Calendario gare - Ecomarathon.it
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SPIRITOTRAIL N° 8 - NOVEMBRE 2008 TRAIL RUNNING WEBZINE Attualità presentazione incontro organizzatori trail Vox forum una via italiana all’ultratrail Cronache . I percorsi della memoria – Vajont . Trail dei Tre Comuni . Roma no limits . Porte di Pietra . Ecomaratona del Chianti . Skyrace delle Dolomiti Friulane . Cascade Crest 100 Trail autogestito La Valle Siciliana del Gran Sasso Interviste Hawker e Dinaleone Vademecum NOVEMBRE: fermarsi per ripartire con criterio Materiali scarpe Salomon XT Wings Calendario gare L DIRETTORE RESPONSABILE Simone Brogioni REDAZIONE Simone Brogioni, Matteo Grassi, Gualtiero Linetti, Stefano Michelet, Cristina Murgia, Maurizio Scilla, Leonardo Soresi, Francesco Zanchetta HANNO COLLABORATO Sergio Englandi, Matteo Ghezzi, Marco Flamminii Minuto, Alessandra Tosi, Stefano Bettio, Trail Running Brescia, Alessio Pasa IMMAGINE DI COPERTINA LA VALLE SICILIANA - foto di Roberto Alesii PROGETTO GRAFICO ’espansione senza soste del numero di trail runners, l’attenzione da parte dei media e la stessa crescita di Spirito Trail, rivista e community, mi inducono a fare una riflessione. Si è parlato di fuga dalla strada, voglia di disintossicarsi dal cronometro e dall’inquinamento delle nostre città. Io ci vedo anche, permettetemelo, una fuga dalla realtà. Ma non quella dello struzzo che sotterra la testa per non vedere pericoli e nascondere insicurezze. Il trailer, io stesso non ho timore ad ammetterlo, fugge dal presente opprimente e frenetico, fatto di cemento, dal crollo delle borse e dai mondi che si scontrano, da tutte le paure e le incertezze. Sì, a pensarci bene è una fuga. Ma è una fuga che costa fatica, impegno, perseveranza, testardaggine e sudore... tanto. Non è semplice. Mica si schiaccia un tasto e via. Nemmeno basta mettersi le cuffie per non sentire il traffico, o leggersi un libro sdraiato in poltrona. No. È una fuga fortemente voluta e ricercata. D’improvviso, messe le scarpe, indossato lo zaino e riempito il serbatoio, si capisce senza sforzo che la realtà è quella in cui si sta correndo. Questo bosco fitto, silenzioso, a volte interrotto da uno sbattere d’ali o dal fruscio di qualche rettile, mi accoglie, è vivo, pure nel suo ingiallirsi autunnale, respira e si espande nonostante i nostri sforzi di annientarlo. Esiste. E allora dove è la verità? Ci siamo davvero allontanati così tanto dalla terra per sentirci così stranieri e ospiti, a volte inopportuni e schiamazzanti, probabilmente sgraditi, a volte malinconicamente piccoli, inermi, di fronte a una tale complessità che fatichiamo a comprendere? Alla fine la Natura ci ha chiamati e l’uomo, l’uomo di tutti i giorni, non il pensatore, l’uomo giunto al XXI secolo, comincia a capire. Capisce che il suo inseguire ogni giorno la frenesia, o anche quello che una volta si chiamava progresso o modernità, non serve a granché se deve fare i conti con la Natura. Io credo che sia questa la prossima sfida del Trail. Avvicinarsi alla natura, con la fatica e il sudore (questi sono i mezzi), per apprezzarne un lato che non è quello del turista e nemmeno quello del documentario. Forse prossimo a quello, quasi scomparso, dei montanari, della gente che viveva e lavorava nell’estremo e nella pochezza dei frutti della terra, per capire il pericolo che sta correndo, e prima che sia troppo tardi chiede di educarci, educarci a salvarla. La Natura sta chiamando. Gualtiero “krom” Linetti [ULTIMA ORA...] FORZA COCO! C orinne Favre, una delle skyrunners più forti al mondo, ha avuto un grave incidente domenica 2 novembre in Nepal. Durante la discesa dal Pumori (7161 m), Corinne è stata travolta da un enorme blocco di ghiaccio, che le ha provocato la frattura dell’omero, fratture multiple delle costole con sospetto pneumotorace e un edema facciale. Ma ciò che ha creato più apprensione è stato il tasso di saturazione dell’ossigeno, sceso al 45%, un valore che a queste altitudini risulta critico, tanto che all’arrivo dei soccorsi l’atleta non era più cosciente. Attualmente Corinne Favre è ricoverata all’ospedale di Kathmandu in terapia intensiva; è cosciente ma molto debole e affaticata e ha bisogno di riposo, per cui non potrà tornare in Francia prima di metà novembre. Il suo compagno Jessed Hernandez è partito subito per raggiungerla a Kathmandu. Da parte della redazione e di tutti gli utenti del forum di Spirito Trail vogliamo augurare a Corinne una pronta guarigione, sperando di vederla presto correre di nuovo sui sentieri di montagna. SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 3 [ATTUALITA’...] IL TRAIL SI GUARDA DENTRO Testo di Leonardo >leosorry< Soresi P ensavo a cosa scrivere per annunciare il prossimo incontro degli organizzatori di ultra trail italiani e, chissà perché, mi è venuta in mente questa canzone dei Righeira, datata 1985. Siamo in novembre e l’estate, la grande estate del trail, è ormai finita. Quello che sta finendo è stato un anno davvero importante, ed è ormai tempo di fare bilanci e cominciare a pensare al 2009, che si annuncia come l’annata della definitiva esplosione del trail. Il 2008 ci consegna un calendario che si infittisce ogni giorno di più, e che esce dai confini sempre più stretti dei mesi estivi per spingersi fino alle porte di novembre, come ha dimostrato una settimana fa la prima edizione del Gran Trail Rensen. Questi dodici mesi ci hanno lasciato in eredità ben quattro nuovi ultratrail (Prealpi Trevigiane, Abbotsway, Gran Sasso e Rensen), oltre ad un’edizione zero che il prossimo anno farà il suo esordio ufficiale (Antico Troj degli Sciamani), ma anche la prima scomparsa (quella de La Via Marenca, che nel 2007 aveva avuto un buon esordio). In pratica in un anno solo gli ultra trail sono raddoppiati di numero, segno inequivocabile che i praticanti stanno aumentando rapidamente anche in Italia, ripercorrendo lo sviluppo che si è osservato in Francia da una decina d’anni fino ad oggi. Insomma, tornando ai Righeira, il trail “sta diventando grande”, ha finito di muovere i primi passi e ora sta cercando di iniziare a correre. Però, proprio come nella canzone, anche qui sento ripetere “e questo non mi va”: “L’estate sta finendo e un anno se ne va, sto diventando grande e questo non mi va”. vedendo gli interventi sul forum mi sono reso conto che come tutte le novità, anche il trail porta con sé una ventata di libertà e forse anche di “anarchia”, che molti temono si perderà andando incontro alla maturità. Non è solo il terrore che l’arrivo della massa di podisti nel trail finisca per snaturare i tratti originari che noi definiamo “spirito trail”. Parecchi sono stati infatti anche coloro che hanno percepito questo incontro tra organizzatori come il solito tentativo di catalogare, uniformare, dare delle definizioni, ad un movimento che più libero di così non potrebbe essere. Non ho mai pensato che dall’incontro che ho promosso in prima persona si dovrà uscire con una tavola di leggi o un insieme di dogmi inviolabili. Piuttosto vorrei che l’incontro del prossimo 22/23 novembre fosse soprattutto un momento per conoscerci meglio e scambiarci opinioni su quello che sta accadendo nel nostro mondo del trail, portando ognuno la propria testimonianza e cercando di imparare dalle esperienze altrui. Credo infatti che questa sia l’ultima occasione per cercare di darci un “minimo comun denominatore”: se il 2009 seguirà l’andamento del 2008 ci troveremo di fronte ad una selva di gare e a quel punto un incontro diventerebbe ingestibile. Tanti i temi all’ordine del giorno: si va dal problema della compatibilità del trail con la salvaguardia degli spazi naturali, a quello dell’identificazione del significato da dare al termine autosufficienza. Dall’esportabilità alle altre gare del progetto “Carbonzero” sperimentato alle Porte di Pietra, fino al rapporto con la Fidal e la Uisp. Dalla messa in discussione del “dogma” che vieta i premi in denaro fino alla questione dei tempi massimi e dei cancelli intermedi. Senza dimenticare la necessità di un migliore coordinamento e confronto nella definizione dei calendari 2009 e 2010. Appuntamento allora a Morfasso, con l’intenzione di far sì che il prossimo 2009 riservi soddisfazioni ancora maggiori di quelle del 2008. ▼ SPIRITOTRAIL [NOVEMBR E 2 0 0 8 ] - 4 [VOX FORUM...] Una via ITALIANA all’ULTRATRAIL di leosorry il lunedì 8 settembre 2008, 8:31 VENERDÌ SCORSO HO PARTECIPATO AL CONVEGNO TECNICO IN CUI LA IUTA (ITALIAN ULTRA & TRAIL ASSOCIATION) HA AFFRONTATO PER LA PRIMA VOLTA IL TEMA DELL’ULTRA TRAIL E PIÙ IN GENERALE DELLA CORSA IN NATURA. COLLABORANDO CON IL MENSILE CORRERE HO AVUTO L’OCCASIONE DI OSSERVARE L’EVOLUZIONE DI QUESTO SPORT IN FRANCIA E IN NORDAMERICA, NONCHÉ SEGUIRE PASSO A PASSO LA NASCITA DELLE GARE ITALIANE. È PER QUESTO CHE NON MI SONO MERAVIGLIATO AFFATTO NEL VEDERE LA COMPLETA MANCANZA DI “CULTURA” DEL TRAIL A LIVELLO DI FEDERAZIONE DI ATLETICA LEGGERA, SIA DI TECNICI E ALLENATORI. È NORMALE: L’ULTRA TRAIL È UNA DISCIPLINA NATA DA POCO CHE NON HA ANCORA IDENTIFICATO CON PRECISIONE I PROPRI CONFINI E CHE DEVE ANCORA DOTARSI DI UNA STRUTTURA, CHE È INVECE TIPICA DEGLI SPORT PIÙ MATURI. CREDO CHE SIA ARRIVATO IL MOMENTO DI DEFINIRE UNA “VIA ITALIANA” ALL’ULTRA TRAIL, CONDIVISA ED APPOGGIATA DA TUTTI, DAGLI ORGANIZZATORI ALLA FEDERAZIONE. SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 5 [VOX FORUM...] di pietro il lunedì 8 settembre 2008, 16:17 Per me occorre si’ definire delle distanze minime, ma soprattutto limitare al massimo le percentuali di percorso su strade asfaltate. Al massimo, dico io, il 10%. E assieme fissare anche un minimo di percorso su sentieri o addirittura fuori da sentieri, almeno 2/3 del totale. Il resto piste in terra e viottoli. Insomma si tratta di corse nella natura, dopotutto… Poi fisserei dei dislivelli positivi totali minimi, almeno se si vuole distinguere il “trail di montagna” dagli altri. E, perché no, per i “trail di montagna” anche un minimo di percorso sopra i 2000 m di altitudine. Infatti un “trail di montagna” puo’ diventare molto impegnativo. Poi definirei il numero massimo di rifornimenti, e cioè una minima distanza media tra di essi. Per esempio 12 km in media. A questo punto si potrà definire la soglia oltre la quale un trail è un ultra-trail. A mio avviso questa è di 80 km. di Checo il lunedì 8 settembre 2008, 18:18 Se è corsa in natura è implicito che si voglia danneggiare e disturbare il meno possibile la natura stessa. Quindi limiterei al minimo indispensabile i tratti “fuori sentiero”, anche perché di sentieri in certe zone ce ne sono già troppi con conseguenti problemi di erosione del suolo. di Helyos il lunedì 8 settembre 2008, 20:25 Trovo che i percorsi debbano avere sì una regolamentazione, ma più a livello filosofico che non strutturale. Perchè limitare una corsa che si svolge interamente fuoristrada (aspetto filosofico) ma con meno dislivello (aspetto tecnico) a parità di lunghezza? di MUDANDA il lunedì 8 settembre 2008, 20:36 Per me i livelli sono tre: - trail: km tra i 42 e i 69 dislivello tra 3000 e 4000 senza passaggi sopra i 2000 obbligatori, fino a 4 ristori o in autonomia totale; - grand raid: dai 70 ai 120 con dislivelli da 4000 a 7000 con almeno tre passaggi sopra i 2000, fino a 7 ristori; - ultra-trail: oltre i 120 km oltre i 7000 di dislivello almeno 7 passaggi sopra i 2000, ristori ogni 12-15 km. linguaggio collettivo, in tutto il mondo, da un bel po’. Lo stesso per trail, che significa sentiero, e può trovarsi sul delta del Po’, con conseguenti dislivelli misurabili probabilmente in centimetri. Capisco il furore normativo, ma se va scelto un nome esclusivo e distintivo, sarebbe opportuno che non esistesse già con altri significati. di marcobummi il martedì 9 settembre 2008, 7:43 ...Altra cosa importante è la pericolosità del tracciato. La mia opinione è che tutto ciò che va oltre un normale sentiero non può essere considerato terreno idoneo per un trail. In Francia esistono centinaia di TRAIL, dai 5 a tanti e tanti km: la parola che conta è TRAIL. Se si vuole classificare poi l’ultra o il raid, anche qui penso che qualcuno lo abbia già fatto, con cognizione forse migliore della nostra. di DARTAGNAN il giovedì 11 settembre 2008, 10:30 I premi ci sono sempre stati e sempre ci saranno, se non sono visibili esistono quelli mascherati! Scusatemi ma finire una corsa in 10 ore non è la stessa cosa che finirla in 20! Le classifiche anche quelle, chi vuole le guarda e chi dice di non guardarle è un bugiardo! Guardi la tua e magari anche la posizione di chi conosci! di maudellevette il martedì 9 settembre 2008, 21:40 Ho corso credo una trentina di trail, ma in nessuno si parte quando si vuole, sempre partenza in linea e classifica. Non metto su km e dislivelli per chiamare una gara ultra trail, fra l’altro non credo che sia cosi’ importante. Importante invece che si corra al 90% su sterrato o sentieri, non mi pare importante il dislivello, Perché i francesi riescono a organizzare bellissimi trail in Bretagna che son più che degni di quel nome? di mariainglese il martedì 9 settembre 2008, 22:18 Quello che mi piacerebbe molto vedere è un modo per correre più per beneficenza. Invece di pensare al premio da portare a casa propria, non sarebbe un’idea pensare al premio che va a casa di qualcun altro? di pietro il mercoledì 10 settembre 2008, 14:09 Mi sembra logico che in queste discussioni si debba tener conto delle consuetudini e delle definizioni in essere in altri paesi ove la disciplina del trail è molto più diffusa e di vecchia data. Mi pare infatti che non si possa, da nuovi arrivati, pretendere di inventare regole e termini contrastanti con quanto già in uso in Europa. di Il_Mago il domenica 14 settembre 2008, 16:47 Per me regolarizzare la posizione del trail dal punto di vista della FIDAL è importante. Se non è FIDAL ma UISP o CSI o FSA è uguale, però un appoggio a un ente o una federazione è importante. Un modello di via italiana al trail esiste già in piccolo. Parlo del circuito ecomaratone. Sono standardizzati alcuni aspetti come massima lunghezza ammissibile di asfalto (15%), un discreto dislivello come fattore importante, e soprattutto l’aspetto della corsa in natura e alcuni aspetti etici che sono interessanti e si integrano alla grande con “io non getto i miei rifiuti”. di vallese66 il venerdì 26 settembre 2008, 10:27 Che senso ha porre delle definizioni che rispondano a parametri di dislivello e di lunghezza? Ci sono trail piuttosto corti che pero’ sono piu’ impegnativi di altri molto piu’ lunghi per la natura del terreno e la tecnicità dei percorsi, caratteristiche che la sola lunghezza ed il dislivello non possono definire in maniera assoluta. di luisabalsamo il sabato 11 ottobre 2008, 12:34 di pollo il mercoledì 10 settembre 2008, 17:57 niente classifica finale e partenza “alla francese”; e cioè in un lasso di tempo (1/2 ore) in modo da sfoltire gruppi e spiriti agonistici! TRAIL = sentiero, traccia TRAIL RUNNING = corsa su sentiero, per estensione corsa in natura questo è quello che conta, che siano 5, 25, 50 o 100 km, se si percorrono quasi interamente (95%) fuori dall’asfalto sono TRAIL, quindi IL requisito è max 5% asfalto. di fantasma il martedì 9 settembre 2008, 3:23 di Helyos il giovedì 11 settembre 2008, 9:05 In merito al nome, faccio presente che è da oltre 100 anni che la maratona è lunga 42km e 195 metri, e tutte le gare più lunghe della maratona si chiamano Ultramaratone, poi per comodità accorciato in ultra. Quindi se uno decide che il “vero” ultra è lungo almeno 80 km va contro un marchio consolidato nel Per me correre Trail significa farlo rilassati ed in libertà (ma in sicurezza), e quando di una corsa so il dislivello e la distanza con il numero di ristori, con segnaletica appropriata e presenze di personale medico, mi sento abbastanza tranquillo per godermi un trail. di Francesco il lunedì 8 settembre 2008, 22:41 di Dario il giovedì 11 settembre 2008, 9:57 Penso che queste gare ed il loro calendario debbano essere gestite al di fuori della Fidal. Lasciamo alla Fidal il compito di completare la distruzione dell’atletica