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LA GRAN AVENIDA
ENRICO SANNA
©Enrico Sanna 2016. Diritti riservati
Libro prodotto in autoedizione
Distribuito da Amazon.it e CreateSpace.com
Finito di scrivere nell’inverno 2013
Blog dell’autore: enricosanna.wordpress.com
Dello stesso autore:
• La Piccola Miniera
• Insàs
• Molly Flint
• Robertson
ISBN-10: 1534746463
ISBN-13: 978-1534746466
Caratteri del testo:
Gentium Book Basic (www.sil.org)
CAPITOLO VIII
George e Ernie entrarono nel saloon di Edward. L’aria era
blu. C’era una terribile scritta rossa che annunciava la nascita
di una birra destinata a rivoluzionare le abitudini triviali dei
palati di moltitudini.
Un uomo si era seduto su una sedia inclinata durante il
pomeriggio. Aveva raccontato di antiche prospezioni miracolose e tamponato innumerevoli pipe, osservando oceani di
salvia dalla sua piccola sedia inclinata per tutto il tempo.
Joe era seduto ad un tavolino, le gambe dritte, un texano
sbronzo dall’altra parte. Joe stava compiendo ogni sforzo per
fare del texano un uomo felice. Regolarmente, l’altro sollevava le sue labbra tonde verso il cielo e rideva alla maniera dei
lupi. “Ffa ffa ffa! Ffaaa ffa ffa ffa ffa! Sss sss sss!” Non era
seriamente sbronzo. Per questo rideva. Era sincero. Joe lo
ammirava. Dopo un certo numero di birre aveva cominciato
ad amare il genere umano genericamente inteso. Gli era
venuto spontaneamente. Spesso raccontava storie brillanti
che comprendevano miriadi di mucche.
Un moccioso uscì da una piccola porta dietro il bancone.
Ad un’estremità del bancone c’era questa piccola porta, dello
stesso colore della parete. Il piccolo doveva avere fatto una
corsa dietro la piccola porta. Stava affannando.
“Io non lo trovo, pa’,” disse, gli occhi molto grandi e molto
tondi.
Il moccioso era affranto. Si sentiva come uno che ha appena attraversato un libro di Fenimore Cooper.
Edward stava servendo birre. Quattro uomini avevano
parlato con lui, a turno. Un giovane con una tinozza cominciò
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a lavare bicchieri con la dedizione di un cercatore d’oro. “E
scommetto che ce l’avevi nel naso,” disse Edward.
“Ho visto nella cassa rossa,” disse il moccioso.
Edward aprì la bocca un po’. Mise i pugni sui lombi.
“Quale cassa rossa?” disse.
“Eh, la cassa rossa in mezzo,” disse il moccioso. Tagliò
l’aria con la mano.
Edward soffiò.
“Sotto lo scaffale in fondo. Sopra ci sono le bottiglie del
Kentuck. Lascia stare la cassa rossa,” disse, i pugni ancora sui
lombi.
Il piccolo tornò nel libro di Cooper.
“Un’altra volta vedi di non mettterti in mezzo,” disse
Edward.
Il giovane grattò una crosta che aveva appena scoperto sul
bordo della tinozza.
“Salve, amici,” disse Edward.
Larry si toccò il cappello con un dito. Ernie e George salutarono. “Come va, Ed?” dissero.
“Si campa,” disse Edward.
George era contento di sapere che Edward campava. Disse
che era un fatto eccezionale in un’esistenza che altrimenti
avrebbe avuto la caratteristica unica di un sole che ogni
mattina veniva su da una parte per poi andare giù sul lato
opposto.
Ernie andò sulla punta dei piedi. Disse:
“Uuh! Ehi, George, te l’immaginavi tutta questa gente,
eh?”
Ernie era un affare cospicuo di cinque piedi e otto. Non
potevi renderti conto di quanto fosse un affare cospicuo di
cinque piedi e otto finché non vedevi la sua faccia in cima alle
spalle, e la sua faccia era esattamente in cima alle spalle e
terminava in un cappello esattamente a cinque piedi e otto
pollici. Era molto semplice. Ernie era cinque piedi e otto e
quella faccia, e forse anche le spalle, e la promessa che un
giorno sarebbe andato oltre sei piedi e non avrebbe avuto più
quella faccia, e allora sarebbe diventato onesto.
