Calendario gare - Ecomarathon.it

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Calendario gare - Ecomarathon.it
SPIRITOTRAIL
N° 8 - NOVEMBRE 2008
TRAIL RUNNING WEBZINE
Attualità
presentazione
incontro
organizzatori trail
Vox forum
una via italiana
all’ultratrail
Cronache
. I percorsi della memoria – Vajont
. Trail dei Tre Comuni
. Roma no limits
. Porte di Pietra
. Ecomaratona del Chianti
. Skyrace delle Dolomiti Friulane
. Cascade Crest 100
Trail autogestito
La Valle Siciliana
del Gran Sasso
Interviste
Hawker e Dinaleone
Vademecum
NOVEMBRE: fermarsi per
ripartire con criterio
Materiali
scarpe Salomon XT Wings
Calendario gare
L
DIRETTORE RESPONSABILE
Simone Brogioni
REDAZIONE
Simone Brogioni, Matteo Grassi, Gualtiero
Linetti, Stefano Michelet, Cristina Murgia,
Maurizio Scilla, Leonardo Soresi, Francesco
Zanchetta
HANNO COLLABORATO
Sergio Englandi, Matteo Ghezzi, Marco
Flamminii Minuto, Alessandra Tosi, Stefano
Bettio, Trail Running Brescia, Alessio Pasa
IMMAGINE DI COPERTINA
LA VALLE SICILIANA - foto di Roberto Alesii
PROGETTO GRAFICO
’espansione senza soste del numero di trail runners, l’attenzione
da parte dei media e la stessa crescita di Spirito Trail, rivista e
community, mi inducono a fare una riflessione.
Si è parlato di fuga dalla strada, voglia di disintossicarsi dal
cronometro e dall’inquinamento delle nostre città. Io ci vedo anche,
permettetemelo, una fuga dalla realtà. Ma non quella dello struzzo
che sotterra la testa per non vedere pericoli e nascondere insicurezze.
Il trailer, io stesso non ho timore ad ammetterlo, fugge dal presente
opprimente e frenetico, fatto di cemento, dal crollo delle borse e
dai mondi che si scontrano, da tutte le paure e le incertezze. Sì, a
pensarci bene è una fuga. Ma è una fuga che costa fatica, impegno,
perseveranza, testardaggine e sudore... tanto. Non è semplice. Mica
si schiaccia un tasto e via. Nemmeno basta mettersi le cuffie per non
sentire il traffico, o leggersi un libro sdraiato in poltrona. No.
È una fuga fortemente voluta e ricercata. D’improvviso, messe le scarpe,
indossato lo zaino e riempito il serbatoio, si capisce senza sforzo che la
realtà è quella in cui si sta correndo. Questo bosco fitto, silenzioso, a
volte interrotto da uno sbattere d’ali o dal fruscio di qualche rettile, mi
accoglie, è vivo, pure nel suo ingiallirsi autunnale, respira e si espande
nonostante i nostri sforzi di annientarlo. Esiste.
E allora dove è la verità? Ci siamo davvero allontanati così tanto dalla
terra per sentirci così stranieri e ospiti, a volte inopportuni e schiamazzanti,
probabilmente sgraditi, a volte malinconicamente piccoli, inermi, di
fronte a una tale complessità che fatichiamo a comprendere?
Alla fine la Natura ci ha chiamati e l’uomo, l’uomo di tutti i giorni, non
il pensatore, l’uomo giunto al XXI secolo, comincia a capire. Capisce
che il suo inseguire ogni giorno la frenesia, o anche quello che una volta
si chiamava progresso o modernità, non serve a granché se deve fare
i conti con la Natura.
Io credo che sia questa la
prossima
sfida
del
Trail.
Avvicinarsi alla natura, con
la fatica e il sudore (questi
sono i mezzi), per apprezzarne
un lato che non è quello del
turista e nemmeno quello del
documentario. Forse prossimo
a quello, quasi scomparso, dei
montanari, della gente che viveva
e lavorava nell’estremo e nella
pochezza dei frutti della terra, per
capire il pericolo che sta correndo,
e prima che sia troppo tardi chiede
di educarci, educarci a salvarla.
La Natura sta chiamando.
Gualtiero “krom” Linetti
[ULTIMA ORA...]
FORZA COCO!
C
orinne Favre, una delle
skyrunners più forti al mondo,
ha avuto un grave incidente
domenica 2 novembre in Nepal.
Durante la discesa dal Pumori
(7161 m), Corinne è stata travolta
da un enorme blocco di ghiaccio,
che le ha provocato la frattura
dell’omero, fratture multiple
delle costole con sospetto
pneumotorace e un edema
facciale. Ma ciò che ha creato
più apprensione è stato il tasso di
saturazione dell’ossigeno, sceso
al 45%, un valore che a queste
altitudini risulta critico, tanto che
all’arrivo dei soccorsi l’atleta non
era più cosciente. Attualmente
Corinne Favre è ricoverata
all’ospedale di Kathmandu in
terapia intensiva; è cosciente
ma molto debole e affaticata e
ha bisogno di riposo, per cui non
potrà tornare in Francia prima di
metà novembre. Il suo compagno
Jessed Hernandez è partito subito
per raggiungerla a Kathmandu.
Da parte della redazione e di tutti
gli utenti del forum di Spirito Trail
vogliamo augurare a Corinne una
pronta guarigione, sperando di
vederla presto correre di nuovo
sui sentieri di montagna.
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 3
[ATTUALITA’...]
IL TRAIL SI GUARDA DENTRO
Testo di Leonardo >leosorry< Soresi
P
ensavo a cosa scrivere per
annunciare il prossimo incontro
degli organizzatori di ultra trail italiani
e, chissà perché, mi è venuta in mente
questa canzone dei Righeira, datata
1985. Siamo in novembre e l’estate, la
grande estate del trail, è ormai finita.
Quello che sta finendo è stato un anno
davvero importante, ed è ormai tempo
di fare bilanci e cominciare a pensare
al 2009, che si annuncia come l’annata
della definitiva esplosione del trail. Il
2008 ci consegna un calendario che si
infittisce ogni giorno di più, e che esce
dai confini sempre più stretti
dei mesi estivi
per
spingersi
fino alle porte
di
novembre,
come
ha
dimostrato una
settimana fa la
prima edizione del
Gran Trail Rensen.
Questi dodici mesi
ci hanno lasciato in
eredità ben quattro
nuovi
ultratrail
(Prealpi
Trevigiane,
Abbotsway,
Gran
Sasso
e
Rensen),
oltre ad un’edizione
zero che il prossimo
anno farà il suo esordio
ufficiale (Antico Troj degli
Sciamani), ma anche la
prima scomparsa (quella
de La Via Marenca, che
nel 2007 aveva avuto un
buon esordio). In pratica
in un anno solo gli ultra trail
sono raddoppiati di numero,
segno
inequivocabile che i praticanti stanno
aumentando rapidamente anche in
Italia, ripercorrendo lo sviluppo che si
è osservato in Francia da una decina
d’anni fino ad oggi. Insomma, tornando ai
Righeira, il trail “sta diventando grande”,
ha finito di muovere i primi passi e ora
sta cercando di iniziare a correre. Però,
proprio come nella canzone, anche qui
sento ripetere “e questo non mi va”:
“L’estate sta finendo
e un anno se ne va,
sto diventando grande
e questo non mi va”.
vedendo
gli
interventi sul forum
mi sono reso conto che come
tutte le novità, anche il trail porta con sé
una ventata di libertà e forse anche di
“anarchia”, che molti temono si perderà
andando incontro alla maturità. Non è
solo il terrore che l’arrivo della massa di
podisti nel trail finisca per snaturare i tratti
originari che noi definiamo “spirito trail”.
Parecchi sono stati infatti anche coloro
che hanno percepito questo incontro
tra organizzatori come il solito tentativo
di catalogare, uniformare, dare delle
definizioni, ad un movimento che più
libero di così non potrebbe essere. Non
ho mai pensato che dall’incontro che ho
promosso in prima persona si dovrà uscire
con una tavola di leggi o un insieme di
dogmi inviolabili. Piuttosto vorrei che
l’incontro del prossimo 22/23 novembre
fosse soprattutto un momento per
conoscerci meglio e scambiarci opinioni
su quello che sta accadendo
nel nostro mondo del
trail, portando ognuno la
propria testimonianza e
cercando di imparare
dalle esperienze altrui.
Credo infatti che questa
sia l’ultima occasione
per cercare di darci
un “minimo comun
denominatore”:
se il 2009 seguirà
l’andamento
del
2008 ci troveremo di
fronte ad una selva
di gare e a quel
punto un incontro
diventerebbe
ingestibile.
Tanti
i
temi
all’ordine
del
giorno: si va dal
problema della
compatibilità
del trail con la
salvaguardia
degli spazi naturali, a quello
dell’identificazione del significato
da dare al termine autosufficienza.
Dall’esportabilità alle altre gare del
progetto “Carbonzero” sperimentato
alle Porte di Pietra, fino al rapporto con la
Fidal e la Uisp. Dalla messa in discussione
del “dogma” che vieta i premi in denaro
fino alla questione dei tempi massimi e dei
cancelli intermedi. Senza dimenticare la
necessità di un migliore coordinamento e
confronto nella definizione dei calendari
2009 e 2010.
Appuntamento allora a Morfasso, con
l’intenzione di far sì che il prossimo 2009
riservi soddisfazioni ancora maggiori di
quelle del 2008. ▼
SPIRITOTRAIL [NOVEMBR E 2 0 0 8 ] - 4
[VOX FORUM...]
Una via
ITALIANA
all’ULTRATRAIL
di leosorry il lunedì 8 settembre 2008, 8:31
VENERDÌ SCORSO HO
PARTECIPATO AL CONVEGNO
TECNICO IN CUI LA IUTA
(ITALIAN ULTRA & TRAIL
ASSOCIATION) HA AFFRONTATO
PER LA PRIMA VOLTA IL TEMA
DELL’ULTRA TRAIL E PIÙ IN
GENERALE DELLA CORSA IN
NATURA. COLLABORANDO
CON IL MENSILE CORRERE
HO AVUTO L’OCCASIONE DI
OSSERVARE L’EVOLUZIONE DI
QUESTO SPORT IN FRANCIA E
IN NORDAMERICA, NONCHÉ
SEGUIRE PASSO A PASSO
LA NASCITA DELLE GARE
ITALIANE. È PER QUESTO CHE
NON MI SONO MERAVIGLIATO
AFFATTO NEL VEDERE LA
COMPLETA MANCANZA DI
“CULTURA” DEL TRAIL A LIVELLO
DI FEDERAZIONE DI ATLETICA
LEGGERA, SIA DI TECNICI E
ALLENATORI. È NORMALE:
L’ULTRA TRAIL È UNA DISCIPLINA
NATA DA POCO CHE NON HA
ANCORA IDENTIFICATO CON
PRECISIONE I PROPRI CONFINI
E CHE DEVE ANCORA DOTARSI
DI UNA STRUTTURA, CHE È
INVECE TIPICA DEGLI SPORT
PIÙ MATURI. CREDO CHE SIA
ARRIVATO IL MOMENTO DI
DEFINIRE UNA “VIA ITALIANA”
ALL’ULTRA TRAIL, CONDIVISA
ED APPOGGIATA DA TUTTI,
DAGLI ORGANIZZATORI ALLA
FEDERAZIONE.
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 5
[VOX FORUM...]
di pietro il lunedì 8 settembre 2008, 16:17
Per me occorre si’ definire delle distanze
minime, ma soprattutto limitare al massimo le
percentuali di percorso su strade asfaltate. Al
massimo, dico io, il 10%. E assieme fissare anche
un minimo di percorso su sentieri o addirittura
fuori da sentieri, almeno 2/3 del totale. Il resto
piste in terra e viottoli. Insomma si tratta di
corse nella natura, dopotutto… Poi fisserei
dei dislivelli positivi totali minimi, almeno se si
vuole distinguere il “trail di montagna” dagli
altri. E, perché no, per i “trail di montagna”
anche un minimo di percorso sopra i 2000 m
di altitudine. Infatti un “trail di montagna” puo’
diventare molto impegnativo. Poi definirei
il numero massimo di rifornimenti, e cioè
una minima distanza media tra di essi. Per
esempio 12 km in media. A questo punto si
potrà definire la soglia oltre la quale un trail è
un ultra-trail. A mio avviso questa è di 80 km.
di Checo il lunedì 8 settembre 2008, 18:18
Se è corsa in natura è implicito che si
voglia danneggiare e disturbare il meno
possibile la natura stessa. Quindi limiterei
al minimo indispensabile i tratti “fuori
sentiero”, anche perché di sentieri in
certe zone ce ne sono già troppi con
conseguenti problemi di erosione del suolo.
di Helyos il lunedì 8 settembre 2008, 20:25
Trovo che i percorsi debbano avere sì una
regolamentazione, ma più a livello filosofico
che non strutturale. Perchè limitare una
corsa che si svolge interamente fuoristrada
(aspetto filosofico) ma con meno dislivello
(aspetto tecnico) a parità di lunghezza?
di MUDANDA il lunedì 8 settembre 2008, 20:36
Per
me
i
livelli
sono
tre:
- trail: km tra i 42 e i 69 dislivello tra 3000 e
4000 senza passaggi sopra i 2000 obbligatori,
fino a 4 ristori o in autonomia totale;
- grand raid: dai 70 ai 120 con dislivelli
da
4000
a
7000
con
almeno
tre
passaggi sopra i 2000, fino a 7 ristori;
- ultra-trail: oltre i 120 km oltre i 7000
di
dislivello
almeno
7
passaggi
sopra i 2000, ristori ogni 12-15 km.
linguaggio collettivo, in tutto il mondo, da un
bel po’. Lo stesso per trail, che significa sentiero,
e può trovarsi sul delta del Po’, con conseguenti
dislivelli misurabili probabilmente in centimetri.
Capisco il furore normativo, ma se va scelto un
nome esclusivo e distintivo, sarebbe opportuno
che non esistesse già con altri significati.
di marcobummi il martedì 9 settembre 2008,
7:43
...Altra cosa importante è la pericolosità del
tracciato. La mia opinione è che tutto ciò
che va oltre un normale sentiero non può
essere considerato terreno idoneo per un trail.
In Francia esistono centinaia di TRAIL, dai 5 a
tanti e tanti km: la parola che conta è TRAIL.
Se si vuole classificare poi l’ultra o il raid, anche
qui penso che qualcuno lo abbia già fatto,
con cognizione forse migliore della nostra.
di DARTAGNAN il giovedì 11 settembre 2008,
10:30
I premi ci sono sempre stati e sempre ci saranno,
se non sono visibili esistono quelli mascherati!
Scusatemi ma finire una corsa in 10 ore non
è la stessa cosa che finirla in 20! Le classifiche
anche quelle, chi vuole le guarda e chi dice
di non guardarle è un bugiardo! Guardi la tua
e magari anche la posizione di chi conosci!
di maudellevette il martedì 9 settembre 2008,
21:40
Ho corso credo una trentina di trail, ma in nessuno
si parte quando si vuole, sempre partenza in
linea e classifica. Non metto su km e dislivelli
per chiamare una gara ultra trail, fra l’altro non
credo che sia cosi’ importante. Importante
invece che si corra al 90% su sterrato o sentieri,
non mi pare importante il dislivello, Perché i
francesi riescono a organizzare bellissimi trail in
Bretagna che son più che degni di quel nome?
di mariainglese il martedì 9 settembre 2008,
22:18
Quello che mi piacerebbe molto vedere è
un modo per correre più per beneficenza.
Invece di pensare al premio da portare a
casa propria, non sarebbe un’idea pensare
al premio che va a casa di qualcun altro?
di pietro il mercoledì 10 settembre 2008, 14:09
Mi sembra logico che in queste discussioni si
debba tener conto delle consuetudini e delle
definizioni in essere in altri paesi ove la disciplina
del trail è molto più diffusa e di vecchia data.
Mi pare infatti che non si possa, da nuovi
arrivati, pretendere di inventare regole e termini
contrastanti con quanto già in uso in Europa.
di Il_Mago il domenica 14 settembre 2008,
16:47
Per me regolarizzare la posizione del trail dal
punto di vista della FIDAL è importante. Se non
è FIDAL ma UISP o CSI o FSA è uguale, però
un appoggio a un ente o una federazione
è importante. Un modello di via italiana al
trail esiste già in piccolo. Parlo del circuito
ecomaratone. Sono standardizzati alcuni
aspetti come massima lunghezza ammissibile
di asfalto (15%), un discreto dislivello come
fattore importante, e soprattutto l’aspetto
della corsa in natura e alcuni aspetti etici
che sono interessanti e si integrano alla
grande con “io non getto i miei rifiuti”.
di vallese66 il venerdì 26 settembre 2008, 10:27
Che senso ha porre delle definizioni che
rispondano a parametri di dislivello e di
lunghezza? Ci sono trail piuttosto corti
che pero’ sono piu’ impegnativi di altri
molto piu’ lunghi per la natura del terreno
e la tecnicità dei percorsi, caratteristiche
che la sola lunghezza ed il dislivello non
possono
definire
in
maniera
assoluta.
di luisabalsamo il sabato 11 ottobre 2008, 12:34
di pollo il mercoledì 10 settembre 2008, 17:57
niente classifica finale e partenza “alla
francese”; e cioè in un lasso di tempo (1/2 ore)
in modo da sfoltire gruppi e spiriti agonistici!
