Il mio Sunsplash

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Il mio Sunsplash
Il mio Sunsplash
[cronaca di un sogno durato dieci giorni]
di Marco Sacco
Prologo Finalmente ci siamo,dopo tanti chilometri, strade, stradine, autostrade, arriviamo ad Osoppo... è qui
che ci sarà il Sunsplash, è qui che passeremo dieci giorni di full immersion nell'universo Reggae.
Il Sunsplash, un megaraduno nato sull'esempio dell'omonimo festival giamaicano e cresciuto ogni
anno un po' fino ad oggi, l'anno del decennale. E' una data importante e per sottolinearla gli
organizzatori hanno fatto le cose in grande. Il luogo prescelto è una splendida vallata in mezzo alle
montagne del Friuli: il parco del Rivellino. Il cast è di prim'ordine; in questi giorni sfileranno sul palco
principale gran parte degli artisti più importanti della scena reggae mondiale. Oltre ai concerti poi
prenderanno vita una serie di eventi paralleli quali corsi di yoga, danza Capoeira, djembe, proiezioni,
seminari, dibattiti. Insomma il Sunsplash non è solo un festival musicale, è un evento culturale, un
modo di essere e di convivere. Un modo per trasmettere e ricevere "buone vibrazioni", quelle stesse
vibrazioni di cui parlava Bob Marley e che dai suoi tempi non hanno smesso di propagarsi.
Primo giorno E' l'una e trenta del mattino, siamo un po' stanchi del viaggio, ma troppo ansiosi di vedere il posto, di
sentire la sua atmosfera, oltre che di sbrigare tutte le pratiche per i pass, per l'albergo e tutto il resto.
Nonostante l'ora tarda nessuno sembra aver intenzione di dormire, le persone dello staff che ci
accolgono sembrano completamente distese, senza un accenno di stanchezza sul volto. La cosa che
più mi preoccupa è la presenza di Sound Systems praticamente dietro ogni angolo, come è noto le
caratteristiche dei Sound non sono certo il volume delicato e le armonie rilassanti... insomma
vedremo che intenzioni hanno e ci regoleremo di conseguenza...
Il giorno dopo arriviamo verso le 14... il tempo è bello, nonostante i rovesci dei giorni precedenti. gli
indigeni ci dicono che non bisogna sperare troppo nelle belle giornate: "se ora c'è il sole può darsi che
tra mezz'ora ti ritroverai sotto un tendone scelto a casaccio tra quelli più vicini, con i vestiti zuppi e i
piedi nel fango!"
Comunque adesso c'è il sole ne approfittiamo per andarcene un po' in giro. Questo posto è
eccezionale, l'aria è fresca, quasi sempre, quando non si mischia a certe zaffate di fumi di varia
natura... Mentre sul palco principale stanno effettuando il Soundcheck io e gli altri ci occupiamo del
palco Showcase, è qui che si esibiranno i gruppi reggae da tutta Italia. Dopo i concerti, quest'area
ospiterà i vari selecters che animeranno le le notti Dance Hall, anche qui, programmi a dir poco
bellicosi. Inizio della Dance Hall: 2 di notte, minuto più minuto meno, Fine della DanceHall: non
pervenuta!! Speriamo Bene!
Quasi dimenticavo, stasera gli Africa Unite aprono il Sunsplash, seguiranno gli Israel Vibration.
Ultima notazione per un signore di nome Gregory Isaacs che avrebbe dovuto esibirsi stasera alle ore
1.30 e che l'altro ieri ha dato forfait. Troppo facile dire che non è un modo serio di fare musica il
suo... preferisco raccontare che circa 7 anni fa andai a vederlo al Palladium di Roma (gran bel posto) e
dopo averci propinato 2 ore di gruppo spalla, il nostro si presenta, canta un pochetto e dopo un'ora (!!)
se ne va, senza neanche fare un bis... l'episodio si commenta da solo e commenta anche la defezione
di stasera!
Per ora è tutto, tornate a leggerci da queste parti, e se non trovate novità... cominciate a preoccuparvi!
Marcos
Secondo giorno
Inizia il nostro secondo giorno al Sunsplash... Il festival si apre oggi e c'è molta curiosità, voglia di
vedere come festeggia il popolo del Reggae.
L'affluenza è veramente massiccia, nonostante lo spazio gigantesco, il parcheggio risulta gremito
all'inverosimile e nell'area compeggio le distanze tra una tenda e l'altra si assottigliano sempre di più.
Io e i miei compagni di viaggio, che avrò modo di descrivere più avanti, ci dirigiamo verso
l'amministrazione per prendere in consegna il Palco Showcacse che come ho detto è dedicato
all'esibizione di chiunque voglia diffondere la propria musica.[...]
L'organizzazione del festival è ottima, tutti sembrano consapevoli delle proprie mansioni e del proprio
ruolo. Per il palco Showcase abbiamo carta bianca, che tradotto significa che ci dobbiamo occupare di
tutto, i vari service che forniscono il materiale, il contatto con i gruppi che devono esibirsi, il palco,
l'amplificazione eccetera. Il primo gruppo si deve esibire verso le 18.00, alle 17.00 ancora non si è
capito bene chi deve fare cosa. Teoricamente il responsabile della situazione è il nostro Robby Dread,
che comincia facendo il soundcheck del basso e poi, preso da una sorta di ispirazione momentanea si
mette a suonare i suoi ritmi incurante del pandemonio che lo circonda. Eccezionale!
Alla fine, capiamo che il fantomatico fonico che ci hanno promesso (chi l'aveva promesso poi, non si è
mai capito!), non arriverà mai e allora uno di noi si deve mettere al mixer e tirare fuori qualche suono
dal palco. Stavolta non mi faccio sfuggire l'occasione e prendo possesso del mixer, con buona gioia
degli altri che mi scaricano questo barilone! L'evento viene prontamente documentato e così eccovi
un'idea del mio ambiente naturale...
Alla fine i due gruppi in scaletta riescono a suonare, l'impianto regge, i musicisti sono contenti di aver
suonato al Sunsplash e noi ancora più contenti di aver offerto il nostro contributo.
A fine concerto me ne vado in giro per vedere un po' di mondo... I Sound Systems sono tutti su, c'è
musica reggae che proviene da dovunque, c'è gente che suona il Djembe e altra gente che passeggia
godendosi l'atmosfera.
Da una tenda proviene un ritmo che mi attira, mi avvicino e trovo un colorato gruppetto che balla
sulle parole di un Selecter...
...un tipo con un microfono improvvisa ritmi verbali e si capisce che è uno che ha una storia dietro,
più tardi avrei scoperto quale...
Il sound è così bello che lo registro col mio MiniDisc, giusto qualche minuto per tenerne il ricordo.
Soddisfatto della mia razione continuo il mio giro, anche perché è quasi ora di cena e poi inizieranno i
concerti.
Alle 22.00 apre i concerti del Sunsplash un gruppo composto da sole donne (tranne il batterista), Le
"Sista, from Jamaica" ci annuncia lo speaker. Grande musica reggae, bellissime voci. Un concerto che
incanta la folta e treccioluta platea.
