13. Consistenza faunistica e gestione per le

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13. Consistenza faunistica e gestione per le
13) CONSISTENZA FAUNISTICA E GESTIONE PER LE SINGOLE SPECIE
13.1) LINEE GUIDA PER LA GESTIONE FAUNISTICA
13.1.1) Criteri generali
Per gestire la fauna dobbiamo porci degli obiettivi, operando prima attraverso una attenta
analisi della situazione esistente, poi dei risultati raggiunti, valutando contestualmente i metodi
operativi adottati al fine di migliorarli sempre di più. La gestione faunistica è così un processo
logico-temporale con quattro fasi distinte ma interdipendenti: analisi storica ed attuale,
individuazione degli obiettivi, applicazione delle operazioni gestionali, valutazione dei risultati.
Questo vale per tutta la fauna, cacciabile e non.
Obiettivo principale e predominante per l’Amministrazione Provinciale è la conservazione e
l’incremento di tutte le specie autoctone di mammiferi ed uccelli, stanziali e migratori, ovviamente
in modo compatibile con il massimo rispetto possibile per le produzioni agricole.
Per le specie cacciabili, per le quali si parla di gestione faunistico venatoria, obiettivo
secondario è quello di garantire un prelievo venatorio sostenibile ma sempre più soddisfacente e
commisurato alle popolazioni presenti. Trattandosi di specie soggette a prelievo, la Provincia ritiene
opportuno porvi particolare attenzione, proprio nel rispetto dell’obiettivo primario, cioè la
conservazione, che deve essere garantita nell’interesse di tutta la comunità ma anche in quello degli
stessi cacciatori. Anche le specie non cacciabili e quelle particolarmente protette necessitano però di
attenzione e di gestione faunistica e questa può essere già intrapresa con l’ordinaria attività degli
A.T.C., ad esempio nei miglioramenti ambientali che riversano anche su queste specie una grossa
utilità.
Base essenziale per la conoscenza delle popolazioni selvatiche sono i censimenti; per molte
specie già da anni questi vengono effettuati nelle varie modalità previste anche con l’ausilio dei
cacciatori. E’ stato ampiamente notato che alcuni metodi sono da affinare e migliorare, così come le
stime di consistenza e densità che ne derivano. Questo è un punto fondamentale per il P.F.V.P.
2006-2010: miglioramento delle tecniche di censimento e valutazione dei parametri di popolazione.
Per le specie cacciabili ad esempio, a completamento dei censimenti, sarà importantissimo
iniziare seriamente a valutare i carnieri, sia in termini quantitativi sia qualitativi (sesso, classi di età,
periodo di abbattimento, biometria, ecc.). I dati sui carnieri sono infatti sia un utilissimo strumento
di valutazione dei risultati di prelievo conseguiti, ma possono anche costituire un buon indice di
conoscenza di una popolazione. Infatti l’esame dei carnieri, di qualsiasi specie, può garantire una
serie di informazioni non raggiungibili (ad esempio il sesso e l’età di animali altrimenti non
distinguibili in natura), con una distribuzione capillare sul territorio, che addirittura, grazie ai
moderni S.I.T., può essere georeferenziata, con ricadute gestionali impensabili fino a pochi anni fa.
È ovvio che per alcune specie il monitoraggio dei capi abbattuti dovrà essere esteso anche agli
interventi di controllo, come ad esempio per lo Storno, il Cinghiale o la Volpe.
Il passo successivo, quello che veramente darà completezza ad una moderna ed avanzata
gestione faunistica, dovrà essere la correlazione dei dati faunistici (censimenti, carnieri,
abbattimenti, ecc.) con le caratteristiche ambientali, per capire approfonditamente dove e come
intervenire con i miglioramenti ambientali.
Infine, ma non certo ultimo per importanza, l’unico futuro possibile per un’attività venatoria
sostenibile, corretta, programmata e socialmente “spendibile” è il passaggio, per tutte le specie
oggetto di caccia, ai piani di prelievo commisurati alle popolazioni.
Per fare questo dovranno essere ideate forme di gestione più aderenti alle necessità e
soprattutto, per alcune specie, unità di gestione commisurate alla biologia della specie, mantenendo
gli A.T.C. come unità di coordinamento gestionale, come centro di attività amministrativa per le
funzioni ad esso delegate. In pratica il processo già avvenuto e consolidato per i distretti di caccia di
selezione, seppure con le necessarie differenze tecnico-pratiche e nella difficoltà di modificare
tradizioni venatorie molto radicate.
13.1.2) Criteri per la fauna migratoria
Si descrivono di seguito gli obiettivi ed i metodi generali di gestione della fauna migratrice,
rimandando ai paragrafi successivi le indicazioni relative alle singole specie della fauna stanziale.
Gestire popolazioni di uccelli migratori è attualmente molto più difficile rispetto alla fauna
stanziale per i seguenti motivi:
- il numero di animali è spesso elevatissimo ed i loro areali si estendono per milioni di
chilometri quadrati;
- gli animali compiono spostamenti anche notevoli e in diversi periodi dell’anno, e sono
pertanto oggetto di gestione (e anche di prelievo) a livello transnazionale. La scala
provinciale è quindi non idonea per prendere decisioni che viceversa devono essere frutto di
accordi internazionali. Questo non esime una Provincia da dare il proprio contributo
nell’ambito di corretti piani di gestione;
- ogni specie è composta da diverse metapopolazioni che occupano areali di nidificazione,
aree di svernamento, rotte migratrici diverse e con diverso comportamento migratorio:
stanziali o erratiche, migratrici parziali, migratrici totali;
- per molte specie sono scarse o nulle le conoscenze e gli studi scientifici sulla biologia, lo
status, le popolazioni ecc.;
- in molti casi è assai difficile censire o conteggiare i selvatici, sia per le loro caratteristiche
comportamentali sia per i periodi di tempo limitati durante i quali sono contattabili;
- sono assai scarse le informazioni sul prelievo venatorio e sul disturbo da esso causato.
In questo quadro poco esaltante è però doveroso sottolineare alcuni aspetti positivi:
- spesso anche pochi dati, raccolti con poco sforzo, risultano estremamente significativi;
- in molti casi alcuni dati campione sono estremamente rappresentativi di fenomeni più ampi;
- il coinvolgimento dei cacciatori specialisti è una preziosa fonte di informazioni
capillarmente diffusa sul territorio;
- la tecnologia e la scienza hanno messo a punto tecniche e mezzi avanzati di ricerca
(radiotracking, termocamera, inanellamento, DNA, ecc.) che consentono di approfondire le
tematiche di maggior interesse gestionale.
Nella gestione dell’avifauna migratrice il maggior numero di informazioni raccolte consente
un miglior approccio alla specie interessata; in particolare qui di seguito si elencano i parametri e i
dati necessari per una buona conoscenza delle popolazioni:
- suddivisione in popolazioni ed individuazione di quelle che interessano la Toscana, loro
trend e status;
- caratteri morfologici di interesse gestionale (sesso, età, ecc.);
- biologia riproduttiva, regime alimentare selezione degli habitat;
- biologia e fenologia della migrazione, rotte migratorie, dati inanellamento e cattura,
migrazione differenziale per sesso e per età;
- dinamica delle popolazioni;
- impatto o influenza della caccia per tipologia (vagante, ad appostamento fisso, ecc.).
Seppur con le difficoltà precedentemente ricordate, molti di questi dati possono essere
ricavati mediante una serie di tecniche standardizzate: inanellamento scientifico, censimenti a vista
per migratori diurni come il Colombaccio, censimenti primaverili al canto per le specie nidificanti,
monitoraggio dei carnieri, esame delle ali dei capi abbattuti, censimenti invernali (per acquatici,
Colombacci etc.). Sulla base dei dati che verranno acquisiti e su serie storiche sufficientemente
sviluppate sarà poi possibile passare alla gestione vera e propria che si baserà sui seguenti aspetti:
- identificazione delle zone di nidificazione, sosta e svernamento con valutazione delle
preferenze ambientali;
- azioni di miglioramento per le varie tipologie ambientali e secondo le presenze specifiche;
- creazione di aree a divieto di caccia o utilizzo di quelle esistenti e loro idonea gestione
ambientale per l’avifauna;
-
misure di gestione dell’attività venatoria a fini conservativi, con differenziazione secondo le
tipologie di caccia e le modalità di prelievo.
Tutte le azioni descritte dovranno comunque essere applicate ed inquadrate all’interno degli
specifici piani internazionali, ove esistenti, predisposti dal Comitato O.R.N.I.S. o Istituti delegati,
così da fornire il contributo alla gestione comunitaria di un bene così prezioso e sopranazionale.
13.1.3) Deroghe
La Provincia si riserva di chiedere alla Giunta Regionale Toscana la concessione della
caccia da appostamento nel primo giorno utile di settembre e nella domenica successiva, alle specie,
nei luoghi, nei tempi e con le modalità previste dall’articolo 8 della Legge Regionale Toscana n°20
del 10 giugno 2002.
13.2) SPECIE CACCIABILI
13.2.1) Allodola
L’Allodola in base ai dati provenienti dalla maggior parte dei paesi europei è una delle
specie cacciabili più in difficoltà tanto che è stata fra le prime ad essere oggetto di uno specifico
piano di gestione affidato all’O.N.C.F.S. dal comitato O.R.N.I.S. Il principale problema, a livello di
paleartico occidentale, è senza ombra di dubbio ambientale (non può essere venatorio in quanto è
cacciata solo in Francia, in Italia e con minor interesse in Grecia), legato alla trasformazione
dell’agricoltura negli ultimi quarant’anni. Questo non vuol dire che l’Allodola non debba essere
monitorata ancor più attentamente delle altre specie, proprio per il suo conclamato declino. A livello
provinciale l’Allodola è nidificante in alcuni ambienti (praterie montane, pianura di Fucecchio) ma
con bassa densità; i contingenti migratori, di passo fra ottobre e la prima decade di novembre, si
limitano a brevi soste nel nostro territorio avendo i quartieri di svernamento molto più a sud. Anche
i flussi sembrano molto meno importanti rispetto a quelli costieri, anche se non vi sono riscontri
oggettivi a riguardo. Lo svernamento come dicevamo è un fenomeno numericamente molto limitato
nella nostra provincia.
FENOLOGIA MIGRAZIONE AUTUNNALE ALLODOLA 2005
120
100
80
60
40
20
5/
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-o
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-n
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Capi abbattuti per giornata di caccia
Anche per l’Allodola sono distinguibili popolazioni con diverso carattere migratorio,
migratrici totali, parziali, erratiche e perfino stanziali. Non siamo purtroppo in grado di sapere con
esattezza la provenienza dei contingenti che attraversano la nostra provincia durante l’autunno né la
fenologia del passo. Per raggiungere un livello di conoscenza così approfondito sarebbe necessario
avviare progetti specifici di inanellamento come quello in corso in Campania oppure un
monitoraggio dei carnieri statisticamente significativo. I dati sulla popolazione nidificante in Italia
citati anche nell’ultimo rapporto di Birdlife International (2004) sono piuttosto vecchi ed imprecisi
e non esistono dati specifici per la nostra provincia. Ancora minori le notizie sullo svernamento, che
comunque si svolge ben più a sud. Il declino dell’Allodola causato prevalentemente dalle moderne
tecniche agronomiche e da ordinamenti colturali impostisi nelle grandi pianure dell’Europa centroorientale si è rallentato nell’ultimo decennio dopo il crollo degli anni ’70-’80. E’ ragionevole
sperare che la nuova P.A.C. contribuisca sensibilmente a migliorare lo status dell’Allodola. Il
piccolo Passeriforme infatti “paga” la monocoltura: la scomparsa progressiva di prati e pascoli
determina una densità di coppie nidificanti minore, nonché la diminuzione del successo riproduttivo
a causa della distruzione del nido per la predazione, per i lavori agricoli, l’irrigazione ecc. Il diserbo
infine ha ridotto l’entomofauna essenziale alla sopravvivenza dei piccoli nelle prime settimane di
vita.
A livello venatorio la caccia all’Allodola, svolta quasi esclusivamente da appostamento fisso
o temporaneo con uso di richiami vivi, non riveste grande importanza localmente, mentre sono
moltissimi i cacciatori fiorentini che in ottobre si recano in Maremma; in provincia di Firenze le
aree più interessate sono senz’altro il Padule di Fucecchio (quando asciutto), la pianura contigua,
parte della Val d’Elsa ed il Valdarno superiore nelle piane lungo l’Arno, anche se in misura molto
minore. I dati sul prelievo, tranne quelli ricavati dalla lettura dei tesserini venatori, sono quasi
inesistenti.
Il P.F.V.P., visto il piano di gestione sviluppato dall’O.N.C.F.S. per conto del Comitato
O.R.N.I.S., aderendo a tali protocolli internazionali prevede: il miglioramento delle conoscenze e il
monitoraggio della specie, i miglioramenti ambientali e il miglioramento dell’attività venatoria.
13.2.1.1) Miglioramento delle conoscenze e monitoraggio della specie
Nel corso del quinquennio si prevede di sperimentare, in alcune aree campione, censimenti
dei maschi territoriali su transetto ricavando gli I.K.A. L’applicazione costante negli anni del
metodo darà informazioni sul trend della nostra popolazione e si inserirà, seppur come piccolo
tassello, nel quadro di gestione internazionale.
Come per tutte le specie cacciabili è essenziale iniziare a monitorare i carnieri: con un
semplice registro di caccia fornito ai cacciatori specialisti sono ottenibili informazioni sul numero
dei capi abbattuti, giornate di caccia, indici cinegetici, fenologia del passo, influenze ambientali,
trend di popolazione su lunghe serie storiche (almeno 5 anni); con la collaborazione dei cacciatori
più motivati si può effettuare la raccolta di ali (nel Circondario Empolese Valdelsa tale
sperimentazione è iniziata nella stagione venatoria 2004-2005, si veda il grafico precedente) tecnica
ormai standardizzata in alcuni paesi europei che consente di rilevare le classi di età dallo stato di
muta ed in parte la distinzione fra popolazioni diverse dalla misura della terza remigante.
13.2.1.2) Miglioramenti ambientali
L’Allodola, essendo una specie fortemente legata all’ecosistema agrario, risente
positivamente di molti degli interventi di miglioramento ambientale comunemente realizzati dagli
A.T.C. e risentirà anche della situazione introdotta dalla nuova P.A.C. Il piano di gestione
dell’O.N.C.F.S. suggerisce fra gli altri l’aumento dell’effetto margine con la riduzione
dell’estensione media delle particelle, l’incentivazione della differenziazione delle colture, la
riduzione di antiparassitari e diserbanti, l’idonea gestione delle superfici a set-aside, il
mantenimento prolungato delle stoppie di cereale, la posticipazione di sfalci e lavorazioni e
l’incentivazione della semina di cereali a semina tardo invernale (avena, orzo, ecc.) che seminati in
febbraio garantiscono ottimi siti di nidificazione. Alcuni interventi ovviamente sono utili nel
periodo riproduttivo, altri durante lo svernamento. Per la migrazione autunnale, durante la quale è
più alta la mortalità naturale sarà fondamentale concentrare gli interventi come il mantenimento
delle stoppie nelle zone a divieto di caccia, identificate come stop-over per le Allodole. Tali zone
peraltro sono prevalentemente concentrate sulla costa toscana e quindi riguardano solo
marginalmente la nostra provincia che in sostanza, per la propria collocazione geografica e le
proprie caratteristiche ambientali, riveste un ruolo marginale rispetto ad altre province toscane.
13.2.1.3) Miglioramento dell’attività venatoria
È molto probabile che il prelievo di Allodole in provincia di Firenze sia tutto sommato
numericamente limitato e concentrato tra Fucecchio, la Valdelsa e la Piana Fiorentina. Il P.F.V.P.
non individua per questa specie particolari misure di gestione venatoria. È però da rimarcare in
modo forte la necessità di limitare seriamente l’uso del “registratore”: anche per una questione di
riduzione del prelievo ma soprattutto per la battaglia culturale, che dovrà essere condotta in primis
dal mondo venatorio, a difesa dei cacciatori seri e specializzati che sono i primi ad essere interessati
ad una caccia all’Allodola sostenibile, conservativa e dal punto di vista venatorio soddisfacente.
13.2.2) Merlo, Tordo bottaccio, Tordo sassello e Cesena
Merlo, Tordo bottaccio, Tordo sassello e Cesena sono tradizionalmente oggetto di forte
interesse venatorio nella provincia di Firenze, come dimostrano le oltre 1.000 autorizzazioni di
appostamenti fissi alla minuta selvaggina. La caccia a questa specie si svolge da appostamento fisso
con richiami vivi, da appostamento temporaneo con o senza animali vivi, vagante con e senza
ausilio dei cani. La provincia di Firenze è interessata da popolazioni nidificanti (Merlo su tutto il
territorio, Tordo bottaccio con piccoli nuclei sull’Appennino), parzialmente migratrici (Merlo e
Tordo bottaccio), migratrici totali (tutte e quattro le specie) e svernanti. Il prelievo è concentrato
durante il passo migratorio (ottobre e novembre) ma prosegue anche durante lo svernamento. Se
Merlo e Tordo bottaccio svernanti risultano tutto sommato numericamente limitati, in alcune annate
si registrano notevoli presenze (in special modo sull’Appennino) di Tordo sassello e Cesena. Oltre
ai dati sui carnieri forniti dalla Regione Toscana, il Circondario Empolese Valdelsa nella stagione
venatoria 2004/2005 ha distribuito a tutti i titolari di appostamento fisso alla minuta selvaggina un
registro di caccia dove annotare la giornata di caccia ed i capi abbattuti distinti per specie.
Dall’analisi dei registri restituiti sono stati ricavati i carnieri complessivi per ogni specie, suddivisi
per pentadi nonché per aree geografiche distinte. Il metodo, nonostante si sia solo al primo anno di
sperimentazione, si e rivelato estremamente valido.
0
300
Tordo bottaccio
49 50
1.09
53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79
19.09
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01.11
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1.12
15.12
31.12
15.01
0 40
Tordo sassello
49 50
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53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79
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0 40
Merlo
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1.09
53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79
19.09
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1.12
15.12
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Cesena
49 50
1.09
53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79
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1.12
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Storno
49 50
1.09
53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79
19.09
1.10
15.10
01.11
15.11
1.12
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0 40
Allodola
49 50
1.09
53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79
19.09
1.10
15.10
01.11
15.11
1.12
pentadi
15.12
31.12
15.01
13.2.2.1) Fenologia del passo autunnale di alcuni Passeriformi cacciabili
Il Circondario ha inoltre avviato fra i cacciatori un progetto di raccolta della ali, secondo le
moderne metodologie standardizzate. Altri dati a disposizione sono quelli dell’inanellamento e delle
ricatture dai quali si ricavano dati morfometrici, classi di età, fenologia del passo, rotte di
migrazione e areali di nidificazione e di svernamento.
RAPPORTO GIOVANI/ADULTI TORDO
BOTTACCIO
RAPPORTO GIOVANI/ADULTI TORDO
SASSELLO
50
350
45
300
40
250
35
30
200
GIOVANI
ADULTI
150
GIOVANI
25
ADULTI
20
15
100
10
50
5
0
0
2001/02
2002/03
2003/04
2004/05
TOTALE
2001/02
2002/03
2003/04
2004/05
TOTALE
RAPPORTO GIOVANI/ADULTI MERLO
RAPPORTO MASCHI/FEMMINE MERLO
70
60
60
50
50
40
40
GIOVANI
ADULTI
30
MASCHI
30
FEMMINE
20
20
10
10
0
0
2001/02
2002/03
2003/04
2004/05
TOTALE
2001/02
2002/03
2003/04
2004/05
TOTALE
Le specie secondo l’ultimo bollettino Birdlife International risultano stabili in tutto il loro
areale. Nelle nostre zone lo svernamento appare (senza supporto numerico) in regresso. Il fenomeno
sembra più grave nel territorio cacciabile, ed è probabilmente causato dal progressivo aumento delle
cosiddette “scaccine” ma andrà indagato molto più approfonditamente. Nonostante le conoscenze
sui Turdidi siano più avanzate rispetto ad altre specie molto resta da fare per capire meglio gli
indirizzi gestionali da seguire, ed in questo l’Amministrazione si impegnerà durante il prossimo
quinquennio.
Ricatture Tordo bottaccio (in verde) e Merlo (violetto) in Toscana. Risultano evidenti gli areali di provenienza.
Ricatture di Tordo sassello (in rosso) e Cesena (giallo) in Toscana.
Ricatture di Storno in Toscana, chiarissima l’origine.
13.2.2.2) Linee guida predisposte dall’Amministrazione Provinciale
Monitoraggio e studio della specie
Prosecuzione del progetto carnieri degli appostamenti fissi e sua estensione a tutta la
provincia. Il progetto, così come strutturato e grazie alla georeferenziazione degli appostamenti (su
serie storiche anche relativamente brevi, 3-4 anni), fornirà dati su carnieri per tipologia di caccia e
proiezione del carniere complessivo provinciale degli appostamenti fissi, fenologia del passo e dello
svernamento, prelievo per periodi, correlazioni tra carnieri e caratteri ambientali, prelievo per zone
distinte. Il tutto ovviamente per ogni singola specie,
Dopo l’apertura di una stazione fissa per l’inanellamento scientifico presso il Padule di
Fucecchio, la Provincia si impegna a realizzare una seconda stazione fissa in ambiente collinare
tipico, ed una stazione appenninica non fissa da mettere in funzione nel periodo 20 settembre - 30
novembre e 1 febbraio - 30 marzo con sessioni più ravvicinate rispetto alle stazioni fisse (sessioni
decadali). Le stazioni così progettate oltre a fornire un quadro abbastanza completo della comunità
ornitica presente nella nostra provincia nei vari periodi dell’anno, ci daranno informazioni
estremamente approfondite sulle varie specie e quindi anche sui Turdidi,
Qualora sia possibile e fattibile economicamente, sarebbe estremamente interessante
impostare un progetto di monitoraggio notturno sulla migrazione dei Turdidi e di altre specie con
l’ausilio di una termocamera, situata in uno dei principali valichi montani preclusi alla caccia alla
avifauna migratoria (Passo del Gioco o Passo della Futa). Iniziative simili sono state realizzate, con
altre tecnologie (radar, osservazione su disco lunare, serre illuminanti) in Lituania, ed hanno fornito
numerosissime informazioni e dati sul passo dei Turdidi (orari, altezze, condizioni climatiche e
vento, conformazione dei branchi, ecc.). La Provincia si impegna pertanto a valutare nel corso del
P.F.V.P. la fattibilità di tale progetto,
Prosecuzione ed estensione della raccolta di ali dei Turdidi avviata dal Circondario
Empolese Valdelsa, onde monitorare su larga scala il carniere in termini qualitativi: classi di età,
sesso (per il Merlo), popolazioni (dalla misura della terza remigante).
Miglioramenti ambientali
Anche per i Turdidi, trattandosi di specie prevalentemente legate ai boschi, gli interventi di
miglioramento ambientale risultano particolarmente complessi, anche perché legati alle
problematiche di gestione forestale nonché agli indirizzi dati da C.E. (Comunità Europea), stato e
regioni, attraverso norme, P.S.R. (Piano di Sviluppo Rurale) e forme di contribuzione. Si sa tra
l’altro ben poco sulle preferenze ambientali delle quattro specie nei nostri territori. Il Circondario
Empolese Valdelsa e l’A.T.C. FI. 5 hanno avviato nel 2005, con il coordinamento scientifico
dell’I.N.F.S., uno specifico progetto per l’avifauna basato sull’impianto di siepi arbustive idonee
alla sosta, alimentazione, rifugio e nidificazione degli uccelli; l’influenza delle siepi sulla comunità
ornitica e la loro frequentazione saranno valutate mediante inanellamento scientifico. Sulla base di
queste risultanze l’A.T.C. FI. 5 incentiverà l’impianto delle essenze migliori presso gli
appostamenti fissi che vorranno aderire. Nei miglioramenti ambientali il P.F.V.P. vuole evidenziare
altre due necessità. I Turdidi, come tutta l’avifauna frequentano ampiamente anche le zone coltivate
a condizione che ci sia una certa diversificazione ambientale e la presenza di alberi , arbusti, siepi e
macchie. Diventano quindi importanti, per queste aree, gli interventi di piantumazione per
l’aumento della capacità portante del territorio, durante i vari periodi dell’anno, relativamente a
numerose specie di uccelli. Si invitano perciò gli A.T.C. ad incentivare molto questi interventi
possibilmente cofinanziando misure presenti nel P.S.R.
Una seconda urgenza è quella di individuare le zone a divieto di caccia, preferite dai Turdidi
svernanti, onde potervi effettuare idonee piantumazioni. Vi sono aree demaniali del nostro
Appennino estremamente importanti per il Tordo sassello e per la Cesena che potrebbero, se
adeguatamente valorizzate (senza grandi sforzi finanziari), contribuire però grandemente a ridurre la
mortalità invernale di queste popolazioni.
Gestione dell’esercizio venatorio.
La caccia vagante, notevolmente in aumento negli ultimi anni, si è rivelata molto dannosa
per la sosta durante la migrazione autunnale e lo svernamento in particolare sul Tordo bottaccio e
sul Merlo, non tanto per il tasso di prelievo, sul quale non si hanno dati numerici per poter
esprimere giudizi, quanto a causa del disturbo continuo apportato dalle “scaccine”, una sorta di
caccia a rastrello che costringe gli uccelli a compiere veri e propri spostamenti verso territori più
tranquilli.
Per tali motivazioni l’attività venatoria a carico di queste specie potrebbe essere migliorata,
aumentando vigilanza nei confronti delle scaccine che sono proibite dalla legge quando effettuate in
numero superiore a tre cacciatori.
13.2.3) Cornacchia grigia e Gazza
13.2.3.1) Analisi generale: distribuzione, consistenza, prelievi, danni
Le specie Cornacchia grigia (Corvus corone cornix) e Gazza (Pica pica) rappresentano i
Corvidi che causano in provincia di Firenze il maggiore impatto sulle colture agricole (frutta, in
particolare) e, soprattutto sulle specie di piccola fauna selvatica (uccelli e piccoli mammiferi) da
esse predate. L’abbondanza attuale delle due specie nel territorio provinciale, in particolar modo
della Cornacchia, è imputabile a diversi fattori:
- notevole plasticità ecologica ed adattamento a tutte le tipologie ambientali, compresi i centri
urbani maggiori (Cornacchia);
- adattamento a svariati tipi di alimentazione;
- avvenuta semplificazione delle catene trofiche naturali con la netta diminuzione dei loro
predatori (alcune specie di Rapaci);
- elevata capacità di sottrarsi a situazioni di pericolo (caccia inclusa) ed elevato successo
riproduttivo.
La Cornacchia grigia risulta presente in tutto il territorio con particolare abbondanza
soprattutto in Mugello e nella porzione sud e sud-occidentale della Provincia. La gazza è invece
relativamente comune nella porzione della provincia a sud dell’Arno, mentre risulta presente solo
con colonie localizzate a nord del corso d’acqua, principalmente distribuite nelle aree di pianura e
bassa collina circostanti al fiume Sieve.
I dati di cattura relativi ai trappolaggi autorizzati dalla Provincia (vedasi le parti seguenti),
costituiscono la fonte più certa dei trend relativi alle popolazioni di tali Corvidi nelle aree di
intervento annualmente previste. La Cornacchia grigia, in particolare costituisce una delle entità
faunistiche più comuni ed abbondanti in tutto il territorio provinciale, riuscendo ad essere presente
anche nei centri abitati maggiori e lungo le rive di tutti i corsi d’acqua di maggiore importanza.
Le necessità di controllo numerico e di contenimento dei danneggiamenti (si veda la figura
seguente) non sono adeguatamente svolte attraverso il prelievo venatorio (pur possibile essendo
specie cacciabili), in considerazione della scarsa attrattiva esercitata dalle specie in questione sui
cacciatori e delle difficoltà oggettive di prelievo. Ciò come è possibile evincere dalle tabelle
successive, relative ai dati registrati nei tesserini venatori.
Capi di Cornacchia grigia abbattuti nei due A.T.C. provinciali durante il periodo di caccia
Annata venatoria
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
totale
2001/2002
231
362
593
2002/2003
85
246
331
2003/2004
88
271
359
Capi di Gazza abbattuti nei due A.T.C. provinciali durante il periodo di caccia
Annata venatoria
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
totale
2001/2002
128
184
312
2002/2003
64
77
141
2003/2004
23
74
97
Danni da Cornacchia grigia e Gazza in provincia di Firenze tra il 1999 ed il 2004
80000
70000
60000
ALTRI DIVIETI
ZRC
ATC FI 5
ATC FI 4
euro
50000
40000
30000
20000
10000
0
1999
2000
2001
2002
2003
2004
13.2.3.2) I piani di controllo
La Provincia di Firenze a partire dal 1997, al fine di proteggere le popolazioni di Galliformi
e di altre specie di fauna selvatica stanziale e migratoria in riproduzione negli Istituti Faunistici a
tale scopo deputati, ha predisposto specifici piani di controllo (ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94 e
con parere favorevole dell’I.N.F.S), basati sulla cattura mediante trappole “tipo Larsen”.
L’impostazione degli interventi di controllo annuali sulle due specie è stata basata
essenzialmente sull’analisi dei risultati delle catture avvenute nell’anno precedente, quindi sulla
stima indiretta delle consistenze per ciascuna Area di Programma in cui è stato suddiviso il
territorio provinciale. Sono stati pure considerate le variazioni degli importi dei danni prodotti alle
colture agricole, mentre è risultato non determinabile il danno condotto dalle specie in questione
attraverso la predazione di uova e nidiacei di uccelli selvatici e domestici.
I criteri per la redazione dei Piani annuali possono essere così riassunti:
- l’impostazione quantitativa dei Piani di prelievo si è basata su stime numeriche della
presenza delle due specie per ciascuna Area di Programma in cui è diviso il territorio
provinciale;
- è stata prevista l’applicazione puntuale delle indicazioni dell’I.N.F.S. sulle metodologie di
prelievo ed è stato progressivamente esteso l’utilizzo delle trappole tipo-Larsen che hanno
completamente sostituito altre metodiche (abbattimento con arma da fuoco) durante il
periodo di divieto di caccia o nelle aree in cui tale possibilità è preclusa;
- il controllo delle azioni di prelievo è stato basato sul coordinamento da parte della Provincia
e degli A.T.C. degli agenti di vigilanza volontari o di Guardie Giurate delle Aziende
Faunistiche;
- per ciascun Istituto di intervento, la responsabilità della corretta applicazione delle modalità
operative e dell’utilizzo delle trappole, è stata affidata ad un agente di vigilanza,
specificatamente autorizzato;
- nel corso della predisposizione del piano di controllo è stata pure realizzato un registro
provinciale generale delle trappole provvedendo alla assegnazione a ciascuna trappola di
una targhetta inamovibile bollata dalla Provincia, con numerazione progressiva e con
l’indicazione delle caratteristiche e dei soggetti utilizzatori.
Nella figura successiva è visualizzato l’andamento delle catture delle due specie negli ultimi
otto anni (i dati relativi al 2005 sono ancora in corso di elaborazione). Come è possibile notare
mentre sulla Gazza i prelievi sono rimasti generalmente costanti, le catture sulla Cornacchia grigia
hanno visto un sensibile incremento con il passare degli anni, grazie alla maggiore organizzazione
delle operazioni e al miglioramento dell’efficienza delle trappole.
Andamento delle catture e del numero di trappole utilizzate
2500
n°capi
2000
1500
cornacchia
gazza
1000
n. trappole
500
0
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Nelle tabelle successive i dati sono disaggregati in funzione degli anni e degli Istituti.
Risultati degli interventi di controllo su Cornacchia grigia e Gazza nel periodo 1997-2004 per tipo di Istituto
Anno 1997
Tipo di Istituto
n° trappole
Aziende Faunistico Venatorie
Aziende Agrituristico Venatorie
Centri Privati di Riproduzione della Fauna Selvatica
Zone di Ripopolamento e Cattura
23
Zone di Rispetto Venatorio
Totale
23
Anno 1998
n° trappole
13
Tipo di Istituto
Aziende Faunistico Venatorie
Aziende Agrituristico Venatorie
Centri Privati di Riproduzione della Fauna Selvatica
Zone di Ripopolamento e Cattura
Zone di Rispetto Venatorio
Totale
49
6
68
n° catture Gazza
n° catture Cornacchia
284
413
284
413
n° catture Gazza
42
n° catture Cornacchia
244
370
4
416
1.228
53
1.525
Anno 1999
Tipo di Istituto
n° trappole
Aziende Faunistico Venatorie
29
Aziende Agrituristico Venatorie
5
Centri Privati di Riproduzione della Fauna Selvatica
1
Zone di Ripopolamento e Cattura
78
Zone di Rispetto Venatorio
10
Totale
123
n° catture Gazza
38
0
0
227
18
283
n° catture Cornacchia
201
7
0
928
77
1.213
Anno 2000
Tipo di Istituto
n° trappole
Aziende Faunistico Venatorie
37
Aziende Agrituristico Venatorie
5
Centri Privati di Riproduzione della Fauna Selvatica
3
Zone di Ripopolamento e Cattura
101
Zone di Rispetto Venatorio
12
Totale
158
n° catture Gazza
54
0
0
285
29
368
n° catture Cornacchia
361
38
27
1.236
90
1.742
Anno 2001
Tipo di Istituto
n° trappole
Aziende Faunistico Venatorie
54
Aziende Agrituristico Venatorie
6
Centri Privati di Riproduzione della Fauna Selvatica
3
Zone di Ripopolamento e Cattura
103
Zone di Rispetto Venatorio
14
Totale
180
n° catture Gazza
47
0
0
204
20
271
n° catture Cornacchia
369
45
15
1.252
96
1.787
Anno 2002
Tipo di Istituto
n° trappole
Aziende Faunistico Venatorie
75
Aziende Agrituristico Venatorie
5
Centri Privati di Riproduzione della Fauna Selvatica
3
Zone di Ripopolamento e Cattura
120
Zone di Rispetto Venatorio
17
Totale
220
n° catture Gazza
56
0
0
227
29
321
n° catture Cornacchia
360
40
0
1.176
94
1.670
Anno 2003
Tipo di Istituto
n° trappole
Aziende Faunistico Venatorie
53
Aziende Agrituristico Venatorie
5
Centri Privati di Riproduzione della Fauna Selvatica
2
Zone di Ripopolamento e Cattura
104
Zone di Rispetto Venatorio
14
Totale
178
n° catture Gazza
49
0
0
208
60
307
n° catture Cornacchia
339
42
40
1.038
107
1.585
Anno 2004
Tipo di Istituto
n° trappole
Aziende Faunistico Venatorie
70
Aziende Agrituristico Venatorie
7
Centri Privati di Riproduzione della Fauna Selvatica
2
Zone di Ripopolamento e Cattura
127
Zone di Rispetto Venatorio
21
Zone di Protezione
5
Totale
232
n° catture Gazza
53
0
0
244
51
0
348
n° catture Cornacchia
482
56
0
1.171
165
92
1.966
I dati illustrati si riferiscono alle catture effettuate con trappole selettive, sia sulla Gazza (con
trappole tipo Larsen ad apertura superiore) sia sulla Cornacchia (con trappole analoghe ma con
entrata laterale). Tale metodo di prelievo dal 1997 ha interessato un numero crescente di Istituti
faunistici, giungendo, nel 2004 ad essere esteso su 40 Z.R.C., 14 Z.R.V. , 5 Z.d.P. e 37 Istituti
privati (A.F.V., A.A.V. e Centri Produzione Fauna Selvatica) per complessivi 56.874,49 ettari.
Nel corso degli anni, date le richieste pervenute, la superficie complessiva degli Istituti in
cui sono stati ripartiti gli interventi di cattura è stata gradatamente ampliata, pur mantenendo i
contingenti di cattura prefissati nel piano precedente per ciascuna Area di Programma. Il Piano di
Prelievo vigente (2004-2006) prevede complessivamente un quantitativo annuale massimo
prelevabile di 2.719 Cornacchie e 480 Gazze.
I risultati di prelievo in relazione ai contingenti ed alle densità previste per ciascuna Area di
Programma sono riassunti nelle tabelle successive.