TRAIL
=
sentiero,
traccia
TRAIL RUNNING = corsa su sentiero,
per
estensione
corsa
in
natura
questo è quello che conta, che siano 5,
25, 50 o 100 km, se si percorrono quasi
interamente (95%) fuori dall’asfalto sono
TRAIL, quindi IL requisito è max 5% asfalto.
di fantasma il martedì 9 settembre 2008, 3:23
di Helyos il giovedì 11 settembre 2008, 9:05
In merito al nome, faccio presente che è da
oltre 100 anni che la maratona è lunga 42km
e 195 metri, e tutte le gare più lunghe della
maratona si chiamano Ultramaratone, poi
per comodità accorciato in ultra. Quindi se
uno decide che il “vero” ultra è lungo almeno
80 km va contro un marchio consolidato nel
Per me correre Trail significa farlo rilassati
ed in libertà (ma in sicurezza), e quando di
una corsa so il dislivello e la distanza con il
numero di ristori, con segnaletica appropriata
e presenze di personale medico, mi sento
abbastanza tranquillo per godermi un trail.
di Francesco il lunedì 8 settembre 2008, 22:41
di Dario il giovedì 11 settembre 2008, 9:57
Penso che queste gare ed il loro calendario
debbano essere gestite al di fuori della Fidal.
Lasciamo alla Fidal il compito di completare
la distruzione dell’atletica leggera, mentre
cerchiamo di creare qualcosa di bello e
costruttivo lontano da tutti quegli interessi e
business che sinceramente non si accostano
per niente bene a questo genere di gare !
di ultramassimone il mercoledì 29 ottobre 2008,
18:45
In Francia esistono livelli di difficoltà:
primo livello trail inferiore ai 20 km; secondo
livello trail da 20 a 35 km; terzo livello trail da 40
a 50 km;(trail medio); quarto livello trail da più
di 50 km;(trail lungo); quinto livello trail superiore
a 100 km (Ultra trail). ▼
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 6
[CRONACHE...]
nglandi
RIVIVERE
skyrace delle dolomiti
FINALMENTE IL GRAN GIORNO È
ARRIVATO: È PASSATO UN ALTRO
ANNO ED ECCOMI DI NUOVO
QUI PER QUESTA SKYRACE DELLE
DOLOMITI FRIULANE CHE DA
TRE ANNI MI VEDE TRA I SUOI
PARTECIPANTI. MA QUEST’ANNO
NON È COME NELLE EDIZIONI
PRECEDENTI. SONO ALLA RICERCA
DI UN RISCONTRO, DI CERTEZZE
CHE HO SMARRITO, DI UN SEGNO
DA PARTE DI QUESTE MONTAGNE,
CHE ORMAI MI CONOSCONO
BENE, CHE DICANO: “PUOI
ANCORA CORRERE SUI SENTIERI A
UN PASSO DAL CIELO”.
L
’anno scorso, pochi giorni dopo la
gara, alla solita visita medica per
l’idoneità agonistica, mi è stata
riscontrata un’anomalia al cuore:
anche in passato avevo avuto degli
episodi di tachicardia, ma non ci
avevo mai dato troppa importanza.
In pochi giorni mi sono visto togliere
dapprima il tesserino sportivo e
dopo i primi accertamenti anche
la patente di guida. Dopo diversi
consulti i medici mi hanno consigliato
di fare un intervento di ablazione, e
così il 30 gennaio 2008 entro in sala
operatoria, e l’intervento riesce. Ho 69
anni, corro da quaranta, e di strada
ne ho fatta un bel po’. A qusta età
e dopo un intervento al cuore, uno
dovrebbe mettersi l’animo in pace e
rinunciare alla corsa, ma io proprio
non ci riesco. Dopo 90 giorni, contati
uno ad uno come un carcerato,
ottengo l’idoneità sportiva, riprendo
gli allenamenti e dopo diverse gare
con dei miglioramenti progressivi, ora
mi ritrovo qui. Sono ancora in grado
di partecipare a gare del genere? E
se mai arriverò in fondo, chissà quanto
tempo ci metterò per raggiungere il
traguardo! Vorrei fare un confronto
con il risultato cronometrico dell’altro
anno, peccato che il tempo non
sia uguale: alla splendida giornata
di sole della scorsa edizione si sono
sostituite dense nuvole molto basse
che nascondono le vette e innalzano
l’umidità al massimo. Che gioia
rivedere i vecchi amici, stringerci le
mani l’un l’altro con calore, facendo
fioccare battute salaci. L’atmosfera
prima della partenza è quella che più
mi piace: se per coloro che hanno
grandi aspirazioni di risultato è un
momento infinito di tensione, per
gli altri, fortunatamente ancora la
maggioranza, è un momento di svago
e di allegria. Del resto la mia corsa è
così diversa da quella dei primi! Per
me è diventata quasi una solitudine,
poiché di solito sono pochi quelli che
incrocio nel mio progredire tanto
lento, che però ha il vantaggio di farmi
gustare il paesaggio, che oggi gioca
a nascondino. Partenza, il gruppone
pian piano si trasforma in un serpentone
multicolore, e già i primi spariscono
nel bosco ove incominciano le prime
salitelle che contribuiscono a sgranare
i partecipanti. Noto con piacere che
riesco a tenermi alla coda di quelli
che ritengo abbiano il mio stesso
ritmo, ma questa volta non sono
l’ultimo e senza voltarmi sento che sto
staccando quelli dietro di me, perché
non sento più il loro ansimare. Questa
atmosfera grigia appiattisce tutto,
e il tragitto sino al rifugio Pacherini
mi sembra davvero interminabile.
Un po’ di zig-zag su per il ghiaione e
finalmente ci arriviamo. Quest’anno
ci passiamo davanti perché lo hanno
finito di costruire ex novo e lo hanno
inaugurato da poco. Il GPS segna
9,5 km, ma non c’è tempo per fare i
archivio
Testo di Sergio Englandi
Foto di Gaspare de Martin
Sergio E
friulane
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 7
calcoli di medie e velocità che subito
incomincia il salitone verso la forcella
dell’Inferno: mai nome è stato più
azzeccato per questa verticale che
sale su dritta, senza perdere tempo
in tornanti e tornantini. Con sorpresa
circa a metà salita raggiungo e supero
il mio amico Stani, con cui ho condiviso
tante avventure di corsa. Ci si alterna
tirandoci a vicenda, e su in forcella
il cielo ci regala finalmente qualche
schiarita. Da lassù si scollina, ma io mi
pianto di colpo: ho i muscoli duri, e
devo fare un po’ di stretching prima
di ributtarmi giù verso valle. Arrivato in
fondo riprendo fiato e mi concentro
per la prossima salita che si rivela
meno ostica di come me la ricordavo
solo 365 giorni fa. Si scende prima per
un ghiaione e poi su dei saltini rocciosi,
e giunti al bivio della Val di Brica si
incomincia a salire sino alla forcella
omonima. Da qui il paesaggio è più
dolce e gradevole, si scende verso
dei pascoli fra il Crodon di Brica e il
Pic di Mea fino ai pressi della Casera
Valbinon. Oltrepassato un torrentello,
un lungo traverso in mezzo ai pini mughi
ci conduce all’ultima salita. Mentre
percorro il traverso, il sole comincia a
farsi sentire e così anche la fatica. Mi
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 8
fermo un paio di volte per prendere
fiato e mi gusto appieno il panorama
verso la Val Montanaia con il suo
famoso Campanile, e i Monfalconi
che si perdono nella foschia. Affronto
la salita e arrivo in Forcella Urtisiel: da
qui rimane soltanto discesa sino al
traguardo. Ma una brutta sorpresa mi
attende dall’altra parte! Un muro di
nebbia fitta, scura, che non ci lascia
vedere nemmeno dove si appoggiano
i piedi. Il ghiaione è molto ripido e
anche se si scorgono le tracce di quelli
che si sono buttati giù a rompicollo,
preferisco
rimanere
prudente,
avanzando quasi a tentoni, cercando
il sentiero che non si vede ma che si
intuisce. Un’ombra emerge da quella
caligine: è uno dell’organizzazione
che mi dà le indicazioni giuste e con
un po’ di peripezie ne sbuco fuori.
Il ghiaione è ripidissimo, ma con la
visibilità migliorata riesco a tratti a
correre giù diritto con un’energia e
un’agilità che pochi mesi fa temevo
non avrei più avuto. Intravedo il rifugio
Giaf, ma come mi sembra lontano! Si
entra nel bosco e da qui il calvario
di circa 800 gradini di diverse altezze
mettono a dura prova le mie gambe
ormai stanche. Mi consola solo il fatto
che l’anno scorso avevo sofferto
molto di più. Arrivo al rifugio, da dove
inizia l’ultima discesa con tratti misti
di gradini, sentieri morbidi nel bosco
e finalmente, dopo gli ultimi tornanti
di strada asfaltata, si prende la strada
sterrata, che d’inverno diventa una
pista di sci di fondo. Ultimi 3 km e qui
riesco di nuovo a correre e pure a
sorpassare qualcuno.
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Mi proietto sul traguardo. Non ci posso
credere: 5h11’ rispetto alle 6h36’
dell’altro anno. Sono esattamente
1h25’ in meno: se qualcuno me lo
avesse pronosticato l’avrei preso
per matto. Sono euforico e devo
veramente ringraziare i cardiologi che
hanno fatto un buon lavoro. Più che
un intervento è stato un pit-stop da
Formula 1, un cambio gomme che mi
ha rimesso di nuovo in pista: temevo
che la mia corsa fosse finita, vuoi per
i problemi di salute, vuoi per il fatto
che ho 69 anni abbondanti, e invece
questa Skyrace delle Dolomiti Friulane
mi ha dato la certezza che il traguardo
è ancora lontano e che sono ancora
molti i sentieri che potrò solcare. E
allora un grazie all’organizzazione,
sempre impeccabile, e alla gente di
Forni di Sopra davvero accogliente e
calorosa. In questi 22 km l’atmosfera
è sempre stata meravigliosa e
difficilmente
potrò
scordarla.
D’altronde come si può dimenticare il
giorno in cui si nasce per la seconda
volta? ▼
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 9
[CRONACHE...]
VAJONT
I PERCORSI DELLA MEMORIA
Longarone (BL), 28 settembre 2008
Testo e foto di Francesco >Checo< Zanchetta
A
rriviamo a Longarone con un certo
anticipo, ma già nello scendere
dall’auto ci coglie la sensazione
che non sarà la solita giornata tipica
di una qualsiasi corsa di fine estate.
Il vento è gelido e tagliente, frusta la
pelle e fa aggrottare la fronte. Ci hanno
avvisato che ci sarà coda alle iscrizioni
e quindi approfittiamo dell’anticipo per
iscriverci e subito guadagnare il riparo di
un bar.
La chiamano “I percorsi della memoria”
e oggi il clima sembra collaborare per
farcela ritornare; la sera del disastro
l’onda assassina fu preceduta da un
vento freddo e innaturale, umido di
goccioline d’acqua.
Le sferzate del vento costringono a far
tornare la mente a quella notte, gli occhi
cercano la diga con lo stesso timore.
Il freddo di questa mattina comunque
non giustifica tutti i brividi che stanno
scendendo per la schiena, è come se il
vento portasse con sé anche dei fantasmi.
Comunque c’è il sole e vedo che sulla
montagna, verso la diga, le punte degli
alberi sono ferme. Decido quindi di
azzardare un abbigliamento leggero;
è meglio partire coi brividi e trovarsi
bene poi, piuttosto che il contrario.
Lo sguardo ritorna alla piazza che si è
immediatamente riempita di una lunga
coda ai gazebo delle iscrizioni. Sembra
che anche quest’anno la partenza
sia spostata di un quarto d’ora, per
permettere a tutti di guadagnare
cartellino e maglietta.
Finalmente partiamo, il clima è di grande
festa e la gente è tantissima: all’arrivo mi
diranno 3.720 partecipanti, per la maggior
parte famigliole e tanti bambini, che
serenamente e al passo si dirigono verso
la diga. Mi sembra strano questo clima
di spensieratezza, quasi un insulto alla
memoria della tragedia, poi penso che
sono passati quarantacinque anni e che la
vita nel frattempo è continuata, per tanti
una vita felice e il fatto che comunque
siamo in migliaia qui a ricordare,
mi sembra proprio una cosa bella.
I percorsi sono tre: 10, 17 e 25 km. Mentre
quello corto è più adatto a chi cammina
o che comunque non ha sulle gambe
distanze maggiori, quello più lungo si
inoltrerà all’interno della valle del Vajont
correndo sopra la frana, per poi passare
per i paesi di Erto e Casso. Il medio salterà
il giro per Erto. Dopo qualche chilometro
di asfalto, dove mi raccolgo con amici
e nuove conoscenze, tutti quanti
passiamo il cancello che normalmente
chiude il passaggio alla strada privata
dell’ENEL che porta alla diga. La aprono
al pubblico solo in questa occasione
e la richiudono subito dopo. Il vento
è cessato ma l’aria è rimasta fresca e
umida, ogni tanto riceviamo anche
qualche folata di nebbia che arriva
dalla cascata di scarico. Risaliamo
lentamente la montagna verso la diga
e l’impatto visivo con il muro di cemento
si fa via via grandioso, spettacolare: un
gigante fatto dall’uomo che comunque
ha resistito perfettamente all’impatto di
una montagna scesa a cento chilometri
all’ora. Da ammirare chi l’ha costruita
e progettata, da condannare senza
appello chi l’ha pensata e voluta.
Attraversiamo la stretta gola, risalendo
anche attraverso le ampie
gallerie
di servizio alla diga e ci
portiamo finalmente sulla
passerella che ci passa
giusto sopra. Gli altri
sono andati avanti, e
io mi ritrovo immobile
quando ci arrivo a
metà. Sotto i piedi
ho il cemento allora
scalfito dall’acqua,
vi sporgono grossi
tondini
d’acciaio
piegati di netto.
Sembra impossibile
che l’acqua, fluida e
quasi impalpabile,
dispensatrice
di
vita,
possa
avere una forza
così
violenta
e
distruttiva.
Riparto, e ritrovo
gli altri verso il ristoro,
che fa anche da bivio. Foto di gruppo
e convenevoli, ma a questo punto ci
separiamo e proseguirò da solo per il
percorso dei 25. Dopo tanti anni il bosco
sta ricrescendo sopra la frana, e ci si
dimentica anche della diga, che sta
alle nostre spalle. La diga si allontana e i
pensieri si fanno più caldi, come il sole che
riscalda l’aria, finalmente. Erto vecchio è
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 0
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 1
un paese ormai quasi abbandonato e
cadente, fatto di sassi incerti e tutti diversi
l’uno dall’altro, lo attraversiamo per
portarci sul paese nuovo, fatto di cemento:
lo stesso della diga; grigio uniforme.
Il percorso a questo punto si fa erto e si
capisce, sudando, il nome del paese. Un
bel sentiero sale dritto su di un versante
asciutto e assolato, poi si fa pietraia e
ondulato, entra nel bosco e ci regala
dei meravigliosi passaggi e vedute della
vallata. Il laghetto residuo a monte della
frana, il lastrone inclinato e nudo che
stava sotto la montagna che non c’è
più. A Casso ci ricongiungiamo all’altro
percorso: una gioviale sosta all’assolato
ristoro e riprendiamo la strada che
ci fa passare per le vie del vecchio
paese. Molte case sono restaurate,
altre cadenti aspettano, o rassegnate
vanno incontro al loro destino. Su una
soglia una vecchina assiste distratta
all’insolito viavai scaldandosi al sole,
ma lo sguardo è lontano, si è fermato
altrove, in tempi e ritmi diversi dai nostri.
Qualche tempo fa mi trovavo qui a Casso,
a metà pomeriggio con un ‘amica, dopo
una visita guidata alla diga, e girando
per il paese quasi deserto incontrammo
un’altra anziana del posto che aveva
voglia di chiacchierare. Ci raccontò
volentieri della sua vita, durissima,
passata a portar carichi pesanti su e giù
per la montagna, per gli stessi sentieri che
ora percorriamo per diletto. Giornate e
giornate di cammino, a trasportare gli
stracci da rigenerare fin giù a Follina, o
a vendere mestoli di legno in pianura.
Giù in pianura erano personaggi noti;
povere ma dignitose, le chiamavano
“cathère” (il “th” pronunciato come in
inglese) perché venditrici di “cathe”,
cioè i mestoli, e giravano per le case
con le gerle piene di manufatti in legno,
che gli uomini producevano e loro poi
andavano a vendere. Sorrisi dentro di
me pensando che qui sotto, a Erto, vive e
lavora Mauro Corona, che di tutto questo
ha fatto poesia: con le sue sculture, le
scalate ardite, i racconti. Quel giorno
però avevo una curiosità da esaudire e,
cercando di farlo con il maggior tatto
possibile, riuscii a dirottare il racconto
sull’argomento fatale, il disastro, ma
volutamente evitando di nominare “La”
montagna. Fu così che lei per prima la
chiamò per nome; ne volevo sentire
la fonetica originale, spontanea di un
vecchio. Perché il termine “toc” ha molti
significati nel dialetto veneto. Tutti ora
quel monte lo chiamano Tòc, con la o
secca, aperta, che significa “pezzo”,
pezzo di qualcosa. La donna, quel giorno,
lo chiamò invece Toc, con la o chiusa,
che si dice di qualcosa che è integro
fuori ma completamente marcio dentro,
oppure in senso transitivo di una persona
senza cervello, che si comporta in modo
avventato e irresponsabile. Quando
un tempo i muratori ispezionavano le
case, battevano sui muri e sulle travi
per valutarne, da suono e vibrazione, la
consistenza, e quando una trave batteva
a vuoto si diceva che “el bàte toc”, per
far capire che era marcia, inaffidabile.