Alla fine, dopo grandi e generosi applausi, sale sul palco Maria Carla, l'organizzatrice di tutta 'sta
storia, complimenti a lei!
"Questo è un festival per la pace, per la pace!" L'annuncio è convincente e per nulla retorico, cosa non
facile di questi tempi. Questo è il decennale del Sunsplash, da una cosa piccola piccola che era è
diventato così, niente male veramente. Ancora Maria Carla ci racconta delle varie iniziative che si
accompagnano al festival, c'è Legambiente che promuove una campagna per il riciclaggio dei rifuti, c'è
la Tenda Incontri, dove ogni giorno vengono proposti seminari di vario tipo, c'è la zona cinema dove
stasera si proietta "La grande guerra" con Albertone, c'è la tenda dedicata alla Bio Energia con lezioni
di Reiki e via discorrendo. Per stasera seguiranno gli Africa Unite, da 22 anni sulle scene, e seguire,
alle 1.30 (un orario di tutto riposo...) Israel Vibration e infine nella tenda Dance Hall il ritorno di Jah
Shaka. Confesso la mia ignoranza per quello che viene presentato come uno dei primi e più famosi
selecter di sempre, il fondatore di uno dei primi Sound System londinesi. Inizio previsto della
DanceHall, ore 4.00 circa...
Inizia il concerto degli Africa Unite con una session di soli sintetizzatori di circa un quarto d'ora, non
proprio il massimo. Quando entra in scena tutta la band il pubblico si infiamma e riserva loro
un'accoglienza meritata in tanti anni di militanza. Forse, il fatto di aver visto gli AU in tante altre
occasioni mi impedisce di emozionarmi più di tanto durante la loro performance, anche se altri gruppi
mi hanno regalato "good vibrations", nonostante li avessi visti già diverse volte...
Il suono che proviene dall'impianto è ottimo, i fonici sanno il fatto loro. Confido di approfondire meglio
la questione nei prossimi giorni.
E' 1.30 del mattino, gli Africa Unite lasciano il palco agli Israel Vibration, gruppo storico giamaicano.
Nel backstage li osservo mentre si preparano al concerto e mi fa effetto vedere questi musicisti
sicuramente sopra i 40 che sono pronti ad esibirsi ancora su un palco a quest'ora di notte. Ancora di
più perché i tre cantanti fondatori del gruppo camminano su delle grucce perché affetti da
poliomelite, come ho detto è un contrasto che fa effetto. Stavolta mi trovo sul palco insieme a loro per fare delle foto e adesso sono "nel cuore del reggae", chi
l'avrebbe mai detto!
Gli Israel Vibration si rendono protagonisti di un concerto travolgente, grandissima energia e
comunicazione col pubblico, anche noi nel backstage balliamo e applaudiamo ad ogni pezzo.
I cantanti ridono e BALLANO sulle loro grucce offrendo ai presenti una bella dimostrazione di gioia di
vivere.
Alle 3.30 il chitarrista annuncia 'Do you want some moooooreee!!!!' e sul boato che gli fa eco inizia
l'ultimo bis. Concerto memorabile.
Alla fine siamo stremati ma vogliamo comunque andare alla tenda Dance Hall per vedere Jah Shaka,
il 'leggedario selecter'. La tenda è gremita e ondeggia su ritmi dub sparati al massimo volume.
Guadagno il palco per trovarmi davanti Jah Shaka e allora riconosco quel selecter che avevo visto e
registrato nel pomeriggio quando l'avevo trovato per caso seguendo le sue note!!
Sono le 4, la DanceHall è appena cominciata, nessuno sembra cedere alla stanchezza, sono
veramente impressionato e comincio a pensare che questi siano veramente tutti matti... per noi domani si ricomincia, altra giornata, altra maratona... è ora di ritirarsi...
Marcos
Terzo giorno
Un bel sole ci accoglie al Sunsplash, sul prato alcuni improvvisano una partitella di pallone, altri
offrono esibizioni di freesbie acrobatico, proprio così, acrobatico, viste le innumerevoli evoluzioni che
compiono per spedirsi un disco di plastica...
Il pomeriggio scorre tranquillo, una processione fatta di tamburi echeggia per le vie.. più tardi è il momento per una lezione collettiva di djembe:
Alle 19.00 inizia il primo concerto con i Dub TV dalla Russia. Fa piacere sentire del buon reggae di
quelle parti e a seguire i Seeed da Berlino che offrono due orette di grande energia.
Poi, alle 22.00, è il turno dei Sud Sound System, famoso gruppo salentino uno dei primi a
contaminare il reggae con il dialetto popolare. La musica scorre tra una melodia e un'invettiva e nella
band rileviamo un ottimo batterista che sostiene il ritmo con continue variazioni per nulla scontate.
Al contrario forse del messaggio politico continuamente ricordato dai SSS che ogni tanto sfocia in
frasi del tipo 'Basta con questi politici corrotti!'.
Quando i SSS si congedano intervengono gli organizzatori per riempire lo spazio necessario per il
cambio palco che accoglierà tra breve i londinesi Misty in Roots. Anche questo caso si tratta di una
band che ha fatto la storia del reggae. Gli organizzatori informano ancora sulle iniziative promosse
all'interno del Sunsplash tra cui vogliamo citare una monografia dal titolo "La Galizia e il disastro
della petroliera Prestige" in relazione al disastro ecologico avvenuto due anni fa proprio sulle coste
della Galizia il 13 Novembre 2002 (Gruppo Volontari per la Galizia ­ www.progettogalizia.com).
Viene poi accolto sul palco un tale Marco Provvedi presentato come "colui che ha portato il reggae in
Italia". Il tipo inanella una serie di eleganti frasi per esprimere il proprio pensiero come "Quando
abbiamo iniziato col reggae eravamo in pochi, ma spignevamo!" e anche "ce l'avete n'accendino, nun
ce credemo ce lo dovete fà vedé, vabbè tenetevelo in saccoccia perché stasera quello che deve brillare è
la vostra luce interiore!". Comunque le mie guide qui al Sunsplash mi assicurano il suo contributo al
reggae italiano c'è stato e non ho motivo di dubitarne. Purtroppo l'intervento del nostro amico di
Roma si prolunga in quanto ci sono problemi tecnici sul palco. Alla fine tutto sembra risolto e dunque
i Misty in Roots fanno il loro ingresso sul palco per la gioia dei presenti un po' provati dalle litanie
romanesche del buon Marco tanto che qualche suo compaesano gli consiglia: "Fatte 'na canna!"
I primi tre pezzi sono contraddistinti da molto nervosismo da parte dei musicisti in quanto i problemi
sul palco persistono, le spie sono spente, ogni tanto qualche fischio fa capolino e il povero assistente
di palco corre da una parte all'altra cercando di fare l'impossibile.
Comunque dopo un po' tutto viene risolto e i musicisti finalmente si rilassano e iniziano anche loro a
divertirsi.
I pezzi sono gradevoli anche se abbiamo ancora nel corpo le "vibrazioni" di ieri degli Israel Vibration.