Entità e ripartizione degli interventi di prelievo sulla Cornacchia grigia nelle Aree di Programma della provincia nel
2004 (periodo aprile-agosto)
Area di
Programma
Prelievo previsto Prelievo realizzato Densità di cattura Densità di cattura
(n. capi )
(n. capi)
(%)
media prevista
media realizzata
(n. capi/kmq)
(n. capi/kmq)
1
180
156
86,6%
6,32
5,47
2
355
275
77,4%
3,99
3,09
3
270
218
80,7%
6,16
4,97
4
135
100
74,1%
4,19
3,10
5
630
505
80,1%
5,91
4,74
6
415
330
79,5%
4,94
3,93
7
610
398
65,2%
3,29
2,15
2.595
1.982
76,3%
4,56
3,48
Totale
provincia
Entità e ripartizione degli interventi di prelievo sulla Gazza nelle Aree di Programma della provincia nel 2004 (periodo
aprile-agosto)
Area di
Programma
Prelievo
previsto
(n. capi )
Prelievo
realizzato
(n. capi)
(%)
densità di
cattura
media prevista
(n. capi/kmq)
densità di
cattura
realizzata
(n. capi/kmq)
1
0
0
0
0
2
0
0
0
0
3
0
0
0
0
4
0
0
0
0
5
70
51
72,86%
0,66
0,48
6
185
125
67,57%
2,20
1,49
7
225
172
76,44%
1,21
0,93
Totale provincia
480
348
72,50%
1,28
0,93
La valutazione del contingente assegnabile ciascun anno per ogni Istituto viene effettuata,
attraverso l’analisi di vari parametri, tra cui la proporzione tra i sessi e tra giovani ed adulti nei
soggetti prelevati l’anno precedente e lo sforzo di cattura (n. di capi/giornata/trappola). Nella tabella
successiva si riportano, a titolo di esempio, i dati relativi all’anno 2003, utilizzati per la
preparazione del Piano di prelievo del 2004.
Parametri di struttura di popolazione rilevati dalle catture di Corvidi nelle Aree di Programma della provincia nel 2003
(periodo aprile-agosto)
Area di
Programma
1
2
3
4
5
6
7
Totale
provincia
-
-
-
-
p.s.
Cornacchia
giovani/adulti
p.s.
Gazza
giovani/adulti
1,0
1,1
1,2
1,5
1,5
0,9
1,5
0,5
0,7
0,7
0,8
0,8
0,6
0,4
1,5
1,8
1,7
0,6
1,1
0,9
1,2
0,6
1,7
0,9
Il complesso dei dati illustrati in precedenza porta ad evidenziare i seguenti elementi:
si mantiene rispetto agli anni precedenti una buona realizzazione dei piani di prelievo
previsti seppur con alcune situazioni di scarsa efficienza dovute a difficoltà organizzative
nelle fasi di cattura;
la massima efficienza di cattura sulla Cornacchia si è avuta negli Istituti delle Aree di
Programma caratterizzati da una maggiore diffusione delle aree boscate; permane una buona
realizzazione dei Piani sulla Gazza nelle aree a maggiore vocazione agricola (Chianti,
territorio dell’Empolese e la Valdelsa);
la elevata rispondenza tra entità del Piano di cattura e prelievo realizzato è stata caratteristica
della stragrande maggioranza degli Istituti coinvolti con, in oltre il 50% dei casi, il pieno
raggiungimento dei quantitativi di catture concessi; tale obiettivo è stato raggiunto in
maniera relativamente omogenea nelle diverse Aree di Programma;
il rapporto medio tra sessi alla cattura nella Cornacchia permane relativamente costante
negli anni, mentre il numero dei maschi è leggermente aumentato nella Gazza;
anche il rapporto medio tra giovani (soggetti con età inferiore a due anni) ed adulti è rimasto
relativamente costante negli anni, per entrambe le specie;
nel periodo di cattura (aprile-agosto) l’efficienza di cattura media, pur con variazioni annuali
dovute a motivi organizzativi, è andata ad aumentare nella maggioranza degli Istituti
coinvolti.
13.2.3.3) Linee di gestione future
Gli interventi sinora condotti sulle specie tramite i piani di cattura controllati rappresentano
una importante azione di controllo sulle popolazioni di Cornacchia e localmente di Gazza,
finalizzati alla riduzione della predazione nei periodi critici di nidificazione e riproduzione dei
Galliformi e della lepre nonché di altre specie di ornitofauna stanziale e migratrice.
Pur essendo ampiamente documentato l’impatto dei Corvidi sulla riproduzione di Fagiano
ed in particolar modo sulle uova appena deposte, anche le esperienze condotte in provincia riescono
a documentare gli effetti della riduzione della predazione. In particolare sono da considerare i
risultati dai monitoraggi condotti ogni anno (periodo pre-riproduttivo e pre-catture) su Lepre e
Fagiano nelle Z.R.C. della provincia ed in alcuni Istituti privati (C.P.R.F.S. e A.F.V.). Nella figura
seguente si riportano a titolo di esempio le relazioni individuate in 20 Z.R.C. della provincia,
ponendo in confronto i risultati dei censimenti su Lepre e Fagiano ed i dati relativi a numero di
piccoli/femmina nei Galliformi con i risultati delle catture sui Corvidi.
6
12
5
10
4
8
3
6
2
4
1
2
0
0
densità catture Corvidi
Indice di presenza
Relazione tra densità di cattura dei Corvidi (linea spezzata) e Indice di presenza di Fagiano e Lepre in 20 Z.R.C.
(istogrammi) nella Provincia di Firenze.
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20
Zone Ripopolamento e Cattura
La presenza di sensibili danni da cornacchia e gazza alle colture agricole registrata nei
territori sottoposti a caccia programmata, seppure in diminuzione, indica che l’adozione delle
misure indirette di prevenzione del danno, normalmente applicate in tali ambiti non sembra avere
grande efficacia sulle specie in questione. L’intervento indiretto rappresentato dai cannoncini a gas
e dagli strumenti ottici di dissuasione dei danni all’agricoltura, sembrano aver avuto un successo
limitato, mentre emerge, soprattutto per le Z.R.C. che dato l’andamento delle catture annuali il
trappolaggio rappresenti un efficace metodo di contrasto ai danni all’agricoltura ed alle specie
preda.
Permane attualmente la difficoltà di giungere ad una organizzazione dei prelievi su tali
specie nel territorio a caccia programmata durante i periodi consentiti dal calendario venatorio. I
dati di prelievo ricavabili dall’analisi dei tesserini venatori dimostrano che i prelievi sui Corvidi
durante il periodo di caccia siano occasionali e assai poco incisivi sulla dinamica delle popolazioni.
Gli A.T.C. sono chiamati per il futuro alla realizzazione, tramite i cacciatori iscritti appositamente
organizzati, di piani di prelievo realizzati sulla base di quanto indicato al comma 5 dell’art. 37 della
L.R. 3/94, in periodo di caccia aperta, sulla base di adeguati censimenti.
Al contrario, l’avvenuta verifica della efficacia delle trappole Larsen, ha portato un numero
sempre maggiore di gestori di Istituti faunistici, pubblici e privati a richiedere, annualmente
l’autorizzazione all’acquisto ed utilizzo delle suddette trappole.
Come in passato l’attuazione dei Piani di Controllo non si configura come azione esaustiva
dei problemi legati a queste specie. Si sottolinea nuovamente che, al contrario, le azioni di cattura
previste, date le limitate estensioni delle singole aree di intervento e data la loro distanza, hanno
finalità esclusive di limitazione dei danni durante il periodo riproduttivo delle specie preda e
durante l’arco temporale in cui sono più sensibili i danneggiamenti alle colture agricole.
I dati di partenza su cui impostare i nuovi piano dovranno essere ancora basati sul confronto
tra densità di cattura prevista e realizzate da parte di ciascun Istituto. Si suppone, in particolare, che,
per ogni Istituto, l’avvenuto raggiungimento di risultati di cattura vicini a quelli previsti, consenta di
confermare la validità delle ipotesi di consistenza stimate nel piano precedente. La variazione
osservata in anni successivi, tra prelievo concesso e risultati di cattura, in sostanza, rappresenta la
linea guida su cui impostare il piano annuale.
Risulta comunque importante, al fine di valutare eventuali errori metodologici, testare i dati
di variazione della consistenza ricavabili dalle catture con altri metodi. A riguardo si propone di
addivenire per gli anni prossimi alla realizzazione di censimenti in contemporanea a vista, da
effettuarsi nella maggioranza del territorio provinciale in inverno, con il coordinamento del
personale ad oggi disponibile (cacciatori abilitati art. 37 ed agenti di vigilanza).
In sostanza la redazione dei piani di controllo sulle specie, attuabile anche in aree soggette
alla caccia programmata, dovrà per il futuro essere basata sulle seguenti conoscenze:
- confronto tra densità di prelievo previste e densità realizzate;
- analisi della serie “storica” per ciascun Istituto e per ciascuna Area di Programma dei
risultati delle catture e del grado di efficienza del trappolaggio (n. soggetti catturati/giornata
di cattura);
- analisi della evoluzione dei parametri di struttura delle popolazioni (per Area di Programma)
deducibili dal monitoraggio dei soggetti catturati;
- censimento invernale in contemporanea dei soggetti avvistati da punti di osservazione fissi;
- evoluzione dei danni causati dai Corvidi alle coltivazioni;
- analisi dei “benefici” apportati alle popolazioni selvatiche predate da Gazza e Cornacchia
grigia;
- accertamento di una “densità limite” di cattura (per ciascuna situazione territoriale) oltre la
quale
ulteriori
azioni
di
prelievo
possano
incidere
negativamente
sull’abbondanza/consistenza delle specie.
La pianificazione degli interventi di censimento e prelievo su tutto il territorio provinciale,
rappresenta quindi l’obiettivo primario per il futuro. Ciò attraverso la realizzazione di Piani di
gestione pluriennali verificati dall’I.N.F.S., sul modello di quanto già realizzato per Cervidi e
Bovidi.
13.2.4) Tortora
La specie è indicata in difficoltà da molti anni, tanto è vero che è stata una delle prime ad
essere oggetto di uno specifico piano di gestione internazionale. In Italia è nidificante mentre i
quartieri di svernamento sono completamente africani. Si caccia per lo più in occasione della
cosiddetta pre-apertura nei primi giorni di settembre, poiché la Tortora inizia la sua migrazione
post-nuziale nella seconda decade di agosto e si conclude al più tardi entro la metà di settembre. La
Tortora sverna poi esclusivamente nell’Africa sub-sahariana fra il 10° ed il 20° parallelo. L’areale
di nidificazione si estende in tutta Europa fino al 65° parallelo e dal Portogallo fino al Mar Caspio.
In Italia la popolazione nidificante è situata intorno alle 100.000 coppie Non sappiamo purtroppo
quanta parte del carniere sia composta dalla nostra popolazione nidificante e quanto da soggetti in
transito provenienti da altri paesi. Considerata la biologia della specie e le sue caratteristiche
migratorie, è probabile che gran parte delle Tortore abbattute siano locali. Dando per assunto
questo, nell’ottica di un approccio cautelativo, praticamente la Tortora può essere gestita
annualmente come una specie “stanziale”, nel senso che si possono applicare i concetti basilari della
caccia conservativa; monitoraggio della popolazione, stima della densità e dinamica, piano di
prelievo. Su queste basi l’Amministrazione, nell’ambito del piano di gestione internazionale
prodotto dal Comitato O.R.N.I.S., intende promuovere le seguenti azioni:
- censimenti al canto estensivi ( in contemporanea al Colombaccio) per il calcolo di un indice
Puntiforme di Abbondanza al fine di avere un trend su serie storica come viene fatto da anni
in Francia;
- censimenti al canto su aree campione per tipologia ambientale (es. area collinare con piccole
formazioni boschive, fiumi, zone di pianura, bassa montagna appenninica, ecc.);
- applicazione dei valori medi di dinamica di popolazione conosciuti (Murton, Veiga, ecc.) in
attesa che ve ne siano di italiani;
- calcolo della popolazione stimata prima dell’apertura della stagione venatoria e calcolo di un
prelievo sostenibile;
- prosecuzione della lettura dei tesserini per il calcolo dei carnieri effettivamente realizzati ( il
che da anche un trend di popolazione anche se semplicemente indicativo);
- esame dei capi abbattuti (il Circondario Empolese Valdelsa inizierà già quest’anno con
l’A.F.V. Oliveto) con rilevazioni dei parametri morfometrici (peso, tarso, corda massima,
ecc.), delle classi di età e della eventuale presenza del “latte di gozzo”, la sostanza
predigerita con cui i Columbidi alimentano i piccoli nei primi giorni di vita. La cosa è
estremamente importante perché la Tortora è specie molto inanellata ma quasi
esclusivamente durante la migrazione pre-nuziale, mentre non si hanno dati sullo stato fisico
degli animali durante quella post-nuziale.
Oltre a queste semplici misure gestionali segnaliamo agli A.T.C. l’importanza di due misure
di miglioramento ambientale:
- la realizzazione di ampi appezzamenti (ha 2-3) di girasole all’interno delle Z.R.C. Questa
coltura è notoriamente appetita dalle Tortore nel periodo pre-migratorio in quanto fornisce
un elevato apporto calorico essenziale per la formazione del grasso di riserva necessario per
affrontare il lungo volo;
- l’impianto di alberi lungo fossi e corsi d’acqua, che ne siano sprovvisti, per aumentare i siti
di nidificazione, assai diminuiti nel corso degli ultimi tre decenni.
Rimane la questione della data di pre-apertura e della sua legittimità “scientifica”. Se
guardiamo la cosa da un punto di vista strettamente tecnico, non vi sono chiare indicazioni per
sostenere posizioni pro o contro la pre-apertura. Quello che sembra certo, sulla base dell’esperienza
di alcuni operatori ( che quest’anno verrà supportata da dati precisi con l’analisi dei capi abbattuti) è
che il prelievo è fortemente concentrato sui giovani dell’anno, ben più di quanto possa essere il
successo riproduttivo; questo significa che la grande maggioranza degli adulti è già partita il 1°
settembre e di conseguenza che il prelievo venatorio è un fattore di mortalità ampiamente sostitutiva
e quindi poco dannosa alla popolazione.
13.2.5) Colombaccio
Specie di fortissimo interesse venatorio. Purtroppo, nonostante la crescente pressione
venatoria cui è sottoposto, non è stato oggetto di pari interesse scientifico, tant’è che le conoscenze
(per lo meno a livello italiano) sono scarsissime essendo anche assai poco inanellato. La provincia
di Firenze è interessata da una popolazione nidificante a carattere prevalentemente stanziale, da
migratori, totali e parziali, fra i quali abbiamo contingenti svernanti.
La popolazione nidificante appare in costante incremento numerico e spaziale, tant’è che ha
ormai colonizzato tutti gli ambienti della nostra provincia, compresa la città di Firenze, dove sono
segnalati Colombacci nei vari parchi cittadini. Pur non esistendo dati attendibili a riguardo, alcune
rilevazioni amatoriali segnalano densità di 10-20 coppie/100 ha in periodo riproduttivo in alcune
Z.R.C., cioè valori molto elevati anche se raffrontati ad altri paesi europei come la Finlandia dove la
densità media è pari a 2-4 coppie /100 ha o la Gran Bretagna con 6-14 coppie/100 ha. Il Circondario
Empolese Valdelsa, a livello sperimentale, ha iniziato nel 2004 un’attività di censimento al canto
dei maschi territoriali in periodo primaverile, al fine di ricavare un indice da utilizzare come base di
partenza per la valutazione nei prossimi anni del trend di popolazione.
I contingenti migratori giungono verso la fine di settembre-primi di ottobre ed il periodo
migratorio si protrae fino a novembre circa. Molto spesso vengono segnalati movimenti migratori
anche a dicembre, frutto di erratismi o dell’arrivo di migratori parziali a seguito di condizioni
climatiche avverse. Anche su queste popolazioni si sa pochissimo: areali di provenienza, rotte
migratorie, trend, stime numeriche, composizione per classi di età ecc. Unici dati a disposizione
sono quelli pubblicati dal Club del Colombaccio, basati su stime dei branchi in transito su alcuni
appostamenti fissi ai Colombacci, quelli (non ancora disponibili) della Facoltà di Agraria, basati su
stime dei branchi da parte di una rete di rilevatori posti sui valichi principali della nostra provincia
(Giogo, Futa, ecc.), quelli raccolti dal C.E.V. nella stagione venatoria 2004/2005 con il
coinvolgimento degli appostamenti fissi con le stesse modalità del Club del Colombaccio.
1/9
5/9
7/9
19/9
22/9
26/9
29/9
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2/10
3/10
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1/12
5/12
6/12
15/12
19/12
23/12
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1/1
6/1
15/1
22/1
23/1
29/1
Colombacci totale abbattimenti
60
50
40
30
20
10
0
Stagione venatoria 2004/05 – Colombacci abbattuti Circondario Empolese Valdelsa (n. 9 capanni) Collare assente
Collare presente
30
25
20
15
10
5
1/9
5/9
7/9
19/9
22/9
26/9
29/9
30/9
2/10
3/10
4/10
6/10
7/10
9/10
10/10
11/10
13/10
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16/10
17/10
18/10
20/10
21/10
23/10
24/10
25/10
27/10
28/10
30/10
31/10
1/11
3/11
4/11
6/11
7/11
8/11
13/11
14/11
21/11
25/11
28/11
1/12
5/12
6/12
15/12
19/12
23/12
26/12
1/1
6/1
15/1
22/1
23/1
29/1
0
Presenza nel carniere di giovani e adulti - Stagione venatoria 2004/05
80
Gruppi di 5-10 indiv.
Gruppi di 11-50 indiv.
Gruppi di 51-100 indiv.
Gruppi di 101-300 indiv.
Gruppi oltre 300 indiv.
60
40
20
0
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
13.2.5.1) Composizione numerica dei branchi per fasce orarie
Le popolazioni svernanti (peraltro indistinguibili da soggetti stanziali) si radunano in gruppi
più o meno ampi all’interno degli Istituti faunistici nel periodo dicembre-febbraio. Il C.E.V. negli
inverni 2004 e 2005 ha realizzato, primo tentativo in Italia, il censimento dei Colombacci svernanti
da elicottero insieme al Centro Ornitologico Toscano; i risultati sono stati molto soddisfacenti
poiché il metodo è fattibile ed applicabile, (i conteggi, verificati quando possibile con foto e filmati)
risultano molto precisi (errore minore del 10%), e lo sforzo è sostenibile, anche grazie alla Regione
Toscana che ha messo a disposizione il suo elicottero. Sono stati sorvolati tutti gli Istituti faunistici,
per una densità media di 16 capi/100 ha ma significativamente diversificata fra Z.R.C. (33/100 ha)
Z.d.P (21/100 ha) e A.F.V. (10/100 ha).
L’attività venatoria viene esercitata unicamente da appostamento, fisso o temporaneo, sia
nelle zone di “passo” sia intorno agli Istituti faunistici durante l’inverno. Non vi sono molte notizie
o dati sul carniere totale, oltre quelli che abbiamo già fornito, né sull’influenza dei diversi tipi di
caccia, né sulla ripartizione del carniere durante il corso dell’anno, quest’ultimo dato sarebbe
estremamente importante almeno per capire grossolanamente il livello di prelievo sugli svernanti.
Molto elevato anche il numero di capi abbattuti nelle A.F.V., in cui il Colombaccio risulta la
seconda specie in ordine d’importanza. La questione non è secondaria visto che le A.F.V. possono,
e lo dimostrano le presenze osservate nelle Aziende dove si caccia poco o niente il Colombaccio,
rappresentare importanti punti di sosta e svernamento oppure “trappole” mortali se gestite a fini
prettamente venatori.
È comunque indiscutibile che, a causa del disturbo venatorio, i Colombacci tendano a
sostare e a concentrarsi nelle possibili aree “rifugio” offerte dai vari Istituti faunistici, compresi
eventuali fondi chiusi; per questo motivo sarà estremamente importante capire le preferenze
ambientali. Si è notato, ad esempio, che le zone con grandi superfici boscate vengono evitate a
favore di territori coltivati ricchi di piccoli boschi, alberate e vegetazione ripariale d’alto fusto.
Sulla base dei pochi dati a disposizione, delle caratteristiche della specie e dei sistemi di
caccia, il P.F.V.P. prevede le seguenti azioni: miglioramento della conoscenza della specie,
miglioramenti ambientali e gestione dell’attività venatoria.
13.2.5.2) Miglioramento della conoscenza della specie
Organizzazione di censimenti al canto con l’ausilio di cacciatori specializzati (valutata
l’idoneità), realizzati su percorsi fissi che prevedano 5-6 punti di ascolto dove il rilevatore si ferma
per 15 minuti e annota il numero di maschi in canto. Si ottiene così un indice per punti di ascolto
che rappresenta la base da cui partire per valutare, anno dopo anno, il trend della popolazione
nidificante. Oltre a questo l’indice può essere correlato a parametri ambientali onde dedurre le
preferenze della specie e quindi indicazioni utili per i miglioramenti ambientali. Il sistema è già in
funzione in Francia da molti anni e fornisce il trend delle popolazioni nidificanti di colombaccio,
tortora, tortora dal collare e colombella;
Organizzazione di una rete di rilevatori da appostamento fisso per la stima dei branchi in
transito durante il passo autunnale, l’annotazione del carniere con indicazione delle classi di età
tramite l’esame del “collare”. Su serie storiche abbastanza lunghe gli indici attendibili danno il
trend delle popolazioni migratrici e notizie precise sia sulla fenologia del passo sia sulle principali
rotte migratorie provinciali;
Estensione dei censimenti in elicottero su popolazioni svernanti a tutti gli Istituti dell’A.T.C.
FI. 5, molto più vocato del FI. 4 allo svernamento della specie;
A livello sperimentale sarebbe molto utile iniziare, in alcuni Istituti, censimenti al canto
esaustivi, per ricavare densità precise e correlarle alle caratteristiche ambientali e non solo: è ad
esempio da verificare la recente teoria dell’O.N.C.F.S. che i Columbidi si avvantaggino
notevolmente del foraggiamento artificiale con granaglie perché la vicina disponibilità alimentare
evita alla coppia di lasciare il nido incustodito durante l’alimentazione, riducendo così a zero la
predazione da parte dei Corvidi;
Un discorso a parte merita l’inanellamento scientifico: il Colombaccio è in assoluto una
delle specie meno inanellate in Italia, a differenza di quanto avviene in altri paesi europei. Seppure
le difficoltà tecniche della cattura siano molto superiori a quelle per altre specie, ciò non toglie che
sia possibile inanellare soggetti sia nidificanti, di passo che svernanti, individuando le località adatte
e con idonea sistemazione. Nell’arco del P.F.V.P. l’Amministrazione provinciale si impegnerà, in
collaborazione con il Centro Italiano d’Inanellamento presso l’I.N.F.S., ad attivare uno specifico
progetto sperimentale. Innumerevoli le informazioni che si possono ottenere su una specie tuttora
sostanzialmente sconosciuta: dati morfologici di fitness sulle varie popolazioni ed in relazione ad i
vari ambienti; dinamica di popolazione; individuazione con la ricattura delle aree di provenienza e
di destinazione; ciclo fenologico.
13.2.5.3) Miglioramenti ambientali
Anche senza riscontri scientifici il Colombaccio nidificante appare in significativo aumento
in termini numerici e di aree negli ultimi 15 anni. Ciò significa probabilmente che la specie trova
ambienti idonei alla sua permanenza e riproduzione e che il prelievo venatorio (con la stagione più
lunga: 1 settembre-31 gennaio) non influisce molto. Nonostante questo è altrettanto ovvio che
comunque gli interventi di miglioramento ambientale, anche quelli per altre specie, siano positivi,
ad esempio migliorando i tassi di natalità e di mortalità. Può essere diverso il discorso per gli
svernanti che sono molto legati alla presenza della ghianda, anche se in grado di svincolarsi molto
facilmente qualora possano reperire granaglie coltivate. Per evitare l’abbandono dei siti, una volta
individuata la loro collocazione, nelle annate di scarsa ghianda e diminuire la mortalità invernale
diventa importante realizzare colture a perdere di mais e girasole in ampi appezzamenti (almeno 2
ettari) da trinciare in dicembre-gennaio o anche da lasciare in piedi fino a febbraio.
Interessanti, opportunità a questo proposito, saranno offerte dalle misure forestali del
prossimo P.S.R., che opportunamente pianificate e proposte agli agricoltori, potranno favorire i siti
di nidificazione in aree di pianura e collinari.
13.2.5.4) Gestione dell’attività venatoria
Come per tutte le specie migratrici risulta estremamente difficile una programmazione
dell’attività venatoria, tenendo anche conto delle varie modalità e dei periodi in cui viene esercitata.
In questa sede è possibile però fare alcune considerazioni:
- per l’Amministrazione provinciale è importante incentivare al massimo la specializzazione e
quindi la caccia da appostamento fisso con richiami vivi. Essa appare come la più corretta
sia in termini di minor disturbo, sia di prelievo incentrato sui giovani (e quindi di mortalità
sostitutiva), sia come minor percentuale di capi feriti;
- la pre-apertura sembra non aver influito in alcun modo sui nidificanti e quindi appare
compatibile con la conservazione della specie, anche se è da discutere in merito
all’opportunità del II° giorno di pre-apertura in cui la pressione venatoria si concentra quasi
esclusivamente sul Colombaccio essendo normalmente già partite le Tortore.
13.2.5.5) Censimento invernale della popolazione di Colombaccio nel Circondario
Empolese Valdelsa
I primi monitoraggi standardizzati di Colombacci svernanti in Toscana sono stati realizzati
dal C.O.T. nella Provincia di Livorno nel 2002/03 e 2003/04 e hanno dato buoni risultati. Si
confermano però le difficoltà metodologiche di tali censimenti dovute alla mobilità della specie, alla
difficile accessibilità ai dormitori, alla sensibilità al disturbo antropico, nonché all’elevato numero
di rilevatori adeguatamente preparati. Il metodo di censimento con elicottero sperimentato per la
prima volta in Italia si è rivelato efficace e assai meno dispendioso in termini di personale e sforzo
organizzativo. Sono stati compiuti tre voli, di cui uno di ricognizione. I voli ufficiali si sono svolti il
14 ed il 21 dicembre 2004, con sorvolo e conteggio di tutti gli Istituti faunistici presenti ( 42 fra
Zone di Ripopolamento e Cattura, Zone di Protezione, Aziende Faunistico Venatorie, Aziende
Agrituristico Venatorie ecc. per un totale di ha 22.485). Sono stati censiti 5.060 Colombacci
complessivamente, con differenze significative per tipologia di Istituto: è risultato infatti (anche se i
dati sono insufficienti per trarre conclusioni definitive) che più è ampio l’Istituto più Colombacci vi
svernano; inoltre è abbastanza evidente che nelle Z.R.C. e negli Istituti a divieto di caccia, vi è una
presenza significativamente maggiore rispetto alle A.F.V. dove il Colombaccio viene cacciato. Il 30
dicembre 2005 è stato effettuato un nuovo censimento, peraltro in condizioni ambientali
estremamente particolari (completa copertura nevosa su tutto il territorio e temperature molto
rigide), del quale ancora non sono disponibili i dati.
13.2.6) Pernice rossa e Starna
Queste due specie di Galliformi, di fatto estinte dal nostro territorio dagli anni ’60, sono
attualmente presenti grazie a vari progetti di reintroduzione realizzati dagli A.T.C.; sono inoltre
oggetto di immissioni nelle A.F.V. I risultati sono stati divergenti: la Pernice rossa è presente in
diversi Istituti della provincia con piccole popolazioni autoriproducentesi che hanno anche la
possibilità di interscambiarsi; la reintroduzione della Starna ha invece sostanzialmente fallito gli
obiettivi, infatti tale specie risulta presente sul territorio sporadicamente e con piccolissimi
contingenti. I motivi dei differenti risultati possono essere molti ed è tema da lungo tempo dibattuto
nel settore della gestione faunistica (ma non è questa la sede per trattarlo). Vogliamo però osservare
che probabilmente la Pernice rossa compie spostamenti mediamente più piccoli e quindi si adatta
anche ad Istituti di dimensioni medie, mentre la Starna necessita di aree di protezione molto più
grandi; inoltre la Pernice rossa, pur essendo generalmente ibridata in qualche misura con la
Coturnice orientale (Alectoris chukar), dimostra con tutta probabilità maggiori capacità di
adattamento della Starna alle diverse tipologie ambientali.
Entrambe le specie appartengono ai Galliformi e quindi le linee di gestione sono le
medesime del Fagiano con l’integrazione di alcune prescrizioni specifiche:
- per la Pernice si rende necessario, nell’arco del P.F.V.P., almeno il monitoraggio della sua
presenza negli Istituti, da effettuarsi nel periodo febbraio-aprile, mediante l’utilizzo di
richiami acustici elettromagnetici;
- autorizzare le immissioni nelle A.F.V. solo per numeri bassi e a gruppetti non superiori a 1012 capi per limitare l’erratismo, consentendo anche l’uso di richiami in idonee volierette
durante la caccia;
- per la Starna, qualora si intenda effettuare un nuovo tentativo, autorizzare esclusivamente
progetti di reintroduzione che prevedano l’uso del metodo di allevamento seminaturale (con
chiocce) sul luogo di immissione e la limitazione alle zone a più alta vocazionalità della
provincia (comuni di Montaione, Castelfiorentino, Montespertoli, Certaldo, Borgo San
Lorenzo, Barberino di Mugello, Scarperia e Vicchio di Mugello).
13.2.7) Fagiano
Pur essendo, insieme al Cinghiale, la specie selvatica di maggior interesse venatorio, per la
quale sono stati compiuti i maggiori sforzi, economici, umani e scientifici, il Fagiano, dopo un
promettente avvio con la gestione degli A.T.C., sembra risultare tuttora in lento e costante declino.
Fagiano ATC Firenze 5
Rapporto piano di cattura ZRC - capi catturati
4500
4000
3500
3000
2500
Piano di cattura
2000
Capi catturati
1500
1000
500
0
1999
2000 2001 2002 2003
2004
Anche gli Istituti dove più elevato è il livello di gestione (Z.R.C. e A.F.V.) sono ben distanti
dalle densità potenziali sostenibili dall’ambiente. Per completezza dobbiamo anche dire che il
“fabbisogno” venatorio è estremamente elevato: nella stagione venatoria 2003/04 (vd. grafico) nei
due A.T.C. sono stati abbattuti oltre 36.000 Fagiani (dati derivanti dalla lettura dei tesserini
venatori, quindi in difetto), con l’A.T.C. FI. 5 che vede aumentare il proprio carniere abbastanza
marcatamente.
CARNIERI FAGIANO
30.000
25.000
20.000
ATC 5
15.000
ATC 4
10.000
5.000
0
2001/2002
2002/2003
2003/2004
Il presente Piano Faunistico, senza voler ricordare le numerosissime problematiche, sulla
base dei principi enunciati per la Lepre, validi per qualunque selvatico oggetto di prelievo
venatorio, ( correttezza tecnico-scientifica delle scelte, conservazione ed aumento sul territorio
provinciale, aumento delle conoscenze biologiche ed etologiche in riferimento al territorio
provinciale, gestione faunistico-venatoria realizzata attraverso gli A.T.C. ed il volontariato dei
cacciatori) individua le seguenti priorità: mantenimento e miglioramento della rete di Istituti
faunistici pubblici e privati, aumento della conoscenza della specie e aumento delle conoscenze e
ottimizzazione del prelievo venatorio
13.2.7.1) Mantenimento e miglioramento della rete di Istituti faunistici pubblici e
privati
Il Fagiano essendo specie soggetta a forti immissioni nelle A.F.V., i grafici degli Istituti non
sono raffrontabili. Si evince comunque che la presenza (come ampiamente dimostrato in letteratura)
non è correlata in modo direttamente proporzionale al numero di Fagiani immessi. Questa specie è
stata ampiamente studiata, da tutti i punti di vista, sia in Europa che nel nostro paese. Nonostante
questo sono molti gli aspetti ancora poco conosciuti o discussi, anche in relazione alla realtà
territoriale provinciale. Bisogna comunque prendere atto che nelle Z.R.C. i risultati sono stati molto
inferiori a quelli ottenuti con la Lepre, e comunque poco incoraggianti rispetto agli enormi sforzi
compiuti dagli A.T.C., nelle A.F.V. il calo negli anni risulta ancora più importante, tanto che gli
indici di presenza si collocano ben al di sotto di quelli delle Z.R.C., nonostante (o forse proprio per
questo) le immissioni siano costantemente aumentate. Le condizioni di A.F.V. e Z.R.C. sono così
diverse che devono essere analizzate e trattate separatamente.
13.2.7.2) Z.R.C.
Pur non essendo generalmente oggetto di immissione di soggetti di allevamento, questi
Istituti non riescono, pur mantenendo in diversi casi buone densità, per questo aspetto a “decollare”
definitivamente. Difficile capire i motivi di tale difficoltà che in genere sono anche numerosi e
diversi I dati ottenuti dai censimenti in battuta sottolineano ogni anno un rapporto giovani/adulti
molto basso, il che starebbe ad indicare una bassa produttività di pulcini od una elevata mortalità
giovanile. Le cause principali di questa bassa produzione, a seconda delle varie caratteristiche della
Fagiano ATC Firenze 5
Struttura di popolazione ZRC
3000
2500
2000
Giovani
1500
Femmine
Maschi
1000
500
0
2000
2001
2002
2003
2004
Zona possono essere imputabili alla scarsa presenza di siti di nidificazione con idonea copertura
erbacea; al numero di maschi non territoriali eccessivo, con fenomeni di disturbo a carico delle
femmine, alle eccessive cause di disturbo antropico (lavori agricoli, randagismo ecc.) che inducono
l’abbandono del nido; alla predazione sulle femmine in cova, sulle uova e sui piccoli nati, alla
carenza di entomofauna, alle condizioni climatiche estreme, siccità prolungate o temporali con
brusco calo delle temperature in maggio-giugno. Le cause e i tassi di mortalità sugli adulti nel corso
dell’anno, nella nostra provincia, risultano per lo più sconosciuti ed anzi dovrebbero essere oggetto
di specifici studi sulla dinamica di popolazione. Come per la Lepre l’Amministrazione provinciale
individua le seguenti azioni prioritarie per il miglioramento delle Z.R.C.:
-
incremento dei miglioramenti ambientali;aumento della produzione e della sopravvivenza
dei piccoli;aumento della sopravvivenza invernale e dell’accumulo di sostanza di riserva
nelle femmine;corretto controllo della predazione;redazione ed attuazione di un corretto
piano di prelievo;valutazione dell’irradiamento naturale;predisposizione di un modello
gestionale standardizzato per la conoscenza dei parametri di popolazione.
13.2.7.3) Incremento dei miglioramenti ambientali
Pur sottolineando le enorme differenze ambientali fra le varie Zone della provincia,
intendiamo ricordare in sede di P.F.V.P. le enormi possibilità che saranno offerte dalla nuova
P.A.C.(molti terreni marginali o a bassa produttività non verranno più coltivati per molti agricoltori
sarà finalmente conveniente e possibile aderire ai bandi proposti dagli A.T.C. senza perdere i
contributi della P.A.C.; il futuro P.S.R. avrà inoltre numerose misure incentrate sul recupero
ambientale e sulla ricostituzione degli habitat). In questo quadro gli interventi che hanno come
specie bersaglio il Fagiano, ma con ampie ricadute su tutta la fauna dovranno essere a grandi linee:
- aumento della diversificazione delle colture e diminuzione della superficie degli
appezzamenti (con siepi o fasce incolte) nelle zone a forte tendenza monoculturale (peraltro
piuttosto rare nella nostra provincia);
- equa presenza di colture adatte alla cova (nesting cover) come prati, pascoli, cereali
autunnali, colture, prati e pascoli polititi o comunque margini erbosi diserbati (conservation
headlands), adatte all’allevamento della prole (broad rearing cover), colture per il rifugio e
l’alimentazione invernale (wintering cover) come i cereali a semina primaverile o loro
miscugli;
- ritardo nelle lavorazioni agricole nei prati da sfalcio, nei vigneti e negli oliveti o comunque
una programmazione idonea dei lavori tale da evitare che queste colture rappresentino nel
mese di marzo attraenti siti di nidificazione.