Costruirono una diga sotto un monte
che si chiamava: Marcio, Imprevedibile,
Traditore. Ma non hanno fatto caso
all’evidenza che avevano sotto i loro
occhi, accecati dall’arroganza e dalla
sete di guadagno. Quante tragedie si
stanno preparando sotto i nostri occhi
senza che ci facciamo caso? E penso
alla tecnologia, l’ingegneria genetica, la
politica, i rapporti sociali, l’economia. E a
quelli che ci rassicurano continuamente
che va tutto bene, che tutto è sotto
controllo. Ma ci sono in giro ormai troppe
lapidi piene di nomi, per causa di eventi
che sembravano “sotto controllo”.
Sollevo lo sguardo alle case, strette ed alte
di un’eleganza austera, essenziale, fin sui
tetti coperti di lastre, rocce lisce come il
cuore della montagna di fronte, e riprendo
la via. Appena si apre un varco tra i muri
di sassi mi fermo a guardare il panorama:
la frana, l’immenso lastrone di roccia che
sosteneva la cima del monte Toc, la diga,
la valle della Piave dove scese l’onda,
Longarone cancellato e poi ricostruito.
Si esce dal paese, passando per l’ultima
casa, rimasta scoperchiata da allora e
scendiamo per una bellissima mulattiera,
la stessa che l’anziana del racconto
percorreva da giovane carica di stracci
o di mestoli; prima della diga l’unica
via per raggiungere il resto del mondo.
Mi lancio nella discesa come se dovessi
recuperare
posizioni
di
classifica:
hanno fatto un ottimo lavoro di pulizia
e nei punti insidiosi alcuni volontari ci
avvertono del pericolo. Le belle discese
durano sempre troppo poco, ma ormai
sono stanco e con piacere mi avvicino al
traguardo, allo stadio. La doccia calda
cancella la stanchezza, con l’iscrizione
possiamo entrare anche alla fiera dello
sport, dove troviamo un pasto caldo
servito a tempo di record, davvero
complimenti a tutta l’organizzazione!
L’anno prossimo spero di tornarci: per
passare una bella giornata, per ricordare,
per pensare; come in un tempio a cielo
aperto. ▼
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 2
CORRENDO...
MI
EMOZIONO
Testo di Stefano >Tetano< Bettio
S
ono anni che voglio visitare i luoghi
teatro della sciagura e per mille
motivi non ci sono ancora riuscito ma
oggi, finalmente, ne avrò l’occasione e
sono profondamente emozionato. Vajont
rievoca la mia fanciullezza quando, a
metà degli anni sessanta, andavo in
vacanza nel piccolo paese di montagna
di Pescul in val Fiorentina, sotto le pendici
del Monte Pelmo. Giocavo allora con
un bambino della mia età, Franco di
Longarone, orfano di entrambi i genitori,
scampato alla tragedia solo perché in
visita ai nonni. Di lui ricordo solo i capelli
biondi e una tristezza, impressa sul viso,
per me impenetrabile. Presso l’albergo
Lorenzini, l’unico del paese, c’era
un campo di bocce dove, nel tardo
pomeriggio, giocavo con lui. In quel
campo, nel lontano 1967, non riuscii mai
a gioire delle mie vittorie.
Per raggiungere Pescul mio padre, con
la Fiat 1100 bicolore, percorreva la val
Zoldana che proprio a Longarone si
imbocca. Prima di arrivare nel centro
abitato del paese, ogni volta, come un
rito, gli chiedevo di rallentare l’andatura
per vedere sul ciglio destro della strada
una scaletta a chiocciola in ferro, unica
testimonianza di una fabbrica cancellata
dall’onda e, dopo poco, in cima alla gola
in alto, la diga maledetta del Vajont.
Oggi, dopo quaranta anni, sono qui in
braghette e canottiera e potrò finalmente
immergermi, anima e corpo, in questo
tuffo nella storia d’Italia. Il paese delle
mezze verità e dei grandi misteri dove i
colpevoli, quando si trovano, sono solo
mezzi colpevoli mentre sono certezze
quando la colpa può essere imputata
a montagne “franose”, a piogge
”abbondanti” o, meglio ancora, alla
fatalità.
Lo sparo, si parte. Dopo appena due
chilometri sono dentro la gola del Vajont.
Sento una presenza che mi opprime
e alzo gli occhi, la diga assassina è
lì sovrastante e imponente. Opera
grandiosa dell’ingegno e della stupidità
umana. Vista da sotto fa proprio paura.
Penso a quella sera del 9 ottobre 1963,
quando l’onda di 50 milioni di metri cubi
d’acqua e fango, provocata dalla frana
staccatasi dal monte Toc, sfiorò prima
l’abitato di Casso e poi lo scavalcò
utilizzandolo come un trampolino di
lancio.
Le pareti della stretta valle la compressero
facendole aumentare la forza dove,
alla fine della gola, il muro
d’acqua raggiunse i 70 metri
d’altezza preceduto da un
vento fortissimo che impattò
per primo su Longarone.
Alcuni istanti solo e arrivò l’onda che
cancellò duemila vite, perfino il greto del
Piave si dissolse.
La corsa è piacevole e salgo
velocemente attraverso delle
gallerie prima in salita e poi,
nell’altro versante della gola,
in discesa. Ora un ripido
sentiero conduce alla statale
diretta in Val Cellina. Pochi
chilometri d’asfalto, poi una
svolta secca a destra mi porta
sulla corona della diga. Qui
mi fermo. Non posso correre.
Alla mia sinistra ho quel che
resta del lago artificiale con
l’enorme massa di detriti
della frana al suo interno.
A destra la gola vertiginosa
che scende ripida verso
la valle del Piave. Riparto
con il magone nel cuore,
ora il percorso di gara è sul
sentiero che taglia la vecchia
frana. Alzo lo sguardo verso il
monte Toc. L’estesa ferita è
ancora lì, taglia la montagna
per un fronte di 3 chilometri
scoprendo la nuda roccia, dove una
massa di 270 milioni di metri cubi di roccia
e terra scivolò a valle.
Il sentiero corre per un chilometro tra
rocce e piccoli arbusti, poi
sbuca nella statale che
porta in Val Cellina. Alcuni
chilometri sull’asfalto ed entro
nel pittoresco abitato di Erto
dove inizia un bel percorso
trail con salite ripide sulla
montagna che domina tutta la
vallata. Il percorso è davvero
spettacolare con il lago di
Erto in fondo alla valle; poi,
terminata la salita, si scende
per una cengia che porta
velocemente verso il piccolo
paese di Casso. Una lunga
e ripida discesa in mezzo al
bosco conclude la gara con
l’arrivo a Longarone. Finisce
così nel moderno stadio
quest’emozionante giornata.
Mai titolo di una competizione
fu più azzeccato. ▼
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 3
[CRONACHE...]
LE PORTE
di PIETRA
Cantalupo Ligure (AL)
28 Settembre 2008
Testo di Alessio Paša
Foto a cura dell’Organizzazione
I
l percorso di 70 km, con 4.000 metri
di dislivello positivo, prende l’avvio
da Cantalupo Ligure (AL), in Val
Borbera a circa 350 m di altitudine.
Dopo 5 nervosi chilometri su e giù per
colline sul lato destro orografico della
valle, si torna a fondovalle, si valica il
torrente Borbera e ci si innalza (ancora
al buio, essendo la partenza fissata alle
4) per circa 500 metri lungo un sentiero
ripidissimo ed estremamente tecnico
(nel linguaggio del trailer per “tecnica”
si intende una salita che obbliga a
passi irregolari, con presenza di rocce,
massi, o radici che richiedono forti doti
di agilità ed equilibrio). Dunque una
bella cresta pietrosa, e poi boschi, bei
sentieri, molto corribili. Questo è il primo
dei tratti distintivi delle Porte di Pietra,
sentieri dal fondo morbido, dentro boschi
magnifici o lungo alte coste erbose, tutti
perfettamente adatti alla corsa. Passato il
primo controllo al 21° km (primo cancello,
5 ore) si salgono nell’ordine alcune delle
vette più classiche dell’Appennino
Ligure, il Monte Buio e poi l’Antola (1597
m, km 33). Dunque secondo cancello
a Capanne Carrega (40 km, 9 ore), e
poi ancora vette (Carmo, 1.640 m e
Cavalmurone) sino a Capanne di Cosola
FRA I TRAIL CHE CERCANO UNO SPAZIO
ACCANTO A QUELLI STORICI (CRO
MAGNON – MONTE BIANCO), QUESTO
DELLE PORTE DI PIETRA POSSIEDE UNA
NOBILTÀ DI TRACCIATO E UNA VALENZA
AMBIENTALE DI COSÌ ALTO LIVELLO
CHE LO RENDONO ASSOLUTAMENTE
DEGNO DI ESSERE ANNOVERATO TRA LE
MIGLIORI GARE ITALIANE DEL GENERE.
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 4
(49 km, terzo cancello, 11 ore, limite
severo che per essere osservato impone
un passo medio elevato). Il percorso si
svolge sin qui sulle creste dell’Appennino
più interno, a cavallo tra le province di
Genova e Alessandria, sugli alti bordi
della Val Borbera e della Val Brevenna,
sopra prati e boschi di un verde scuro,
intenso, interrotto solo dal biancore
degli abitati, che il trailer vede dall’alto
isolati e assurdamente abbarbicati
sui ripidi costoni delle valli, emblemi di
una dura economia contadina ormai
completamente
scomparsa.
Dopo
Capanne di Cosola (1.481 m) su al Monte
Ebro (km 53,5, 1.700 m, quota massima
raggiunta in gara) e poi giù a capofitto
verso il rifugio degli Orsi (km 55) in mezzo
a faggete e boschi di castagni in versione
preautunnale di rara bellezza. Infine
l’ultima salita ai 1.487 m di Monte Giarolo
(km 61,5) e una lunga, penosa, discesa di
1.100 metri di dislivello sino a Cantalupo.
Gli organizzatori hanno scelto un taglio
molto spartano, niente cibo ai rifornimenti
(è necessario avere tutto il cibo necessario
con sé), dove viene servita una sola
bevanda: acqua naturale. La giornata
climaticamente è stata perfetta: sole,
vento fresco e temperatura ideale.
Contemporaneamente al trail “lungo”
si corre anche un “corto” di 30 km, con
1.000 metri di dislivello positivo, le “Finestre
di Pietra”, con partenza alle 10 da
Capanne Carregae arrivo a Cantalupo.
Gli atleti dei Maratoneti Genovesi hanno
partecipato numerosi (9 in totale, tra le
partecipazioni alle Porte e alle Finestre
di Pietra), tutti regolarmente giunti al
traguardo. Questo ha valso alla società
il conseguimento della coppa per
la società con il maggior numero di
partecipanti. Il primo arrivato, Pablo
Barnes ha impiegato 7 ore e 50 minuti,
Marco Olmo (classe 1948) si è classificato
3° con il tempo di 8 ore 07 minuti. ▼
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 5
[CRONACHE...]
L’OBLIQUA
SEMPLICITÀ LIGURE
Trail dei Tre Comuni - Albisola Superiore (SV) - 12 ottobre 2008
Testo e foto di Francesco >Checo< Zanchetta
SALSEDINE NELL’ARIA, PAESAGGI VACANZIERI, STRADE E COLLINE, MARE E MONTAGNA,
FIORI COLORATI E TRONCHI INCENERITI; IL TUTTO MESSO NEL FRULLATORE, ED ECCO CHE ESCE...
LA LIGURIA!
L
a pianura in Liguria si trova abbondante
nei pontili, nei vasi e fioriere davanti agli
usci, nei pavimenti delle palestre dove
dormono i trailers. Tutto il resto è obliquo.
Poi ci sono i santuari e uno di questi, il
nostro, è il Santuario di Nostra Signora
della Pace, appena fuori Albisola
Superiore, un luogo dove non servono
gli inviti al silenzio: senza accorgersene
si cammina piano, si parla sottovoce.
Domani comunque ci sarà gazzarra, qui
nel santuario, come dire una tregua alla
solita pace e tranquillità di cui sembrano
intrise anche le pareti. Partenze e arrivi
da tutti i binari e a tutte le ore, cinque
più uno percorsi: 5, 11, 18, 45, 65 e 45 km
con partenza riservata ai camminatori.
I primi a partire saranno i camminatori
della 45, con orario da panettieri (o
discotecari): 4:00 (di notte!). Invece
noi della 65 che, si sa, amiamo la vita
comoda, partiremo alle 5:30. Ci fanno
partire a quell’ora perché saremo
ancora inermi e incapaci di retromarce
dell’ultima ora, poi a ruota tutti gli altri.
Al briefing ci accoglie Maurizio, persona
sensibile e carismatica, che con parole
desuete e ricercate ci illustra, con dovizia
di particolari quasi certosina, ogni angolo
del percorso. Quando regolarmente la
descrizione si arresta per fare il punto sul
chilometraggio ci guardiamo divertiti;
il racconto procede con tempi al
chilometro reali. Alla fine sembra di
averla già fatta, tanto è puntigliosa la
ricognizione, persino con ricostruzioni in
software 3D e animazioni a volo d’uccello.
Descrizione talmente ricca di particolari
e riferimenti che il giorno dopo avrò una
gran confusione in testa e non mi ricorderò
più niente. Però è stato un bel briefing!
La cena semplice e sobria, presupposto
per un sonno tranquillo e rigenerante,
quattro passi al buio del bosco e poi tutti
a nanna in palestra, con un pavimento
tiepido e quasi morbido fatto di piastrellette
in cotto anni ‘70, credo. Comunque mai
dormito così bene in un pavimento. Un
occhio lo apro, di poco, a notte fonda;
sono i camminatori che si alzano per
partire. Mi giro per frantumarmi anche
l’altra spalla e mi riaddormento di nuovo.
Il sentiero sale subito, dopo la partenza, poi
scende, sale, scende... Sarà così per tutta
la giornata, sta nella natura dei luoghi,
comunque la prevalenza è nell’andare
verso l’alto, per il momento. Ed è bene che
sia così, perché raggiungiamo verso l’alba
una buona posizione, il bosco si dirada
mentre i colori cominciano a distinguersi e
dal freddo azzurro dell’aurora si passa via
via al caldo arancio dell’albeggiare. Una
breve sosta per far respirare il corpo, ma è lo
spirito che ne trae maggior giovamento; ci
voltiamo a guardare e nella cornice di pini
radi e incerti un quadro spettacolare: l’alba.
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 6
Si continua per borghi e boschi, sempre
diversi
e
affascinanti.
Innumerevoli
le specie arboree, sessantacinque
chilometri di: castagni, faggi, querce,
pini, la meravigliosa e variopinta macchia
mediterranea, boschi d’alto fusto, prati e
brughiere. La natura da queste parti ha
dimenticato aperto il catalogo illustrato e
ad ogni folata di vento le pagine scorrono
cambiando lo scenario di piante, colori
e profumi. E poi torrenti, rocce, un mare
di foglie e ricci, castagne, fiori e... cani!
Ops, dove ci sono i cani da caccia di
solito seguono anche i cacciatori, e i
cacciatori, si sa, girano armati. Non senza
una qualche apprensione cerchiamo di
capire come sta la parata da queste parti;
con la caccia al cinghiale non si scherza.
Intorno al quarantesimo chilometro
purtroppo perdiamo Dario, tranquilli,
non abbattuto dai cacciatori ma dal
suo stomaco, che anche questa volta
gli ha imposto il suo limite. Mi sembra
rassegnato ma sereno quando sale sul
mezzo dell’organizzazione per rientrare.
Dispiace, resto con Lamberto e altri due
camminatori della quarantacinque, che
dopo un po’ distacchiamo. Il percorso
in questa fase tende a scendere, i ristori
sono sempre più i benvenuti, c’è quel che
si dice il ben di Dio, e la miglior marca di
integratori presente con i suoi prodotti di
punta e cioè: cortesia, gentilezza e calore
umano. Ma i chilometri cominciano a
farsi sentire, talloni e caviglie sopportano
sempre meno il fondo impegnativo, che
richiede attenzione e tensione continua.
Le foglie, da poco cadute in abbondanza,
nascondono i sassi, ogni passo si appoggia
sull’ignoto e anche i muscoli cominciano
ad irrigidirsi. Vediamo in basso una
grazioso paesino dove fra poco troveremo
l’ultimo ristoro completo, la discesa si fa
ripida e di cemento, come le gambe.
Scesi ad Ellera troviamo un clima di tranquilla
festa paesana, la fragranza di castagne
arrostite arriva da dietro il campanile e vari
profumini aleggiano sul tavolo del ristoro,
un clima di sobria allegria ci stempera la
fatica e ci si ferma volentieri a riposare.
Sembra di aver viaggiato nel tempo,
essere capitati in una dimensione parallela
dove il vivere è ancora umano e la festa
semplice, vera. Mentre Lamberto riposa
seduto sulla panchina svicolo sul piccolo
prato dove è allestita la sagra: alcuni tavoli
con banchetti addobbati, sguardi curiosi
di ninfe seducenti e prosperose invitano
a restare, a bearsi dei piaceri imbanditi.
E la tentazione è molto forte... Ma rimane
ancora l’ultima salita da affrontare che,
dicono, sia brusca e impegnativa. In fondo
anche Ulisse dovette ripartire da Ogigia.
A malincuore torno verso il tavolo del
ristoro, completiamo il rifornimento
e ci incamminiamo fra gli orti e i filari
di vite. Questo deve essere il paese
delle tentazioni perché protesi verso la
strada sporgono alcuni grappoli d’uva.
Assomigliano al verduzzo dorato che
vendemmiavo da piccolo e non resisto,
tre acini bastano a profumare le labbra.