C'è lo spazio per un paio di cover, Knockin' on heaven's door di Bob Dylan e Zimbabwe, la prima cover
di Bob Marley di questo Sunsplash, mi accorgo che se ne sentiva un po' la mancanza, ma per questo
aspettiamo gli Wailers.
Stavolta il concerto termina verso le 2.00 e subito dopo parte la Sonic Sound Clash ossia una sfida a
colpi di grooves tra due Dj, Soul Stereo dalla Francia contro Nice Time International dalla
Germania. Ancora si balla e si urla qui al Sunsplash, tempo per noi di di ritirarci. Domani arrivano
Burning Spear e Buju Banton.
Marcos
P.S. Ringrazio i ragazzi di contatto.it per avermi concesso una loro postazione Internet, senza di loro
oggi sarebbe stato impossibile spedire questo post. Quarto giorno
Siamo pronti per un nuovo tuffo nel sole. Ritroviamo il Sunsplash come l'abbiamo lasciato, il solito
giretto mattutino mi regala una bella lezione di danza Capoeira, spero di potermi cimentare uno dei
prossimi giorni...
Il pomeriggio scorre tranquillo con i gruppi che si esibiscono sul palco Showcase che verso le 19 resta
vuoto. Il nostro Robby Dread ha voglia di jam session, si è portato gli strumenti da casa, due bassi,
alcuni pezzi della sua batteria, se ne va in giro a cercare un bassista. Mi dice che ha visto in giro
quello dei Sud Sound System, spera di poterlo coinvolgere. Io mi avvio verso la mensa per la cena
quando mi accorgo che ho dimenticato il cellulare in carica sul palco, non voglio rischiare così torno,
per mia fortuna, sui miei passi e trovo il nostro Robby alla batteria accompagnato da un negrone al
basso. Il tipo sembra sapere il fatto suo, il duo basso­batteria sostiene un buon ritmo.
Qualche minuto e si materializza un cantante, poi un tastierista e in un attimo ecco nascere un
gruppo che ha gran voglia di suonare. Si capisce che i musicisti sono tutti di qualità, e la gente del
Sunsplash comincia ad avvicinarsi per vedere un po' da dove proviene tutta questa energia. Perché di
energia allo stato puro si tratta.
Una voce potente e al tempo stesso melodica intona con passione i pezzi che mano mano prendono
vita. Grandi cover di Bob Marley, il pubblico è parte della band, tutti cantano, e ballano e ridono
inebriandosi del suono che si diffonde. Forse il modo di descrivere questa jam potrà sembrare
esagerato, non ho modo di trasmettere esattamente quello che è successo qui stasera, posso solo
descriverlo nella maniera che mi sembra più appropriata. Una jam a volte può essere molto più
coinvolgente di un concerto, perché ogni momento è imprevisto e l'energia che scorre tra i musicisti si
autoalimenta da sé e così capita che in certi momenti cresca e cresca e cresca ancora. E da fuori
l'energia si sente, si sente tutta!
Sono quasi le 22, la jam è ancora in atto, tra poco inizia il concerto di Burning Spear ma nessuno
sembra avere voglia di lasciare questo posto. Alla fine la jam termina, chiedo ai musicisti, che ho visto
muniti di pass di tipo 'artist', di quale band siano... Jimmy Cliff mi dice uno di loro... non ho parole, il
nostro Robby Dread ha suonato una jam con i musicisti di Jimmy Cliff! Incredibile!
Ma non c'è tempo per capacitarci troppo della cosa, Burning Spear è sul palco principale e ha già
eseguito un paio di pezzi. Quando arrivo sul palco trovo una multitudine di addetti, fotografi,
imbucati di ogni tipo e guadagnare un posticino al sole per fare qualche foto è complicato.
Comunque mi intrufolo e cerco di fare qualche scatto quando uno degli addetti mi richiama all'ordine
chiedendo di fare rapidamente le foto e lasciare il palco che stasera è difficile da gestire. Docilmente
obbedisco con qualche rammarico per non aver potuto documentare meglio questo concerto.
La compagnia di Burning Spear è gradevole anche se un po' spenta, in fondo il nostro ha un'età e una
carriera che gli giustificano prestazioni non proprio al massimo.
C'è molta attesa ora per Buju Banton, finalmente un artista giamaicano giovane. Fino ad oggi sono
passate qui le pietre miliari del reggae e altre ne verranno ma si tratta di artisti che sono sulle scene
da 30 anni, c'è bisogno di nuove forze, nuove energie. Buju Banton rappresenta questo, lo vediamo
mentre si prepara nel backstage, sembra veramente molto carico e pronto all'impatto con il pubblico
che lo attende. Anche in questo caso qualche problema per le foto sul palco dove adesso c'è ancora
più gente. Quando BB arriva sul palco sembra una tigre appena uscita dalla gabbia, arringa subito il
pubblico con i suoi testi e timbri aggressivi e la platea balla e salta con lui.
La band passa i rassegna tutti i sottogeneri del reggae e offre un concerto sempre vario e mai
scontato. BB è contento di essere in Italia, di essere al Rototom, lo dice più volte mentre canta i suoi
pezzi.
C'è anche il tempo una versione di Positive Vibration di Bob Marley trasformata in un dolce omaggio
alla Mariujana, l'erba che regala "new time, new day, new feeling...", parola di Buju.
Bellissimo concerto, sicuramente il migliore finora.
Alle 2.00, come da copione parte la Dancehall, stasera si balla sulle note di Nyjhabingi Sound da
Barcellona. Giusto qualche momento per godere un po' dell'atmosfera e poi a dormire, domani arriva
Jimmy Cliff, anche se noi un assaggio di quello che ci aspetta lo abbiamo già avuto...
Marcos
Quinto giorno
Questa giornata inizia placidamente e, mentre il Sunsplash si risveglia, mi fermo a osservare per un
po' la lezione giornaliera di yoga:
che è vicina alla tenda di Henke, un giornalista tedesco che scrive per una rivista di musica. Ne
approfitto per chiacchierare un po' con lui e la sua famiglia. Parlando con loro mi accorgo che sono
dei rastafariani doc e che la loro presenza qui è qualcosa di più di una vacanza in campeggio passata
ad ascoltare musica reggae. Chiedo loro di spiegarmi alcune frasi pronunciate da Buju Banton la sera
prima, e mi spiegano che i rastafariani considerano il Papa e la Chiesa i responsabili della nascita di
Babilonia che è "la culla che ha originato il male del mondo". Insomma, la religione rasta è complessa
e piena di simboli e questo non è certo lo spazio più opportuno per inoltrarsi in certe dissertazioni.
Nel pomeriggio passo davanti alla gremitissima tenda dei seminari, sembra che l'argomento sia di
grande interesse. Chiedo a uno dei presenti di cosa si parla oggi e mi viene detto che quello al centro
dei "conferenzieri" è Mr. Nice, al secolo Mr. Howard Marks, "il più grande spacciatore del mondo".