Si raccomanda inoltre di predisporre idonei progetti scientifici, nell’arco del quinquennio del
P.F.V.P., atti a valutare in termini faunistici i risultati dei miglioramenti ambientali
13.2.7.4) Aumento della produzione e sopravvivenza dei piccoli
Come già ricordato in precedenza, nella dinamica delle popolazioni di Fagiano delle nostre
Z.R.C., uno dei problemi principali, rilevato costantemente dai censimenti in battuta, pare essere
quello del basso numero di giovani dell’anno. È scientificamente dimostrato, a livello generale, che
le cause generali possono essere la predazione, le lavorazioni agricole e la denutrizione; oltre a
questo citiamo condizioni metereologiche particolari come le piogge prolungate e di elevata
intensità nelle prime settimane di vita dei piccoli o periodi estremamente siccitosi. Nella provincia
di Firenze è molto probabile che i fattori più importanti siano la predazione e le lavorazioni
agricole. In entrambi i casi il loro impatto può essere parzialmente limitato. La fagiana in cova è
soggetta ad attacchi diretti o indiretti (sulle uova) da parte di numerose specie selvatiche e
domestiche: Volpi, Corvidi, Mustelidi, cani e gatti, Ricci, Tassi. Alcune specie vengono
naturalmente sottoposte a controllo (Volpi e Corvidi vedi capitoli relativi), per altre questo non è
possibile né indicato in termini conservazionistici; il randagismo è invece un problema tuttora
irrisolto, sia per le enormi difficoltà pratiche sia per l’approccio spesso “emotivo” e non tecnico al
problema. Detto questo l’Amministrazione provinciale si impegna, ai sensi dell’art. 45 della L.R.
3/94 e nel rispetto delle altre norme vigenti in materia, ad emanare atti idonei a consentire la cattura
di gatti e cani randagi nelle Z.R.C. e la loro traslocazione in zone di minor pregio e valore faunistico
o consegna alle apposite strutture di rifugio comunali. Per quanto riguarda le lavorazioni agricole
sono estremamente dannose quelle comprese nel periodo 20 marzo-20 giugno, sia per danno diretto
(uccisione della fagiana alla cova e/o distruzione del nido) o indiretto (abbandono del nido per
eccessivo disturbo); nella moderna organizzazione agricola paiono fortemente a rischio, vista anche
la notevolissima estensione sul territorio provinciale, i vigneti e gli oliveti, oltre ai prati da sfalcio;
possibili accordi economici fra A.T.C. ed agricoltori potrebbero consentire la non lavorazione, la
trinciatura o sfalcio nel periodo 1 aprile-1 giugno (ciò consentirebbe la cova e la schiusa del 70-80%
dei nidi). La mortalità dei pulcini a causa di carenza di entomofauna (100% della dieta nelle prime
tre settimane di vita) sembra senz’altro inferiore a quella di altri paesi europei, come la Gran
Bretagna, ma dovrebbe essere comunque oggetto di indagine per una sua corretta valutazione.
13.2.7.5) Aumento della sopravvivenza invernale
La mortalità invernale naturale sembra abbastanza contenuta ed appare imputabile
principalmente a due fattori: predazione e carenza alimentare. Se per il primo vale quanto già
ricordato in precedenza, la carenza alimentare dovuta alla progressiva diminuzione di risorse
trofiche è fenomeno abbondantemente studiato in Italia ed all’estero. Ci preme sottolineare che la
carenza alimentare, soprattutto ad alte densità di Fagiani si protrae dalla fine di novembre a tutto
aprile. In questo periodo il Galliforme si ciba prevalentemente di erba e cereali autunnali, che però
non sono in grado di fornire un buon contenuto calorico; per tale motivo è essenziale fornire
integratori mediante foraggiamento artificiale con granaglie (grano tenero, mais).
L’Amministrazione raccomanda di incentivare al massimo questa operazione artificiale,
somministrando granaglie in apposite beccatoi, a terra o sopraelevati in caso di presenza di
Cinghiali. Il foraggiamento, oltre a diminuire la mortalità favorisce un elevato accumulo di sostanza
di riserva (grasso cloacale) nelle femmine, consentendogli di affrontare il periodo di cova in
condizioni fisiche assai migliori. L’abitudine a frequentare i beccatoi inoltre favorisce la cattura con
le “ceste”.
13.2.7.6) Corretto controllo della predazione
La predazione, argomento assai complesso, di norma non svolge un’azione determinante
nella limitazione di una popolazione naturale. Nel caso delle Z.R.C., vista la densità mediamente
elevata di Fagiani e di altre specie predabili, e tenuto conto delle finalità dell’Istituto per la cui
gestione vengono impiegate elevate risorse umane ed economiche, si ritiene necessario effettuare un
serio ed efficace controllo dei predatori, in particolare Volpi e Corvidi. Moltissimi studi scientifici
dimostrano come i Galliformi aumentino in corrispondenza di un corretto controllo della
predazione. Teniamo anche presente che ci troviamo di fronte alle popolazioni più naturali presenti
in provincia di Firenze, non soggette da molti anni ad immissioni di soggetti di allevamento. Si
rimanda agli specifici capitoli per la gestione dei predatori e per il loro controllo
13.2.7.7) Redazione di un corretto piano di prelievo
Con l’aumento degli A.T.C. e la loro gestione delle Z.R.C., già da diversi anni ad ogni Zona
viene assegnato un piano di cattura quanti-qualitativo, con l’indicazione del numero massimo di
capi prelevabili suddiviso tra maschi e femmine. Da alcuni anni il rapporto M/F viene giustamente
indicato in 1:1, a differenza di quanto accadeva in passato. Tale criterio operativo sottrae
riproduttrici al terreno a caccia programmata ma aumenta di fatto le capacità produttive della Zona
e delle aree limitrofe. Il rapporto di 1:1 è d’altro canto corretto dal punto di vista biologico (in
natura il rapporto è appunto 1:1, al massimo 1:1,2). Semmai, considerata la poligamia della specie,
si potrebbe stressare la popolazione con un rapporto di prelievo maschi/femmine 2-3:1, diminuendo
cosi la percentuale di maschi non territoriali in periodo riproduttivo e aumentando viceversa la
presenza di maschi in territorio libero a bassa densità. L’Amministrazione pertanto raccomanda di
mantenere e rispettare questa linea di condotta. Molto importante per un corretto prelievo la
definizione del rapporto giovani/adulti: le attuali conoscenze delle popolazioni e delle tecniche di
cattura (prevalentemente con le ceste) non consentono di organizzare un prelievo per classi di età.
In realtà sarebbe piuttosto importante in quanto gli adulti sono migliori riproduttori dei giovani
dell’anno per i seguenti motivi: i maschi sono in grado di avere territori più idonei alla nidificazione
e harem più grandi, le femmine depongono prima (ed in genere questo può significare un maggior
successo) ed in siti più idonei (sulla base dell’esperienza maturata). Pur non avendo cifre a riguardo
si potrebbe supporre come valido un prelievo con rapporto G/A pari a 2:1. L’unico criterio di
riconoscimento della classe di età, corretto e possibile, pare la misura mediante calibro del diametro
della decima navigante primaria. Si auspica comunque, per iniziare un serio lavoro in questa
direzione, di effettuare tale misurazione sul più alto numero di capi catturati possibile. Ciò
consentirà di ricavare alcuni dati: rapporto G/A catturati rispetto al rapporto G/A ottenuto dai
censimenti; influenza del metodo di cattura sul rapporto G/A, indicazioni sulla mortalità e sul
successo riproduttivo. Riguardo al metodo di cattura, l’esperienza degli ultimi 10 anni di gestione si
impone alcune riflessioni. Le Z.R.C. difficilmente completano il piano di cattura; questo può voler
dire che il piano era eccessivamente elevato rispetto alla densità stimata, o che il metodo di cattura
non è sufficientemente efficace.
Fagiano ATC Firenze 5
Rapporto popolazione stim ata ZRC - capi catturati
40000
35000
30000
25000
Popolazione stimata
20000
Capi catturati
15000
10000
5000
0
2000
2001
2002
2003
2004
Senza volersi esprimere in modo definitivo ci preme sottolineare che il metodo delle ceste,
di gran lunga il più utilizzato, presenta numerosi problemi: necessita di un periodo di
“appostamento” preventivo piuttosto lungo per essere efficace; per la biologia della specie tende a
catturare molte più femmine dei maschi in quanto nel periodo gennaio-febbraio le femmine sono
ancora riunite in ampie aggregazioni mentre i maschi iniziano già a disporsi spazialmente in modo
omogeneo sul territorio (per la creazione dei territori); richiede un livello di volontariato
elevatissimo che nel futuro sarà sempre più difficile mantenere; le ceste sono spesso oggetto di
disturbo antropico o animale (Istrice, Cinghiale ecc.); comporta un elevato uso della stabulazione
dei capi, con tutte le problematiche del caso. Per quanto sopra con il presente P.F.V.P. si
raccomanda l’utilizzo anche di altri metodi di cattura. Nelle Z.R.C. con buona presenza di boschi
ricchi di arbusti e macchie risulta valida (anche in base all’esperienza senese) la cattura con reti da
Lepre; altre alternative la cattura con prodine (da effettuarsi solo con altissime densità) o le
trappole-voliera che, sfruttando il meccanismo delle usuali ceste, sono stabili durante l’anno, solide,
controllabili solo la sera e consentono la cattura di numerosi capi.
13.2.7.8) Predisposizione di un modello gestionale
Nonostante siano ampiamente studiati e sperimentati i metodi per una conoscenza
approfondita dei parametri di popolazione è nostra ferma convinzione che sia necessario predisporre
un metodo standard per valutare la dinamica delle popolazioni negli Istituti. I dati illustrati nella
parte di analisi del piano ci inducono a pensare infatti che vi siano numerosi aspetti da migliorare.
La standardizzazione inoltre consente il raffronto dei dati tra i vari Istituti. I principi che il Piano
vuole rispettare nella predisposizione di un metodo sono: correttezza tecnico-scientifica,
omogeneità, efficacia, ottimizzazione del rapporto costi-benefici. Le caratteristiche del territorio a
nostro avviso inducono ad organizzarsi secondo il seguente processo:
- percorso in automobile (mattina presto o sera) con conteggio dei capi avvistati nel periodo
febbraio-marzo e redazione di un I.K.A. pre-riproduttivo;
- censimento in battuta nel periodo fine luglio-agosto per l’individuazione dei rapporti M/F e
G/A e quindi del successo riproduttivo;
- percorso in auto nel periodo agosto-settembre e redazione di un I.K.A. post-riproduttivo;
-
valutazione del rapporto G/A sui capi catturati.
I parametri rilevati su serie storiche, dato l’elevato numero di Istituti coinvolti,
consentiranno di conoscere molto approfonditamente la popolazione di Fagiano e il suo trend,
dando così risposte sui risultati gestionali.
C’è da considerare che lo sforzi umani ed organizzativi saranno molto elevati, perciò
dovranno essere coinvolti necessariamente i gestori delle Z.R.C., ma dopo una prima fase
sperimentale di messa a punto, si avranno sicuramente riscontri positivi. Il coinvolgimento delle
Commissioni di Verifica e Controllo, oltre ad elevare il livello culturale e gestionale delle stesse,
consentirà la raccolta di una mole di dati notevolmente superiore (con la ripetizione dei percorsi ad
esempio) a quella ottenibile esclusivamente dal lavoro dei tecnici degli A.T.C.
13.2.7.9 A.F.V.
Il quadro a livello provinciale delle A.F.V. per la gestione del Fagiano è ancora più
complesso principalmente per due motivi: la necessità di un prelievo venatorio garantito molto
elevato (vedi tab. carnieri A.F.V.) e la conseguente necessità di immissioni cospicue. Possiamo
intanto dire che a livello ambientale la maggio parte delle AFV è altamente vocata alla presenza del
Fagiano; questo però non corrisponde ad un’elevata presenza dello stesso, soprattutto alla fine della
stagione venatoria. È estremamente probabile che in molte Aziende il prelievo non sia commisurato
alla popolazione presente a settembre, la quale è frutto in parte di riproduzione naturale e in parte
(maggiormente) di immissione di fagianotti nel periodo estivo. Un prelievo scorretto è frutto anche
dell’eccessivo numero di consorziati, anche con pochi ettari, che tendono a prelevare quanto
possibile e quando possibile disattendendo alcune regole basilari di gestione. A tal proposito si
coglie l’occasione per sollecitare la Regione affinché riveda la normativa di riferimento, ad esempio
impedendo la caccia nelle proprietà inferiori a ha 30. Per migliorare la presenza della specie le
A.F.V. dovranno nel futuro modificare la loro politica gestionale:
- per le A.F.V. che non necessitano di carnieri elevati (< 50 capi/100 ha) si consiglia una
rapida diminuzione delle immissioni (massimo tre anni) per lavorare esclusivamente su
popolazione selvatica;
- per le A.F.V. che intendono realizzare (spesso in virtù dell’elevato numero di consorziati)
carnieri medio alti (> ai 50 capi/100 ha) è giocoforza necessario ricorrere alle immissioni. In
questo caso l’Amministrazione prescrive di evitare le immissioni di riproduttori a fine
caccia. Si raccomanda inoltre di immettere fagianotti in recinti di ambientamento a cielo
aperto (con piccole voliere chiuse all’interno per l’acclimatamento nei primi giorni
dall’immissione), evitando assolutamente immissioni dirette dalle cassette di trasporto. Sono
preferibili inoltre immissioni nel mese di giugno con animali molto giovani o ritardate agli
ultimi giorni di agosto.
Anche per le A.F.V. che comunque intendano indirizzarsi sulla riproduzione naturale
valgono tutte le indicazioni relative alle Z.R.C. Particolare attenzione dovrebbe essere posta alla
gestione ambientale: tutti i consorziati devono contribuire ai miglioramenti ambientali, sia per le
colture a perdere sia (soprattutto) per la partecipazione alle lavorazioni agricole. Nell’arco del
presente P.F.V.P. l’Amministrazione si riserva comunque di realizzare, in accordo con i
concessionari e con le associazioni agricole, un disciplinare per la gestione ambientale delle A.F.V.,
in particolare sulla base delle novità introdotte dalla nuova P.A.C. A coloro, infine, che intendano
lavorare esclusivamente su popolazioni selvatiche, la Provincia mette a disposizione i propri tecnici,
su richiesta, per l’assistenza necessaria.
13.2.7.10) Aumento della conoscenza della specie
Pur essendo approfonditamente studiato, il Fagiano tuttora è una specie che offre numerosi
spunti di discussione nelle varie problematiche, ed oltre a questo molteplici sono i quesiti che si
pongono affrontando la gestione di questa specie nelle varie realtà ambientali della nostra provincia.
Per tali motivi stabilendo alcune priorità, l’Amministrazione provinciale intende avviare alcune
sperimentazioni.
Una prima sperimentazione riguarderà un indagine sulla nidificazione ed i suoi esiti; l’uso
della termocamera può agevolare alquanto il reperimento dei nidi di Fagiano che dovranno essere
monitorati attentamente (in 2 o 3 Z.R.C. dalle caratteristiche ambientali diverse) per ricavare dati
fondamentali su: tipologie ambientali dei siti, numero di uova deposte, fenologia della deposizione
e cova, esito della cova, cause di insuccesso, numero di uova schiuse, rapporto tra tipologia di sito e
percentuale di successo e rapporto tra condizioni climatiche e percentuale di successo.
Una seconda sperimentazione riguarderà uno studio della dinamica di popolazione in due
Z.R.C. e in due A.F.V. con monitoraggio intensivo basato su protocolli scientifici, con vari metodi
di conteggio e censimento, anche ai fini della redazione e del miglioramento del modello
standardizzato di cui abbiamo già parlato.
13.2.7.11) Aumento delle conoscenze e ottimizzazione del prelievo venatorio
Nell’ottica di raggiungere un prelievo venatorio conservativo, e quindi commisurato alle
popolazioni esistenti riteniamo fondamentale, prima di tutto, aumentare le conoscenze sul prelievo
venatorio a carico della specie. Si propone pertanto l’avvio di progetti ( a livello comunale) di
monitoraggio cartografico dei carnieri come per la Lepre, con rilevazione degli stessi parametri
(sesso, età tramite misura della decima remigante). Questo in funzione di sperimentare per il futuro
il prelievo venatorio sulla base di appositi piani.
Potrebbe essere inoltre utile fare iniziare il periodo di addestramento cani dal 1° settembre
per evitare stress aggiuntivi ad animali molto giovani e limitare l’orario a 3 ore la mattina. Non
essendo competenza provinciale il P.F.V.P. impegna l’Amministrazione a farsi promotrice presso la
Regione di tali modifiche normative.
13.2.8) Pavoncella
La Pavoncella è un elegante trampoliere, il più diffuso nel mondo come areale di
nidificazione, che si estende dal Portogallo alla Corea; ed è anche fra i più adattabili, anche perché
meno legato alle zone umide. Nidifica infatti maggiormente in zone coltivate con ampi spazi aperti
che ne garantiscano la strategia difensiva basata sull’avvistamento dei predatori. È una specie con
grande capacità di spostamento, non solo durante le classiche migrazioni ma anche con movimenti
post-riproduttivi di giovani e di parte degli adulti (km 500 dai siti di nidificazione). Le migrazioni
coprono distanze enormi come nel caso di una Pavoncella inanellata in Belgio e recuperata a
Ienissei (Siberia) a 6200 km di distanza. Anche la fenologia delle migrazioni è estremamente
complessa, sia per la citata facilità di spostamento, sia per la correlazione con le condizioni
climatiche che possono influenzare i movimenti da una zona di svernamento all’altra. Per tali
motivi attualmente non sono state individuate popolazioni distinte. In provincia di Firenze la
Pavoncella è specie di doppio passo, svernante e da pochi anni anche nidificante: la pianura di
Ponte a Cappiano, antistante il Padule di Fucecchio, ospita infatti una piccola colonia che ha
nidificato con successo (primo caso accertato in Toscana) negli anni 2004 e 2005. Il fatto è quanto
mai importante trattandosi della propaggine più meridionale dell’areale di nidificazione della
specie. Pare inoltre che alcune coppie nidifichino anche nella Piana fiorentina. La specie ha uno
status di conservazione sfavorevole principalmente per motivi ambientali; la grande maggioranza
delle Pavoncelle nidifica come dicevamo in terreni agricoli, preferibilmente prati e pascoli estensivi,
ma anche in seminativi che si presentano nudi all’inizio del periodo di deposizione. Le mutate
tecniche agronomiche, le lavorazioni ed anche probabilmente la predazione da parte dei Corvidi,
hanno provocato un forte aumento del tasso di mortalità e conseguentemente un minor successo
riproduttivo. Poco si sa sull’impatto dell’attività venatoria, sia per gli scarsi dati relativi al numero
di capi abbattuti, sia perché non sappiamo su quali frazioni di popolazione la caccia agisce.
L’O.N.C.F.S. (Office National de la Chasse et de la Faune Sauvage) ipotizza che i quattro paesi
(Francia, Italia, Grecia e Spagna) in cui la Pavoncella è cacciabile abbattano circa un milione di
uccelli, cioè tra 1/6 e 1/3 della mortalità naturale della popolazione europea (esclusa la Russia).
La dinamica di popolazione è stata abbastanza studiata in diversi paesi ed indica una
produttività media di 0,8-1,2 giovani involati per coppia, cioè molto bassa. Oltre a questo dobbiamo
ricordare che solo 2/3 dei giovani si accoppiano l’anno successivo, abbassando ulteriormente la
produttività della specie. Il prelievo in provincia di Firenze è estremamente ridotto, essendo anche
scomparsi molti cacciatori tradizionali; si tratta infatti di una specie molto diffidente e difficile da
cacciare in quanto richiede una notevole specializzazione. Dobbiamo poi distinguere due fasi: la
caccia durante i mesi di ottobre-novembre su animali di passo e quella nei mesi di dicembregennaio su animali svernanti. Nel primo caso l’impatto dell’attività venatoria nella nostra provincia
è sicuramente molto basso, concentrato per lo più nella zona di Fucecchio. La caccia sugli
esemplari svernanti sembra teoricamente più di impatto ma in realtà è estremamente ridotta per i
motivi già ricordati e per il fatto che le Pavoncelle si concentrano prevalentemente nelle zone a
divieto di caccia o nelle A.F.V. (dove di norma non sono cacciate). Per tutti questi motivi la
Provincia ritiene inesistenti i rischi di un prelievo eccessivo sul proprio territorio. Ad ogni modo
anche la Pavoncella richiede una particolare attenzione e poche ma chiare linee guida.
13.2.8.1) Monitoraggio e studio
Prosecuzione del monitoraggio della piccola colonia nidificante a Fucecchio, con
inanellamento di esemplari catturati per studiarne i movimenti di dispersione estivi. Controllo di
eventuali coppie nidificanti nella piana fiorentina.
Prosecuzione dei censimenti sugli svernanti utilizzando anche i dati rilevati nella Riserva
Naturale del Padule di Fucecchio ricadente su Pistoia.
Inanellamento presso l’impianto che di Fucecchio, nel periodo febbraio-marzo nell’ambito
dei protocolli stabiliti dal Centro Italiano Inanellamento Scientifico (presso l’I.N.F.S.).
13.2.8.2) Miglioramenti ambientali
Prosecuzione dei lavori di sfalcio della canna palustre nel Padule di Fucecchio per il
mantenimento di aree aperte che possano rivelarsi utili nel periodo invernale.
Prosecuzione dei miglioramenti ambientali nella zona dei prati di Ponte a Cappiano, con
sistemazioni idonee alla nidificazione in colonia in alcuni appezzamenti appositamente lavorati.
Interventi di questo genere, utili ad altre specie come il Beccaccino possono essere realizzati in
idonei siti individuati nella piana di Firenze ed anche nella pianura del fiume Elsa.
13.2.9) Beccaccia
Fra la selvaggina migratoria la Beccaccia è senza dubbio una delle specie di maggior
interesse venatorio; per vari motivi ma principalmente perché nel corso degli anni ha rappresentato,
per chi ama i cani da ferma, un’ottima alternativa al Fagiano. Fino agli anni 60 la Beccaccia era
assai poco cacciata se non da pochissimi specializzati. Anche le condizioni logistiche ed i mezzi
ridotti (assenza di strade in aree montane impervie, fuoristrada inesistenti ecc.) di fatto limitavano
molto la pressione venatoria su questo Scolopacide. Negli anni ’70 la pressione venatoria è
aumentata progressivamente per i seguenti motivi: diminuzione dei Galliformi, mutate condizioni
socio-economiche, nuovi mezzi a disposizione dei cacciatori e aumento di questi ultimi. A partire
dagli anni ’90 nonostante il calo del numero dei cacciatori la pressione ed il numero di capi
prelevati sono sostanzialmente immutati probabilmente a causa di ulteriori innovazioni e tradizioni
venatorie (elevato numero di cani, collari acustici, trasformazione da caccia singola a caccia di
gruppo) e soprattutto per il notevolissimo aumento della caccia “all’aspetto”, seppur vietata (una
recente tesi di Laurea ha condotto un’indagine tra i cacciatori di un comune della nostra provincia
mediante questionari, secondo la quale su 149 beccacce abbattute, 111 sono state abbattute
“all’aspetto”).
In provincia di Firenze la Beccaccia è specie di passo e svernante; l’importanza del transito
dal crinale appenninico fiorentino è storicamente elevatissima e comunque tutto il territorio
provinciale è interessato da flussi di Beccaccia a partire dalla fine di ottobre fino a gennaio, periodo
di eventuali arrivi dei maschi, parzialmente migratori, dal centro Europa negli inverni molto freddi.
Le caratteristiche ambientali dei nostri Appennini, il tipo di governo del bosco, il pascolo del
bestiame, sono sempre risultati estremamente idonei alla sosta delle Beccacce durante la loro
migrazione, anche se l’abbandono della montagna ha influito molto sulle antiche caratteristiche, con
un peggioramento degli habitat tradizionali ed una conseguente minor frequentazione (o per un
tempo di sosta minore) da parte delle Beccacce. Ciò nonostante i boschi di tutta la provincia sono
ancora importanti rifugi per la specie, tanto è vero che la caccia a questo bellissimo selvatico è
popolarissima ed intensamente praticata.
La nostra provincia ha una scarsa importanza come zona di svernamento (incentrata più a
Sud o sulla costa livornese e grossetana) ma nonostante questo è durante questa fase che la
Beccaccia andrebbe attentamente monitorata e studiata. Gli animali infatti che hanno già compiuto
la loro migrazione ed hanno trovato una sistemazione ideale per trascorrere l’inverno, dovrebbero
essere ancora più attentamente salvaguardati in quanto hanno superato il periodo di maggior
criticità. Oltre a questo, vista l’estrema fedeltà negli anni ai siti di svernamento, e considerata la
bassa densità di Beccacce svernanti nelle nostre zone, un prelievo eccessivo in questo periodo
potrebbe influenzare (ma non se ne conosce l’entità) frazioni di popolazioni molto limitate e con
particolari caratteri genetici. La maggior parte degli esperti europei concorda sul fatto che, proprio
grazie alla sua fedeltà ai siti di svernamento, la Beccaccia possa essere gestita come una specie
stanziale, seppur presente solo in alcuni periodi dell’anno, e quindi, come tutte le specie stanziali in
zone (come la provincia di Firenze) di bassa densità, il prelievo dovrebbe essere assai ridotto.
Altro aspetto da considerare nella gestione della specie è la sua tipicità di migratore; oltre
alla differenziazione fra popolazioni migratrici totali, parziali e semisedentarie, vi è una netta
differenza di migrazione per sesso e classi di età.
Per questo, sia per il valore ecologico della specie, sia per la sua importanza come indicatore
ambientale, sia per la sua importanza cinegetica, con il presente P.F.V.P. l’Amministrazione si
impegna a porre particolare attenzione nella gestione della Beccaccia secondo le seguenti linee:
monitoraggio della specie, miglioramento dell’attività venatoria e miglioramenti ambientali.
13.2.9.1) Monitoraggio della specie
Un serio monitoraggio delle popolazioni di Beccaccia non può prescindere dal
coinvolgimento dei cacciatori specialisti, come e più delle altre specie. La gestione ed il prelievo
conservativo della Beccaccia non potranno che essere realizzati con una forte specializzazione dei
cacciatori. Dati e statistiche venatorie sono comunemente utilizzati in diversi paesi europei e
rappresentano un importante base conoscitiva della specie e dell’impatto venatorio.
L’Indice Cinegetico di Abbondanza (I.C.A.) è un indice relativo che viene rilevato durante
tutta la stagione venatoria dai cacciatori specialisti su un apposito registro dove vengono annotate le
uscite, il numero di capi incontrati e quelli abbattuti. In tal modo si ottiene l’I.C.A. che su serie
storiche dà indicazioni sul trend delle popolazioni in migrazione e in svernamento; l’I.C.A. può
anche essere messo in relazione, qualora il numero dei rilevatori sia abbastanza elevato e distribuito
sul territorio con le caratteristiche ambientali, dividendo il territorio in Unità di Gestione omogenee.
È così possibile valutare le preferenze ambientali della specie e, eventualmente, impostare politiche
(peraltro piuttosto complesse tenuto conto degli habitat e delle difficoltà per le imprese agricole) di
miglioramento ambientale. Con il registro di caccia infine si ricavano notizie precise sulla fenologia
del passo correlata anche alle condizioni climatiche: i flussi sono infatti strettamente legati, ad
esempio, alle temperature dei luoghi di provenienza.
Beccaccia in Francia
Indice Cinegetico di Abbondanza e rapporto
giovani adulti
2
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
1,5
1
0,5
19
93
19 /94
94
19 /95
95
19 /96
96
19 /97
97
19 /98
98
19 /99
99
20 /00
00
20 /01
01
20 /02
02
20 /03
03
/0
4
0
ICA
Giovani/adulti
Esempio di raccolta dati cinegetici in Francia mediante registri di caccia e raccolta delle ali
I cacciatori più motivati potranno fornire anche le ali dei capi abbattuti nonché,
appositamente istruiti, raccogliere alcuni dati biometrici: peso e lunghezza del becco. Dall’esame
delle ali si ricavano gli altri dati biometrici (corda max, stato di muta, ecc.) e la classe di età, in tal
modo si rileva il rapporto giovani/adulti
giovane
adulto
In tale direzione già dalla prossima stagione venatoria s’intende avviare un rapporto di
collaborazione con le Associazioni specialistiche di cacciatori di Beccaccia.
Con l’eccezione della Francia nessun paese europeo ha in atto programmi di inanellamento
scientifico. In Italia è in corso la meritoria opera della Tenuta Presidenziale di Castelporziano
presso cui vengono inanellate Beccacce da circa 10 anni. Quest’anno funzionari del Circondario
EmpoleseValdelsa sono stati istruiti dal personale di Castelporziano e sono stati condotti due
tentativi infruttuosi nei comuni di Gambassi Terme e Vinci. L’Amministrazione provinciale intende
impostare attività di inanellamento scientifico già dal prossimo autunno, possibilmente in idonee
zone (a divieto di caccia e in terreno libero) nei comuni dell’Alto Mugello. Si tratterebbe del
secondo programma in Italia e quindi fondamentale per comparare i dati di una normale zona
appenninica con una particolare situazione costiera come quella di Castelporziano.
Da quest’anno il Circondario E.V. ha collaborato con l’I.N.F.S. alla raccolta di penne
caudali in apposite provette da parte dei cacciatori per l’esame del DNA mitocondriale. Tale esame
consente di identificare popolazioni diverse sulla base delle differenze genetiche (con moderne
tecniche recentemente entrate nell’uso comune per lo studio di numerose specie di animali
selvatici), delle loro origini e provenienza. La Provincia di Firenze si ripropone, anche in questo
caso, di partecipare a pieno titolo, ed in misura maggiore a progetti di questo tipo qualora
proseguano.
L’Amministrazione provinciale si impegna, infine, a partecipare, con i propri mezzi e con
l’ausilio dei cacciatori specialisti, a qualsiasi progetto di studio e monitoraggio purché sia validato
scientificamente e rientri nell’ambito dei piani di gestione nazionali ed internazionali.
13.2.9.2) Miglioramento dell’attività venatoria
Sulla base delle attuali conoscenze della specie a livello europeo è plausibile che la
beccaccia abbia conosciuto un certo declino per il peggioramento degli habitat di nidificazione.
Nelle nostre zone, non essendo la specie nidificante, le modifiche al sistema agro-silvo-pastorale di
montagna ne sfavoriscono la sosta rispetto al passato. Per tale motivo molti cacciatori sostengono
che i flussi si sono notevolmente ridotti negli anni; in realtà probabilmente non è cosi ma
semplicemente i tempi di stop-over si sono molto accorciati per raggiungere più rapidamente le
zone di svernamento. Questo fa si che gli incontri si siano rarefatti. A questa diminuzione si è
peraltro contrapposto quello che è il vero grande problema di prelievo della Beccaccia: l’aumento
esponenziale della caccia all’aspetto. Questa forma di caccia, peraltro di scarsissima soddisfazione,
ha progressivamente preso piede, addirittura con la nascita di veri e propri specialisti. Essa è
assolutamente deleteria perché aumenta a dismisura il numero di possibili “prelevatori” e perché le
percentuali di abbattimento per animale incontrato sono notevolmente superiori. Non abbiamo dati
certi, se non la tesi già citata, ma è molto probabile che nel carniere complessivo l’aspetto raggiunga
almeno il 60%. Ciò vuol dire che eliminare questo problema significa probabilmente rimuovere
gran parte degli effetti della caccia sulla specie. Tale influenza risulta maggiore rispetto al passato
vista la diminuzione del potenziale riproduttivo per carenze ambientali ed il contemporaneo
aumento della pressione venatoria. Riteniamo, anche se prematuro in questa sede, che l’unica
speranza di veder aumentare in modo continuo e sostanziale i contingenti migratori, sia una
notevole riduzione del prelievo: senza bisogno di ridurre i capi prelevati e prelevabili dagli
appassionati con cane da ferma, sarebbe senz’altro sufficiente eliminare il prelievo alla “posta”. La
sanzione per la caccia alla posta, dovrebbe prevedere sanzioni accessorie con effetto molto più
deterrente, come la sospensione del porto d’armi per 1 anno o il divieto di iscrizione agli ATC
toscani per un certo lasso di tempo.
Altro fattore da prendere in considerazione è la caccia sugli animali svernanti in gennaio,
tema ampiamente dibattuto che al momento non offre comunque soluzioni definitive, e che si basa
su diverse questioni:
- la Beccaccia in gennaio, a fronte di generali condizioni climatiche avverse, inizia ad
accumulare sostanze di riserva per poter affrontare il viaggio di ritorno ai quartieri di
nidificazione. L’attività venatoria può quindi rappresentare un fattore di disturbo tale da
pregiudicare questa delicata fase causando un aumento della mortalità naturale durante la
migrazione pre-nuziale;
- è noto che da fine dicembre a metà gennaio giungono in Italia i maschi adulti (migratori
parziali) più legati alle aree di nidificazione. Si tratta, biologicamente dei migliori
riproduttori, quelli che ripartiranno per primi ed occuperanno le migliori aree di “croule”.
Sono anche fedelissimi ai siti di svernamento. Abbattere questi potenziali riproduttori
probabilmente influisce anche sul successo riproduttivo e sull’eventuale aumento della
popolazione;
- in generale, come per tutti gli uccelli migratori, anche le Beccacce hanno già superato il
picco di mortalità autunnale. Da questo momento il tasso di mortalità naturale è piuttosto
basso: un prelievo elevato può rischiare di causare mortalità “additiva” piuttosto che
“sostitutiva”.
Queste problematiche generali si accentuano su popolazioni numericamente ridotte come
quella svernante in provincia di Firenze, dove la pressione venatoria può realmente risultare
eccessiva su un numero di capi limitato.
13.2.9.3) Miglioramenti ambientali
Parlare di miglioramenti ambientali a favore della Beccaccia non è certo facile, sia per le
scarsissime conoscenze al riguardo, sia per la difficoltà ad intervenire in ambienti prevalentemente
boschivi o di pascolo. Possiamo comunque individuare due priorità: interventi nelle zone montane
di passo ed interventi nelle zone di svernamento. In entrambi i casi si dovrebbe:
- preservare le zone di prato, di pascolo e di prato-pascolo dall’invecchiamento (ad esempio
nella trasformazione in brachipodieto) mediante sfalci o lavorazioni superficiali con cadenza
poliennale;
- incentivare, se e dove è possibile, il pascolo brado del bestiame che accresce notevolmente
la presenza di microfauna nel terreno;
- aspettare il P.S.R. e le relative misure forestali per i criteri di gestione del bosco con
eventuali indicazioni utili alla specie da incentivare ulteriormente.
13.2.10) Beccaccino e Frullino
Queste due specie di limicoli sono ovviamente cacciate in aree palustri o temporaneamente
allagate. A livello italiano, nonostante il notevole interesse venatorio (in special modo per il
Beccaccino) sono praticamente specie sconosciute sotto tutti gli aspetti. A livello europeo per
fortuna si hanno molte più notizie grazie all’inanellamento scientifico ed ai dati forniti dai cacciatori
(francesi in particolare). Le due specie sono molto affini sia come biologia che come
comportamento pertanto ci si riferirà al Beccaccino in quanto specie principale. Si tratta soprattutto
di migratori parziali fortemente legati alle condizioni climatiche, ma abbiamo anche popolazioni
migratrici totali dislocate a nord ed a est. Pare, ma non è sicuro, che i soggetti che giungono in Italia
provengano per lo più dall’Europa centro-orientale ma anche dalle coste del mar Baltico. In
provincia di Firenze la stragrande maggioranza dei Beccaccini viene incarnierata nei laghi della
Piana e ne Padule di Fucecchio. Non si hanno dati numerici precisi al riguardo. Il nostro territorio è
interessato da tutte le fasi biologiche del ciclo vitale tranne la nidificazione (a parte casi rarissimi):
fase di muta, migrazione autunnale, svernamento, migrazione primaverile. I laghi della Piana
rappresentano, grazie alla continua presenza d’acqua anche in estate, un sito di sosta (e crediamo
anche di muta) già ad agosto, periodo in cui si registrano arrivi anche cospicui di giovani dell’anno;
in estati particolarmente piovose anche il Padule registra notevoli presenze in agosto-settembre.
