Bovini da ingrasso - Costi di produzione
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Bovini da ingrasso - Costi di produzione
Sommario 1. Le tipologie di allevamenti da carne in Veneto ..................................................................................... 3 1.1 L’allevamento del vitellone pesante in Veneto................................................................................ 4 2. Costo di produzione dei bovini da ingrasso in Veneto: Metodologia ................................................ 5 2.1 Criteri di selezione degli allevamenti................................................................................................... 6 2.2 Scheda di rilevazione dei dati aziendali............................................................................................. 8 2.3 Metodologia di calcolo del costo medio .......................................................................................... 9 3. Risultati dell’indagine .............................................................................................................................. 11 3.1 Caratteristiche del campione ............................................................................................................ 11 3.2 Costi medi di produzione ..................................................................................................................... 12 BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................................................... 23 2 Costi di produzione dei bovini da ingrasso in Veneto (2013) 1. Le tipologie di allevamenti da carne in Veneto In Veneto l’allevamento dei bovini da carne è caratterizzato da: • • • • • un elevato livello di specializzazione produttiva, tipologie di allevamento quasi totalmente a carattere intensivo, dimensioni medie superiori a quelle nazionali una filiera produttiva fortemente integrata dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento dei ristalli. Tali caratteristiche trovano la loro origine nel forte sviluppo quantitativo degli anni ’60 e ’70 e dai processi di concentrazione verso allevamenti di grande dimensione che a partire dagli anni ’80 hanno contraddistinto il comparto della carne bovina del Veneto, processi che si sono ulteriormente intensificati in questi ultimi anni. Il 1° dicembre 2013 nel Veneto risultavano registrati all’Anagrafe Nazionale Bovina 456.8271 capi da carne allevati in 8.801 stalle ad orientamento produttivo da carne. I bovini allevati in strutture da carne rappresentano il 61% del totale dei bovini allevati in Veneto (748.934), mentre gli allevamenti da carne pesano il 67,5% del totale degli allevamenti veneti (13.032). La quota di animali da carne allevati in Veneto sul totale nazionale è molto elevata, come pure di conseguenza la percentuale di carne prodotta, più contenuta la percentuale di allevamenti veneti sul totale nazionale. Il numero dei bovini da carne allevati in Veneto rappresenta il 26,1% del totale nazionale2 secondo in ordine di importanza con una quota appena inferiore a quella della Lombardia (29,2%), la regione con il maggior numero di capi da carne del nostro Paese, ma decisamente superiore a quella del Piemonte (15,5%), terzo nella classifica nazionale. La graduatoria si ribalta se consideriamo il numero degli allevamenti da carne: al primo posto risulta il Piemonte (con 11.390 allevamenti, pari al 12,5% del totale nazionale), grazie ad una maggiore quota di allevamenti di piccole dimensioni, al secondo troviamo ancora il Veneto ( con 9.225 allevamenti, pari al 10,1%) e al terzo la Lombardia, che, grazie alle più elevate dimensioni medie degli allevamenti (nel complesso 8.312), pesa “solo” il 9,1% del totale degli allevamenti da carne nazionali. Infine il Veneto occupa il secondo posto anche nella classifica delle produzioni di carne bovina: con 202,3 migliaia di tonnellate (14,5%) segue la Lombardia (361,5 migliaia di tonnellate pari al 25,9%) ma precede il Piemonte (180,1 migliaia di tonnellate, 12,9%). A questo proposito va segnalato che la quota del Veneto era del tutto analoga anche nel 2002 (14,6%), ma allora la quantità di carne prodotta era decisamente superiore (234,5 migliaia di tonnellate): nel corso del decennio la produzione di carne veneta è diminuita infatti del 13,7%, un calo molto simile a quello che ha caratterizzato la produzione di carne bovina a livello nazionale (-13,4%). L’evoluzione degli allevamenti negli ultimi anni è stato caratterizzato da un elevato processo di concentrazione verso strutture di allevamento ed ingrasso sempre di maggiori dimensioni, con la chiusura degli allevamenti di più piccole dimensioni. 1 Il dato è riferito ai soli bovini maschi e femmine allevati in strutture produttive ad orientamento da carne; a questi possono essere aggiunti i capi maschi e femmine degli “allevamenti misti” e delle “altre strutture” che complessivamente assommano a 9.776 bovini. Il dato complessivo risulterebbe così di 466.603 capi. 2 Il dato ricavato dal Censimento Generale dell’Agricoltura ISTAT del 2010. 3 Come vedremo le dimensioni aziendali hanno un impatto importante sul costo medio di produzione: l’effetto congiunto della diminuzione dei capi allevati e del processo di concentrazione aziendale comporta comunque un incremento del numero medio di capi allevati in azienda e quindi, tendenzialmente, una diminuzione del costo medio di produzione. Ma oltre a diminuire il numero di imprese è calato anche il numero complessivo di capi allevati: quindi si tratta non solo di un processo di concentrazione e razionalizzazione degli allevamenti, ma anche, come abbiamo già, visto, di un ridimensionamento del volume di carne prodotta. D’altra parte questa tendenza è in linea con la diminuzione della carne prodotta a livello nazionale, una caratteristica di questi ultimi anni dopo il recupero produttivo conseguente alla crisi della BSE, che trova la sua giustificazione sia nella diminuzione strutturale del consumo di carne pro-capite, dovuta alla modifica delle abitudini alimentari e alla diffusione delle pratiche vegetariane, sia nella diminuzione della quota di carne bovina sul totale della a carne consumata, come conseguenza della crisi congiunturale dei consumi, caratterizzati dal tentativo dei consumatori di mantenere invariato le quantità del carrello della spesa diminuendone il costo complessivo, grazie alla preferenza di tipologie di alimenti a minore costo (carne avicunicola, carne di maiale). Dal punto di vista territoriale gli allevamenti da carne veneti risultano concentrati in tre province che da sole detengono circa i ¾ dei capi allevati: in ordine di importanza Verona (27,2%), Treviso (26,7%) e Padova (18,4%); più staccata la provincia di Vicenza (12%), mentre le altre province non superano la soglia del 10%. 1.1 L’allevamento del vitellone pesante in Veneto Il Veneto è un grande produttore di vitelloni pesanti, grazie all’ampia disponibilità di superfici irrigue particolarmente adatte alla produzione di mais sotto forma di insilato (alimento base di questo tipo di allevamento) ed ai consistenti flussi di importazione di vitelli di razze da carne pregiate, che hanno permesso dimensioni aziendali e livelli di specializzazione in grado di garantire rilevanti economie di scala sui costi di produzione. All’Anagrafe Nazionale Zootecnica risultavano iscritti al 1° giugno 2013 184.893 “maschi di età compresa tra 1 e 2 anni in allevamenti da carne” e 72.228 “femmine di età compresa tra 1 e 2 anni in allevamenti da carne”, per un totale di 257.121 capi. Se si aggiungono anche i “maschi e femmine di età compresa tra 1 e 2 anni in allevamenti misti” il numero di capi cresce a 260.398. In regione è concentrato circa un terzo del totale dei vitelloni allevati in Italia; tale percentuale raggiunge quasi il 40% se si considerano solo i vitelloni maschi. Negli ultimi anni si è manifestata una costante diminuzione dei vitelloni allevati in Veneto e conseguentemente, come abbiamo visto, una riduzione della carne di vitellone prodotta. Considerato il numero molto esiguo nel Veneto di vacche nutrici dedicate alla produzione di ristalli destinati all’ingrasso secondo la linea vacca/vitello (come abbiamo visto non più di 5.500 capi in tutta la regione), appare evidente come gli allevatori di vitelloni pesanti debbano ricorrere all’estero o alle altre regioni italiane per l’approvvigionamento dei vitelli da ingrassare. Circa i ¾ dei vitelli importati in Italia come ristalli sono destinati agli allevamenti veneti. Tra i paesi maggiori esportatori di vitelli da ingrasso verso il Veneto spicca la Francia, che da sola copre più del 70% del fabbisogno di ristalli (i cosiddetti “broutards”); seguono a grandissima distanza la Polonia (8,5), l’Austria (4,8%) e la Romania (3,8%). La diminuzione dei capi di vitelloni pesanti allevati in Veneto ha naturalmente comportato una diminuzione dei capi importati dall’estero e all’interno di questa diminuzione, conseguentemente, la perdita più consistente ha riguardato gli acquisti di broutards dalla Francia, in particolare nel corso degli ultimi due anni. Questo fenomeno non è tuttavia imputabile solo ad una riduzione della domanda di broutards da parte degli allevatori veneti dovuta alla diminuzione di vitelloni pesanti allevati in Regione, ma possiamo anche affermare che l’offerta di ristalli francesi non è stata in grado di soddisfare la domanda di mercato, pur in calo, a causa di una rilevante diminuzione delle consistenze di vacche nutrici in Francia, della tendenza ad ingrassare i broutards in Francia e del contemporaneo dirottamento delle esportazioni di broutards verso il Nord Africa. 