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Molti giovani diventavano onesti in quel modo. Avveniva
senza una spiegazione se non il fatto che un giorno terminavano di essere giovani.
“È sempre pieno quando arrivi a quest’ora,” disse Larry.
Larry era dietro le spalle di Ernie.
Quattro uomini, che fino ad allora avevano parlato con
Edward, si voltarono assieme. “Un sacco che non ti vedevi,
Larry,” dissero. Indicarono Ernie e George. “Nuovi di Cox?”
“Nuovi,” disse Larry.
“Bè, a me va bene un sacco,” disse Ernie. “La tana di Jenkins era sempre piena a quest’ora. Perché non gli dici
com’era, George?”
“Era sempre piena,” disse George.
“Giù a Boldemor c’è questa roba di Jenkins. Non ci potevi
girare un gatto,” disse Ernie.
“A me non dispiace se ci appoggiamo al banco e beviamo
qualcosa,” disse George.
“Se volete, di là in fondo trovate Wally,” disse Edward.
“Credevo che aveva della roba da fare su da Cox,” disse
Larry.
“È di là che fa i solitari,” disse Edward. “Venuto qua un’ora fa. Niente Cox, mi spiace.”
Edward rise. Rideva facilmente.
“Allora andiamo a sederci da Wally,” disse Larry.
“Andiamo da Wally,” disse Ernie.
“Mando qualcuno dentro a prendere tre sedie,” disse
Edward.
“Ci porti quattro birre, Edward?” disse George.
“Quattro birre e tre sedie,” disse Edward.
“Della tua birra.”
“La mia birra. Sicuro.”
“Te l’ho detto che Ed fa la birra più buona del mondo,
Ernie?” disse Larry.
Ernie capì che adesso Larry e Edward avrebbero cavalcato
sulla grande prateria sotto il cielo rosa.
“Io sapevo ch’era il barista più bravo della contea,” disse
Ernie.
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“Ed fa la birra più buona che puoi trovare in tutto il mondo,” disse Larry. “Questa è la cosa importante.”
“È per quello ch’è il barista più bravo della contea?” chiese Ernie.
“No. Ed è il barista più bravo della contea perché ha dipinto un serpente a sonagli,” disse Larry.
“Larry dice la verità,” disse Edward. Non stava più ridendo.
“È molto bravo a dipingere, però,” disse Ernie.
“È bravo quando dipinge serpenti,” disse Larry. “Le altre
cose che dipinge non sono importanti. Solo i serpenti.”
Edward ammise che solo i serpenti erano importanti.
Disse: “Solo i serpenti.”
“È un genio,” disse Larry.
“Vuoi che non so che sono un genio?” disse Edward.
“Sicuro che lo sai,” disse Larry.
“Io dico che Edward è una cima,” disse Ernie.
“Edward è una cima. Hai detto la parola giusta, Ernie.
Edward è una grande cima,” dichiarò Larry. “Hai visto qualcuno più grande di lui?”
“No,” disse Ernie.
“No, nessuno,” disse Edward.
Adesso Ernie era nuovamente molto serio e Larry era serio
come prima. Larry era stato serio per tutto il tempo.
Due mocciosi uscirono dalla piccola porta dietro il bancone e fecero rotolare un barile con una grande scritta rossa
stampigliata sulle doghe. “Anche uno della nostra,” disse
Edward. I mocciosi tornarono dietro la piccola porta.
Joe era sulla strada che portava a Wally. Le gambe dritte
sul passaggio. Il texano dall’altra parte, due occhi sul bordo
del tavolino.
“Immaginavo che eri qua, Joe,” disse Larry.
“E dove senno?” chiese Joe. “Sedete qua?”
“Andiamo da Wally,” disse George.
“È di là che fa solitari,” disse Joe.
“Scambiamo qualche parola e poi ce n’andiamo,” disse
George.
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L’ubriaco si alzò come per un congegno.
“Perché non scambaure prole con noi, allora?” disse.
“Siamo boinomini, noi. Joe mio amico.”
“Girati da questa parte e lascia stare,” disse Joe.
George sorrise.
“Dopo veniamo,” disse.
“Io nen capischi che c’ha contro a noi,” disse il texano a
Larry.
“Stai calmo. Capito, amico?” disse Larry.
“Ah, perché n’n dice che ce l’ha con me, eh?” disse il
texano, improvvisamente depresso.
Joe raccolse le gambe.