Con ottobre e novembre giungono i grandi contingenti migratori, che spesso proseguono in
dicembre. Tutte le nostre zone umide sono poi interessate da nuclei svernanti anche numerosi. Vi è
da dire, per chiarezza gestionale, che il Beccaccino e grandissimamente influenzato dal livello delle
acque, richiedendo arie acquitrinose ed acque bassissime alternate a zone asciutte; quando queste
condizioni non sussistono l’animale non si ferma nemmeno, proseguendo i suoi voli verso zone più
idonee. Per tale esasperata selettività ambientale la sua presenza varia moltissimo negli anni. Oltre a
questo la sua alimentazione è legata alla ricchezza nel terreno di lombrichi, larve ed in generale alla
microfauna: studi compiuti in varie parti del mondo evidenziano la grande importanza di prati e
soprattutto pascoli di pianura, e questa può essere una indicazione di carattere gestionale. Ampi e
lunghi (negli anni) studi francesi e danesi hanno anche indagato sul rapporto giovani/adulti e
maschi/femmine durante le migrazioni con interessanti risultano che dimostrano varie forme di
migrazione differenziale. Le age ratio vengono comunemente registrate in molti paesi europei e
quindi confrontate fra loro e con le age ratio da inanellamento condotti sui siti di nidificazione:
manca ovviamente l’Italia. Sulla base di questo quadro il P.F.V.P. propone le seguenti linee
programmatiche.
13.2.10.1) Monitoraggio e studio della specie
Trattandosi di specie cacciata da specialisti con cane da ferma (ormai pochissimi e ben
conosciuti) e soprattutto dagli impianti per la caccia agli acquatici, si propone di fornire a tutti un
registro di caccia dove annotare per ogni uscita il numero di animali incontrati ed abbattuti. Si
potranno così ottenere dati precisi sia sul carniere effettivo sia un indice cinegetico di abbondanza
come proposto anche per altre specie.
Per gli specialisti più disponibili si propone la raccolta delle ali e di una timoniera (per la
determinazione del sesso). In una seconda fase, dopo un apposito corso, i più interessati potrebbero
anche rilevare alcuni dati morfometrici (peso, lunghezza del becco e del tarso) utili per il raffronto
con gli inanellamenti.
L’Amministrazione provinciale si impegna a realizzare nel corso del quinquennio sessioni
specifiche di inanellamento sia presso la Riserva Naturale del Padule di Fucecchio sia presso alcuni
laghi della Piana fiorentina con idonea “beccaccinaia”
13.2.10.2) Miglioramenti ambientali
Il Beccaccino nel corso degli ultimi due secoli, come altre specie legate alla paludi, è
probabilmente diminuito proporzionalmente alla progressiva scomparsa di tali particolari ambienti.
Per questo motivo è aumentata notevolmente l’importanza della gestione, ripristino e salvaguardia
delle zone umide da parte dei cacciatori attraverso i miglioramenti ambientali a fini venatori. Nella
nostra provincia proprio le due più importanti aree interessate, i laghi della Piana ed il Padule di
Fucecchio, esistono anche grazie ai cacciatori. Questo non vuol dire che non si possa migliorare:
l’A.T.C. FI. 5 contribuisce da anni con il C.E.V. allo sfalcio di cannella palustre a Fucecchio e dal
2005 realizza una serie di prati umidi al di fuori del cratere palustre. Potrebbe essere molto
interessante reperire alcune aree (anche limitate) della Piana fiorentina per realizzare siti idonei alla
sosta e svernamento, sia in zone cacciabili sia in zone di divieto. Anche per questa specie, seppur
meno di altre per la sua nota diffidenza, è importante un corretto equilibrio fra zone di caccia e zone
indisturbate. Fra gli interventi auspicabili, ove sia possibile, l’incentivazione del pascolo di
bestiame che contribuisce all’aumento di sostanza organica e microfauna nel terreno.
13.2.10.3) Miglioramento dell’attività venatoria
La pressione venatoria sulla specie appare in netto calo, sia per la riduzione degli ambienti
utili (e l’aumento di quelli posti a divieto di caccia) sia per la diminuzione di cacciatori specialisti,
vista anche la difficoltà della caccia col cane. Nel padule di Fucecchio purtroppo un’elevata quota
di capi viene abbattuta con l’ausilio dei “registratori” e per la soluzione del problema si rimanda a
quanto già detto in altri paragrafi.
13.2.11) Anatidi
Gli Anatidi costituiscono un’importantissima famiglia di uccelli acquatici sia per importanza
biologica sia per interesse venatorio; nove sono le specie cacciabili che quindi devono essere
oggetto di un’attenzione supplementare a quella già elevata rivolta a tutti i palmipedi.
Fortunatamente rispetto ad altre specie gli Anatidi sono molto più studiati e conosciuti, a livello
regionale, italiano ed internazionale, nonché oggetto di varie specifiche convenzioni e accordi
transnazionali (A.E.W.A., Ramsar, ecc.). Non mancano nemmeno le indicazioni gestionali, per lo
meno a livello di gruppi di specie, e per alcune specie (ad esempio Marzaiola, Fistione turco,
Moriglione) esistono degli specifici piani di gestione redatti per il comitato O.R.N.I.S. La Provincia
di Firenze intende inserirsi all’interno dei piani internazionali, considerando comunque le
peculiarità del nostro territorio, delle nostre zone umide e delle tipologie di caccia. Senza entrare
nell’analisi delle varie specie e popolazioni, ma riferendosi ai dati raccolti nel paleartico occidentale
dall’I.W.R.B., ci limitiamo a ricordare che, oltre alle popolazioni che attraversano il nostro territorio
durante il passo autunnale, la provincia di Firenze ospita nuclei di Anatidi nidificanti,
principalmente Germani reali, ma anche Marzaiole ed alcune coppie di Alzavole. I costanti
censimenti condotti nel lago di caccia “Campo d’Aviazione” da molti anni dimostrano come i
nuclei di Anatidi nidificanti siano più importanti di quanto si pensi comunemente, evidentemente
grazie anche alla validità ambientale di queste particolari zone artificiali.
FENOLOGIA MARZAIOLA
300
250
200
150
Presenze
100
50
126 5 g
-3 en
0
20 ge
-2 n
16 4 f
-2 eb
0
10 m
-1 ar
4
30 5- apr
9
m m
ag a
- g
24 3 g
-2 iu
19 8 g
-2 iu
12 3 l
-1 ug
6
6- ago
10
s
1- et
5
26 o
- tt
20 30
-2 ott
4
15 no
-1 v
9
di
c
0
FENOLOGIA GERMANO REALE
140
120
100
80
60
40
20
126 5 g
-3 en
0
20 ge
-2 n
16 4 f
-2 eb
0
10 m
-1 ar
4
30 5- ap
m 9m r
ag a
- g
24 3 g
-2 iu
19 8 g
-2 iu
12 3 l
-1 ug
6
6- ago
10
s
1- et
26 5 o
t
20 -30 t
o
-2 tt
4
15 no
-1 v
9
di
c
0
Presenze
In inverno inoltre svernano nelle nostre zone palustri o aree umide contingenti di tutte le
specie, come dimostrano i dati del Centro Ornitologico Toscano rilevati durante i censimenti
invernali degli acquatici.
Anatidi svernanti
350
300
250
Moriglione
200
Mestolone
Fischione
150
Codone
100
Canapiglia
50
0
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
A proposito dei censimenti invernali realizzati dal Centro Ornitologico Toscano, sotto il
coordinamento dell’I.N.F.S., sugli acquatici svernanti, dobbiamo sottolineare come essi
rappresentino uno strumento di gestione estremamente importante (si vedano nei grafici i dati,
relativi agli ultimi dieci anni), di valutazione del trend e dello status per numerose specie ornitiche
legate agli ambienti palustri; non solo, approfondendo le analisi, si possono esaminare le differenze
fra dati faunistici e ambientali ricavando così indicazioni sulle preferenze degli animali, sulla
qualità delle acque e sul livello di gestione raggiunto. Riteniamo pertanto assolutamente
fondamentale continuare e possibilmente supportare al meglio le operazioni di censimento.
Anatidi svernanti
Alzavola e Germano reale
3000
2500
2000
Germano reale
1500
Alzavola
1000
500
0
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
I censimenti sugli svernanti sono inoltre importanti anche per numerose specie diverse dagli
Anatidi (alcuni rapaci e trampolieri) che comunque sono fortemente indicativi delle condizioni
ambientali delle nostre zone umide. Per fortuna come si evince dai grafici, per quasi tutte le specie i
risultati sono da buoni ad ottimi, segno evidente che le politiche ambientali e venatorie perseguite in
questi ultimi anni risultano vincenti.
Rapaci svernanti
Trampolieri svernanti
30
1400
25
1200
1000
20
800
Falco di padule
15
Albanella
Pavoncella
Beccaccino
600
10
400
5
200
0
0
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Altre specie svernanti
4000
3500
3000
2500
Tuffetto
2000
Gallinella d'acqua
Folaga
1500
Cormorano
1000
500
0
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Nei laghi da caccia, come abbiamo appena visto, è possibile condurre censimenti di questo
tipo in maniera più capillare durante tutto il corso dell’anno, ricavando importanti dati sulle
migrazioni, sugli spostamenti locali, ecc.
In provincia di Firenze abbiamo tre zone di grande importanza per gli uccelli acquatici: il
Padule di Fucecchio, la Piana Fiorentina con i suoi chiari di caccia, l’invaso di Bilancino in località
Gabbianello. Ognuna con le proprie particolarità, devono essere gestite al meglio per poter
rappresentare una risorsa per gli anatidi di passo o in sosta. Quest’obiettivo passa attraverso alcuni
impegni gestionali che l’Amministrazione provinciale intende assumere nel corso del presente
piano faunistico.
13.2.11.1) Monitoraggio e studio
I principi guida sono gli stessi delle altre specie di uccelli, tenendo conto che molti aspetti
della biologia e della dinamica di popolazione sono abbastanza ben conosciuti.
Il monitoraggio dei carnieri degli appostamenti ai palmipedi viene gia attuato dal 2003/2004
dal Circondario E.V. per il Padule di Fucecchio (si veda tabella) si tratta di estendere il metodo ai
chiari della Piana Fiorentina. La raccolta delle ali è invece poco consigliabile in quanto le difficoltà
di riconoscimento delle classi di età sono molto elevate senza esaminare l’intero animale. A titolo
dimostrativo vi riportiamo i carnieri di un lago della Piana Fiorentina negli ultimi dieci anni. Si
consiglia di raffrontarli con quelli di Fucecchio per annotare le notevoli differenze di carniere sia in
termini numerici che di ripartizione specifica.
CARNIERE TOTALE 1994 -2004
Reali
21%
Alzavole
38%
Mor iglioni
4%
Mor et t e
1%
Mest oloni
Canapiglie
7%
Marzaiole
2%
Fischioni
16%
10%
Codoni
1%
ABBATTIMENTI GERMANO REALE 1994 - 2004
ABBATTIMENTI ALZAVOLA 1994 - 2004
100
160
90
140
80
120
70
60
100
50
80
40
60
30
40
20
20
10
0
0
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
1994
2004
1995
A B B A T TI M EN TI C A N A P I GL I A 19 9 4 - 2 0 0 4
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2004
ABBATTIMENTI CODONE 1994 - 2004
20
9
18
8
16
7
14
6
12
5
10
4
8
3
6
4
2
2
1
0
0
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
1994
2004
ABBATTIMENTI FISCHIONE 1994 - 2004
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2004
A B B A T T IM EN T I M A R Z A I OLA 19 9 4 - 2 0 0 4
90
70
80
60
70
50
60
40
50
40
30
30
20
20
10
10
0
0
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2004
1994
-10
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2004
ABBATTIMENTI MESTOLONE 1994 - 2004
ABBATTIMENTI MORETTA 1994 - 2004
30
12
25
10
20
8
15
6
10
4
5
2
0
0
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2004
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2004
Prosecuzione dei censimenti degli acquatici svernanti, possibilmente ampliando i censimenti
anche ai vari corsi d’acqua minori, laghetti ecc. normalmente non presi in esame. Questa attività è
estremamente importante anche per tutte le altre specie di uccelli legate alle zone umide ed inoltre i
dati disponibili risalgono addirittura al 1985, unico caso di serie storica così lunga per censimenti di
avifauna in Italia. Fra i laghi della piana fiorentina sarebbe infine interessante, vista la presenza
praticamente costante dei cacciatori al proprio lago, condurre censimenti giornalieri durante tutta la
stagione venatoria. Il quadro sarebbe molto più approfondito e si potrebbero ottenere notevoli
informazioni sui flussi migratori, tra l’altro ad ambiente più o meno costante.
Incremento delle attività di inanellamento scientifico, dalle quali vengono rilevate, fino ad
ora, numerose informazioni come la provenienza, gli areali, le rotte migratorie ecc. Nelle cartine
successive le ricatture di anatre abbattute o inanellate a Fucecchio.
Ricatture di Alzavola
Ricatture di Germano reale
Ricatture di Marzaiola
Restano comunque molti aspetti poco conosciuti in special modo legati agli spostamenti
notturni per la ricerca del cibo, all’uso degli habitat delle varie specie. Il Circondario Empolese
Valdelsa, Ente gestore della Riserva Naturale del Padule di Fucecchio, proprio in funzione di queste
problematiche e dei loro ampi risvolti gestionali (si pensi alle implicazioni sui miglioramenti
ambientali) sta attivando, con enti gestori di altre aree protette, un progetto basato sull’uso dei
radiocollari satellitari con cui marcare le specie Germano reale, Codone, Moriglione e Mestolone e
seguirli durante il corso dell’anno. Il progetto è estremamente ambizioso sia per la tecnologia
utilizzata sia per la qualità e quantità dei dati ricavabili. In Italia nulla del genere è mai stato
realizzato, ma le indicazioni che se ne possono ricavare sono molteplici: fenologia e percorsi
migratori, spostamenti invernali, aree di provenienza, preferenze ambientali e orari di movimento il
tutto con una qualità di rilevamento estremamente elevata. Qualora il progetto potesse andare in
porto l’Amministrazione Provinciale si impegna a supportarlo con tutti mezzi a propria
disposizione.
13.2.11.2) Miglioramenti ambientali
Le possibilità di miglioramento ambientale per gli Anatidi sono teoricamente enormi nelle zone ove
la disponibilità d’acqua sia elevata. In realtà la provincia di Firenze non offre grandi occasioni per
la creazione di nuove zone umide oltre a quelle già esistenti. Si tratta quindi di migliorare
l’esistente. Riguardo al Padule di Fucecchio si rimanda all’apposito paragrafo 17.2. Per i laghi della
Piana si rimanda al paragrafo 3.2.2.1. dove è descritto il lavoro già svolto dall’A.T.C. FI. 4.
È comunque estremamente necessario individuare, come previsto al successivo paragrafo 17.1,dei
principi di uniformità gestionale delle aree allagate finalizzati alla salvaguardia della nidificazione
delle specie presenti, con particolare riguardo al coordinamento temporale di attività come i tagli
per la manutenzione dei canneti ed il disseccamento dei laghi. Tali principi dovranno essere fissati
con apposito regolamento.
13.2.11.3) Miglioramento dell’attività venatoria
Per la caccia agli Anatidi è possibile e doveroso migliorare l’attività venatoria; perciò la
Provincia si propone di acquisire maggiori conoscenze e di intervenire in alcune problematiche
legate a questo tipo di attività venatoria.
Vietare in tempi brevi l’utilizzo dei pallini di piombo: il saturnismo o avvelenamento da
piombo ingerito è fenomeno noto ed ampiamente studiato a livello internazionale. È accertato che
gli uccelli acquatici prelevando il cibo dal fondo di specchi d’acqua utilizzati per la caccia
ingeriscono i pallini che vi si trovano depositati; il conseguente avvelenamento spesso causa la
morte di questi selvatici. Il problema è stato risolto in molte nazioni vietando nelle zone umide (o
addirittura in tutto il territorio) l’uso della munizione contenente piombo. Sono ampiamente
conosciute ed utilizzate numerose alternative fra cui la più comune è l’uso dei pallini d’acciaio; ma
altre offrono risultati balistici anche migliori. Le conseguenze di natura economica per i cacciatori
agli acquatici sarebbero abbastanza contenute anche in relazione al limitato numero di cartucce
sparate per annata. Tra l’altro, previo accordo con la Regione Toscana, si potrebbero prevedere
forme di riduzione delle tasse regionali sugli appostamenti fissi ai palmipedi.
Pare abbastanza discutibile il ricorso a richiami di allevamento delle specie selvatiche
(Alzavola, Fischione, ecc.) non tenute in voliera. La loro efficacia è indubbia, in particolare nei
giorni di silenzio venatorio, ma provoca una notevole disparità fra i vari impianti specialmente in
aree palustri naturali come il Padule di Fucecchio.
Purtroppo nella caccia agli Anatidi si fa ampio uso dei registratori. La Provincia di Firenze
sollecita la Regione affinché si inasprisca il regime sanzionatorio, innanzitutto vietando anche la
detenzione dei suddetti dispositivi ed aggiungendo come sanzione accessoria la sospensione del
porto d’armi.
13.2.12) Lepre
Le analisi dei dati a disposizione, relative sia ai carnieri sia alla presenza della specie negli
Istituti faunistici, ci consentono di affermare con buon margine di sicurezza che la Lepre, dopo una
progressiva crisi culminata nei primi anni ’90 stia recuperando sia in termini di distribuzione
omogenea sul territorio sia in termini di densità. I motivi della buona, ed in alcune zone ottima
presenza di questo selvatico dipendono sostanzialmente dalla sua corretta politica gestionale
incentrata sullo sviluppo ed il miglioramento delle Zone di Ripopolamento e Cattura nonché dalla
progressiva riduzione delle immissioni di soggetti provenienti da allevamento o peggio importati
dall’estero.
CARNIERI LEPRE
TOSCANA - CARNIERE LEPRE
7.000
35.000
6.000
30.000
5.000
25.000
4.000
ATC 5
20.000
ATC 4
3.000
15.000
2.000
10.000
1.000
5.000
0
2001/2002
2002/2003
2003/2004
1998/99
1999/00
2000/01
2001/02
2002/03
2003/04
2004/05
Indipendentemente dalle ampie differenze di presenza di questa specie nelle varie zone della
provincia di Firenze, nonché delle ancora maggiori peculiarità ambientali, l’Amministrazione
Provinciale di Firenze vuole indicare alcune semplici linee per la definizione di un corretto modello
gestionale.
Nel fare questo dobbiamo tenere presenti alcuni principi irrinunciabili:
- correttezza tecnico-scientifica delle scelte con un approfondimento delle conoscenze
biologiche ed etologiche della specie;
- aspettative di conservazione e di incremento della specie, relativamente alle risorse
ambientali presenti, omogenee su tutto il territorio provinciale;
- gestione faunistico venatoria pubblica della specie, realizzata dagli A.T.C. attraverso il
coordinamento del volontariato dei cacciatori;
- miglioramento gestionale della rete di Istituti faunistici pubblici e privati ai fini
dell’incremento della presenza della Lepre al loro interno;
- aumento delle conoscenze relative al prelievo venatorio.
L’obiettivo è la garanzia di un prelievo venatorio conservativo, che possa nel contempo
soddisfare le aspettative dei cacciatori ed essere sostenibile per la biologia della specie, basato
sull’incremento utile annuo delle popolazioni. Possiamo esemplificare il concetto dicendo che
dobbiamo prelevare “gli interessi” ma mantenere “il capitale”.
I grafici relativi agli indici di presenza della Lepre negli Istituti della provincia di Firenze
indicano abbastanza chiaramente un trend diverso fra Z.R.C. e A.F.V. Nelle prime in aumento,
seppur con un andamento sinusoidale legato alle variazioni interannuali, nelle seconde in calo.
Indipendentemente da tali diversificazioni possiamo affermare però che quasi tutti questi Istituti,
pubblici e privati, presentano per la specie densità inferiori a quella potenziale. Infatti, in generale la
capacità portante delle Z.R.C. e delle A.F.V. della provincia è, per le loro caratteristiche ambientali,
piuttosto elevata; è pertanto evidente che queste carenze sono legate a problemi prettamente
gestionali. Oltre a questo aggiungiamo che ove la qualità del territorio è inferiore, è sempre
comunque possibile elevarne la capacità portante attraverso i miglioramenti ambientali.
Per completezza dobbiamo anche far rilevare comunque che in molti Istituti, specialmente
alcune Zone di Ripopolamento e Cattura dell’A.T.C. FI. 5, si raggiungono densità molto più elevate
di alcuni dei paesi europei tradizionalmente interessati alla gestione faunistico venatoria (Gran
Bretagna, Francia, Spagna, ecc.). Di ciò si deve tener conto quando si giudica l’operato di un
Istituto faunistico. Le lunghe serie storiche di dati sulle catture all’interno delle Z.R.C. confermano
l’impressione generale.
Quindi riteniamo che le principali azioni per il prossimo quinquennio per la gestione
faunistico venatoria della Lepre debbano essere:
- incremento dei miglioramenti ambientali negli Istituti, sia pubblici che privati, possibilmente
valutandone i risultati;
- miglioramento dei parametri demografici generali e relativi alle singole popolazioni;
- pianificazione di corretti prelievi di abbattimento o di cattura;
- valutazione dell’irradiamento naturale;
- divieto assoluto dei cosiddetti rinsanguamenti.
Riguardo al primo punto, e cioè i miglioramenti ambientali, poiché sono molte le tipologie
di intervento valide ed avendo a che fare con una specie considerata “ombrello”, per la quale cioè si
possono fare azioni che hanno uguale valore anche per altre specie, intendiamo sottolineare
l’importanza, per l’alimentazione invernale, dell’utilizzo di leguminose foraggere, medica in
particolare, e di cereali autunno vernini. Possiamo, infatti, rilevare come molte Aziende Faunistico
Venatorie pur avendo la Lepre quale specie in indirizzo, risultino carenti di grandi campi di medica
cosa che le penalizza in termini di presenza della specie. Altri interventi importanti per la Lepre
sono la posticipazione di alcune operazioni colturali, come lo sfalcio primaverile dei prati o le
lavorazioni nei vigneti e negli oliveti.
Nell’ambito di possibili future sperimentazioni, magari intraprese a livello regionale,
sarebbe necessario valutare la “resa” di questi interventi in termini faunistici ed il rapporto costibenefici, anche al fine di fissare un congruo indennizzo, o premio, per gli agricoltori che si
rendessero maggiormente disponibili a queste operazioni.
Il secondo punto, cioè conoscere e migliorare i parametri demografici della specie, cioè
natalità, mortalità, densità e dispersione è altrettanto importante. Per avere dati in merito la
Provincia propone di realizzare progetti di indagine sperimentali incentrati sulla collaborazione con
i cacciatori. Ad esempio, per lo studio della natalità potrebbe essere pianificato, in aree campione,
uno studio dei carnieri attraverso la consegna, da parte di cacciatori appositamente addestrati, di un
occhio di ogni capo abbattuto e dell’utero delle femmine (conservati in alcool in apposite provette).
Mediante il peso del cristallino è possibile stabilire con buona esattezza l’età dei capi abbattuti, in
modo da poter calcolare il rapporto giovani adulti e quindi, induttivamente anche la natalità.
Mediante l’esame degli uteri e delle cicatrici uterine è possibile stabilire con certezza il numero dei
parti effettuati e, per ognuno di questi, il numero dei feti nati o abortiti; si può inoltre stabilire la
percentuale di femmine giovani (nate nell’anno, nel periodo gennaio-febbraio) che si sono
riprodotte nel periodo estivo, il cui contributo alla consistenza autunnale della popolazione è spesso
sottostimato.
La mortalità è un parametro di difficilissima rilevazione a causa dell’impossibilità di
riconoscimento delle classi di età per la specie in natura, e dei fenomeni di dispersione. Sempre con
l’esame dei cristallini è però possibile stabilire induttivamente i periodi di maggiore mortalità dei
giovani confrontando i dati del carniere con il grafico (abbastanza stabile) della frequenza dei parti
che presenta un picco nel periodo aprile giugno.
La densità e il parametro fondamentale per poter redigere un corretto piano di cattura (nelle
Z.R.C.) o di prelievo venatorio (nelle A.F.V.). Per tali motivi è necessario incrementare gli sforzi
per affinare i metodi di conteggio, stima e censimento la cui validità varia a seconda delle
caratteristiche ambientali. Già da molti anni la Provincia, con gli A.T.C., effettua costantemente
censimenti notturni col faro nelle Z.R.C., e con proprio personale, (o convenzionato) nelle A.F.V. A
livello generale il numero degli Istituti censiti annualmente è tale da poter consentire una buona
valutazione del trend della specie nella nostra provincia.
A livello di singolo Istituto invece permangono numerosi dubbi sul percorso logico che si
instaura tra la raccolta dei dati ed il calcolo della densità. Non è infatti statisticamente sufficiente il
numero di censimenti condotti durante l’anno, spesso uno, raramente due per Istituto. Il censimento
notturno con il faro presenta inoltre numerosi problemi tecnici irrisolti dovuti principalmente alla
limitazione della visibilità a causa della vegetazione arborea ed arbustiva, della conformazione
orografica, ma a volte anche a causa del mezzo di trasporto usato (se non abbastanza alto sulla
strada). Viene, infine, dato per scontato che negli orari notturni le Lepri siano prevalentemente
distribuite nelle aree aperte e non nei boschi, anche se riguardo a tale assunto non vi è alcuna
certezza. Nel grafico successivo vediamo ad esempio le notevolissime differenze tra popolazione
stimata e capi catturati nelle Z.R.C. dell’A.T.C. FI. 5; ci pare evidente che vi sia una discrepanza
veramente eccessiva imputabile ad una netta sovrastima dei capi presenti, tant’è vero che i piani di
cattura redatti dai tecnici sono estremamente cautelativi e spesso non vengono nemmeno raggiunti.
Lepre A.T.C. Firenze 5
Rapporto popolazione stimata Z.R.C. - capi catturati
Lepre A.T.C. Firenze 5
Rapporto piano di cattura Z.R.C. - capi catturati
9000
2000
8000
1800
7000
1600
1400
6000
1200
5000
Popolazione stimata
4000
Capi catturati
Piano di cattura
1000
Capi catturati
800
3000
600
2000
400
1000
200
0
0
2000
2001
2002
2003
2004
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Nonostante questi problemi, che ci prefiggiamo di risolvere, il censimento notturno con il
faro rimane sempre la miglior tecnica di stima delle popolazioni di Lepre (ci consente tra l’altro di
censire contemporaneamente altre specie notturne), e pertanto rimane il metodo ufficiale da
utilizzarsi nella provincia di Firenze.
I censimenti dovrebbero essere ripetuti almeno due o tre volte durante l’anno per poter fare
riferimento a dati “medi”.
Per ogni censimento deve essere calcolato, oltre la densità, l’Indice Chilometrico di
Abbondanza (I.K.A.), un indice relativo di presenza, che consente un confronto fra gli Istituti
soprattutto su serie storiche.
È comunque auspicabile la sperimentazione di tecniche alternative, come ad esempio l’uso
della termocamera, che consente di trovare coefficienti di correlazione fra il numero di Lepri censite
e la densità reale.
Il terzo punto, cioè la redazione di un corretto piano di prelievo, è una fase fondamentale
nella gestione di un Istituto. Errori in questa fase possono comprometterne la produttività per alcuni
anni. Una popolazione che scenda a densità troppo basse va infatti incontro a numerosi problemi
causati dall’aumento del dominio vitale dei singoli individui, che possono per questo essere portati
ad eccessivo irradiamento e dispersione, tali da rendere i soggetti più facilmente prelevabili
dall’azione venatoria o dai predatori. Possono inoltre farsi avanti problemi sanitari come la malattia
E.B.H.S. che è assai meno pericolosa in popolazioni numerose in cui più piccoli possono già entrare
in contatto con il virus nel periodo da 0 a 3 mesi, diventando immuni.
Per tali motivi un ulteriore obiettivo fondamentale che la Provincia si pone nella gestione e
nel controllo degli Istituti è il raggiungimento di densità ottimali. I piani di prelievo devono quindi
essere calcolati sulla base delle densità stimate verificandone il trend nel tempo con l’ausilio
dell’Indice Chilometrico di Abbondanza, per eventualmente ricalibrare il prelievo in presenza di
cali progressivi.
Come indicazione generale il prelievo in termini di cattura o di abbattimento nei vari Istituti
dovrebbe essere:
Densità da 0 a 20 capi/100 ha
nessun prelievo
da 21 a 30 capi/100 ha
5 capi prelevabili/100ha
da 31 a 50 capi /100 ha
10 capi prelevabili /100ha
oltre 51 capi/100 ha
20 capi prelevabili /100 ha
È comunque da tenere presente che nella gestione degli animali selvatici è difficile proporre
regole valide in assoluto. Spesso la buona produttività di un Istituto può infatti dipendere da fattori
prettamente oggettivi, come la sua ampiezza o le caratteristiche dei confini, che possano o meno
favorire l’irradiamento naturale della specie.
A questo proposito preme sottolineare che è molto importante capire l’irradiamento naturale,
e qui siamo al quarto punto, non solo durante la stagione venatoria, ma anche, e soprattutto nel
periodo da febbraio ad agosto. Oltre a quanto esiste in letteratura scientifica, dati interessanti sono
stati ottenuti in due sperimentazioni condotte dai tecnici del Circondario Empolese Valdelsa: una
prima, che ha portato alla valutazione degli spostamenti di Lepri di cattura nel comune di Empoli
con l’uso di radio collari, ed una seconda che ha portato all’esame analitico dei carnieri di Lepre nel
comune di Gambassi Terme.
Passando ad analizzare il quinto ed ultimo punto possiamo dire che la Lepre presenta un
quadro patologico piuttosto complesso che costituisce uno dei principali problemi della specie,
risolvibile unicamente con il raggiungimento ed il mantenimento di densità ottimali, conseguite con
le tecniche già esposte; per limitare quindi questa suscettibilità, i cosiddetti “rinsanguamenti”, cioè
le immissioni di soggetti provenienti da allevamento, devono essere tassativamente evitati.
Per quanto riguarda infine la predazione sulla specie, in particolare della volpe, si rimanda
allo specifico capitolo.
13.2.12.1) Esperienze di monitoraggio della Lepre nel Circondario Empolese Valdelsa
Il progetto realizzato dal Circondario, al fine di avere utili informazioni sulla Lepre a fini
gestionali, è stato realizzato nel corso del 2004 e 2005 su due fronti: un’esperienza di radiotracking
su Lepri di cattura nel comune di Empoli, ed un monitoraggio dei carnieri delle squadre di caccia
alla Lepre a Gambassi Terme. Questo è stato replicato anche nella stagione venatoria 2005/06.
Radiotracking
L’area interessata dallo studio ha un’estensione di circa 1.600 ettari ed è situata a sud del
comune di Empoli, fra le colline circostanti il paese di Monterappoli. Il territorio ha il tipico aspetto
caratteristico della Valdelsa con colture foraggiere nella parte pianeggiante e oliveti e vigneti nella
fascia collinare ed un grado di urbanizzazione abbastanza elevato.
La zona è interessata da vari Istituti faunistico venatori (A.F.V., Z.R.C., Z.d.P., ecc.).
Sono state munite di radiocollare 19 Lepri di cui 9 maschi e 10 femmine e liberate: 13 nel territorio
soggetto a caccia programmata, 2 all’interno di una Zona di Rispetto Venatorio e 4 all’interno della
stessa Z.R.C. dove sono state catturate.
Destinazioni territoriali area di studio
Ogni luogo di rilascio e di successiva localizzazione è stato marcato attraverso l’utilizzo del
G.P.S. Durante il primo mese di ricerca, la frequenza del monitoraggio è stata di almeno cinque
volte la settimana per poi diminuire nei mesi seguenti, ad una o due volte la settimana.
I dati raccolti, dal momento del rilascio (gennaio 2005) fino al 21/04/2005, hanno consentito
di valutare:
- la dispersione e la mortalità delle Lepri immesse;
- il graduale adattamento all’ambiente degli individui rilasciati;
- le eventuali differenze nell’ecologia dei maschi e delle femmine.
La dispersione complessiva delle Lepri ha interessato in totale un’area di 1.505 ettari.
Area di studio
La distanza media percorsa dalle Lepri dal punto del rilascio fino all’ultimo ritrovamento è
di m 1.411, con oltre il 24% dei soggetti ad una distanza superiore ai 2 km. Si è inoltre rilevata una
dispersione media di m 1.600 per le femmine e di m 1.200 per i maschi. È interessante sottolineare
la maggiore distanza percorsa dalle Lepri di sesso femminile rispetto ai maschi; non si notano
invece differenze sostanziali fra individui giovani e adulti.
Percentuale di dispersione sulle Lepri
rintracciate
4000
3500
Distanze in metri
3000
6%
2500
18%
2000
35%
1500
41%
1000
500
0
Lepri = 17
Distanze dal punto di rilascio
4000
3600
3600
3500
Lepri = 19
2800
Distanze in metri
3000
2800
2500
2000
1600
1500
1411
1200
1000
600
600
400
500
400
0
Maschi Femmine Media Maschi FemmineGiovani Adulti Maschi FemmineGiovani Adulti
TOT
Distanze Medie
Distanze Massime
Distanze Minime
Dai dati raccolti sulle tre Lepri seguite per un periodo più lungo (circa due mesi), è stato
possibile analizzare in modo più approfondito, le varie fasi successive al rilascio.
Di seguito vengono esposti i dati relativi ad ogni singola Lepre dal momento del rilascio alla
stabilizzazione.
Codice
Sesso
Età
Lepre 297
Lepre 286
Lepre 037
maschio
femmina
maschio
adulto
adulto
giovane
Chilometri percorsi dal
rilascio alla stabilizzazione
0,89 km
3,90 km
5,80 km
Giorni dal rilascio alla
stabilizzazione
9 giorni
8 giorni
15 giorni
I punti utilizzati per il calcolo dell’home-range sono relativi al momento in cui l’animale è
divenuto stazionario in una zona, tralasciando quindi gli altri fix intermedi. Per ogni Lepre è stata
calcolata un’area vitale con il metodo “Kernel Home-Range”1 al 95% e al 50%. Le percentuali sono
riferite alla probabilità di trovare un animale all’interno della zona calcolata. Naturalmente
aumentando la probabilità aumenta di conseguenza anche l’area.
Codice
Ampiezza area
kernel 50%
Ampiezza area
kernel 95%
Lepre 297
5,4 ha
46,9 ha
Lepre 286
21,1 ha
116,8 ha
Lepre 037
3,1 ha
13,4 ha
Media tot.
kernel 50%
Media tot.
kernel 95%
9,8 ha
60 ha
Il calcolo effettuato a livello stagionale sulle distanze dal centro dell’area vitale ha
evidenziato differenze tra i vari mesi: il maschio adulto tende ad allontanarsi e ad ampliare il
1
Kernel Home-Range modello di stima scelto dall’estensione animal movement per programmi G.I.S. che consente di fare valutazioni di
home-range su animali selvatici.
proprio territorio, la femmina invece mostra un comportamento contrario. Ciò può essere messo in
relazione con l’attività legate alla riproduzione (i maschi nel periodo primaverile sono più attivi
nella ricerca di più femmine possibili con cui accoppiarsi; Angelici, 2001).
Monitoraggio dei carnieri
I dati sono stati ricavati dal lavoro di localizzazione dei capi di Lepre abbattuti da nove
squadre di caccia nella zona compresa fra Gambassi e Castelfiorentino durante la stagione venatoria
2004/2005. I cacciatori hanno riportato su carta topografica, il punto esatto dei capi “cacciati”,
intendendo con tale termine sia gli animali scovati, ma non catturati, sia quelli abbattuti, oltre ad
annotare il numero progressivo di animali scovati e uccisi. I risultati ottenuti permettono di
avanzare varie ipotesi a proposito dell’efficacia o meno dei ripopolamenti e dei benefici derivanti
dall’irradiamento naturale.