4 L’effetto è stato un forte aumento del prezzo di acquisto dei ristalli, che in molte realtà allevatoriali venete (ma non solo), ha scoraggiato l’acquisto dei ristalli, poiché, considerando che il costo del vitello da ingrassare si aggira normalmente intorno al 50% del costo complessivo di produzione e date le precarie condizione del mercato di vendita dei vitelloni pesanti ed il valore molto elevato dei costi di alimentazione, il risultato economico del ciclo di allevamento sarebbe stato in perdita. Il netto predominio delle importazioni di broutards dalla Francia sul complesso degli acquisti di ristalli ha fatto sì che le razze largamente più diffuse negli allevamenti di vitelloni pesanti siano le razze pregiate da carne originarie delle regioni centrali della Francia. In particolare le due razze predominanti sono Charolaise e Limousine, ma si registrano presenze significative anche di incroci Blu Belga, di Garonnese (Blonde d’Aquitaine, soprattutto negli allevamenti di scottone), di Simmental, di Salers e di Aubrac. Tutte razze dalle alte performance produttive, che molto ben si adattano al metodo di alimentazione e al sistema di allevamento intensivo tipici degli allevamenti della Pianura Padana. Dal punto di vista territoriale, le provincie di Treviso, Padova, Verona e Vicenza fanno registrare il maggior numero di allevamenti e di capi allevati come vitelloni pesanti. La graduatoria differisce sensibilmente se si considerano gli allevamenti oppure i capi allevati. In termini di numerosità degli allevamenti al primo posto troviamo la Provincia di Treviso (38%), seguita da Padova (22%), Verona (14%) e Vicenza (10%). Se consideriamo invece il numero di capi allevati il primato spetta a Verona (31,8%) e poi nell’ordine troviamo Treviso (20%), Padova (19%) e Vicenza (9,4%). Il confronto tra le due graduatorie permette di evidenziare una maggiore dimensione media degli allevamenti, e quindi una maggiore presenza di allevamenti di grandi dimensioni, nella Provincia di Verona. Viceversa nella Provincia di Treviso sono localizzati gli allevamenti di più piccola dimensione e la media dei capi allevati risulta molto inferiore. Le Provincie di Vicenza e Treviso, che fanno registrare percentuali analoghe sia in termini di allevamenti che di numero di capi, risultano invece essere caratterizzate da una dimensione media degli allevamenti in linea con quella regionale. La polarizzazione territoriale evidenzia alcune aree dove l’allevamento del vitellone pesante assume un peso quantitativo molto rilevante: la parte settentrionale della Provincia di Padova, quella sudorientale di Vicenza, quella sud-occidentale di Treviso ed infine la zona del Veneto nord-orientale. Il comparto del vitellone pesante in Veneto è ancora contraddistinta da un numero molto elevato di allevamenti di piccole dimensioni, a carattere famigliare o finalizzati ad integrare redditi derivanti da altre attività economiche, ma oltre l’80% dei capi risulta concentrato negli allevamenti con più di 100 capi, che in termini percentuali pesano solo il 6% del totale degli allevamenti. La distribuzione degli allevamenti per classi dimensionali mette in luce infatti una struttura produttiva fortemente polarizzata tra due principali tipologie di allevamenti: quelli di piccolissima dimensione e quelli di medio-grande dimensione, che possono essere definiti tali quando superano la soglia dei 200 capi allevati. Negli ultimi anni si è comunque assistito ad un processo di selezione molto forte degli allevamenti più marginali con una tendenza sempre più accentuata alla concentrazione dei capi allevati nelle strutture di più grandi dimensioni. Questo processo di concentrazione è determinato dal fatto che gli allevamenti di vitellone pesante sono caratterizzati da forti economie di scala legate alla maggiore dimensione, che inoltre offre considerevoli vantaggi di carattere logistico ed organizzativo e permette di conseguire prezzi più convenienti sia nella vendita dei vitelloni ingrassati che nell’acquisto dei ristalli e delle materie prime/mangimi che compongono la razione alimentare. 2. Costo di produzione dei bovini da ingrasso in Veneto: Metodologia Per quanto riguarda l’approccio metodologico, è stato riproposto il metodo di calcolo elaborato da ISMEA e CRPA, per lo studio del “Costo di produzione del vitellone negli allevamenti da ingrasso: 5 indagine 2012” effettuato nell’ambito dell’Osservatorio economico della zootecnia istituito dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali presso l’Ismea3. Nel complesso, il costo di allevamento delle aziende che hanno partecipato all'indagine - calcolato in riferimento all'esercizio 2013 – è compreso tra un minimo di 192 €/100 kg di peso vivo prodotto ed un massimo di 442 €/100 kg di peso vivo prodotto, con una spesa media del campione di 322 €/100 kg. Le maggiori differenziazioni di spesa tra un allevamento e l’altro sono da ricercarsi nella scelta della razione alimentare, vista, come vedremo in seguito, la grande variabilità che esiste tra diverse tipologie di alimentazione. 2.1 Criteri di selezione degli allevamenti Il lavoro nasce nell’ambito del progetto “Valorizzazione delle filiere agricole” messo in atto dalla Regione del Veneto e da Ismea attraverso la convenzione finanziata dal Programma di sviluppo rurale 2007-2013, con la collaborazione di Veneto Agricoltura, e prevede che la rilevazione dei costi sia effettuata per le razze prevalenti nel sistema da ingrasso delle provincie più vocate: Verona, Treviso Padova e Vicenza (Rovigo e Venezia). Facendo riferimento alla classificazione in uso presso l’Istat, la tipologia che meglio identifica la classe dei bovini da ingrasso è quella dei bovini di età da uno a meno di due anni, dato che in questo modo si garantisce l’esclusione dei capi dell’allevamento di vitello a carne bianca che vengono macellati agli 8 mesi di età. Lo studio è stato focalizzato su questa specifica tipologia di allevamento delle aziende bovine specializzate – orientamento allevamento e ingrasso. È stato cioè definito il campo di osservazione dell’indagine nelle “aziende bovine specializzate – orientamento allevamento e ingrasso, bovini di età compresa tra uno e due anni (tabella 1). Tabella 1 - Aziende con bovini da carne (da 1 a 2 anni) e numero capi per classe di capi in Veneto e in Italia Classe di capi 1-2 3-5 6-9 10-19 20-49 50-99 100-199 200-499 500-999 1000-1999 2000 e più Totale Veneto n. aziende 3.426 1666 837 1218 1093 409 299 240 78 14 9 9.289 % 36,9% 17,9% 9,0% 13,1% 11,8% 4,4% 3,2% 2,6% 0,8% 0,2% 0,1% 100% Italia n. capi 5.017 6.354 5.999 15.885 31.253 26.888 40.437 68.536 53.023 17.163 39.889 310.444 % 1,6% 2,0% 1,9% 5,1% 10,1% 8,7% 13,0% 22,1% 17,1% 5,5% 12,8% 100% n. aziende 25.517 17.478 9.914 11.724 9.354 3098 1331 621 168 35 18 79.258 % 32,2% 22,1% 12,5% 14,8% 11,8% 3,9% 1,7% 0,8% 0,2% 0,0% 0,0% 100% n. capi 37.083 67.250 71.128 151.692 267.864 202.966 171.678 175.735 114.086 43.209 67.387 1.370.078 % 2,7% 4,9% 5,2% 11,1% 19,6% 14,8% 12,5% 12,8% 8,3% 3,2% 4,9% 100% Fonte: ISTAT - Censimento generale dell'Agricoltura (2010) A partire dai dati censuari è stata così studiata la struttura delle aziende del campo di osservazione per dimensione aziendale, misurata in termini di classi di capi allevati (1-49 capi; 50-500 capi; 501 capi e oltre) e per zona altimetrica (montagna, collina, pianura), sia in riferimento al numero di aziende sia al numero di capi complessivamente allevati. L’analisi ha restituito i risultati illustrati in tabella 2, dai quali in primo luogo si evince che le imprese di dimensione più grande (medio-grandi, ossia con almeno 50 capi allevati), sebbene numericamente meno popolate, rappresentano il maggiore numero di capi complessivamente allevati (quelle di dimensione medio-grande rappresentano il 33,6% delle aziende complessive e il 95% dei capi totali allevati). Per approfondimenti si rimanda al sito dei Piani di Settore: http://www.pianidisettore.