leggera, mentre cerchiamo di creare qualcosa di bello e costruttivo lontano da tutti quegli interessi e business che sinceramente non si accostano per niente bene a questo genere di gare ! di ultramassimone il mercoledì 29 ottobre 2008, 18:45 In Francia esistono livelli di difficoltà: primo livello trail inferiore ai 20 km; secondo livello trail da 20 a 35 km; terzo livello trail da 40 a 50 km;(trail medio); quarto livello trail da più di 50 km;(trail lungo); quinto livello trail superiore a 100 km (Ultra trail). ▼ SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 6 [CRONACHE...] nglandi RIVIVERE skyrace delle dolomiti FINALMENTE IL GRAN GIORNO È ARRIVATO: È PASSATO UN ALTRO ANNO ED ECCOMI DI NUOVO QUI PER QUESTA SKYRACE DELLE DOLOMITI FRIULANE CHE DA TRE ANNI MI VEDE TRA I SUOI PARTECIPANTI. MA QUEST’ANNO NON È COME NELLE EDIZIONI PRECEDENTI. SONO ALLA RICERCA DI UN RISCONTRO, DI CERTEZZE CHE HO SMARRITO, DI UN SEGNO DA PARTE DI QUESTE MONTAGNE, CHE ORMAI MI CONOSCONO BENE, CHE DICANO: “PUOI ANCORA CORRERE SUI SENTIERI A UN PASSO DAL CIELO”. L ’anno scorso, pochi giorni dopo la gara, alla solita visita medica per l’idoneità agonistica, mi è stata riscontrata un’anomalia al cuore: anche in passato avevo avuto degli episodi di tachicardia, ma non ci avevo mai dato troppa importanza. In pochi giorni mi sono visto togliere dapprima il tesserino sportivo e dopo i primi accertamenti anche la patente di guida. Dopo diversi consulti i medici mi hanno consigliato di fare un intervento di ablazione, e così il 30 gennaio 2008 entro in sala operatoria, e l’intervento riesce. Ho 69 anni, corro da quaranta, e di strada ne ho fatta un bel po’. A qusta età e dopo un intervento al cuore, uno dovrebbe mettersi l’animo in pace e rinunciare alla corsa, ma io proprio non ci riesco. Dopo 90 giorni, contati uno ad uno come un carcerato, ottengo l’idoneità sportiva, riprendo gli allenamenti e dopo diverse gare con dei miglioramenti progressivi, ora mi ritrovo qui. Sono ancora in grado di partecipare a gare del genere? E se mai arriverò in fondo, chissà quanto tempo ci metterò per raggiungere il traguardo! Vorrei fare un confronto con il risultato cronometrico dell’altro anno, peccato che il tempo non sia uguale: alla splendida giornata di sole della scorsa edizione si sono sostituite dense nuvole molto basse che nascondono le vette e innalzano l’umidità al massimo. Che gioia rivedere i vecchi amici, stringerci le mani l’un l’altro con calore, facendo fioccare battute salaci. L’atmosfera prima della partenza è quella che più mi piace: se per coloro che hanno grandi aspirazioni di risultato è un momento infinito di tensione, per gli altri, fortunatamente ancora la maggioranza, è un momento di svago e di allegria. Del resto la mia corsa è così diversa da quella dei primi! Per me è diventata quasi una solitudine, poiché di solito sono pochi quelli che incrocio nel mio progredire tanto lento, che però ha il vantaggio di farmi gustare il paesaggio, che oggi gioca a nascondino. Partenza, il gruppone pian piano si trasforma in un serpentone multicolore, e già i primi spariscono nel bosco ove incominciano le prime salitelle che contribuiscono a sgranare i partecipanti. Noto con piacere che riesco a tenermi alla coda di quelli che ritengo abbiano il mio stesso ritmo, ma questa volta non sono l’ultimo e senza voltarmi sento che sto staccando quelli dietro di me, perché non sento più il loro ansimare. Questa atmosfera grigia appiattisce tutto, e il tragitto sino al rifugio Pacherini mi sembra davvero interminabile. Un po’ di zig-zag su per il ghiaione e finalmente ci arriviamo. Quest’anno ci passiamo davanti perché lo hanno finito di costruire ex novo e lo hanno inaugurato da poco. Il GPS segna 9,5 km, ma non c’è tempo per fare i archivio Testo di Sergio Englandi Foto di Gaspare de Martin Sergio E friulane SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 7 calcoli di medie e velocità che subito incomincia il salitone verso la forcella dell’Inferno: mai nome è stato più azzeccato per questa verticale che sale su dritta, senza perdere tempo in tornanti e tornantini. Con sorpresa circa a metà salita raggiungo e supero il mio amico Stani, con cui ho condiviso tante avventure di corsa. Ci si alterna tirandoci a vicenda, e su in forcella il cielo ci regala finalmente qualche schiarita. Da lassù si scollina, ma io mi pianto di colpo: ho i muscoli duri, e devo fare un po’ di stretching prima di ributtarmi giù verso valle. Arrivato in fondo riprendo fiato e mi concentro per la prossima salita che si rivela meno ostica di come me la ricordavo solo 365 giorni fa. Si scende prima per un ghiaione e poi su dei saltini rocciosi, e giunti al bivio della Val di Brica si incomincia a salire sino alla forcella omonima. Da qui il paesaggio è più dolce e gradevole, si scende verso dei pascoli fra il Crodon di Brica e il Pic di Mea fino ai pressi della Casera Valbinon. Oltrepassato un torrentello, un lungo traverso in mezzo ai pini mughi ci conduce all’ultima salita. Mentre percorro il traverso, il sole comincia a farsi sentire e così anche la fatica. Mi SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 8 fermo un paio di volte per prendere fiato e mi gusto appieno il panorama verso la Val Montanaia con il suo famoso Campanile, e i Monfalconi che si perdono nella foschia. Affronto la salita e arrivo in Forcella Urtisiel: da qui rimane soltanto discesa sino al traguardo. Ma una brutta sorpresa mi attende dall’altra parte! Un muro di nebbia fitta, scura, che non ci lascia vedere nemmeno dove si appoggiano i piedi. Il ghiaione è molto ripido e anche se si scorgono le tracce di quelli che si sono buttati giù a rompicollo, preferisco rimanere prudente, avanzando quasi a tentoni, cercando il sentiero che non si vede ma che si intuisce. Un’ombra emerge da quella caligine: è uno dell’organizzazione che mi dà le indicazioni giuste e con un po’ di peripezie ne sbuco fuori. Il ghiaione è ripidissimo, ma con la visibilità migliorata riesco a tratti a correre giù diritto con un’energia e un’agilità che pochi mesi fa temevo non avrei più avuto. Intravedo il rifugio Giaf, ma come mi sembra lontano! Si entra nel bosco e da qui il calvario di circa 800 gradini di diverse altezze mettono a dura prova le mie gambe ormai stanche. Mi consola solo il fatto che l’anno scorso avevo sofferto molto di più. Arrivo al rifugio, da dove inizia l’ultima discesa con tratti misti di gradini, sentieri morbidi nel bosco e finalmente, dopo gli ultimi tornanti di strada asfaltata, si prende la strada sterrata, che d’inverno diventa una pista di sci di fondo. Ultimi 3 km e qui riesco di nuovo a correre e pure a sorpassare qualcuno. TA MASCHILE OLU A AASS IFIC SSIF ASS LE CL HI SC M A IC CLASS CLA Cat C LA IF Società Forcella pos. Inferno ass. Forcella pos. Urtisiel ass. SSIFIICCA A ASS FEMO MLIU NTILAE FEM 58:53 1 01:30:31 1 00: O PALUZZA 2 01:32:43 Pos Pett NOME SENM U.S. ALDO MOR 2 00:59:47 Pos O PALUZZA 3 O MOR 4 PIVK TADEI U.S. ALD 1 P M 01:35:36 SEN e 3 t t NO O 01:02:35 TTE MA R FFE ZZA HO PALU M 1 O 4 E 2 PILLER 2 01:36:08 SENM U.S. ALDO MOR 120 4 02:39 RO 01: ND SSA R ZZA ALE PALU I SSI VA MA MORO 5 3 393 MORA 01:38:29 SENM U.S.2ALDO 4 5 RIA01: 86 G 03:25 L N RIO PLOD U MA ISA 3 TICA SAPPADA ARIBAL Cat 6 4 283 SCANU 01:40:46 SENM ATLE 6 06 6 05: D 01: I IO RIZ MON L FAB SALO AVIN NA TNSPAN 06 5 359 PUNTEL IA 7 01:42:S ENF A7 SENM GS4VALSUGA GARO 01:05: 5 RIN CRISTIANO CARL 16 6 329 CAMPEST A 05 01:45:S15 5 OMITI SKI-ALPROMANI MASM DOL 8 ENF P8 08: 01: 3 N 4 RO ZZA PAOL 8 O PALU 1O 7 282 POLITO LAU A 01:47: MASM U.S. 6 ALDO MOR PENZO M S56 ENF C 10:20 20 44VITT FRANCO VENETO ONIC01: 5 ORIO 1A TICA 28 ATLE 47: M A 8 344 PLAZZOTTA M 01: SE MAS 7 EN 15 NF I TIZIANO 40 COMELICO EAN LUIG 01:09:20 02 U.S 9 526 GASPARIN 01:47: I01: DOMI SENM 8ATLETICA 7 N 12 A 31 08: S O DR E N SAN ZZA LLA F I FRA 10O0 MORO PALUN N 10 295 ZANDONE NC01: 01:47:04 VE1 SENM9 U.S. ALD 9 VECEL ESC 08: MASF A 06 O LIVIO LIO F 24RAC POL 9 ING 11 234 CUCCHIAR EDER MASM IZ SKY 11 29 D 08: E 01: I 10 MASF CA ILIZZA PALU O F PPO C 46 NOVELLO PAOLO SS1 55O MOR 12 01:47:59 MASM U.S. 4ALD F ECI01: 09:00 13 CENT LIA 11 SENF41 BENIAMINO A ALI O3GRUP 32 M VALD MARC1 13 362 DEREANI 01:48: SEN D 16 32 A 09: 01: DVAS VANO A SIL LATO R 1 S RIGO DO R 2 E LLA I O FO N PIAN S BAR F58DOLO1 48: 14 503 2D. SENM A.S. 90 M BARA01:10:26 22 01: M USSI ALESSANDRO OELIC 13 ATLETICA COM MA48: ROOCU SF 44 15 562 CATTARIN 01: SENM 4 17 T FRISA 1 45 T 09: 1 I PAT 01: N PIETRO OLRIS RIZIA 14M G.S.D. VALBGLE S01: ZICCO EN51: 35 16 431 SOLAGNA SEN F 21 2 21 A 10: 79 S POZ DONA 01: A PAOLO ORO D TELLA 04 32 S01: 15 M ATLETICALBUJA 52:45 ENF 17 212 GEROMETT MAS O 13: 102 U.S. A BERTO STE NATELLA 01: SAG ALTRIE 58 LD 49: 16 M CAI CIM B M 18 293 TIUSSI GIL 01: B MAS A 26 I S S 30 F A.S.D 01:11: SONI 438 BRUNO A NES 19 . LI OLEIN 19 403 VITTORI AMA 1 7 M 1S.S. FORM SF52: 01:13:30 38 MA01: ALEZZA ATLET 59 ALD MARIO SSIA MORO PALU O IC P U.S. 50: M 20 265 CEDOLIN I 01: SEN C 19 1 S CINI 8 ENF P. 43 A 01:10:16 578 RO MARCO ROESA A.M POLO DI PIAV 24. 53: 21 346 CRAIGHE MA LBA SENM CAI SAN RCHE 19 14:10 46SEN01: 01: O FAN F STE 2 L TTI A D 3S.S. E OLO 3 FOR 30 50: MITI 22 477 DANIE NNA DENES 20AMAM MAS01: BET 01:10:04 18 TONINO F A52: 4 TICA BUJA TIN RO 23 453 CELLA AN 01: TLET42 AMAM18ATLEG ICA B BERT 33 29 12: E 01: R IO 2 M REL O 1 A AU A SF PIE ACOMO NAZZO 69 MARTINIS 74S.GIN 24 01:52: R S11 MAS3M 27 PORT 01:12:15 S ARDPAVIONE ELENA 22 TI PAOLO ENF M 50:18 FRAN 2M 81 A.S.ZD. G.S. I 25 189 MASSAREN 01:ARCIAT SEN 23 45 C 10: E 01: LE ORI S O NIE C DA RZ 23 SENF EL O PALUZZA A MOR U O ALD T 25 U.S. 53: 1 M 26 266 MENEGH M 01: G.S.A. SEN76 LEN 59ORE44 CAD 01:13: VALDO BUZZMARCIATIORI A LZO ATLETICA RIZIO CALA FAB 2 M SSI 4 PIU A I PPO S 521 27 GRU H 53: F M 27 MAS EIDI 308 TL. TR 01:14:14 50 A01: EC STE H MARIO MORO PALUZZA 25 SENM U.S. SEN OU RG ALD 51:43OM 28 230 DE MARC LC TA 226 DINE 01:12:37 30F U01: MARIO NJA TRIAT D ME TRA E BEL L 2 S RED 128 H L ALL 6 ENF G A MEA M 29 SEN 3 O 5 .S SSI 0 .D. VA LAUR STA ALE BRES L GLE A 27 SENF 30 425 DE BATTI SAN L 554 U .S. ALD EILA FEDR O MOR 28 SENF IGO N 173 G.S.D ADIA . VAL ZANU GLER 29 S E N T TINI F A.S.D 250 ILARI . DOLO CENT SENF MITI A ELEGH P O LI E ANN SPORT IVA M SENF A O CUS U DINE ATLET MASF U DINE Mi proietto sul traguardo. Non ci posso credere: 5h11’ rispetto alle 6h36’ dell’altro anno. Sono esattamente 1h25’ in meno: se qualcuno me lo avesse pronosticato l’avrei preso per matto. Sono euforico e devo veramente ringraziare i cardiologi che hanno fatto un buon lavoro. Più che un intervento è stato un pit-stop da Formula 1, un cambio gomme che mi ha rimesso di nuovo in pista: temevo che la mia corsa fosse finita, vuoi per i problemi di salute, vuoi per il fatto che ho 69 anni abbondanti, e invece questa Skyrace delle Dolomiti Friulane mi ha dato la certezza che il traguardo è ancora lontano e che sono ancora molti i sentieri che potrò solcare. E allora un grazie all’organizzazione, sempre impeccabile, e alla gente di Forni di Sopra davvero accogliente e calorosa. In questi 22 km l’atmosfera è sempre stata meravigliosa e difficilmente potrò scordarla. D’altronde come si può dimenticare il giorno in cui si nasce per la seconda volta? ▼ SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 9 [CRONACHE...] VAJONT I PERCORSI DELLA MEMORIA Longarone (BL), 28 settembre 2008 Testo e foto di Francesco >Checo< Zanchetta A rriviamo a Longarone con un certo anticipo, ma già nello scendere dall’auto ci coglie la sensazione che non sarà la solita giornata tipica di una qualsiasi corsa di fine estate. Il vento è gelido e tagliente, frusta la pelle e fa aggrottare la fronte. Ci hanno avvisato che ci sarà coda alle iscrizioni e quindi approfittiamo dell’anticipo per iscriverci e subito guadagnare il riparo di un bar. La chiamano “I percorsi della memoria” e oggi il clima sembra collaborare per farcela ritornare; la sera del disastro l’onda assassina fu preceduta da un vento freddo e innaturale, umido di goccioline d’acqua. Le sferzate del vento costringono a far tornare la mente a quella notte, gli occhi cercano la diga con lo stesso timore. Il freddo di questa mattina comunque non giustifica tutti i brividi che stanno scendendo per la schiena, è come se il vento portasse con sé anche dei fantasmi. Comunque c’è il sole e vedo che sulla montagna, verso la diga, le punte degli alberi sono ferme. Decido quindi di azzardare un abbigliamento leggero; è meglio partire coi brividi e trovarsi bene poi, piuttosto che il contrario. Lo sguardo ritorna alla piazza che si è immediatamente riempita di una lunga coda ai gazebo delle iscrizioni. Sembra che anche quest’anno la partenza sia spostata di un quarto d’ora, per permettere a tutti di guadagnare cartellino e maglietta. Finalmente partiamo, il clima è di grande festa e la gente è tantissima: all’arrivo mi diranno 3.720 partecipanti, per la maggior parte famigliole e tanti bambini, che serenamente e al passo si dirigono verso la diga. Mi sembra strano questo clima di spensieratezza, quasi un insulto alla memoria della tragedia, poi penso che sono passati quarantacinque anni e che la vita nel frattempo è continuata, per tanti una vita felice e il fatto che comunque siamo in migliaia qui a ricordare, mi sembra proprio una cosa bella. I percorsi sono tre: 10, 17 e 25 km. Mentre quello corto è più adatto a chi cammina o che comunque non ha sulle gambe distanze maggiori, quello più lungo si inoltrerà all’interno della valle del Vajont correndo sopra la frana, per poi passare per i paesi di Erto e Casso. Il medio salterà il giro per Erto. Dopo qualche chilometro di asfalto, dove mi raccolgo con amici e nuove conoscenze, tutti quanti passiamo il cancello che normalmente chiude il passaggio alla strada privata dell’ENEL che porta alla diga. La aprono al pubblico solo in questa occasione e la richiudono subito dopo. Il vento è cessato ma l’aria è rimasta fresca e umida, ogni tanto riceviamo anche qualche folata di nebbia che arriva dalla cascata di scarico. Risaliamo lentamente la montagna verso la diga e l’impatto visivo con il muro di cemento si fa via via grandioso, spettacolare: un gigante fatto dall’uomo che comunque ha resistito perfettamente all’impatto di una montagna scesa a cento chilometri all’ora. Da ammirare chi l’ha costruita e progettata, da condannare senza appello chi l’ha pensata e voluta. Attraversiamo la stretta gola, risalendo anche attraverso le ampie gallerie di servizio alla diga e ci portiamo finalmente sulla passerella che ci passa giusto sopra. Gli altri sono andati avanti, e io mi ritrovo immobile quando ci arrivo a metà. Sotto i piedi ho il cemento allora scalfito dall’acqua, vi sporgono grossi tondini d’acciaio piegati di netto. Sembra impossibile che l’acqua, fluida e quasi impalpabile, dispensatrice di vita, possa avere una forza così violenta e distruttiva. Riparto, e ritrovo gli altri verso il ristoro, che fa anche da bivio. Foto di gruppo e convenevoli, ma a questo punto ci separiamo e proseguirò da solo per il percorso dei 25. Dopo tanti anni il bosco sta ricrescendo sopra la frana, e ci si dimentica anche della diga, che sta alle nostre spalle. La diga si allontana e i pensieri si fanno più caldi, come il sole che riscalda l’aria, finalmente. Erto vecchio è SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 0 SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 1 un paese ormai quasi abbandonato e cadente, fatto di sassi incerti e tutti diversi l’uno dall’altro, lo attraversiamo per portarci sul paese nuovo, fatto di cemento: lo stesso della diga; grigio uniforme. Il percorso a questo punto si fa erto e si capisce, sudando, il nome del paese. Un bel sentiero sale dritto su di un versante asciutto e assolato, poi si fa pietraia e ondulato, entra nel bosco e ci regala dei meravigliosi passaggi e vedute della vallata. Il laghetto residuo a monte della frana, il lastrone inclinato e nudo che stava sotto la montagna che non c’è più. A Casso ci ricongiungiamo all’altro percorso: una gioviale sosta all’assolato ristoro e riprendiamo la strada che ci fa passare per le vie