“Piantala,” disse.
“Dobbiamo solo dire una cosa a Wally,” disse George.
“Precché a me nin si ’ice una cosa anche?” disse il texano
“Ti ho detto di piantarla e lasciarli stare,” disse Joe.
“Ehi, n’n ho mica detto che…” cominciò il texano.
Joe prese il texano per la punta del gomito. L’altro si voltò.
Il suo gomito era interamente nella mano di Joe. Lo scrutò con
attenzione. Si capiva che il texano non aveva mai visto una
mano attorno al suo gomito. Non in quel modo, almeno.
Si sedette sulla sedia con grande cautela.
“Ehi, va bene. Va bene. Calma, Joe. Sai cosa ti dico, Joe? Va
tutto bene. Perfetto. Benissimo. Non è vero che va tutto bene?
Diccelo tu che va bene, al mio amico Joe.”
“Va tutto bene,” disse George.
“Ehi, amigos ha detto che va bene. Ffaa ffa ffa ffa! Sss sss
sss! Ha detto che va bene. Allora va tutto davvero bene. Non è
vero? Ehi, buonasera, amigos.”
Subito dopo il texano diventò profondamente serio.
George, Ernie e Larry raggiunsero Wally.
“Io n’n so che mi è preso, Joe,” stava confessando il
texano. “Volevo mica offendre. Dicevo solo che magari si
sedevano qui e parlaveno un po’, ecco. Però mica volevo
offrendre. Mai voluto offende. Io ’feso qualcuno? Oh, andiamo,
Joe. Te mi conossi bene. V’ro che mi conossi?”
Wally fece asso, due, asso, re. Era sbigottito.
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“Brendon? Eccolo lì, Brendon,” disse.
Attorno al tavolino c’erano tre sedie vuote, fresche di
cantina, sui bordi macchie di sapone. Dietro c'era un altro
tavolino e tre sedie e le spalle di Brendon.
“Ti hanno detto balle,” affermò Brendon.
“Cosa ne sai?” chiese Larry.
“Mi volevi chiedere se mi sono pestato con Mulligan.”
“Non ti sei pestato?”
“Non mi sono pestato.”
C’erano altri due uomini con Brendon, dall’altra parte del
tavolino. Un tempo Larry aveva avuto una conoscenza intima
dei due. Uno di loro aveva lavorato per Cox fino ad un paio di
anni prima. L’altro non aveva mai lavorato per Cox. In realtà
era un calzolaio.
Questi due uomini guardarono Larry per un attimo. Poi
guardarono Brendon. Poi ancora Larry.
Larry era deluso. Continuò a guardare le spalle di
Brendon.
“Joe stava dicendo che vi siete pestati,” disse Larry.
“Joe dice balle.”
“Joe è di là.”
“Vuoi saperlo? Non mi sono mai pestato con Mulligan.”
I due uomini che erano con Brendon sorrisero. “Non ha
fatto un cavolo,” dissero.
“Gli ho solo detto di farsi gli affari suoi,” disse Brendon.
Uno dei due che erano con Brendon bevve birra. “Siete
nuovi arrivati da Cox?” chiese.
Mise una mano sul ginocchio, l’avambraccio ad angolo con
la spalla, la mano piatta. L’immagine di Larry nella foresteria.
Nel saloon di Edward quella era una posa d’abitudine.
“Siamo i nuovi arrivati,” disse George.
Brendon si voltò per la prima volta da quando i due nuovi
arrivati erano entrati nel saloon di Edward.
“Venite di lontano?” chiese l’uomo con la birra.
“Maryland,” disse Ernie.
“Lavoravate in miniera, su nel Maryland?”
“In un certo senso,” disse George.
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L’uomo in fondo si voltò e disse qualcosa di cui era fiero.
“Non ci sono miniere nel Maryland,” affermò, apparentemente sulla spalla dell’uomo con la birra in mano.
Brendon disse di non avere mai sentito parlare di miniere
nel Maryland.
“Perché non ci sono miniere nel Maryland,” disse l’uomo
in fondo.
Ma l’altro succhiò una quantità ridicola di birra.
“Che ne sai?” disse. Era filosofico. Forse era anche irritante.
L’uomo in fondo stava cercando di ricordare qualcosa.
“Ma se Brendon ha detto che…”
“Lascia perdere Brendon. Perché non lo chiedi a lui?”