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/875 3 6 Tabella 2 – Distribuzione delle aziende e dei capi allevati per zona altimetrica e classe di capi allevati Dimensione per classe di capi allevati: totale 1-49 50-500 501 e più distribuzione del numero delle aziende (%) totale 66,4 28,7 4,9 100,0 montagna 16,9 0,9 0,0 17,8 collina 13,3 2,1 0,3 15,7 pianura 36,2 25,7 4,6 66,5 Dimensione per classe di capi allevati: 1-49 50-500 501 e più totale distribuzione del numero dei capi allevati (%) totale 5,0 45,6 49,4 100,0 montagna 0,8 1,0 0,0 1,8 collina 0,7 3,0 8,3 12,0 pianura 3,5 41,6 41,1 86,2 Fonte: elaborazioni Ismea su dati Istat Alla luce dei risultati riportati in tabella 2, e tenendo conto del numero contenuto delle aziende da campionare (in tutto 30), è sembrato ragionevole utilizzare come schema di riferimento per il campionamento delle aziende di bovini da ingrasso della Regione Veneto la distribuzione del numero complessivo dei capi allevati dalle aziende specializzate. Tale distribuzione rappresenta infatti in modo fedele la struttura produttiva del bovino da ingrasso a livello regionale. In base allo stesso criterio, si è poi passati dallo studio della distribuzione regionale a quella provinciale (tabella 3). Sulla scorta degli esiti di tali analisi, il ranking delle province (dalla più rappresentativa a quella meno rappresentativa) è risultato il seguente: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Verona, Treviso, Padova, Vicenza, Rovigo, Venezia, Belluno e il campionamento delle 30 unità, derivato dalle quote di cui in tabella 3, viene riportato nella finca di destra della medesima tabella. Per dimensione 15 aziende rientrano nella classe medio-piccola (1-500 capi allevati), 15 in quella grande (almeno 501 capi allevati). In definitiva, a livello progettuale si è scelta una ripartizione equilibrata del campione nelle aree geografiche in base alla presenza di capi da ingrasso; a loro volta, le diverse aree considerate sono state suddivise equamente tra due classi dimensionali, ciascuna delle quali comprende circa il 50% dei capi allevati in Veneto: una classe per le aziende medio-piccole (≤ 500 capi) e una classe per le aziende grandi (> 500 capi). Le razze considerate per l’indagine sono quelle prevalentemente allevate in Veneto per la produzione di carne bovina: Charolaise, Incroci francesi, Limousine, e altre razze meno pregiate (Iralandese, Salers, Pezzata Italiana). Tabella 3 –Capi allevati: rappresentatività delle diverse province per zona altimetrica e classe di capi allevati e schema di campionamento proposto Dimensione per classe di capi allevati: 1-500 501 e più totale distribuzione del numero di capi allevati (%) Veneto 50,5 49,5 100,0 Verona 17,8 21,5 39,3 Vicenza 7,5 1,9 9,4 Belluno 1,0 0,0 1,0 Treviso 9,8 13,1 23,0 Venezia 1,2 2,5 3,7 Padova 10,0 7,2 17,1 Rovigo 3,3 3,3 6,5 Dimensione per classe di capi allevati: 1-500 501 e più totale distribuzione campionaria proposta (numero aziende) Veneto 15 15 30 Verona 6 6 12 Vicenza 2 1 3 Belluno 0 0 0 Treviso 3 4 7 Venezia 0 1 1 Padova 3 2 5 Rovigo 1 1 2 Fonte: elaborazioni Ismea su dati Istat 7 2.2 Scheda di rilevazione dei dati aziendali Per la raccolta dei dati tecnici ed economici necessari al calcolo dei costi medi degli allevamenti è stata predisposto da ISMEA uno specifico questionario di rilevazione aziendale relativo ai risultati a consuntivo dell'anno 2013. La scheda è suddivisa in diverse sezioni la cui compilazione permette di acquisire le informazioni utili a tracciare le caratteristiche tecniche e strutturali dell'allevamento e a calcolarne il risultato economico e il costo medio di produzione (costo kg p.v. prodotto e costo per capo al giorno). La scheda di rilevazione aziendale è strutturata nelle seguenti parti: Anagrafica aziendale: in questa sezione il rilevatore registra per ciascun allevamento la ragione sociale, la forma di conduzione, la localizzazione, il codice di identificazione dato dalla P.IVA e/o CF, e l'indicazione del regime IVA adottato (ordinario o semplificato di tipo forfettario). L'indicazione del regime IVA è necessario per verificare che il valore di tutti i costi e i ricavi siano espressi al netto dell'Imposta sul valore aggiunto. Poiché la grande maggioranza degli allevamenti da ingrasso rientrano nel regime ordinario si è scelto di considerare i valori dei corrispettivi della cessione e dell'acquisto di beni e servizi al netto dell'IVA. Superficie Agricola Utilizzata: per l'approccio metodologico adottato (illustrato in seguito) la ripartizione colturale dell'azienda non è un dato necessario alla determinazione del costo medio di allevamento, ma fornisce una caratterizzazione dell'azienda agricola dal punto di vista agronomico, oltre che elementi utili per la verifica della congruità di altri dati forniti dall'allevatore. Tra questi rientrano la quantità di foraggi e concentrati destinati al reimpiego in allevamento e la quantità di produzioni vegetali vendute ad integrazione del reddito aziendale. Manodopera impiegata: comprende il fabbisogno di ore lavoro prestate sia dagli impiegati e dagli operai agricoli (a tempo determinato, indeterminato ed avventizio), sia dal conduttore e dai collaboratori famigliari, il cui costo non compare nella contabilità dell'azienda (se non nella parte relativa ai versamenti degli oneri previdenziali). Per l'attribuzione del costo della manodopera alla gestione dell'allevamento, la scheda prevede di indicare la ripartizione tra il fabbisogno di lavoro necessario allo svolgimento delle normali attività di stalla e quello invece richiesto dalle altre attività produttive che fanno capo alla medesima azienda (ad es. produzioni vegetali, siano esse destinate alla vendita o al reimpiego nell'alimentazione del bestiame). Carichi e scarichi bovini: questa sezione fornisce gli elementi necessari a calcolare la produzione netta dell'allevamento in termini di peso vivo incrementato, il totale delle presenze nel corso dell'anno (giorni complessivi di stalla), il peso e il prezzo medio di acquisto dei ristalli e di vendita dei vitelloni, il tasso di mortalità e l'indice di produttività rappresentato dall'incremento medio giornaliero. Per quanto riguarda il peso vivo in ingresso ed in uscita dei capi, si è preso a riferimento rispettivamente il peso franco partenza dall'allevamento di provenienza del ristallo (al lordo del calo peso per il trasporto) e quello effettivamente pagato dal macello all'allevatore (al netto del calo praticato sul peso effettivo alla partenza). Anche se il costo medio aziendale a consuntivo è calcolato a livello aggregato, la ripartizione degli acquisti, delle vendite e delle giacenze vive iniziali e finali per razza è un elemento utile a caratterizzare l'azienda dal punto di vista del grado di specializzazione ed orientamento produttivo verso i differenti tipi genetici. Altri ricavi aziendali: L'indicazione dei ricavi aziendali diversi dalla vendita dei capi da macello è necessaria a calcolare un parametro di attribuzione dei costi comuni al solo centro di costo cui fanno capo le attività di gestione dell'allevamento. Razioni e consumi di materie prime destinate all'alimentazione del bestiame: La parte dedicata ai consumi alimentari prevede un prospetto in cui il rilevatore nel corso della visita in azienda è chiamato a imputare quantità e valore dei consumi dei diversi tipi di foraggi, mangimi, concentrati, additivi ed integratori alimentari utilizzati nel corso dell'esercizio di riferimento, come risulta dalle fatture di acquisto e dalla valutazione delle scorte di inizio e di fine anno. La scheda aziendale prevede anche la rilevazione delle razioni alimentari somministrate nelle diverse fasi del ciclo di ingrasso e, quando disponibile, l'indicazione del consumo medio per capo, come previsto dalle ricette alimentari adottate dall'allevatore. L'indicazione della razione consente di risalire al costo 8 medio di alimentazione qualora l'azienda non disponga di una contabilità precisa relativa agli effettivi consumi di concentrati e foraggi. Altri costi di allevamento: in questa sezione devono essere indicate tutte le spese sostenute dall'allevamento nel corso dell'anno per l'acquisizione dei fattori di produzione e servizi destinati all'attività di allevamento. Un maggior dettaglio è previsto per i consumi di carburanti e di lettimi per i quali il rilevatore deve indicare