del vecchio paese. Molte case sono restaurate, altre cadenti aspettano, o rassegnate vanno incontro al loro destino. Su una soglia una vecchina assiste distratta all’insolito viavai scaldandosi al sole, ma lo sguardo è lontano, si è fermato altrove, in tempi e ritmi diversi dai nostri. Qualche tempo fa mi trovavo qui a Casso, a metà pomeriggio con un ‘amica, dopo una visita guidata alla diga, e girando per il paese quasi deserto incontrammo un’altra anziana del posto che aveva voglia di chiacchierare. Ci raccontò volentieri della sua vita, durissima, passata a portar carichi pesanti su e giù per la montagna, per gli stessi sentieri che ora percorriamo per diletto. Giornate e giornate di cammino, a trasportare gli stracci da rigenerare fin giù a Follina, o a vendere mestoli di legno in pianura. Giù in pianura erano personaggi noti; povere ma dignitose, le chiamavano “cathère” (il “th” pronunciato come in inglese) perché venditrici di “cathe”, cioè i mestoli, e giravano per le case con le gerle piene di manufatti in legno, che gli uomini producevano e loro poi andavano a vendere. Sorrisi dentro di me pensando che qui sotto, a Erto, vive e lavora Mauro Corona, che di tutto questo ha fatto poesia: con le sue sculture, le scalate ardite, i racconti. Quel giorno però avevo una curiosità da esaudire e, cercando di farlo con il maggior tatto possibile, riuscii a dirottare il racconto sull’argomento fatale, il disastro, ma volutamente evitando di nominare “La” montagna. Fu così che lei per prima la chiamò per nome; ne volevo sentire la fonetica originale, spontanea di un vecchio. Perché il termine “toc” ha molti significati nel dialetto veneto. Tutti ora quel monte lo chiamano Tòc, con la o secca, aperta, che significa “pezzo”, pezzo di qualcosa. La donna, quel giorno, lo chiamò invece Toc, con la o chiusa, che si dice di qualcosa che è integro fuori ma completamente marcio dentro, oppure in senso transitivo di una persona senza cervello, che si comporta in modo avventato e irresponsabile. Quando un tempo i muratori ispezionavano le case, battevano sui muri e sulle travi per valutarne, da suono e vibrazione, la consistenza, e quando una trave batteva a vuoto si diceva che “el bàte toc”, per far capire che era marcia, inaffidabile. Costruirono una diga sotto un monte che si chiamava: Marcio, Imprevedibile, Traditore. Ma non hanno fatto caso all’evidenza che avevano sotto i loro occhi, accecati dall’arroganza e dalla sete di guadagno. Quante tragedie si stanno preparando sotto i nostri occhi senza che ci facciamo caso? E penso alla tecnologia, l’ingegneria genetica, la politica, i rapporti sociali, l’economia. E a quelli che ci rassicurano continuamente che va tutto bene, che tutto è sotto controllo. Ma ci sono in giro ormai troppe lapidi piene di nomi, per causa di eventi che sembravano “sotto controllo”. Sollevo lo sguardo alle case, strette ed alte di un’eleganza austera, essenziale, fin sui tetti coperti di lastre, rocce lisce come il cuore della montagna di fronte, e riprendo la via. Appena si apre un varco tra i muri di sassi mi fermo a guardare il panorama: la frana, l’immenso lastrone di roccia che sosteneva la cima del monte Toc, la diga, la valle della Piave dove scese l’onda, Longarone cancellato e poi ricostruito. Si esce dal paese, passando per l’ultima casa, rimasta scoperchiata da allora e scendiamo per una bellissima mulattiera, la stessa che l’anziana del racconto percorreva da giovane carica di stracci o di mestoli; prima della diga l’unica via per raggiungere il resto del mondo. Mi lancio nella discesa come se dovessi recuperare posizioni di classifica: hanno fatto un ottimo lavoro di pulizia e nei punti insidiosi alcuni volontari ci avvertono del pericolo. Le belle discese durano sempre troppo poco, ma ormai sono stanco e con piacere mi avvicino al traguardo, allo stadio. La doccia calda cancella la stanchezza, con l’iscrizione possiamo entrare anche alla fiera dello sport, dove troviamo un pasto caldo servito a tempo di record, davvero complimenti a tutta l’organizzazione! L’anno prossimo spero di tornarci: per passare una bella giornata, per ricordare, per pensare; come in un tempio a cielo aperto. ▼ SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 2 CORRENDO... MI EMOZIONO Testo di Stefano >Tetano< Bettio S ono anni che voglio visitare i luoghi teatro della sciagura e per mille motivi non ci sono ancora riuscito ma oggi, finalmente, ne avrò l’occasione e sono profondamente emozionato. Vajont rievoca la mia fanciullezza quando, a metà degli anni sessanta, andavo in vacanza nel piccolo paese di montagna di Pescul in val Fiorentina, sotto le pendici del Monte Pelmo. Giocavo allora con un bambino della mia età, Franco di Longarone, orfano di entrambi i genitori, scampato alla tragedia solo perché in visita ai nonni. Di lui ricordo solo i capelli biondi e una tristezza, impressa sul viso, per me impenetrabile. Presso l’albergo Lorenzini, l’unico del paese, c’era un campo di bocce dove, nel tardo pomeriggio, giocavo con lui. In quel campo, nel lontano 1967, non riuscii mai a gioire delle mie vittorie. Per raggiungere Pescul mio padre, con la Fiat 1100 bicolore, percorreva la val Zoldana che proprio a Longarone si imbocca. Prima di arrivare nel centro abitato del paese, ogni volta, come un rito, gli chiedevo di rallentare l’andatura per vedere sul ciglio destro della strada una scaletta a chiocciola in ferro, unica testimonianza di una fabbrica cancellata dall’onda e, dopo poco, in cima alla gola in alto, la diga maledetta del Vajont. Oggi, dopo quaranta anni, sono qui in braghette e canottiera e potrò finalmente immergermi, anima e corpo, in questo tuffo nella storia d’Italia. Il paese delle mezze verità e dei grandi misteri dove i colpevoli, quando si trovano, sono solo mezzi colpevoli mentre sono certezze quando la colpa può essere imputata a montagne “franose”, a piogge ”abbondanti” o, meglio ancora, alla fatalità. Lo sparo, si parte. Dopo appena due chilometri sono dentro la gola del Vajont. Sento una presenza che mi opprime e alzo gli occhi, la diga assassina è lì sovrastante e imponente. Opera grandiosa dell’ingegno e della stupidità umana. Vista da sotto fa proprio paura. Penso a quella sera del 9 ottobre 1963, quando l’onda di 50 milioni di metri cubi d’acqua e fango, provocata dalla frana staccatasi dal monte Toc, sfiorò prima l’abitato di Casso e poi lo scavalcò utilizzandolo come un trampolino di lancio. Le pareti della stretta valle la compressero facendole aumentare la forza dove, alla fine della gola, il muro d’acqua raggiunse i 70 metri d’altezza preceduto da un vento fortissimo che impattò per primo su Longarone. Alcuni istanti solo e arrivò l’onda che cancellò duemila vite, perfino il greto del Piave si dissolse. La corsa è piacevole e salgo velocemente attraverso delle gallerie prima in salita e poi, nell’altro versante della gola, in discesa. Ora un ripido sentiero conduce alla statale diretta in Val Cellina. Pochi chilometri d’asfalto, poi una svolta secca a destra mi porta sulla corona della diga. Qui mi fermo. Non posso correre. Alla mia sinistra ho quel che resta del lago artificiale con l’enorme massa di detriti della frana al suo interno. A destra la gola vertiginosa che scende ripida verso la valle del Piave. Riparto con il magone nel cuore, ora il percorso di gara è sul sentiero che taglia la vecchia frana. Alzo lo sguardo verso il monte Toc. L’estesa ferita è ancora lì, taglia la montagna per un fronte di 3 chilometri scoprendo la nuda roccia, dove una massa di 270 milioni di metri cubi di roccia e terra scivolò a valle. Il sentiero corre per un chilometro tra rocce e piccoli arbusti, poi sbuca nella statale che porta in Val Cellina. Alcuni chilometri sull’asfalto ed entro nel pittoresco abitato di Erto dove inizia un bel percorso trail con salite ripide sulla montagna che domina tutta la vallata. Il percorso è davvero spettacolare con il lago di Erto in fondo alla valle; poi, terminata la salita, si scende per una cengia che porta velocemente verso il piccolo paese di Casso. Una lunga e ripida discesa in mezzo al bosco conclude la gara con l’arrivo a Longarone. Finisce così nel moderno stadio quest’emozionante giornata. Mai titolo di una competizione fu più azzeccato. ▼ SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 3 [CRONACHE...] LE PORTE di PIETRA Cantalupo Ligure (AL) 28 Settembre 2008 Testo di Alessio Paša Foto a cura dell’Organizzazione I l percorso di 70 km, con 4.000 metri di dislivello positivo, prende l’avvio da Cantalupo Ligure (AL), in Val Borbera a circa 350 m di altitudine. Dopo 5 nervosi chilometri su e giù per colline sul lato destro orografico della valle, si torna a fondovalle, si valica il torrente Borbera e ci si innalza (ancora al buio, essendo la partenza fissata alle 4) per circa 500 metri lungo un sentiero ripidissimo ed estremamente tecnico (nel linguaggio del trailer per “tecnica” si intende una salita che obbliga a passi irregolari, con presenza di rocce, massi, o radici che richiedono forti doti di agilità ed equilibrio). Dunque una bella cresta pietrosa, e poi boschi, bei sentieri, molto corribili. Questo è il primo dei tratti distintivi delle Porte di Pietra, sentieri dal fondo morbido, dentro boschi magnifici o lungo alte coste erbose, tutti perfettamente adatti alla corsa. Passato il primo controllo al 21° km (primo cancello, 5 ore) si salgono nell’ordine alcune delle vette più classiche dell’Appennino Ligure, il Monte Buio e poi l’Antola (1597 m, km 33). Dunque secondo cancello a Capanne Carrega (40 km, 9 ore), e poi ancora vette (Carmo, 1.640 m e Cavalmurone) sino a Capanne di Cosola FRA I TRAIL CHE CERCANO UNO SPAZIO ACCANTO A QUELLI STORICI (CRO MAGNON – MONTE BIANCO), QUESTO DELLE PORTE DI PIETRA POSSIEDE UNA NOBILTÀ DI TRACCIATO E UNA VALENZA AMBIENTALE DI COSÌ ALTO LIVELLO CHE LO RENDONO ASSOLUTAMENTE DEGNO DI ESSERE ANNOVERATO TRA LE MIGLIORI GARE ITALIANE DEL GENERE. SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 4 (49 km, terzo cancello, 11 ore, limite severo che per essere osservato impone un passo medio elevato). Il percorso si svolge sin qui sulle creste dell’Appennino più interno, a cavallo tra le province di Genova e Alessandria, sugli alti bordi della Val Borbera e della Val Brevenna, sopra prati e boschi di un verde scuro, intenso, interrotto solo dal biancore degli abitati, che il trailer vede dall’alto isolati e assurdamente abbarbicati sui ripidi costoni delle valli, emblemi di una dura economia contadina ormai completamente scomparsa. Dopo Capanne di Cosola (1.481 m) su al Monte Ebro (km 53,5, 1.700 m, quota massima raggiunta in gara) e poi giù a capofitto verso il rifugio degli Orsi (km 55) in mezzo a faggete e boschi di castagni in versione preautunnale di rara bellezza. Infine l’ultima salita ai 1.487 m di Monte Giarolo (km 61,5) e una lunga, penosa, discesa di 1.100 metri di dislivello sino a Cantalupo. Gli organizzatori hanno scelto un taglio molto spartano, niente cibo ai rifornimenti (è necessario avere tutto il cibo necessario con sé), dove viene servita una sola bevanda: acqua naturale. La giornata climaticamente è stata perfetta: sole, vento fresco e temperatura ideale. Contemporaneamente al trail “lungo” si corre anche un “corto” di 30 km, con 1.000 metri di dislivello positivo, le “Finestre di Pietra”, con partenza alle 10 da Capanne Carregae arrivo a Cantalupo. Gli atleti dei Maratoneti Genovesi hanno partecipato numerosi (9 in totale, tra le partecipazioni alle Porte e alle Finestre di Pietra), tutti regolarmente giunti al traguardo. Questo ha valso alla società il conseguimento della coppa per la società con il maggior numero di partecipanti. Il primo arrivato, Pablo Barnes ha impiegato 7 ore e 50 minuti, Marco Olmo (classe 1948) si è classificato 3° con il tempo di 8 ore 07 minuti. ▼ SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 5 [CRONACHE...] L’OBLIQUA SEMPLICITÀ LIGURE Trail dei Tre Comuni - Albisola Superiore (SV) - 12 ottobre 2008 Testo e foto di Francesco >Checo< Zanchetta SALSEDINE NELL’ARIA, PAESAGGI VACANZIERI, STRADE E COLLINE, MARE E MONTAGNA, FIORI COLORATI E TRONCHI INCENERITI; IL TUTTO MESSO NEL FRULLATORE, ED ECCO CHE ESCE... LA LIGURIA! L a pianura in Liguria si trova abbondante nei pontili, nei vasi e fioriere davanti agli usci, nei pavimenti delle palestre dove dormono i trailers. Tutto il resto è obliquo. Poi ci sono i santuari e uno di questi, il nostro, è il Santuario di Nostra Signora della Pace, appena fuori Albisola Superiore, un luogo dove non servono gli inviti al silenzio: senza accorgersene si cammina piano, si parla sottovoce. Domani comunque ci sarà gazzarra, qui nel santuario, come dire una tregua alla solita pace e tranquillità di cui sembrano intrise anche le pareti. Partenze e arrivi da tutti i binari e a tutte le ore, cinque più uno percorsi: 5, 11, 18, 45, 65 e 45 km con partenza riservata ai camminatori. I primi a partire saranno i camminatori della 45, con orario da panettieri (o discotecari): 4:00 (di notte!). Invece noi della 65 che, si sa, amiamo la vita comoda, partiremo alle 5:30. Ci fanno partire a quell’ora perché saremo ancora inermi e incapaci di retromarce dell’ultima ora, poi a ruota tutti gli altri. Al briefing ci accoglie Maurizio, persona sensibile e carismatica, che con parole desuete e ricercate ci illustra, con dovizia di particolari quasi certosina, ogni angolo del percorso. Quando regolarmente la descrizione si arresta per fare il punto sul chilometraggio ci guardiamo divertiti; il racconto procede con tempi al chilometro reali. Alla fine sembra di averla già fatta, tanto è puntigliosa la ricognizione, persino con ricostruzioni in software 3D e animazioni a volo d’uccello. Descrizione talmente ricca di particolari e riferimenti che il giorno dopo avrò una gran confusione in testa e non mi ricorderò più niente. Però è stato un bel briefing! La cena semplice e sobria, presupposto per un sonno tranquillo e rigenerante, quattro passi al buio del bosco e poi tutti a nanna in palestra, con un pavimento tiepido e quasi morbido fatto di piastrellette in cotto anni ‘70, credo. Comunque mai dormito così bene in un pavimento. Un occhio lo apro, di poco, a notte fonda; sono i camminatori che si alzano per partire. Mi giro per frantumarmi anche l’altra spalla e mi riaddormento di nuovo. Il sentiero sale subito, dopo la partenza, poi scende, sale, scende... Sarà così per tutta la giornata, sta nella natura dei luoghi, comunque la prevalenza è nell’andare verso l’alto, per il momento. Ed è bene che sia così, perché raggiungiamo verso l’alba una buona posizione, il bosco si dirada mentre i colori cominciano a distinguersi e dal freddo azzurro dell’aurora si passa via via al caldo arancio dell’albeggiare. Una breve sosta per far respirare il corpo, ma è lo spirito che ne trae maggior giovamento; ci voltiamo a guardare e nella cornice di pini radi e incerti un quadro spettacolare: l’alba. SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 6 Si continua per borghi e boschi, sempre diversi e affascinanti. Innumerevoli le specie arboree, sessantacinque chilometri di: castagni, faggi, querce, pini, la meravigliosa e variopinta macchia mediterranea, boschi d’alto fusto, prati e brughiere. La natura da queste parti ha dimenticato aperto il catalogo illustrato e ad ogni folata di vento le pagine scorrono cambiando lo scenario di piante, colori e profumi. E poi torrenti, rocce, un mare di foglie e ricci, castagne, fiori e... cani! Ops, dove ci sono i cani da caccia di solito seguono anche i cacciatori, e i cacciatori, si sa, girano armati. Non senza una qualche apprensione cerchiamo di capire come sta la parata da queste parti; con la caccia al cinghiale non si scherza. Intorno al quarantesimo chilometro purtroppo perdiamo Dario, tranquilli, non abbattuto dai cacciatori ma dal suo stomaco, che anche questa volta gli ha imposto il suo limite. Mi sembra rassegnato ma sereno quando sale sul mezzo dell’organizzazione per rientrare. Dispiace, resto con Lamberto e altri due camminatori della quarantacinque, che dopo un po’ distacchiamo. Il percorso in questa fase tende a