Incuriosito prendo posto e attendo la ripresa della conferenza, sospesa per mancanza di corrente.
Quando il dibattito ricomincia capisco che il tema è l'antiproibizionismo e che il moderatore è un
giornalista di RaiTre di cui è meglio tacere il nome.
Mr. Nice comincia a raccontare le sue gesta di spacciatore e di portavoce del messaggio
antiproibizionista che lui divulga organizzando degli spettacoli satirici sull'argomento. A questo
proposito recita un testo estratto da un dicorso tenuto da un rappresentante egiziano in una
conferenza dell'ONU sulle droghe. Data: 1928. Naturalmente il testo parla di droghe con totale
incompetenza e Mr. Nice scimmiotta il delegato egiziano enfatizzandone il tono di voce solenne. La sua
satira ha l'obiettivo di dimostrare come nessuno capisca niente di droghe, come le droghe leggere
siano del tutto innocue, come il proibizionismo sia solo una forma di repressione del sistema. Tutti
ridono alle sue battute e sembrano accettare e condividere questa "apologia dello spinello" secondo la
quale le droghe leggere non sono affatto nocive, anzi il loro uso viene incoraggiato con continue
battute di dubbio gusto. Un cylum ben guarnito passa tra i "conferenzieri" che tirano ampie e beate
boccate incitati e applauditi dal pubblico. Si apre lo spazio per le domande e così decido di
avvicinarmi ancora combattuto tra la rabbia per quello che sta succedendo e la riluttanza ad espormi
per dire. Alla fine chiedo il microfono e mi rendo protagonista di un contestatissimo intervento
chiedendo ai presenti se si rendono conto del messaggio che stanno dando, incitando continuamente
all'uso, e secondo me anche all'abuso delle droghe leggere. Faccio presente che queste droghe
provocano comunque un'alterazione di coscienza e che se mi faccio quattro canne e poi prendo
l'autostrada non è proprio come se avessi bevuto quattro bicchieri di tè. Tra i fischi del pubblico, il
giornalista di RaiTre sovrasta gli altri per dirmi che per anni anche sul tè se ne son dette di tutti i
colori e altre amenità del genere, un altro mi urla che di mariujana non è mai morto nessuno.
Quando la calma ritorna viene dato spazio ad altre domande, un ragazzo si alza e chiede a Mr. Nice
qual'è il colpo più grande che ha mai fatto e lui risponde con orgoglio di essere riuscito ad eludere una
dogana di non so quale paese con 30 tonnellate di erba. Me ne vado mentre la "conferenza" volge al
termine, un ragazzo di meno di vent'anni mi ferma per dirmi che è d'accordo con quello che ho detto e
che si sente disgustato quanto me per quello che è successo. La sera Maria Carla, anch'essa presente,
mi confesserà con rammarico che la situazione è sfuggita di mano e che "abbiamo fatto pubblicità ad
uno spacciatore".
Alle 22 sono sul palco per seguire l'esibizione di Junior Kelly.
Il suo concerto è fresco e ha energia ma il genere è troppo simile a
quello di Buju Banton della sera precendente e dunque viene
inevitabilmente adombrato dalla superlativa prestazione di ieri del
suo collega giamaicano.
La band non è male anche se non impeccabile e il suono non è ai livelli delle serate precedenti, forse
perché JK ha il suo fonico personale non troppo esperto.
Al cambio palco, Maria Carla parla di una "serata stupefacente" forse riferendosi al pomeriggio e Mr.
Nice viene presentato sul palco, anche se la sua presenza non oltrepassa i due minuti.
Siamo pronti per Mr. Jimmy Cliff, c'è molto fermento nel backstage. JC esige calma assoluta,
nessuno intorno al camerino, nessuno sulla passerella verso il palco, nessuno sul palco, niente foto
prima del concerto. Lui è dentro a fare meditazione. Passano almeno 20 minuti dalla presentazione al
pubblico da parte dello speaker alla sua comparsa fuori dal camerino. Vederlo è un'emozione, sembra
come in trance, incurante della piccola folla nel backstage che si accalca sul limite consentito.
Assolutamente carico e concentrato.
Quando sale sul palco JC libera la sua energia e si capisce subito che ne ha ancora da vendere. Balla
e salta sul primo pezzo che ci rivela la sua voce ancora cristallina, dopo tanti anni. La band la
conosciamo, era con noi il giorno prima in quella splendida jam session. Fa impressione vedere la
corista così timida ieri di fronte ad un centinaio di persone per un concertino improvvisato e invece
così presente e carica di personalità qui, adesso, sul palco insieme a JC.
Parla con il pubblico del Sunsplash JC, e gli chiede di "raise up your hands in respect of the
ancestors" mentre intona con i presenti la sua richiesta ai grandi del mondo: "save our planet
hearth".
Sono tanti i pezzi famosi di JC, vale la pena
di citare le due vere e proprie spaccate da
ginnasta durante l'esecuzione di "The harder
they come".
Per l'ultimo pezzo la tutta la band si siede e
imbraccia una percussione. Ne viene vuori
una molto suggestiva cover di "The rivers of
Babylon" con la quale JC si congeda dal
pubblico.
A fine concerto l'immancabile Dancehall, stasera European Connection
con G­Force Sound dalla Germania che incontra Bashfire da Perugia.
Domani: The Wailers!
Marcos
Sesto giorno
La giornata di oggi inizia con una brutta notizia, stamattina ci sono stati due accoltellamenti e ieri
sera sono intervenuti i Carabinieri per sedare una rissa. Succede anche di questo al Sunsplash, dove
nelle zone più periferiche ci sono realtà di smercio e di concorrenza tra spacciatori. Mi sarebbe
piaciuto che il seminario di ieri sull'antiproibizionismo avesse affrontato questo aspetto della
faccenda, la questione è ampia e c'è gran bisogno di dibattiti seri che aiutino ad esplorarla e a
renderla una proposta credibile e magari un giorno realizzabile.
Comunque il mio giretto quotidiano per il campeggio mi regala ancora angoli inesplorati dove trovo un
Dj che si è portato i suoi piatti da casa e offre le sue selezioni ai suoi vicini di tenda
o la tenda Magico Gioco dove i bambini si divertono da matti...
...o ancora, la giornaliera lezione di dijeridoo:
In un altro punto del campeggio trovo un complessino improvvisato con il buon Marco Provvedi alla
chitarra.
Ha voglia di suonare Marco, più tardi passerà tutto il pomeriggio a jammare con gli altri sul palco
Showcase. I ragazzi di SOS Giamaica, di cui avrò modo di parlare più avanti, mi raccontano un po' la
storia di questo personaggio e mi confermano che tanti, tanti anni fa fu il primo a portare in Italia i
più grossi artisti che all'epoca in Italia erano degli illustri sconosciuti.
Verso le 20.00 iniziano i concerti, si parte con i pugliesi e giovanissimi Dread Inna Babylon che
suonano un ottimo reggae ma ci sembrano un po' montati in qualche loro atteggiamento da grande
band.
Si prosegue con gli scoppiettanti Tokio Ska Paradise, naturalmente dal Giappone.