anche le quantità, allo scopo di calcolare il fabbisogno medio per capo. Per le altre voci si sono individuate preliminarmente quelle che possono essere imputate direttamente al centro di costo rappresentato dall'allevamento: energia elettrica per le utenze della stalla, medicinali, servizi veterinari, assicurazioni su stalle e fabbricati di pertinenza, manutenzioni di stalle e fabbricati, manutenzioni dei macchinari utilizzati nelle attività di stalla, trasporto bestiame, smaltimento carcasse, provvigioni sull'acquisto dei ristalli o sulla vendita dei bovini da macello, materiali e minuterie imputabili all'allevamento, quote di associazione alle organizzazioni di produttori di appartenenza, ecc. I costi generali comprendono le quote di associazione alle organizzazioni professionali, i servizi di contabilità e consulenza e tutti gli altri costi non direttamente ed interamente attribuibili alla produzione zootecnica. Macchinari e fabbricati: le ultime sezioni del questionario sono dedicate alla descrizione delle macchine e dei fabbricati utilizzati per l'attività di allevamento ai fini del calcolo degli ammortamenti e della stima degli interessi sul capitale investito. Nella sezione relativa ai macchinari è richiesta l'indicazione del tipo, della potenza o, in alternativa, delle principali caratteristiche tecniche delle macchine semoventi (trattori, desilatori, sollevatori, miscelatori unifeed, ecc.) e delle macchine operatrici (carri miscelatori trainati, trinciapaglia, carri spandiletame, carri botte per liquami, ecc.), con esclusione dei macchinari destinati alla coltivazione dei fondi e al trattamento/movimentazione delle produzioni vegetali. Questi elementi sono sufficienti per attribuire il rispettivo valore a nuovo sulla base dei costi di acquisto indicati dalle aziende stesse oppure desunti dai listini di mercato. Per i fabbricati rappresentati da stalle si richiede l'indicazione della superficie, la capienza massima in termini di capi e il tipo di stabulazione (feedlot o a box) e di pavimentazione (piena a lettiera permanente o fessurato) al fine di definirne il rispettivo valore a nuovo che è attribuito sulla base di schede tecniche elaborate dal CRPA 4. 2.3 Metodologia di calcolo del costo medio I costi di produzione sono calcolati considerando l'allevamento come unità operativa distinta da quella relativa alla coltivazione dei fondi, anche quando quest'ultima è finalizzate alla produzione di foraggi e concentrati reimpiegati per l'alimentazione del bestiame. Nell'ambito della medesima azienda agricola, l'allevamento e i processi produttivi connessi sono considerati come l'unità di analisi rilevante ai fini della corretta allocazione delle voci di costo al solo centro zootecnico. Per questo motivo il costo dei foraggi e dei concentrati reimpiegati sono imputati al loro valore di mercato e non ai costi di produzione, i quali – coerentemente con l'approccio metodologico adottato - risultano a carico del centro di costo relativo alla coltivazione della SAU aziendale. Anche se strettamente collegate tra loro, la distinzione all'interno della medesima azienda di unità operative definite sulla base della diversa natura dei prodotti (vegetali e animali da macello) consente di valutare in che misura l'attività zootecnica è in grado di valorizzare gli input prodotti dall'attività di coltivazione dei terreni. Imputare all'allevamento il costo dei foraggi auto-prodotti al loro valore di mercato, significa considerare il primo come prezzo di trasferimento dall'uno all'altro centro di costo. Eventuali perdite sofferte dal centro zootecnico dimostrerebbero che l'attività di ingrasso dei vitelli non è in grado di garantire la medesima remunerazione delle produzioni vegetali ottenibile, ad esempio, dalla loro vendita sul mercato, e, almeno in linea teorica, potrebbero indurre l'allevatore a orientare diversamente le proprie scelte produttive. 4 I costi di produzione dei ricoveri zootecnici – P. Rossi e A. Gastaldo, Centro Ricerche Produzioni Animali Reggio Emilia, settembre 2007 http://www.crpa.it/media/documents/crpa_www/Pubblicazi/Collana-Su/Costi-Costruzione/Supp32-completo.pdf 9 Come illustrato in precedenza, la scheda aziendale è stata strutturata in modo da poter identificare il maggior numero di voci di costo oggettivamente attribuibili al centro zootecnico e, d'altra parte, ottenere gli elementi necessari a ripartire i costi comuni. Le prime comprendono i costi specifici, sia variabili sia fissi, sostenuti per l'acquisizione di fattori di produzione e servizi direttamente connessi alla gestione dell'allevamento (acquisto delle lettiere, smaltimento delle carcasse, acquisito di medicinali, pagamento delle quote di associazione alle OP, ecc.). La quota di fatturato dalla vendita dei capi da macello sul totale dei ricavi aziendali è invece utilizzata quale parametro per la ripartizione dei costi comuni o congiunti, ovvero quei costi che non sono direttamente riconducibili ad un particolare prodotto, ma che fanno capo all'attività di amministrazione generale dell'azienda agricola (consulenze, oneri bancari, quote per organizzazione professionali, spese amministrative). Nella scheda aziendale non vengono richiesti informazioni sui mutui o sui prestiti di conduzione, perché l’analisi è prettamente economica e non finanziaria; pertanto, gli oneri bancari sono esclusi dal calcolo del costo medio di produzione. Non si considerano imposte e tasse. Per l'imputazione dei costi relativi agli altri fattori fissi di produzione, rappresentati principalmente dal lavoro e dai macchinari, si è considerato il fabbisogno necessario alla sola gestione dell'allevamento, e quindi le ore lavoro e la disponibilità di macchine e attrezzature dedicate alla conduzione delle attività di allevamento (preparazione e distribuzione delle razioni, rinnovo lettiere, gestione effluenti, ecc.) I costi non dedotti direttamente dalla contabilità aziendale, ma che derivano da una stima, includono quelli relativi al lavoro familiare, agli interessi sul capitale investito in azienda e agli ammortamenti. In particolare: - - - 5 il lavoro famigliare è stato valutato secondo la tariffa salariale oraria prevista per gli operai qualificati assunti a tempo determinato, comprensiva dei contributi previdenziali dovuti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali; è stata attribuita una giornata lavorativa standard di 7,5 ore e nel caso di aziende molto piccole (meno di 20 capi) è stato considerato solo il lavoro prestato dal conduttore. le quote di ammortamento sono state stimate considerando un saggio del 3% per gli immobili e del 12% per i macchinari, applicato al 50% del loro valore a nuovo, nell'ipotesi che immobili e beni strumentali siano già stati ammortizzati per metà del loro valore. Non sono stati considerati i macchinari con un grado di obsolescenza superiore ai 10 anni. Per le stalle sono stati presi in considerazione i valori medi di costruzione espressi in euro/mq di superficie coperta per una struttura “tipo” comprendente il corpo stalla con due file di box e le strutture di stoccaggio effluenti, con capienza di 2018 vitelloni del peso vivo unitario massimo di 600 kg5. Per i capannoni il valore a nuovo è stato calcolato considerando il costo medio di costruzione6 (espresso in euro/mq), applicato alla superficie dichiarata nei questionari aziendali. il capitale fondiario è stato valutato in base al valore di affitto della terra nella zona in cui l’azienda opera (come da scheda di rilevazione); per il calcolo degli interessi sul capitale agrario o capitale di esercizio, in base al principio del costo di opportunità si è applicato un tasso pari al rendimento medio dei BOT a 12 mesi, pari nel 2013 allo 0,99%7; il capitale agrario è stato scomposto nelle sue due componenti: o il capitale di scorta (rappresentato dai beni che non esauriscono il proprio ciclo produttivo nell’arco dell’esercizio) è dato dal valore a nuovo dei macchinari e attrezzature. Non si considerano le scorte di prodotti (sementi, foraggi, lettimi, ecc.) in quanto l’ipotesi di base della metodologia di calcolo è che tali input siano acquistasti sul mercato. o il capitale di anticipazione: il saggio dello 0,99% è stato applicato alla somma delle uscite di cassa necessarie all’acquisto dei mezzi tecnici e dei servizi nell’arco Vedi nota 3. 