scendere, i ristori sono sempre più i benvenuti, c’è quel che si dice il ben di Dio, e la miglior marca di integratori presente con i suoi prodotti di punta e cioè: cortesia, gentilezza e calore umano. Ma i chilometri cominciano a farsi sentire, talloni e caviglie sopportano sempre meno il fondo impegnativo, che richiede attenzione e tensione continua. Le foglie, da poco cadute in abbondanza, nascondono i sassi, ogni passo si appoggia sull’ignoto e anche i muscoli cominciano ad irrigidirsi. Vediamo in basso una grazioso paesino dove fra poco troveremo l’ultimo ristoro completo, la discesa si fa ripida e di cemento, come le gambe. Scesi ad Ellera troviamo un clima di tranquilla festa paesana, la fragranza di castagne arrostite arriva da dietro il campanile e vari profumini aleggiano sul tavolo del ristoro, un clima di sobria allegria ci stempera la fatica e ci si ferma volentieri a riposare. Sembra di aver viaggiato nel tempo, essere capitati in una dimensione parallela dove il vivere è ancora umano e la festa semplice, vera. Mentre Lamberto riposa seduto sulla panchina svicolo sul piccolo prato dove è allestita la sagra: alcuni tavoli con banchetti addobbati, sguardi curiosi di ninfe seducenti e prosperose invitano a restare, a bearsi dei piaceri imbanditi. E la tentazione è molto forte... Ma rimane ancora l’ultima salita da affrontare che, dicono, sia brusca e impegnativa. In fondo anche Ulisse dovette ripartire da Ogigia. A malincuore torno verso il tavolo del ristoro, completiamo il rifornimento e ci incamminiamo fra gli orti e i filari di vite. Questo deve essere il paese delle tentazioni perché protesi verso la strada sporgono alcuni grappoli d’uva. Assomigliano al verduzzo dorato che vendemmiavo da piccolo e non resisto, tre acini bastano a profumare le labbra. Effettivamente la salita è quasi verticale, in poco tempo il paese è di nuovo panorama e troppo lontano per tornarci, anche finita la corsa. Il sudore si mescola SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 7 ai profumi accesi dal sole, nella rigogliosa macchia mediterranea, ma a questo punto il mio compagno di avventura cede di schianto e si distende a terra. Sono un po’ preoccupato perché siamo troppo lontani dal paese per poterci tornare e mancano ancora alcuni chilometri all’arrivo. Non so cosa fare. Lui dice che vuole continuare, ma mi sembra allo stremo delle forze. Mi siedo anch’io e aspetto, a volte basta aspettare, perché le riserve nascoste dentro il nostro corpo si mettano in azione. Nel frattempo ci raggiunge una camminatrice che si siede un paio di minuti con noi. E’ della zona, scambiamo due parole e poi riparte. Qualche altro minuto e anche Lamberto si rimette in piedi, concentratissimo e deciso ad arrivare, a qualunque costo. Lo vedo deciso, impegnato a gestire le forze, così mi dedico a guardarmi attorno, passiamo sotto alcuni corbezzoli con dei frutti maturi. Avviso il navigante che ci sarebbe un gustoso ristoro fuori programma, ma lui imperterrito continua a testa bassa. E vabbé, vorrà dire che dovrò mangiarmeli da solo. Il corbezzolo è un gioioso arbusto della macchia, con la particolarità di poter avere allo stesso tempo i frutti maturi, altri frutti ancora acerbi e i fiori. E questi sono magnifici, da fotografare. Lunga, lunghissima discesa e finalmente arrivati, dopo tante avventure! Ritroviamo tutti gli altri, il santuario, gli amici, la semplice e calda cortesia degli organizzatori, la doccia, il pranzo, l’accoglienza generosa dei preti del santuario. E’ con un filo di tristezza che purtroppo dobbiamo deciderci a ripartire, cerchiamo di salutare più persone possibile e riprendiamo le tortuose strade liguri. Oggi ho imparato che la semplicità è serenità e calore. Arrivederci al prossimo anno! ▼ SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 8 [CRONACHE...] ECOMARATONA DEL CHIANTI Castelnuovo Berardenga (SI), 19 ottobre 2008 Testo di Simone Brogioni Foto di Danilo >Miticojane< Biagiotti H o sempre freddo alla fine di una maratona. Che sia inverno o estate, una volta che le mie gambe si fermano, sembra fermarsi anche la circolazione sanguigna. Ma alle 13 del 19 ottobre, nella piazza di Castelnuovo Berardenga, sono rimasto con la canottiera madida, immobile in piedi a farmi trafiggere da un sole autunnale che mi ha fatto da cicerone per tutto il percorso, colpendo con i raggi gli squarci chiantigiani rimasti offuscati lo scorso anno dalle lacrime di tramontana. Vigne, colline, casolari. Il profilo di Siena, un modellino di Lego. Strade bianche che più bianche non si può. San Gusmè, con i suoi vicoli silenziosi risvegliati dallo “sciabattare” di 400 ecomaratoneti. I cipressi in fila come soldati sul “presentatarm” che regalano energia nell’ultima salita. Il calore e il colore delle crete senesi. Tutto questo è l’ecomaratona del Chianti, un’immersione nel bello, tanto bello da pronunciare questo banale aggettivo con tre o più elle, con la lingua che si solleva schiacciando il palato e spingendo in fuori gli incisivi. Esageratamente soddisfatto, cerco su internet altri giudizi, racconti; e trovo la simpatia a stelle e strisce di Rickey Gates, nel suo blog “mostly paved”. Proprio lui, il 27enne del Colorado che l’anno scorso ha vinto il titolo di podista dell’anno di corsa in montagna, e che quest’anno si è concesso una lunga vacanza europea a base di bici e corsa. Lui che per salire sul palco a ritirare il terzo premio ha camminato quasi carponi e per scendere tre scalini ha fatto più smorfie di Jerry Lewis. Stanco, sfinito, dolorante al punto di scrivere “I understand fulfilling “TROP P PARLA O FACILE RNE B ENE” the curiosity of running a marathon once, I’ll never understand running a marathon a second time”, ovvero qualcosa tipo: “capisco la curiosità di chi vuol correre la maratona almeno una volta, ma non capirò mai chi vuole correrla una seconda volta”. Sintesi perfetta di questa corsa, Rickey continuava a ripetere “wonderful” con l’acido lattico a livelli improponibili. E’ così il trail: gioia e dolore, il paradosso più elementare, l’essenza della corsa. E il Chianti offre questo: semplicità e garbo profumati di mosto, in una galoppata che finisce troppo presto e che ti lascia sulle guance due piccole grinze, fresco ricordo di un godimento lungo 42 chilometri. ▼ SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 19 SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 0 [CRONACHE...] TRA GIOCO E TRAIL ROMA NO LIMITS - 5 OTTOBRE 2008 “UNA VIA DI MEZZO TRA GIOCHI SENZA FRONTIERE E UNA GARA PODISTICA”. QUESTA È STATA L’UNICA RISPOSTA CHE ABBIAMO SAPUTO DARE IO E ILENIA, QUANDO CI CHIEDEVANO COSA ANDAVAMO A FARE QUESTO FINE SETTIMANA. CI SERVIVA UNA DOMENICA “DIVERSA”, PER STACCARE UN PO’ LA SPINA DALLO “STRESS AGONISTICO” DELLE TANTE COMPETIZIONI, ALLE QUALI ABBIAMO PARTECIPATO QUEST’ANNO... Testo di Matteo >teomat< Ghezzi Foto di Matteo Ghezzi e ROMA NO LIMITS C osì domenica mattina arriviamo ad Anguillara Sabazia. Fa ancora fresco, ci cambiamo il più tardi possibile e facciamo riscaldamento, cogliendo l’occasione per provare i primi “giochi” che ci attendono, mentre si avvicina l’orario di partenza. Lo speaker invita tutti a posizionarsi dietro la “linea” di partenza, dove linea in questo caso significa “squadra di giocatori di rugby”. L’adrenalina sale, inizia a sentirsene nell’aria l’odore, anzi no, quello che si sente è odore di… benzina! Vengono accesi falò e fumogeni, si parte! Saltando tronchi e pali metallici, attraversando una cortina di fumo e le fiamme de “L’Inferno”, strisciando sotto una rete metallica, si raggiunge la prima barriera, dove l’attenzione è d’obbligo perché si è in tanti e si rischia di farsi male. Gli ultimi metri sulla sabbia ed entriamo nel lago; con l’acqua, fortunatamente non fredda, fino alla vita, superando alcune file di bidoni, raggiungiamo la rete che ci permette di issarci “all’arrembaggio” sul molo attraverso cui torniamo sulla terraferma per addentrarci poi nelle strade di Anguillara, che lasciamo nuovamente poco dopo costeggiando il lago. Prima di allontanarci dalla riva, superiamo un tratto di “sabbie mobili”: qualcuno ci finisce dentro, gli altri lo aiutano a uscirne e si prosegue con un saliscendi alla fine del quale ci troviamo… in un fosso, in cui percorriamo una decina di metri uscendo giusto in tempo per saltare qualche fila di pneumatici e il cassone di un camion. Finalmente si corre un po’, attraversando labirinti di corde, campi di terra smossa, recinzioni di filo spinato e una piccola “giungla” prima di arrivare al lungo lago, in fondo al quale entriamo nuovamente in acqua per prendere una collana con un moschettone che dovremo portare al traguardo. Un breve tratto collinare, una salita molto ripida e con terreno instabile e siamo al bivio dove i militari che partecipano al Cism Day Run hanno il giro di boa, mentre noi proseguiamo in gruppo arrivando alla grotta e aiutandoci a vicenda per uscirne. Una calata di 5 metri e un’altra serie di saliscendi che, uniti a tutti i cambi di ritmo e agli sforzi per sostenere le prove, cominciano a far sentire le gambe piuttosto dure e a far salire parecchio i battiti cardiaci. Mentre ci avviciniamo alla prova successiva, ci supera un atleta che va al doppio della nostra velocità: più tardi scopriremo che sarà lui il vincitore. Una palizzata di un paio di metri, qualche balla di fieno e qualche metro strisciando in un tubo d’alluminio e possiamo nuovamente correre attraverso una fitta vegetazione (spinosa!). Ci infiliamo poi nel “Vietcong tunnel”. Io decido di non farlo camminando SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 1 e così, complice una piccola scivolata, mi sgambetto da solo e arrivo direttamente in ginocchio, ma tanto qui bisogna strisciare! Cosa peraltro non certo semplice, date le numerose spine e lo spazio veramente esiguo. Superata anche questa prova si sale e si scende davanti ad una cascina, dove si scavalca un cancello, un muro, si sale al secondo piano e per scendere si salta su balle di fieno, scavalcando un muretto e correndo qualche centinaio di metri prima del ponte tibetano. Una ripida salita e un’altrettanto erta discesa, alla quale segue un’arrampicata di una decina di metri sempre con corde, finita la quale la quantità di acido lattico in circolo forse provoca una visione: sembrerebbe un ristoro, anzi no, lo è! Il tempo di bere un sorso e si ricomincia, prima superando una rete e poi passandoci sotto, stavolta però in uno spesso strato di fango, con accanto il cameraman che “sadicamente” ci riprende in questa che è l’ultima prova prima dell’agognato traguardo al quale si arriva dopo qualche km. Giusto il tempo per far seccare il fango, ripercorrendo il lungolago dove ci aspetta l’applauso del pubblico, un bel piatto di pasta e un bel bagno, naturalmente nel lago per lavare via la terra! In sintesi, manifestazione promossa a pieni voti, organizzazione pure! È vero che non si può certamente definire un trail, ma solo perché la Roma No Limits è semplicemente fuori dai canoni di qualsiasi altra competizione alla quale siamo abituati in Italia: una sorta di parco giochi per bambini cresciuti. Tuttavia, lo Spirito Trail anima questa gara, nella quale gli atleti si aiutano continuamente l’un l’altro, si corre in mezzo alla natura, qualche volta addirittura dentro, e le premiazioni sono rigorosamente in natura e uguali per tutti i premiati. ▼ SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 2 [CRONACHE...] CASCADE CREST 100 10th edition – 23 agosto 2008 Testo di Leonardo >leosorry< Soresi Foto di Glenn Tachiyama IN EUROPA L’ACRONIMO CCC FA SUBITO VENIRE IN MENTE LA COURMAYEUR-CHAMPEXCHAMONIX, LA COSIDDETTA “MEZZA” DEL MONTE BIANCO, COME VIENE INGIUSTAMENTE ETICHETTATA UNA DELLE GARE PIÙ BELLE E DURE DEL CALENDARIO. NEGLI STATI UNITI LO STESSO ACRONIMO INDICA INVECE LA CASCADE CREST CLASSIC, UNA 100 MIGLIA CHE QUEST’ANNO HA FESTEGGIATO IL SUO DECIMO ANNIVERSARIO E CHE NON POTREBBE ESSERE PIÙ DISTANTE DALLA SUA “CUGINA” FRANCESE. [ RI TORN O A L L E OR I GI N I ] SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 3 A lla Cascade Crest i partecipanti sono appena un centinaio, mentre alla partenza nella piazza di Courmayeur si schierano ormai 2.500 concorrenti. Se oltreoceano sono la solitudine e il silenzio ad accompagnare le falcate dei trailers, qui nel vecchio continente non è raro assistere ad episodi di “code” che impediscono di correre. Identica è invece la bellezza: se qui ci si trova a percorrere il balcone che dà sui ghiacciai del Bianco, laggiù ci si muove tra cascate e laghi alpini con il Mount Rainier sullo sfondo. Simile è anche la “corsa alle iscrizioni”: pur non raggiungendo gli eccessi francesi, anche alla Cascade Crest quest’anno sono bastate due settimane per raggiungere il limite massimo di partecipanti. Le Cascade Mountains sono una catena montuosa di origine vulcanica lunga 1.100 km che corre parallela alle coste del Pacifico, andando dal nord della California fino alla British Columbia canadese, attraversando tutto l’Oregon e lo Stato di Washington. Le Cascades fanno parte del Cerchio di Fuoco del Pacifico, un anello di vulcani che circonda l’oceano Pacifico: le uniche eruzioni vulcaniche avvenute nel territorio degli Stati Uniti si sono verificate proprio qui. Questa origine geologica fa sì che il paesaggio delle Cascade Mountains sia del tutto particolare: i vulcani più alti dominano il paesaggio circostante, svettando ad un’altitudine doppia rispetto alle montagne intorno. Ad esempio il Mount Rainier con i suoi 4.392 metri, può essere tranquillamente osservato ad occhio nudo da 160 km di distanza, poiché attorno non ci sono altre vette sufficientemente alte da impedirne la visuale. La Cascade Crest Classic si corre nelle High Cascades, nello stato di Washington, ad un centinaio di km ad est di Seattle. Nonostante queste montagne siano attraversate da diverse linee ferroviarie e da autostrade, gran parte della zona rimane tuttoggi selvaggia e priva di tracce del passaggio dell’uomo. Distanza, dislivello complessivo e un terreno di gara a volte tecnico fanno della Cascade Crest una delle gare più dure nel panorama dell’ultratrail nordamericano. Anche il clima non aiuta i concorrenti, dato che può andare dal freddo più intenso come nell’edizione 2007, fino a temperature di 30° come accaduto nel 2006. La corsa parte dalla cittadina di Easton, nella contea di Kittitas, per farvi ritorno dopo 160 km, e soprattutto dopo aver attraversato i luoghi più belli della zona. Oltre il 75% del chilometraggio totale viene percorso su singletrack, cioè su stretti sentieri montani, mentre solo il restante 25% passa sulle più ampie strade forestali. Proprio per l’origine vulcanica delle Cascades di cui si è accennato prima, la gara raggiunge un’altitudine massima di appena 1.780 metri, accumulando comunque un dislivello importante (6.250 metri). Nonostante le modeste altezze raggiunte dai concorrenti, non è raro trovare ancora neve sui sentieri: le Cascade Mountains sono infatti famose SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 4 per le precipitazioni nevose molto abbondanti, che nemmeno in agosto si sciolgono definitivamente. La partenza è fissata alle 10 del mattino, un orario insolito per un’ultramaratona, con il preciso scopo di far sì che anche gli atleti più veloci siano costretti ad affrontare almeno una parte del percorso nella più completa oscurità. Nei primi dieci km i concorrenti percorrono il John Wayne Pioneer Trail che li porta a salire fino al Goat Peak (Vetta della Capra), da cui si può già osservare tutto il percorso di gara. Arrivati al 16° miglio (25° km) si arriva a Blowout Mountain, dove il percorso della Cascade Crest si unisce al Pacific Crest Trail (PCT), il più grande sentiero americano (4.000 km!) che percorre tutta la costa del Pacifico, dal Canada giù fino alle assolate spiagge californiane di San Diego. Per i successivi 50 km i concorrenti rimangono sul Pacific Crest Trail: in questa sezione, pur non essendo presente una segnaletica specifica per la gara, è praticamente impossibile perdersi, in quanto i segnali da seguire sono quelli generali del PCT. A detta di