Effettivamente la salita è quasi verticale,
in poco tempo il paese è di nuovo
panorama e troppo lontano per tornarci,
anche finita la corsa. Il sudore si mescola
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 7
ai profumi accesi dal sole, nella rigogliosa
macchia mediterranea, ma a questo
punto il mio compagno di avventura
cede di schianto e si distende a terra.
Sono un po’ preoccupato perché siamo
troppo lontani dal paese per poterci
tornare e mancano ancora alcuni
chilometri all’arrivo. Non so cosa fare. Lui
dice che vuole continuare, ma mi sembra
allo stremo delle forze. Mi siedo anch’io e
aspetto, a volte basta aspettare, perché
le riserve nascoste dentro il nostro corpo
si mettano in azione. Nel frattempo ci
raggiunge una camminatrice che si siede
un paio di minuti con noi. E’ della zona,
scambiamo due parole e poi riparte.
Qualche altro minuto e anche Lamberto si
rimette in piedi, concentratissimo e deciso
ad arrivare, a qualunque costo. Lo vedo
deciso, impegnato a gestire le forze, così
mi dedico a guardarmi attorno, passiamo
sotto alcuni corbezzoli con dei frutti maturi.
Avviso il navigante che ci sarebbe un
gustoso ristoro fuori programma, ma lui
imperterrito continua a testa bassa. E
vabbé, vorrà dire che dovrò mangiarmeli
da solo. Il corbezzolo è un gioioso arbusto
della macchia, con la particolarità di
poter avere allo stesso tempo i frutti
maturi, altri frutti ancora acerbi e i fiori.
E questi sono magnifici, da fotografare.
Lunga, lunghissima discesa e finalmente
arrivati,
dopo
tante
avventure!
Ritroviamo tutti gli altri, il santuario,
gli amici, la semplice e calda
cortesia
degli
organizzatori,
la
doccia,
il
pranzo,
l’accoglienza
generosa dei preti del santuario.
E’ con un filo di tristezza che purtroppo
dobbiamo deciderci a ripartire, cerchiamo
di salutare più persone possibile e
riprendiamo le tortuose strade liguri.
Oggi ho imparato che la semplicità è
serenità e calore. Arrivederci al prossimo
anno! ▼
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 1 8
[CRONACHE...]
ECOMARATONA
DEL CHIANTI
Castelnuovo Berardenga (SI), 19 ottobre 2008
Testo di Simone Brogioni
Foto di Danilo >Miticojane< Biagiotti
H
o sempre freddo alla fine di una
maratona. Che sia inverno o
estate, una volta che le mie gambe
si fermano, sembra fermarsi anche la
circolazione sanguigna. Ma alle 13 del
19 ottobre, nella piazza di Castelnuovo
Berardenga, sono rimasto con la
canottiera madida, immobile in piedi
a farmi trafiggere da un sole autunnale
che mi ha fatto da cicerone per tutto il
percorso, colpendo con i raggi gli squarci
chiantigiani rimasti offuscati lo scorso
anno dalle lacrime di tramontana.
Vigne, colline, casolari. Il profilo di Siena,
un modellino di Lego. Strade bianche
che più bianche non si può. San Gusmè,
con i suoi vicoli silenziosi risvegliati dallo
“sciabattare” di 400 ecomaratoneti. I
cipressi in fila come soldati sul “presentatarm” che regalano energia nell’ultima
salita. Il calore e il colore delle crete
senesi. Tutto questo è l’ecomaratona del
Chianti, un’immersione nel bello, tanto
bello da pronunciare questo banale
aggettivo con tre o più elle, con la lingua
che si solleva schiacciando il palato e
spingendo in fuori gli incisivi.
Esageratamente soddisfatto, cerco su
internet altri giudizi, racconti; e trovo la
simpatia a stelle e strisce di Rickey Gates,
nel suo blog “mostly paved”. Proprio lui, il
27enne del Colorado che l’anno scorso
ha vinto il titolo di podista dell’anno di
corsa in montagna, e che quest’anno si
è concesso una lunga vacanza europea
a base di bici e corsa. Lui che per
salire sul palco a ritirare il terzo premio
ha camminato quasi carponi e per
scendere tre scalini ha fatto più smorfie
di Jerry Lewis. Stanco, sfinito, dolorante
al punto di scrivere “I understand fulfilling
“TROP
P
PARLA O FACILE
RNE B
ENE”
the curiosity of running a marathon once,
I’ll never understand running a marathon
a second time”, ovvero qualcosa tipo:
“capisco la curiosità di chi vuol correre
la maratona almeno una volta, ma non
capirò mai chi vuole correrla una seconda
volta”. Sintesi perfetta di questa corsa,
Rickey continuava a ripetere “wonderful”
con l’acido lattico a livelli improponibili.
E’ così il trail: gioia e dolore, il paradosso
più elementare, l’essenza della corsa. E il
Chianti offre questo: semplicità e garbo
profumati di mosto, in una galoppata
che finisce troppo presto e che ti lascia
sulle guance due piccole grinze, fresco
ricordo di un godimento lungo 42
chilometri. ▼
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] -
19
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 0
[CRONACHE...]
TRA GIOCO
E TRAIL
ROMA NO LIMITS - 5 OTTOBRE 2008
“UNA VIA DI MEZZO TRA GIOCHI SENZA FRONTIERE E UNA GARA PODISTICA”.
QUESTA È STATA L’UNICA RISPOSTA CHE ABBIAMO SAPUTO DARE IO E ILENIA,
QUANDO CI CHIEDEVANO COSA ANDAVAMO A FARE QUESTO FINE SETTIMANA.
CI SERVIVA UNA DOMENICA “DIVERSA”, PER STACCARE UN PO’ LA SPINA DALLO
“STRESS AGONISTICO” DELLE TANTE COMPETIZIONI, ALLE QUALI ABBIAMO
PARTECIPATO QUEST’ANNO...
Testo di Matteo >teomat< Ghezzi
Foto di Matteo Ghezzi e ROMA NO LIMITS
C
osì
domenica
mattina
arriviamo
ad
Anguillara
Sabazia.
Fa ancora fresco, ci cambiamo
il più tardi possibile e facciamo
riscaldamento,
cogliendo
l’occasione per provare i primi
“giochi” che ci attendono, mentre
si avvicina l’orario di partenza.
Lo speaker invita tutti a posizionarsi
dietro la “linea” di partenza, dove
linea in questo caso significa
“squadra di giocatori di rugby”.
L’adrenalina sale, inizia a sentirsene
nell’aria l’odore, anzi no, quello
che si sente è odore di… benzina!
Vengono accesi falò e fumogeni, si
parte!
Saltando tronchi e pali metallici,
attraversando
una
cortina
di
fumo e le fiamme de “L’Inferno”,
strisciando sotto una rete metallica,
si raggiunge la prima barriera,
dove l’attenzione è d’obbligo
perché si è in tanti e si rischia di
farsi male. Gli ultimi metri sulla
sabbia ed entriamo nel lago; con
l’acqua,
fortunatamente
non
fredda, fino alla vita, superando
alcune file di bidoni, raggiungiamo
la rete che ci permette di issarci
“all’arrembaggio”
sul
molo
attraverso
cui
torniamo
sulla
terraferma per addentrarci poi
nelle strade di Anguillara, che
lasciamo nuovamente poco dopo
costeggiando il lago.
Prima di allontanarci dalla riva,
superiamo un tratto di “sabbie
mobili”: qualcuno ci finisce dentro,
gli altri lo aiutano a uscirne e si
prosegue con un saliscendi alla fine
del quale ci troviamo… in un fosso,
in cui percorriamo una decina di
metri uscendo giusto in tempo per
saltare qualche fila di pneumatici
e il cassone di un camion.
Finalmente
si
corre
un
po’,
attraversando labirinti di corde,
campi di terra smossa, recinzioni
di filo spinato e una piccola
“giungla” prima di arrivare al
lungo lago, in fondo al quale
entriamo nuovamente in acqua
per prendere una collana con un
moschettone che dovremo portare
al traguardo.
Un breve tratto collinare, una salita
molto ripida e con terreno instabile
e siamo al bivio dove i militari
che partecipano al Cism Day Run
hanno il giro di boa, mentre noi
proseguiamo in gruppo arrivando
alla grotta e aiutandoci a vicenda
per uscirne.
Una calata di 5 metri e un’altra
serie di saliscendi che, uniti a tutti
i cambi di ritmo e agli sforzi per
sostenere le prove, cominciano a
far sentire le gambe piuttosto dure
e a far salire parecchio i battiti
cardiaci. Mentre ci avviciniamo
alla prova successiva, ci supera un
atleta che va al doppio della nostra
velocità: più tardi scopriremo che
sarà lui il vincitore.
Una palizzata di un paio di
metri, qualche balla di fieno
e qualche metro strisciando in
un tubo d’alluminio e possiamo
nuovamente
correre
attraverso
una fitta vegetazione (spinosa!). Ci
infiliamo poi nel “Vietcong tunnel”.
Io decido di non farlo camminando
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 1
e così, complice una piccola
scivolata, mi sgambetto da solo e
arrivo direttamente in ginocchio,
ma tanto qui bisogna strisciare!
Cosa peraltro non certo semplice,
date le numerose spine e lo spazio
veramente esiguo.
Superata anche questa prova
si sale e si scende davanti ad
una cascina, dove si scavalca
un cancello, un muro, si sale al
secondo piano e per scendere si
salta su balle di fieno, scavalcando
un muretto e correndo qualche
centinaio di metri prima del
ponte tibetano. Una ripida salita
e un’altrettanto erta discesa, alla
quale segue un’arrampicata di una
decina di metri sempre con corde,
finita la quale la quantità di acido
lattico in circolo forse provoca una
visione: sembrerebbe un ristoro,
anzi no, lo è!
Il tempo di bere un sorso e si
ricomincia,
prima
superando
una rete e poi passandoci sotto,
stavolta però in uno spesso strato di
fango, con accanto il cameraman
che “sadicamente” ci riprende in
questa che è l’ultima prova prima
dell’agognato traguardo al quale
si arriva dopo qualche km. Giusto
il tempo per far seccare il fango,
ripercorrendo il lungolago dove ci
aspetta l’applauso del pubblico,
un bel piatto di pasta e un bel
bagno, naturalmente nel lago per
lavare via la terra!
In sintesi, manifestazione promossa
a pieni voti, organizzazione pure!
È vero che non si può certamente
definire un trail, ma solo perché la
Roma No Limits è semplicemente
fuori dai canoni di qualsiasi altra
competizione alla quale siamo
abituati in Italia: una sorta di parco
giochi per bambini cresciuti.
Tuttavia, lo Spirito Trail anima questa
gara, nella quale gli atleti si aiutano
continuamente l’un l’altro, si corre
in mezzo alla natura, qualche volta
addirittura dentro, e le premiazioni
sono rigorosamente in natura e
uguali per tutti i premiati. ▼
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 2
[CRONACHE...]
CASCADE
CREST
100
10th edition – 23 agosto 2008
Testo di Leonardo >leosorry< Soresi
Foto di Glenn Tachiyama
IN EUROPA L’ACRONIMO CCC FA SUBITO VENIRE IN MENTE LA COURMAYEUR-CHAMPEXCHAMONIX, LA COSIDDETTA “MEZZA” DEL MONTE BIANCO, COME VIENE INGIUSTAMENTE
ETICHETTATA UNA DELLE GARE PIÙ BELLE E DURE DEL CALENDARIO. NEGLI STATI UNITI LO
STESSO ACRONIMO INDICA INVECE LA CASCADE CREST CLASSIC, UNA 100 MIGLIA CHE
QUEST’ANNO HA FESTEGGIATO IL SUO DECIMO ANNIVERSARIO E CHE NON POTREBBE
ESSERE PIÙ DISTANTE DALLA SUA “CUGINA” FRANCESE.
[ RI TORN O A L L E OR I GI N I ]
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 3
A
lla Cascade Crest i partecipanti
sono appena un centinaio,
mentre alla partenza nella piazza
di Courmayeur si schierano ormai 2.500
concorrenti. Se oltreoceano sono la
solitudine e il silenzio ad accompagnare
le falcate dei trailers, qui nel vecchio
continente non è raro assistere ad
episodi di “code” che impediscono di
correre. Identica è invece la bellezza:
se qui ci si trova a percorrere il balcone
che dà sui ghiacciai del Bianco, laggiù
ci si muove tra cascate e laghi alpini
con il Mount Rainier sullo sfondo. Simile
è anche la “corsa alle iscrizioni”: pur non
raggiungendo gli eccessi francesi, anche
alla Cascade Crest quest’anno sono
bastate due settimane per raggiungere
il limite massimo di partecipanti.
Le Cascade Mountains sono una
catena montuosa di origine vulcanica
lunga 1.100 km che corre parallela
alle coste del Pacifico, andando dal
nord della California fino alla British
Columbia canadese, attraversando
tutto l’Oregon e lo Stato di Washington.
Le Cascades fanno parte del Cerchio di
Fuoco del Pacifico, un anello di vulcani
che circonda l’oceano Pacifico: le
uniche eruzioni vulcaniche avvenute nel
territorio degli Stati Uniti si sono verificate
proprio qui. Questa origine geologica
fa sì che il paesaggio delle Cascade
Mountains sia del tutto particolare: i
vulcani più alti dominano il paesaggio
circostante, svettando ad un’altitudine
doppia rispetto alle montagne intorno.
Ad esempio il Mount Rainier con i suoi
4.392 metri, può essere tranquillamente
osservato ad occhio nudo da 160 km di
distanza, poiché attorno non ci sono altre
vette sufficientemente alte da impedirne
la visuale.
La Cascade Crest Classic si corre nelle
High Cascades, nello stato di Washington,
ad un centinaio di km ad est di Seattle.
Nonostante queste montagne siano
attraversate da diverse linee ferroviarie
e da autostrade, gran parte della zona
rimane tuttoggi selvaggia e priva di
tracce del passaggio dell’uomo. Distanza,
dislivello complessivo e un terreno di gara
a volte tecnico fanno della Cascade Crest
una delle gare più dure nel panorama
dell’ultratrail nordamericano. Anche il
clima non aiuta i concorrenti, dato che
può andare dal freddo più intenso come
nell’edizione 2007, fino a temperature di
30° come accaduto nel 2006.
La corsa parte dalla cittadina di Easton,
nella contea di Kittitas, per farvi ritorno
dopo 160 km, e soprattutto dopo aver
attraversato i luoghi più belli della zona.
Oltre il 75% del chilometraggio totale
viene percorso su singletrack, cioè su stretti
sentieri montani, mentre solo il restante
25% passa sulle più ampie strade forestali.
Proprio per l’origine vulcanica delle
Cascades di cui si è accennato prima,
la gara raggiunge un’altitudine massima
di appena 1.780 metri, accumulando
comunque un dislivello importante
(6.250 metri). Nonostante le modeste
altezze raggiunte dai concorrenti, non è
raro trovare ancora neve sui sentieri: le
Cascade Mountains sono infatti famose
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 4
per le precipitazioni nevose molto
abbondanti, che nemmeno in agosto si
sciolgono definitivamente.
La partenza è fissata alle 10 del mattino,
un orario insolito per un’ultramaratona,
con il preciso scopo di far sì che anche
gli atleti più veloci siano costretti ad
affrontare almeno una parte del percorso
nella più completa oscurità. Nei primi
dieci km i concorrenti percorrono il John
Wayne Pioneer Trail che li porta a salire
fino al Goat Peak (Vetta della Capra), da
cui si può già osservare tutto il percorso di
gara. Arrivati al 16° miglio (25° km) si arriva
a Blowout Mountain, dove il percorso
della Cascade Crest si unisce al Pacific
Crest Trail (PCT), il più grande sentiero
americano (4.000 km!) che percorre
tutta la costa del Pacifico, dal Canada
giù fino alle assolate spiagge californiane
di San Diego. Per i successivi 50 km i
concorrenti rimangono sul Pacific Crest
Trail: in questa sezione, pur non essendo
presente una segnaletica specifica per
la gara, è praticamente impossibile
perdersi, in quanto i segnali da seguire
sono quelli generali del PCT. A detta
di molti concorrenti questa parte della
gara è un vero e proprio Paradiso del
trail runner: le condizioni del terreno sono
ottime e il profilo ondulato, senza grosse
salite o discese troppo ripide, permette di
correre in scioltezza.
Giunti a metà di questa sezione si arriva
a Stampede Pass, primo grande punto di
rifornimento della gara, dove la maggior
parte dei concorrenti spedisce le lampade
frontali e l’abbigliamento di cui avranno
bisogno durante la notte. Stampede è
anche il primo cancello orario della gara:
il regolamento prevede che i concorrenti
impieghino non più di 10 ore e mezza
per percorrere questi primi 52 km. Da
Stampede Pass si risale verso Yakima Pass,
dove i concorrenti seguono il sentiero che
conduce a Mirror Lake, uno dei punti forti
della gara. Per 5 miglia si corre a fianco
delle acque del lago, che riflettono le
luci del tramonto oppure il cielo stellato,
a seconda dell’orario in cui ci si arriva. A
Olallie Meadows (75° km) la gara lascia il
Pacific Crest Trail e affronta la cosiddetta
“Sezione delle Funi”, tre km di discesa
ripida e scivolosa in cui i concorrenti
tentano di non scivolare afferrandosi alle
funi tirate dagli organizzatori. Dopo aver
terminato questa discesa infame si entra
nel “Tunnel”, un’altra delle caratteristiche
che hanno reso nota la Cascade Crest.