6 I costi di costruzione delle strutture accessorie per l’allevamento P. Rossi e A. Gastaldo, Centro Ricerche Produzioni Animali Reggio Emilia, 2008 http://www.crpa.it/media/documents/crpa_www/Pubblicazi/Collana-Su/costi-strutture-accessorie/supp37completo.pdf 7 Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del Tesoro (http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/debito_pubblico/dati_statistici/Riepilogo_principali_tassi_2 013.pdf) 10 dell’esercizio (costi diretti + costo del lavoro dipendente), e del valore dei ristalli acquistati, calcolando un periodo di esposizione pari alla durata media del ciclo di ingrasso (220 giorni). Il costo totale di produzione di ciascuna azienda è, infine, diviso per la produzione annuale di peso vivo prodotto (e di peso vivo venduto) al fine di ottenere il costo espresso in euro/100 kg peso vivo prodotto (e venduto). Il costo di produzione del campione è, poi, calcolato come la media aritmetica dei costi delle singole aziende. 3. Risultati dell’indagine 3.1 Caratteristiche del campione Il campione di aziende utilizzato per il calcolo dei costi medi di produzione con riferimento al 2013 è costituito da 30 aziende specializzate nell'ingrasso di ristalli, di cui 18 con Certificazione QV (Qualità Verificata). Le razze ingrassate nelle aziende sono principalmente Charolaise, Limousine, incroci francesi (che rappresentano più dell'80% dei capi che sostano annualmente in questi allevamenti); sono state incluse nel campione anche 3 aziende che ingrassano altre razze (Irlandese; Salers; Pezzata Rossa italiana; Austriaca). La localizzazione delle aziende nelle diverse provincie è stata individuata in base alla concentrazione di capi in allevamento (tabella 2). La soglia di discrimine dimensionale per le aziende del campione in Veneto è stata identificata in 500 posti stalla: 14 allevamenti appartengono alla classe di dimensione “con meno di 500 posti” e sono localizzate nelle province di Padova (2), Rovigo (1), Treviso (3), Verona (6) e Vicenza (2); gli altri 16 allevamenti, appartenenti alla classe “con più di 500 posti” sono localizzati in provincia di Padova (3); Rovigo (1), Treviso (4), Venezia (1), Verona (6) e Vicenza(1). Tabella 2 – Distribuzione delle aziende del campione per provincia, classe dimensionale e adesione al disciplinare QV Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del bovino da carne Come già accennato, la dimensione è una caratteristica importante per definire la struttura dei costi delle aziende considerate nell’indagine. Gli allevamenti selezionati hanno una dimensione media di 575 posti stalla, tenendo conto che nel campione sono comprese realtà molto differenti tra loro (ci sono aziende con più di 1000 capi ed aziende molto piccole da 100/150 capi). La produzione media del campione di allevamenti del Veneto, espressa in peso vivo, si attesta complessivamente a 2.190 quintali. I ristalli sono introdotti in azienda ad un peso medio di circa 344 kg e venduti ad un peso vivo di 663 kg. L'incremento medio per capo è pari a 1,35 kg/giorno, mostrando tuttavia sensibili differenze in base alla genetica degli animali. In particolare, gli allevamenti che ingrassano vitelloni Charolaise acquistano i capi ad un peso medio di 350 Kg, mentre quelli che ingrassano Limousine, li acquistano ad un peso di 325 Kg. Nel primo caso il ciclo di ingrasso dura 244 giorni, e l’incremento medio ponderale giornaliero si attesta su 1,32 Kg; 11 mentre nel secondo i giorni di ingrasso sono mediamente 245, e l’incremento ponderale medio ottenuto è di 1,24 Kg (vedi tabella 4). Tabella 4 – Caratteristiche tecniche degli allevamenti del campione (dati medi) Indicatori Charolaise/incr francesi Allevamenti (n.) 13 Peso vivo prodotto (q) 2.722 Capi venduti 815 Peso vendita (kg/capo) 695 Capi acquistati (n) 742 Peso acquisto ristallo (kg/capo) 350 Tasso mortalità 1,8% Incremento (kg/Capo) 362 Durata ciclo ingrasso 244 Incremento ponderale (kg/capo/gg) 1,32 Limousine Altro* 7 1.570 658 623 748 325 1,5% 269 245 1,24 Mista** 5 1.706 672 615 702 324 1,7% 303 250 1,26 5 2.158 736 679 764 374 1,1% 300 241 1,39 * Per aziende che allevano razze di bovini da carne diverse da Charolaise e Limousine (Irlandese; Salers; Pezzata Rossa italiana; Austriaca) ** Per aziende che allevano diverse razze di bovini (Char/Lim; Char/altro; Lim/altro) Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del bovino da carne 3.2 Costi medi di produzione Il costo di produzione delle aziende che hanno partecipato all’indagine - calcolato con riferimento al 2013 - è risultato in media pari a circa 322 €/100 kg di peso vivo prodotto, con incidenza del 77% dei costi diretti e del restante 23% per i costi fissi (tabella 5). Tabella 5 – Costi medi di produzione degli allevamenti da carne in Veneto nel 2013 (€/100 kg pv prodotto) - media campione Voci di costo Alimentazione Carburante Energia elettrica Acqua Veterinario+medicinali Manutenzione Assicurazioni Materiale vario (incluso lettimi) Spese generali Altri costi COSTI DIRETTI Ammortamento macchine Ammortamento fabbricati Costo terra (in affitto+in proprietà) Manodopera familiare Manodopera salariata Interessi su cap. agrario COSTI DEI FATTORI PRODUTTIVI COSTO TOTALE DI PRODUZIONE €/100 pv prodotto incidenza su tot. 205,39 63,8% 4,19 1,3% 2,47 0,8% 0,57 0,2% 9,55 3,0% 8,63 2,7% 1,83 0,6% 6,15 1,9% 8,24 2,6% 0,01 0,0% 247,46 76,9% 11,81 3,7% 11,03 3,4% 16,45 5,1% 23,54 7,3% 5,07 1,6% 6,59 2,0% 74,48 23,1% 321,95 100,0% Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del bovino da carne Se si considera il costo medio per 100 kg di peso vivo prodotto, per gli allevamenti oggetto dell’indagine l’alimentazione rappresenta la quota preponderante del costo totale di produzione con un’incidenza media pari a circa il 64%. La differenza dei costi delle varie razioni alimentari dipende innanzitutto dalla capacità di autoproduzione dell’azienda (e quindi dalla SAU disponibile); 12 un’ulteriore differenza sta nella disponibilità di silos o strutture per la conservazione delle materie prime prodotte direttamente in azienda, cosa che permette di ricorrere al mercato solo per l’acquisto di nuclei integrati specialistici. Tra i due estremi, acquisto e/o produzione di materie prime e acquisto di solo mangime finito, esistono poi tutte le situazioni intermedie che dipendono dalla capacità dell’allevatore, dal suo consulente alimentare e dal rapporto col mangimificio, oltre che dalle dimensioni dell’allevamento. Questa differenza può essere giustificata considerando che spesso le aziende di dimensioni maggiori sono anche quelle più specializzate e strutturate, in cui vengono adottate razioni alimentari più sofisticate e “spinte”, e quindi più costose. In genere, una dieta più ricca di concentrati e di mangimi composti garantisce degli accrescimenti giornalieri più elevati. Come vedremo in seguito, sono molti i fattori che giocano un ruolo importante sulla formulazione della razione alimentare, e quindi sulla spesa da sostenere per adottare un regime adeguato alle esigenze aziendali. 3.2.1 La razione alimentare Le razioni alimentari adottate negli allevamenti di vitelloni pesanti sono molto differenziate e dipendono sia dalla razza dei ristalli da ingrassare, sia dalle condizioni di coltivazione e dalle scelte colturali tipiche della zona dove è situato l’allevamento, sia dal sesso e dall’età in cui il vitello fa il suo ingresso in stalla. Dal punto di vista nutrizionale, ovviamente, ogni razione presenta peculiarità specifiche in grado di determinare i migliori risultati, in termini di performance di accrescimento e di salute dell’animale, ottenibili da quello specifico ceppo genetico. Inoltre si può osservare che le differenze rilevate nelle razioni alimentari dipendono anche dalla scelta da parte degli allevatori di optare per una dieta costituita prevalentemente da foraggi disidratatati o in cui la componente principale è rappresentata dagli insilati, ed in particolare dall'insilato di mais. Tale opzione può rispondere a particolari esigenze commerciali, ma è soprattutto determinata negli allevamenti di maggiore dimensione dal minor carico di lavoro e dalla più elevata resa in termini di unità foraggiere per ettaro che la produzione di silomais comporta. Nelle aziende del Nord Est gli insilati costituiscono più del 50% del peso tal quale della razione, per la possibilità di ottenere rese elevate di foraggio ad alto contenuto energetico a costi relativamente contenuti. In queste aziende il fieno è per lo più impiegato nella prima fase di condizionamento del ciclo di ingrasso, allo scopo di abituare i vitelli alla dieta a base di foraggi umidi somministrata negli stadi successivi di accrescimento e finissaggio. Il fabbisogno proteico è soddisfatto da farine di estrazione di soia, da mangimi e nuclei proteici. Fermo restando che nella presente indagine le materie prime destinate all’alimentazione sono state valutate ai prezzi di mercato (ipotizzando quindi che tutti gli alimenti – foraggi, mangimi