Grandissimo movimento sul palco della band di più di
10 elementi di cui 5 fiati che ricorda un po' i nostri
Statuto.
I ragazzi sanno il fatto loro, alla fine, nel backstage
rimango colpito... dalle loro ragazze, che sono sexy
come quelle disegnate nei fumetti Manga!
Nel backstage c'è anche Mr. Nice, ancora lui, il solo vederlo mi indispettisce. Lo osservo mentre a più
riprese i ragazzi presenti, tra cui i componenti dei Dread Inna Babylon, gli offrono canne a ripetizione
e si fanno immortalare con lui in allegre foto di gruppo.
Decido di andarci a parlare, un po' per sentire la sua campana che effettivamente non ho ancora
sentito e un po'... perché mi diverto troppo in questo ruolo di reporter d'assalto!
Mi presento al nostro ricordandogli il mio intervento al seminario del giorno precedente e ne nasce
uno scambio che cercherò di riportare nel modo più obiettivo... anche se so che non ci riuscirò.
Comunque questo è più o meno quello che è uscito:
D: Mr. Nice, io vedo i ragazzi che vengono continuamente da lei, poi è stato invitato al seminario di ieri e
allora le chiedo che cosa ha fatto di così grande per meritare una simile considerazione?
R: Beh, tanti anni fa ho cominciato a fare uso di droghe leggere e poi a farle provare ai miei amici. In
seguito mi sono messo a spacciare di brutto e così sono finito in galera e mi sono fatto 10 anni, quando
sono uscito ho iniziato a battermi nelle campagne antiproibizioniste.
D: Dunque lei è antiproibizionista o pro­spaccio?
R: Sono antiproibizionista e per diffondere questo concetto, nella società di oggi, che è proibizionista,
approvo lo spaccio.
D: Dunque approva il fatto di lucrare sullo smercio di droghe leggere?
R: Certo, io ho fatto una montagna di soldi spacciando.
D: Così, se uno dei ragazzi che era presente ieri pomeriggio decide di iniziare a spacciare lei sarebbe
d'accordo?
R: Si
D: Ok, tornando alla mia domanda di ieri che alla fine non le hanno neanche tradotto, qual'è il
messaggio che date ai ragazzi con il vostro modo di fare come per esempio quando avete fatto girare tra
di voi quel cylum?
R: Io non dò messaggi, il mio è solo un modo di presentare le cose
D: Si ma stando lì dietro quel tavolo con altri autorevoli colleghi lei si pone come modello.
R: Io non mi pongo come modello di nessuno.
D: Ma secondo lei se uno si fa quattro canne e poi si mette alla guida sull'autostrada, non compie
un'azione poco responsabile.
R: La gente dovrebbe sapersi regolare.
D: Ma ieri, la vostra platea era composta da giovanissimi, non crede che un messaggio del genere possa
essere pericoloso?
R: Io non temo il pericolo
D: Ma quelle sono vite, non ti frega delle vite di quei ragazzi?
R: Certo che mi frega! Senti, se la mia casa prende fuoco una seconda volta starò più attento
lo interrompo
D: Se però già sai che la casa brucierà, non è il caso di regolarsi prima di conseguenza?
R: Senti, ma tu sei qui per parlare o per ascoltare le mie risposte?
D: Sono qui per ascoltare ma anche per parlare, è uno scambio, solo una chiacchierata e non c'è bisogno
a questo punto di farla andare oltre.
R: Si, finiamola qui, la discussione è sterile ma hai una brutale onesta che comunque rispetto.
Cavolo, non capita tutti i giorni un complimento del genere dal "più grande spacciatore del mondo".
Una stretta di mano e la mia chiacchierata con Mr. Nice finisce qui. Ad ogni modo la trascrizione di
questo scambio non è da prendere come troppo rappresentativa del Mr. Nice­pensiero in quanto in
diversi momenti ho avuto difficoltà a seguire il suo inglese che mano mano diventava sempre più
stretto mentre la concitazione aumentava. Anche se alcuni punti mi sembrano chiari e confermo che
non li condivido!
E' il momento di seguire Antony B. Ancora un giamaicano, di nuovo un artista pieno di carica che
riversa sul pubblico che canta con lui gran parte delle canzoni.
Cita Knockin' on heaven's door e canta sulle note di Night Nurse del grande, e totalmente inaffidabile,
Gregory Isaacs.
Alla fine il pubblico lo richiama insistentemente per un bis, ma ormai il
cambio palco è in atto e lui non tornerà.
Il palco è pronto per gli Wailers, l'evento di questa sera. Nel backstage c'è una strana atmosfera,
quasi irreale. I W prendono posto sul palco silenziosamente ed eseguono due brevi pezzi strumentali.
Un addetto mi conferma foto solo per i primi tre pezzi, poi niente più macchine fotografiche in giro.
Nel silenzio emotivo che ricopre lo stage scatto una foto ad Aston Barrett, "The Family Man", uno dei
più grandi di tutti, ad un metro da me.
Passo dall'altra parte, dove c'è Junior Marvin, il chitarrista. Colui che ha guidato i W quando è
mancato Bob Marley. Lo vedo spento, assente. Osservo quel volto inespressivo e quelle dita che ho
visto tante volte volare su quel manico di chitarra e che stasera sono così tristemente svogliate.
Arriva il cantante, la sua voce ha il timbro di quella di Bob Marley, le sue movenze sono esteticamente
perfette nell'imitazione di quelle del più grande di tutti.
Ma è solo una maschera, da dentro non esce niente, assolutamente niente. Cosa vi è successo?
Perché siete qui in questo modo? Nessuno risponde.
Tristemente lascio il palco per vedere il concerto da fuori e all'uscita del backstage, dove la
sorveglianza impedisce di entrare alla gente, una bambina mi ferma, vede che esco da lì e mi chiede
perché per salire sul palco fanno pagare 18 euro, non è giusto. Le spiego che sul palco salgono solo gli
addetti e quelli della stampa. Le dico che scrivo per un sito web, e mi chiede quale. Excite, le dico e la
madre interviene dicendomi che loro il computer non lo hanno. E poi mi chiede per favore "non
scrivere cose brutte su di noi". Perché dovrei farlo? Chiedo io. Mi dice che la gente non li vuole, perché
sono sporchi, che la gente li scansa. Noi siamo gli Elfi mi dice la donna. Ma gli Elfi vivono nelle favole,
puntualizzo incuriosito. Si, noi ci chiamiamo così, stiamo in un angolo del campeggio e non diamo
fastidio a nessuno. Mi congedo con la promessa di andarli a trovare il giorno dopo e la rassicurazione
che "non scriverò cose brutte" su di loro.
Incontro due amici ai quali racconto l'accaduto e mi dicono che gli Elfi sono qui una specie di comune
di nomadi che vive di espedienti e che al Sunsplash preparano e vendono pizze cotte nel loro forno a
legna.
Il concerto intanto prosegue, sono tutte canzoni di Bob Marley, eppure i Wailers hanno scritto
bellissime canzoni anche senza di lui, che un tempo nei concerti eseguivano. I pezzi sono suonati alla
perfezione, ma vuoti e per me, tristi.