molti concorrenti questa parte della gara è un vero e proprio Paradiso del trail runner: le condizioni del terreno sono ottime e il profilo ondulato, senza grosse salite o discese troppo ripide, permette di correre in scioltezza. Giunti a metà di questa sezione si arriva a Stampede Pass, primo grande punto di rifornimento della gara, dove la maggior parte dei concorrenti spedisce le lampade frontali e l’abbigliamento di cui avranno bisogno durante la notte. Stampede è anche il primo cancello orario della gara: il regolamento prevede che i concorrenti impieghino non più di 10 ore e mezza per percorrere questi primi 52 km. Da Stampede Pass si risale verso Yakima Pass, dove i concorrenti seguono il sentiero che conduce a Mirror Lake, uno dei punti forti della gara. Per 5 miglia si corre a fianco delle acque del lago, che riflettono le luci del tramonto oppure il cielo stellato, a seconda dell’orario in cui ci si arriva. A Olallie Meadows (75° km) la gara lascia il Pacific Crest Trail e affronta la cosiddetta “Sezione delle Funi”, tre km di discesa ripida e scivolosa in cui i concorrenti tentano di non scivolare afferrandosi alle funi tirate dagli organizzatori. Dopo aver terminato questa discesa infame si entra nel “Tunnel”, un’altra delle caratteristiche che hanno reso nota la Cascade Crest. Per quasi quattro km i concorrenti si immergono in una galleria scavata al di sotto di una montagna: non c’è illuminazione e spesso dentro il tunnel c’è una nebbia fitta che riflette la luce delle lampade frontali, rendendole pressoché inutili. Superata questa difficoltà si arriva a Hyak, il ristoro che precede la salita verso Keechelus Ridge. Da qui si affronta poi la lunga discesa che potrebbe essere anche rilassante se i concorrenti non sapessero che più avanti li aspetta il lago Kachess. In lingua indiana “Kachess” voleva dire “Foresta Maledetta”, ed è dalle rive di questo lago che inizia infatti il “Trail from Hell” (Sentiero dall’Inferno). Si tratta di un sentiero di appena 8 km, in cui non sono presenti dislivelli significativi, ma che è caratterizzato da un terreno di gara estremamente tecnico, con tratti piuttosto stretti, in cui è bene procedere con attenzione. Perfino i top runner impiegano circa 90 minuti per percorrerlo tutto, mentre agli altri occorrono almeno due ore e mezza. Una volta giunti al ristoro di Mineral Crrek mancano meno di 20 miglia alla conclusione, ma purtroppo si tratta della parte più dura anche se più bella dell’intera gara. Occorre infatti affrontare la salita verso Mount Thorp, caratterizzata dai cosiddetti Cardiac Needles (“Aghi Cardiaci”), una serie di brevi ma ripidissime salite in cui è impossibile correre e, se si è in crisi, occorre fermarsi a riprendere fiato. Il profilo altimetrico di questa parte di gara assomiglia ad un elettrocardiogramma, con tutte quelle salite pazzesche ed altrettante discese vertiginose. Il premio di tutta questa fatica sono però i panorami mozzafiato verso l’Alpine Lakes Wilderness e verso la Stuart Range. Dalla cima di Mount Thorp mancano ormai 12 miglia, quasi tutte di discesa, anche se correre con 140 km già nelle gambe, anche abbozzare un semplice ritmo da jogging è una bella impresa. Nelle ultime 4 miglia si lascia definitivamente il sentiero e si rientra nella civiltà arrivando ad Easton lungo larghe piste forestali. Quasi tutti coloro che scelgono di partecipare alla Cascade Crest Classic, lo fanno perché vi si respira l’atmosfera che ha accompagnato le origini delle 100 miglia americane più famose. “Qui c’è ancora la magia che trent’anni fa animava la Western States o la Leadville 100” dice Kent Holder, un corridore di 61 anni, che ha scelto la CCC come ultima 100 miglia per chiudere in bellezza la sua carriera atletica. In conclusione, la Cascade Crest Classic è la gara perfetta per chi negli ultratrail ricerca un’autentica solitudine interiore, un’intensa sfida sportiva e dei panorami da sogno. ▼ SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 5 LA CORSA IN... CIFRE CASCADE CREST CLASSIC 100 Partenza: Easton (Stato di Washington, ad est di Seattle) Arrivo: Easton (Stato di Washington, ad est di Seattle) Distanza: 100 miglia (160 km) Percorso: 75% sentieri, 25% strade forestali Dislivello+: 6.250 m Altitudine massima : 1.780 m Partecipanti: 107 concorrenti Arrivati: 77 atleti (72%) Tempo del vincitore 20:49:40 Tempo ultimo arrivato 31:29:18 Record Maschile: Todd Walzer 19:52 Record Femminile: Darcy Africa 21:15 Note: 15 aid station (ristori). Possibilità di spedire i ricambi in 4 punti differenti del percorso Tempo limite: 32 ore Prossima edizione: Agosto 2009 Le iscrizioni si apriranno il 1° febbraio 2009 L’anno scorso le iscrizioni si sono chiuse in due settimane Costo 185 $ (€ 140 circa) Sito web: www.cascadecrest100.com SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 6 I PARERI DEI CONCORRENTI Judy Carluccio (USA) – 10a in 29h 06’ La trentina di km che da Stampede Pass portano a Olallie Meadows sono stati senza dubbio i miei preferiti. Si attraversa una grande valle passando per un magnifico sentiero a mezzacosta. Sotto si vedono torrenti e una moltitudine di stagni, e ad un certo punto si risale a fianco di una cascata. Il punto peggiore è invece sicuramente il Tunnel: la nebbia lì dentro è così fitta che la luce della lampada finisce per accecarti ed è facile farsi prendere dal panico. La cosa migliore è puntare il fascio di luce verso i lati, così da poter vedere almeno le pareti. Quando sono uscito dal quel tunnel umido e freddo le stelle della notte non mi sono mai sembrate così belle. Herb Reeves (USA) – 28h 55’ La Cascade Crest è stata la mia prima 100 miglia in assoluto: essendo una delle gare considerate più dure il mio obiettivo era solo quello di finire nel tempo limite di 32 ore e cercare di divertirmi il più possibile. Mi sono alimentato male nella prima metà gara e fino al ristoro di Olallie Meadows non sono stato in grado di mangiare nulla di solido. Nella seconda metà non ho invece avuto alcun problema, e incredibilmente mi sono ritrovato a superare concorrenti anche nella difficile salita verso Mount Thorp. Il tempo finale, nonostante un errore di percorso nelle ultime ore di gara, va ben al di là delle mie aspettative: senza dubbio il prossimo anno correrò un’altra 100 miglia. CLASSIFICA MASCHILE Joe Lee (USA) – 8° in 23h 35’ LE CLASSIFICHE CLASSIFICA FEMMINILE Negli Stati Uniti ci sono molte 100 miglia che mi piacerebbe correre ma ho scelto la Cascade Crest Classic per il suo percorso duro e panoramico allo stesso tempo. Le mie aspettative non sono andate deluse: già la prima salita verso Goat Peak, su un sentiero panoramico su tutto il gruppo delle Cascades e con il Mount Rainier sullo sfondo, valeva tutta la fatica che avrei dovuto affrontare. La parte più bella è stata però la serie dei Cardiac Needles e la salita a Mount Thorpe, con tutti quei prati traboccanti di fiori gialli e viola. La cima del Mount Thorpe è senza dubbio uno dei luoghi più belli in cui sono mai stata. Pos Tempo Nome 1 20:49:40 Tom Ederer 2 21:15:24 Phil Shaw 3 21:40:00 Keith Knipling 4 21:47:42 Jesse Berwald 5 22:22:36 Jamie Gifford 6 22:46:00 Stan Holman 7 23:05:05 Arthur Martineau 8 23:35:49 Joe Lee 9 23:48:11 Devin Corcoran 10 24:17:47 Sean Lang Pos Tempo 1 23:06:13 Suzanna Bon 2 24:16:40 Gwen Scott 3 25:22:27 Wendy Wheeler 4 25:49:23 Darla Brader 5 26:48:11 Van Phan 6 26:52:36 Monica Hochs 7 27:40:00 Kris Ryding 8 28:48:02 Julie Treder 9 29:04:10 Jamie Keizer 10 29:06:52 Judy Carluccio Nome Ben Blessing (USA) – 28h 55’ La Cascade Crest 100 è così dura da far sembrare la Western States un gioco da ragazzi. Oserei dire che per me è stata un’esperienza più spirituale che fisica. Faccio anche fatica ad indicare quale sia stata la parte più dura: non esistono parole per descrivere quanto sia stato orribile il sentiero tra Kachess Lake e Mineral Creek. Brutale, non ci sono altre parole per descrivere il percorso. Alla fine i miei piedi erano distrutti, ma l’anima era tornata come nuova! SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 7 [TRAIL AUTOGESTITI...] LA VALLE I SICILIANA TA Testo: Marco <marcobummi> Flamminii Minuto Foto: Roberto Alesii ERANO GIÀ PASSATE PIÙ DI QUATTRO ORE E AVEVAMO PERCORSO OLTRE 20 CHILOMETRI QUANDO ELISABETTA MI CHIESE: “COME MAI HAI ORGANIZZATO QUESTA COSA?”. G ià, come mai? Non che non lo sapessi, ma la domanda mi era stata rivolta così a bruciapelo da non darmi il tempo di fornire una risposta esauriente, o meglio che esaurisse fino in fondo i reali motivi per i quali avevo deciso di organizzare questo Trail Autogestito. Per capirlo bene bisogna che vi parli un po’ di più della Valle Siciliana e del percorso che avevo scelto. La valle in realtà è tale un po’ per modo di dire, nel senso che è sì una valle ma lo è in maniera un po’ atipica. Geomorfologicamente non si presenta con la classica forma concava racchiusa fra due versanti opposti. E’ più un grande anfiteatro di cime montuose che si raccoglie attorno ad una zona di colline. In poche parole questa parte dell’Abruzzo teramano è caratterizzata da due ambienti molto diversi fra loro: a valle troviamo il clima temperato delle colline coperte di oliveti e vigne, in montagna dominano le grandi faggete e le radure vocate al pascolo estivo. Non ci sono mezze misure, in quota per 6-8 mesi l’anno regna la neve, mentre a valle si raccolgono i frutti della terra. Le montagne sono talmente più alte rispetto alle colline da essere ben visibili anche dalle delle vallate adiacenti e persino dalle spiagge della costa. La vetta del Corno Grande, in particolare, si erge con un’imponenza tale da sembrare uno dei grandi quattromila delle Alpi. Ne consegue che correre verso il suo paretone illuminato dal sole del primo mattino è uno spettacolo, e farlo in una tersa mattina di inizio autunno come è capitato a noi lo scorso 5 ottobre ti mette veramente di buonumore. La prima salita fa sbuffare un po’ e per entrare nell’abitato di Cerchiara si è obbligati a passare sotto ai piloni in cemento dell’autostrada, ma questo è l’unico breve tratto paesaggisticamente brutto del percorso. I pascoli soprastanti regalano una visuale unica. Da una parte il re dell’Appennino e dall’altra le colline che scendono dolcemente verso l’azzurra distesa del mare Adriatico. Passati accanto alle casette di roccia situate nei pressi della fonte Chiavatteri si entra in una dimensione meno verticale del percorso ma non meno bella. Una lunga carrareccia pressoché pianeggiante permette di compiere un grande giro attorno alla valle immersi nelle faggete che ammantano i pendii delle cime della catena del Gran Sasso. Sulla sinistra del tracciato comincia a vedersi il canale di gronda. Opera semisconosciuta e probabilmente volutamente tenuta nascosta per decenni per motivi strategici, questo lunghissimo canale seminterrato raccoglie gran parte delle acque che scendono dai pendii delle montagne che dominano la Valle Siciliana. Il canale parte nei pressi della forra di Fossaceca e dopo un lungo giro si inabissa nella montagna poco dopo l’abitato di Casale San Nicola. Qui una condotta sotterranea porta le acque poco a valle di Pietracamela da dove proseguono la loro corsa in discesa verso la valle del Vomano, dove vengono raccolte nella diga di Piaganini per alimentare una prima centrale elettrica. Un sistema di pompaggio notturno porta l’acqua dal lago di Piaganini a quello SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 8 della Provvidenza situato più a monte, e da quest’ultimo lago un altro sistema di pompaggio notturno trasferisce le acque nel lago di Campotosto, il più grande invaso artificiale d’Europa. A questo punto l’acqua non deve far altro che scendere nella valle del Velino, da dove scorre fin oltre Rieti raggiungendo il lago di Piediluco e con un ultimo grande balzo piomba giù dalla cascata delle Marmore alimentando la grande centrale elettrica adiacente alle acciaierie di Terni. A questo punto più di qualcuno si chiederà come sia possibile che un’opera simile sia così poco conosciuta, e dove siano finiti i documenti che testimoniano l’immane sforzo di tantissimi operai che per anni sono saliti quotidianamente quassù a scavare, trivellare e puntellare con mezzi tecnologici che oggi farebbero sorridere. Negli anni ’30, quando questa opera venne realizzata, la produzione di acciaio era assolutamente strategica per il paese, che per giunta era anche in guerra: evidentemente allora parlarne era un rischio troppo grande e più tardi probabilmente molti se ne sono dimenticati. Sta di fatto che il canale di gronda è ancora lì, lo abbiamo visto affiorare spesso fra faggi giganteschi che sembrano volerne celare ancora il segreto e per un tratto ci abbiamo corso addirittura sopra. Durante questo trail la sua è stata una presenza costante e discreta, quasi una guida. Un altro elemento che non si può fare a meno di notare da queste parti sono gli eremi. La chiesa sopra Casale San Nicola, attualmente in fase di restauro, e quella di Santa Colomba situata appena sopra alle Piane del Fiume, sono solo alcune testimonianze di quanto fosse diffuso il fenomeno dell’eremitaggio fino in epoca recente. L’ultimo eremita del Gran Sasso d’altronde è scomparso solo all’inizio del 1900. I luoghi in cui sono vissuti degli eremiti sono spesso permeati di racconti più o meno fantasiosi e la valle non ne è certo esente. L’ultimo tratto di bosco del nostro percorso conduce alle rovine del castello di Santa Maria a Pagliara, luogo panoramico per eccellenza e avvolto da un’antica leggenda. Si narra che che Colomba e Berardo figli del conte di Pagliara, ricca casata che governava la zona attorno al 1100, decisero di abbandonare i loro agi per condurre una vita di solitudine e di povertà: Berardo andò verso il mare mentre Colomba optò per i monti. La ragazza (pare che all’epoca avesse 16 anni) inizialmente si sistemò in una piccola grotta ma non vi rimase a lungo perché venne allontanata da un cacciatore. Per sfuggire alle proposte amorose del giovane cercò un altro ricovero e raggiunse una casetta abbandonata sulla cima di questo colle. Qui si stabilì vivendo di frutta selvatica e radici. Il fratello Berardo, nel frattempo, si era ritirato nel monastero di S. Giovanni in Venere e anni dopo venne nominato vescovo di Teramo. Prima di recarsi alla sua nuova sede episcopale passò per la casa paterna col desiderio di rivedere la sorella, ma non la trovò. Era gennaio e c’era molta neve sulla montagna, ciononostante si diresse verso i monti e dopo un lungo pellegrinaggio notò la casupola dalla quale fuoriusciva del fumo. Quando bussò per chiedere ospitalità fu felice di constatare che chi gli aveva aperto era proprio sua sorella. Passarono tutta la notte raccontandosi i fatti avvenuti in tutti quegli anni trascorsi lontani l’uno dall’altro. Il giorno successivo Colomba constatò tristemente che non aveva cibo da offrire al fratello, ma quando si affacciò alla finestra vide che il ciliegio posto vicino alla casetta era carico di frutti nonostante la stagione rigida. Il miracolo però ebbe un epilogo tragico: la notte successiva la ragazza si svegliò in preda a dei forti dolori al fianco, le sue grida fecero accorrere il fratello, che ebbe appena il tempo di raccogliere la sua confessione. Berardo la seppellì al piano inferiore dell’edificio. A questo punto, terminate le suggestioni legate al percorso, dovrei raccontarvi del timballo di scrippelle e di tutte le altre leccornie che ci siamo sbafati dopo essere rientrati a Isola. Ma descrivere anche questo sarebbe troppo. Se verrete a trovarmi prometto di accompagnarvi anche in questo genere di trail, magari dopo aver corso un po’ su qualche altro sentiero, nella Valle Siciliana ne abbiamo a sufficienza per organizzare altri TA. ▼ SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 9 [INTERVISTE...] Elizabeth Hawker Lorenza Visentin POCHE RIGHE LE RIFLESSIONI CHE LIZZY E LORENZA CI OFFRONO PER IL CONSUETO APPUNTAMENTO DELLA photo © Freancesco E’ POSSIBILE RIASSUMERE IN Martinelli a cura di Matteo >emme< Grassi traduzione dall’inglese di Gualtiero >krom< Linetti DOPPIA INTERVISTA? rice POCHI TECNICISMI, SE Belinda So NON NULLI, MA TANTA, photo © DAVVERO TANTA PASSIONE E... FILOSOFIA: DUE “SPIRITI TRAIL” IN ASSOLUTA LIBERTA’. 