concentrati semplici e composti – sono acquistati dall’allevatore) è possibile individuare delle “razioni tipo” diffuse maggiormente a livello regionale. In base ai dati raccolti durante l’indagine e allo studio delle principali razioni standard maggiormente diffuse in Veneto, sono state elaborate 2 tipologie di alimentazione tipiche: una per la razza Charolaise e incroci ( valido anche per Aubrac e Salers); un’altra per la razza Limousine (vedi tabella 6). Per le Charolaise e incroci, le razioni sono state calcolate considerando un peso vivo iniziale tra i 370 ed i 400 Kg ed un peso vivo finale tra i 740 e i 750 Kg. Ciclo d’ingrasso pari a 210-260 gg. Le razioni presentate nella tabella sono riferite alla quantità somministrate ad animali di 500Kg di peso. I consumi degli alimenti rappresentano dei valori medi, stimati considerando le diverse tipologie di razione somministrate nelle diverse tipologie aziendali. Per gli allevamenti di grandi dimensioni (tra i 500 e i 1.000 capi allevati) in genere si predilige una razione molto proteica, grazie ad un notevole apporto di nucleo con un elevato tenore proteico e farina di estrazione di girasole, con quantità di silomais è molto elevata (9 kg). Questa alimentazione altamente proteica è tipica delle zone di tutto il Padovano e del Basso Veronese, caratterizzate da una forte vocazione alla coltivazione del granturco prodotto per fare silomais. 13 Tabella 6 – Consumi alimenti nelle razioni somministrate negli allevamenti di vitelloni da carne di razze Charolaise e Limousine Alimenti (kg/capo/giorno) Silomais Pastone di mais Paglia Totale foraggi Farina di mais Farina estr. di soia/girasole Farinaccio/orzo/cruscami Melasso Mangimi e nuclei proteici Integratori Totale concentrati Totale Charolaise/incroci francesi 9,00 2,50 0,80 12,30 2,70 0,70 2,00 5,40 17,70 Limousine 5,00 2,50 0,50 8,00 2,00 1,00 1,00 0,50 1,20 0,20 5,90 13,90 Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del bovino da carne Nel caso di allevamenti di medio e grande dimensione (tra i 100 e i 500 capi allevati e tra i 500 e i 1.000 capi allevati) si può invece prevedere un mix proteico e un limitato apporto di farina proteica, oltre a silomais e polpe di bietola secche. Si definisce una razione tipica della zona del Trevigiano, dove si realizzano grandi produzioni di mais di alta qualità, che privilegia l’utilizzo del mais nella razione, con 3 kg di farina di mais al 60% di amido. Si può delineare anche una razione tipica degli allevamenti piccoli e medi (sotto i 100 capi e tra i 100 e i 500 capi), con scarsa capacità di magazzino per l’approvvigionamento delle materie prime, che non possono quindi permettersi di fare contratti per grosse quantità e di lunga durata. Non possono contare sul proprio potere contrattuale e si devono accontentare di fare contratti di piccole quantità, vivendo “giorno per giorno”. E’ caratterizzata dalla presenza di polpe di bietola surpressate (che costituisce un ottimo alimento per il vitellone pesante ma che purtroppo sono diventate troppo care da quando la chiusura degli zuccherifici ha portato praticamente all’abbandono della coltivazione della bietole), di nuclei con un tasso proteico al di sotto del 30% (detti anche seminuclei) e di farina di orzo. In genere è una razione meno spinta, utilizzata dagli allevatori che mirano più al risparmio sui costi di produzione, che alle perfomance di accrescimento. E una razione tipica di un’area ristretta, localizzata al centro della Provincia di Padova, in prossimità del capoluogo. Per la razza Limousine, le razioni sono state calcolate considerando un peso vivo iniziale tra i 300 e i 350 Kg ed un peso vivo finale tra i 600 e i 650 Kg, generalmente vengono quindi avviati al macello ad un peso inferiore a quello dei vitelloni di altre razze. Ciclo d’ingrasso pari a circa 280 gg, normalmente più breve di Charolaise e incroci. La razione presentata nella tabella è riferita alle quantità somministrate ad animali di 500Kg di peso. Negli allevamenti di vitelloni di razza Limousine le razioni alimentari sono generalmente più spinte di quelle adottate negli allevamenti di vitelloni di razza Charolaise e incroci, in quanto l’incremento ponderale giornaliero naturale dei Limousine è inferiore a quello delle altre razze. Inoltre i vitelloni Limousine sono molto più delicati dal punto di vista veterinario rispetto a quelli delle altre razze: le razioni alimentari devono essere quindi molto accorte e bilanciate. In genere una razione tipica degli allevamenti di medie dimensioni (tra i 100 e i 500 capi allevati) è una razione molto spinta, molto adatta al vitellone Limousine, che, a causa del ciclo di ingrasso relativamente corto e dell’elevato costo di acquisto del ristallo, necessita di una spinta verso incrementi ponderali più consistenti rispetto a quelli tipici del Limousine, che invece sono piuttosto scarsi. La somministrazione di una significativa quantità di nucleo al 30% (supernucleo) garantisce una buona integrazione minerale e vitaminica. 14 Normalmente negli allevamenti di grandissime dimensioni (oltre i 1.000 capi allevati; viene adottata in particolare da alcuni allevamenti con più di 10.000 capi allevati), molto specializzati, localizzati in particolare nelle Provincie di Vicenza e Treviso e nell’ area di Cavarzere (cioè le zone tipiche dell’allevamento di Limousine in Veneto), si registra l’utilizzo di una razione comunque spinta, ma caratterizzata dal maggiore utilizzo di materie prime meno nobili (come crusca, farinaccio e melasso) e finalizzata al risparmio sul costo della razione. Nelle razioni presentate non sono state considerate razioni specifiche per il finissaggio in quanto la tradizionale separazione tra periodo di magronaggio e periodo di finissaggio è ormai superata e si tende a somministrare una razione unica durante tutto il periodo di ingrasso. Oggi le aziende che ancora fanno una vera e propria fase di finissaggio, lo ottengono introducendo un mangime specifico per questa fase, che permette di ottenere i risultati di cui sopra senza alterare completamente la razione. Il costo dei mangimi di finissaggio non è molto diverso da quelle delle altre componenti la razioni che questo mangime va sostituire: possiamo considerare l’impatto economico sul costo della razione come trascurabile. Infine va segnalato che nel disciplinare Qualità Verificata (QV), che fa riferimento al sistema di qualità per le produzioni agroalimentari definito dalla Regione Veneto e che permette di denominare “Vitellone ai cereali QV” i vitelloni che provengono dagli allevamenti che lo adottano, viene dato gran risalto al sistema di alimentazione: il 60% della razione alimentare in termini di sostanza secca deve essere costituito da cereali o foraggi di cereali e che la fibra rispetti determinati parametri chimici e fisici. Inoltre la distribuzione del pasto deve essere operata con il sistema unifeed, per garantire l’accesso da parte dei bovini a razioni in cui alimenti energetici sono mescolati a quelli fibrosi, e sono state indicate misure minime per lo spazio a disposizione dei capi. Dopo aver analizzato nel dettaglio le variabili che entrano in gioco nella formulazione della razione alimentare, allo scopo di rilevare quali sono i fattori che possono maggiormente influire sulla struttura dei costi delle aziende del Veneto considerate nella presente indagine, nell’analisi dei costi medi sono state considerate due variabili principali: la dimensione aziendale e l’adesione al disciplinare QV. Nel presente report l’elaborazione dei dati raccolti attraverso le interviste in azienda viene espressa in base a: • • • il costo medio per 100 kg di peso vivo prodotto, inteso come il costo della pura attività di ingrasso, sostenuto dall’allevatore per passare dal peso d’acquisto del ristallo al peso di vendita; il costo medio per 100 kg di peso vivo venduto, in cui vengono considerate tutte le voci di costo sostenute per l’attività di ingrassamento, compreso il costo per l’acquisto del ristallo; il costo medio per capo al giorno. 