E' il momento di Redemption Song, le luci si abbassano e mille accendini si sollevano offrendo un
colpo d'occhio suggestivo. Un addetto fa salire una bambina sul palco e il cantante si "umanizza" un
po' abbracciandola mentre canta:
Emancipate yourselves from mental slavery;
None but ourselves can free our minds.
Have no fear for atomic energy,
'Cause none of them can stop the time.
How long shall they kill our prophets,
While we stand aside and look? Ooh!
Some say it's just a part of it:
We've got to fulfil de book.
Won't you help to sing
These songs of freedom? ­
'Cause all I ever have...
Il cantante porge il microfono alla bimba per finire la strofa e lei pronuncia il suo messaggio: "Viva gli
Elfi!"
La sua esile voce mi arriva dritta al cuore! Ce l'ha fatta, è lei, è sul palco, la piccola elfa ha fatto
sentire la sua voce! Per stasera non ho bisogno d'altro.
Marcos
Settimo giorno
Questa giornata inizia in modo tranquillo e, visto che non ho avuto modo di farlo finora, ne approfitto
per andare a trovare i ragazzi del Dub Plate Studio. Si tratta di due piccoli studi di registrazione
situati in una zona riservata del backstage dove è possibile registrare delle basi che poi vengono
direttamente incise su vinile con un'apposita macchina. Nella sala di incisione incontro Fabrizio che
gestisce lo studio e che con i suoi modi affabili mi spiega il funzionamento dei vari macchinari. Sono
fortunato, mi dice Fabrizio, tra qualche minuto inizia un'incisione e così mi fermo per assistere.
E' la prima volta che vedo questo procedimento, quando la temperatura del vinile è sui 57 gradi inizia
l'incisione mentre il Dj che l'ha commisionata è lì che gongola mentre vede la sua base che viene
riversata e già pensa alla sera quando sarà in consolle a far suonare il suo vinile personalizzato in
copia unica a inondare la "massive" con una valanga di decibel.
Nell'altro studio trovo Raina di reggae.it al lavoro e così ne approfitto per curiosare un altro po'.
Verso le 20 mi ritrovo dalle parti della Tenda delle energie dove si svolge un concerto di musica
classica persiana. La musica è suggestiva anche se forse troppo lontana dalle atmofere di questo
posto. Anche l'orario non è molto propizio perché i Sound Systems sono tutti su e il loro rombo arriva
fino a qui interferendo con l'atmosfera rarefatta che avvolge questa tenda.
Alle 22.30 sono sul palco, ovviamente, per seguire l'esibizione di Toots & The Mytals. Lo speaker del
Sunsplash li presenta dicendo che la prima volta che la parola reggae è apparsa sulla copertina di un
disco si trattava di un 45 giri di T&M.
Dopo la delusione di ieri sera ci voleva una vera band, e questa lo è. I musicisti si sorridono
continuamente e comunicano tra loro, tastierista e chitarrista improvvisano spesso balletti
sincronizzati
"Tonight I'm here to make you happy" dice Toots, che si dilunga spesso a parlare col pubblico, e ci
riesce benissimo con la sua voce marcatamente soul.
Il concerto è allegro e rilassato e pieno di belle contaminazioni Rithm & Blues e alla fine Toots si
congeda dal palco salutando uno per uno tutti i suoi musicisti compreso il fonico di palco e il
batterista che è così costretto a tenere il tempo con una sola mano. Così si fa!
E' il momento di Abi Jah che inizia il suo concerto con l'attacco di I shot the sheriff e passa poi per
altre citazioni dei classici del reggae offrendo uno spettacolo discreto ma poco originale. Al contrario di L.M.S., acronimo di Lazah, Myriam e Shy Poo, fratelloni della famiglia Morgan da cui
provengono anche i più famosi Morgan Heritage che si esibiranno qui domani.
I ragazzi ci sanno fare e hanno delle voci che passano con estrema disinvoltura dall'Hip Hop melodico
al Raggamuffin più aggressivo. Anche la band è di ottimo livello e i musicisti fanno quello che vogliono
con improvvisi e perfetti cambi di ritmo e di armonie. I suoni che vengono dal palco sono ottimi e mi
avvicino al mixer scoprendo che stasera sono fatti da "Stiv", il fonico residente del Sunsplash, che
evidentemente conosce il mestiere.
Ne esce un bellissimo concerto pieno di momenti intensi come quando uno dei cantanti intona uno
dei pezzi più melodici facendo salire sul palco una ragazza che per l'emozione si copre il viso. Lui la
rassicura dolcemente abbracciandola mentre le sussurra "It's all right baby, don't be shy, I just
wanna dance with you...". Mollicone mica da poco...
Un tiratissimo finale conclude l'esibizione di L M e S che, in mezzo ai tanti gruppi che si sono esibiti
qui, lasciano sicuramente il segno.
Lo speaker annuncia che la Dance Hall di stanotte è a cura di uno dei più grandi Sound d'Italia, i
romani Villa Ada Posse.
Ottavo giorno
Questa mattina inizia dopo una notte tremenda. I Villa Ada Posse hanno tirato avanti fino alle 7.30 e
nella mia tenda i bassi hanno rimbombato tutta la notte, per non parlare poi del mio vicino di tenda
che verso le 4.30 si è messo a suonare allegramente il suo djembe[...]
Comunque sono qui, assonnato ma presente. Ieri ho incontrato mamma elfa, le ho detto dell'emozione
che mi ha dato la piccola Edda e oggi li vado a trovare ma quando arrivo loro non ci sono e così resto
giusto il tempo per scattare una foto per ricordarmi meglio di loro.
Il pomeriggio scorre tranquillo fino al momento in cui iniziano i concerti. Alle 22.30 salgono sul palco i
Morgan Heritage, fratelli maggiori della famiglia Morgan di cui abbiamo già apprezzato ieri L M e S.
A presentarli è ancora Maria Carla, che presenzia tutti i momenti importanti del Sunsplash. "No natty
dread to be Rasta" sarà il primo pezzo dei MH e MC prende lo spunto da questo per dire che "Rasta è
uno stato d'animo, un modo di essere". Invita i presenti a non considerare i dreadlocks come una
moda, i dreadlocks sono la capigliatura del leone, e delle leonesse puntualizza. Chi li porta fa una
scelta di campo e dopo averla vista in questi giorni capisco bene di cosa parla, anche se non trovo che
sia una cosa così grave se qualcuno viene qui e poi se ne ritorna con dei bei dreadlocks che alla fine
dell'estate andranno i finire nell'album dei ricordi.
Stavolta la consegna è: nessuna foto sul palco, peccato che mi arrivi dopo aver comunque catturato
un momento della loro esibizione...
Il loro concerto presenta un reggae mescolato a melodie Hip Hop un po' troppo leggere, niente più di
una sequenza di orecchiabili canzonette, meglio i fratelli minori!