Per quasi quattro km i concorrenti si
immergono in una galleria scavata
al di sotto di una montagna: non c’è
illuminazione e spesso dentro il tunnel c’è
una nebbia fitta che riflette la luce delle
lampade frontali, rendendole pressoché
inutili. Superata questa difficoltà si arriva
a Hyak, il ristoro che precede la salita
verso Keechelus Ridge. Da qui si affronta
poi la lunga discesa che potrebbe essere
anche rilassante se i concorrenti non
sapessero che più avanti li aspetta il lago
Kachess. In lingua indiana “Kachess”
voleva dire “Foresta Maledetta”, ed è
dalle rive di questo lago che inizia infatti
il “Trail from Hell” (Sentiero dall’Inferno). Si
tratta di un sentiero di appena 8 km, in
cui non sono presenti dislivelli significativi,
ma che è caratterizzato da un terreno di
gara estremamente tecnico, con tratti
piuttosto stretti, in cui è bene procedere
con attenzione. Perfino i top runner
impiegano circa 90 minuti per percorrerlo
tutto, mentre agli altri occorrono almeno
due ore e mezza. Una volta giunti al
ristoro di Mineral Crrek mancano meno di
20 miglia alla conclusione, ma purtroppo
si tratta della parte più dura anche
se più bella dell’intera gara. Occorre
infatti affrontare la salita verso Mount
Thorp, caratterizzata dai cosiddetti
Cardiac Needles (“Aghi Cardiaci”), una
serie di brevi ma ripidissime salite in cui
è impossibile correre e, se si è in crisi,
occorre fermarsi a riprendere fiato. Il
profilo altimetrico di questa parte di gara
assomiglia ad un elettrocardiogramma,
con tutte quelle salite pazzesche ed
altrettante discese vertiginose. Il premio di
tutta questa fatica sono però i panorami
mozzafiato verso l’Alpine Lakes Wilderness
e verso la Stuart Range. Dalla cima di
Mount Thorp mancano ormai 12 miglia,
quasi tutte di discesa, anche se correre
con 140 km già nelle gambe, anche
abbozzare un semplice ritmo da jogging
è una bella impresa. Nelle ultime 4 miglia
si lascia definitivamente il sentiero e si
rientra nella civiltà arrivando ad Easton
lungo larghe piste forestali.
Quasi tutti coloro che scelgono di
partecipare alla Cascade Crest Classic,
lo fanno perché vi si respira l’atmosfera
che ha accompagnato le origini delle
100 miglia americane più famose. “Qui
c’è ancora la magia che trent’anni fa
animava la Western States o la Leadville
100” dice Kent Holder, un corridore di 61
anni, che ha scelto la CCC come ultima
100 miglia per chiudere in bellezza la sua
carriera atletica.
In conclusione, la Cascade Crest Classic
è la gara perfetta per chi negli ultratrail
ricerca un’autentica solitudine interiore,
un’intensa sfida sportiva e dei panorami
da sogno. ▼
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 5
LA CORSA IN... CIFRE
CASCADE CREST CLASSIC 100
Partenza:
Easton (Stato di Washington, ad est
di Seattle)
Arrivo:
Easton (Stato di Washington, ad est
di Seattle)
Distanza:
100 miglia (160 km)
Percorso:
75% sentieri, 25% strade forestali
Dislivello+:
6.250 m
Altitudine massima :
1.780 m
Partecipanti:
107 concorrenti
Arrivati:
77 atleti (72%)
Tempo del vincitore
20:49:40
Tempo ultimo arrivato
31:29:18
Record Maschile:
Todd Walzer 19:52
Record Femminile:
Darcy Africa 21:15
Note: 15 aid station (ristori). Possibilità di spedire i ricambi in 4
punti differenti del percorso
Tempo limite:
32 ore
Prossima edizione:
Agosto 2009
Le iscrizioni si apriranno il 1° febbraio 2009
L’anno scorso le iscrizioni si sono chiuse in due settimane
Costo
185 $ (€ 140 circa)
Sito web:
www.cascadecrest100.com
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 6
I PARERI DEI CONCORRENTI
Judy Carluccio (USA) – 10a in 29h 06’
La trentina di km che da Stampede Pass
portano a Olallie Meadows sono stati
senza dubbio i miei preferiti. Si attraversa
una grande valle passando per un magnifico sentiero a mezzacosta. Sotto si vedono torrenti e una moltitudine di stagni,
e ad un certo punto si risale a fianco di
una cascata. Il punto peggiore è invece
sicuramente il Tunnel: la nebbia lì dentro è così fitta che la luce della lampada finisce per accecarti ed è facile farsi
prendere dal panico. La cosa migliore è
puntare il fascio di luce verso i lati, così da
poter vedere almeno le pareti. Quando
sono uscito dal quel tunnel umido e freddo le stelle della notte non mi sono mai
sembrate così belle.
Herb Reeves (USA) – 28h 55’
La Cascade Crest è stata la mia prima
100 miglia in assoluto: essendo una delle
gare considerate più dure il mio obiettivo era solo quello di finire nel tempo limite di 32 ore e cercare di divertirmi il più
possibile. Mi sono alimentato male nella
prima metà gara e fino al ristoro di Olallie Meadows non sono stato in grado di
mangiare nulla di solido. Nella seconda
metà non ho invece avuto alcun problema, e incredibilmente mi sono ritrovato a
superare concorrenti anche nella difficile
salita verso Mount Thorp. Il tempo finale,
nonostante un errore di percorso nelle
ultime ore di gara, va ben al di là delle
mie aspettative: senza dubbio il prossimo
anno correrò un’altra 100 miglia.
CLASSIFICA MASCHILE
Joe Lee (USA) – 8° in 23h 35’
LE CLASSIFICHE
CLASSIFICA FEMMINILE
Negli Stati Uniti ci sono molte 100 miglia
che mi piacerebbe correre ma ho scelto
la Cascade Crest Classic per il suo percorso duro e panoramico allo stesso tempo. Le mie aspettative non sono andate
deluse: già la prima salita verso Goat
Peak, su un sentiero panoramico su tutto
il gruppo delle Cascades e con il Mount
Rainier sullo sfondo, valeva tutta la fatica che avrei dovuto affrontare. La parte
più bella è stata però la serie dei Cardiac
Needles e la salita a Mount Thorpe, con
tutti quei prati traboccanti di fiori gialli e
viola. La cima del Mount Thorpe è senza
dubbio uno dei luoghi più belli in cui sono
mai stata.
Pos
Tempo
Nome
1
20:49:40
Tom Ederer
2
21:15:24
Phil Shaw
3
21:40:00
Keith Knipling
4
21:47:42
Jesse Berwald
5
22:22:36
Jamie Gifford
6
22:46:00
Stan Holman
7
23:05:05
Arthur Martineau
8
23:35:49
Joe Lee
9
23:48:11
Devin Corcoran
10
24:17:47
Sean Lang
Pos
Tempo
1
23:06:13
Suzanna Bon
2
24:16:40
Gwen Scott
3
25:22:27
Wendy Wheeler
4
25:49:23
Darla Brader
5
26:48:11
Van Phan
6
26:52:36
Monica Hochs
7
27:40:00
Kris Ryding
8
28:48:02
Julie Treder
9
29:04:10
Jamie Keizer
10
29:06:52
Judy Carluccio
Nome
Ben Blessing (USA) – 28h 55’
La Cascade Crest 100 è così dura da far
sembrare la Western States un gioco da
ragazzi. Oserei dire che per me è stata
un’esperienza più spirituale che fisica.
Faccio anche fatica ad indicare quale
sia stata la parte più dura: non esistono
parole per descrivere quanto sia stato orribile il sentiero tra Kachess Lake e Mineral
Creek. Brutale, non ci sono altre parole
per descrivere il percorso. Alla fine i miei
piedi erano distrutti, ma l’anima era tornata come nuova!
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 7
[TRAIL AUTOGESTITI...]
LA VALLE I
SICILIANA
TA
Testo: Marco <marcobummi> Flamminii Minuto
Foto: Roberto Alesii
ERANO GIÀ PASSATE PIÙ DI QUATTRO
ORE E AVEVAMO PERCORSO OLTRE
20 CHILOMETRI QUANDO ELISABETTA
MI
CHIESE:
“COME
MAI
HAI
ORGANIZZATO QUESTA COSA?”.
G
ià, come mai? Non che non lo
sapessi, ma la domanda mi era
stata rivolta così a bruciapelo da
non darmi il tempo di fornire una risposta
esauriente, o meglio che esaurisse fino in
fondo i reali motivi per i quali avevo deciso
di organizzare questo Trail Autogestito. Per
capirlo bene bisogna che vi parli un po’
di più della Valle Siciliana e del percorso
che avevo scelto.
La valle in realtà è tale un po’ per
modo di dire, nel senso che è sì una
valle ma lo è in maniera un po’ atipica.
Geomorfologicamente non si presenta
con la classica forma concava racchiusa
fra due versanti opposti. E’ più un
grande anfiteatro di cime montuose
che si raccoglie attorno ad una zona di
colline. In poche parole questa parte
dell’Abruzzo teramano è caratterizzata
da due ambienti molto diversi fra loro:
a valle troviamo il clima temperato
delle colline coperte di oliveti e vigne, in
montagna dominano le grandi faggete
e le radure vocate al pascolo estivo.
Non ci sono mezze misure, in quota per
6-8 mesi l’anno regna la neve, mentre a
valle si raccolgono i frutti della terra. Le
montagne sono talmente più alte rispetto
alle colline da essere ben visibili anche
dalle delle vallate adiacenti e persino
dalle spiagge della costa. La vetta del
Corno Grande, in particolare, si erge con
un’imponenza tale da sembrare uno dei
grandi quattromila delle Alpi.
Ne consegue che correre verso il suo
paretone illuminato dal sole del primo
mattino è uno spettacolo, e farlo in una
tersa mattina di inizio autunno come
è capitato a noi lo scorso 5 ottobre ti
mette veramente di buonumore. La
prima salita fa sbuffare un po’ e per
entrare nell’abitato di Cerchiara si è
obbligati a passare sotto ai piloni in
cemento dell’autostrada, ma questo è
l’unico breve tratto paesaggisticamente
brutto del percorso. I pascoli soprastanti
regalano una visuale unica. Da una
parte il re dell’Appennino e dall’altra le
colline che scendono dolcemente verso
l’azzurra distesa del mare Adriatico.
Passati accanto alle casette di roccia
situate nei pressi della fonte Chiavatteri
si entra in una dimensione meno
verticale del percorso ma non meno
bella. Una lunga carrareccia pressoché
pianeggiante permette di compiere un
grande giro attorno alla valle immersi
nelle faggete che ammantano i pendii
delle cime della catena del Gran Sasso.
Sulla sinistra del tracciato comincia
a vedersi il canale di gronda. Opera
semisconosciuta
e
probabilmente
volutamente tenuta nascosta per decenni
per motivi strategici, questo lunghissimo
canale seminterrato raccoglie gran parte
delle acque che scendono dai pendii
delle montagne che dominano la Valle
Siciliana. Il canale parte nei pressi della
forra di Fossaceca e dopo un lungo giro
si inabissa nella montagna poco dopo
l’abitato di Casale San Nicola. Qui una
condotta sotterranea porta le acque
poco a valle di Pietracamela da dove
proseguono la loro corsa in discesa verso
la valle del Vomano, dove vengono
raccolte nella diga di Piaganini per
alimentare una prima centrale elettrica.
Un sistema di pompaggio notturno porta
l’acqua dal lago di Piaganini a quello
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della Provvidenza situato più a monte, e
da quest’ultimo lago un altro sistema di
pompaggio notturno trasferisce le acque
nel lago di Campotosto, il più grande
invaso artificiale d’Europa. A questo
punto l’acqua non deve far altro che
scendere nella valle del Velino, da dove
scorre fin oltre Rieti raggiungendo il lago
di Piediluco e con un ultimo grande balzo
piomba giù dalla cascata delle Marmore
alimentando la grande centrale elettrica
adiacente alle acciaierie di Terni.
A questo punto più di qualcuno si chiederà
come sia possibile che un’opera simile sia
così poco conosciuta, e dove siano finiti
i documenti che testimoniano l’immane
sforzo di tantissimi operai che per anni
sono saliti quotidianamente quassù
a scavare, trivellare e puntellare con
mezzi tecnologici che oggi farebbero
sorridere. Negli anni ’30, quando questa
opera venne realizzata, la produzione
di acciaio era assolutamente strategica
per il paese, che per giunta era anche
in guerra: evidentemente allora parlarne
era un rischio troppo grande e più
tardi probabilmente molti se ne sono
dimenticati. Sta di fatto che il canale
di gronda è ancora lì, lo abbiamo visto
affiorare spesso fra faggi giganteschi
che sembrano volerne celare ancora il
segreto e per un tratto ci abbiamo corso
addirittura sopra. Durante questo trail
la sua è stata una presenza costante e
discreta, quasi una guida.
Un altro elemento che non si può fare a
meno di notare da queste parti sono gli
eremi. La chiesa sopra Casale San Nicola,
attualmente in fase di restauro, e quella
di Santa Colomba situata appena sopra
alle Piane del Fiume, sono solo alcune
testimonianze di quanto fosse diffuso il
fenomeno dell’eremitaggio fino in epoca
recente. L’ultimo eremita del Gran Sasso
d’altronde è scomparso solo all’inizio del
1900.
I luoghi in cui sono vissuti degli eremiti
sono spesso permeati di racconti più
o meno fantasiosi e la valle non ne è
certo esente. L’ultimo tratto di bosco del
nostro percorso conduce alle rovine del
castello di Santa Maria a Pagliara, luogo
panoramico per eccellenza e avvolto
da un’antica leggenda. Si narra che
che Colomba e Berardo figli del conte
di Pagliara, ricca casata che governava
la zona attorno al 1100, decisero di
abbandonare i loro agi per condurre una
vita di solitudine e di povertà: Berardo
andò verso il mare mentre Colomba
optò per i monti. La ragazza (pare che
all’epoca avesse 16 anni) inizialmente si
sistemò in una piccola grotta ma non vi
rimase a lungo perché venne allontanata
da un cacciatore. Per sfuggire alle
proposte amorose del giovane cercò un
altro ricovero e raggiunse una casetta
abbandonata sulla cima di questo colle.
Qui si stabilì vivendo di frutta selvatica e
radici.
Il fratello Berardo, nel frattempo, si era
ritirato nel monastero di S. Giovanni in
Venere e anni dopo venne nominato
vescovo di Teramo. Prima di recarsi alla
sua nuova sede episcopale passò per la
casa paterna col desiderio di rivedere
la sorella, ma non la trovò. Era gennaio
e c’era molta neve sulla montagna,
ciononostante si diresse verso i monti
e dopo un lungo pellegrinaggio notò
la casupola dalla quale fuoriusciva
del fumo. Quando bussò per chiedere
ospitalità fu felice di constatare che chi
gli aveva aperto era proprio sua sorella.
Passarono tutta la notte raccontandosi i
fatti avvenuti in tutti quegli anni trascorsi
lontani l’uno dall’altro. Il giorno successivo
Colomba constatò tristemente che non
aveva cibo da offrire al fratello, ma
quando si affacciò alla finestra vide che
il ciliegio posto vicino alla casetta era
carico di frutti nonostante la stagione
rigida. Il miracolo però ebbe un epilogo
tragico: la notte successiva la ragazza si
svegliò in preda a dei forti dolori al fianco,
le sue grida fecero accorrere il fratello,
che ebbe appena il tempo di raccogliere
la sua confessione. Berardo la seppellì al
piano inferiore dell’edificio.
A questo punto, terminate le suggestioni
legate al percorso, dovrei raccontarvi
del timballo di scrippelle e di tutte le
altre leccornie che ci siamo sbafati dopo
essere rientrati a Isola. Ma descrivere
anche questo sarebbe troppo. Se verrete
a trovarmi prometto di accompagnarvi
anche in questo genere di trail, magari
dopo aver corso un po’ su qualche altro
sentiero, nella Valle Siciliana ne abbiamo
a sufficienza per organizzare altri TA. ▼
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 9
[INTERVISTE...]
Elizabeth
Hawker
Lorenza
Visentin
POCHE RIGHE LE RIFLESSIONI
CHE LIZZY E LORENZA CI
OFFRONO PER IL CONSUETO
APPUNTAMENTO DELLA
photo © Freancesco
E’ POSSIBILE RIASSUMERE IN
Martinelli
a cura di Matteo >emme< Grassi
traduzione dall’inglese di Gualtiero >krom< Linetti
DOPPIA INTERVISTA?
rice
POCHI TECNICISMI, SE
Belinda So
NON NULLI, MA TANTA,
photo ©
DAVVERO TANTA PASSIONE
E... FILOSOFIA: DUE “SPIRITI
TRAIL” IN ASSOLUTA LIBERTA’.
1. Anzitutto: vuoi presentarti?
Elizabeth (Lizzy) Hawker, 32 anni, nata a
Londra (UK).
Lorenza Visentin, del 1961, cresciuta nel
trevigiano e vicentina di adozione.
2. Quando e perché hai iniziato a
correre? Hai mai smesso per poi
riprendere?
È difficile ricordare il tempo in cui non
correvo. Ho sempre corso, anche se solo
per me stessa. All’inizio era solo un modo
per stare all’aria aperta, un antidoto al
non poter vivere sulle montagne, oppure
un modo per fare un po’ di fitness. Ho
smesso di correre solo durante le spedizioni
alpinistiche o sci-alpinistiche o quando
sono in mare verso l’Antartico per crociere
di ricerca (durante le quali peraltro utilizzo
la palestra della nave). Per il resto solo gli
infortuni mi possono fermare.