1. Anzitutto: vuoi presentarti? Elizabeth (Lizzy) Hawker, 32 anni, nata a Londra (UK). Lorenza Visentin, del 1961, cresciuta nel trevigiano e vicentina di adozione. 2. Quando e perché hai iniziato a correre? Hai mai smesso per poi riprendere? È difficile ricordare il tempo in cui non correvo. Ho sempre corso, anche se solo per me stessa. All’inizio era solo un modo per stare all’aria aperta, un antidoto al non poter vivere sulle montagne, oppure un modo per fare un po’ di fitness. Ho smesso di correre solo durante le spedizioni alpinistiche o sci-alpinistiche o quando sono in mare verso l’Antartico per crociere di ricerca (durante le quali peraltro utilizzo la palestra della nave). Per il resto solo gli infortuni mi possono fermare. Fino a 10 anni fa l’attività sportiva era poco contemplata nella mia vita. Ho cominciato frequentando un gruppo di amici: la Polisportiva Torreselle, i miei “eroi”, fortissimi skyrunners, alpinisti, sciatori per passione e non per agonismo, e pazienti con i neofiti come me. Ho smesso al secondo incidente al ginocchio destro che ho dovuto operare e non ho più corso per 2 anni. Nel frattempo è subentrata la bici da corsa. Ho ripreso disordinatamente solo per tenermi in forma evitando accuratamente qualsiasi tipo di competizione fino a quest’anno. SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 0 photo © Mark Hartell 3. Hai iniziato subito a correre in montagna? E quando a spingerti oltre i 42 km? Vivendo nel sud dell’Inghilterra per molti anni la maggioranza delle mie corse si è svolta su strada, martellando l’asfalto. Non certo la cosa più entusiasmante. La mia prima corsa oltre i 42 km fu, probabilmente, la giornata sulla South Downs Way (50 miglia), su un percorso escursionistico nel sud dell’Inghilterra fuggendo da Southampton e dal mio dottorato per un giorno. Volevo vedere se ero capace di correre su una lunga distanza. Un amico stava tentando di convincermi a fare la “Bob Graham Round”, una sfida sulle brughiere britanniche, non una semplice gara, ma proprio una sfida che si compie nel Lake District attorno a 42 cime su una distanza di circa 74 miglia. Ma la mia prima ultra capitò invece per caso. Era una gara di 40 miglia su pista nel sud del Galles, alcuni amici che si erano iscritti mi persuasero a parteciparvi. Non avendo corso su pista fin dai tempi della scuola fu abbastanza sconvolgente. Ma dal risultato di quel giorno fui invitata a rappresentare l’Inghilterra ai campionati della Gran Bretagna del 2005 di 100 km. Prima di cominciare a correre, durante una passeggiata sul Pasubio con mio marito Luciano, incontrammo un ragazzo che saliva di corsa. Lo guardammo come si potrebbe fare con un marziano, non potevo certo immaginare che poco tempo dopo avrei ripercorso quelle orme... Sì, ho cominciato subito in montagna e ho fatto anche delle maratone con poca preparazione e molta incoscienza. I percorsi oltre i 42 km li ho affrontati solo quest’anno, quasi per caso, prima non ne sapevo nulla. 4. Parliamo un po’ di allenamento e di gare: ti segue qualcuno oppure sei un corridore fai da te? Ti tieni aggiornata leggendo riviste o libri che parlano di allenamento? Segui delle tabelle? Non sono abituata a comprare riviste specializzate, così le leggo solo quando mi capitano tra le mani. E davvero non seguo tabelle di allenamento che si trovano nei libri. Corro ad alto livello solo da pochi anni, così la corsa è rimasta una cosa che ho appreso da sola e per me stessa. Comunque, ora mi sono messa in testa di esprimere al meglio il mio potenziale e di allenarmi con criterio. Questo inverno (prima dell’infortunio che ha interrotto l’allenamento) ho iniziato ad osservare uno specifico programma, che includeva alcune prove su pista e qualche sessione con altri podisti. Sarah Powell (ex maratoneta olimpica britannica) mi ha dato consigli ed è diventata una mia cara amica. Decisamente “fai da me”! Accetto i consigli degli amici, magari faccio anche dei propositi con qualcuno ma spesso eludo programmi e quant’altro per fare quello che ho voglia di fare. Le tabelle mi annoiano al solo pensiero. Posso andare a correre col freddo, la pioggia, la neve ma non perché devo. 5. Quanti km corri mediamente in una settimana, in un mese, in un anno? E quando stai preparando un’ultra come aumentano i carichi di lavoro? Difficile quantificarli: quando mi alleno per una ultra penso che sia più importante quanto tempo sto sulle gambe piuttosto che la distanza. Di solito non corro più di 3 volte a settimana, il riposo per il mio fisico è fondamentale, per preparare una ultra faccio dei lunghi con più dislivello e mi riposo di più. 6. Ti alleni solo correndo o fai anche palestra, cross training, o altri sport di resistenza? Odio la palestra. Corro perché mi piace stare all’aria aperta. Mi diverto ad andare in bicicletta su lunghe distanze, e se un infortunio mi impedisce di correre, questa diventa la mia forma preferita di allenamento. Faccio anche molte camminate su sentieri, alpinismo e scialpinismo ogni volta che posso. Per cui credo che queste attività contino molto sull’allenamento all’endurance. Provo anche a mantenere la pratica dello yoga, non tanto come semplice esercizio, ma soprattutto per la concentrazione mentale, per gli aspetti filosofici connessi e per la forza e la flessibilità che sviluppa. In alcuni periodi faccio parecchia bici da corsa e col freddo spinning in palestra, mi piace lo sci alpinismo ma ho qualche problema con la discesa, camminate in montagna con i cani con qualsiasi tempo. SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 1 photo © Lanzeni 7. Per preparare un’ultra che tipo di allenamenti fai? Ripetute, medio, lungo, lunghissimo? Con che distanze e a che ritmi? E su che terreni? Corro con passione, per le sensazioni che si provano, corro con il cuore e con l’anima, ma anche con la testa e con le gambe Così facendo, molto, se non tutto, diventa possibile. La preparazione ha per finalità l’arrivare in fondo alla gara, così cerco di non stancarmi troppo. Non corro mai su asfalto se non per brevi tratti, magari mi sposto in auto fin dove posso incrociare sterrato. Le mie corse non le definisco mai “allenamento”. 8. Quante gare hai corso nel 2008? Quante maratone e quante ultra? UTMB, vittoria con record della corsa. Swiss Alpine Marathon, Davos, 2a classificata. Sierre Zinal, 3a classificata. Zermatt Marathon, 1a classificata. Gondo Event, 1a classificata. Questa serie di corse è frutto di un programma iniziato quasi per gioco. Con il mio amico >Pollo<, cominciammo col dire: “e questa la facciamo?” “..ok facciamola!” 42 km: Maratona Prealpina, Traversata dei Colli Euganei, Maratona del Grappa, Maratona dei Forti, Ecomaratona dei Cimbri. Oltre i 42 km: Lavaredo Ultra Trail, Gran Trail Valdigne, Porte di Pietra, Gran Trail Rensen. Altre gare: Camignada, Transcivetta, Superpippo Sorapache. 9. Raccontaci qualcuna delle tue esperienze: qual è stata la corsa/gara più bella che hai fatto? La più lunga, la più dura, la più “strana”? Quella che non rifaresti? Ogni gara e ogni corsa sono differenti, un’esperienza a sé. Alcune gare sono comunque state “speciali”. UTMB 2005 (155km, 8500 d+/-), il mio primo trail, non avevo idea se sarei stata in grado di terminarla, decisi di continuare a correre finché ne avevo. Mi fermai solo all’arrivo ed ero la prima donna. ZERMATT MARATHON 2006 (42,2km, d+1900), la mia prima maratona, ma con dislivelli prossimi ai 2000m. Zermatt all’età di sei anni fu la mia prima esperienza di montagna. Vincere e stabilire il nuovo record della gara è una cosa che non dimenticherò mai. CAMPIONATO DEL MONDO 100km su strada 2006, Oro. Non ha ancora smesso di emozionarmi. EVEREST BAS CAMP TO KATHMANDU (circa 300km, circa 10000 d+, circa 30000 d-), non una gara, ma un sogno, un viaggio dall’incontaminata altezza delle montagne al caos di una città. Stabilimmo il nuovo record: 3 giorni, 2 ore e 36 minuti. UTMB 2008 (166km, 9500 d+/-), tre anni dopo la mia prima volta sono tornata, stavolta con un tracciato più lungo e maggiore dislivello, e anche maggiore competizione. Ho dovuto imparare a convivere con le aspettative... e non solo le mie! Ho corso ogni singola parte con il cuore e con l’anima, con la testa e le gambe. Difficilmente avrei creduto di attraversare le strade di Chamonix al quattordicesimo posto assoluto e prima tra le donne. Non ho così tanta esperienza di gare. La mia corsa e gara più lunga è stata il Gran Trail Valdigne, dura per le condizioni meteo e strana in quanto in certi momenti da soli col buio e la pioggia non sembrava di essere in gara, un’esperienza faticosa ma magica e a tratti irreale quando dal nulla compariva qualcuno a farti ricordare dov’eri e cosa stavi facendo. Invece per quanto riguarda la corsa in genere, basta avere un paio di scarpe e dovunque ti trovi... Ho corso dappertutto e ne ho dei ricordi straordinari: i 10.000 scalini al monte Girnar in Gujarat, sulla costa dello Sri Lanka e dell’India, fra la canna da zucchero a Barbados, in Guatemala, in Messico, nell’Adirondack, nell’Arches Park Utah, al lago Michigan, a Tokyo, Los Angeles, NewYork... un piccolo viaggio nel viaggio. Non rifarei quella dove cadendo ho rotto definitivamente il legamento crociato destro. 10. Qual è la gara che stai ancora sognando? Troppe rispetto a quelle che sarò in grado di completare. Ce ne sono molte che sarebbero esperienze meravigliose. Tuttavia voglio imparare a ottenere il meglio del mio potenziale e capire cosa posso raggiungere su distanze dalla maratona e oltre e anche nella corsa in montagna. Tutto sommato le gare, anche le più esotiche, sono un sogno abbastanza raggiungibile. Il mio sogno-sogno invece... Sovente correndo c’è un momento, il momento perfetto, quando sto così bene che mi dico: ecco, vorrei correre per sempre! Sogno una corsa lunghissima, non 100 km ma 100 giorni, una lunga pausa lavorativa per un viaggio di corsa, poter attraversare un paese correndo. SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 2 photo © archivio The North Face 11. Hai ancora gare in programma per il 2008? E per il 2009? Il mondiale di 100 km su strada a Tarquinia l’8 novembre. Per il prossimo anno l’obiettivo è: difendere il titolo all’UTMB! UTMB se riesco ad iscrivermi e il resto lo programmo strada facendo, ce ne sono tante che mi attirano, anche all’estero, ma non si può fare tutto. Vedremo. 12. Corri da sola o hai compagni di allenamento? E alle gare ci vai da sola? Per preferenza e inclinazione personali corro, ho corso, e correrò sempre da sola, ma qualche volta può capitare, ed essere divertente, avere compagnia e condividere degli obiettivi. Lo scorso inverno, per allenarmi con criterio e aumentare la velocità, ho fatto alcune specifiche sessioni su pista intervallando tratti da sola e tratti con amici. È stato divertente. Durante le gare, invece corro sempre da sola. Come dice un mio amico: si corre sempre da soli. Per me ci sono due tipi di corsa. Una è quella che metti nel calendario come obbiettivo e che ti fa fare un programma di corse che quest’anno, l’ho già detto, è nato quasi per gioco e un po’ per merito di Spiritotrail. Quella che asseconda l’umana necessità di relazionarsi e di misurarsi. La seconda, per me più usuale e a me più affine, è quella solitaria: la corsa come viaggio, scoperta, senza l’uso dell’orologio o delle tecnologie (che impediscono il lusso di “perdersi”...) Scegliere un percorso sulla mappa e andarlo a scoprire o semplicemente ripercorrere una strada nota ma sapendo che l’erba e il sasso che calpesti non sarà più lo stesso sasso e le cose da vedere sono infinite. 13. Ti è capitato di conoscere nuove persone, correndo? Di fare amicizie? O magari di innamorarti? Ogni persona che incontri lascia qualcosa nella tua vita. Sono stata fortunata ad incontrare molte persone meravigliose, dalle quali ho imparato tanto, persone che mi hanno ben accolta nei luoghi dove ho viaggiato. Talvolta le cose più entusiasmanti le ho vissute in quello che, a prima vista, poteva essere ordinario o mediocre. Ci sono delle persone straordinarie nel mondo della corsa, e anche se non arrivo a conoscerle è qualcosa che percepisco. Ho una grande ammirazione per i Top, i fortissimi, ma ho più simpatia per gli ultimi. 14. Parliamo di alimentazione: segui una dieta? Sei sempre attenta a quello che mangi oppure no, e ti concedi qualche vizio ogni tanto? Sono vegeteriana fin dall’età di cinque anni. Una volta che ho capito da dove proveniva la carne (cosa fosse) mi sono rifiutata di mangiarla. Mantengo una dieta salutare a base di frutta fresca, verdura, e alimenti poco elaborati. I vizi sono il sale della vita, corro anche per pagarli. 15. Cosa mangi prima di una gara lunga? E durante? E dopo? Non c’è una dieta speciale prima di una gara lunga. È molto simile a quella di tutti i giorni. Durante una gara: dipende dalla distanza e se la corsa è in montagna o su strada. Durante una corsa lunga in montagna, il cambio di passo permette con facilità di nutrirsi: pane, formaggio, frutta, tè, ecc. Durante una gara lunga su strada, dove si corre ad un passo di maratona, veloce, diventa tutto più complicato e io sto ancora imparando il modo migliore.Per quanto riguarda l’alimentazione del dopo gara, riprendo più o meno a mangiare come prima. Verdura e frutta sempre. Prima poche proteine e molti carboidrati, durante principalmente gel e integratori, dopo più proteine, meno carboidrati e... sicuramente un brindisi. 16. Oltre la corsa: hai un diario, un quaderno di appunti, un blog? Tieni traccia o memoria delle tue corse? Sto provando a tenere una traccia dei miei allenamenti con un piccolo diario personale come riferimento e mi piace un sacco scrivere. Di recente ho anche iniziato un blog dopo l’assillante pressione di amici e familiari. Lo trovate su www. lizzyhawker.blogspot.com Tengo i numeri dei pettorali, nient’altro. 17. Come concili la corsa con tutto il resto (lavoro, famiglia...)? È molto difficile raggiungere un buon equilibrio tra lavoro, allenamento, competizioni e spedizioni alpinistiche. Sono una scienziata, mi occupo di ambiente; Ho un lavoro autonomo e posso gestirmi gli orari. La mia famiglia comprende Luciano, mio marito, che ha interessi opposti ai miei ed ognuno è libero di SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 3 photo © Enrico Pollo Pollini per professione, da quest’anno, ho lasciato l’università e sto tentando di diventare stabilmente giornalista o scrittrice freelance o ricercatrice per organizzazioni. L’intenzione è quella di avere più tempo per attività non scientifiche. Tuttavia, intuisco che è diventato così naturale correre tutti i giorni, ovunque sia, qualsiasi cosa stia facendo, che ormai fa parte del ritmo della mia vita di tutti i giorni. assecondare le proprie passioni nei tempi e modi che preferisce. Inoltre ho 3 cani: Leone cane da passeggio e Dina e Uli immancabili compagne di corsa. 18. Hai uno sponsor o ti paghi tutto da sola? Riesci a prendere qualche premio alle gare? Hai mai quantificato quanto ti costa correre in un anno? Sono stata fortunata a ricevere sponsorizzazioni sia da The North Face sia da una piccola società tedesca di progettazione, la Tecosim. Per me sono un supporto vitale, che mi permette di avere un lavoro part-time e di tentare di ottenere un migliore equilibrio tra lavoro e corsa (la federazione inglese di atletica non da’ alcun supporto economico per ultra, corsa in montagna o altre gare di endurance). Questo equilibrio lo sto ancora cercando: non è facile avere un guadagno economico e le corse di ultra-distanza non ti permettono di sopravvivere. Talvolta mi capita di ricevere dei premi, ma non tutte le gare danno un premio in denaro, e la cifra ottenuta non è certo sostanziosa, benché sia naturalmente di qualche aiuto. Le ultra distanze e la corsa di resistenza non sono vocazioni da cui si possa trarre profitto, lo fai per passione! Essere supportati da The North Face significa molto per me perché la loro filosofia, racchiusa nel motto “never stop exploring” (“non smettere mai di esplorare”), è qualcosa che sento come importante per ciascuno nella propria vita, non solo nello sport, ma in tutti gli aspetti della vita, fisicamente, mentalmente e spiritualmente. Comunque se vi capiterà di ottenere sponsorizzazioni è molto importante che ricordiate perché correte e che possiate mantenere la vostra coerenza/integrità. Considero ben spesi i soldi spesi per la corsa. 