Lascio la mia postazione dietro le quinte mentre il concerto prosegue e me ne vado tra il pubblico
anche perché le mie orecchie sono state messe a dura prova in questi giorni e dunque resto sul palco
solo il tempo necessario.
Al cambio palco Carina, una delle mie compagne di viaggio, mi chiama a più riprese al cellulare. Mi
dice di accorrere al Backstage perché Roberto, il nostro Robby Dread, stasera suonerà con Junior
Reid, cantante dei Black Uhuru, anche in questo caso una band che ha fatto la storia del reggae.
Quasi non credo alle mie orecchie e mi precipito di gran carriera. Come, chi, cosa, che è successo
chiedo a Carina che mi dice che il batterista di JR non è arrivato. A quel punto Raina è andato a
chiamare Roberto per dirgli di esibirsi con il gruppo stasera. È strano constatare come i diversi
personaggi che ho incontrato si conoscano tutti da molto tempo. Arrivo al camerino dove mi
improvviso interprete del bassista che spiega la scaletta e i tempi a Robby che sembra preparatissimo
in fatto di ritmi e stacchi reggae che hanno nomi in codice che neanche conosco. In 10 minuti la scaletta è fatta e Roberto ha preso i suoi appunti e non sta più nella pelle pensando a
quello che gli sta per capitare!
A mezzanotte la band è sul palco, Robby sembra tranquillo e concentrato, noi tutti siamo
emozionatissimi. Inizia il concerto, arriva Junior Reid e il primo pezzo fila via liscio mentre ancora
non mi capacito di quello che sto vedendo.
Purtroppo però questa non è una favola, questa è realtà, e non si può improvvisare un concerto in
dieci minuti senza conoscere neanche un pezzo e succede che Robby non conosce i tempi, che il
bassista si sottragga tranquillamente alla promessa fatta in camerino di guardarlo e guidarlo
continuamente e così la band scricchiola e si sfascia dopo breve tempo. La tensione comincia a salire,
è evidente che ogni pezzo sarà un'avventura a sé stante e così prende vita il più strano concerto a cui
abbia mai assistito. Ogni volta che il ritmo sale, finisce inevitabilmente per sgretolarsi e il povero JR è
costretto a cantare da solo di fronte ad un pubblico un po' interdetto ma che non sembra troppo
consapevole di quello che sta succedendo.
JR è qui con i suoi due figli di cui il maggiore non arriva ai 15 anni. Uno di loro tenta di contribuire
con la propria energia, in un momento lo vediamo improvvisare un testo ritmato che sale di intensità
arrivando a chiedere a Robby "give it to me, give it to me!", sfoderando tutta la grinta di cui è capace.
Ma anche questo tentativo fallisce e il concerto prosegue con continui sbalzi e cenni di JR a Robby,
che non riesce a seguirlo tranne che i alcuni brevi momenti dove si capisce che Robby è un ottimo
batterista, ma che per i miracoli si sta ancora attrezzando...
Un'amica di Henke, il giornalista, è con me a seguire lo show, le racconto quello che sta succedendo
ed è partecipe del difficile momento, mi dice che Robby sta facendo un gran lavoro e tifa per lui.
In un modo o nell'altro la tortuosa scaletta termina e JR abbandona il palco. In questo momento
potrebbe chiudersi in camerino e decidere di mettere fine a questa
terribile serata, ma non lo fa! Torna indietro e urla al pubblico "cosa
avete detto? non vi ho sentito! I can't heeeeeeeear you!!" E così il
concerto riprende e io sono stupefatto di fronte a tanto coraggio e
combattività. Il concerto durerà anche più del previsto, JR canterà
ancora a lungo, un po' con la band che comunque non è più utilizzabile
e finirà da solo con un intervento a­capella di più di venti minuti dove
ricorrerà a tutte le sue risorse e la sua esperienza estraendo dal
cilindro anche una gradevole Eleanor Rigby dei Beatles!
Il concerto finisce, vado da JR a dirgli che è stato assolutamente
fantastico tenendo comunque il palco in quel modo, credo che mi
scambi per un fan sfegatato, non fa niente.
Vado poi da Robby, è stata dura per lui ma a suo modo è stato grande.
Viene l'amica di Henke a fargli i complimenti: "I think you're a very
good drummer, great improvisation. Respect!" gli regala inchinandosi.
Scambio qualche impressione con Robby e lo spingo ad andare in
camerino ad incontrare i musicisti. Loro lo accolgono con grandi sorrisi, "you did great!" gli dicono,
capiscono che la situazione non era facile. Rimprovero al bassista di averlo abbandonato sul palco.
"Yeah man, non problem... good vibes..." ci risponde sorridendo rilassato... ecco lo spirito di questa
gente...
Alla fine Robby lascia un suo CD al bassista che ricambia regalandoci due copie di un 45 giri estratto
dal suo ultimo disco che sta per uscire. Saluti e sorrisi da tutta la band.
Serata indimenticabile!
Marcos
Intermezzo
Si interrompe qui questa corrispondenza dall'interno del Sunsplash. Domani sarà l'ultimo giorno e
l'indomani ancora sarà il momento di levare le tende... Per questo l'ultimo post arriverà in un giorno
imprecisato tra quelli a venire. Se vi va fate un salto ogni tanto per vedere la conclusione di questa
storia.
Ne approfitto per parlare di un aspetto del Sunsplash a cui da qualche giorno volevo dedicare uno
spazio a parte.
Uno questi giorni, alla tenda degli incontri, si è tenuto un seminario, "serio" questa volta, sulla
situazione della Giamaica a cura dell'associazione S.O.S. Jamaica. Maria Carla, che tra le altre cose è
anche coordinatore per conto di Amnesty International per la Giamaica (ma come cavolo fa..?), ha
fatto una panoramica di questo paese raccontando una serie di fatti di cui solo in parte ero a
conoscenza. Sicuramente i paesi poveri del terzo mondo sono tanti e di cause dei diseredati ce ne
sono infinite. Tuttavia quello che ho sentito oggi mi ha colpito in modo particolare. MC ha raccontato
di come, nonostante le grandi possibilità, a causa della corruzione dilagante, la Giamaica sia un
paese molto povero e terribilmente violento. La ricchezza, e questa non è certo una novità, è in mano
all'uno per cento della popolazione mentre il resto è costretto a sostenere una vita che in molti casi
assume forme estremamente miserevoli. Racconta MC che i ghetti di Kingston, la capitale, sono in
mano ai Don, nome di siciliana memoria, che al pari dei nostri mafiosi sono il tramite tra la gente e la
politica. Ogni Don controlla il suo ghetto di competenza ed ha su di esso un potere assoluto,
compreso un orribile jus primae noctis sulle bambine che arrivano all'età di 10 anni. In cambio dei
voti il Don da lavoro, favori, regali ma chi contravviene alle sue leggi muore. La Giamaica ha strappato
quest'anno il primato dei morti ammazzati al Brasile: 1500. MC racconta poi determinati episodi di
violenza molte volte proveniente dalle forze di polizia all'interno delle quali si formano veri e propri
squadroni della morte che compiono le loro sanguinarie scorribande per mantenere il controllo
perpetuando un regime di paura.