Fino a 10 anni fa l’attività sportiva era
poco contemplata nella mia vita. Ho
cominciato frequentando un gruppo
di amici: la Polisportiva Torreselle, i miei
“eroi”, fortissimi skyrunners, alpinisti,
sciatori per passione e non per agonismo,
e pazienti con i neofiti come me. Ho
smesso al secondo incidente al ginocchio
destro che ho dovuto operare e non ho
più corso per 2 anni. Nel frattempo è
subentrata la bici da corsa. Ho ripreso
disordinatamente solo per tenermi in
forma evitando accuratamente qualsiasi
tipo di competizione fino a quest’anno.
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 0
photo © Mark Hartell
3. Hai iniziato subito a correre in
montagna? E quando a spingerti oltre
i 42 km?
Vivendo nel sud dell’Inghilterra per molti
anni la maggioranza delle mie corse si è
svolta su strada, martellando l’asfalto. Non
certo la cosa più entusiasmante. La mia
prima corsa oltre i 42 km fu, probabilmente,
la giornata sulla South Downs Way (50
miglia), su un percorso escursionistico
nel sud dell’Inghilterra fuggendo da
Southampton e dal mio dottorato per un
giorno. Volevo vedere se ero capace di
correre su una lunga distanza. Un amico
stava tentando di convincermi a fare
la “Bob Graham Round”, una sfida sulle
brughiere britanniche, non una semplice
gara, ma proprio una sfida che si compie
nel Lake District attorno a 42 cime su
una distanza di circa 74 miglia. Ma la
mia prima ultra capitò invece per caso.
Era una gara di 40 miglia su pista nel
sud del Galles, alcuni amici che si erano
iscritti mi persuasero a parteciparvi. Non
avendo corso su pista fin dai tempi della
scuola fu abbastanza sconvolgente. Ma
dal risultato di quel giorno fui invitata a
rappresentare l’Inghilterra ai campionati
della Gran Bretagna del 2005 di 100 km.
Prima di cominciare a correre, durante
una passeggiata sul Pasubio con mio
marito Luciano, incontrammo un ragazzo
che saliva di corsa. Lo guardammo
come si potrebbe fare con un marziano,
non potevo certo immaginare che
poco tempo dopo avrei ripercorso
quelle orme... Sì, ho cominciato subito
in montagna e ho fatto anche delle
maratone con poca preparazione e
molta incoscienza. I percorsi oltre i 42 km
li ho affrontati solo quest’anno, quasi per
caso, prima non ne sapevo nulla.
4. Parliamo un po’ di allenamento e di
gare: ti segue qualcuno oppure sei un
corridore fai da te? Ti tieni aggiornata
leggendo riviste o libri che parlano di
allenamento? Segui delle tabelle?
Non sono abituata a comprare riviste
specializzate, così le leggo solo quando
mi capitano tra le mani. E davvero non
seguo tabelle di allenamento che si
trovano nei libri. Corro ad alto livello solo
da pochi anni, così la corsa è rimasta
una cosa che ho appreso da sola e
per me stessa. Comunque, ora mi sono
messa in testa di esprimere al meglio il
mio potenziale e di allenarmi con criterio.
Questo inverno (prima dell’infortunio che
ha interrotto l’allenamento) ho iniziato ad
osservare uno specifico programma, che
includeva alcune prove su pista e qualche
sessione con altri podisti. Sarah Powell (ex
maratoneta olimpica britannica) mi ha
dato consigli ed è diventata una mia
cara amica.
Decisamente “fai da me”! Accetto i
consigli degli amici, magari faccio anche
dei propositi con qualcuno ma spesso
eludo programmi e quant’altro per fare
quello che ho voglia di fare. Le tabelle mi
annoiano al solo pensiero. Posso andare
a correre col freddo, la pioggia, la neve
ma non perché devo.
5. Quanti km corri mediamente in una
settimana, in un mese, in un anno? E
quando stai preparando un’ultra come
aumentano i carichi di lavoro?
Difficile quantificarli: quando mi alleno per
una ultra penso che sia più importante
quanto tempo sto sulle gambe piuttosto
che la distanza.
Di solito non corro più di 3 volte a
settimana, il riposo per il mio fisico è
fondamentale, per preparare una ultra
faccio dei lunghi con più dislivello e mi
riposo di più.
6. Ti alleni solo correndo o fai anche
palestra, cross training, o altri sport di
resistenza?
Odio la palestra. Corro perché mi piace
stare all’aria aperta. Mi diverto ad
andare in bicicletta su lunghe distanze, e
se un infortunio mi impedisce di correre,
questa diventa la mia forma preferita
di allenamento. Faccio anche molte
camminate su sentieri, alpinismo e scialpinismo ogni volta che posso. Per cui
credo che queste attività contino molto
sull’allenamento all’endurance. Provo
anche a mantenere la pratica dello
yoga, non tanto come semplice esercizio,
ma soprattutto per la concentrazione
mentale, per gli aspetti filosofici connessi
e per la forza e la flessibilità che sviluppa.
In alcuni periodi faccio parecchia bici da
corsa e col freddo spinning in palestra,
mi piace lo sci alpinismo ma ho qualche
problema con la discesa, camminate
in montagna con i cani con qualsiasi
tempo.
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 1
photo © Lanzeni
7. Per preparare un’ultra che tipo di
allenamenti fai? Ripetute, medio,
lungo, lunghissimo? Con che distanze
e a che ritmi? E su che terreni?
Corro con passione, per le sensazioni
che si provano, corro con il cuore e con
l’anima, ma anche con la testa e con le
gambe Così facendo, molto, se non tutto,
diventa possibile.
La preparazione ha per finalità l’arrivare
in fondo alla gara, così cerco di non
stancarmi troppo. Non corro mai su
asfalto se non per brevi tratti, magari mi
sposto in auto fin dove posso incrociare
sterrato. Le mie corse non le definisco mai
“allenamento”.
8. Quante gare hai corso nel 2008?
Quante maratone e quante ultra?
UTMB, vittoria con record della corsa. Swiss
Alpine Marathon, Davos, 2a classificata.
Sierre Zinal, 3a classificata. Zermatt
Marathon, 1a classificata. Gondo Event,
1a classificata.
Questa serie di corse è frutto di un
programma iniziato quasi per gioco.
Con il mio amico >Pollo<, cominciammo
col dire: “e questa la facciamo?” “..ok
facciamola!”
42 km: Maratona Prealpina, Traversata
dei Colli Euganei, Maratona del Grappa,
Maratona dei Forti, Ecomaratona dei
Cimbri.
Oltre i 42 km: Lavaredo Ultra Trail, Gran
Trail Valdigne, Porte di Pietra, Gran
Trail Rensen. Altre gare: Camignada,
Transcivetta, Superpippo Sorapache.
9. Raccontaci qualcuna delle tue
esperienze: qual è stata la corsa/gara
più bella che hai fatto? La più lunga, la
più dura, la più “strana”? Quella che
non rifaresti?
Ogni gara e ogni corsa sono differenti,
un’esperienza a sé. Alcune gare sono
comunque state “speciali”.
UTMB 2005 (155km, 8500 d+/-), il mio primo
trail, non avevo idea se sarei stata in
grado di terminarla, decisi di continuare
a correre finché ne avevo. Mi fermai solo
all’arrivo ed ero la prima donna.
ZERMATT MARATHON 2006 (42,2km,
d+1900), la mia prima maratona, ma con
dislivelli prossimi ai 2000m. Zermatt all’età
di sei anni fu la mia prima esperienza di
montagna. Vincere e stabilire il nuovo
record della gara è una cosa che non
dimenticherò mai.
CAMPIONATO DEL MONDO 100km su
strada 2006, Oro. Non ha ancora smesso
di emozionarmi.
EVEREST BAS CAMP TO KATHMANDU
(circa 300km, circa 10000 d+, circa 30000
d-), non una gara, ma un sogno, un
viaggio dall’incontaminata altezza delle
montagne al caos di una città. Stabilimmo
il nuovo record: 3 giorni, 2 ore e 36 minuti.
UTMB 2008 (166km, 9500 d+/-), tre anni
dopo la mia prima volta sono tornata,
stavolta con un tracciato più lungo e
maggiore dislivello, e anche maggiore
competizione. Ho dovuto imparare a
convivere con le aspettative... e non
solo le mie! Ho corso ogni singola parte
con il cuore e con l’anima, con la testa
e le gambe. Difficilmente avrei creduto
di attraversare le strade di Chamonix al
quattordicesimo posto assoluto e prima
tra le donne.
Non ho così tanta esperienza di gare. La
mia corsa e gara più lunga è stata il Gran
Trail Valdigne, dura per le condizioni
meteo e strana in quanto in certi momenti
da soli col buio e la pioggia non sembrava
di essere in gara, un’esperienza faticosa
ma magica e a tratti irreale quando
dal nulla compariva qualcuno a farti
ricordare dov’eri e cosa stavi facendo.
Invece per quanto riguarda la corsa in
genere, basta avere un paio di scarpe e
dovunque ti trovi... Ho corso dappertutto
e ne ho dei ricordi straordinari: i 10.000
scalini al monte Girnar in Gujarat, sulla
costa dello Sri Lanka e dell’India, fra
la canna da zucchero a Barbados, in
Guatemala, in Messico, nell’Adirondack,
nell’Arches Park Utah, al lago Michigan, a
Tokyo, Los Angeles, NewYork... un piccolo
viaggio nel viaggio.
Non rifarei quella dove cadendo ho rotto
definitivamente il legamento crociato
destro.
10. Qual è la gara che stai ancora
sognando?
Troppe rispetto a quelle che sarò in
grado di completare. Ce ne sono molte
che sarebbero esperienze meravigliose.
Tuttavia voglio imparare a ottenere il
meglio del mio potenziale e capire cosa
posso raggiungere su distanze dalla
maratona e oltre e anche nella corsa in
montagna.
Tutto sommato le gare, anche le più
esotiche, sono un sogno abbastanza
raggiungibile. Il mio sogno-sogno invece...
Sovente correndo c’è un momento, il
momento perfetto, quando sto così bene
che mi dico: ecco, vorrei correre per
sempre! Sogno una corsa lunghissima,
non 100 km ma 100 giorni, una lunga
pausa lavorativa per un viaggio di corsa,
poter attraversare un paese correndo.
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 2
photo © archivio The North Face
11. Hai ancora gare in programma per
il 2008? E per il 2009?
Il mondiale di 100 km su strada
a
Tarquinia
l’8
novembre.
Per il prossimo anno l’obiettivo è: difendere
il titolo all’UTMB!
UTMB se riesco ad iscrivermi e il resto lo
programmo strada facendo, ce ne sono
tante che mi attirano, anche all’estero,
ma non si può fare tutto. Vedremo.
12. Corri da sola o hai compagni di
allenamento? E alle gare ci vai da
sola?
Per preferenza e inclinazione personali
corro, ho corso, e correrò sempre da
sola, ma qualche volta può capitare,
ed essere divertente, avere compagnia
e condividere degli obiettivi. Lo scorso
inverno, per allenarmi con criterio e
aumentare la velocità, ho fatto alcune
specifiche sessioni su pista intervallando
tratti da sola e tratti con amici. È stato
divertente. Durante le gare, invece corro
sempre da sola.
Come dice un mio amico: si corre sempre
da soli. Per me ci sono due tipi di corsa.
Una è quella che metti nel calendario
come obbiettivo e che ti fa fare un
programma di corse che quest’anno,
l’ho già detto, è nato quasi per gioco e
un po’ per merito di Spiritotrail. Quella
che asseconda l’umana necessità di
relazionarsi e di misurarsi. La seconda,
per me più usuale e a me più affine, è
quella solitaria: la corsa come viaggio,
scoperta, senza l’uso dell’orologio o delle
tecnologie (che impediscono il lusso
di “perdersi”...) Scegliere un percorso
sulla mappa e andarlo a scoprire o
semplicemente ripercorrere una strada
nota ma sapendo che l’erba e il sasso
che calpesti non sarà più lo stesso sasso e
le cose da vedere sono infinite.
13. Ti è capitato di conoscere nuove
persone, correndo? Di fare amicizie?
O magari di innamorarti?
Ogni persona che incontri lascia qualcosa
nella tua vita. Sono stata fortunata ad
incontrare molte persone meravigliose,
dalle quali ho imparato tanto, persone
che mi hanno ben accolta nei luoghi
dove ho viaggiato. Talvolta le cose più
entusiasmanti le ho vissute in quello che,
a prima vista, poteva essere ordinario o
mediocre.
Ci sono delle persone straordinarie nel
mondo della corsa, e anche se non
arrivo a conoscerle è qualcosa che
percepisco. Ho una grande ammirazione
per i Top, i fortissimi, ma ho più simpatia
per gli ultimi.
14. Parliamo di alimentazione: segui
una dieta? Sei sempre attenta a quello
che mangi oppure no, e ti concedi
qualche vizio ogni tanto?
Sono vegeteriana fin dall’età di cinque
anni. Una volta che ho capito da dove
proveniva la carne (cosa fosse) mi sono
rifiutata di mangiarla. Mantengo una
dieta salutare a base di frutta fresca,
verdura, e alimenti poco elaborati.
I vizi sono il sale della vita, corro anche
per pagarli.
15. Cosa mangi prima di una gara
lunga? E durante? E dopo?
Non c’è una dieta speciale prima di una
gara lunga. È molto simile a quella di tutti
i giorni.
Durante una gara: dipende dalla distanza
e se la corsa è in montagna o su strada.
Durante una corsa lunga in montagna, il
cambio di passo permette con facilità di
nutrirsi: pane, formaggio, frutta, tè, ecc.
Durante una gara lunga su strada, dove
si corre ad un passo di maratona, veloce,
diventa tutto più complicato e io sto
ancora imparando il modo migliore.Per
quanto riguarda l’alimentazione del dopo
gara, riprendo più o meno a mangiare
come prima.
Verdura e frutta sempre. Prima poche
proteine e molti carboidrati, durante
principalmente gel e integratori, dopo
più proteine, meno carboidrati e...
sicuramente un brindisi.
16. Oltre la corsa: hai un diario, un
quaderno di appunti, un blog? Tieni
traccia o memoria delle tue corse?
Sto provando a tenere una traccia dei
miei allenamenti con un piccolo diario
personale come riferimento e mi piace
un sacco scrivere. Di recente ho anche
iniziato un blog dopo l’assillante pressione
di amici e familiari. Lo trovate su www.
lizzyhawker.blogspot.com
Tengo i numeri dei pettorali, nient’altro.
17. Come concili la corsa con tutto il
resto (lavoro, famiglia...)?
È molto difficile raggiungere un buon
equilibrio
tra
lavoro,
allenamento,
competizioni e spedizioni alpinistiche. Sono
una scienziata, mi occupo di ambiente;
Ho un lavoro autonomo e posso gestirmi
gli orari. La mia famiglia comprende
Luciano, mio marito, che ha interessi
opposti ai miei ed ognuno è libero di
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 3
photo © Enrico Pollo Pollini
per professione, da quest’anno, ho lasciato
l’università e sto tentando di diventare
stabilmente giornalista o scrittrice freelance o ricercatrice per organizzazioni.
L’intenzione è quella di avere più tempo
per attività non scientifiche. Tuttavia,
intuisco che è diventato così naturale
correre tutti i giorni, ovunque sia, qualsiasi
cosa stia facendo, che ormai fa parte del
ritmo della mia vita di tutti i giorni.
assecondare le proprie passioni nei tempi
e modi che preferisce. Inoltre ho 3 cani:
Leone cane da passeggio e Dina e Uli
immancabili compagne di corsa.
18. Hai uno sponsor o ti paghi tutto
da sola? Riesci a prendere qualche
premio alle gare? Hai mai quantificato
quanto ti costa correre in un anno?
Sono
stata
fortunata
a
ricevere
sponsorizzazioni sia da The North Face
sia da una piccola società tedesca di
progettazione, la Tecosim. Per me sono
un supporto vitale, che mi permette di
avere un lavoro part-time e di tentare di
ottenere un migliore equilibrio tra lavoro
e corsa (la federazione inglese di atletica
non da’ alcun supporto economico per
ultra, corsa in montagna o altre gare
di endurance). Questo equilibrio lo sto
ancora cercando: non è facile avere
un guadagno economico e le corse
di ultra-distanza non ti permettono
di sopravvivere. Talvolta mi capita di
ricevere dei premi, ma non tutte le gare
danno un premio in denaro, e la cifra
ottenuta non è certo sostanziosa, benché
sia naturalmente di qualche aiuto. Le ultra
distanze e la corsa di resistenza non sono
vocazioni da cui si possa trarre profitto, lo
fai per passione! Essere supportati da The
North Face significa molto per me perché
la loro filosofia, racchiusa nel motto “never
stop exploring” (“non smettere mai di
esplorare”), è qualcosa che sento come
importante per ciascuno nella propria vita,
non solo nello sport, ma in tutti gli aspetti
della vita, fisicamente, mentalmente e
spiritualmente. Comunque se vi capiterà
di ottenere sponsorizzazioni è molto
importante che ricordiate perché correte
e che possiate mantenere la vostra
coerenza/integrità.
Considero ben spesi i soldi spesi per la
corsa.
19. Cosa vuol dire per te correre un
ultratrail? Cosa ti spinge a fare corse
estreme?
C’è un certo incantamento nel viaggiare/
spostarsi su un sentiero attraverso la
montagna, in modo così semplice e
sorretto solo dalle tue energie. Senza
lasciare nulla che non siano le tue
impronte, ma allo stesso tempo sfidando
te stesso: fisicamente e mentalmente al
limite.