19. Cosa vuol dire per te correre un ultratrail? Cosa ti spinge a fare corse estreme? C’è un certo incantamento nel viaggiare/ spostarsi su un sentiero attraverso la montagna, in modo così semplice e sorretto solo dalle tue energie. Senza lasciare nulla che non siano le tue impronte, ma allo stesso tempo sfidando te stesso: fisicamente e mentalmente al limite. L’adrenalina prima della corsa, la sfida, il proprio limite... ma le tante ore di corsa sono un’esperienza di introspezione. Il gioco di equilibri tra il fisico e la psiche alleati per un unico obbiettivo, quindi riuscire a sublimare la fatica, andare oltre al dolore... è per me una sorta di meditazione. 20. Scusa ma... perché corri? Amo correre. Il mio ambiente favorito è la montagna dove la mia anima si sente più a casa. Ma ovunque si possa viaggiare si può anche correre: tutto quello di cui si ha bisogno è se stessi e un paio di scarpe. Lo puoi fare sempre e ovunque. E il bello della corsa è la sensazione di libertà che ti dà. Per tutto quanto detto, sarebbe un peccato non farlo! 21. ...tema libero! Una delle mie citazioni preferite è di Goethe e dice, più o meno: “qualsiasi cosa tu possa fare o sognare di farla, cominciala. L’audacia ha in sé i tratti del genio, della magia e della forza”. La vita è breve, così dobbiamo essere coraggiosi e cominciare ad esplorare i nostri sogni. Perché talvolta, solo talvolta, i sogni diventano realtà. Ringrazio Spiritotrail che democraticamente dà la possibilità a tutti di contribuire e raccontarsi, sentirsi protagonisti a volte a fianco dei Top runners nella webzine, con una formula comunicativa semplice ed efficace. SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 4 SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 5 photo © La Cerniera-Superpippo Sorapache photo © Belinda Sorice photo © Freancesco Martinelli [VADEMECUM...] NOVEMBRE: fermarsi per ripartire con criterio Testo di Gualtiero >krom< Linetti INIZIA LA STAGIONE FREDDA E PER CHI HA GAREGGIATO TUTTO L’ANNO SULLE ULTRADISTANZE SI PUÒ RAGIONEVOLMENTE CONSIDERARE DI ESSERE NEL BEL MEZZO DI UN PERIODO DI RIPOSO... RIPOSO “ATTIVO”, SI INTENDE! S e lungo l’anno abbiamo ripetuto il medesimo gesto atletico è sacrosanto attendersi, il corpo e la mente ce lo chiedono, un distacco della spina, semplicemente occupandoci, con ritmi non agonistici, di sport più o meno “confinanti”: trekking, alpinismo, mountain bike, nuoto, sci (ma la lista potrebbe non finire qui!). Ogni disciplina consente di mantenere allenati uno o più aspetti tipici del trail e, al contempo, stimolare altri settori. A fronte di questo si potrà notare un sensibile calo generale delle prestazioni fisico-atletiche; tuttavia possiamo considerarlo realisticamente coerente con il nostro livello di atleti amatori. Io reputo infatti normale, naturale, una messa a punto fisiologica del nostro motore, azzerando logoramenti articolari o muscolari, anche quelli meno percepiti ma potenzialmente non meno pericolosi, e stanchezze, mentali e non, in vista di un rinnovarsi e un ripartire motivati e privi di qualsiasi impedimento e stato negativo. È in questo periodo che si inizia a pensare agli obiettivi e al proprio personale calendario 2009. Nel programmare la futura stagione è logico pensare all’inverno che la precede come lo spazio ideale, lontano dall’assillo di competizioni e di conseguimento della forma eccelsa a tutti i costi, dove insistere e costruire le caratteristiche atletiche basilari del nostro sport oppure dando maggior risalto a quegli aspetti che abbiamo notato carenti durante la stagione appena conclusa. Nel predisporre la personalissima e individuale (per caratteristiche, carichi e gare) tabella annuale, dobbiamo quantomeno conoscere come siano prodotti gli adattamenti organici alle sollecitazioni dell’allenamento. Adattamenti che, ovviamente, sono tesi a migliorare il livello di prestazioni. Ad ogni sollecitazione il corpo risponde adattandosi, riportandosi in equilibrio. L’allenamento intenso, sotto carico, è una sollecitazione. Se l’organismo ha il necessario tempo di recupero tenderà a ri-equilibrarsi compensando con un adattamento delle proprie caratteristiche, ovvero si aumenterà il proprio livello prestazionale. Pare banale, ma spesso sfugge ai più: i tempi del carico progressivo e quelli del recupero sono entrambi di fondamentale importanza. Come ha importanza la seduta di riposo (o di corsa rigenerante per quelli che non riescono a stare fermi) dopo un allenamento molto intenso. Ricarichiamo quindi le pile, fantastichiamo sui nostri obiettivi futuri, ma non utilizziamo la stagione alle porte per allenarci senza soste. I tempi del recupero e dello scarico sono importantitantoquantoquellidell’allenamento intenso. Programmiamo sì, ma con criterio e con una distribuzione del carico coerente e progressiva e intervallando, non oltre le due, tre settimane, una settimana con uscite di recupero e carico meno intenso. ▼ SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 6 [MATERIALI...] SALOMON XT WINGS A cura di Leonardo >leosorry< Soresi F in dal 2001 sono sempre stato un grande fan delle XA Pro della Salomon (vi ricordate il primo modello con quei tre colori assurdi, giallo, rosso e blu?). Ne restai conquistato, per l’ottima tenuta anche nelle condizioni di terreno più infide, e per la rapidità con cui si asciugavano una volta bagnate. Purtroppo si trattava di una scarpa che non aveva nell’ammortizzazione e nel supporto le sue caratteristiche migliori, tanto che le aziende concorrenti affermavano malignamente che per Salomon “il cushioning era un optional non incluso nel prezzo”. Con i modelli successivi, Xa Pro 2 e Xa Pro 3D, le caratteristiche di ammortizzazione furono migliorate, rimanendo però ancora sostanzialmente inferiori rispetto ai modelli realizzati dai produttori di scarpe da strada. Nonostante questa carenza, la Salomon è diventata indiscutibilmente il produttore leader di scarpe da trail: basti pensare che all’ultimo UTMB oltre il 40% dei finisher indossava scarpe Salomon! Non contenta dei risultati di mercato raggiunti, la casa francese dal 2008 ha deciso di puntare su un nuovo modello, la XT Wings, per rispondere all’esigenza di maggiore cushioning fatta rilevare dagli ultratrailer. La XT riprende alcuni degli elementi di maggior successo che caratterizzavano la serie XA Pro, inserendo però un triplo strato di EVA sotto il tallone per dare quel livello di “elasticità” che, dopo molte ore di corsa, è un sollievo per gi- S P I R I T O T R AI L [ N O V E M B R E 2008] - 37 nocchia ed articolazioni. Oltre a questo strato di materiale elastico, la Salomon ha introdotto una combinazione di elementi denominati AC Muscle™ e AC Skeleton™, che assicurano da un lato un migliore assorbimento degli shock da impatto del piede sul terreno, dall’altro un mantenimento delle caratteristiche di ammortizzazione durante tutta la vita utile della scarpa. La già eccezionale stabilità dello chassis delle XA Pro è stata ulteriormente sviluppata in queste XT Wings attraverso l’introduzione di una tecnologia chiamata AC Tendon™, un sistema capace di assicurare una migliore coesione tra i vari elementi della suola, così da consentire una corsa più agile e quindi più naturale. In definitiva si tratta di una scarpa che parte dai risultati sin qui sviluppati dalla Salomon e che tenta di spostare il baricentro verso caratteristiche di comfort e ammortizzazione che prima passavano in secondo piano. La scarpa perfetta insomma? Ci siamo molto vicini, almeno per corridori di ultratrail che non fanno della velocità il loro punto di forza. Esistono però ancora alcune aree in cui c’è spazio per ulteriori miglioramenti. Intanto il peso: 390 grammi (in misura 43) non sono pochi. A questo riguardo è però interessante la concezione di Salomon secondo cui non è tanto importante il peso complessivo della scarpa, quanto la sua distribuzione in tutta la lunghezza del piede. Mentre negli altri modelli il peso è diviso equamente tra avampiede e tallone, nelle XT Wings la parte posteriore risulta più leggera rispetto alla parte anteriore, permettendo una corsa più fluida. In secondo luogo è stato mantenuto il tanto amato e odiato sistema di chiusura Quicklace System™, costituito da un cordino in kevlar che basta tirare per regolare il livello di chiusura della scarpa. Amato perché molto efficace e perché regala la sensazione di poter veramente stringere bene la scarpa intorno al piede. Odiato perché pur essendo costruito in un materiale come il kevlar, non sono stati pochi in passato gli episodi di rottura di questo sistema di chiusura. E mentre per una scarpa normale è sufficiente avere a disposizione un qualsiasi tipo di laccio di riserva, nel caso delle Salomon, pur essendoci dei kit per la sostituzione del laccio, è pressoché impossibile farlo in gara. Infine un ultimo appunto è sul grip della scarpa: il materiale con cui è costruita la suola è rimasto lo stesso dei modelli precedenti (il Contagrip™), ma è cambiata la disposizione dei tasselli: a mio avviso la capacità di tenuta è leggermente inferiore rispetto a quella delle XA Pro, mantenendosi comunque ad un livello molto elevato. u PARAMETRI DI VALUTAZIONE Comfort: il piede percepisce l’interno della scarpa come comodo? Reattività: la scarpa si muove fluidamente accompagnando il piede dalla fase di appoggio a quella di stacco da terra? Ammortizzazione: la scarpa è adeguatamente ammortizzata? Stabilità: la scarpa offre adeguata stabilità in fase di appoggio su un terreno sconnesso? La scarpa è in grado di impedire storte alle caviglie o altri potenziali infortuni? Grip: La suola è in grado di assicurare sufficiente tenuta, riducendo il rischio di scivolare sia su fondi asciutti sia bagnati? Protezione: la scarpa protegge il piede negli urti contro rocce, pietre, radici? Sistema di chiusura: è in grado di impedire al piede di scivolare verso la punta durante le discese? Peso: qual è il peso della scarpa? VALUTAZIONE delle SALOMON XT WINGS Comfort: OTTIMO Sin dal primo utilizzo risultano estremamente comode e non presentano particolari rigidità che possano causare vesciche. Il sistema Sensifit avvolge il piede dando precisione e sicurezza alla calzata. L’imbottitura interna in materiale spugnoso fa addirittura pensare di stare indossando delle scarpe da strada anziché da trail. Ottima anche la traspirabilità e contenuto il tempo di asciugatura. Reattività: ECCELLENTE Il sistema AC Tendon sembra funzionare davvero bene: la corsa ne risulta naturale e anche i movimenti di accelerazione sono più agili e richiedono meno sforzo. Ammortizzazione: OTTIMA Si vede che questa XT Wings è stata progettata tenendo in mente gli ultra trail estremamente lunghi. Il triplo strato in EVA fa il suo lavoro egregiamente e anche dopo parecchie ore la sensazione di “elasticità” rimane inalterata. Consigliata quindi per qualsiasi distanza anche per gli atleti di peso elevato. Stabilità: ECCELLENTE Permette di muoversi in velocità su sentieri sconnessi limitando al minimo gli sforzi per mantenere l’equilibrio. La scarpa è ideale per chi ha un appoggio pronatore. Grip: MOLTO BUONO Qui l’esperienza di Salomon si fa sentire e la sensazione durante la corsa è di completa sicurezza. Il grip è però leggermente meno aggressivo di quello della serie XA Pro. La suola non ha mostrato segni precoci di usura. Protezione: ECCELLENTE La protezione in gomma anteriore è più che sufficiente, così come la protezione laterale. Sistema di Chiusura: BUONO Come già scritto, è un sistema tremendamente efficace, che però è poco flessibile e che può dare problemi di affidabilità. Questo è un versante su cui si possono ancora fare miglioramenti, magari studiando un sistema di allacciatura più affidabile. Peso: BUONO La scarpa, pur con un peso di 390 grammi (versione maschile e misura US10.5), risulta comunque leggera. Il sistema AC Tendon assicura una flessibilità che maschera bene i 30-40 grammi di differenza rispetto ad altri modelli. S P I R I T O T R AI L [ N O V E M B R E 2008] - 38 SALOMON XT WINGS Comfort: Reattività: CONDIZIONI DI TEST Distanza: 200 km Terreno: sassi, rocce, fango, erba Ammortizzazione: Stabilità: Sistema di chiusura: Protezione: DATI TECNICI Peso: 390 gr vers. maschile Prezzo: 130 € (consigliato) Misure: uomo: da US 6,5 a 13,5 Garanzia: 1 anno Colori: rosso/nero, verde/grigio, arancione/grigio Grip: Peso: CONSIGLIATA PER Appoggio: Pronatore, neutrale Tipo gara: Ultra Trail Atleta veloce: allenamento Atleta lento: gara o allenamento Prezzo: SALOMON XT WINGS Il giudizio dei lettori Le ho usate tutta l’estate per le gare di lunga durata (LUT-GTV-CCC-PdP). Non posso che parlarne bene, certo un po’ rigide, ma sicuramente molto ammortizzanti, cosa che per un peso massimo come me (87 kg) è importante! Non le consiglio ai pesi piuma (60/70 kg), sopra sì! Comunque, per rodarle bisogna farci qualche km in allenamento. Scarpe, come tutte le SALOMON, molto tecniche e adattabili anche all’asfalto, purché non siano troppi km. Grip ottimo per tutti i terreni e tutte le gare, dalle skyrace alle Ecomaratone. Per il chilometraggio penso non si superino i 6/700 km, che per una scarpa da Trail non è poco. Prezzo un po’ alto, ma se avete uno sponsor come me (mia moglie) non avete nessun problema! gio62 Subito ero scettica perché ero abituata alle XA PRO che sono molto più rigide, soprattutto sul collo del piede, ed era una cosa che mi dava sicurezza in discesa. Poi, dopo aver fatto delle uscite lunghe di 4-5 ore, ne sono rimasta entusiasta! Niente vesciche e piedi doloranti, soprattutto il tallone ammortizzato aiuta a mantenere un passo ‘’elastico’’ anche quando la stanchezza lo rende pesante. Per ora le ho usate solo su sentieri appenninici e mi piacciono, ho il dubbio che sulle Dolomiti, in discese ripide e sassose, serva maggiore attenzione proprio perché essendo morbide lasciano il piede libero di muoversi... ma non lo proteggono. elisa S P I R I T O T R AI L [ N O V E M B R E 2008] - 39 [CONCORSO FOTOGRAFICO...] “SCATTI… DI CORSA!” “SPIRITO TRAIL” BANDISCE IL 1° CONCORSO FOTOGRAFICO “SCATTI… DI CORSA!” SUL TEMA: “LA CORSA IN NATURA” OVVERO IMMAGINI ED EMOZIONI DEL TRAIL RUNNING. Regolamento 1. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti, senza distinzione di età o nazionalità. 2. Il concorso prevede una sola categoria ma è lasciata la massima libertà sia nell’interpretazione del soggetto sia nella tecnica. 3. Ogni autore/autrice può presentare un massimo di 3 fotografie in b/n e/o colore. Sono ammesse elaborazioni digitali. 4. Le opere dovranno avere le seguenti caratteristiche: . essere esclusivamente in formato digitale JPG . essere spedite via e-mail a redazione@ spiritotrail.it . essere nominate con cognome e nome dell’autore e numero progressivo in minuscolo separate da under_score (esempio: rossi_marco_01.jpg rossi_marco_02. jpg ) 5. Le foto potranno essere accompagnate da una didascalia, una storia, una poesia per raccontare l’evento legato al soggetto fotografato. 6. Le foto possono essere state scattate in ogni parte del mondo. 7. Le foto pervenute sono a disposizione della redazione e possono essere utilizzate senza vincolo alcuno. 8. Gli autori, inviando le foto, dispensano la redazione da qualsiasi onere presente e futuro, garantendo che le stesse opere non sono gravate da qualsivoglia diritto. 9. Le opere dovranno essere di proprietà dell’autore, non sono ammesse foto non scattate dell’autore 10. Il giudizio della Giuria è insindacabile ed inappellabile. 11. Ogni autore è responsabile del contenuto delle immagini pervenute e ne autorizza l’esposizione in internet sul sito www.spiritotrail.it 12. La premiazione verrà effettuata in data e luogo da definirsi al termine del concorso. 