Con i dati raccolti, suddividendo il numero di giorni utili di caccia in intervalli di tempo di
15 giorni, è stato calcolato il numero di Lepri cacciate per ciascun intervallo. Dal grafico si può
notare come il numero di animali catturati o scovati anche al termine del periodo venatorio sia
abbastanza rilevante. Nel periodo dal 16 al 30 novembre gli animali cacciati rappresentano circa il
64% di quelli relativi alla prima quindicina di ottobre. Addirittura nella seconda quindicina di
ottobre il numero di animali cacciati aumenta rispetto alla prima quindicina dello stesso mese. È
molto rilevante il fatto che, alla fine del periodo di caccia, la percentuale di Lepri scovate rispetto a
quelle abbattute aumenti; è probabile che gli animali oltre ad essere più sospettosi e abili nella fuga,
ritornino velocemente all’interno delle Z.R.C. o all’interno delle A.F.V.
LEPRI CACCIATE PER PERIODO
70
60
50
58
48
49
45
40
30
31
24
20
10
0
19/09 - 30/09 01/10 - 15/10 16/10 - 31/10 01/11 - 15/11 16/11 - 30/11 01/12 - 08/12
Per avere un’idea del numero rilevante di Lepri cacciate, è stato calcolato l’Indice
Cinegetico di Abbondanza medio (dato dal rapporto fra il numero di Lepri cacciate e le giornate
utili di caccia) che risulta essere di 1,17, con una media di capi abbattuti per giornata di 0,50.
GIORNATE POSITIVE
GIORNATE DI CACCIA
30
350
300
250
N.GIORNATE NULLE
200
N. GIORNATE BUONE
150
100
50
188
0
N. GIORNI UTILI
N. GIORNATE
ABBATTIMENTI PER GIORNATA
0,93
0,73
0,54
0,45
0,44
0,38
0,38
7
TO
TA
LE
4
5
1
8
9
6
2
ESITI DI CACCIA
80
70
60
50
40
0,50
0,27
0,26
3
1,00
0,90
0,80
0,70
0,60
0,50
0,40
0,30
0,20
0,10
0,00
48,3 51,7
44,3 55,7
40,8 59,2
30
29,2 70,8
20
10
0
SETTEMBRE
OTTOBRE
% ABBATTUTE
NOVEMBRE
% SCOVATE
DICEMBRE
LEPRI ABBATTUTE E SCOVATE PER PERIODO
60
50
40
30
20
10
0
19/09 30/09
01/10 15/10
16/10 31/10
ABBATTUTE
01/11 15/11
16/11 30/11
01/12 08/12
SCOVATE
I dati che si possono osservare nei vari grafici ci suggeriscono altre considerazioni:
la pressione venatoria sulla Lepre è piuttosto elevata osservando la percentuale di giorni
utilizzati su quelli totali;
- questa forma di caccia risulta appagante visto che il numero di giornate senza “incontri” è
assai ridotto;
- la specie Lepre gode di buona salute e riesce a difendersi in modo soddisfacente dal disturbo
venatorio;
- le squadre hanno una buona efficienza di caccia evidenziata dalla percentuale di capi
abbattuti sulle Lepri cacciate. Tale efficienza è comunque molto variabile da squadra a
squadra, probabilmente legata anche al numero di cacciatori di ogni squadra;
- il numero di capi abbattuti è elevato (0,5 capi/giornata), differisce molto da squadra a
squadra;
- in realtà l’indice più importante da considerare è l’indice cinegetico di abbondanza, che dà
la misura del numero di Lepri incontrate. Questo indice che per ogni squadra differisce dal
precedente indice di abbattimento medio, può essere il vero termometro dello status di una
popolazione di Lepri, e su serie storiche sufficientemente lunghe ci dà il trend da cui capire
se la gestione sta producendo buoni risultati;
- la ripartizione del carniere per periodi è estremamente significativa: fino a metà novembre,
se si toglie l’apertura, la possibilità di incontrare una Lepre rimane sostanzialmente
immutata. Questo è indice di una buona organizzazione venatoria e gestionale (che
comunque può essere senz’altro migliorata).
Se si osserva il territorio preso in esame, è facile dedurre quale sia il motivo dei buoni
risultati derivanti dall’analisi dei carnieri. È abbastanza evidente che la gran parte delle Lepri,
soprattutto dopo le prime settimane di caccia, vengono abbattute o scovate lungo le zone adiacenti
le Aziende Agrituristiche e Faunistiche nelle vicinanze della Z.R.C. Infatti all’interno di tali Istituti
faunistici viene periodicamente rilevata, attraverso i censimenti, una buona consistenza della
presenza di Lepre.
-
Lepri abbattute e scovate
Questo progetto può inoltre fornire interessanti indicazioni sulla validità ambientale dei
territori. È infatti ovvio che, tolte le eventuali zone impraticabili alla caccia, la concentrazione delle
Lepri in alcuni punti indichi la superiore idoneità ambientale e viceversa la carenza di incontri in
altre ci dica dove programmare maggiori interventi di miglioramento ambientale.
I risultati delle due esperienze condotte ci forniscono alcune importanti indicazioni
gestionali:
- la Lepre è un animale che compie ampi spostamenti, ben più ampi delle superfici degli
Istituti faunistici;
- il ripopolamento è quindi in realtà molto aleatorio, per lo meno per gli obiettivi che si
pongono i cacciatori al momento del lancio delle Lepri, in quanto queste nella grande
maggioranza non si fermano nella zona di lancio;
- la dispersione complessiva delle Lepri è elevata soprattutto nei primi giorni successivi al
rilascio. Lepri rilasciate in territorio libero sono state rintracciate all’interno di due Aziende
Faunistiche. Un maschio giovane ha percorso quasi km 6 per andare a stabilizzarsi nella
Z.R.C. dove era stato catturato. Questo risultato, oltre a confermare l’elevata mobilità delle
Lepri liberate, pone il problema che gli sforzi effettuati dagli A.T.C. e dai Comitati delle
Z.R.C. per ripopolare il territorio a caccia programmata, possono essere vanificati dalla
stabilizzazione delle Lepri in territori con altre destinazioni;
- l’importanza assoluta dell’irradiamento sia durante sia a fine caccia;
- l’importanza fondamentale degli Istituti pubblici e privati e la presenza di Lepri al loro
interno (il carniere viene infatti realizzato all’80% sui confini degli Istituti particolarmente
produttivi, e tale fenomeno è ancor più accentuato con l’avanzare della stagione);
- il sistema di monitoraggio dei carnieri è un possibile valido strumento per la valutazione
degli Istituti faunistici a corredo dei censimenti notturni;
- si può quindi ipotizzare che l’irradiamento naturale possa essere uno strumento di gestione
molto più funzionale rispetto al ripopolamento con Lepri di cattura o di allevamento.
13.2.13) Coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus)
La specie è stata introdotta da tempo in alcune aree della provincia, a sud dell’Arno,
soprattutto, per scopi venatori.
I nuclei presenti sono caratterizzati da alte densità, seppur soggetti a rapide diminuzioni in
coincidenza di eventi patologici tipici per la specie (mixomatosi, M.E.V.) sono separati ed
ampiamente disomogenei. Si concentra principalmente in alcuni Istituti ed in particolare in alcune
A.F.V. e Z.R.C. del Circondario Empolese Valdelsa. La specie nel territorio toscano è scarsamente
conosciuta e studiata e rappresenta un carniere secondario e casuale per i cacciatori, essendo
pochissimi gli specialisti. La caccia è svolta sia con cani da seguita che da ferma e da cerca ma il
carniere è piuttosto limitato. In alcune Aziende Faunistiche invece troviamo popolazioni molto
vitali e sfruttate intensivamente. La problematica gestionale delle popolazioni di Coniglio riguarda
la competizione interspecifica con la Lepre; in effetti le due specie possono convivere ma ad alte
densità di Coniglio selvatico corrispondono basse densità di Lepre. In tali casi generalmente si opta
per un contenimento del Coniglio favorendo così la Lepre.
Dai dati in nostro possesso, risulta importante comunque sottolineare che:
- le caratteristiche morfologiche delle popolazioni più importanti presenti nella nostra
provincia sono quelle tipiche del Coniglio selvatico ed appaiono prive di ibridazioni con
forme domestiche;
- ove presente la specie è soggetta ad un forte prelievo (nelle A.F.V.) o ad abbattimenti di
controllo che ne tengono bassa la densità mentre le patologie tipiche di questa specie sono
generalmente poco frequenti;
- i principali fattori limitanti sono le malattie e l’eventuale scarsità di siti idonei alla
costruzione di tane (per caratteristiche podologiche). La predazione viceversa appare, anche
se probabilmente numericamente importante, poco influente;
- la specie sembra incapace di affermarsi nel territorio soggetto a caccia programmata.
Le scelte possibili per la conservazione di talune popolazioni appaiono condizionate dalla
adozione delle seguenti linee di gestione:
- nelle A.F.V. con forte presenza di Coniglio, su volontà dell’Azienda, avviamento alla
corretta gestione con attivazione di censimenti e predisposizione di forti piani di prelievo
annuali. In queste Aziende non dovrebbe essere esercitata la caccia alla Lepre e dovrebbe
comunque essere considerata la possibilità di derogare eventualmente all’indice di 10
capi/100 ha previsto dalla legge;
- nelle A.F.V. con bassa densità si concede libertà di scelta gestionale, autorizzando anche
eventuali abbattimenti ai sensi dell’articolo 37 della L.R. 3/94 se richiesti;
- nelle Z.R.C. l’obiettivo dovrà essere comunque quello del forte controllo numerico del
Coniglio selvatico, al fine di evitare che possa costituire un fattore limitante per la specie di
indirizzo (Lepre);
- nel territorio a caccia programmata realizzare un costante monitoraggio dei carnieri;
- eradicazione della specie, ovunque vi siano chiari fenomeni di ibridazione con il Coniglio
domestico, per evitare gli ovvi rischi di inquinamento genetico dei nuclei “puri”;
- qualora ve ne siano le condizioni (con l’ausilio dell’I.N.F.S. o dell’Università) effettuare un
monitoraggio sulla dinamica di popolazione tramite l’esame dell’età dei capi abbattuti con il
metodo del peso dei cristallini già proposto per la Lepre.
Le problematiche connesse alla competizione con la Lepre (specie autoctona e di maggior
interesse conservazionistico e venatorio), i danni alle coltivazioni e la funzione di serbatoio per
numerose patologie (R.H.D.V., mixomatosi, E.B.H.S.) hanno determinato in passato la necessità di
interventi volti al controllo numerico ed in taluni casi alla eradicazione delle popolazioni di questa
specie dal territorio provinciale fiorentino.
Gli interventi effettuati sinora, ai sensi dei passati Piani di Controllo, non hanno risolto la
questione, infatti permangono localmente alcune delle problematiche legate alla presenza di questo
Lagomorfo. Le popolazioni, come detto in precedenza, seppur soggette a variazioni annuali di
consistenza anche elevate, soprattutto a seguito di eventi climatici avversi o patologie (mixomatosi),
riescono in tempi brevi a ricostituire contingenti in grado di riproporre problematiche di gestione.
I provvedimenti sinora attuati sulla specie hanno riguardato alcune popolazioni presenti
entro Zone di Ripopolamento e Cattura e in Aziende Faunistico Venatorie facenti parte del
Comprensorio Sud della provincia (Aree di programma n° 5, 6 e 7). I dati relativi alla consistenza
delle popolazioni, a seguito dei sopralluoghi effettuati dai tecnici incaricati dalla Provincia e dai
presidenti di alcune Z.R.C., portano ancora a stimare una notevole presenza della specie in quattro
Z.R.C., in un Centro Produzione Selvaggina e in due A.F.V. nei comuni di Fiesole, Empoli,
Castiglion Fiorentino, Montelupo F.no, Gambassi Terme e Montespertoli. I problemi suddetti
risultano attenuati rispetto allo scorso anno nelle A.F.V. per le quali la Provincia ha invitato ad un
maggiore impegno nell’abbattimento durante il periodo di caccia; tuttavia permangono locali
situazioni di danni alle coltivazioni, soprattutto scortecciamenti a barbatelle di vite e ai giovani
impianti di olivo. I sistemi di prevenzione usuali per i danni alle coltivazioni agricole (recinzioni
fisse e mobili, schelter) sono stati attuati integrandoli con interventi di prelievo mediante
abbattimenti con l’uso di armi da fuoco, sia da appostamento in ore diurne, sia con l’ausilio del faro
in ore notturne.
Nel periodo di applicazione del passato piano faunistico, sono stati complessivamente
effettuati oltre 200 interventi di abbattimento, di cui 38 nel solo 2005, con il prelievo di 1.196
soggetti.
Coniglio selvatico; consuntivo degli interventi diretti/anno
273
300
231
219
250
n. capi
200
219
175
151
150
103
100
50
0
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Si prevede anche per il futuro l’attuazione per la specie di misure di contenimento indiretto
dei danni all’agricoltura con le protezioni utilizzate in passato e soprattutto la adozione di interventi
di prelievo finalizzati, in particolar modo negli Istituti pubblici (Z.R.C., C.P.R.F.S.), senza limite
numerico dei capi in prelievo. I metodi di prelievo utilizzati, come per gli anni scorsi, variano in
funzione delle diverse situazioni:
- prelievo da cerca e appostamento da operarsi alle tane, con arma da fuoco e reti;
- prelievo con l’ausilio di Furetto;
- abbattimento notturno con fari che, data la natura dei luoghi, è apparso come il metodo a più
alto rendimento di prelievo.
Una parte degli abbattimenti potrà essere eseguita in concomitanza con gli interventi annuali
previsti sulla Volpe.
Gli interventi saranno attuati, da personale di cui agli artt. 37 e 51 della L.R. 3/94 coordinato
dalla Polizia Provinciale, durante tutto l’arco dell’anno con l’adozione di uno specifico protocollo
operativo finalizzato alla selettività, al non disturbo delle altre specie e alla responsabilità personale
degli operatori.
13.2.14) Volpe
13.2.14.1) Introduzione
La specie viene ancora comunemente considerata dai cacciatori come uno dei maggiori
responsabili della carenza della fauna cacciabile, in particolar modo delle piccole specie stanziali
(Galliformi e Lepre). Ciò nonostante le acquisizioni scientifiche, sia a livello nazionale che
internazionale, testimonino che la mortalità su queste specie a causa della Volpe sia in genere assai
limitata se confrontata alla predazione causata da altre specie (p.e. Corvidi) o alla mortalità indotta
da alcune attività agricole (p.e. sfalci condotti senza le necessarie cautele). La predazione è inoltre
facilitata da operazioni gestionali non corrette (p.e. immissioni di animali pronta caccia con assenza
di comportamenti antipredatori).
La Volpe, d'altronde, rimane una specie sulla quale il prelievo venatorio risulta
generalmente limitato, sia per la scarsità di cacciatori che si dedicano in modo specialistico a tale
attività, sia per il timore di compromettere altre tipologie di caccia praticate al momento
dell’incontro, e probabilmente, anche per l’assenza di motivazioni “alimentari” connesse
all’abbattimento di tale selvatico.
Dai dati ricavati dalla lettura dei tesserini venatori regionali nei due A.T.C. provinciali,
emergono i quantitativi di prelievo riassunti nella tabella seguente. Agli abbattimenti effettuati
durante il periodo di caccia nel territorio libero, devono essere aggiunti quelli effettuati nelle
Aziende Faunistico Venatorie, registrati nei resoconti annuali inviati alla Provincia ed esposti
anch’essi in sintesi in tabella.
Volpi abbattute nei due A.T.C. provinciali e nelle Aziende Faunistico-Venatorie durante il periodo di caccia
Annata venatoria
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
A.F.V.
totale
2001/2002
312
442
88
842
2002/2003
118
899
86
1.103
2003/2004
353
890
111
1.354
L’incremento degli abbattimenti registrato negli ultimi anni può essere collegato all’attività
di alcune delle nuove squadre di caccia alla Volpe, localmente assai attive, ricreate a livello
comunale per svolgere il controllo della specie negli Istituti faunistici. Manca comunque, sinora,
un’ottimale organizzazione degli interventi sulla specie nel territorio libero, nonostante sia prevista
nelle attività delegate agli A.T.C. ai sensi dell’articolo 37, comma 5, della L.R. 3/94.
Anche per le azioni di controllo, effettuate in tempi o in aree di divieto di caccia, prima del
2000, si riscontrava un relativo “disinteresse” della maggioranza dei cacciatori che erano, al
contrario, assai più disponibili ad eseguire abbattimenti su specie diverse (Cinghiale, ad esempio).
Lo scopo di tali interventi è stato quello di diminuire l’impatto causato dalla predazione
della Volpe nelle aree destinate alla riproduzione naturale della fauna selvatica (soprattutto Zone di
Ripopolamento e Cattura). Alla luce delle esperienze maturate negli anni precedenti e dei pareri
rilasciati dall’I.N.F.S. in merito alla gestione degli interventi di controllo sulla specie, la Provincia
ha effettuato, a partire dal 2000, due serie di corsi finalizzati all’abilitazione di personale
specializzato, da impiegarsi negli interventi di controllo. I corsi, a numero chiuso, sono stati
riservati a cacciatori già in possesso di abilitazione generale al controllo della fauna selvatica ai
sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94, e sono stati incentrati sulle modalità e procedure da seguire nella
realizzazione delle diverse tipologie di prelievo.
Una delle finalità dei corsi è stata, tra l’altro, quella di ricostituire dei nuclei di intervento
(squadre di caccia alla Volpe), organizzati su base comunale in grado di porre in atto gli interventi
programmati dal Piano di Controllo, rilasciando un numero massimo di 25 abilitazioni per
“coadiutore agli interventi di controllo” (art. 37 bis) per comune. La formazione e la composizione
di ciascuna squadra comunale è stata sancita con specifico atto.
Il personale suddetto ha partecipato agli interventi attraverso il coordinamento della Polizia
Provinciale (assegnataria dell’autorizzazione ai prelievi) e del personale afferente al Coordinamento
Provinciale delle Guardie Venatorie Volontarie. Per gli Istituti privati, nei quali era stato stabilito il
controllo, è stato pure previsto il coinvolgimento, nelle fasi di organizzazione degli interventi, delle
Guardie Giurate Private di ciascun Istituto.
13.2.14.2) Piano di Controllo della Volpe
L’attuazione degli interventi di controllo è stata riferita a specifici Piani Pluriennali (è
attualmente in vigore il Piano 2004-2006) sottoposti a parere dell’I.N.F.S. ai sensi dell’art. 37 della
L.R. 3/94.
Si sottolinea che gli interventi sono stati essenzialmente concentrati negli Istituti Faunistici
destinati alla riproduzione naturale di fauna selvatica. L’influenza positiva delle azioni di controllo
sulla Volpe, dove attuate in modo continuativo, e soprattutto nelle Z.R.C., è comunque difficilmente
valutabile dai dati ad oggi raccolti. I risultati dei monitoraggi quantitativi/qualitativi delle specie
preda, che vengono condotti annualmente in tutti gli Istituti faunistici pubblici con metodi
standardizzati (censimenti notturni primaverili ed autunnali sulla Lepre; censimenti primaverili e
battute campione in epoca post-riproduttiva sul Fagiano), mostrano un trend di aumento, ad
esempio della Lepre. Quanto detto, può essere ricavato dall’analisi dalla tabella successiva, relativa
a 30 Zone di Ripopolamento e Cattura della provincia che sono rappresentative della situazione di
ciascuna Area di Programma.
Risulta tuttavia di difficile valutazione quanto abbia influito, su quest’ultimo parametro, la
limitata quantità di abbattimenti effettuati sul predatore, dato che, non sembra esserci una
correlazione evidente nella maggior parte dei casi.
Densità della Lepre ed abbattimenti di Volpe in 30 Istituti Faunistici della provincia
2.473
1.732
1.152
1.634
4.688
3.630
Volpi
abbattute
2001
8
0
0
0
33
18
densità
Lepre
(2001)
90,15
27,99
29,17
Volpi
abbattute
2002
6
28
4
18
36
26
densità
Lepre
(2002)
7,56
27,41
16,92
109,55
30,46
33,77
Volpi
abbattute
2003
7
0
3
10
25
18
densità
Lepre
(2003)
30,31
69,87
134,52
129,13
32,53
40,32
15.310
59
25,11
118
34,62
63
56,23
Area di
programma
superficie
(ha)
1-2
3
4
5
6
7
Totale
provincia
Per la formulazione dei piani di controllo è stato necessario stimare la consistenza delle
popolazioni di Volpe per ciascuna area di azione. Ricavare tale informazione risulta, come noto,
relativamente difficile per una specie caratterizzata da un’elevata elusività all’osservazione diretta.
Le valutazioni sulla consistenza sono state riferite a ciascuna area di programma, in cui è suddivisa
la provincia, sulla base di omogenee condizioni ambientali, utilizzando due metodi di indagine
(analisi degli avvistamenti effettuati in percorsi notturni con l’ausilio di faro ed il censimento
primaverile delle tane attive) con i quali sono stati coperti, in periodi diversi, gli Istituti deputati alla
produzione naturale di Lepre e Galliformi (Z.R.C., C.P.R.F.S., A.F.V.).
I risultati dei rilievi condotti con il faro in transetti notturni, valutando i dati complessivi
degli anni di censimento, mostrano una elevata variabilità dei dati di densità della Volpe, sia
confrontando censimenti successivi nella medesima area d’indagine, sia comparando i dati ricavati
in aree adiacenti. Nella tabella seguente, a titolo esemplificativo, si riporta una sintesi dei risultati
relativi alle ultime elaborazioni dei censimenti notturni condotti su percorsi campione in 52 Istituti,
corrispondenti ad oltre 31.000 ettari di superficie, sui quali è stata censita una superficie media del
12,5% (range 9,2-20,7).
Sintesi della densità della Volpe in 52 Istituti faunistici (autunno-inverno 2003) e 46 Istituti (primavera 2004)
Area di programma
(Comuni)
1-2
(Firenzuola, Marradi,
Palazzuolo sul Senio,
Barberino di Mugello,
Scarperia, S. Piero a Sieve,
Borgo S. Lorenzo, Vicchio)
3
(S. Godenzo, Dicomano,
Londa, Rufina, Pelago,
Fiesole, Pontassieve)
4
(Signa, Campi Bisenzio,
Calenzano, Sesto Fiorentino,
Vaglia, Firenze)
5
(Reggello, Rignano, Bagno a
Ripoli, Impruneta, Greve,
Incisa V.no, Figline V.no)
6
(Lastra a Signa, Scandicci,
S. Casciano, Tavarnelle,
Barberino V.E.)
7
(Fucecchio, Cerreto G.,
Vinci, Capraia e Limite,
Empoli, Castelfiorentino,
Montaione, Montespertoli,
Montelupo, Gambassi,
Certaldo)
Totale provincia
Superficie
totale
Capi avvistati
(autunnoinverno 2003)
Densità
(autunnoinverno 2003)
Capi avvistati
(primavera
2004)
Densità
(primavera
2004)
3.831
44
1,16
68
1,77
2.229
44
1,97
53
2,39.
1.662
40
2,40
39
2,33
7.913
20
0,26
17
0,23
6.742
20
0,30
8
0,12
8.814
119
1,35
18
0,29
31.193
288
0,92
203
0,65
Come è possibile notare dai dati esposti nella tabella, con il censimento notturno sono stati
ricavati valori di consistenza e densità assai variabili nell’arco di pochi mesi. Si ritiene che la
difficoltà di contattare la Volpe, con tale metodo, dipenda, in primo luogo, dall’impossibilità di
prevedere le aree di frequentazione della specie (cosa che invece viene ad essere diminuita per la
Lepre, ad esempio censendo le aree di alimentazione) e quindi di effettuare un rappresentativo
campionamento delle aree indagate. Inoltre esiste una notevole possibilità di sottostima legata alla
difficoltà, per la Volpe, di compiere effettivamente le osservazioni dato che gli esemplari si
“sottraggono” velocemente al fascio luminoso mettendosi in fuga già al sopraggiungere del veicolo.
Nella tabella sono riportati valori di densità ottenuti attribuendo, prudenzialmente, il numero
di capi conteggiati nei censimenti alla superficie totale di ciascun Istituto. Al fine di evidenziare la
difficoltà di considerare genericamente attendibili, per tutte le aree indagate, i dati ricavati nei
transetti notturni, si sottolinea che, pur essendo stata comunque rilevata la presenza continuativa
della specie (numero di tane attive, osservazioni in altri periodi, segni di presenza e predazione), in
molti Istituti esaminati nell’ultima sessione di censimenti non è stata effettuata alcuna osservazione
di Volpe. In sostanza dai soli censimenti notturni emergerebbe l’assenza della specie in 26 Istituti su
52 (50%) nell’autunno-inverno 2003 ed in 33 Istituti su 46 (72%) nella primavera 2004.
Per ovviare ai problemi di attendibilità dei censimenti condotti con il faro, a partire dal 1999,
il calcolo della densità/consistenza della specie si è basato, principalmente, sulla stima del numero
di individui presenti nelle tane attive situate nei singoli Istituti che sono state monitorate
annualmente anche attraverso l’impostazione degli interventi di controllo alla tana. Ciascun
titolare/responsabile di Istituto deve infatti, a tale scopo, produrre annualmente una cartografia dei
siti di tana ove condurre gli interventi di prelievo, oggetto, a campione, di controlli da parte degli
agenti di vigilanza.
Rispetto alla individuazione cartografica delle tane attive giunta annualmente da ciascun
Istituto, sono stati prudenzialmente adottati i seguenti criteri di correzione e di calcolo della
densità/consistenza post-riproduttiva:
- per ogni Istituto sono state accorpate tane molto vicine tra loro;
- nel calcolo del numero degli effettivi prima della riproduzione, per prudenza, è stata
considerata la presenza di 2 individui per tana nel 50% delle tane segnalate;
- il calcolo della consistenza post-riproduttiva è avvenuto considerando, al netto della
mortalità neo-natale, 2,6 cuccioli per femmina (valore rilevato per la Provincia di Siena in
Cavallini, 1998); tale valore è stato moltiplicato per il numero delle tane in cui era stimata la
riproduzione (50% delle tane censite) e sommato alla consistenza pre-riproduttiva per
ciascuna tana (2 individui), per un totale di 4,6 individui/tana.
Il calcolo della densità delle tane e della consistenza minima stimata per tana attiva, riportato
nella tabella successiva, si riferisce ad un campione di 47 Istituti faunistici variamente distribuiti
nelle Aree di Programma della Provincia, su di una superficie di 28.559 ettari calcolati con le
informazioni raccolte nella stesura dell’ultimo Piano di Controllo (2003).
Stima della popolazione di Volpe per aree di programma della provincia nel 2003 (spiegazioni nel testo)
Area di programma
1-2
3
4
5
6
7
Totale provincia
Superficie
censita (ha)
4.177
2.630
3.222
4.807
7.095
6.625
28.559
Densità pre-riproduttiva
media (capi/kmq)
0,81
1,10
1,12
1,37
1,45
1,27
1,23
Densità post-riproduttiva
media (capi/kmq)
1,87
2,54
2,57
3,18
3,34
2,92
2,83
Come si può notare essi, pur riferiti ad una superficie assai maggiore, differiscono di poco
(seppur con un leggero, generale, aumento) da quelli analoghi relativi al precedente Piano di
Controllo (2001) riassunti nella tabella seguente.
Stima della popolazione di Volpe per aree di programma della provincia nel 2001 (spiegazioni nel testo)
Area di programma
1-2
3
4
5
6
7
Totale Provincia
Superficie
censita (ha)
2.035
1.680
1.680
3.476
4.519
3.491
16.881
Densità pre-riproduttiva
media (capi/kmq)
0,69
0,71
1,25
1,06
1,48
1,26
1,12
Densità post-riproduttiva
media (capi/kmq)
1,59.
1,62
2,87
2,44
3,40
2,93
2,57
13.2.14.3) Risultati degli interventi di controllo
Dal 2001 al 2005 sono stati effettuati 1.513 interventi di abbattimento, utilizzando i metodi
dell’appostamento, della caccia alla tana e, in un periodo più limitato (novembre-gennaio) con
l’ausilio di cani specializzati (al massimo 2 soggetti per volta), in braccata.
Nella tabella successiva si riassumono i risultati, in termini di capi prelevati, degli interventi
eseguiti negli anni 1998-2004 distribuiti tra i diversi Istituti. Da sottolineare che nel 2004, sono state
autorizzate al controllo le sole Zone di Ripopolamento e Cattura.
Capi prelevati durante gli interventi di controllo sulla Volpe negli anni 1998-2004
Tipo di Istituto
A.F.V., A.A.V., C.P.R.F.S.
Z.R.C.
Z.R.V.
Totale prelievi
1998
36
158
1
195
1999
5
51
0
56
2000
19
135
4
158
2001
16
87
7
110
2002
12
125
8
145
2003
11
132
10
153
2004
0
59
0
59
La suddivisione degli interventi di controllo e la loro efficacia in funzione delle differenti
modalità di prelievo autorizzate, è illustrata nei grafici successivi, in cui si pongono a confronto i
dati cumulati delle annate 2002-03 e 2003-04. Dai dati emerge che l’intervento da appostamento
rappresenta il metodo più utilizzato, seguito da quello alla tana. La braccata è stata di fatto
ostacolata dalle prescrizioni autorizzative che hanno permesso – su parere dell’INFS – l’utilizzo di
tale metodo solo in casi particolari.
Ripartizione degli interventi di controllo sulla Volpe per tipologia di prelievo (anni 2002-03 e 2004-05 a confronto)
Ripartizione sul numero di uscite (%)
60,0%
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
Alla tana
Appostamento
2002/2003
Braccata
2004/2005
Gli interventi alla tana hanno dato, rispetto agli altri, i maggiori risultati, con l’abbattimento
in media di circa un capo ogni due uscite effettuate. La braccata risulta essere, invece, il metodo
meno efficace (per il 2004 il dato relativo a tale metodo non può tuttavia essere valutato, in quanto è
stato utilizzato per un solo intervento).
Ripartizione dei capi abbattuti negli interventi di controllo sulla Volpe per tipologia di prelievo (anni 2002-03 e 2004-05
a confronto)
Capi abbattuti per uscita
0,6
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0
Alla tana
Appostamento
2002/2003
Braccata
2004/2005
Ripartizione della percentuale di capi abbattuti per tipologia di prelievo (anni 2002-03 e 2004-05 a confronto)
Ripartizione sul numero di capi abbattuti (%)
60,0%
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
Alla tana
Appostamento
2002/2003
Braccata
2004/2005
Anche valutando i risultati degli interventi in relazione al numero dei capi abbattuti,
l’appostamento e la tana hanno dato i maggiori risultati.
Rispetto alla distribuzione annuale degli interventi di controllo sulla Volpe, nella figura
successiva, viene illustrata la distribuzione degli abbattimenti effettuati per mese; i dati si
riferiscono agli anni di validità del passato Piano di controllo, peraltro rappresentativi delle annate
successive.
30,00
25,00
20,00
15,00
10,00
5,00
0,00
ge
nn
a
fe io
bb
ra
io
m
ar
zo
ap
ri
m le
ag
gi
gi o
ug
no
lu
gl
i
ag o
se ost
tte o
m
br
ot e
t
no obr
ve e
m
di bre
ce
m
br
e
%
Distribuzione degli abbattimenti durante l’arco annuale (anni 2001-03 cumulati)
I dati complessivi esposti nella tabella, relativamente alle ultime due annate di cui si
dispongano dati completi sono scomposti nella tabella successiva tra gli Istituti ove è stato applicato
il Piano di controllo, ponendo in relazione il numero di uscite effettuate, la superficie di intervento e
la percentuale di realizzazione.
Risultati degli interventi di controllo sulla Volpe nel 2003 per tipo di Istituto
N° di Istituti
autorizzati e
superficie (in ha)
Tipo di Istituto
A.F.V., A.A.V.,
C.P.R.F.S.
Z.R.C.
Z.R.V.
Totale
N° di Istituti
che hanno
effettuato
interventi
Numero
uscite
Piano prelievo
2003 (n. capi)
Piano
realizzato (n.
capi)
% di
prelievo
34
15.321
6
35
104
11
10,6
47
10
91
28.260
1.302
44.883
29
6
41
320
28
383
484
46
634
132
10
153
27,3
21,7
24,1
Come è possibile notare solo il 45% degli Istituti autorizzati (che avevano fatto l’annuale
richiesta di autorizzazione al prelievo in controllo sulla Volpe) nel 2003 ha provveduto ad effettuare
almeno una uscita (al 1 dicembre). Emerge in particolare la partecipazione assai scarsa degli Istituti
privati, per i quali solo il 17% ha effettuato uscite provvedendo al prelievo del solo 10,6% dei capi
complessivamente disponibili.
Nella tabella successiva si riportano i dati analoghi relativi al 2004. Per tale annata, in
relazione alle disposizioni contenute nel parere I.N.F.S., sono state di fatto autorizzate le sole Zone
di Ripopolamento e Cattura. Come si può notare, rispetto all’anno precedente sono stati effettuati un
numero inferiore di interventi con l’abbattimento di sole 0,3 Volpi per intervento.
Risultati degli interventi di controllo sulla Volpe nel 2004 per tipo di Istituto
Tipo di
Istituto
Z.R.C.
N° di Istituti
autorizzati e
superficie(in ha)
48
25.752,61
N° di Istituti
che hanno
effettuato
interventi
Numero
uscite
Piano
prelievo 2004
(n. capi)
Piano
realizzato (n.
capi)
% di
prelievo
34
198
460
59
12.8%
Per l’anno 2005, i risultati degli interventi sono ancora in fase di elaborazione. Nell’annata
in questione è stato complessivamente autorizzato il prelievo di 615 capi in 65 Istituti Faunistici
posti in divieto di caccia tra cui tutte le Zone di Ripopolamento e Cattura e le Zone di Rispetto
Venatorio. In accordo alle direttive I.N.F.S. sul contenimento della specie, l’autorizzazione al
controllo è stata pure concessa solo ad alcune delle Aziende Faunistico Venatorie che avevano fatto
richiesta, privilegiando quelle (14 A.F.V. con un piano di prelievo complessivo di 83 capi) che
avevano avuto una immissione limitata di Galliformi d’allevamento ed avevano investito
maggiormente sulla riproduzione naturale di tali specie.
I risultati dei 440 interventi effettuati al 31 dicembre indicano un sostanziale aumento degli
abbattimenti rispetto all’anno precedente, con una percentuale di realizzazione media superiore al
30%, concentrata soprattutto nel comprensorio sud della provincia.
Risultati degli interventi di controllo sulla Volpe nel 2005 (al 31 dicembre) per Area di Programma
Aree di programma
Comprensorio Nord (Aree di
Programma 1, 2, 3, 4)
Comprensorio Sud (Aree di
Programma 5, 6, 7)
TOTALE
Numero di
interventi
Capi abbattuti
Capi assegnati
% prelievo
98
49
219
22,4
342
140
396
35,4
440
189
615
30,7
Il confronto nei capi abbattuti negli ultimi due anni (2004-05 e 2005-06) per Area di
programma è evidenziato nella figura seguente.
n° di volpi abbattute
Confronto dei risultati (n. Volpi abbattute) degli interventi di controllo nelle ultime due annate per Area di programma
65
60
55
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
61
41
38
27
17
19
15
11
5
9
5
0
ADP 1-2
ADP 3
ADP 4
2003/2004
ADP 5
ADP 6
ADP 7
2005/2006
Nonostante il graduale aumento riscontrato negli anni delle percentuali di prelievo, i risultati
risultano ancora bassi rispetto ai piani assegnati. Uno dei principali motivi va senz’altro ricercato
nello scarso numero medio di interventi attuati per ciascun Istituto e nel numero elevato di Istituti
che, nonostante la richiesta di autorizzazione, non hanno di fatto realizzato alcun intervento.
Nella valutazione complessiva della rispondenza tra piano assegnato e realizzato può essere
interessante l’analisi delle percentuali di prelievo realizzate negli Istituti che hanno compiuto
almeno una uscita. I risultati di tale elaborazione, per il periodo 1999-2005, sono esposti nella figura
successiva e riassunti in forma numerica nella Tabella 4.
