soggetto postverbale possiamo assumere che vadano più con i verbi intransitivi. Prendendo l’esempio (76) vediamo che abbiamo a che fare con l’inversione del SVO. Il soggetto segue il verbo risultando così in un ordine VSO, occupando la posizione dell’oggetto. Seguendo l’ordine SVO, la posizione dell’oggetto è libera. La tabella 5 mostra i risultati: 30
Tabella 5: frequenza dell’articolo in funzione del soggetto e i verbi transitivi/ intransitivi (X2,p<) (N/%)10 articolo definito transitivo 185/39,2 intransitivo 287/60,8 articolo zero 26/19,1 110/80,9 articolo partitivo 0/0,00 8/100 totale 472/100 136/100 8/100 X2:23.12 p<0.001 Innanzitutto possiamo concludere che i risultati sono statisticamente significativi. La tabella mostra che l’articolo definito, rispetto all’articolo zero e partitivo, dà relativamente la preferenza ai verbi transitivi (39,2% vs 19,1%). Un esempio troviamo in (78). L’articolo zero e l’articolo partitivo invece troviamo relativamente più con i verbi intransitivi (80,9% vs 100%). Questi risultati riflettano infatti le aspettative. Ciò che colpisce è indubbiamente l’alta percentuale al lato degli intransitivi. Siccome alcuni verbi possono essere sia transitivi che intransitivi è stato analizzato solamente l’uso del verbo, cioè la presenza di un oggetto o no, e non è stato guardato al verbo in sé. Ciò potrebbe dichiararlo. Negli esempi (79) e (80) vediamo che il soggetto è posizionato postverbale e che i verbi sono intransitivi. (78) Le mani avevano acquistato una tale abilità che si muovevano da sole fra i petali – scegliendoli al tatto. (p.104) (79) Prima sono venuti due loschi figuri alla frutteria, hanno annusato con aria proterva i suoi pomodori riarsi dal gelo e gli hanno detto di preparare duecento dollari altrimenti gli bruciavano il negozio. (p.27) (80) Quando torna a casa Agnello lo prende a cinghiate, lo rincorre col mattarello e lo pesta finché sul cranio gli fioriscono dei bernoccoli grandi come bignè. (p.54) Finendo la relazione degli articoli con il verbo possiamo concludere che l’articolo definito si impiega relativamente più in posizione preverbale e con i verbi transitivi. Gli altri due articoli invece si impiegano relativamente più in posizione postverbale e con i veri intransitivi. 31
3.5 Tratto del sintagma nominale Finora è stata analizzata la relazione tra gli articoli accennati e la loro funzione sintattica. Però non solo la funzione sintattica è collegata agli articoli, anche la testa del SN ha una relazione con gli articoli. Adesso guarderemo il tratto dei nomi. I nomi possono essere suddivisi in nomi numerabili e innumerabili, che discuterò prima. E si possono essere suddivisi i nomi in nomi concreti e astratti. 3.5.1 Numerabile/innumerabile Nomi numerabili sono quei nomi che si possono enumerare, cioè di cui possono esistere uno, due, tre esemplari. Nomi non numerabili (chiamati anche nomi di massa) invece sono quei nomi che non possono essere enumerati. Inoltre nomi innumerabili richiedono spesso, per indicare una quantità, l'articolo partitivo o una locuzione.11 In (81) tutti i nomi sottolineati sono nomi numerabili. In (82) invece abbiamo a che fare con un nome innumerabile. (81) Le donne erano in casa, confezionavano giarrettiere, cravatte e busti, orlavano guanti, rifinivano calzoni e cappotti, cucivano bottoni e componevano fiori di velluto per un dollaro al giorno. (p.103)
(82) I Mazzucco avevano la convinzione che il teatro, la scrittura, la poesia, la musica, siano dei piaceri – appagati i quali resta la fame. (p.132) Siccome i nomi innumerabili, come già accennato, richiedono frequentemente l’articolo partitivo possiamo assumere che lo troveremmo relativamente più con questi gruppi di nomi. Per quanto riguardo all’articolo definito e a quello zero è difficile fare delle previsioni poiché non ci sono delle indicazioni chiare. I risultati troviamo in tabella 6. Tabella 6: il tratto del SN: numerabile vs innumerabile numerabile innumerabile articolo definito 1668/61,4 30/65,2 articolo zero 1009/37,2 12/26,1 articolo partitivo 39/1,44 4/8,69 totale 2716/100 46/100 X2: 16.917 p<0,001 32