Sono episodi agghiaccianti, sicuramente estremi ma che palesano una realtà sotterranea alla quale è
impossibile, almeno per me, restare indifferente.
Per questo ho chiesto ai ragazzi di SOS Jamaica se potevo aiutarli in qualche modo oltre che
divulgando per quanto mi è possibile quello che avevo sentito.
Il migliore aiuto che si può loro dare, mi dicono, è di acquistare una loro maglietta al prezzo simbolico
di 8 euro utilizzando una form che è presente sul loro sito:
http://www.sosjamaica.org/
al cui interno sono raccontate nel dettaglio tutte le storie a cui ho accennato qui e, ovviamente, una
panoramica molto più esauriente sulla questione. Per questo vorrei chiedere a tutti coloro che hanno seguito e sostenuto questo blog e a coloro che un
giorno lo leggeranno di contribuire con questo gesto. Se state leggendo questa pagina vuol dire che
siete già connessi a Internet e che siete a soli due click dalla maglietta. Vi verrà chiesto di lasciare
indirizzo e numero di telefono per verifica. Sarete richiamati e infine vi arriverà a casa la fantastica
maglietta di SOS Jamaica, bello no?
Marcos
P.S.
Sabato 26/7/2003 si terrà un SOS Jamaica Day a Colfelice (FR) nel Lazio. Ci saranno una decina di
gruppi reggae (tra cui, ovviamente, anche il nostro ormai famosissimo Robby Dread...) e diversi Sound
Systems che suoneranno per sostenere la campagna. Anche lì sarà presente il banco con le magliette
e i ragazzi con la loro informazione.
Nono giorno
E' il mio ultimo giorno qui al Sunsplash. Sin dalla mattina si capisce che ci sarà un'affluenza record,
anche nel campeggio gli spazi liberi diminuiscono fino ad esaurirsi con il passare delle ore. Mi
dispiace che tutto stia per finire ma sono anche appagato dalle belle giornate che ho trascorso qui. E
poi la fatica comincia a farsi sentire e sono contento di ritrovare un po' di calma nei prossimi giorni. Il
pomeriggio trascorre in uno stato di vaga attesa e io girovago per il villaggio senza una meta precisa
fermandomi ogni tanto a chiacchierare con le persone che ho conosciuto qui. Oggi l'atmosfera è un
po' diversa dagli altri giorni, si capisce che c'è anche tanta gente delle zone vicine che è solo venuta a
passare un sabato sera qualunque.
E' il momento della presentazione dell'ultima serata, stavolta gran parte dello staff sale sul palco,
vengono ringraziati tutti gli addetti ai lavori. Vengono presentati tutti i ragazzi dei servizi ossia quelli
che hanno pulito i bagni e smistato le immondizie, vengono salutati con un lungo e meritato
applauso. Poi è il momento dei ringraziamenti agli addetti alla sicurezza che purtroppo vengono
fischiati dal pubblico che ha una reazione che assomiglia più a un riflesso condizionato che ad una
motivata avversione. Mi dispiace assistere a questo episodio anche perché ho conosciuto alcuni di loro
constatando che si sono sottoposti a turni di lavoro massacranti. Un esempio? Turni mediamente da
16­18 ore filate fermi sul posto con riposi da 6 ore e poi, via con il turno successivo, con punte
neanche troppo infrequenti di 24­26 ore! Mi sono reso conto, dopo alcuni dei loro racconti, che il
servizio di sicurezza è stato estremamente presente ma al contempo discreto, non facendo mai sentire
al sottoscritto, e credo anche agli altri, la loro presenza. Comunque la festaiola presentazione
prosegue passando in rassegna tutti coloro che hanno contribuito a far funzionare questa cosa che,
ad onor del merito, ha funzionato alla grande.
Arriva Lee "Scratch" Perry per il suo concerto. Costui è uno che la sa lunga in fatto di Reggae:
produttore di Bob Marley, precursore del genere Dub eccetera eccetera ma che come cantante diremo
che, secondo il nostro modestissimo parere, non esprime il meglio di se stesso... licenza
autoaccordata(ci) dal fatto che questo è un semplice diario e non una rivista musicale per palati fini.
Dopo un paio d'ore di (mia) sopportazione LP lascia il palco ai giovani e acclamati brasiliani Olodum,
che dovrebbero presentare un potentissimo miscuglio samba­reggae supportato da un maestoso set di
percussioni. Sin dai primi pezzi appare chiaro che le influenze reggae saranno minime e il concerto si
evolve principalmente su ritmi brasiliani e grandi dimostrazioni di danza capoeira. La stanchezza
ormai mi divora e mi stendo sul prato circondato dal pubblico zompettante addormentandomi poco
dopo in mezzo a quella baraonda. Quando mi risveglio il prato è deserto, sono tutti alla Dancehall a
cura del "più grande Sound d'Italia": i romani One Love Hi Pawa, non ho neanche la forza di dare
un'occhiata e mi ritiro in tenda crollando sul materassino.
Epilogo
La mattina dopo alle 9.30 comincia, dalle parti della mia tenda, la solita processione Hare Krishna, a
questo festival non ci facciamo mancare niente! Il Sunsplash sta levando le tende, me ne vado in giro
mentre gli stand vengono smantellati. Il ristorante presso il quale allestivo la mia postazione, accolto
sempre da gioviali sorrisi, è deserto. Passo la mattinata a vagare un po' inebetito mentre guardo gli
stand ancora aperti e saluto ancora qualche persona; tutti mi danno appuntamento per il prossimo
anno, loro ci saranno sicuramente e io... io dovrò inventarmi qualcosa...
Un amico mi porta alla stazione. Prendo il treno a Udine, devo arrivare a Milano. Provengo
direttamente dal Sunsplash, mi rendo conto di non avere un aspetto propriamente presentabile. Una
variopinta bandana mi doma ancora i capelli imbizzarriti dalle tante giornate di campeggio. Lo
speaker annuncia che le carrozze fumatori sono alle estremità del treno. Mando messaggi ai miei
amici diretti verso le loro destinazioni, è un buon modo per sentirsi insieme, ancora per un po'...
Decido di fumare una sigaretta e prendo una delle due direzioni a caso. Mi ritrovo così in prima
classe, la carrozza fumatori non ha posaceneri, il controllore è lì. Gli chiedo dove posso buttare la
cenere e per tutta risposta quello mi chiede se ho un biglietto di prima o di seconda classe. Di
seconda dico io, non capendo il fine della domanda. "Devi andare dall'altra parte", mi intima con tono
glaciale. Faccio presente che per una sigaretta mi costringe ad attraversare tutto il treno. "Devi
andare dall'altra parte" ribadisce imperturbabile. "Lei è una brava persona", gli dico sorridendo. "Che
hai detto?" mi dice alzandosi indispettito. "Ho detto che lei deve essere una brava persona, lo penso
veramente", dico mentre i presenti si girano a vedere cosa sta succedendo. Me ne vado. Adesso lo so, il sogno è finito. Sono tornato nel mondo reale.