Confronto dei risultati degli interventi di controllo per Area di programma tra il 1999 ed il 2005 (al 31 dicembre)
relativamente agli Istituti nei quali si sia svolta almeno una uscita di prelievo
60,0%
55,0%
50,0%
45,0%
40,0%
35,0%
30,0%
25,0%
20,0%
15,0%
10,0%
5,0%
0,0%
1999/2000
2000/2001
2003/2004
2004/2005
2005/2006
ADP 1-2
ADP 3
ADP 4
ADP 5
ADP 6
ADP 7
Confronto tra piano di prelievo e numero di capi prelevati negli Istituti nei quali è stata compiuta almeno una uscita dal
1999 al 2005, per Area di programma
Area di programma (Comuni)
1-2
(Firenzuola, Marradi, Palazzuolo
S. Senio, Barberino di Mugello,
Scarperia, S. Piero a Sieve, Borgo
S. Lorenzo, Vicchio)
3
(S. Godenzo, Dicomano, Londa,
Rufina, Pelago, Fiesole,
Pontassieve)
4
(Signa, Campi B., Calenzano,
Sesto F., Vaglia, Firenze)
5
(Reggello, Rignano, Bagno a
Ripoli, Impruneta, Greve, Incisa
V.no, Figline V.no)
6
(Lastra a Signa, Scandicci,
S. Casciano, Tavarnelle,
Barberino V.E.)
Percentuale di Percentuale di
realizzazione realizzazione
1999-00
2000-01
Percentuale di
realizzazione
2003-04
Percentuale di
realizzazione
2004-05
Percentuale
di
realizzazione
2005
15,9
20,3
32,0
15,9
21,6
28,6
25,7
60,0
0,0
38,6
2,7
0,0
15,0
12,2
17,9
0,0
14,6
38,3
16,8
35,3
10,4
25,4
42,9
16,0
36,2
7
(Fucecchio, Cerreto G., Vinci,
Capraia e Limite, Empoli,
Castelfiorentino, Montaione,
Gambassi, Certaldo, Montelupo,
Montespertoli)
10,4
49,3
35,4
8,6
53,0
Totale Provincia
9,3
26,1
36,6
13,1
35,5
13.2.14.4) Linee di gestione futura
La gestione della Volpe nel territorio provinciale dovrà essere attuata nel futuro attraverso
una omogenea applicazione, in tutto il territorio, di azioni di monitoraggio sulla consistenza e
densità della specie. In particolare, i censimenti dovranno continuare ad essere condotti con metodi
standardizzati su tutti gli Istituti nei quali si ritenga necessario effettuare il controllo della specie.
In generale risulta importante sottolineare che, i fattori in grado di influenzare positivamente
la dinamica delle popolazioni - e quindi l’impatto di predazione sulle altre specie selvatiche e
domestiche - sono essenzialmente riconducibili all’offerta alimentare ed agli interventi diretti di
prelievo.
Riguardo alle azioni volte alla riduzione dell’offerta alimentare disponibile per la Volpe,
rimane difficile intervenire sul complesso delle risorse utilizzabili da parte di questa specie essendo
caratterizzata da un’elevata plasticità trofica: si pensi ad esempio ad alcune fonti di alimentazione
particolari, distribuite soprattutto in prossimità dei centri abitati (residui dell’alimentazione umana e
degli animali domestici) o delle strade (relative in particolare alla quantità di piccola fauna - riccio,
anfibi, rettili - che rimane lungo le vie di comunicazione dopo gli investimenti stradali).
Diversamente, dovranno essere prese in considerazione le conseguenze dell’immissione annuale di
un elevatissimo numero di selvatici, a scopo di ripopolamento venatorio (oltre 140.000 tra Fagiani,
Starne, Pernici rosse e Quaglie, ad esempio, all’anno nel territorio provinciale; si veda in proposito
il capitolo specifico), in gran parte provenienti da allevamenti e che, quindi, non essendo adattati
alle condizioni ambientali naturali, registrano una mortalità altissima subito dopo il rilascio, dato
che è stato più volte dimostrato.
Riguardo agli interventi diretti, finalizzati all’abbattimento delle Volpi presenti in un
determinato territorio, studi ormai consolidati, dimostrano che si possono sortire effetti addirittura
contrari a quelli voluti: aumento del tasso riproduttivo delle femmine rimaste; aumento della densità
per immigrazione di soggetti non territoriali, ecc.
Accanto alle problematiche suddette, che porterebbero ad una valutazione esclusivamente
“tecnica” della gestione della Volpe, esistono e debbono essere necessariamente considerate alcune
esigenze di effettuare interventi diretti, sia per limitare gli effetti della predazione in alcuni periodi
ed Istituti che hanno come scopo la produzione naturale di selvaggina, sia per prevenire il ricorso ad
azioni illegali di abbattimento. Tali pratiche, nonostante l’avvenuta approvazione a livello nazionale
e regionale di severe norme di contrasto, risulta ancora purtroppo assai diffusa in provincia, come si
può notare ad esempio dai dati raccolti dalla Polizia Provinciale e riassunti nelle tabelle seguenti.
Numero di casi di rinvenimento di bocconi avvelenati constatati dalla Polizia Provinciale per anno e n. di soggetti
avvelenati (al 31.12. 2003)
Anno
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
N° segnalazioni di avvelenamento
47
48
111
134
152
164
221
N° risolti
03
03
01
07
12
11
09
Specie avvelenata
Cane
Gatto
Volpe
Piccione
Tasso
Anatra
Fagiano
Cinghiale
Ratto
Totale
n° casi
158
98
1
82
1
2
1
1
1
345
In generale, quindi, le attività di prelievo dovranno essere finalizzate, non tanto ad un
“utopico” tentativo di eradicazione del predatore - tenendo anche conto di quanto richiamato all’art.
6 comma 2 della L.R. 3/94, nel quale viene posta in risalto la necessità di una gestione conservativa
dei predatori - ma al contenimento numerico dei soggetti in esubero - fissando una quota di prelievo
commisurata all’incremento naturale delle popolazioni, oppure, intervenendo in particolari ambiti e
periodi più delicati per la tutela delle specie selvatiche predate.
Rispetto al passato, come visto in precedenza, la creazione delle “squadre di caccia alla
Volpe” comunali, ha permesso una crescente ripresa dei prelievi sulla specie, sia nel territorio
cacciabile sia in quello a divieto. Ad oggi risultano essere abilitati a tale forma di prelievo
(“coadiutori di caccia alla volpe”) 926 cacciatori, dei quali 775 sono iscritti in 31 squadre comunali.
Ad essi si aggiungono circa 60 tra caposquadra e vice caposquadra aventi qualifica di GG.VV.
Per il territorio cacciabile risulta importante che l’attività delle squadre, da effettuarsi
durante il periodo allo scopo previsto dal calendario venatorio, sia adeguatamente organizzata ed
incentivata dagli A.T.C., ai sensi dell’art. 37, comma 5 della Legge Regionale.
Gli abbattimenti di controllo nelle aree o nei periodi di divieto di caccia, attuati attraverso lo
specifico Piano approvato dall’I.N.F.S., risultano, nel complesso (sia considerando il dato globale,
sia ripartito per area di programma), ampiamente inferiori a quelli indicati nei piani di prelievo ed
all’incremento delle popolazioni stimato sulla base dei dati di consistenza. Gli interventi attuati
sinora hanno prodotto risultati solo sulle popolazioni di Volpe presenti in un numero assai limitato
di Istituti faunistici, nei quali l’attività delle squadre, è stata ben organizzata e condotta in
particolare attraverso l’utilizzo dei cani da tana. Alla luce di quanto detto sui risultati degli
interventi, si può affermare che, i limitati risultati di realizzazione del Piano quantitativo, non
derivano tanto dall’efficienza degli interventi effettuati (n. Volpi abbattute per uscita), ma dal basso
numero di Istituti che hanno effettivamente attuato il Piano e dal numero ridotto di uscite comunque
effettuate.
Al fine di ovviare a tali carenze, è stato impostato dal 2004 uno specifico protocollo
operativo, approvato in allegato al Piano di Controllo 2004-2007 che permette di coordinare in
modo più efficiente i soggetti impiegati nelle azioni di controllo e di monitoraggio della
popolazione di Volpi della provincia. L’applicazione del Piano e del Protocollo ha dovuto tener
conto delle prescrizioni contenute nei pareri - obbligatori ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94 dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (inviati con note del 23/03/04 e del 18/05/04).
L’Istituto ha in particolare sottolineato che il metodo della braccata deve essere limitato a casi
eccezionali, considerato il disturbo esercitato sulle altre specie, oltre alla considerazione generale di
concentrare la gestione in controllo solo negli Istituti nei quali non si ricorresse a ripetute
immissioni di fauna d’allevamento (es. A.A.V., A.A.C., ecc.).
L’adeguamento a forme di gestione razionali sulla specie e la piena e partecipe attuazione su
tutta la provincia dei contenuti del Piano e del Protocollo nonché l’organizzazione e
l’incentivazione delle squadre nonché la loro creazione nei comuni dove esse risultano assenti,
rappresenta l’obiettivo della gestione della specie nel prossimo periodo.
I punti salienti a cui dovrà tendere la futura gestione sono riassunti di seguito:
-
-
-
-
-
-
-
-
Agli A.T.C. saranno assegnate le attività di monitoraggio della Volpe negli Istituti pubblici
di competenza (censimenti notturni e censimenti delle tane attive), in collaborazione con le
squadre di caccia, ciascuna per il territorio di propria competenza;
Ai titolari degli Istituti privati quali Aziende Faunistico Venatorie e Centri Privati
produzione Fauna selvatica, saranno assegnati analoghi compiti di monitoraggio in tali
superfici;
Gli interventi di prelievo saranno effettuati, su richiesta degli ATC o dei titolari di istituti
privati di cui al punto precedente, previo atto autorizzativo ai sensi dell’art. 37 della L.R.
3/94;
Il Piano di Prelievo annuale sarà commisurato alla densità media stimata sulla base dei
censimenti eseguiti;
Gli interventi di prelievo sulla specie attraverso il controllo saranno finalizzati soprattutto
alla limitazione della predazione sui Galliformi e la Lepre durante il periodo riproduttivo;
Verrà privilegiato l’intervento nelle aree pubbliche con finalità di riproduzione di Lepre e
Galliformi, in cui vige il divieto di caccia, e nell’area adiacente i confini dello spessore di
500 m;
Non dovrà essere sottovalutato l’impatto che il predatore esercita nei confronti di
allevamenti zootecnici;
Il prelievo della Volpe in controllo potrà essere concesso, previo parere favorevole
dell’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, alle AFV e ai CPPS nei quali la gestione sia
impostata privilegiando la riproduzione naturale, con un limitato ricorso a immissioni di
selvatici d’allevamento unicamente attraverso idonee strutture di ambientamento; gli
interventi in controllo nelle AFV dovranno essere a completamento di azioni di
contenimento della specie condotte nel periodo concesso dal calendario venatorio;
Spetta alla Polizia Provinciale il coordinamento ed il controllo degli interventi per i quali
potrà avvalersi dell’ausilio di soggetti (Guardie afferenti al Coordinamento Provinciale,
Guardie Giurate Private) da essa delegati, nonché delle squadre autorizzate, comunicate di
volta in volta dagli ATC.
Spetta agli ATC organizzare le squadre di caccia alla volpe di cacciatori abilitati ai sensi
dell’articolo 37, con abilitazione per la specie volpe.
Le squadre dei cacciatori abilitati possono essere costituite sia in ambito comunale che
intercomunale e per ciascuna di esse, nel corso di ciascun intervento, deve essere sempre
garantita la presenza di una guardia volontaria facente parte del Coordinamento Provinciale,
che possa operare in autonomia su delega impartita dalla Polizia Provinciale.
Le modalità di intervento da privilegiarsi, saranno la caccia alla tana, all’aspetto ed in cerca
notturna con l’ausilio di fonte luminosa (che dovrà essere adeguatamente resa possibile
attraverso l’utilizzo ed il coordinamento da parte della Polizia Provinciale dei soggetti di cui
all’art. 51 della L.R. 3/94), e, solo dopo aver verificato l’inefficacia dei metodi predetti per il
raggiungimento del contingente annuale prelevabile (esito di un numero minimo di
interventi precedenti), con il metodo della braccata.
13.2.15) Cinghiale
13.2.15.1) Risultati della gestione nel periodo 2000-2005
13.2.15.1.1) Distribuzione della specie
Non sono state rilevate nel corso dell’ultimo Piano Faunistico significative modificazioni
dell’areale distributivo della specie. Il Cinghiale è distribuito, su tutto il territorio agro-forestale
della provincia seppur con variazioni temporali di presenza in alcune aree legate soprattutto alla
pressione venatoria nei tempi di caccia. A partire dagli anni ’80 l’areale distributivo ha subito un
veloce incremento raggiungendo attualmente una superficie di circa 273.352 ettari. Rispetto alla
S.A.F. provinciale la specie è dunque presente nell’ 86,1% del territorio fiorentino. Nella tabella
successiva sono indicate, per ciascuna area di programma le superfici occupate dalla specie in
relazione alla S.A.F. ed alla presenza di aree boscate (ex Del. Consiglio Regionale Toscana n.
340/95).
Distribuzione del Cinghiale per Area di programma
Area di programma (Comuni)
1
(Firenzuola, Marradi, Palazzuolo sul Senio)
2
(Barberino di Mugello, Scarperia, S. Piero a
Sieve, Borgo S. Lorenzo, Vicchio)
3
(S. Godenzo, Dicomano, Londa, Rufina,
Pelago, Fiesole, Pontassieve)
4
(Signa, Campi B., Calenzano, Sesto F., Vaglia,
Firenze)
5
(Reggello, Rignano, Bagno a Ripoli,
Impruneta, Greve, Incisa V.no, Figline V.no)
6
(Lastra a Signa, Scandicci, S. Casciano,
Tavarnelle, Barberino V.E.)
7
(Fucecchio, Cerreto G., Vinci, Capraia e
Limite, Empoli, Castelfiorentino,
Montespertoli, Montelupo F.no, Montaione,
Gambassi, Certaldo)
Totale Provincia
S.A.F. (ha)
Aree boscate
(ha)
Aree con presenza di
Cinghiale rispetto alla
S.A.F. (%)
52.121
32.512
100
50.451
29.280
100
45.091
28.528
100
21.626
10.576
65
52.136
25.632
85
29.667
13.920
70
66.499
15.968
70
317.591
156.416
86
13.2.15.1.2) Consistenza e densità
La difficoltà oggettiva di avvistamento del Cinghiale con gli usuali metodi di censimento ed
i fattori dipendenti dalla organizzazione e gestione del prelievo da parte delle squadre di caccia,
rappresentano un ostacolo alla definizione di attendibili dati di consistenza della specie.
I dati disponibili si riferiscono essenzialmente alle comunicazioni degli abbattimenti annuali
effettuati nelle diverse tipologie gestionali presenti sul territorio (terreno libero, aree vocate, zone di
divieto di caccia, Aziende Faunistiche, ecc.) e a stime preventive di prelievo realizzate dagli ambiti
di caccia basate su stime generiche. Anche partendo dai dati cinegetici, il problema della stima
numerica si complica ulteriormente considerando la prevalente assenza di dati di prelievo nelle aree
non vocate e l’affidabilità dei dati di abbattimento comunque ricavati dalle schede di caccia.
La grande possibilità di osservare variazioni annuali anche consistenti di incremento e le
variazioni nell’offerta alimentare annuale (da cui l’incremento in parte dipende) rendono inoltre
difficile una valutazione preventiva indiretta della consistenza annuale delle popolazioni partendo
dai dati disponibili.
Nelle tabelle sottostanti si riportano accanto ai dati di densità di abbattimento, per ciascuna
delle 7 Aree di programma, realizzati dalle squadre nell’ultima annata venatoria quelli derivati dagli
abbattimenti effettuati in regime di controllo (art. 37 della L.R. 3/94) negli anni precedenti (19992004) direttamente dalla Provincia (Polizia Provinciale affiancata da cacciatori appositamente
abilitati), in un campione di Istituti faunistici rappresentativi di ciascuna area di programma. I dati
del 2004 sono relativi a 32 Istituti (in prevalenza Z.R.C.), per una superficie complessiva di 18.807
ettari, nei quali sono stati complessivamente prelevati (abbattimento e catture) 574 soggetti.
Mentre i tassi di abbattimento dichiarati dalle squadre possono essere gravati da errori nella
compilazione delle schede di caccia, si ritiene che i dati derivanti dagli abbattimenti coordinati dal
personale della Provincia rappresentino maggiormente la reale abbondanza della specie.
I dati in questione hanno infatti le seguenti caratteristiche:
- sono ben distribuiti in ciascuna Area di programma e rappresentativi delle condizioni
ambientali delle stesse;
- gli interventi sono stati condotti con la finalità di eradicare la specie in ciascun Istituto;
- gli interventi sono distribuiti sopratutto nel periodo estivo ed autunno-invernale.
Come per il passato Piano, si ritiene che la possibile sovrastima delle densità desunte dagli
interventi - imputabile alla possibile concentrazione dei Cinghiali nelle aree protette in periodo di
caccia - sia in realtà ampiamente ridotta considerando i fattori seguenti:
- la superficie di ciascun intervento è sempre inferiore a quella di ciascun Istituto;
- non tutti i capi osservati risultano essere stati abbattuti;
- l’utilizzo per gli interventi di personale volontario, spesso legato alle squadre locali
incentiva in molti casi, il non abbattimento di tutti i capi presenti.
Densità di abbattimento del Cinghiale in alcuni Istituti faunistici per Area di programma (variazione 1998-2004)
Area di
programma
(Comuni)
1
(Firenzuola,
Marradi
Palazzuolo S.S.)
2
(Barberino di
M.llo, Scarperia,
S. Piero a Sieve,
Borgo S. Lorenzo,
Vicchio)
3
(S. Godenzo,
Dicomano, Londa,
Rufina, Pelago,
Fiesole,
Pontassieve)
4
(Signa, Campi B.,
Calenzano, Sesto
F., Vaglia,
Firenze)
5
(Reggello,
Rignano, Bagno a
Ripoli, Impruneta,
Greve, Incisa
V.no, Figline
V.no)
6
(Lastra a Signa,
Scandicci, S.
Casciano,
Tavarnelle,
Barberino V.E.)
7
(Fucecchio,
Cerreto G., Vinci,
Capraia e Limite,
Empoli,
Castelfiorentino,
Montespertoli,
Montelupo F.no,
Montaione,
Gambassi,
Certaldo)
Totale Provincia
1999
2000
2002
1998
capi
capi
capi
capi
abbattuti/kmq abbattuti/kmq abbattuti/kmq abbattuti/kmq
2003
capi
abbattuti/kmq
2004
capi
abbattuti/kmq
(media-range)
(media-range)
(media-range)
(media-range)
(media-range)
(media-range)
2,83
2,41
3,31
2,88
1,32
1,16
(1,20-3,48)
(0,76-3,71)
4,19
3,66
2,71
2,40
2,37
2,09
(1,2-11,7)
(3,50-4,05)
(0,30-3,16)
(1,67-3,16)
(1,60-3,22)
(0,46-3,64)
6,68
4,88
9,49
8,89
7,98
9,46
(3,0-10,6)
(2,22-12,65)
(1,02-22,04)
(8,32-9,66)
(1,67-9,70)
5,35
5,66
4,67
5,61
10,00
5,54
(0,3-19,0)
(0,33-13,41)
(0,45-22,04)
(3,49-9,58)
(5,63-14,51)
(4,59-9,02)
5,55
4,91
6,10
5,54
5,55
4,17
(0,5-21,7)
(2,00-9,64)
(3,75-13,13)
(5,74-9,73)
(5,28-7,75)
(0,34-10,75)
3,60
4,87
3,96
2,82
2,80
2,50
(1,0-8,7)
(1,42-8,69)
(2,76-6,06)
(1,18-6,87)
(1,83-5,71)
(0,16-3,75)
0,70
1,59
1,25
2,63
1,96
0,78
(0,3-1,1)
(0,51-3,72)
(0,43-1,98)
(1,93-3,08)
(2,36-2,64)
(0,12-2,47)
4,32
3,96
4,66
3,97
4,39
3,05
(0,90-1,55)
Pur considerando che in alcune aree l’abbondanza del Cinghiale risulta certamente
sottostimata in base all’influenza sul campione degli abbattimenti effettuati in aree non vocate
(essenzialmente Zone di Ripopolamento e Cattura), i dati della tabella possono ben rappresentare il
trend di consistenza della specie per ciascuna delle 7 Aree di programma in cui è divisa ai fini
gestionali la Provincia. Per le considerazioni esposte in precedenza, i dati riportati nelle tabelle
rappresentano il più attendibile calcolo ad oggi disponibile della densità minima certa della specie
in ciascuna Area di programma. La reale densità media della specie per ciascuna di esse non può
essere calcolata con certezza dai dati cinegetici, anche se è lecito ipotizzare che, in media, gli
abbattimenti rappresentino annualmente un valore compreso tra il 50 ed il 75% della popolazione
iniziale presente nei distretti di caccia.
Sulla base dei dati di densità sopra esposti, rapportati alle aree con presenza di Cinghiale di
ciascuna Area di programma, emerge il seguente andamento della consistenza della specie nella
Provincia.
Stima della variazione della consistenza del Cinghiale in provincia di Firenze dai dati degli abbattimenti effettuati in
regime di controllo
14000
12000
10000
8000
6000
4000
2000
20
04
-0 5
20
03
-0 4
20
02
-0 3
20
01
-0 2
20
00
-0 1
19
99
-0 0
19
98
-9 9
0
La tendenza alla diminuzione di densità della specie ricavata con gli abbattimenti negli
Istituti sottoposti a controllo, risulta in linea con gli analoghi valori denunciati dalle squadre di
caccia negli abbattimenti avvenuti durante il periodo di prelievo consentito dal calendario venatorio
nel 2004.
Densità di abbattimento del Cinghiale da parte delle squadre di caccia per Area di programma (annate 1999-2004)
Area di programma
(Comuni)
1
(Firenzuola, Marradi, Palazzuolo
sul Senio)
2
(Barberino di M.llo, Scarperia,
S. Piero a Sieve, Borgo S.
Lorenzo, Vicchio)
3
(S. Godenzo, Dicomano, Londa,
Rufina, Pelago, Fiesole,
Pontassieve)
4
(Signa, Campi B., Calenzano,
Sesto F., Vaglia, Firenze)
5
(Reggello, Rignano, Bagno a
Ripoli, Impruneta, Greve, Incisa
V.no, Figline V.no)
6
(Lastra a Signa, Scandicci, S.
Casciano, Tavarnelle, Barberino
V.E.)
7
(Montelupo, Fucecchio, Cerreto
G., Vinci, Capraia e Limite,
Empoli, Montespertoli,
Castelfiorentino, Montaione,
Gambassi, Certaldo)
Superficie
(ha)*
Capi abbattuti/kmq (media)
1999
20.00
2001
2002
2004
40.433
2,58
3,27
2,74
2,29
1,58
28.767
2,69
2,93
4,25
3,29
2,09
29.666
3,66
4,28
4,29
4,81
2,04
11.086
3,16
5,07
3,02
2,38
4,22
24.590
4,63
4,19
4,19
4,04
3,93
9.883
3,63
3,13
2,57
3,11
3,35
11.300
3,12
3,15
2,38
3,04
3,03
* ai fini di comparazione si considera la superficie vocata relativa all’annata 99/00
13.2.15.1.3) Struttura di popolazione ed incremento annuo
Anche in questo caso le informazioni più attendibili attualmente in nostro possesso possono
essere tratte dai consuntivi degli abbattimenti di controllo effettuati sotto la supervisione diretta
della Polizia Provinciale nel periodo 1999-2004. Per ogni intervento, infatti, attraverso apposita
scheda, sono stati rilevati i principali parametri su ciascun capo abbattuto. I risultati delle
elaborazioni compiute sui dati disponibili sono riassunte nelle tabelle successive.
Ai fini del confronto con tali dati che assumono nel periodo considerato una relativa
omogeneità (soprattutto per quanto riguarda il rapporto sessi e la percentuale dei soggetti giovani),
si riportano analoghi dati ricevuti dall’A.T.C. FI. 4 nel 2004.
Parametri strutturali delle popolazioni di Cinghiale, rilevati dai capi abbattuti in interventi di controllo in provincia di
Firenze (dati medi annate 1998-2004)
Anno
Campione (n.
capi)
1998
433
1999
829
2000
940
2001
758
2002
944
2004*
2.310
* dati relativi a squadre A.T.C. FI. 4
P.S.
(maschi/femmine)
0,80
0,88
0,83
0,89
0,89
1,17
classe 0
(età < 1anno)
%
27,25
21,71
22,87
24,02
23,67
23,24
classe I
(età 1-2 anni)
%
37,88
41,98
41,91
40,59
38,32
30,91
classe II
(età > 2 anni)
%
34,87
36,31
35,21
35,39
40,81
45,84
Dagli abbattimenti illustrati nelle tabelle precedenti derivano anche le informazioni sul peso
(eviscerato), sulla lunghezza del metatarso e sulla fertilità intrauterina per classe di età esposti nella
tabella seguente. Da sottolineare che non è stato possibile valutare il rapporto tra femmine gravide e
non gravide se non su di un ridotto numero di casi. Ciò, a causa dei diversi periodi di abbattimento e
dell’analisi - solo macroscopica - degli apparati riproduttori. I valori percentuali di femmine non
gravide riportati in tabella derivano da un campione ridotto rispetto al precedente (Area di
programma n. 4) nel quale si avevano dati raccolti in modo più accurato; ciò nonostante il tasso di
fertilità è sicuramente sottostimato a causa della riscontrata difficoltà di osservazione dei feti nei
primi tempi di gravidanza durante le fasi di macellazione eseguite dagli addetti agli interventi, senza
indagini più approfondite (p.e. esame corpi lutei).
Parametri biometrici e strutturali delle popolazioni di Cinghiale rilevati da soggetti abbattuti in interventi di controllo in
provincia di Firenze
Anno
N° campione
Parametro
(in cm o kg)
Classe 0
(età < 1anno)
Classe I
(età 1-2 anni)
Classe II
(età > 2 anni)
1998
433
media peso
21,17
35,70
57,25
1999
829
media peso
19,15
29,95
55,87
2000
940
media peso
17,95
27,49
55,98
2002
321
media peso
12,44
25,38
50,10
1998
385
media lunghezza metatarso
1999
772
media lunghezza metatarso
2000
881
media lunghezza metatarso
2002
229
media lunghezza metatarso
19,59
(n = 99)
21,65
(n = 160)
16,86
(n = 244)
19,66
(n = 35)
22,13
(n = 152)
24,11
(n = 322)
25,69
(n = 336)
23,67
(n = 108)
25,82
(n = 134)
27,32
(n = 290)
27,68
(n = 301)
32,21
(n = 86)
1998
34
feti/femmina gravida
0
5,9
4,5
1998/99
36
% femmine gravide
(n.= 36)
0
(n = 11)
52,94
(n = 17)
87,50
(n = 8)
1999/00
9
feti/femmina gravida
0
5,0
5,3
13.2.15.1.4) Danni
Nella tabella successiva sono elencati i valori in euro danni provocati dal Cinghiale, tra il
1995 ed il 2004, di cui è stato corrisposto indennizzo in tutto il territorio della provincia. I dati
evidenziano una tendenza netta al decremento del valore assoluto dei danni causati dal Suide e
proporzionalmente dei danni totali risarciti. Anche il valore percentuale ha subito dal 1995 al 2000
un decremento di circa 15 punti. Dal 2000 la tendenza mostra una relativa stabilità, seppur con un
lieve incremento nel 2004, tra il 53 ed il 59% rispetto ai complessivi indennizzi liquidati in
provincia. La specie rimane comunque la principale responsabile dei danneggiamenti: negli ultimi
dieci anni per essa sono stati pagati oltre 2 milioni e 700 mila euro.
Confronto tra danni da Cinghiale e totale danni da fauna selvatica in provincia di Firenze
Anno
Danni totali
(in euro)
Danni da Cinghiale Danni da Cinghiale
(in euro)
(%)
1995
588.464,94
460.827,26
78,3
1996
404.116,68
306.596,19
75,9
1997
600.431,76
406.296,64
67,7
1998
450.944,86
288.212,39
63,9
1999
352.903,26
200.058,88
56,7
2000
637.177,67
334.407,39
52,5
2001
784.239,21
432.867,28
55,2
2002
556.003,39
302.364,74
54,4
2003
581.252,82
327.098,99
56,3
2004
299.113,01
177.334,89
59,3
Confronto tra danni totali e danni da Cinghiale in provincia di Firenze
800000
700000
600000
euro
500000
400000
300000
200000
100000
0
1995
1996 1997
1998
1999 2000
2001
2002 2003
2004
anni
danni totali
danni da cinghiale
L’analisi della distribuzione ed evoluzione dei danni negli ultimi 10 anni tra i due A.T.C. e
le aree a divieto di caccia presenti in provincia permette di porre in evidenza una tendenza alla
diminuzione dei problemi di impatto con l’attività agricola sia nelle aree a divieto di caccia sia nel
territorio dell’A.T.C. FI. 5, ove si concentrano le colture di pregio. Nell’A.T.C. FI. 4, pur con una
tendenza alla diminuzione nell’ultimo anno, il Cinghiale rimane la specie responsabile della
maggioranza dei danni, con l’80% circa degli indennizzi pagati complessivamente per la fauna
selvatica. In tale ambito, più degli altri, l’andamento dei danni è ancora fortemente condizionato
alle fluttuazioni cicliche di consistenza delle popolazioni.
Confronto tra danni totali e danni da Cinghiale nell’A.T.C. FI. 4
ATC Fi 4
350000
300000
euro
250000
200000
danni totali
danni da cinghiale
150000
100000
50000
0
1996
1998
2000
2002
2004
anni
Confronto tra danni totali e danni da Cinghiale nell’A.T.C. FI. 5
ATC Fi 5
350000
300000
euro
250000
200000
150000
danni totali
100000
danni da cinghiale
50000
0
1996
1998
2000
anni
2002
2004
Confronto tra danni totali e danni da Cinghiale nelle zone di divieto di caccia
euro
divieti di caccia
180000
160000
140000
120000
100000
80000
60000
40000
20000
0
danni totali
danni da cinghiale
1996
1998
2000
2002
2004
anni
Nella sottostante sono riassunti in forma numerica i dati precedenti, suddivisi per Area e per
tipologia di Istituto faunistico.
Danni da Cinghiale e totale danni da fauna selvatica in provincia di Firenze, suddivisi per Area ed Istituto
Anno
1996
1996
1996
1997
1997
1997
1998
1998
1998
1999
1999
1999
2000
2000
2000
2001
2001
2001
2002
2002
2002
2003
2003
2003
2004
2004
2004
Totale
(96-04)
Area od Istituto
Z.R.C. ed altre aree a
divieto di caccia
A.T.C. FI. 4
(area nord Arno)
A.T.C. FI. 5
(area sud Arno)
Z.R.C. ed altre aree a
divieto di caccia
A.T.C. FI. 4
(area nord Arno)
A.T.C. FI. 5
(area sud Arno)
Z.R.C. ed altre aree a
divieto di caccia
A.T.C. FI. 4
(area nord Arno)
A.T.C. FI. 5
(area sud Arno)
Z.R.C. ed altre aree a
divieto di caccia
A.T.C. FI. 4
(area nord Arno)
A.T.C. FI. 5
(area sud Arno)
Z.R.C. ed altre aree a
divieto di caccia
A.T.C. FI. 4
(area nord Arno)
A.T.C. FI. 5
(area sud Arno)
Z.R.C. ed altre aree a
divieto di caccia
A.T.C. FI. 4
(area nord Arno)
A.T.C. FI. 5
(area sud Arno)
Z.R.C. ed altre aree a
divieto di caccia
A.T.C. FI. 4
(area nord Arno)
A.T.C. FI. 5
(area sud Arno)
Z.R.C. ed altre aree a
divieto di caccia
A.T.C. FI. 4
(area nord Arno)
A.T.C. FI. 5
(area sud Arno)
Z.R.C. ed altre aree a
divieto di caccia
A.T.C. FI. 4
(area nord Arno)
A.T.C. FI. 5
(area sud Arno)
Provincia Firenze
Danni totali (euro)
Danni da Cinghiale (euro)
Danni da Cinghiale (%)
97.070,66
55.200,98
56,9
91.406,16
73.229,46
80,1
207.346,08
171.715,72
82,8
131.907,22
59417,85
45,0
206.692,76
167.110,99
80,8
247.677,24
179.767,80
72,6
110.029,59
48.713,25
44,3
183.168,15
153.158,39
83,6
157.747,11
86.335,58
54,7
71.926,85
31.193,48
43,4
161.611,76
100.466,88
62,2
119.364,55
68.398,52
57,3
111.261,30
43.923,11
39,5
329.186,00
231.529,69
70,3
196.730,30
58.954,60
30,0
175.313,30
49.394,90
28,1
275.204,39
205.134,61
74,5
333.721,54
178.337,73
53,4
165.640,75
75.794,35
45,8
230.161,80
158.732,12
69,0
160.200,89
67.838,27
42,3
128.564,60
39.268,10
30,5
311.564,00
200.585,00
64,4
141.124,21
87.245,90
61,8
95.849,92
47.881,77
50,0
119.401,10
94.727,25
79,3
83.862,01
34.725,87
41,4
4.643.734,20
2.768.782,20
59,6
Un’altra informazione importante ai fini della gestione della specie riguarda i periodi
dell’anno in cui si concentrano i danni alle colture agricole. I dati di maggiore affidabilità ed
omogeneità in possesso della Provincia, si riferiscono alle aree a divieto di caccia (Z.R.C, Z.R.V. e
Z.d.P.), che ben rappresentano la situazione complessiva in virtù della loro distribuzione sul
territorio. Gli importi cumulati dei danni a cui è corrisposto indennizzo per questa specie suddivisi
per mese sono indicati nella tabella seguente.
Distribuzione dei danni da Cinghiale in alcune zone di divieto di caccia della provincia per mese (1998-2004, dati
cumulati)
Mese
gennaio
febbraio
marzo
aprile
maggio
giugno
luglio
agosto
settembre
ottobre
novembre
dicembre
%
0,07
0,71
0,66
0,10
2,85
3,60
8,56
7,89
30,54
38,49
4,24
1,40
Dai dati esposti risulta evidente che i danni sono concentrati essenzialmente nel periodo
luglio-ottobre che complessivamente comprende oltre l’85 % dei danni annuali.
Distribuzione dei danni da Cinghiale per mese
gennaio
0%
febbraio
1%
marzo
1%
aprile
0%
maggio
3%
giugno
4%
dicembre
1%
luglio
9%
agosto
8%
novembre
4%
ottobre
38%
settembre
31%
Altro dato interessante si ricava dalla distribuzione del danneggiamento per tipologie
colturali illustrata nella tavola seguente e relativa ai due A.T.C. per l’anno 2000 ed a tutto il
territorio provinciale per il 2004. L’impatto maggiore si ha sulla vite che in entrambi gli anni
considerati supera il 20% del totale e sui cereali con in media il 30% del danno totale. Per essi si
nota una inversione nel periodo del danno sul mais rispetto ad altre colture cerealicole. Forte rimane
l’intensità del danno sulle foraggere, seppure con una diminuzione di circa il 50% nel periodo
considerato. Da sottolineare che se le foraggere e le castagne rappresentano le colture
maggiormente danneggiate nell’A.T.C. FI. 4 (area appenninica), il danno alla vite ed ai cereali è
concentrato nell’A.T.C. FI. 5 ove localmente (Chianti) in estate-autunno assume valori assai elevati.
Ripartizione dei danni da Cinghiale per coltura (anni 2000 e 2004 a confronto)
35,0
30,0
danno %
25,0
20,0
2000
15,0
2004
10,0
5,0
ol
iv
o
fru
tti
fe
ri
or
tic
ol
e
fo
ra
gg
er
e
op
er
e
ca
st
ag
ne
vi
te
se
s
in
o
ag
m
ai
ol
e
ce
re
al
i
0,0
13.2.15.1.5) Attività venatoria e controllo diretto
L’attività di caccia sul Cinghiale, dai dati relativi al Registro Provinciale dei Cacciatori al
Cinghiale in battuta, coinvolge nella provincia (2004) 6.036 cacciatori, riuniti in 87 squadre.
La distribuzione tra i due A.T.C. delle squadre negli ultimi 6 anni è riassunta nella figura
seguente. Da essa si nota come il numero delle squadre è andato a diminuire con gli anni,
soprattutto nell’A.T.C. FI. 5.
Numero di squadre al Cinghiale per A.T.C.