I risultati sono statisticamente significanti e perciò possiamo trarre delle conclusioni convincenti. Prima di tutto vediamo che l’articolo definito mostra una minima differenza tra i nomi numerabili e innumerabili (65,2% vs 61,4). In (83) vediamo un esempio di un nome numerabile con l’articolo definito. Una preferenza è più presente, ma neanche molto grande, dall’articolo zero. L’articolo zero troviamo relativamente più con i nomi numerabili (84) che gli innumerabili (37,7% vs 26,1%). Questi risultati dimostrano che l’articolo definito e l’articolo zero non danno una preferenza persuasiva al tratto dei nomi. Com’è già presupposto prima, l’articolo zero dà relativamente più la preferenza ai nomi innumerabili (85) che ai numerabili (8,69% vs 1,44%). (83) Anche i rumori della strada sembrano ovattati, adesso, lontani. (p.18) (84) Di notte, scende a lavarli alla fontana, e le confeziona sciarpe scialli e fazzoletti. (p.100) (85) Quando sarà grande, ci darà delle idee fantastiche. (p.203)
Considerando ancora i risultati colpisce che gli articoli definiti e quelli partitivi vanno relativamente più con i nomi innumerabili e gli articoli zero con i nomi numerabili. Ciò non può essere una coincidenza, perché i risultati non sono dovuti al caso. L’articolo partitivo è già spiegato. Il nome idee in (85) è innumerabile, non si dice “ho due idee”, però si può avere seriamente più idee e per indicarlo si usa l’articolo partitivo. Per quanto riguarda l’articolo definito non possiamo ancora dare una spiegazione. Come già indicato i nomi possono essere suddivisi anche in nomi contratti e astratti. E dai nomi innumerabili non sappiamo quali nomi sono concreti o astratti. I nomi concreti e astratti tratterò nel paragrafo successivo. 3.5.2 Concreto/astratto Come accennato prima i nomi possono essere suddivisi in nomi concreti e nomi astratti. Nomi concreti sono quei nomi fisicamente percepibili e nomi astratti sono nomi non fisicamente percepibili. I nomi sottolineati in (86) sono tutti concreti e in (87) il nome ‘desideri’ è astratto. (86) Piantonare l’edificio per otto ore consecutive, ripetere cento volte al giorno frasi insensate – buongiorno dottore, ha un appuntamento? terzo piano, c’è l’ascensore in fondo a destra, quarta stanza, grazie, prego, dove va? ha un appuntamento? – orientare i visitatori, lucidare le 33
scrivanie, svuotare i cestini dalle cartacce, raccogliere le cicche nei posacenere – e poi, quando tutti erano già a casa da tempo, fare l’ultimo giro per gli uffici sinistramente vuoti, e mentre i suoi passi risuonavano nell’edificio deserto spegnere tutte le luci e camminare nel buio fino al contatore. (p.213) (87) Non riusciva a scegliere e doveva sbrigarsi perché i desideri bisogna esprimerli subito e già la stella bianca era svanita nel cielo fisso: aveva freddo e sotto il vestito, là dove la giacca di Diamante cedeva il campo alla sabbia, i granelli la pungevano. (p.180) I nomi numerabili possono essere concreti e astratti. Nomi concreti sono più precisi, specifici e definiti, perciò presuppongo che gli articoli definiti vadano più con i concreti. Lo stesso presuppongo per i partitivi. Nomi astratti invece vengono caratterizzati come ‘vago’ e ‘impreciso’, perciò presuppongo che gli articoli zero vadano più con gli astratti. I nomi innumerabili invece saranno generalmente entità astratte, perciò penso di trovare la gran parte degli articoli con i nomi astratti. I risultati si presentano in tabella 7 e 8. Tabella 7: I SN numerabili: concreto vs astratto (X2, p<) (N/%) concreto astratto articolo definito 1511/62,3 157/53,8 articolo zero 880/36,3 129/44,2 articolo partitivo 33/1,36 6/2,05 totale 2424/100 292/100 X2: 8.337 p=0,015 Tabella 8: I SN innumerabili: concreto vs astratto (X2, p<) (N/%) concreto astratto articolo definito 0/0,00 30/65,2 articolo zero 0/0,00 12/26,1 articolo partitivo 0/0,00 4/8,69 Totale 0/0,00 46/100 34