3.2.2 Costi medi per classi dimensionali 1. Costi per 100 kg di peso vivo prodotto Come già anticipato, il costo medio di produzione delle aziende che hanno partecipato all’indagine - calcolato con riferimento al 2013 - è pari a circa 322 €/100 kg di peso vivo prodotto. Questo valore si riduce a circa 305 € se si considerano le aziende del campione con dimensione > 500 capi, mentre sale per le aziende più piccole fino ad un valore di 341 € per ogni 100 kg di peso prodotto. Sei si analizzano le singole voci di costo, quella per l’alimentazione del bestiame risulta legata in maniera meno evidente alla dimensione dell’allevamento a confronto di altre spese, soprattutto relative ai costi per la remunerazione dei fattori produttivi. Le differenze più evidenti riguardano il costo della manodopera e delle quote di ammortamento sostenuto dalle aziende con meno di 500 capi (vedi tabella 7). Nel caso della manodopera la notevole differenza riscontrata tra costi nelle aziende piccole ed in quelle grandi è da ascriversi agli effetti delle economie di scala sul costo del lavoro; nella maggior parte dei casi, infatti, sono situazioni in cui il conduttore dichiara di lavorare esclusivamente per l’allevamento e il valore del suo lavoro è –come spiegato in metodologia - stimato secondo la tariffa salariale per gli operai qualificati; tale valore ripartito per una quantità limitata di carne prodotta, 15 comporta inevitabilmente un’alta incidenza sui costi totali. Al contempo va comunque considerato che il costo di questa manodopera, nel caso di allevamenti di più ridotte dimensioni, rappresenta in realtà il profitto dell'impresa stessa, cioè quello che la famiglia ritiene dall'attività imprenditoriale comprensivo anche del profitto aziendale. Tabella 7- Costi medi di produzione degli allevamenti da carne in Veneto nel 2013 (€/100 peso vivo prodotto) - per classi dimensionali aziende (n. ) Numero capi venduti (media per azienda) Peso vivo medio prodotto (kg) Caratteristiche dei sottocampioni aziende (n. ) Numero capi venduti (media per azienda) Peso vivo medio prodotto (kg) Voci di costo (€/100 pv prodotto) Alimentazione Carburante Energia elettrica Acqua Veterinario+medicinali Manutenzione Assicurazioni Materiale vario (incluso lettimi) Spese generali Altri costi COSTI DIRETTI Ammortamento macchine Ammortamento fabbricati Costo terra (in affitto+in proprietà) Manodopera familiare Manodopera salariata Interessi su cap. agrario COSTI DEI FATTORI PRODUTTIVI COSTO TOTALE DI PRODUZIONE 30 741 218.971 ≤ 500 capi > 500 capi 14 241 85.537 Media 205,39 4,19 2,47 0,57 9,55 8,63 1,83 6,13 8,24 0,01 247,46 11,81 11,03 16,45 23,54 5,07 6,59 74,48 321,95 16 1.179 335.725 ≤ 500 capi 199,94 4,90 3,27 0,81 8,07 10,58 2,09 6,15 10,31 0,01 246,12 16,14 13,98 19,17 35,96 2,44 7,58 95,28 341,40 > 500 capi 210,15 3,57 1,77 0,37 10,85 6,92 1,61 6,97 6,42 0,01 248,64 8,01 8,45 14,07 12,67 7,37 5,72 56,29 304,92 Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del bovino da carne Riguardo agli altri costi variabili, gli ingrassatori degli allevamenti di dimensioni maggiori sostengono costi medi lievemente più elevati per le prestazioni veterinarie e l’acquisto di medicinali rispetto agli altri. Al contrario, l’incidenza della spesa per gasolio ed energia è più contenuta, e pari a 5,34 €/100 kg rispetto alla media di 8,17 €/100 kg degli allevamenti con meno di 500 capi. Le ragioni di questa differenza sono riconducibili agli effetti di scala che si realizzano sui consumi di carburante nelle normali operazioni di stalla. Lo stesso si può osservare per il costo per le manutenzioni: ancora una volta più elevato nel caso degli allevamenti piccoli, per le presumibili diseconomie dovute alla ridotta dimensione. La dimensione dell’allevamento può determinare significative economie sugli oneri relativi all’impiego dei fattori fissi di produzione, ed in particolare sul costo del lavoro, che rappresenta una delle componenti più rilevanti dei costi di allevamento, dopo quella relativa all’alimentazione del bestiame e all'acquisto del ristallo. Coerentemente con la metodologia adottata, nel computo delle ore di lavoro attribuite all’allevamento si sono considerati esclusivamente i fabbisogni relativi alla sola gestione delle attività strettamente connesse, come la distribuzione degli alimenti, il carico e lo scarico degli animali, il rinnovo delle lettiere e la gestione degli effluenti, escludendo quindi il tempo dedicate alla coltivazione dei fondi. Il lavoro famigliare è stato valutato secondo la tariffa salariale prevista per gli operai qualificati assunti a tempo determinato. 16 Grafico 1 – Incidenza delle principali voci di costo per dimensione aziendale (€/100 kg pv prodotto) 100,0% 6,6% 11,2% 90,0% 11,9% 16,7% 80,0% 10,9% 70,0% 11,1% 60,0% 1,8% 2,4% 50,0% 40,0% 68,9% 30,0% 58,6% 20,0% 10,0% 0,0% ≤ 500 capi Alimentazione Carburante ed energia > 500 capi Altri costi Ammortamenti ed interessi Manodopera Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del bovino da carne L’impiego di manodopera salariata è prevalente negli allevamenti di dimensione superiore alla media del gruppo. Per le aziende di dimensioni minori il ricorso alla manodopera salariata è sicuramente più basso rispetto a quello delle aziende più grandi, dato che il fabbisogno di lavoro è soddisfatto quasi esclusivamente dal conduttore e dai collaboratori famigliari. Gli effetti delle economie di scala sul costo del lavoro sono molto evidenti: il costo medio del lavoro famigliare negli allevamenti con capienza maggiore di 500 capi si attesta intorno a 12,66 €/100 kg, mentre per le aziende piccole si arriva fino ad un costo di 35,96 €/100 kg. Andando ad analizzare l’incidenza delle diverse voci di costo sul costo totale in base alle dimensioni aziendali, emerge che il costo per l’alimentazione del bestiame ha un’incidenza maggiore nelle aziende più grandi. Infatti per le aziende con un numero di capi > 500, la spesa per la razione alimentare incide per il 69% sul costo totale (per 100 kg di peso vivo prodotto), mentre per gli allevamenti con meno di 500 l’incidenza scende a circa il 59%. Oltre all’alimentazione, un’altra voce di costo che incide in maniera diversa nelle aziende appartenenti a classi dimensionali diverse è la manodopera, che nelle aziende piccole corrisponde all’11,2% del costo totale mentre in quelle grande rappresenta il 6,6% dei costi totali sostenuti. (vedi grafico 1). 2. Costo medio per 100 kg peso vivo venduto Se si considerano le spese sostenute dagli allevatori veneti del campione durante il 2013 per l’acquisto e l’ingrasso dei ristalli, emerge che il costo medio è stato pari 286 euro per 100 kg di peso venduto. Questo valore risente delle economie di scala che sono in grado di esercitare le aziende di grandi dimensioni: infatti il costo si abbassa a 278 euro per 100 kg di peso venduto nel caso del sotto campione di aziende con più di 500 capi, mentre raggiunge la cifra di circa 306 euro per le aziende più piccole (tabella 8). 17 Tabella 8 - Costi medi di produzione degli allevamenti da carne in Veneto nel 2013 (€/100 pv venduto)- per classi dimensionali aziende (n. ) Numero capi venduti (media per azienda) Peso vivo medio venduto (kg) Caratteristiche dei sottocampioni aziende (n. ) Numero capi venduti (media per azienda) Peso vivo medio venduto (kg) Voci di costo (€/100 pv venduto) Alimentazione Ristallo 30 741 483.533 ≤ 500 capi > 500 capi 14 241 158.973 16 1.179 767.523 ≤ 500 capi Media > 500 capi 88,93 99,88 79,36 141,40 130,20 151,20 Carburante 1,99 2,43 1,60 Energia elettrica 1,14 1,71 0,65 Acqua 0,29 0,44 0,16 Veterinario+medicinali 4,24 4,21 4,27 Manutenzione 4,28 6,07 2,72 Assicurazioni 0,87 1,16 0,62 Materiale vario (incluso lettimi) 2,81 2,85 2,77 Spese generali 3,93 5,49 2,57 Altri costi 0,45 0,49 0,41 250,34 254,93 246,33 5,65 8,52 3,14 COSTI DIRETTI Ammortamento macchine Ammortamento fabbricati 5,30 7,17 3,66 Costo terra (in affitto+in proprietà) 8,28 10,63 6,23 Manodopera familiare 11,69 19,48 13,99 Manodopera salariata 1,76 1,00 2,42 Interessi su cap. agrario 2,90 3,93 1,99 COSTI DEI FATTORI PRODUTTIVI 35,57 50,73 31,43 COSTO TOTALE DI PRODUZIONE 285,92 305,66 277,76 Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del bovino da carne Come illustrato nel grafico 2, sia per gli allevamenti più grandi che per quelli piccoli le due voci di costo che maggiormente incidono sul bilancio degli allevatori in Veneto sono l’acquisto del ristallo e la spesa per l’alimentazione del bestiame. In particolare, prendendo in considerazione le singole voci di costo, mentre per le aziende piccole l’alimentazione ha un’incidenza maggiore sul costo totale rispetto a quelle grandi, per il costo del ristallo si verifica il contrario. Probabilmente le aziende di dimensioni maggiori acquistano ristalli ad un prezzo più elevato perché di maggiore qualità o di maggiore peso. Invece in questa elaborazione il costo della manodopera non risulta essere particolarmente legato alla dimensione aziendale. 