“Ho fatto cinque anni in una miniera, su a Jessie Oak,”
disse George. “Il mio amico ha lavorato nelle fattorie.”
“Lavoravo dai Sheridan. All’inizio andavo a portare il latte
nelle case,” disse Ernie. “Non fai molto portando il latte.”
“Chi è i Sheridan?” chiese l’uomo con la birra.
“Vuole dire che lavorava in una fattoria,” disse George.
Ernie scivolò confidenzialmente in avanti. Mise un gomito
sul tavolo e allungò una gamba. Non molto. Il ginocchio appena disteso, il piede fuori dai pantaloni e anche la caviglia
fuori, asimmetrica. Notò le due nocche ai lati opposti della
caviglia.
“Prima ero dagli O’Keefe. Prima dei Sheridan, voglio dire.
Il problema è che lavori dove lavori e a volte arriva uno che
lavora, dico per esempio, lavora più di te e allora tu dici va
bene e fai oppure vai e in fondo dici che c’è un sacco di posti e
vai da un’altra parte, e a volte trovi quello che ti fa il lavoro
per un quarto e tu vai giù e anche lui va giù, ma non puoi
andare molto giù, né tu e neanche lui, e alla fine uno deve
andarsene. Voglio dire, dopo un po’ uno capisce quello che sa
fare, non ci vuole molto a capirlo.”
L’uomo con la birra in una mano aprì una bocca molto
piccola e molto tonda. Ernie era sinceramente convinto che i
Sheridan e gli O’Keefe fossero dei tizi universali.
“Sembri in gamba,” dissero i due in fondo.
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“Uh, cavoli. No, dico, non è che uno dev’essere in gamba.
Te basta che ci fai questo e quello o una cosa del genere. Ogni
tanto ci dici qualcosa tipo che va bene, regolare. Voglio dire
una cosa come tutto a posto Mr. Sheridan e lui va tranquillo.
Basta che ci dici le cose che così si sente bene. Una cosa del
genere, capito? Voglio dire se ci fai una cosa così poi il resto
vai alla grande.”
“Oh,” dissero i due uomini dall’altra parte del tavolino.
Brendon lasciò perdere. Bevvero birra e poi ci fu silenzio.
Wally mischiò le carte. “Oggi non ne ho chiuso uno,”
disse. Aveva fatto una cavalcata prodigiosa dal quattro al re e
poi non era più successo nulla.
Larry guardò le carte. Pensò a qualcosa che non erano le
carte.
L’uomo in fondo esaminò la schiuma nel suo bicchiere.
“Non ci sono miniere nel Maryland,” disse, la voce molto
profonda.
Il ragazzo allineò quattro bicchieri al centro del tavolino.
“Non è che volevo proprio bere un’altra birra,” disse
Wally.
Qualche tempo più tardi erano fuori dal saloon. La foresteria era un affare molto piccolo e molto in alto.
Le luci nelle costruzioni di legno erano accese e gli uomini
passavano spesso tra le luci e le finestre e c’erano molte
ombre e le macchine a vapore suonavano in continuazione e
le sentivi che facevano qualcosa come coff ss, coff ss, coff ss.
George e Ernie rimasero qualche passo indietro.
Geroge disse: “Non dovevi dirci tutta quella roba delle
fattorie a quei due.”
“Perché?”
“Non lo so perché. È solo che mi sembra ch’è meglio.”
Ernie pensò.
“Come vuoi, George.”
“Volevo dire che siamo di fuori,” disse George, e le sue
spalle presero a muoversi peculiarmente dentro la camicia.
“Siamo come stranieri.”
Ernie pensò.
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“Siamo due stranieri, George?”
“Più o meno.”
Ernie infilò le mani nelle tasche finché il pugno non toccò
il fondo tiepido.
C’era freddo e stavano rapidamente andando su per una
collina e c’era salvia e poi ancora salvia a grumi neri e morti.
Wally raccontò di un fatto che era successo due anni prima e
poi Larry fischiò un motivo.
Larry non ricordava cosa era successo due anni prima.
Wally sì. Wally dormiva poco e gli era venuto questo miracolo
di memoria e c’erano momenti in cui cose insignificanti germogliavano all’improvviso nella sua testa senza una ragione.
Joe era rimasto davanti al saloon. L’ultima volta che l’avevano visto, il texano gli stava raccontando di esseri portentosi
intenti a produrre il male assoluto.