I risultati della tabella 7 sono statisticamente significativi, però quelli della tabella 8 non sono relativi. La tabella 7 mostra che le aspettative generali sono vere. L’articolo definito ha una preferenza relativa per i nomi concreti (88) rispetto a quegli astratti. (62,3% vs 53,8%), però la differenza non è ampia. Anche dall’articolo zero non troviamo una differenza grande. L’articolo va relativamente più con gli astratti (89) che i concreti (44,2% vs 36,3). Gli articoli partitivi mostrano invece un raddoppiamento relativo. Questi articoli danno la preferenza agli astratti (90) che agli concreti (2,05% vs 1,36%). (88) Roberto vuole restituire i rasoi in bakelite alla madre di Dy. (p.222) (89) Se non fai domande, nessuno le farà a te, Celestina. (p.68) (90) Però siccome da un po’ bazzica gli italiani parla napoletano e ci mescola delle parole libanesi: la lingua sua se l’è dimenticata, e questo la affligge enormemente. (p.50) I risultati della tabella 8 non sono relativi, perché non vi sono trovati esempi dei quali il nome è innumerabile/concreto. L’unica cosa che questa tabella prova è la spiegazione dei risultati della tabella 6. Tutti i nomi innumerabili sono, infatti, astratti. Ciò non vuol dire che non vi esistono dei nomi innumerabili che sono concreti. Per esempio acqua, vento, sabbia sono nomi innumerabili concreti, però questi tipi di nomi (nomi di massa) possono avere solo il singolare e non il plurale, questo spiega il risultato della tabella 8. Concludendo tutto ciò che è stato discusso finora, possiamo dire che l’articolo definito è evidentemente presente in tutte le funzioni. L’articolo zero non viene trovato volentieri in funzione di soggetto, ciò riguarda anche l’articolo partitivo. L’articolo partitivo è relativamente più frequente in funzione predicativa. Più oltre l’articolo definito e quello partitivo vanno relativamente più con i nomi innumerabili e l’articolo zero con i nomi numerabili. In seguito a questo i numerabili sono divisi in nomi concreti e astratti. Da questo possiamo concludere che l’articolo definito preferisce relativamente più i nomi concreti e gli altri due articoli preferiscono relativamente più i nomi astratti. Oltre a tutto ciò è stato risultato che vi è una differenza significativa tra l’articolo zero e quello partitivo. Nel capitolo successivo questa differenza sarà dimostrata sulla base degli esempi paralleli. 35
4. Interpretare i dati: SNØ vs SNpart A questo punto della fase del lavoro il problema analitico è di trovare il significo dei segni. Il contenuto dipende dal contesto semantico, perciò userò degli esempi paralleli, cioè esempi che hanno per esempio lo stesso tipo di nome oppure la stessa funzione sintattica. Le frasi (91) e (92) sono parallele perché comprendono tutte e due il verbo ‘comprare’, il nome ‘patate’ e si trovano in funzione oggetto: (91) Ho comprato delle patate. (92) Ho comprato patate. Nei seguenti paragrafi mostrerò gli esempi copiati dallo spoglio secondo le loro funzioni sintattiche. 4.1 Complemento soggetto Com’è mostrato nel capitolo precedente abbiamo trovato sia l’articolo zero sia l’articolo partitivo in funzione di soggetto, però non molto volentieri. In (93) e (94) troviamo due SN che esprimono un gruppo d’individui, cioè ‘tedeschi’ e ‘negri’. Inoltre tutte e due le frasi hanno la stessa costruzione di ci + sono. (93) Fra i suoi dipendenti, oltre a un ebreo, ci sono per fino dei negri. (p.143) (94) Bombe su bombe, lassù è l’inferno. Ci sono tedeschi dappertutto. (p.196) In (93) si parlano dei dipendenti dell’azienda di funerali di Bongiorno a New York, dove il protagonista Diamante ha lavorato. In quest’azienda lavorano diversi gruppi d’individui. Nella seconda frase (94) invece ci troviamo in Italia, dove si sta svolgendo la seconda guerra mondiale. Il figlio della protagonista Vita è andato in Italia per combattere contro i tedeschi. Il piccolo brano racconta la situazione a Tufo, dove gli italiani vengono attaccati dai tedeschi. Nel primo esempio abbiamo a che fare con una relazione parte/insieme. ‘Dei negri’ in fanno evidentemente parte di un gruppo (una selezione), cioè di dipendenti. Questi dipendenti è un gruppo d’individui che consiste da negri, ebrei, magari italiani e altre nazionalità. Però non sappiamo quanti negri vi lavorano, la quantità è ignota dagli interlocutori. Siccome abbiamo qui a che fare con una parzialità possiamo interpretare una quantità delimitata. In (94) invece non sappiamo chi sono ‘tedeschi’. Possiamo assumere che ‘tedeschi’ riferiscano ai soldati. Non vi è un punto di riferimento direttamente chiaro 36