60
n. di squadre
50
40
atc fi 4
atc fi 5
30
20
10
0
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Nella figura seguente è invece rappresentata l’evoluzione numerica del numero di cacciatori
iscritti alle squadre. Pur con una leggera diminuzione, l’andamento dimostra che il numero dei
cacciatori impegnati in tale forma di caccia rimane elevato, anche se il dato in se stesso non esprime
in modo preciso il reale numero dei cacciatori impegnati costantemente nelle attività di gestione
della specie. Dal confronto con la figura precedente emerge dunque come, nel periodo considerato,
anche in funzione dell’aumento deciso dalla Provincia del numero minimo di iscritti per squadra,
sia aumentato il numero medio di cacciatori iscritti alle squadre.
Numero di cacciatori iscritti alle squadre per la caccia al Cinghiale divise per A.T.C.
4000
n. cacciatori al cinghiale
3500
3000
2500
atc 4
2000
atc 5
1500
1000
500
0
2000
2001
2002
2003
2004
Nella figura successiva si espongono i dati relativi agli abbattimenti effettuati dalle squadre
di caccia in territorio libero negli ultimi 15 anni.
Numero di Cinghiali abbattuti dalle squadre in provincia di Firenze
8.000
7.000
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
90
/9
1
91
/9
2
92
/9
3
93
/9
4
94
/9
5
95
/9
6
96
/9
7
97
/9
8
98
/9
9
99
/0
0
00
/0
20 1
01
-0
2
20
02
/0
20 3
03
-0
20 4
04
-0
5
0
Nella tabella seguente i dati di abbattimento sono esposti in forma numerica con il rapporto
sessi.
Abbattimenti di Cinghiale durante l’attività venatoria delle squadre di caccia nel territorio libero della provincia di
Firenze
Annata venatoria
Capi abbattuti
1990-91
3.791
1991-92
2.745
1992-93
2.764
1993-94
3.132
1994-95
4.018
1995-96
4.970
1996-97
4.532
1997-98
5.046
1998-99
5.104
1999-00
4.451
2000-01
5.693
2001-02
5.590
2002-03
5.209
2003-04
7.981
2004-05
3.953
* = dati riferiti al solo A.T.C. FI. 4
** = dati non disponibili
N° maschi
2.060
1.529
1.596
1.745
2.371
2.673
**
**
1.700*
**
2.126*
2.249*
1.977*
3.017*
1.250*
N° femmine
1.731
1.216
1.168
1.387
1.647
2.297
**
**
1.553*
**
1.871*
1.787*
1.579*
3.009*
1.060*
Dai dati emerge un trend di crescita costante tra il 1991 ed il 2003 con un incremento
complessivo pari al 110,5% che in media corrisponde ad un incremento annuale di circa il 7,9 % dei
capi abbattuti rispetto all’annata precedente.
La relativa stabilità dei prelievi osservata dal 1997 al 2003 è stata fortemente modificata
negli ultimi due anni: nel 2003-04 infatti, per l’assommarsi di condizioni particolari (incremento
della popolazione dovuto alle “pascione” di ghianda avvenute negli ultimi due anni; presenza di
neve nelle aree montane e conseguente facilitazione del prelievo invernale nella aree di caccia), le
squadre hanno abbattuto il 53, 2% in più rispetto all’anno precedente.
Nell’ultima annata (2004-05) si è registrata una forte contrazione dei prelievi conseguente
sia ai forti abbattimenti del 2003, sia, soprattutto, alle ripercussioni negative sulla produttività delle
popolazioni dovute alla scarsissima offerta alimentare che ha caratterizzato l’autunno-inverno del
2003. La siccità difatti, avendo praticamente azzerato la produzione di ghianda e castagna non ha
permesso l’estro, e quindi la riproduzione di un’alta percentuale di femmine nell’anno successivo.
Come confermato da studi specifici, la produzione annuale di ghianda e castagna sembra essere il
principale fattore in grado di influenzare la dinamica delle popolazioni del Suide: in condizioni di
riserve di grasso abbondanti, anche le femmine giovani (comprese quelle sotto all’anno di età), che
rappresentano oltre il 50% delle femmine come evidenziato nelle tabelle precedenti, si riproducono.
La produzione di frutti rappresenta quindi il principale elemento su cui basarsi per prevedere la
variazione quantitativa delle popolazioni di Cinghiale nell’anno successivo.
Nella figura successiva sono riportati i confronti tra i Piani di Prelievo ed il numero di capi
abbattuti dalle squadre nell’A.T.C. FI. 4 negli ultimi 6 anni. I dati mostrano che per vari motivi non
esiste, purtroppo, alcuna coerenza tra pianificazione del prelievo e realizzazione della gestione
venatoria. Analoga elaborazione viene illustrata nella figura seguente per quanto riguarda l’A.T.C.
FI. 5. In tale ambito il Piano impostato dall’A.T.C. pare essere stato più calibrato rispetto ai
quantitativi dei Cinghiali effettivamente abbattuti, salvo il caso, comune all’A.T.C. FI. 4 dell’anno
2003, nel quale si è verificata una maggiore disponibilità di “prede” per i motivi ricordati in
precedenza.
Confronto tra il Piano di Prelievo ed i capi abbattuti nell’A.T.C. FI. 4
7000
6000
n. capi
5000
4000
piano prelievo
3000
capi abbattuti
2000
1000
0
1999
2000
2001
2002
2003
2004
I dati nel loro complesso indicano che l’entità dei capi prelevati dalle squadre può essere
completamente indipendente dalle valutazioni tecniche preventive su cui l’A.T.C. imposta il Piano
di Prelievo e, come testimoniano i casi di superamento degli obiettivi del Piano, essere realizzati in
funzione solo della reale quantità di Cinghiali presenti nel territorio assegnato.
È evidente che tale situazione è inconciliabile rispetto ad una corretta attività di
assestamento delle popolazioni. Risulta fondamentale che la gestione futura sia effettuata attraverso
migliori e più realistiche tecniche di stima delle popolazioni (entrambi gli A.T.C., non hanno
fornito, negli anni indicazioni soddisfacenti sulle modalità di censimento adottate) ed attraverso
meccanismi che permettano di imporre alle squadre di giungere al completamento dei Piani.
Confronto tra il Piano di Prelievo ed i capi abbattuti nell’A.T.C. FI. 5
2500
n. capi
2000
1500
piano prelievo
capi abbattuti
1000
500
0
1999
2000
2001
2002
2003
2004
I dati degli abbattimenti effettuati dalle squadre mostrano una progressiva tendenza
all’abbattimento paritario tra i sessi, seppur con una costante lieve preponderanza della classe
maschile, a differenza di quanto evidenziato dagli abbattimenti di controllo effettuati a cura della
Polizia Provinciale
Nelle tabelle e figure successive, sono posti in confronto gli abbattimenti effettuati dalle
squadre - nel territorio vocato per la specie, durante il periodo di caccia - con quelli realizzati
durante gli interventi di controllo (ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94) comprendenti tutti gli altri
abbattimenti operati sulla specie in tempi od aree poste in divieto di caccia.
Nel quinquennio 1999-2004 gli interventi di controllo effettuati (ad esclusione di quelli
condotti da proprietari e conduttori di fondi agricoli) sono stati 2.211, con una media annuale di 440
interventi. Il numero di tali operazioni è incrementato sino al 2002 ed è poi rimasto circa costante
negli anni successivi. Dal 1999 al 2004 l’impegno nella gestione del problema è aumentato del
67,8%. Oltre al metodo della braccata, realizzato solo nei periodi settembre-gennaio nei casi in cui
era stata stabilita l’inefficacia delle altre tecniche previste dal Piano, sono stati condotti interventi
all’aspetto e notturni alla cerca (da parte della Polizia Provinciale). Di particolare importanza sono
risultati gli interventi realizzati attraverso cattura (e successivo abbattimento o cessione dei capi
catturati), che nell’ultimo periodo sono risultati di sempre maggiore impiego ed efficacia.
Ai fini del confronto con tra le annate precedenti, gli abbattimenti effettuati in regime di
controllo sono stati suddivisi nei periodi relativi alla durata delle singole autorizzazioni. In sintesi i
dati sono stati raggruppati nel modo indicato nella tabella successiva.
Interventi di controllo sul Cinghiale nel periodo 1999-2004 (ad esclusione di quelli eseguiti da proprietari e conduttori
dei fondi agricoli)
Anno
N° di interventi
Capi abbattuti
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Totale
255
294
291
475
468
428
2.211
891
944
856
1.093
1.482
1.068
6.284
Visualizzazione grafica dei risultati degli interventi di controllo sul Cinghiale
1600
1400
numero
1200
1000
800
n. interventi
600
capi prelevati
400
200
0
1999
2000
2001
2002
2003
2004
anni
Dal 1998 inoltre sono state rilasciate autorizzazioni nominali a proprietari e conduttori dei
fondi agricoli per realizzare interventi autonomi di prelievo ai fini della prevenzione dei danni alle
colture. Tali autorizzazioni hanno previsto la possibilità di effettuare abbattimenti da appostamento,
anche durante le ore notturne, previa comunicazione tramite fax (è in corso di realizzazione un
sistema di teleprenotazione degli interventi) alla Polizia Provinciale. Anche i risultati di tale attività
sono illustrati nella tabella successiva. Si evidenzia, rispetto al numero di Cinghiali abbattuti, la
scarsa efficacia di tale pratica che comunque comporta uno sforzo tecnico amministrativo relativo
all’istruttoria e al controllo relativamente elevato (in media 150 autorizzazioni per anno).
I dati complessivi relativi a tutti gli abbattimenti di Cinghiale in provincia di Firenze sono
riassunti nella tabella e nella figura seguenti.
Abbattimenti di Cinghiale nel territorio della provincia di Firenze (ad esclusione di quelli operati nelle A.F.V. e nelle
aree non vocate durante il periodo di caccia aperta)
Capi
abbattuti
squadre
1990-91
3.791
1991-92
2.745
1992-93
2.764
1993-94
3.132
1994-95
4.018
1995-96
4.970
1996-97
4.532
1997-98
5.046
1998-99
5.108
1999-00
4.451
2000-01
5.693
2001-02
5.590
2002-03
5.209
2003-04
7.981
2004-05
3.953
* = dato non disponibile
Annata venatoria
Capi abbattuti in controllo
(esclusi proprietari e
conduttori fondi)
*
*
*
*
*
*
*
*
928
891
944
856
1.093
1.482
1.068
Capi abbattuti in controllo da
proprietari e conduttori fondi
(percentuale rispetto al totale)
Totale
*
*
*
*
*
*
*
*
6.111
5.369
6.697
6.515
6.345
9.535
5.099
75 (1,20%)
27 (0,50%)
60 (0,80%)
69 (1,06%)
43 (0,68%)
72 (0,76%)
78 (1,53%)
Abbattimenti complessivi (compresi caccia, controllo e A.F.V.) sul Cinghiale in provincia di Firenze tra il 1988 ed il
2004
12000
10420
capi abbattuti
10000
8000
6963
7085
7358
5777
7141
6086
6000
4000
2000
20
04
-0
5
20
03
-0
4
20
02
-0
3
20
01
-0
2
20
00
-0
1
19
99
-0
0
19
98
-9
9
0
13.2.15.1.6) Controllo indiretto sulla specie
Accanto alle azioni dirette di prelievo effettuate sulla specie, negli ultimi anni sono state
impiegate metodologie di prevenzione dei danni all’agricoltura basate principalmente sulla
delimitazione delle colture con filo elettrificato, disposto in serie di 2-4 fili paralleli. Tale sistema
rappresenta attualmente il miglior metodo tra quelli possibili; alla sua diffusa applicazione sul
territorio si deve in molti casi la diminuzione dei danneggiamenti verificatisi negli ultimi cinque
anni. Le opere di prevenzione sul Cinghiale sono in grande maggioranza state organizzate dagli
A.T.C. nei territori di loro competenza: territorio a caccia programmata e soprattutto Zone di
Ripopolamento e Cattura. Le recinzioni fornite dagli A.T.C. vengono in gran parte montate dalle
squadre di cacciatori di Cinghiale ed in misura minore dai cacciatori di selezione. Ciascuna squadra
opera nel distretto assegnato per la gestione venatoria. Rimandando alla parte specifica per un
maggiore approfondimento si cita che nel solo 2004 i materiali impiegati per la prevenzione di
danni nell’A.T.C. FI. 5 hanno comportato una spesa di oltre 96.000 euro, con la dislocazione di
oltre 110 chilometri di filo elettrificato. Nello stesso anno l’A.T.C. FI. 4 ha dislocato 89 impianti
per uno sviluppo lineare delle recinzioni elettrificate di circa 43 chilometri.
Solo in un numero limitato di casi alla recinzione elettrificata è stata preferita la recinzione
fissa con rete metallica non elettrificata. L’A.T.C. FI. 5, per il quale si dispongono dati, ha speso nel
2004 per tali protezioni oltre 32.000 euro, relativi ad un perimetro delle recinzioni di circa 13
chilometri.
Risulta evidente che l’utilizzo delle recinzioni elettrificate appare da privilegiarsi nelle
azioni di prevenzione sul Cinghiale e su altri Ungulati rispetto alle recinzioni fisse, dati i costi
notevolmente ridotti a parità di superficie, la velocità di montaggio e smontaggio delle barriere e la
possibilità di semplice disattivazione. L’unico problema riscontrato è dovuto alla necessità di
manutenzione del perimetro della recinzione che deve essere mantenuto costantemente pulito dalla
vegetazione. Rispetto agli impianti tradizionali “a batteria” stanno sempre più diffondendosi quelli
basati su di un elettrificatore collegato alla normale rete elettrica. Tali dispositivi raggiungono una
efficacia di gran lunga superiore ai precedenti.
L’uso di repellenti e di altri mezzi di dissuasione non è quantificabile con i dati disponibili: i
modesti risultati ottenuti negli anni passati hanno comunque ridotto a pochi e locali casi l’impiego
di metodi diversi rispetto a quelli sopra citati.
13.2.15.2) Linee guida di gestione
13.2.15.2.1) Diagnosi
La pianificazione ed attuazione della gestione faunistico venatoria del Cinghiale in provincia
non può che prendere origine dall’analisi critica dei dati relativi agli anni passati, evidenziando le
problematiche ed i fattori che hanno condizionato la gestione precedente.
Per quanto esposto si riassumono le seguenti conclusioni:
1. il Cinghiale è, assieme al Capriolo, l’Ungulato più diffuso sul territorio provinciale. La
consistenza autunnale delle popolazioni può risultare, in annate favorevoli alla specie,
superiore a quella di tutti gli altri mammiferi selvatici superiori;
2. la densità della specie è variabile a seconda delle zone, comunque raggiungendo i massimi
valori nel Mugello, in Valdarno e nei comuni a nord di Firenze ed i minimi valori nel
Circondario Empolese-Valdelsa; la densità risente positivamente della presenza di aree poste
in divieto di caccia che, ovunque, rappresentano serbatoi in grado di ripristinare le
popolazioni oggetto di caccia nelle zone limitrofe;
3. dai dati relativi ai danni ed agli abbattimenti effettuati dalle squadre sembra che la
consistenza della specie non sia correlata ai dati di censimento su cui sono stati impostati i
piani di prelievo annuali;
4. le variazioni della consistenza delle popolazioni seguono un andamento ciclico,
influenzato in modo particolare dall’andamento stagionale e dall’offerta alimentare (frutti
forestali) nel periodo precedente gli accoppiamenti;
5. la porzione giovanile della popolazione (animali sotto i 2 anni di età) rappresenta in media
il 60-70% delle popolazioni; l’entrata in estro delle femmine di tale porzione - che avviene
in conseguenza di autunni con abbondante fruttificazione di ghianda e castagna - riesce ad
influenzare fortemente la consistenza delle popolazioni nell’anno successivo;
6. i danni da Cinghiale rappresentano la porzione principale degli indennizzi agli agricoltori
relativi alla fauna selvatica. L’andamento dal 1995 ad oggi è si mantengono su valori
assoluti elevati, in media pari a 322.000 euro/anno, con andamento ciclico in relazione alla
consistenza delle popolazioni. La diminuzione registrata nell’ultimo anno (2004) dovrà
essere valutata successivamente come dipendente ancora dalla avvenuta diminuzione della
consistenza della specie o come risultato delle azioni di gestione intraprese. In termini
percentuali permane la forte entità dei danni prodotti dal Cinghiale nei confronti delle altre
specie nell’A.T.C. FI. 4 (80%) rispetto all’A.T.C. FI. 5 (40%) ed alle zone di divieto di
caccia (50%);
7. i danni da Cinghiale pur presenti in tutto l’arco annuale hanno il loro periodo di criticità tra
luglio ed ottobre con oltre l’85% del totale; il picco del danno è comunque tra settembre ed
ottobre, periodo nel quale si verificano il 69% dei danni;
8. la caccia al Cinghiale in braccata coinvolge un numero importante di cacciatori, pari a circa
il 23% del totale (2004). Il numero delle squadre si è ridotto negli ultimi 5 anni da 103 ad
87. Il territorio ad esse assegnato è suddiviso in 25 distretti;
9. il numero di Cinghiali abbattuti annualmente ha conosciuto un costante incremento,
giungendo nel 2003 ad oltre 10.400 capi. Di essi, circa il 10% all’anno è abbattuto o
catturato in interventi di controllo (in aree o tempi di divieto di caccia), mentre un ulteriore
10% viene abbattuto in Aziende Faunistico Venatorie;
10. i risultati degli abbattimenti effettuati dalle squadre, generalmente, non seguono gli indirizzi
dei Piani di Prelievo formulati dagli A.T.C. ma la dinamica delle popolazioni; i risultati
della gestione quindi o risentono di meccanismi con i quali le squadre possono impunemente
comportarsi a proprio piacimento o derivano da una errata determinazione della consistenza
delle popolazioni cacciate;
11. l’impegno tecnico, economico e di volontariato, profuso nella realizzazione di interventi di
prevenzione del danno è in costante crescita; l’impegno tecnico-amministrativo relativo alla
gestione degli interventi di controllo ha assunto un rilievo particolare comportando
attualmente la gestione di oltre 400 operazioni all’anno.
13.2.15.2.2) Aree vocate per il Cinghiale
Un primo parametro da considerare, fondamentale per la pianificazione della gestione futura
della specie, riguarda la definizione delle aree vocate. Con tale denominazione si deve intendere la
porzione di territorio provinciale impostate su una gestione conservativa del Cinghiale. Viceversa
per aree non vocate si intendono le porzioni di territorio nelle quali la specie non può essere
tollerata, e che comportano l’adozione di interventi di eliminazione completa ed immediata, al
momento in cui si verifichi la presenza.
La Provincia ha il compito ai sensi del Reg. Regionale 13/R 2004 di determinare i confini
delle aree vocate per ciascun Comprensorio.
Il Piano Faunistico Venatorio Regionale 2001-2005 (Del. Cons. Reg. 13 luglio 2001, n.
144), ha fissato l’estensione massima delle superfici vocate per il Cinghiale per ciascuna provincia,
rivalutando il valore precedente, sulla base dei nuovi dati emersi dall’Inventario Forestale
Regionale. Tale superficie limite, per la provincia di Firenze è fissata in 191.752 ettari.
Considerata l’estensione delle aree vocate previste nel precedente Piano e le richieste
pervenute successivamente dagli A.T.C. sono state valutate negli scorsi anni diverse ipotesi di
revisione della superficie vocata.
I risultati sono esposti nella tabella seguente.
Suddivisione della S.A.F. della provincia tra aree vocate e non vocate per la gestione del Cinghiale
Comprensorio nord
Comprensorio sud
Totale Provincia
S.A.F. (ha)
Aree vocate (ha)
Aree non vocate (ha)
169.289
148.302
317.591
134.193
45.773
179.966
35.096
102.529
137.625
Rispetto al piano precedente sono state operate le seguenti variazioni di superficie:
- è stata aumentata, da 109.952 ettari a 134.193, la superficie vocata nel Comprensorio nord;
- è rimasta invariata la superficie vocata nel Comprensorio sud;
- le aree vocate rappresentano il 56,67% della S.A.F. provinciale, ovvero il 79% della S.A.F.
del Comprensorio nord ed il 30,86% del Comprensorio sud.
La superficie così determinata corrisponde alla cartografia informatizzata riguardante tale
tematismo presente nel G.I.S. dell’Ufficio Caccia, con la ripartizione territoriale e comunale in esso
riportata.
Tutte le Zone di Ripopolamento e Cattura risultano situate in area non vocata.
Rispetto alla suddivisione esposta in tabella non potranno essere accolte nel periodo di
validità del Piano, richieste, di aumento dell’area vocata, ma solo di eventuali spostamenti dei
suoi confini, adeguatamente motivati, e comunque tali da non comportare il superamento delle aree
attualmente vocate per la specie su ciascun Comprensorio.
13.2.15.2.3) Strategia di gestione per le aree vocate
La gestione della specie dovrà essere finalizzata:
- alla conservazione delle popolazioni in idonee condizioni strutturali;
- alla soddisfazione venatoria dei cacciatori che a tale pratica si dedicano;
- al contenimento dei danni arrecati alle coltivazioni entro limiti accettabili;
- alla protezione delle specie selvatiche predate dal Cinghiale.
Tutti gli obiettivi sopra citati prendono ovviamente origine da una gestione razionale della
specie, ovvero dalla conoscenza della consistenza annuale delle popolazioni e dalla redazione di
adeguati piani di prelievo.
Uno degli aspetti evidenziati nelle parti precedenti riguarda la scarsa aderenza dei
quantitativi dei capi abbattuti nelle aree di caccia ai piani di prelievo approntati dai soggetti gestori
(A.T.C. e A.F.V.). Pare evidente che tale situazione possa dipendere o dalla errata stima della
consistenza delle popolazioni o alla scarsa efficacia dei meccanismi che obbligano le squadre al
raggiungimento degli obiettivi assegnati nei piani di prelievo.
Il problema della stima della consistenza è di non semplice soluzione, sia per le
caratteristiche della specie (in particolare la elevata mobilità), sia per la estrema diffusione sul
territorio provinciale di Istituti con regime venatorio o con obiettivi gestionali diversi.
I censimenti della specie, ottenuti in passato con modalità disomogenee soprattutto nel
territorio degli A.T.C., dovranno essere caratterizzati per il futuro dalla applicazione di semplici ma
oggettive determinazioni della consistenza delle popolazioni.
Una interessante comparazione dei dati disponibili (diretti ed indiretti) sulla consistenza
della specie può essere desunta raffrontando le consistenze ricavabili per ciascuna annata dagli
abbattimenti di controllo rispetto agli abbattimenti complessivi (caccia e controllo), ai danni ed ai
censimenti operati dagli A.T.C., illustrati nella figura seguente.
Ipotesi della variazione di consistenza della specie in provincia dal 1998 al 2004 (spiegazioni nel testo)
14000
12000
10000
consistenza da controllo
censimenti atc
abb senza afv
danni (euro/100)
8000
6000
4000
2000
20
04
-05
20
03
-04
20
02
-03
20
01
-02
20
00
-01
19
99
-00
19
98
-99
0
Come è possibile notare la ricostruzione della consistenza desunta dagli interventi di
controllo rappresentata nella figura precedente, pur con possibili sottostime, costituisce il dato più
attendibile del numero di Cinghiali presenti annualmente in provincia.
Prendendo spunto, dalle informazioni desumibili dal controllo e da quanto indicato dallo
specifico Documento dell’Istituto Nazionale per la Fauna selvatica (Linee Guida per la Gestione del
Cinghiale, Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, 2003), si suggerisce l’applicazione per la
stima della consistenza della specie, negli A.T.C. di metodologie basate sia sulla definizione della
densità a livello di Distretto e di Area di programma, basate sui dati di osservazione ed
abbattimento effettuati durante le prime giornate di caccia al Cinghiale in braccata, sia sui dati
ricavabili dalle azioni di controllo operate durante l’anno.
Schematicamente, la consistenza, per ciascun Distretto, potrebbe essere calcolata nel modo
seguente:
Stima della Consistenza autunnale per Distretto = (DBxSB)
Dove:
DB = numero di Cinghiali osservati durante il primo giorno utile di caccia per tutte le
squadre presenti nel Distretto di caccia rapportato alla superficie boscata presente nelle aree di
battuta utilizzate nella giornata (n. capi/100 ha),
SB = superficie boscata presente nel Distretto di caccia.
Il problema del dato di consistenza così ricavato deriva dal fatto che è relativo all’annata
venatoria in corso. La sua conoscenza potrà comunque essere importante per riformulare con le
opportune correzioni il piano annuale già precedentemente preparato.
Il valore della Consistenza autunnale (CA) così calcolato per ciascun Distretto potrà fornire
la base per la previsione della consistenza autunnale dell’anno successivo, utilizzando altre
informazioni reperite durante il periodo invernale e primaverile seguente
Stima della
Consistenza autunnale
per Distretto
=
[(DB x SB)- MA] + (NF x FT) - ME
Dove:
NF = numero medio di feti per femmina desunti dagli animali abbattuti nell’Area di
programma (interventi di controllo + caccia);
FT = numero di femmine totali a fine stagione di caccia (dalla sex ratio derivante dai dati di
abbattimento e controllo ricavati per Area di programma rispetto agli animali residui agli
abbattimenti);
MA = somma degli animali abbattuti nel distretto nell’annata di caccia precedente + quelli
abbattuti in controllo + 20% (mortalità diversa, bracconaggio);
ME = mortalità primaverile-estiva (dai dati bibliografici, valutabile nel 5% per gli adulti e
nel 15% per i piccoli).
Ovviamente l’applicazione di tali metodologie di stima comporta la necessità di una
migliore attuazione dei compiti dati agli A.T.C. dalla normativa vigente (in particolare dall’art. 82
del D.P.G.R. 13/R 2004) nonché di meccanismi che portino alla piena collaborazione delle squadre
di caccia per la determinazione della densità iniziale, nonché la raccolta ed elaborazione dei dati di
abbattimento (rapporto maschi/femmine e giovani/adulti). Durante gli interventi di controllo, in
particolare, dovrà essere obbligatoria la raccolta dei dati sopra esposti oltre al n. di feti/femmina.
Il D.P.G.R. 13/R del 2004, all’art. 80 impone inoltre agli A.T.C., e in mancanza alla
Provincia, la determinazione della densità massima, compatibile con le coltivazioni agro-forestali,
di Cinghiali raggiungibile nelle aree vocate.
Il valore è stato comunicato solo da parte di un A.T.C. il Firenze 4 ha indicato nei piani di
prelievo degli ultimi due anni (2003, 2004) l’obiettivo del raggiungimento in tutti i Distretti di una
soglia massima (a fine prelievo) di 1,3 capi/kmq.
Giudicando i risultati raggiunti, ed in particolare il decremento dei danni registrato
nell’ultimo anno (2004), si opta per il mantenimento di tale soglia, 1,3 capi/kmq, come densità
obiettivo (DO) nella realizzazione dei piani di prelievo impostati sia negli A.T.C., sia negli altri
Istituti posti in area vocata.
Per definizione la D.A.F. sostenibile non deve tuttavia essere considerata un valore fisso
poiché risulta dipendente dall’entità dei danni e dalla situazione locale (p.e. presenza/assenza di
colture di pregio in una certa area ed in un certo periodo). Sulla base dei dati disponibili tale valore
potrà essere eventualmente variato annualmente sulla base dell’entità e della evoluzione dei danni
da Cinghiale registrati nella provincia (e, meglio, in ciascuna Area di programma o Distretto).
Un possibile fattore di correzione annuale della D.A.F. sopra definita dovrebbe prendere
spunto dalla relazione esistente tra i danni da Cinghiale ed il numero di Cinghiali presenti. Uno dei
parametri maggiormente usato per evidenziare tale connessione è il “costo” medio dei Cinghiali
abbattuti dalle squadre di caccia, rapportato ai danni liquidati per la specie.
L’andamento di tale valore in provincia, raffrontabile tra l’altro con dati analoghi relativi ad
altre aree italiane (per tutti I.N.F.S., o.c.) è esposto nella figura seguente, relativamente al periodo
1995-2004.
Costo medio di ogni Cinghiale abbattuto dalle squadre di caccia in relazione ai danni pagati per la specie ogni anno
100,00
90,00
92,72
80,52
80,00
70,00
67,65
60,00
euro
77,46
56,42
50,00
55,78
58,05
42,44
44,95
40,00
40,98
30,00
20,00
10,00
0,00
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Il coefficiente di correzione della DAF 2004, per gli anni successivi, potrebbe essere ricavato
ponendo in relazione inversa la DAF dell’anno 2004 (3 capi/kmq per il 2004) con la variazione del
“costo” medio per cinghiale abbattuto tra le due annate considerate. Ciò, attraverso la semplice
operazione:
DAFn =
DAF2004 × C2004
Cn
dove:
DAFn = nuova DAF (in capi/kmq);
C n = “costo medio nell’anno n” (danni totali da cinghiale liquidati/capi abbattuti dalle
squadre);
DAF2004 = 3,0 capi/kmq
C 2004 = “costo” medio relativo al 2004 (pari a 42,00 euro).
La variazione della Densità Massima ammissibile di cinghiali nelle aree vocate, per ciascun
distretto o per ATC, è quindi calcolabile annualmente in relazione ai danni procurati dalla specie,
secondo una funzione espressa dalla curva seguente.
variazione del coefficiente per il calcolo della DAF
70
60
euro
50
coefficiente di
densità
40
Potenza (coefficiente
di densità)
30
20
10
y = 42x-1
R2 = 1
0
0
1
2
3
4
coefficiente
Il mantenimento della soglia del danno alle coltivazioni entro limiti accettabili, più della
diminuzione di consistenza delle popolazioni o degli indennizzi, rimane uno degli aspetti di
maggiore importanza nella gestione del Cinghiale in provincia.
Proprio a questo riguardo vanno sottolineate le sempre maggiori iniziative di protezione
delle coltivazioni effettuate direttamente dai cacciatori di Cinghiale, con il supporto degli A.T.C. A
tali attività, non sempre adeguatamente quantificate (ad esempio, con dati relativi alle giornate
impiegate o ai chilometri di recinzioni elettrificate impiantati e con le altre informazioni comunque
previste dall’art. 83 del D.P.G.R. 13/R 04, nella redazione del Piano annuale) sono da collegarsi in
gran parte le diminuzioni nel valore assoluto dei danni avvenute in provincia negli ultimi anni.
Alla luce dei risultati ottenuti, sarà compito degli A.T.C., nel corso del prossimo
quinquennio, progettare, adottare e monitorare degli appositi piani annuali di prevenzione, nonché
l’adozione di una rapida procedura di impianto dei mezzi di prevenzione nei casi di maggior rischio.
Altro fattore che ha senz’altro influito nella diminuzione dei danni causati dalla specie
nell’A.T.C. FI. 4 negli ultimi due anni è stata l’adozione del “Danno Programmato”, ovvero di
una soglia massima di denaro prefissato, a disposizione dell’A.T.C. per l’indennizzo dei danni alle
coltivazioni per ciascun Distretto. Tale valore, calcolato sulla base dei danni medi avuti nel
Distretto negli anni precedenti, ha consentito sostanzialmente:
- di impostare una migliore gestione del bilancio economico, in relazione alla conoscenza
preventiva degli esborsi della specie che in media è responsabile dell’80% dei danni;
- responsabilizzare le squadre alla adozione delle opere di prevenzione ed al raggiungimento
di entità di prelievo in grado di arginare i danni, in relazione al fatto che la differenza tra
danno pagato dall’A.T.C. e danno periziato è a carico delle squadre del Distretto;
- responsabilizzazione delle squadre attraverso il contatto diretto con il problema danni e con
gli agricoltori che li subiscono.
L’applicazione del “danno programmato” rappresenta certamente una novità interessante
nella gestione delle problematiche del Cinghiale, da verificare, sviluppare anche per altre specie
(Cervidi?) ed applicare in altre realtà provinciali. Rimane tuttavia da valutare attentamente la
possibile insorgenza di problemi locali nel rapporto tra i singoli agricoltori e le squadre di caccia
che sono tenute ad esborsare direttamente gli indennizzi.
L’organizzazione della caccia al Cinghiale, come illustrato nelle altre parti, ha rappresentato
un fenomeno sociale di grande rilevanza nel panorama venatorio provinciale, sia per numero di
partecipanti, sia per regole che hanno imposto il progressivo aumento del numero di scritti, di
riduzione del numero di squadre e di legame tra squadre e territorio di caccia.
Ai fini della attuazione delle misure di gestione necessarie al raggiungimento degli obiettivi
fissati per le aree vocate risulta comunque necessario che nel periodo di validità del Piano siano
fissati alcuni principi di organizzazione delle attività ed in particolare:
- mantenimento del numero di iscritti minimo per ciascuna squadra a 60 cacciatori;
- mantenimento di un numero di squadre per ciascun A.T.C. non superiore a quello
dell’annata 2006-2007. L’eventuale fusione di squadre esistenti in tale annata non darà
comunque diritto alla costituzione di nuove squadre;
- mantenimento, per quanto possibile, di Unità di Gestione tali da garantire la comparazione
annuale dei dati di censimento e prelievo;
- adozione di meccanismi che incentivino la preparazione, aggiornamento e specializzazione
dei cacciatori di Cinghiale, (anche ai sensi di quanto previsto dall’opzione D, art. 28 della
L.R. 3/94).
Infine preme sottolineare come sia assolutamente necessario che anche la gestione ordinaria
della specie attraverso il prelievo programmato debba essere finalizzata alla risoluzione delle
problematiche locali di danno. Uno degli elementi che più contribuiscono a diminuire l’entità dei
danni è rappresentato dal prelievo venatorio, che, come esposto riesce annualmente ad incidere
sensibilmente sulla consistenza delle popolazioni entro le zone vocate, e può permettere di
ricondurre la densità del Cinghiale entro i limiti imposti dai piani annuali. La definizione del
periodo di caccia in braccata diviene quindi un elemento di fondamentale importanza per la
prevenzione dei danni annuali. Come evidenziato in precedenza il picco dei danni si verifica in
settembre-ottobre, epoca di maturazione e raccolta dell’uva. L’apertura anticipata della stagione di
caccia (almeno a partire dal primo di ottobre) rappresenta una scelta strategica nella gestione dei
problemi generati dalla specie.
13.2.15.2.4) Strategia di gestione per le aree non vocate
Nelle aree non vocate alla specie dovranno essere messi in atto tutti i possibili interventi per
eliminare la presenza del Cinghiale, in ogni periodo ed in ogni tipologia di Istituto in esse incluso.
Ciò, con il fine di salvaguardare le produzioni agricole, le attività antropiche condotte in tali aree e
le specie faunistiche oggetto di competizione e predazione da parte del Suide. Tali obiettivi
concordano con quanto previsto dal D.P.G.R. 13/R 2004, in particolare agli artt. 85 e 92.
Gli interventi saranno distinti tra controllo (in tempi e/o aree di divieto di caccia) e prelievo
programmato (in stagione di caccia alla specie definita dal calendario venatorio).
Per quanto riguarda le modalità relative agli interventi di controllo si rimanda al paragrafo
successivo. La gestione del Cinghiale nelle aree non vocate durante il periodo consentito dal
calendario venatorio è espressamente regolata da quanto riportato all’art. 92 del succitato D.P.G.R.
13/R 2004, ai sensi del quale la Provincia ha predisposto negli anni precedenti i relativi Piani di
intervento. Sostanzialmente con essi sono stati sanciti i seguenti orientamenti, che rimarranno alla
base della gestione futura di tale argomento:
- il Piano annuale è finalizzato alla eradicazione della specie nelle aree non vocate del
territorio a caccia programmata, gestite dagli A.T.C.;
- la realizzazione degli interventi può avvenire, sulla base di specifica indicazione del
Calendario Provinciale annuale, da parte di tutti i cacciatori iscritti agli A.T.C.;
- i cacciatori potranno utilizzare tutte le forme di caccia consentite per l’abbattimento dei
Cinghiali presenti nel territorio a caccia programmata, compresi interventi in forma singola,
girata e braccata.