L’adrenalina prima della corsa, la sfida, il
proprio limite... ma le tante ore di corsa
sono un’esperienza di introspezione. Il
gioco di equilibri tra il fisico e la psiche
alleati per un unico obbiettivo, quindi
riuscire a sublimare la fatica, andare
oltre al dolore... è per me una sorta di
meditazione.
20. Scusa ma... perché corri?
Amo correre. Il mio ambiente favorito è la
montagna dove la mia anima si sente più
a casa. Ma ovunque si possa viaggiare si
può anche correre: tutto quello di cui si
ha bisogno è se stessi e un paio di scarpe.
Lo puoi fare sempre e ovunque. E il bello
della corsa è la sensazione di libertà che
ti dà.
Per tutto quanto detto, sarebbe un
peccato non farlo!
21. ...tema libero!
Una delle mie citazioni preferite è di
Goethe e dice, più o meno: “qualsiasi
cosa tu possa fare o sognare di farla,
cominciala. L’audacia ha in sé i tratti del
genio, della magia e della forza”. La vita
è breve, così dobbiamo essere coraggiosi
e cominciare ad esplorare i nostri sogni.
Perché talvolta, solo talvolta, i sogni
diventano realtà.
Ringrazio
Spiritotrail
che
democraticamente dà la possibilità a
tutti di contribuire e raccontarsi, sentirsi
protagonisti a volte a fianco dei Top
runners nella webzine, con una formula
comunicativa semplice ed efficace.
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 4
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 5
photo © La Cerniera-Superpippo Sorapache
photo © Belinda Sorice
photo © Freancesco Martinelli
[VADEMECUM...]
NOVEMBRE:
fermarsi per
ripartire con
criterio
Testo di Gualtiero >krom< Linetti
INIZIA LA STAGIONE FREDDA E
PER CHI HA GAREGGIATO TUTTO
L’ANNO SULLE ULTRADISTANZE
SI PUÒ RAGIONEVOLMENTE
CONSIDERARE DI ESSERE NEL
BEL MEZZO DI UN PERIODO DI
RIPOSO...
RIPOSO “ATTIVO”, SI INTENDE!
S
e lungo l’anno abbiamo ripetuto il
medesimo gesto atletico è sacrosanto
attendersi, il corpo e la mente ce
lo chiedono, un distacco della spina,
semplicemente occupandoci, con ritmi non
agonistici, di sport più o meno “confinanti”:
trekking, alpinismo, mountain bike, nuoto, sci
(ma la lista potrebbe non finire qui!).
Ogni disciplina consente di mantenere allenati
uno o più aspetti tipici del trail e, al contempo,
stimolare altri settori. A fronte di questo si
potrà notare un sensibile calo generale delle
prestazioni fisico-atletiche; tuttavia possiamo
considerarlo realisticamente coerente con
il nostro livello di atleti amatori. Io reputo
infatti normale, naturale, una messa a punto
fisiologica del nostro motore, azzerando
logoramenti articolari o muscolari, anche quelli
meno percepiti ma potenzialmente non meno
pericolosi, e stanchezze, mentali e non, in vista
di un rinnovarsi e un ripartire motivati e privi di
qualsiasi impedimento e stato negativo.
È in questo periodo che si inizia a pensare agli
obiettivi e al proprio personale calendario
2009.
Nel programmare la futura stagione è
logico pensare all’inverno che la precede
come lo spazio ideale, lontano dall’assillo di
competizioni e di conseguimento della forma
eccelsa a tutti i costi, dove insistere e costruire
le caratteristiche atletiche basilari del nostro
sport oppure dando maggior risalto a quegli
aspetti che abbiamo notato carenti durante
la stagione appena conclusa.
Nel predisporre la personalissima e individuale
(per caratteristiche, carichi e gare) tabella
annuale, dobbiamo quantomeno conoscere
come siano prodotti gli adattamenti
organici alle sollecitazioni dell’allenamento.
Adattamenti che, ovviamente, sono tesi a
migliorare il livello di prestazioni.
Ad ogni sollecitazione il corpo risponde
adattandosi, riportandosi in equilibrio.
L’allenamento intenso, sotto carico, è una
sollecitazione. Se l’organismo ha il necessario
tempo di recupero tenderà a ri-equilibrarsi
compensando con un adattamento delle
proprie caratteristiche, ovvero si aumenterà
il proprio livello prestazionale. Pare banale,
ma spesso sfugge ai più: i tempi del carico
progressivo e quelli del recupero sono
entrambi di fondamentale importanza. Come
ha importanza la seduta di riposo (o di corsa
rigenerante per quelli che non riescono a stare
fermi) dopo un allenamento molto intenso.
Ricarichiamo quindi le pile, fantastichiamo
sui nostri obiettivi futuri, ma non utilizziamo la
stagione alle porte per allenarci senza soste.
I tempi del recupero e dello scarico sono
importantitantoquantoquellidell’allenamento
intenso. Programmiamo sì, ma con criterio e
con una distribuzione del carico coerente e
progressiva e intervallando, non oltre le due,
tre settimane, una settimana con uscite di
recupero e carico meno intenso. ▼
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 6
[MATERIALI...]
SALOMON XT WINGS
A cura di Leonardo >leosorry< Soresi
F
in dal 2001 sono sempre stato un
grande fan delle XA Pro della Salomon (vi ricordate il primo modello
con quei tre colori assurdi, giallo, rosso e
blu?). Ne restai conquistato, per l’ottima
tenuta anche nelle condizioni di terreno più infide, e per la rapidità con cui si
asciugavano una volta bagnate. Purtroppo si trattava di una scarpa che non
aveva nell’ammortizzazione e nel supporto le sue caratteristiche migliori, tanto
che le aziende concorrenti affermavano
malignamente che per Salomon “il cushioning era un optional non incluso nel
prezzo”. Con i modelli successivi, Xa Pro 2
e Xa Pro 3D, le caratteristiche di ammortizzazione furono migliorate, rimanendo
però ancora sostanzialmente inferiori rispetto ai modelli realizzati dai produttori
di scarpe da strada. Nonostante questa
carenza, la Salomon è diventata indiscutibilmente il produttore leader di scarpe
da trail: basti pensare che all’ultimo UTMB
oltre il 40% dei finisher indossava scarpe
Salomon!
Non contenta dei risultati di mercato raggiunti, la casa francese dal 2008 ha deciso di puntare su un nuovo modello, la
XT Wings, per rispondere all’esigenza di
maggiore cushioning fatta rilevare dagli
ultratrailer. La XT riprende alcuni degli elementi di maggior successo che caratterizzavano la serie XA Pro, inserendo però
un triplo strato di EVA sotto il tallone per
dare quel livello di “elasticità” che, dopo
molte ore di corsa, è un sollievo per gi-
S P I R I T O T R AI L [ N O V E M B R E 2008] - 37
nocchia ed articolazioni. Oltre a questo
strato di materiale elastico, la Salomon
ha introdotto una combinazione di elementi denominati AC Muscle™ e AC
Skeleton™, che assicurano da un lato
un migliore assorbimento degli shock da
impatto del piede sul terreno, dall’altro
un mantenimento delle caratteristiche
di ammortizzazione durante tutta la vita
utile della scarpa.
La già eccezionale stabilità dello chassis
delle XA Pro è stata ulteriormente sviluppata in queste XT Wings attraverso l’introduzione di una tecnologia chiamata AC
Tendon™, un sistema capace di assicurare una migliore coesione tra i vari elementi della suola, così da consentire una
corsa più agile e quindi più naturale.
In definitiva si tratta di una scarpa che
parte dai risultati sin qui sviluppati dalla
Salomon e che tenta di spostare il baricentro verso caratteristiche di comfort e
ammortizzazione che prima passavano in
secondo piano.
La scarpa perfetta insomma? Ci siamo
molto vicini, almeno per corridori di ultratrail che non fanno della velocità il loro
punto di forza. Esistono però ancora alcune aree in cui c’è spazio per ulteriori
miglioramenti. Intanto il peso: 390 grammi
(in misura 43) non sono pochi. A questo
riguardo è però interessante la concezione di Salomon secondo cui non è tanto
importante il peso complessivo della
scarpa, quanto la sua distribuzione in tutta la lunghezza del piede. Mentre negli
altri modelli il peso è diviso equamente
tra avampiede e tallone, nelle XT Wings
la parte posteriore risulta più leggera rispetto alla parte anteriore, permettendo
una corsa più fluida.
In secondo luogo è stato mantenuto il
tanto amato e odiato sistema di chiusura Quicklace System™, costituito da
un cordino in kevlar che basta tirare per
regolare il livello di chiusura della scarpa.
Amato perché molto efficace e perché
regala la sensazione di poter veramente
stringere bene la scarpa intorno al piede.
Odiato perché pur essendo costruito in
un materiale come il kevlar, non sono stati pochi in passato gli episodi di rottura di
questo sistema di chiusura. E mentre per
una scarpa normale è sufficiente avere
a disposizione un qualsiasi tipo di laccio
di riserva, nel caso delle Salomon, pur essendoci dei kit per la sostituzione del laccio, è pressoché impossibile farlo in gara.
Infine un ultimo appunto è sul grip della
scarpa: il materiale con cui è costruita la
suola è rimasto lo stesso dei modelli precedenti (il Contagrip™), ma è cambiata
la disposizione dei tasselli: a mio avviso la
capacità di tenuta è leggermente inferiore rispetto a quella delle XA Pro, mantenendosi comunque ad un livello molto
elevato. u
PARAMETRI DI VALUTAZIONE
Comfort: il piede percepisce l’interno della scarpa come comodo?
Reattività: la scarpa si muove fluidamente accompagnando il piede dalla fase
di appoggio a quella di stacco da terra?
Ammortizzazione: la scarpa è adeguatamente ammortizzata?
Stabilità: la scarpa offre adeguata stabilità in fase di appoggio su un terreno
sconnesso? La scarpa è in grado di impedire storte alle caviglie o altri potenziali
infortuni?
Grip: La suola è in grado di assicurare sufficiente tenuta, riducendo il rischio di
scivolare sia su fondi asciutti sia bagnati?
Protezione: la scarpa protegge il piede negli urti contro rocce, pietre, radici?
Sistema di chiusura: è in grado di impedire al piede di scivolare verso la punta
durante le discese?
Peso: qual è il peso della scarpa?
VALUTAZIONE delle SALOMON XT WINGS
Comfort:
OTTIMO
Sin dal primo utilizzo risultano estremamente comode e non presentano particolari rigidità che possano causare vesciche. Il sistema Sensifit avvolge il piede dando precisione e sicurezza alla calzata. L’imbottitura interna in materiale spugnoso fa addirittura
pensare di stare indossando delle scarpe da strada anziché da trail. Ottima anche la
traspirabilità e contenuto il tempo di asciugatura.
Reattività:
ECCELLENTE
Il sistema AC Tendon sembra funzionare davvero bene: la corsa ne risulta naturale e
anche i movimenti di accelerazione sono più agili e richiedono meno sforzo.
Ammortizzazione:
OTTIMA
Si vede che questa XT Wings è stata progettata tenendo in mente gli ultra trail estremamente lunghi. Il triplo strato in EVA fa il suo lavoro egregiamente e anche dopo parecchie ore la sensazione di “elasticità” rimane inalterata. Consigliata quindi per qualsiasi
distanza anche per gli atleti di peso elevato.
Stabilità:
ECCELLENTE
Permette di muoversi in velocità su sentieri sconnessi limitando al minimo gli sforzi per
mantenere l’equilibrio. La scarpa è ideale per chi ha un appoggio pronatore.
Grip:
MOLTO BUONO
Qui l’esperienza di Salomon si fa sentire e la sensazione durante la corsa è di completa
sicurezza. Il grip è però leggermente meno aggressivo di quello della serie XA Pro. La
suola non ha mostrato segni precoci di usura.
Protezione:
ECCELLENTE
La protezione in gomma anteriore è più che sufficiente, così come la protezione laterale.
Sistema di
Chiusura:
BUONO
Come già scritto, è un sistema tremendamente efficace, che però è poco flessibile e
che può dare problemi di affidabilità. Questo è un versante su cui si possono ancora
fare miglioramenti, magari studiando un sistema di allacciatura più affidabile.
Peso:
BUONO
La scarpa, pur con un peso di 390 grammi (versione maschile e misura US10.5), risulta
comunque leggera. Il sistema AC Tendon assicura una flessibilità che maschera bene i
30-40 grammi di differenza rispetto ad altri modelli.
S P I R I T O T R AI L [ N O V E M B R E 2008] - 38
SALOMON XT WINGS
Comfort:
Reattività:
CONDIZIONI DI TEST
Distanza: 200 km
Terreno: sassi, rocce, fango, erba
Ammortizzazione:
Stabilità:
Sistema di
chiusura:
Protezione:
DATI TECNICI
Peso: 390 gr vers. maschile
Prezzo: 130 € (consigliato)
Misure: uomo: da US 6,5 a 13,5
Garanzia: 1 anno
Colori: rosso/nero, verde/grigio,
arancione/grigio
Grip:
Peso:
CONSIGLIATA PER
Appoggio: Pronatore, neutrale
Tipo gara:
Ultra Trail
Atleta veloce: allenamento
Atleta lento: gara o allenamento
Prezzo:
SALOMON XT WINGS
Il giudizio dei lettori
Le ho usate tutta l’estate per le gare di lunga
durata (LUT-GTV-CCC-PdP). Non posso che parlarne bene, certo un po’ rigide, ma sicuramente molto ammortizzanti, cosa che per un peso
massimo come me (87 kg) è importante! Non le
consiglio ai pesi piuma (60/70 kg), sopra sì! Comunque, per rodarle bisogna farci qualche km
in allenamento.
Scarpe, come tutte le SALOMON, molto tecniche
e adattabili anche all’asfalto, purché non siano
troppi km. Grip ottimo per tutti i terreni e tutte
le gare, dalle skyrace alle Ecomaratone. Per il
chilometraggio penso non si superino i 6/700 km,
che per una scarpa da Trail non è poco. Prezzo
un po’ alto, ma se avete uno sponsor come me
(mia moglie) non avete nessun problema!
gio62
Subito ero scettica perché ero abituata alle XA
PRO che sono molto più rigide, soprattutto sul
collo del piede, ed era una cosa che mi dava
sicurezza in discesa. Poi, dopo aver fatto delle
uscite lunghe di 4-5 ore, ne sono rimasta entusiasta! Niente vesciche e piedi doloranti, soprattutto il tallone ammortizzato aiuta a mantenere un
passo ‘’elastico’’ anche quando la stanchezza
lo rende pesante. Per ora le ho usate solo su sentieri appenninici e mi piacciono, ho il dubbio che
sulle Dolomiti, in discese ripide e sassose, serva
maggiore attenzione proprio perché essendo
morbide lasciano il piede libero di muoversi... ma
non lo proteggono.
elisa
S P I R I T O T R AI L [ N O V E M B R E 2008] - 39
[CONCORSO FOTOGRAFICO...]
“SCATTI…
DI CORSA!”
“SPIRITO TRAIL” BANDISCE IL
1° CONCORSO FOTOGRAFICO “SCATTI… DI CORSA!”
SUL TEMA: “LA CORSA IN NATURA”
OVVERO
IMMAGINI
ED EMOZIONI DEL TRAIL RUNNING.
Regolamento
1. La partecipazione è gratuita e aperta
a tutti, senza distinzione di età o nazionalità.
2. Il concorso prevede una sola categoria ma è lasciata la massima libertà sia
nell’interpretazione del soggetto sia nella tecnica.
3. Ogni autore/autrice può presentare
un massimo di 3 fotografie in b/n e/o colore. Sono ammesse elaborazioni digitali.
4. Le opere dovranno avere le seguenti
caratteristiche:
. essere esclusivamente in formato digitale JPG
. essere spedite via e-mail a redazione@
spiritotrail.it
. essere nominate con cognome e nome
dell’autore e numero progressivo in minuscolo separate da under_score (esempio: rossi_marco_01.jpg rossi_marco_02.
jpg )
5. Le foto potranno essere accompagnate da una didascalia, una storia, una
poesia per raccontare l’evento legato al
soggetto fotografato.
6. Le foto possono essere state scattate
in ogni parte del mondo.
7. Le foto pervenute sono a disposizione
della redazione e possono essere utilizzate senza vincolo alcuno.
8. Gli autori, inviando le foto, dispensano
la redazione da qualsiasi onere presente
e futuro, garantendo che le stesse opere
non sono gravate da qualsivoglia diritto.
9. Le opere dovranno essere di proprietà
dell’autore, non sono ammesse foto non
scattate dell’autore
10. Il giudizio della Giuria è insindacabile
ed inappellabile.
11. Ogni autore è responsabile del contenuto delle immagini pervenute e ne
autorizza l’esposizione in internet sul sito
www.spiritotrail.it
12. La premiazione verrà effettuata in
data e luogo da definirsi al termine del
concorso.
13. L’invio stesso delle foto verrà considerato come accettazione del presente
Regolamento.
COMMISSIONE
La commissione esaminatrice, presieduta dalla fotografa Belinda Sorice, è
composta dalla redazione della webzine Spiritotrail. La commissione deciderà
insindacabilmente le opere da premiare
basandosi sui criteri seguenti:
1) QUALITA’ E TECNICA FOTOGRAFICA
2) CREATIVITA’
3) PUNTO DI RIPRESA
L’elenco dei primi classificati verrà pubblicato online sul sito www.spiritotrail.it. Il
vincitore sarà contattato direttamente
dalla redazione.