come in (93) dove i negri appartengono ai dipendenti. Non sappiamo se ‘tedeschi’ facciano parte di un gruppo. L’uso dell’articolo zero non ci dà delle specificazioni. Fra l’esempio (93) e (94) possiamo supporre che la quantità in (94) è più elevata che in (93). 4.2 Complemento oggetto In funzione di oggetto è stata trovata i seguenti esempi (95) e (96). In entrambi esempi il nome del SN viene accompagnato da un aggettivo che esprime una stessa idea. Negli esempi successivi si sta parlando dei nomi, in (95) dei cavalli e in (96) delle cantanti: (95) Le canzonettiste del caffè Villa Vittorio Emanuele cantano l’opera – peggio di Lena – ma si siedono meglio sulle ginocchia degli uomini. Spesso non sa nemmeno come si chiamano. Anche loro hanno nomi fasulli – Sherry, Lola, Carmen. (p.159) (96) Parlò di Ingrid Bergman che era venuta a partorire in Italia il figlio della colpa, il che probabilmente a causa del puritanismo del pubblicità avrebbe segnato la fine della sua carriera, no? Di Piero D’Inzeo che pochi giorni fa in sella a Destino aveva vinto la Coppa delle Nazioni, c’è andata? lui no, anche se gli sarebbe piaciuto, per via del suo antico amore per i cavalli, hanno dei nomi strani i cavalli – Uranio, Aladino, Ombrello. (p.235) La differenza significativa tra questi due esempi è molto sottile. In (95) le canzonettiste del caffè hanno, oltre a loro nomi veri, un nome falso. L’assenza dell’articolo ci dà l’espressione che tutte le cantanti presenti in questo caffè hanno un tale nome. La congiunzione ‘anche’ riferisce ad altre persone che hanno anche nomi finti. Queste persone sono le amiche del personaggio Coca‐Cola (il cugino di Diamante). In (96) invece i nomi dei cavalli sono strani, Uranio, Aladino e Ombrello. La differenza con (95) è che i nomi dei cavalli sono loro nomi propri, non hanno un altro nome. L’uso del partitivo in (96) indica che si sta parlando di una parte dei nomi, cioè i nomi strani dei cavalli. Ma non tutti i nomi sono strani, vi sono senz’altro anche nomi normali. Il fatto che nomi possano essere strani o normali spiega l’uso dell’articolo partitivo. In (96) ‘nomi falsi’ non ha gradazioni e perciò non si usa l’articolo partitivo. 37
4.3 Espressioni di paragone In funzione di un complemento di paragone non abbiamo molti esempi da scegliere. L’unico esempio presente dell’articolo partitivo in questa funzione troviamo in (97). Nel frammento precedente al (97) due personaggi stanno parlando dell’umanità che si dividono in certe categorie, come i furbi e i minchioni, i buoni e i cattivi. Questi due personaggi mettono a confronto se stessi (‘noi’) con i negri. Paragonando in seguito che non vogliono morire ‘come dei porci’. ‘Porci’ sono animali domestici, come le pecore in (98), perciò ho usato questi due frasi come l’esempio parallelo. In (97) l’oggetto che viene paragonato con le pecore è ‘i gruppi’. Questi gruppi consistono negli emigranti da qualsiasi parte che sono scesi al piroscafo e scendono alla terra promessa, America. (97) Invece noi siamo come quegli altri negri che urlano: non moriamo come dei porci. Se ci mettono la corda al collo e ci appendono a un albero, spariamo contro quelli che vogliono impiccarci. (p.150) (98) Solo dalla loro nave, il Republic, sono scesi in duemiladuecentouno. Non s’era mai vista un’invasione del genere, e i funzionari hanno perso la testa. I gruppi si intruppavano come pecore fra le passerelle, prima uno, poi l’altro, poi un altro ancora. (p.22) Come nota Korzen in suo lavoro12 abbiamo a che fare con un costrutto ellittico nelle frasi (97) e (98). Come dei porci può essere parafrasato: come muoiano dei porci (dei porci ha un valore generico e si interpreta qualsiasi gruppo della categoria porci: i porci muoiano in quel modo) oppure possiamo avere un costrutto predicativo, come se fossimo dei porci. Secondo Korzen i SNØ invece come in (97) possono permettere solo la parafrasi predicativa. Si intruppavano come pecore può essere parafrasato: come se fossero pecore. La parafrasi come pecore si intruppavano sarebbe scorretta. Come si è detto sopra Korzen sostiene che nel caso di un SNpart dopo come abbiamo un SN generico. Poi egli dice che si usa il SNpart dopo come per paragonare un numero più o meno precisamente delimitato e relativamente basso d’individui, mentre si usa il SNØ per paragonare una quantità elevata o non delimitata13. In (97) avremmo, se seguiamo Korzen, a che fare con una quantità delimitata e relativamente basso. Questi porci riferiscono a noi e dal contesto non è molto chiaro chi sono questi noi. Si riferiscono ai parenti del personaggio o si riferiscono a tutti gli 38