18 Grafico 2 – Incidenza delle principali voci di costo per dimensione aziendale (€/100 kg pv venduto) 100% 7% 90% 10% 80% 7% 1% 6% 5% 5% 1% 70% 60% 50% 43% 54% 33% 29% 40% 30% 20% 10% 0% ≤ 500 capi > 500 capi Alimentazione Ristallo Carburante ed energia Altri costi Ammortamenti ed interessi Manodopera Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del bovino da carne 3. Costo medio per capo al giorno Tabella 9 - Costi medi di produzione degli allevamenti da carne in Veneto nel 2013 (€/capo/giorno)per classi dimensionali aziende (n. ) Numero capi venduti (media per azienda) Durata media ciclo d'ingrasso Caratteristiche dei sottocampioni aziende (n. ) Numero capi venduti (media per azienda) Durata media ciclo d'ingrasso 30 741 245 ≤ 500 capi > 500 capi 14 226 261 16 1.179 232 19 Voci di costo (€/capo/giorno) Media ≤ 500 capi > 500 capi Alimentazione 2,41 2,53 2,28 Carburante 0,05 0,07 0,04 Energia elettrica 0,03 0,04 0,02 Acqua 0,01 0,01 0,00 Veterinario+medicinali 0,11 0,10 0,12 Manutenzione 0,12 0,17 0,08 Assicurazioni 0,02 0,03 0,02 Materiale vario (incluso lettimi) 0,08 0,07 0,08 Spese generali 0,10 0,14 0,07 Altri costi 0,01 0,01 0,01 COSTI DIRETTI 2,95 3,18 2,73 Ammortamento macchine 0,16 0,23 0,09 Ammortamento fabbricati 0,14 0,19 0,10 Costo terra (in affitto+in proprietà) 0,23 0,26 0,18 Manodopera familiare 0,31 0,49 0,14 Manodopera salariata 0,04 0,02 0,07 Interessi su cap. agrario 0,08 0,10 0,06 COSTI DEI FATTORI PRODUTTIVI 0,96 1,30 0,64 COSTO TOTALE DI PRODUZIONE 3,92 4,48 3,37 Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del bovino da carne 3.2.3 Costi per aziende che aderiscono alla LR12/2001 “Tutela e valorizzazione dei prodotti agricoli e agro-alimentari di qualità” Uno degli obiettivi della presente indagine è quello di valutare eventuali differenze tra i costi di produzione delle aziende aderenti al Disciplinare Qualità Certificata promosso dalla Regione Veneto. La Regione Veneto nell'ambito della Legge Regionale 31 maggio 2001, n. 12 per la "Tutela e valorizzazione dei prodotti agricoli e agro-alimentari di qualità" ha istituito un sistema di qualità riconoscibile dal consumatore mediante il marchio Qualità Verificata (QV). I principali obiettivi dell’adesione al marchio sono: • • • • il miglioramento della qualità delle produzioni; la tutela dell'ambiente; il benessere e la salute degli animali; il miglioramento delle informazioni ai consumatori. La specificità della carne di bovino adulto “ai cereali” è data dall’utilizzo di bovini maschi e femmine appartenenti esclusivamente a razze da carne o a duplice attitudine o risultanti da incroci fra tali razze, allevati tradizionalmente in allevamento protetto, alimentati prevalentemente a base di cereali e macellati ad un’età compresa fra 12 e 22 mesi. Queste razze e tipi genetici possono fornire delle carni con caratteristiche qualitative fortemente influenzate dal tipo di stabulazione, dal metodo di produzione e dalla durata del ciclo produttivo poiché riescono ad utilizzare al meglio un’alimentazione a base di cereali e foraggi di cereali, con un ottimo indice di conversione e raggiungendo la maturità a un’età giovanile inferiore a 22 mesi. Come dimostrato da numerosi lavori scientifici, in presenza di tali condizioni produttive si ottengono capi con ottimale conformazione e distribuzione equilibrata del grasso di marezzatura e di copertura. Rispetto a quella dei bovini allevati al pascolo, la carne risulta più tenera, per la minor presenza di tessuto connettivo (a sua volta meno strutturato e fibroso), più chiara e luminosa, con una maggiore attitudine alla conservazione ed un aroma meno intenso: tutte caratteristiche in grado di esaltare al meglio la percezione sensoriale del consumatore. 20 Il disciplinare si applica durante il periodo di accrescimento-finissaggio di bovini maschi e femmine allevati per la produzione di carne di bovino adulto, fino alla macellazione. Include, inoltre, alcuni requisiti e specifiche riguardanti fasi di produzione ed attività svolte da altri operatori della filiera (macellazione, lavorazione delle carni ed etichettatura)8. Per quanto riguarda l’analisi dei costi relativa alle aziende che aderiscono al disciplinare di produzione Qualità Verificata, i risultati ottenuti evidenziano che questa tipologia aziendale sostiene un costo medio di produzione inferiore a quello sostenuto dagli allevamenti non certificati (vedi le tabelle 10-11-12). Questo si può giustificare considerando che il sotto campione delle aziende “con QV” è composto prevalentemente da allevamenti di grandi dimensioni (> 500 capi), che quindi si avvantaggiano di economie di scala che comportano una riduzione dei costi. Inoltre va ricordato che molte delle indicazioni relative alla razione alimentare del bestiame e al tipo di stabulazione riportate nel disciplinare di produzione QV sono largamente adottate da molti allevamenti veneti, anche non certificati. Di fatto il disciplinare per la produzione del bovino adulto “ai cereali” riprende gli aspetti caratteristici di quella che è la tradizionale gestione aziendale degli allevamenti di bovini da carne in Veneto, che da sempre si contraddistinguono per la produzione di carne di alta qualità. Di conseguenza, l’introduzione del marchio QV in azienda non sembra incidere in maniera significativa sulla struttura dei costi per la produzione del vitellone da carne. Andando ad analizzare le singole voci di costo, emerge che le aziende che aderiscono al disciplinare affrontano un costo per le spese generali (aggregato in cui è incluso il costo per la certificazione QV) più elevato rispetto agli allevamenti che non adottano il marchio QV. Tabella 10 - Costi medi di produzione degli allevamenti da carne in Veneto nel 2013 (€/100 pv prodotto)- per adesione al disciplinare QV Voci di costo (€/100 pv prodotto ) Alimentazione Carburante Energia elettrica Acqua Veterinario+medicinali Manutenzione Assicurazioni Materiale vario (incluso lettimi) Spese generali Altri costi COSTI DIRETTI Ammortamento macchine Ammortamento fabbricati Costo terra (in affitto+in proprietà) Manodopera familiare Manodopera salariata Interessi su cap. agrario COSTI DEI FATTORI PRODUTTIVI COSTO TOTALE DI PRODUZIONE Media 210,82 4,41 2,60 0,54 9,60 7,57 1,82 6,58 8,22 0,01 252,17 11,67 10,97 16,25 23,46 5,07 6,53 73,94 326,11 QV 179,69 4,85 2,44 0,54 8,79 7,82 2,10 6,36 8,55 0,01 221,14 10,59 10,75 19,73 22,22 4,91 5,90 74,10 295,24 No QV 243,92 3,20 2,52 0,63 10,70 9,85 1,43 6,93 7,77 0,01 286,95 13,63 11,43 11,53 25,52 5,32 7,63 75,06 362,01 Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del bovino da carne 8Per approfondimenti si rimanda alla lettura del Disciplinare di produzione carne di vitellone/scottona “ai cereali”, allegato F della Deliberazione della Giunta Regionale n. 1330 del 23 luglio 2013 (BUR n. 70 del 13/08/2013), come modificato dall’Allegato A del Decreto del Presidente della Giunta regionale n. 162 del 14/11/2013 (BUR n. 104 del 03/12/2013). 21 Tabella 11 - Costi medi di produzione degli allevamenti da carne in Veneto nel 2013 (€/100 peso vivo venduto) - per adesione al disciplinare QV Voci di costo (€/100 pv venduto) Alimentazione Ristallo Carburante Energia elettrica Acqua Veterinario+medicinali Manutenzione Assicurazioni Materiale vario (incluso lettimi) Spese generali Altri costi COSTI DIRETTI Ammortamento macchine Ammortamento fabbricati Costo terra (in affitto+in proprietà) Manodopera familiare Manodopera salariata Interessi su cap. agrario COSTI DEI FATTORI PRODUTTIVI COSTO TOTALE DI PRODUZIONE Media 88,93 141,40 1,99 1,14 0,29 4,24 4,28 0,87 2,81 3,93 0,45 250,34 5,65 5,30 8,28 11,69 1,76 2,90 35,57 285,92 QV 86,27 132,57 2,27 1,18 0,28 4,09 3,88 1,07 2,87 4,25 0,35 239,09 5,34 5,15 10,01 11,56 2,23 2,92 37,21 276,29 No QV 92,92 154,64 1,57 1,10 0,31 4,47 4,88 0,58 2,71 3,45 0,59 267,22 6,12 5,53 5,69 11,88 1,04 2,86 33,13 300,35 Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del bovino da carne Tabella 12 - Costi medi di produzione degli allevamenti da carne in Veneto nel 2013 (€/capo/giorno)- per adesione certificazione QV Voci di costo (€/capo/giorno) Media QV No QV Alimentazione 2,41 2,32 2,55 Carburante 0,05 0,06 0,04 Energia elettrica 0,03 0,03 0,03 Acqua 0,01 0,01 0,01 Veterinario+medicinali 0,11 0,11 0,12 Manutenzione 0,12 0,11 0,13 Assicurazioni 0,02 0,03 0,02 Materiale vario (incluso lettimi) 0,08 0,07 0,08 Spese generali 0,10 0,11 0,09 Altri costi 0,01 0,01 0,02 COSTI DIRETTI 2,95 2,86 3,10 Ammortamento macchine 0,16 0,15 0,17 Ammortamento fabbricati 0,14 0,14 0,16 Costo terra (in affitto+in proprietà) 0,23 0,28 0,16 Manodopera familiare 0,31 0,31 0,32 Manodopera salariata 0,04 0,05 0,03 Interessi su cap. agrario 0,08 0,08 0,08 COSTI DEI FATTORI PRODUTTIVI 0,96 1,00 0,91 COSTO TOTALE DI PRODUZIONE 3,92 3,86 4,00 Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del bovino da carne 22 BIBLIOGRAFIA AA.VV. 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