PREMI
Tra le foto pervenute entro il giorno 20
di ciascun mese, la commissione esaminatrice sceglierà la “Foto del mese”
che verrà pubblicata sulla webzine
“Spiritotrail” del mese successivo. Tra le
6 foto prescelte come “foto del mese”
nel periodo luglio 2008 – dicembre 2008
verrà scelto un vincitore assoluto, la cui
foto verrà premiata con il titolo di “Foto
dell’anno”. La foto dell’anno, oltre ad essere pubblicata sul numero di dicembre
della webzine, rimarrà esposta per almeno un anno al seguente indirizzo:
www.spiritotrail.it
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 0
vallone di Loo (Gressoney) - In gara è obbligatorio aiutare chi necessita
di aiuto , ma in allenamento di più ancora!
foto di Fabio Aimo Boot - fabfly
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 1
[SCRITTO DA VOI...]
ANCHE NOI
CORRIAMO!
Richiesta-Protesta ai vari Organizzatori di Trail
Runner: MAIA Riva
Testo: Alessandra Tosi (mamma)
Foto: Alessandro >Otto< Riva(papà)
C
ome spesso succede
nei week-end, seguo
il mio papà in una
delle sua “imprese”!
Ma non sempre il tempo lo
permette, perchè quando
piove io e la mia mamma
ce ne stiamo al riparo nel
camper (povera mamma,
intere domeniche all’interno
del camper, mentre fuori si
corre!).
Ma questa volta abbiamo
raggiunto il nostro “eroe” al
traguardo; e sorpresa per me,
anch’io avevo da correre la
mia gara!
Un mini giro, (due per i
più grandi) al traguardo
della Monterosa Skyrace di
Alagna.
Mi sono divertita, ho corso
e ho anche vinto la mia
medaglietta di legno, la
prima, (chissà le prossime!!!);
e c’erano anche un sacco di
premi a sorteggio.
E’ stata una bella esperienza,
ma che fatica correre! Infatti
per un pezzo, la mia mamma
mi ha preso in braccio e via
di corsa, (beh così per una
volta ha corso anche lei!).
Dunque bimbi fatevi portare
un altr’anno, perchè per una
volta corriamo anche noi! ▼
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 2
[ PREVIEW...]
“TA” d’AUTUNNO
Testo di Matteo >emme< Grassi
Foto di Gianni >giadep< De Polo e Nicole Lasagna
È
quando si spegne il solleone, è con le
prime nebbie e con le foglie morte,
è con la brina e con l’aria pungente
che si entra in stagione di TA. D’estate è
pieno di gare, lunghe, corte, alte e basse
e chi più ne ha più ne metta. Proporre un
TA in agosto è impresa ardua e ancora di
più è farlo in settembre, quando i trailer
iniziano a pagare la tanta fatica profusa
sui duri sentieri.
Ma ormai anche ottobre è passato e le
gare in calendario si contano sulla punta
delle dita, un po’ di riposo l’abbiamo
I
A
T
fatto e abbiamo ricaricato le batterie del
nostro spirito. Siamo pronti a ripartire e ad
addentrarci nell’avventura collaudata
ed apprezzata dei TA? Certo che sì,
ma… cosa? C’è qualcuno laggiù che
non sa cos’è un TA, non ne ha mai sentito
parlare?
Strano ma… lo ripetiamo volentieri: “TA”
sta per “Trail Autogestiti”, vere e proprie
alternative alle gare che appunto in
questo periodo scarseggiano, per noi che
non siamo proprio capaci di starcene
a casa con le pantofole a guardare
la tivvù. E così ci siamo inventati anche
questi raduni per correre in gruppo. Va
però precisato che più che allenamenti
in senso stretto, i TA offrono l’occasione di
scoprire luoghi e paesaggi e di conoscere
nuovi ambienti naturali anche lontani da
casa, luoghi che magari altrimenti non
avremmo mai visitato.
Grazie ai TA si gira l’Italia: Alpi, Prealpi,
Appennino e colline, l’importante è
un buon itinerario, tanti sentieri e, non
dimentichiamolo, un buon ristoro finale,
ovviamente autogestito, che abbiamo
ribattezzato “terzo tempo”.
Avete capito là in fondo? Tutto chiaro?
Bene, riprendiamo il filo del discorso
allora: quando, dove, e soprattutto come
si svolgeranno i prossimi TA.
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 3
A
T
I
- 9 novembre, Recoaro - Pian di Giazza
(Vi), TA DELLE PICCOLE DOLOMITI,
organizzato da >pollo< che scrive sul
Forum di Spiritotrail:
Venghino venghino siore e siori, il T.A.
delle Piccole Dolomiti è confermato,
con il percorso corto 21km 1500m D+,
partenza a quota 1200m, quota max
2250m, spettacolare, con passaggio
su quattro valli, Agno Chiampo Illasi
e Vallarsa, e tre province, Vicenza
Verona e Trento, la parte alta in
ambiente dolomitico...
Sì, sì, avete letto giusto, 9 novembre,
ovvero… fra pochissime ore, sbrigatevi
allora a raccogliere tutte le informazioni
che servono per confermare la vostra
presenza.
16
novembre,
Monghidoro
(Bo),
Appennino
Tosco-Emiliano,
SCARICALASINO
TRAIL,
proposto
da >Mark<, che scrive sul Forum di
Spiritotrail:
Il trail parte da Monghidoro, scende,
poi sale a Ca di Morandi (dove ci
sarebbe di cantare “zumba zumba
zum zumba zumba zum andavo a
100 all’ora” davanti alla casa del
grande Gianni”) e monte Piano per
poi scendere, passando alcuni storici
pillastrini, alla val di Savena…
Con una presentazione così non
vorrete certo mancare! Metti caso che
ci sia pure il Gianni nazionale… cosa
state aspettando … (ma non faceva
“ciunga ciunga ciu ciunga ciunga ciu
- la la la la - ciunga ciunga ciu ciunga
ciunga ciu - la la la la la - andavo a
cento all’ora - per trovare la bimba
mia - ye ye ye ye ye ye ye ye…” ?).
- 23 novembre, Valmareno (Tv), Prealpi
trevigiane, TA ANNIVERSARIO AL COL
DE MOI, proposto da >emme< (cioè
io), che scrive sul Forum di Spiritotrail:
Il 25 novembre 2007 si svolgeva il 1°
TA. Che ne dite di festeggiare il 1°
anniversario ripercorrendo le tracce
di quella giornata da pionieri e che
ormai è storia???
A un anno dal primo TA, ci ritroviamo
nello stesso posto, sugli stessi sentieri e,
soprattutto, nella stessa osteria per il
brindisi di rito. Vi aspetto numerosi!
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 4
[ PREVIEW... ]
Brescia, 23 Novembre
MADDALENA
URBAN TRAIL
Testo di Gualtiero >krom< Linetti
Foto di Trail Running Brescia
T
rail
Running
Brescia
(TRB)
è
un’associazione
sportiva
che
si è costituita circa un anno fa
raccogliendo uno sparuto gruppo
di appassionati bresciani del trail e
ottenendo, in poco tempo, eccellenti
risultati in termini di adesioni e fama.
L’associazione, ormai composta da quasi
quaranta atleti, sta cercando di diffondere
la passione per la corsa in natura. E da
questo principio, fortemente condiviso,
è nata questa idea poi concretizzatasi
nel “Maddalena Urban Trail”. Il monte
Maddalena è la propaggine meridionale
delle prealpi bresciane che quasi si
insinua nel territorio cittadino e offre una
fitta rete di sentieri ben segnalati e in
sicurezza. Il trail proposto percorre alcune
di queste tracce partendo dal tessuto
urbano fino a svilupparsi attorno alle
colline circostanti.
Il 23 Novembre infatti, TRB organizza
l’edizione dimostrativa (la “zero”) di questo
appuntamento, un’occasione di incontro
e di introduzione tra gli appassionati
e i neofiti della disciplina. Si potranno
scegliere tre distanze (12, 21 e 27 km, con
dislivelli totali che variano da 350 m fino a
1250 m), tutte ad anello. I percorsi, anche
impegnativi ma totalmente privi di tratti
pericolosi e immersi del Parco Collinare di
Brescia (una realtà comprendente anche
cinque comuni limitrofi al capoluogo),
alternano ripide salite, ma anche sinuosi
profili corribili, belle discese, pochissimo
asfalto, molti passaggi spettacolari nel
sottobosco e alcune visuali panoramiche
notevoli: gli Appennini, il lago di Garda, il
Monte Baldo, le prealpi Bresciane fino al
lontano Monte Rosa che troneggia nelle
giornate particolarmente limpide. Il tutto
nei caldi colori dell’autunno inoltrato.
L’appuntamento permetterà ai trailer
bresciani di far conoscere uno scenario
completamente immerso nella natura, a
tratti anche selvaggio, a ridosso di una
zona fortemente antropizzata. ▼
Sul
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sibile
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SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 5
[ PREVIEW...]
TRAIL dei DUE LAGHI
Testo di Marco >marcobummi< Flamminii Minuto
Foto di Carlo Ricci
ROMA È UNA METROPOLI SUI GENERIS.
IN MEZZO A QUARTIERI DENSAMENTE
POPOLATI
E
PERENNEMENTE
TRAFFICO
SI
ARTERIE
DI
ASFALTO
CONGESTIONATE
TROVANO
TANTE
DAL
AREE
VERDI. DAGLI IMMENSI PARCHI DI VILLA
BORGHESE E VILLA PAMPHILII AI PARCHI
NATURALI COME QUELLO DELL’APPIA
ANTICA, LE AREE NATURALI APERTE AL
PUBBLICO NON MANCANO. ALCUNE DI
ESSE SONO ANCHE MOLTO ESTESE, BASTA
OSSERVARE UNA MAPPA DELLA CAPITALE
PER RENDERSENE CONTO.
Q
uesta connotazione non viene
meno quando si esce dalla
città, in pratica usciti dal grande
cerchio del Grande Raccordo Anulare
si è subito immersi nell’agroromano. Il
verde che caratterizza ampie fette della
città eterna si evidenzia anche nella
sua provincia, un territorio decisamente
rurale contraddistinto da campi agricoli
nella basse valle del Tevere e ampie zone
di pascolo sulle colline. Caratteristiche
che ritroviamo anche nella zona del
lago di Bracciano, uno dei luoghi
naturalisticamente più belli a ridosso della
capitale. Le tranquille rive del lago sono
infatti circondate da colline in cui ampi
boschi si inframezzano con vaste aree di
pascolo per mucche, cavalli e pecore.
scelgono l’atmosfera intima e rilassata di
questi luoghi.
In questo scenario si terrà il 14 dicembre
la prima edizione di una nuova gara
trail. Il percorso non troppo lungo (19
km) né troppo duro (non ci sono salite
terribili) ma tecnicamente non banale
e in un bel contesto panoramico,
promette di regalare soddisfazioni
un po’ a tutti. Il tracciato di gara
percorre alcune delle più belle
carrarecce fra il lago di Bracciano
e il suo fratello minore, il lago di
Martignano, che negli ultimi anni
ha visto crescere parecchio la
sua popolarità fra gli amanti della
natura e d’estate le sue rive sono
spesso piene di bagnanti che
La gara prenderà il via alle 10 da
Anguillara Sabazia (il ritrovo per gli
atleti è fissato dalle 8 in poi).
Le strade sterrate che vi conducono da
Anguillara Sabazia costituiscono il terreno
di allenamento abituale di diversi podisti
della zona. La voglia di condividere
anche con altri la bellezza di questo
percorso collinare ha spinto Carlo Ricci
e la Anguillara Sabazia Running Club
a organizzare questo evento che si
propone di diventare la grande classica
di apertura del calendario dei trail
invernali. ▼
Sono previsti premi in natura per i primi
5 uomini e le prime 5 donne oltre che
per i primi 3 di ogni categoria.
Per informazioni si può visitare il sito
www.asrc.it o contattare direttamente
l’organizzatore
Carlo
Ricci
al
349.6386348.
Le
iscrizioni
chiuderanno
al
raggiungimento di 200 partecipanti,
pertanto è bene affrettarsi.
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 6
[FLASH GARE...]
09 novembre 2008
YSANGARDA TRAIL CANDELO (Bi)
distanza: 31 km
dislivello: 500 D+
organizzazione: A.s.d. Sport & Natura
www.sportenatura.com http://www.traildeiparchi.com/
[email protected]
il percorso: per un 30% modificato rispetto agli scorsi anni, ha assunto uno
sviluppo più lineare attraversando il Comune di Castellengo e il suo Castello,
in parte rimarcando quella strada che collegava i due paesi, per una
lunghezza totale di circa 31 km. Percorso ondulato, non vi sono lunghissime
e impegnative salite, il fondo è quasi esclusivamente su terra con pochissime
pietre.
i punti forti: l’autunno colora il paesaggio, lo trasforma: la Baraggia diventa
suggestione d’Africa, e sembra una paglierina savana africana. Un aspetto
che rende unica la baraggia: il Vecchio Mondo europeo che s’incontra e si
fonde con le sconfinate pianure africane.
i passaggi più spettacolari : l’altipiano della Baraggia, il Castello di Castellengo,
la partenza e l’arrivo sotto le mura del Ricetto di Candelo
che cosa attira di più il trailer: una gara di una lunghezza non eccessiva
ma ugualmente impegnativa e totalmente immersa in un ambiente naturale
unico nel suo genere. Può inoltre essere un’occasione, dato il dislivello minimo,
per chi volesse avvicinarsi al meraviglioso mondo della corsa in natura.
16 novembre 2008
TRAIL DEL MONTE DI PORTOFINO (Ge)
distanza: 23 km
dislivello 1250 D+
organizzazione: A.S.D. Atletica Rapallo Golfo Paradiso
Recco
http://www.marciarcobaleno.it
[email protected]
il percorso: partenza da Santa Margherita Ligure, si sale fino a Nozzarego,
circa al km 2, si prosegue nei sentieri del Monte di Portofino, si toccano
le loc. Gave, Mulini, Pietre Strette, San Rocco di Camogli, San Fruttoso,
Base Zero e ritorno in piazza Martiri della Libertà attraverso Nozzarego.
Percorso di incomparabile bellezza, non c’è un punto del percorso che sia
scontato, praticamente tutto immerso nella natura della grande varietà di
flora, dai Castagni ai Pini Marittimi e D’Aleppo, Ginestre e Corbezzoli, con
panorami mozzafiato sia sul Golfo del Tigullio sia sul Golfo Paradiso.
i punti forti: la manifestazione vorrebbe lanciare dei messaggi di pace e di
fraternità; in modo particolare si vorrebbe contribuire a costruire un mondo
più unito, dove il rispetto della natura, la sensibilità verso gli ultimi la facessero
da padrone, così come veicolare una importante idea, che talvolta sembra
scontata ma non lo è ovvero: “Saper perdere per salvare la bellezza dello
sport”.
i passaggi più spettacolari: Pietre Strette, San Fruttuoso, Camogli
che cosa attira di più il trailer: l’incomparabile bellezza del percorso, dalle
montagne che si stagliano a picco sul mare, dai bellissimi borghi come San
Fruttuoso collocati in in una natura quasi incontaminata, dove si possono
trovare anche animali selvatici, dalle particolari capre autoctone, ai
cinghiali e ai rapaci.
SPIRIT O T RAIL [N O V EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 7
CALENDARIO
NOVEMBRE
(data, nome, distanza/disl., luogo, riferimenti)
08 NOVEMBRE - 100 km degli Etruschi – Tuscania/Tarquinia (VT) - 100 km su strada - www.italiamarathonclub.it
16 NOVEMBRE - Panoramica della Salute km 6, 12 - Loc. Costa di Vittorio V.to (TV) - 0438.551076
16 NOVEMBRE - Trail del Monte di Portofino - km. 24 - Santa Margherita Ligure (Ge) - www.marciarcobaleno.it - [email protected]
DICEMBRE
(data, nome, distanza/disl., luogo, riferimenti)
08 DICEMBRE - Marcia dell’Immacolata km 6, 12 – Solighetto (TV) - 043 883143
11 DICEMBRE - Skyrunning Valli di Lanzo - Lanzo (TO) - 338 2662405
NOTE:
- questo calendario non contempla le corse in montagna Fidal, per le
quali si rimanda al calendario pubblicato su www.fidal.it
- il calendario è stato redatto sulla base dei calendari pubblicati da:
- un ringraziamento particolare a Maurizio Scilla, al cui sito www.
mauscilla.it si rimanda per il calendario dei trail francesi e svizzeri www.trailrunningitalia.it
www.fsa-sky.org/ita
- il calendario sarà aggiornato mensilmente, aggiungendo ulteriori
informazioni o correggendo eventuali errori
www.fiaspitalia.it/manifestazioni.htm
- per segnalare nuove gare o eventuali inesattezze scriveteci a
[email protected].
www.iutaitalia.it/calendari.htm
- le corse non appartenenti a questi calendari sono state inserite sulla
base di conoscenze o segnalazioni
Grazie!
“IO NON GETTO I MIEI RIFIUTI” è una campagna promossa da
Spirito Trail e rivolta a tutti i veri trailers, atleti e organizzatori,
per tutelare l’ambiente e la natura. Troppo spesso durante
le gare si vedono sul tracciato rifiuti lasciati dai partecipanti.
Una maggiore sensibilizzazione servirà a far capire a tutti che
le corse trail non possono prescindere da questa semplice regola: non si gettano rifiuti per terra!
Aiutateci a diffondere questo messaggio con i vostri siti, i vostri
blog, o semplicemente con il passaparola! Grazie.
Anch’io aderisco alla campagna
IO NON GETTO I MIEI RIFIUTI
Monica Carlin
S P I R I T O T R AI L [ N O V E M B R E 2008] - 48