italiani? Se sappiamo chi sono noi sappiamo la quantità d’individui. Direi ai parenti, perché i nomi dei parenti vengono specificamente nominati. Ciò vuol dire che abbiamo a che fare con una quantità delimitata e relativamente bassa. In (98) invece abbiamo a che fare con una quantità più elevata. Possiamo assumere che la quantità d’individui dei gruppi che scendono dalla nave è più elevata dei parenti del personaggio. Ciò che vorrei aggiungere io è che in questi due esempi si parlano delle caratteristiche di questi animali. In (97) si parlano di una parte delle caratteristiche, però morire non è una caratteristica generale di un porco. Ciò spiega di nuovo l’uso dell’articolo partitivo. L’azione di intruppare in (98) invece è proprio una caratteristica generale delle pecore, perciò si non usa l’articolo. 4.5 Espressioni di predicativi del soggetto Nei due esempi successivi i SN sottolineati fanno parte di un complemento predicativo. In ambedue le frasi il verbo copulativo è ‘sembrare’. In (99) il soggetto è ‘quegli uomini coi baffoni’ che sono i pensionanti della pensione di Agnello. In (100) il soggetto è ‘i soldati’ che si trovano in un campo di battaglia. (99) Quegli uomini coi baffoni, anche se sembrano dei malfattori e potrebbero pure esserlo, sono i suoi pensionanti. I pensionanti, o bordanti, come si dice qui, pagano il letto, i servizi e i pasti. (p.20) (100) Mentre a poco a poco le tenebre si diradano, la luce li spoglia. I soldati sembrano attori sul palcoscenico della loro morte. Più il giorno si illumina, più il fuoco di artiglieria – ridotto unicamente della penuria di munizioni che affligge gli artiglieri tedeschi – diventa preciso e perfeziona la mira sull’esigua testa di ponte.(p.193) In (99) degli uomini che fanno parte dei pensionanti della pensione, solo quelli coi baffoni hanno l’aspetto di un malfattore. Perciò possiamo assumere che vi sono anche pensionanti che non hanno un baffone e non assomigliano a un malfattore. Inoltre viene specificato quali uomini sembrano dei malfattori, cioè quelli coi baffoni. In (100) i soldati che sembrano attori possono essere tutti i soldati presenti in quella zona. La quantità rimane vaga, non vi è una certa limitazione come rivela in (99). Possiamo ammettere anche qui che la quantità dei soldati è più elevata che quegli uomini coi baffoni. Inoltre in (100) abbiamo una letteratura generica. 39
Insomma questi esempi paralleli mostrano che con l’articolo partitivo s’introduce una quantità delimitata e non nota all’interlocutore. L’articolo zero si può esprimere pure una quantità imprecisa, ma all’apposto del partitivo non sempre delimitata. Inoltre l’articolo partitivo entra in una relazione di parte/insieme da cui l’insieme corrisponde a una selezione che può essere presente in un contesto e/o fa parte della ‘file’ da cui l’interlocutore può scegliere le selezioni. L’articolo zero non entra una tale relazione. 40
5. Conclusioni Questo lavoro è stato realizzato in seguito a un saggio del linguista italiano Lorenzo Renzi. In questo saggio Il vero plurale dell’articolo ‘uno’ Renzi (1982) si domanda qual è il vero articolo indeterminativo plurale in italiano. La sua conclusione è che l’articolo partitivo è il migliore articolo. Non volevo respingere la conclusione di Renzi, ma volevo analizzare la differenza significativa fra l’articolo partitivo e quello zero. La domanda centrale era perciò: Quale è la differenza significativa fra l’articolo zero e l’articolo partitivo in italiano per indicare un plurale indeterminativo? Durante