13. L’invio stesso delle foto verrà considerato come accettazione del presente Regolamento. COMMISSIONE La commissione esaminatrice, presieduta dalla fotografa Belinda Sorice, è composta dalla redazione della webzine Spiritotrail. La commissione deciderà insindacabilmente le opere da premiare basandosi sui criteri seguenti: 1) QUALITA’ E TECNICA FOTOGRAFICA 2) CREATIVITA’ 3) PUNTO DI RIPRESA L’elenco dei primi classificati verrà pubblicato online sul sito www.spiritotrail.it. Il vincitore sarà contattato direttamente dalla redazione. PREMI Tra le foto pervenute entro il giorno 20 di ciascun mese, la commissione esaminatrice sceglierà la “Foto del mese” che verrà pubblicata sulla webzine “Spiritotrail” del mese successivo. Tra le 6 foto prescelte come “foto del mese” nel periodo luglio 2008 – dicembre 2008 verrà scelto un vincitore assoluto, la cui foto verrà premiata con il titolo di “Foto dell’anno”. La foto dell’anno, oltre ad essere pubblicata sul numero di dicembre della webzine, rimarrà esposta per almeno un anno al seguente indirizzo: www.spiritotrail.it SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 0 vallone di Loo (Gressoney) - In gara è obbligatorio aiutare chi necessita di aiuto , ma in allenamento di più ancora! foto di Fabio Aimo Boot - fabfly SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 1 [SCRITTO DA VOI...] ANCHE NOI CORRIAMO! Richiesta-Protesta ai vari Organizzatori di Trail Runner: MAIA Riva Testo: Alessandra Tosi (mamma) Foto: Alessandro >Otto< Riva(papà) C ome spesso succede nei week-end, seguo il mio papà in una delle sua “imprese”! Ma non sempre il tempo lo permette, perchè quando piove io e la mia mamma ce ne stiamo al riparo nel camper (povera mamma, intere domeniche all’interno del camper, mentre fuori si corre!). Ma questa volta abbiamo raggiunto il nostro “eroe” al traguardo; e sorpresa per me, anch’io avevo da correre la mia gara! Un mini giro, (due per i più grandi) al traguardo della Monterosa Skyrace di Alagna. Mi sono divertita, ho corso e ho anche vinto la mia medaglietta di legno, la prima, (chissà le prossime!!!); e c’erano anche un sacco di premi a sorteggio. E’ stata una bella esperienza, ma che fatica correre! Infatti per un pezzo, la mia mamma mi ha preso in braccio e via di corsa, (beh così per una volta ha corso anche lei!). Dunque bimbi fatevi portare un altr’anno, perchè per una volta corriamo anche noi! ▼ SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 2 [ PREVIEW...] “TA” d’AUTUNNO Testo di Matteo >emme< Grassi Foto di Gianni >giadep< De Polo e Nicole Lasagna È quando si spegne il solleone, è con le prime nebbie e con le foglie morte, è con la brina e con l’aria pungente che si entra in stagione di TA. D’estate è pieno di gare, lunghe, corte, alte e basse e chi più ne ha più ne metta. Proporre un TA in agosto è impresa ardua e ancora di più è farlo in settembre, quando i trailer iniziano a pagare la tanta fatica profusa sui duri sentieri. Ma ormai anche ottobre è passato e le gare in calendario si contano sulla punta delle dita, un po’ di riposo l’abbiamo I A T fatto e abbiamo ricaricato le batterie del nostro spirito. Siamo pronti a ripartire e ad addentrarci nell’avventura collaudata ed apprezzata dei TA? Certo che sì, ma… cosa? C’è qualcuno laggiù che non sa cos’è un TA, non ne ha mai sentito parlare? Strano ma… lo ripetiamo volentieri: “TA” sta per “Trail Autogestiti”, vere e proprie alternative alle gare che appunto in questo periodo scarseggiano, per noi che non siamo proprio capaci di starcene a casa con le pantofole a guardare la tivvù. E così ci siamo inventati anche questi raduni per correre in gruppo. Va però precisato che più che allenamenti in senso stretto, i TA offrono l’occasione di scoprire luoghi e paesaggi e di conoscere nuovi ambienti naturali anche lontani da casa, luoghi che magari altrimenti non avremmo mai visitato. Grazie ai TA si gira l’Italia: Alpi, Prealpi, Appennino e colline, l’importante è un buon itinerario, tanti sentieri e, non dimentichiamolo, un buon ristoro finale, ovviamente autogestito, che abbiamo ribattezzato “terzo tempo”. Avete capito là in fondo? Tutto chiaro? Bene, riprendiamo il filo del discorso allora: quando, dove, e soprattutto come si svolgeranno i prossimi TA. SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 3 A T I - 9 novembre, Recoaro - Pian di Giazza (Vi), TA DELLE PICCOLE DOLOMITI, organizzato da >pollo< che scrive sul Forum di Spiritotrail: Venghino venghino siore e siori, il T.A. delle Piccole Dolomiti è confermato, con il percorso corto 21km 1500m D+, partenza a quota 1200m, quota max 2250m, spettacolare, con passaggio su quattro valli, Agno Chiampo Illasi e Vallarsa, e tre province, Vicenza Verona e Trento, la parte alta in ambiente dolomitico... Sì, sì, avete letto giusto, 9 novembre, ovvero… fra pochissime ore, sbrigatevi allora a raccogliere tutte le informazioni che servono per confermare la vostra presenza. 16 novembre, Monghidoro (Bo), Appennino Tosco-Emiliano, SCARICALASINO TRAIL, proposto da >Mark<, che scrive sul Forum di Spiritotrail: Il trail parte da Monghidoro, scende, poi sale a Ca di Morandi (dove ci sarebbe di cantare “zumba zumba zum zumba zumba zum andavo a 100 all’ora” davanti alla casa del grande Gianni”) e monte Piano per poi scendere, passando alcuni storici pillastrini, alla val di Savena… Con una presentazione così non vorrete certo mancare! Metti caso che ci sia pure il Gianni nazionale… cosa state aspettando … (ma non faceva “ciunga ciunga ciu ciunga ciunga ciu - la la la la - ciunga ciunga ciu ciunga ciunga ciu - la la la la la - andavo a cento all’ora - per trovare la bimba mia - ye ye ye ye ye ye ye ye…” ?). - 23 novembre, Valmareno (Tv), Prealpi trevigiane, TA ANNIVERSARIO AL COL DE MOI, proposto da >emme< (cioè io), che scrive sul Forum di Spiritotrail: Il 25 novembre 2007 si svolgeva il 1° TA. Che ne dite di festeggiare il 1° anniversario ripercorrendo le tracce di quella giornata da pionieri e che ormai è storia??? A un anno dal primo TA, ci ritroviamo nello stesso posto, sugli stessi sentieri e, soprattutto, nella stessa osteria per il brindisi di rito. Vi aspetto numerosi! SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 4 [ PREVIEW... ] Brescia, 23 Novembre MADDALENA URBAN TRAIL Testo di Gualtiero >krom< Linetti Foto di Trail Running Brescia T rail Running Brescia (TRB) è un’associazione sportiva che si è costituita circa un anno fa raccogliendo uno sparuto gruppo di appassionati bresciani del trail e ottenendo, in poco tempo, eccellenti risultati in termini di adesioni e fama. L’associazione, ormai composta da quasi quaranta atleti, sta cercando di diffondere la passione per la corsa in natura. E da questo principio, fortemente condiviso, è nata questa idea poi concretizzatasi nel “Maddalena Urban Trail”. Il monte Maddalena è la propaggine meridionale delle prealpi bresciane che quasi si insinua nel territorio cittadino e offre una fitta rete di sentieri ben segnalati e in sicurezza. Il trail proposto percorre alcune di queste tracce partendo dal tessuto urbano fino a svilupparsi attorno alle colline circostanti. Il 23 Novembre infatti, TRB organizza l’edizione dimostrativa (la “zero”) di questo appuntamento, un’occasione di incontro e di introduzione tra gli appassionati e i neofiti della disciplina. Si potranno scegliere tre distanze (12, 21 e 27 km, con dislivelli totali che variano da 350 m fino a 1250 m), tutte ad anello. I percorsi, anche impegnativi ma totalmente privi di tratti pericolosi e immersi del Parco Collinare di Brescia (una realtà comprendente anche cinque comuni limitrofi al capoluogo), alternano ripide salite, ma anche sinuosi profili corribili, belle discese, pochissimo asfalto, molti passaggi spettacolari nel sottobosco e alcune visuali panoramiche notevoli: gli Appennini, il lago di Garda, il Monte Baldo, le prealpi Bresciane fino al lontano Monte Rosa che troneggia nelle giornate particolarmente limpide. Il tutto nei caldi colori dell’autunno inoltrato. L’appuntamento permetterà ai trailer bresciani di far conoscere uno scenario completamente immerso nella natura, a tratti anche selvaggio, a ridosso di una zona fortemente antropizzata. ▼ Sul pos sito we sibile b info rma trovare dell’ass oc z ioni sit prat nel de iazione es ttag ic trail . he. sa lio t runn g o o utte rà ingb gle resc le . c info ia om .trail /si bres te cia@ / gma il.co m SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 5 [ PREVIEW...] TRAIL dei DUE LAGHI Testo di Marco >marcobummi< Flamminii Minuto Foto di Carlo Ricci ROMA È UNA METROPOLI SUI GENERIS. IN MEZZO A QUARTIERI DENSAMENTE POPOLATI E PERENNEMENTE TRAFFICO SI ARTERIE DI ASFALTO CONGESTIONATE TROVANO TANTE DAL AREE VERDI. DAGLI IMMENSI PARCHI DI VILLA BORGHESE E VILLA PAMPHILII AI PARCHI NATURALI COME QUELLO DELL’APPIA ANTICA, LE AREE NATURALI APERTE AL PUBBLICO NON MANCANO. ALCUNE DI ESSE SONO ANCHE MOLTO ESTESE, BASTA OSSERVARE UNA MAPPA DELLA CAPITALE PER RENDERSENE CONTO. Q uesta connotazione non viene meno quando si esce dalla città, in pratica usciti dal grande cerchio del Grande Raccordo Anulare si è subito immersi nell’agroromano. Il verde che caratterizza ampie fette della città eterna si evidenzia anche nella sua provincia, un territorio decisamente rurale contraddistinto da campi agricoli nella basse valle del Tevere e ampie zone di pascolo sulle colline. Caratteristiche che ritroviamo anche nella zona del lago di Bracciano, uno dei luoghi naturalisticamente più belli a ridosso della capitale. Le tranquille rive del lago sono infatti circondate da colline in cui ampi boschi si inframezzano con vaste aree di pascolo per mucche, cavalli e pecore. scelgono l’atmosfera intima e rilassata di questi luoghi. In questo scenario si terrà il 14 dicembre la prima edizione di una nuova gara trail. Il percorso non troppo lungo (19 km) né troppo duro (non ci sono salite terribili) ma tecnicamente non banale e in un bel contesto panoramico, promette di regalare soddisfazioni un po’ a tutti. Il tracciato di gara percorre alcune delle più belle carrarecce fra il lago di Bracciano e il suo fratello minore, il lago di Martignano, che negli ultimi anni ha visto crescere parecchio la sua popolarità fra gli amanti della natura e d’estate le sue rive sono spesso piene di bagnanti che La gara prenderà il via alle 10 da Anguillara Sabazia (il ritrovo per gli atleti è fissato dalle 8 in poi). Le strade sterrate che vi conducono da Anguillara Sabazia costituiscono il terreno di allenamento abituale di diversi podisti della zona. La voglia di condividere anche con altri la bellezza di questo percorso collinare ha spinto Carlo Ricci e la Anguillara Sabazia Running Club a organizzare questo evento che si propone di diventare la grande classica di apertura del calendario dei trail invernali. ▼ Sono previsti premi in natura per i primi 5 uomini e le prime 5 donne oltre che per i primi 3 di ogni categoria. Per informazioni si può visitare il sito www.asrc.it o contattare direttamente l’organizzatore Carlo Ricci al 349.6386348. Le iscrizioni chiuderanno al raggiungimento di 200 partecipanti, pertanto è bene affrettarsi. SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 6 [FLASH GARE...] 09 novembre 2008 YSANGARDA TRAIL CANDELO (Bi) distanza: 31 km dislivello: 500 D+ organizzazione: A.s.d. Sport & Natura www.sportenatura.com http://www.traildeiparchi.com/ [email protected] il percorso: per un 30% modificato rispetto agli scorsi anni, ha assunto uno sviluppo più lineare attraversando il Comune di Castellengo e il suo Castello, in parte rimarcando quella strada che collegava i due paesi, per una lunghezza totale di circa 31 km. Percorso ondulato, non vi sono lunghissime e impegnative salite, il fondo è quasi esclusivamente su terra con pochissime pietre. i punti forti: l’autunno colora il paesaggio, lo trasforma: la Baraggia diventa suggestione d’Africa, e sembra una paglierina savana africana. Un aspetto che rende unica la baraggia: il Vecchio Mondo europeo che s’incontra e si fonde con le sconfinate pianure africane. i passaggi più spettacolari : l’altipiano della Baraggia, il Castello di Castellengo, la partenza e l’arrivo sotto le mura del Ricetto di Candelo che cosa attira di più il trailer: una gara di una lunghezza non eccessiva ma ugualmente impegnativa e totalmente immersa in un ambiente naturale unico nel suo genere. Può inoltre essere un’occasione, dato il dislivello minimo, per chi volesse avvicinarsi al meraviglioso mondo della corsa in natura. 16 novembre 2008 TRAIL DEL MONTE DI PORTOFINO (Ge) distanza: 23 km dislivello 1250 D+ organizzazione: A.S.D. Atletica Rapallo Golfo Paradiso Recco http://www.marciarcobaleno.it [email protected] il percorso: partenza da Santa Margherita Ligure, si sale fino a Nozzarego, circa al km 2, si prosegue nei sentieri del Monte di Portofino, si toccano le loc. Gave, Mulini, Pietre Strette, San Rocco di Camogli, San Fruttoso, Base Zero e ritorno in piazza Martiri della Libertà attraverso Nozzarego. Percorso di incomparabile bellezza, non c’è un punto del percorso che sia scontato, praticamente tutto immerso nella natura della grande varietà di flora, dai Castagni ai Pini Marittimi e D’Aleppo, Ginestre e Corbezzoli, con panorami mozzafiato sia sul Golfo del Tigullio sia sul Golfo Paradiso. i punti forti: la manifestazione vorrebbe lanciare dei messaggi di pace e di fraternità; in modo particolare si vorrebbe contribuire a costruire un mondo più unito, dove il rispetto della natura, la sensibilità verso gli ultimi la facessero da padrone, così come veicolare una importante idea, che talvolta sembra scontata ma non lo è ovvero: “Saper perdere per salvare la bellezza dello sport”. i passaggi più spettacolari: Pietre Strette, San Fruttuoso, Camogli che cosa attira di più il trailer: l’incomparabile bellezza del percorso, dalle montagne che si stagliano a picco sul mare, dai bellissimi borghi come San Fruttuoso collocati in in una natura quasi incontaminata, dove si possono trovare anche animali selvatici, dalle particolari capre autoctone, ai cinghiali e ai rapaci. SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 7 CALENDARIO NOVEMBRE (data, nome, distanza/disl., luogo, riferimenti) 08 NOVEMBRE - 100 km degli Etruschi – Tuscania/Tarquinia (VT) - 100 km su strada - www.italiamarathonclub.it 16 NOVEMBRE - Panoramica della Salute km 6, 12 - Loc. Costa di Vittorio V.to (TV) - 0438.551076 16 NOVEMBRE - Trail del Monte di Portofino - km. 24 - Santa Margherita Ligure (Ge) - www.marciarcobaleno.it - [email protected] DICEMBRE (data, nome, distanza/disl., luogo, riferimenti) 08 DICEMBRE - Marcia dell’Immacolata km 6, 12 – Solighetto (TV) - 043 883143 11 DICEMBRE - Skyrunning Valli di Lanzo - Lanzo (TO) - 338 2662405 NOTE: - questo calendario non contempla le corse in montagna Fidal, per le quali si rimanda al calendario pubblicato su www.fidal.it - il calendario è stato redatto sulla base dei calendari pubblicati da: - un ringraziamento particolare a Maurizio Scilla, al cui sito www. mauscilla.it si rimanda per il calendario dei trail francesi e svizzeri www.trailrunningitalia.it www.fsa-sky.org/ita - il calendario sarà aggiornato mensilmente, aggiungendo ulteriori informazioni o correggendo eventuali errori www.fiaspitalia.it/manifestazioni.htm - per segnalare nuove gare o eventuali inesattezze scriveteci a [email protected]. www.iutaitalia.it/calendari.htm - le corse non appartenenti a questi calendari sono state inserite sulla base di conoscenze o segnalazioni Grazie! “IO NON GETTO I MIEI RIFIUTI” è una campagna promossa da Spirito Trail e rivolta a tutti i veri trailers, atleti e organizzatori, per tutelare l’ambiente e la natura. Troppo spesso durante le gare si vedono sul tracciato rifiuti lasciati dai partecipanti. Una maggiore sensibilizzazione servirà a far capire a tutti che le corse trail non possono prescindere da questa semplice regola: non si gettano rifiuti per terra! Aiutateci a diffondere questo messaggio con i vostri siti, i vostri blog, o semplicemente con il passaparola! Grazie. Anch’io aderisco alla campagna IO NON GETTO I MIEI RIFIUTI Monica Carlin S P I R I T O T R AI L [ N O V E M B R E 2008] - 48