la ricerca è stato costatato che l’articolo partitivo italiano è trascurato ed emarginato dai linguisti. L’analisi degli articoli è costruita sulla teoria proposta da William Diver. Questa teoria è basata sulle ricerche empiriche, le analisi si basano sui dati osservabili. Questo lavoro è fondato su uno spoglio che consiste da esempi che sono copiati dalla romanza Vita di Melania Mazzucco. Questo modo di lavorare ha certi vantaggi, per esempio i dati sono copiati da un testo unico e si può lavoro con ‘piccole’ domande. Però uno svantaggio è che un testo unico non può dare tutti gli esempi possibili. In questo lavoro è stato analizzato che l’articolo partitivo non si trova in funzione di un complemento preposizionale. In realtà invece questa combinazione è possibile, però l’usanza è molto limitata. La distribuzione degli articoli sono riscontrati secondo la funzione sintattica del SN e secondo i tratti del nome. In seguito a questo ho dimostrato le differenze tra gli articoli tramite esempi paralleli. I dati che sono analizzati mostrano che l’articolo definito è evidentemente presente in tutte le funzioni. L’articolo zero non si usa volentieri in funzione di soggetto, ciò riguarda anche l’articolo partitivo. L’articolo partitivo è relativamente più frequente in funzione predicativa. Più oltre l’articolo definito e quello partitivo si usano relativamente più con i nomi innumerabili e l’articolo zero con i nomi numerabili. In seguito a questo i numerabili sono divisi in nomi concreti e astratti. Da questo possiamo concludere che l’articolo definito preferisce relativamente più i nomi concreti e gli altri due articoli preferiscono relativamente più i nomi astratti. I risultati di queste analisi hanno mostrato che vi è una differenza significativa tra l’articolo zero e quello partitivo. 41
Gli esempi paralleli hanno mostrato effettivamente la differenza significativa tra
l’articolo zero e quello partitivo. Torniamo alla domanda centrale di questo lavoro
possiamo concludere che gli partitivi vengono usati quando si vuole esprimere una relazione parte/insieme, cui l’insieme corrisponde a una selezione che può essere presente in un contesto e/o fa parte del ‘file’ da cui l’interlocutore può scegliere le selezioni. Usando l’articolo partitivo si sa che l’entità fa sempre parte di una totalità. L’articolo zero invece non ha questa caratteristica partitiva, perché la forma Ø non ha niente da determinare. Usando l’articolo zero si sa che si sta parlando di una selezione totale. 42
Note 1
Risultando dall’unione di di + l’articolo determinato i. (vedi L. Renzi, ‘Uno’: numerale e articolo) 2
Rohlfs, Grammatica storia della lingua italiana e dei suoi dialetti: sintassi e formazione delle parole. p.25‐36 3
Entrambe frasi sono grammaticalmente scorrette: 1. a. *Étudiants ont occupé l’édifice b. *J’ai vu étudiants dans l’édifice 4
L. Serianni, Grammatica italiana; italiano comune e lingua letteraria, Torino, UTET, 1989, p. 181 e 186. 5
Eggermont, J.L / Hoekstra. S (1999) Fondements, grammaire fondamentale et vocabulaire
fondamental. Zutphen: Thieme. P.6 6
Korzen, I. L’articolo italiano fra concetto ed entità: uno studio semantico­sintattico sugli articoli e sui sintagmi nominali italiani con e senza determinante p.358 7
Spore, P. Italiensk grammatik, Odense Universitetsforlag. Odense 1975. 8
http://condor.admin.ccny.cuny.edu/~jdavis/csls/Problems.htm 9
Secondo Korzen (1996) la distribuzione e la frequenza dipendono dalla preposizione. Il SN con l’articolo partitivo sembra escluso al cento per cento soltanto dopo di, mentre compare molto raramente dopo in e senza. Un esempio dimostrativo: “Non ci metteremo mai a sparare contro dei banditi perché sappiamo che ci farebbero fuori in un minuto” (Malerba Dopo 55) 10
Dato che ci sono frasi senza verbo, i numeri possono essere differenti rispetto a quelli della tabella 2. 11www.humnet.unipi.it/ital/tavosanis/18ottobre.pdf 12Korzen, I. L’articolo italiano fra concetto ed entità: uno studio semantico­sintattico sugli articoli e sui sintagmi nominali italiani con e senza determinante. p.390 13
Ibidem, p.391
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