- tutti i cacciatori, per lo svolgimento di tali interventi, dovranno obbligatoriamente utilizzare
un abbigliamento ad alta visibilità (gilet color arancione);
- ciascun cacciatore, al fine di svolgere gli interventi dovrà fornirsi preventivamente di
fascette inamovibili numerate consegnate dagli A.T.C., e ad essi dovrà riportare, a fine
stagione, una scheda riassuntiva dei risultati degli abbattimenti nonché i contrassegni non
utilizzati.
Negli Istituti Faunistici posti in area non vocata, l’obiettivo dell’eradicazione del
Cinghiale dovrà essere raggiunto sia con gli interventi di prelievo posti in essere a cura del
Titolare durante il periodo di caccia prevista dal calendario venatorio annuale (per le Aziende
Faunistico Venatorie), sia con interventi di controllo (negli Istituti in divieto di caccia) attuati ai
sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94 (vedasi il successivo paragrafo). La mancata adozione, in ogni
tempo, di idonei interventi finalizzati alla eradicazione della specie - e quindi delle azioni di
caccia e/o controllo - comporta per i titolari di tali Istituti le conseguenze e responsabilità
previste all’art. 47, comma 9 bis della L.R. 3/94.
13.2.15.2.5) Gli interventi di controllo sul cinghiale (ai sensi dell’art. 19 L.157/92 ed art. 37
L.R. 3/94)
Per “controllo” si intende ogni intervento, diretto od indiretto di riduzione numerica
della specie in tempi od in aree nelle quali non sia possibile eseguire la gestione venatoria
attraverso la caccia programmata. La sola attività venatoria infatti, a causa della sua differente
organizzazione temporale e spaziale, non è sufficiente a mantenere la presenza delle popolazioni
di cinghiale in misura sostenibile per le capacità del territorio sia dal punto di vista ecologico
che economico: in periodo di caccia aperta infatti i cinghiali tendono a rifugiarsi nelle le zone a
divieto di caccia, che, disperse all’interno del territorio cacciabile in modo casuale, determinano
una sorta di “effetto spugna”; nel rimanente periodo dell’anno i cinghiali tendono poi a
ridistribuirsi sul territorio in funzione della disponibilità di acqua e cibo, molto spesso a scapito
delle colture agricole nei periodi in cui sono più suscettibili.
Per questo gli interventi di controllo devono essere attuati successivamente od in
contemporanea agli interventi di prevenzione dei danni alle colture, con la messa in opera di
sistemi quali recinzioni, shelters, mezzi di dissuasione olfattiva, ottica od acustica, che,
permettano di allontanare gli animali dall’area a rischio di danno. Sono da considerarsi tra i
metodi di prevenzione anche gli interventi finalizzati alla limitazione di risorse trofiche o di aree
di rifugio per la specie, in grado di limitare la presenza od alimentazione del cinghiale in una
determinata area.
Gli indirizzi di seguito impartiti tengono conto dell’ampia diffusione e dell’alto
potenziale riproduttivo della specie, nonché delle caratteristiche del territorio della Provincia di
Firenze caratterizzato da frammentarietà colturale con una forte sussistenza, tra le zone agricole,
di zone boscate che favoriscono la presenza di branchi anche di notevole numero.
E’ anche tenuto in considerazione il ruolo che gli ATC svolgono in riferimento alla
predisposizione dei piani di assestamento e prelievo dela specie, agli gli interventi per la
localizzazione, la verifica e la prevenzione la dei danni alle colture agricole ed in riferimento a
tutte le altre azioni utili al controllo della presenza e della localizzazione della specie nei
territori di propria competenza.
Gli interventi di controllo devono essere autorizzati con atto dirigenziale, del quale
saranno titolari gli operatori della Polizia Provinciale, che deve prevedere tempi, luoghi,
modalità e persone partecipanti secondo il piano pluriennale approvato dal’INFS oltre a quanto
specificato al successivo punto 13.2.15.2.5.6).
13.2.15.2.5.1) Applicazione degli interventi di controllo
L’attività di controllo nelle aree non vocate è finalizzata ad una gestione non
conservativa fino all’eradicazione della specie. In tali aree l’attività venatoria e le azioni di
controllo non prevedono alcun limite numerico nei prelievi
L’attività di controllo nelle aree vocate avviene attraverso interventi mirati, relativi a
situazioni di danno, anche potenziali, a colture, cose, persone ed altre specie faunistiche. In tali
aree gli interventi di controllo sono altresì finalizzati a portare la densità di popolazione entro la
D.A.F. definita dagli A.T.C. e possono essere eseguiti, ove necessario, anche ai fini del
completamento dei piani di prelievo venatorio.
L’attività di controllo della specie all’interno di istituti faunistici pubblici a divieto di
caccia con finalità di tutela della fauna, istituiti ai sensi della L.R. 3/94 come le Zone di
Ripopolamento e Cattura, Zone e Oasi di Protezione, Zone di Rispetto Venatorio con divieto di
caccia, fondi chiusi è finalizzata ad una gestione non conservativa fino all’eradicazione della
specie.
L’attività di controllo della specie all’interno di istituti faunistici privati è finalizzata
all’adeguamento delle rispettive densità agro-forestali con quelle fissate dal Comitato di
gestione dell'ATC per il territorio del distretto confinante con l’istituto, in conformità a quanto
previsto dall’articolo 47 della Del. C.R. n°292/94.
13.2.15.2.5.2) Modalità per la realizzazione degli interventi di controllo
La Provincia approva il piano pluriennale ed autorizza gli interventi di controllo con
specifico atto dirigenziale del quale saranno titolari gli operatori della Polizia Provinciale cui
spetta il coordinamento delle attività.
I proprietari o i conduttori di fondi agricoli, gli A.T.C., i Presidenti delle Zone di
Ripopolamento e cattura, gli enti o le associazioni titolari della gestione di istituti finalizzati
all’incremento ed alla tutela della fauna, i concessionari di istituti faunistici o faunistico
venatori privati, i Comuni, i cittadini in genere inoltrano alla P.O. Risorse Naturali, Caccia e
Pesca, motivandole, le richieste di intervento su apposita modulistica.
Le richieste di intervento formulate dagli ATC oltre ad individuare le aree interessate
(Distretti, aree o istituti di competenza) possono contenere, con specifica motivazione,
l’indicazione dei soggetti partecipanti agli interventi (con i nominativi delle persone e/o delle
squadre), nonché le modalità ritenute più idonee al raggiungimento degli obiettivi prefissati,
anche in deroga a quanto previsto ai punti successivi. Per gli interventi da effettuarsi entro gli
istituti di competenza l’ATC dovrà sentire i relativi Presidenti.
La P.O. Risorse Naturali, Caccia e Pesca provvede a trasmettere tutte le richieste alla
Polizia Provinciale; la trasmissione comporta la sottintesa dichiarazione del proprio nulla osta ai
sensi del presente Piano.
Le richieste formulate da soggetto diverso dall’A.T.C. sono contestualmente inoltrate
all’A.T.C. competente territorialmente, il quale può apportare supporto tecnico agli interventi,
anche su richiesta della Polizia Provinciale.
Ai sensi degli gli artt. 85 e 92 D.P.G.R. 13/R/2004 si intende come avvio della procedura
di organizzazione degli interventi la data in cui la Polizia Provinciale riceve la richiesta di
abbattimento trasmessa dalla P.O. Risorse Naturali, Caccia e Pesca. L’avvio della procedura
comporta la possibilità di reiterazione degli interventi nella medesima area od istituto.
La Polizia Provinciale non necessita di specifica autorizzazione o richiesta da parte della
P.O. Caccia e Pesca per i seguenti interventi:
1.
2.
3.
in orario notturno con l’ausilio del faro
nelle aree non vocate al momento che è ravvisata la presenza della specie
qualora sia ravvisata pericolosità per le persone.
13.2.15.2.5.3) Soggetti che partecipano agli interventi
La Polizia Provinciale, in assenza di ulteriore specifica indicazione da parte dell’ATC
per il territorio e le aree e gli istituti di propria competenza avallata dalla P.O. Risorse Naturali,
Caccia e Pesca, per la organizzazione e la realizzazione degli interventi di controllo può
avvalersi delle seguenti categorie:
a) Agenti di cui agli artt. 51 e 52 L.R. 3/94, Guardie Volontarie, Guardie Particolari
Giurate, che, su specifica delega impartita dalla Polizia Provinciale, possono attuare gli
interventi in autonomia;
b) Proprietari e conduttori dei fondi che risultino in possesso di licenza di caccia e nel caso
di interventi in istituti faunistici o faunistico venatori privati, i proprietari e conduttori di fondi
in essi inclusi.
In funzione di gravi e localizzate situazioni di danno (in atto), questi possono essere
autorizzati per periodi limitati a ricorrere a forme di autodifesa, esclusivamente da postazione
fissa, nel rispetto delle prescrizioni contenute nell’atto autorizzativo e coordinati dalla Polizia
Provinciale. A tal fine alla stessa deve essere preventivamente consegnata cartografia con
localizzazione dei punti di sparo numerati. La Provincia comunica agli A.T.C. le autorizzazioni
rilasciate corredate con la descrizione della tipologia delle colture e con le particelle catastali in
cui vengono effettuati gli intereventi.
Per alcune situazioni particolari, i Comuni possono richiedere alla Amministrazione
Provinciale specifiche autorizzazioni per proprietari/conduttori di fondi, non in possesso di
licenza di caccia, per potersi avvalere, nella esecuzione degli interventi, di coadiutori da essi
nominativamente indicati tra i cacciatori muniti di abilitazione di cui all’art. 37 L.R. 3/94.
c) Cacciatori in possesso di abilitazione ai sensi dell’art. 37, 4° comma L.R. 3/94. Per il
territorio e gli istituti di propria competenza gli A.T.C., cui compete ai sensi della normativa
vigente l’organizzazione delle squadre di caccia al cinghiale, comunicano annualmente alla
Polizia Provinciale gli estremi del responsabile di ciascun distretto, dei responsabili di ciascuna
squadra e gli elenchi dei cacciatori, suddivisi per distretto di gestione e per squadra, in possesso
di abilitazione ai sensi dell’art. 37 sulla specie cinghiale (anche abilitati da altre province
toscane) che abbiano dato la loro disponibilità per le operazioni di prevenzione dei danni
mediante la realizzazione di opere passive.
Ciò anche per gli interventi da effettuarsi nelle aree non vocate o all’interno di istituti
faunistici e faunistico venatori pubblici secondo la delimitazione delle aree di pertinenza di
ciascuna squadra individuata preventivamente dagli ATC.
Per gli interventi da effettuarsi entro le Z.R.C. l’ATC dà indicazioni sul personale coinvolto
in accordo con il relativo Presidente e con il responsabile del Distretto.
Agli interventi in braccata o in girata possono essere ammessi a partecipare i proprietari e
conduttori di fondi agricoli inclusi nell’area di intervento e i cacciatori che risultino invitati dal
responsabile della squadra o dal presidente dalla Z.R.C. o altro istituto di competenza sotto la
piena responsabilità del responsabile della squadra chiamata ad operare o del presidente
dell’istituto interessato.
Le guardie volontarie possono partecipare, su specifica delega della Polizia Provinciale, con
funzioni di coordinamento o di supporto al coordinamento e non incidono sul numero dei
partecipanti.
d) Cacciatori iscritti all’Albo dei cacciatori della Provincia di Firenze in possesso di
opzione d) di cui all’art. 28 della L.R. 3/94 e di abilitazione ai sensi dell’art. 37, 4° comma
L.R. 3/94 e personale con qualifica di conduttore di cane da traccia o di limiere, sempre in
possesso di abilitazione ai sensi dell’art. 37. I primi, ai sensi del Regolamento Provinciale n.
35 del 20 marzo 2006 (cacciatori in possesso di opzione. d) dell’art. 28 della L.R. 3/94) in
possesso dell’abilitazione di cui all’art. 37, sono considerati soggetti preferenziali nella
conduzione di interventi di controllo all’aspetto.
L’A.T.C. ripartisce i titolari di opzione d) di cui all’art. 28 della L.R. 3/94 che hanno dato la
propria disponibilità per le operazioni di prevenzione dei danni mediante la realizzazione di
difese passive, fra le varie aree di intervento e nelle Z.R.C., in accordo con i relativi Presidenti.
Della ripartizione ne dà comunicazione alla Polizia Provinciale.
Potranno essere coinvolti, ove necessario, i conduttori di cane da traccia o di limiere che
qualora partecipino attivamente all’abbattimento dovranno essere in possesso di abilitazione ai
sensi dell’art. 37.
13.2.15.2.5.4) Modalità degli interventi di controllo nelle aree a diversa tipologia di
gestione faunistica nei diversi periodi dell’anno
La Polizia Provinciale, in assenza di specifica indicazione da parte dell’ATC per quanto
riguarda il territorio o gli istituti di sua competenza che sta stata avvallata dalla P.O. Risorse
Naturali, Caccia e Pesca, per la organizzazione e la realizzazione degli interventi di controllo
può utilizzare una o più delle seguenti modalità:
•
•
•
•
•
all’aspetto
attraverso la cattura
in notturna con faro
in girata
in braccata
Per girata si intende un intervento collettivo con l’ausilio di non più di tre cani all’uopo
addestrati e con l’intervento di non più di dodici persone (escluse le GGVV).
L’abbattimento notturno con faro è riservato agli Agenti della Polizia Provinciale per
l’intero arco della notte, mentre le Guardie Volontarie e le Guardie Particolari Giurate,
potranno effettuare gli interventi all’aspetto su specifica delega della Polizia Provinciale, dalle
5.00 fino alle 23.00.
– Nel territorio in cui è concessa l’attività venatoria (aree non vocate, aree vocate, A.F.V.
A.A.V. ) nel periodo intercorrente tra 1 Agosto – 28 febbraio le modalità sopraelencate possono
essere adottate in funzione delle caratteristiche del territorio e della distribuzione nello stesso
dei capi.
– Nel territorio in cui è concessa l’attività venatoria nel periodo intercorrente tra il 1° marzo
ed il 31 luglio (più sensibile per la biologia delle specie selvatiche), e nelle zone a divieto di
caccia finalizzate alla protezione della fauna (ZRC, ZdP, Oasi, ecc.) per tutto l’anno, dovranno
essere adottate in via prioritaria modalità che limitino l’uso di cani. Il metodo della braccata
potrà essere adottato solo in via eccezionale quando, per le caratteristiche del territorio sia
effettivamente ravvisata l’inefficacia di altre tecniche, ovvero quando occorrano misure urgenti
di limitazione della consistenza della specie in tempi brevi o quando sia ravvisabile pericolosità
per le persone. L’utilizzo di tale tecnica potrà in tal caso essere adottato in aree limitate, con non
più di sei cani contemporaneamente, su espressa disposizione della Posizione Organizzativa
Risorse Naturali Caccia e Pesca, acquisiti specifici risultati tecnici del Corpo di Polizia
Provinciale o su motivata indicazione dell’ATC competente territorialmente. In caso di ZRC
altri Istituti faunistici o faunistico venatori pubblici o privati deve essere sentito il referente
della gestione dell’istituto stesso.
Inoltre nelle aree non vocate, nei periodi compresi tra la terza domenica di settembre ed
il 31 gennaio, nei quali non sia consentita l’attività venatoria sulla specie, possono essere
realizzati interventi di controllo nell’ambito del piano annuale per le aree non vocate al
cinghiale redatto dalla Provincia su indicazione degli A.T.C. e gestito e realizzato dagli A.T.C.
ai sensi dall’articolo 92 DPGR 13/R 2004, con i criteri di seguito elencati:
- l’autorizzazione alla realizzazione degli interventi di controllo è affidata ai cacciatori iscritti
all’ATC competente territorialmente, purché abilitati al controllo del cinghiale ai sensi dell’art.
37 L.R. 3/94 ed iscritti negli specifici registri realizzati e tenuti a cura degli ATC. I cacciatori
possono intervenire, anche con l’uso del cane, in forma singola o riunirsi in gruppi fino a quattro
persone;
- l’A.T.C. in caso di interventi da condursi con il metodo della braccata, considerata
l’urbanizzazione di alcune zone delle aree non vocate e la possibile presenza di cacciatori che
svolgono la caccia ad altre specie, dovrà regolamentare i tempi, i luoghi ed il numero di
partecipanti per braccata dandone preventiva comunicazione alla Polizia Provinciale.
13.2.15.2.5.5) Interventi nelle Aziende Faunistico Venatorie, Agrituristico-Venatorie,
Centri Privati Produzione Fauna Selvatica ed Aree Addestramento Cani.
Fermi restando i contenuti del D.P.G.R. 13/R/2004 art. 85, comma 3, può essere
concessa l’autorizzazione, per interventi di controllo ai titolari di aziende faunistico-venatorie,
agrituristico-venatorie, di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e
di aree per l'addestramento ed alle Guardie Giurata a disposizione di tali istituti, sotto il
coordinamento ed il controllo dalla Polizia Provinciale.
Tali autorizzazioni possono essere concesse in presenza di danni anche potenziali alle
colture agricole o quando le densità agro-forestali accertate siano superiori a quella fissata dal
Comitato di gestione dell'ATC per il territorio del distretto confinante con l’istituto, in
conformità a quanto previsto dall’articolo 47 della Del. C.R. n°292/94.
L’autorizzazione può prevedere l’utilizzazione del personale indicato alle lettere a), b),
c) e d) del precedente punto 3 nonché di altri cacciatori muniti di abilitazione ai sensi
dell’articolo 37 L.R. 3/94 indicati dal titolare.
Per gli interventi da effettuarsi nei Centri Privati Produzione Fauna Selvatica in
mancanza di Guardia Giurata i titolari della autorizzazione possono avvalersi di altro soggetto
tra quelli indicati al punto 3 lettera a).
I titolari delle autorizzazioni dovranno attenersi scrupolosamente alle prescrizioni
contenute nell’atto autorizzativo.
Di tali autorizzazioni e dei relativi risultati dovrà essere informato l’ATC competente
territorialmente ai fini di quanto previsto all’articolo 47 comma 9 bis L.R. 3/94.
13.2.15.2.5.6) Contenuto degli Atti autorizzativi
Salvo quanto disposto ai punti precedenti, l’atto autorizzativo per gli interventi di
controllo sul cinghiale deve contenere le disposizioni relative alle modalità di comunicazione
per la attivazione e conclusione di ogni singolo intervento da parte dei soggetti interessati,
nonché i comportamenti da tenersi in ogni fase dell’intervento.
L’atto può altresì contenere indicazioni sulle modalità di assegnazione dei capi prelevati
ai soggetti partecipanti agli interventi ed ai proprietari danneggiati.
13.2.15.2.5.7) Destinazione dei capi catturati vivi
Tutti i capi catturati devono essere preferibilmente abbattuti presso gli impianti di
cattura. In casi particolari, nei quali su giudizio della Polizia Provinciale sia impossibile o
inopportuno sopprimere i capi catturati, gli stessi potranno essere ceduti unicamente per
l’immissione nei recinti di abbattimento di Aziende Agrituristico Venatorie che hanno dato la
loro disponibilità al ritiro dei medesimi, in possesso di specifica autorizzazione rilasciata dalla
Posizione Organizzativa Risorse Naturali Caccia e Pesca che preveda le modalità di cessione.
I cessionari dovranno provvedere al ritiro ed all’immissione nei recinti di abbattimento
in conformità con le vigenti disposizioni in materia sanitaria e faunistico venatoria oltre ad
annotare l’avvenuta immissione nei registri dell’Azienda, conservando le relative ricevute di
consegna redatte dalla Polizia Provinciale.
Nei casi in cui sia impossibile cedere i capi abbattuti secondo le procedure sopra
indicate, questi potranno essere ceduti dalla Provincia ad enti morali od assistenziali, previo
parere dell’autorità sanitaria o con liberatoria firmata dai riceventi, o altrimenti distrutti.
Le carni degli animali destinate ai proprietari/conduttori dei fondi ed ai soggetti volontari
che abbiano partecipato agli interventi, non potranno in ogni caso essere commercializzate se
non in modo conforme alle norme sanitarie vigenti.
13.2.16) Ungulati
Nella Provincia di Firenze sono presenti 5 specie di Ungulati: Capriolo, Muflone, Daino,
Cervo e Cinghiale.
La presenza e la diffusione di queste specie è stata variamente condizionata dalle mutazioni
ambientali avvenute negli ultimi decenni e da operazioni di immissione operate prevalentemente a
fine stagione venatoria. Tra i fattori che maggiormente hanno contribuito all’espansione attuale
delle popolazioni nel territorio provinciale, vanno considerati in particolar modo i seguenti:
- aumento delle aree boscate e cespugliate, in grado di offrire rifugio ed alimentazione;
- aumento delle aree protette;
- diminuzione dell’antropizzazione in ampie aree appenniniche;
- presenza di condizioni climatiche ottimali;
- presenza comunque di fattori selettivi naturali in grado di incidere limitatamente sulle
popolazioni (p.e. predazione da parte del Lupo);
- applicazione di tecniche e metodi di gestione venatoria conservative.
Delle specie suddette solo Capriolo, Cervo e Cinghiale rappresentano elementi faunistici
propri degli ecosistemi provinciali. Daino e Muflone, viceversa devono la loro presenza ad
immissioni effettuate in alcune aree della provincia con soggetti di provenienza esterna (nel caso del
Daino con soggetti in larga parte provenienti dal Parco Regionale di S. Rossore e dalla Tenuta di
Camp Derby in Provincia di Pisa).
Il Cinghiale, oramai diffuso su tutto il territorio provinciale, è la specie che ha avuto il più
rapido incremento numerico e che manifesta il maggiore elemento di impatto sulle coltivazioni
agricole. Sulla gestione venatoria di questa specie si è indirizzato negli anni un numero crescente di
cacciatori della Provincia. Nel 2004 oltre 6.000 cacciatori di Cinghiale erano iscritti alle squadre (87
in tutto) operanti nel territorio vocato alla specie. La dinamica quantitativa delle popolazioni del
Suide e, parallelamente, del prelievo su di esso esercitato sono influenzate dall’andamento
riproduttivo annuale conseguente alla disponibilità di offerta alimentare (ghiande e castagne, in
particolare). Accanto ai fattori naturali e alla caccia le fluttuazioni spaziali e quantitative delle
popolazioni sono in parte collegate all’alimentazione artificiale operata dalle squadre e ad alcuni
episodi di immissione illegali.
Il Capriolo rappresenta anch’esso un elemento faunistico oramai assai comune in tutta la
provincia. Rispetto alla situazione distributiva evidenziata nello scorso Piano Faunistico, la specie
ha conosciuto un’ulteriore espansione, risultando presente anche nelle periferie urbane di Firenze e
degli altri centri abitati di grandi dimensioni, anche con densità elevate. Rimangono poche
situazioni nelle quali la specie non riesce ad affermarsi con popolazioni stabili. Tali condizioni si
riscontrano in alcune porzioni del Circondario Empolese Valdelsa a nord dell’Arno (Montalbano,
Padule di Fucecchio ed aree limitrofe) ove i Caprioli sono ancora probabilmente soggetti ad una
forte azione di bracconaggio. In altri casi (aree planiziarie dei comuni di Campi Bisenzio e Sesto
Fiorentino) la presenza della specie è di fatto assai limitata dalla presenza di ostacoli fisici: rete
viaria, autostradale e ferroviaria, aree ad elevatissima urbanizzazione.
L’origine delle popolazioni attuali è duplice: la maggioranza dell’areale risulta occupato da
colonizzazioni progressive delle popolazioni appenniniche (Foreste Casentinesi, in primis) con
tipologie geniche riferibili alle popolazioni alpine; nella porzione meridionale della provincia
(Chianti, Valdelsa) invece, data la stretta connessione con le popolazioni delle province di Siena e
Pisa, appare possibile ipotizzare un’origine diversa, almeno parzialmente riferibile al Capreolus
capreolus italicus. Al fine di determinare la presenza di soggetti riferibili a tale entità, sono in corso
di svolgimento specifiche indagini su base genetica, curate dalla Provincia e dall’Istituto Nazionale
per la Fauna Selvatica, su campioni di tessuto raccolti dai cacciatori di selezione coordinati dagli
A.T.C. e dalla sezione provinciale Unione Regionale Cacciatori dell’Appennino (U.R.C.A.).
Per il Cervo si è assistito negli ultimi cinque anni ad una sensibile modificazione degli areali
distributivi solo nella porzione nord-orientale della provincia. La popolazione locale, derivante dalla
colonizzazione di soggetti provenienti dal Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi ha
incrementato la propria consistenza e diffusione nei comuni di S. Godenzo, Londa, Vicchio,
Dicomano. Non si sono verificate, al contrario significative variazioni per la popolazione
proveniente dalla provincia di Prato e Bologna, nel settore appenninico occidentale, né per la
popolazione originata dalle fughe di animali avvenute negli anni ’90 del secolo scorso nel Parco
Zoo di Cavriglia (Ar) che attualmente insiste nel Chianti (comuni di Greve- Figline V.no, Incisa
V.no) e nelle porzioni limitrofe delle province di Arezzo e Siena. Va sottolineato che su tale
popolazione sono stati effettuati numerosi interventi di contenimento numerico.
Anche per il Daino la scelta operata nello scorso Piano Faunistico, di intervenire per una
forte riduzione di consistenza delle popolazioni presenti soprattutto nelle aree considerate non
vocate alla specie e soggette a danni, ha portato ad una significativa contrazione della consistenze. I
risultati sono stati raggiunti attraverso l’aumento generalizzato delle percentuali di prelievo nella
caccia di selezione, con l’attuazione in molti Comprensori di piani illimitati di prelievo e con
l’applicazione di interventi di controllo (ex art. 37 della L.R. 3/94), anche in tempi ed aree sottratte
alla caccia programmata.
Il Muflone rimane localizzato esclusivamente nell’alto Mugello, nell’Oasi di CovigliaioBelvedere e nella A.F.V. La Traversa ed in una limitata area circostante tali Istituti, nel comune di
Firenzuola. Nella restante parte della provincia (salvo strutture private di allevamento o detenzione)
non sono stati segnalati ulteriori avvistamenti certi negli ultimi cinque anni. Per tale specie, anche
nella provincia di Firenze, si sta assistendo ad una progressiva contrazione numerica, dovuta alla
difficoltà di adattamento a particolari situazioni ambientali (nevicate copiose e con lunga
permanenza di neve al suolo) ed alla forte predazione esercitata dal Lupo.
Per tutte le specie si è assistito, parallelamente alla presenza di popolazioni selvatiche, alla
costituzione di strutture di detenzione in cattività od allevamento a varie finalità: allevamenti
alimentari, detenzione a scopi amatoriali ed ornamentali, detenzione in recinti di caccia in Aziende
Faunistiche e Agrituristico Venatorie, in Parchi ed Aree faunistiche.
La presenza di tali strutture, peraltro previste dalla Legge Regionale ed in molti casi (titolari
di Azienda agricola) non soggette ad autorizzazione provinciale, comporta una complicazione
notevole dei problemi gestionali. La movimentazione degli animali ha causato infatti sia problemi
legati alla presenza in provincia di entità - ed addirittura specie diverse - da quelle selvatiche, sia la
fuoriuscita per cause accidentali o dolose di soggetti in aree non vocate.
13.2.16.1) Cervidi e Bovidi
13.2.16.1.1) Introduzione
L’attuale gestione dei Cervidi e Bovidi nella provincia di Firenze è regolamentata, oltre che
dalle Leggi e Regolamenti regionali (in particolare dal D.P.G.R. 25 febbraio 2004, n. 13/R) da
quanto espresso nella Del. Giunta Provinciale n. 192/2001 “Norme sulla caccia di selezione a
Cervidi e Bovidi nella Provincia di Firenze” e da regolamenti interni degli A.T.C. (peraltro,
formalizzati soltanto, al momento dall’A.T.C. Firenze 4).
Nel 2003 sono state approvate dalla Provincia di Firenze (con Deliberazione della Giunta
Provinciale n. 164 del 15.05.03) le “Linee Guida per la Gestione di Cervidi e Bovidi nella Provincia
di Firenze”. Tale documento tecnico ha fornito nuove e precise indicazioni metodologiche per la
realizzazione della gestione nei diversi ambiti interessati dalla presenza delle specie Cervo, Daino,
Capriolo e Muflone, ed è rivolto in particolare agli Ambiti Territoriali di Caccia e alle Aziende
Faunistico Venatorie.
Il documento suddetto, ha portato alla redazione di uno specifico Protocollo con l’Istituto
Nazionale per la fauna Selvatica (sottoscritto nel luglio 2003), attraverso il quale si conviene che i
Piani di Prelievo, generati dalla applicazione puntuale delle Linee metodologiche suddette, sono
automaticamente approvati, ai sensi di quanto previsto dall’art. 7, comma 6 della L.R. 20 del
10.06.2002, dal predetto Istituto.
Le procedure indicate nelle Linee Guida sono state comunicate formalmente ai responsabili
territoriali della gestione (A.T.C. ed Aziende Faunistiche) ed illustrate in varie occasioni di
incontro. In generale si è assistito ad un positiva accoglimento delle proposte tecnico-operative
indicate nel protocollo, anche in virtù delle prospettive implicite di diminuzione dei tempi relativi ai
procedimenti tecnico-amministrativi di approvazione dei piani.
Sulla base delle indicazioni contenute nel protocollo è emersa la necessità di sperimentare la
raccolta dei dati di gestione attraverso una revisione delle metodologie adottate in precedenza. Ciò
ha portato, in particolare, gli stessi A.T.C. provinciali ad applicare, nel caso del Capriolo,
metodologie di censimento differenziate in alcuni dei Distretti in cui si avevano informazioni
contrastanti negli ultimi anni. La Provincia al fine di agevolare quanto più possibile tali
approfondimenti, che si sposano perfettamente con lo spirito ed i contenuti delle Linee Guida, ha
contribuito sia economicamente che attraverso la supervisione operata dal proprio personale tecnico
alla realizzazione di due progetti di monitoraggio attualmente in corso di realizzazione in ciascuno
degli A.T.C.
I progetti, di durata biennale, riguardano:
- la applicazione e confronto dei risultati ottenuti sulla densità del Capriolo attraverso lo
svolgimento di censimenti a vista e censimenti in battuta in 21 Distretti di caccia;
- lo studio delle caratteristiche di struttura delle popolazioni di Capriolo desumibili attraverso la
valutazione dell’età di tutte le mandibole delle femmine abbattute;
- l’aggiornamento degli areali di distribuzione di Cervo e Daino.
Nel complesso, come esposto nelle parti successive, la Caccia di Selezione, ha rappresentato
un efficace mezzo di gestione delle popolazioni di Cervidi e Bovidi in provincia. Ciò, considerando
che tale tipologia di caccia ha permesso il raggiungimento, a differenza della maggioranza delle
altre forme di caccia tradizionali, dei seguenti importanti obiettivi:
- conservazione delle popolazioni cacciate;
- stretto legame tra cacciatore e territorio di caccia;
- redazione di Piani di Prelievo quantitativi e qualitativi, commisurati alle popolazioni oggetto
di censimenti annuali;
- miglioramento sensibilissimo del livello culturale dei cacciatori abilitati, attraverso specifici
corsi, contatto stretto con i tecnici e frequenti aggiornamenti sulla biologia delle specie
selvatiche (non solo quelle cacciate) e sui corretti principi di gestione della risorsa faunistica.
13.2.16.1.2) Capriolo
In relazione a quanto in proposito indicato nel passato Piano Faunistico, tutto il territorio
agro-forestale della provincia è considerato vocato alla specie Capriolo, e la gestione effettuata
unicamente attraverso il prelievo selettivo è stata impostata in modo da garantire la conservazione
di popolazioni in buone condizioni quantitative e strutturali mediante realizzazione di piani di
prelievo proporzionali alla densità della specie in ogni area di gestione. La gestione venatoria del
Capriolo viene attuata (annata 2005-06) su complessivi 187.276 ettari suddivisi in 87 Unità di
Gestione (U.d.G.); le U.d.G. della provincia riguardano 31 Aziende Faunistico-Venatorie, 12
Distretti di caccia nell’A.T.C. FI. 5 (uno dei quali non risulta essere stato assegnato nell’anno
corrente) e 45 Distretti di caccia nell’A.T.C. FI. 4. Dalla superficie totale delle U.d.G. sopra
richiamata debbono essere detratti, ai fini gestionali, 16.080 ettari di aree non utilizzabili dalla
specie (aree urbanizzate, fondi chiusi, ecc.). La parte rimanente, definita nel Protocollo come Area
Utilizzabile dalla Specie (A.U.S.) risulta essere estesa per complessivi 171.196 ettari, caratterizzati
da una elevata copertura boscata e cespugliata, mediamente estesa sul 54,6% del totale. La notevole
estensione di tale copertura riguarda soprattutto i Distretti dell’A.T.C. FI. 4 ove si riscontrano
frequentemente situazioni in cui le aree boscate superano l’85% dell’A.U.S.
Nella tabella successiva sono riassunti i dati relativi agli abbattimenti complessivi effettuati
negli anni precedenti raggruppati tra le diverse tipologie di gestione (A.T.C. e A.F.V.). Da questi si
può notare una costante diminuzione della percentuale di prelievo nell’A.T.C. FI. 4 (in media in
tutte le U.d.G. pari al 15% negli ultimi tre anni). Va considerato comunque che tale diminuzione è
correlata strettamente all’aumento dei capi in prelievo indicati nei Piani annuali e che in valore
assoluto si è avuto, al contrario, un aumento dei capi abbattuti nell’ultimo triennio (+ 25 % dei capi
abbattuti dal 2002 al 2004).
Risultati del prelievo sul Capriolo con la caccia di selezione (annate 2001-2004)
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
Prelievo
2001
1.749
331
Prelievo
2002
1.589
417
Prelievo
2003
1.984
466
Prelievo
2004
1.907
609
% prelievo
2002
89,8
79,4
% prelievo
2003
79,7
67,1
% prelievo
2004
74,3
69,6
261
323
376
417
85,9
80,2
87,8
2.341
2.329
2.826
2.933
87,2
77,4
74,9
Nella figura successiva, è illustrato l’andamento generale dei prelievi ed il tasso di realizzazione in
tutta la provincia a partire dall’inizio della caccia di selezione.
Risultati del prelievo sul Capriolo con la caccia di selezione (annate 1990-2004)
4500
120,0
4000
100,0
3500
80,0
2500
60,0
2000
1500
%
n. capi
3000
40,0
1000
20,0
500
piano prelievo
capi abbattuti
2005
2004
2003
2002
2001
2000
99
98
97
96
95
94
93
92
91
0,0
90
0
% realizzazione
Nella tabella seguente vengono invece riassunti i dati di carattere generale relativi alle Unità
di Gestione ed alla loro caratterizzazione per tipologia, nonché alla superficie dove sono state estese
le diverse metodologie di censimento. Da tener presente che ai sensi delle “Linee Guida” il dato
relativo alla A.U.S. riguarda la superficie di tutte le Unità di Gestione (Distretti o A.F.V.) al netto
della superficie di altri Istituti e di quella non utilizzabile dalla specie. La superficie totale gestita
con la caccia di selezione rappresenta il 99,3% della superficie agro-forestale dell’A.T.C. FI. 4, il
56,8% di quella dell’A.T.C. FI. 5 ed il 61,4% della superficie agro-forestale complessiva delle
A.F.V. provinciali.
Riguardo alle A.F.V. va inoltre considerato che solo 31 delle 53 presenti in provincia hanno
presentato nell’annata odierna piani di gestione riguardanti il Capriolo (una, la cui superficie
riguarda anche la provincia di Arezzo, non ha chiesto abbattimenti in Firenze).
Capriolo: aree di gestione, metodi e superfici applicazione censimenti (anno 2004)
A.U.S. (ha)
N°
Superficie
Censimenti a
Censimenti in
Censimenti
U.d.G.
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
103.499
53.675
45
12
boscata
(ha)
75.366
28.983
vista
(ha)
103.499
53.675
battuta (ha)
con faro (ha)
983,1
1.825,2
0
0
15.856
29
7.702
3.508
46,0
3.235,6
173.030
86
112.051
160.682
2.854,3
3.235,6
Censimenti in
battuta (ha)
Censimenti
con faro (ha)
841,1
1.762,5
0
0
Capriolo: aree di gestione, metodi e superfici applicazione censimenti (anno 2005)
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
45
11
Superficie
boscata
(ha)
75.917
28.267
Censimenti a
vista
(ha)
103.682
51.933
15.881
31
8.206
4.914
49,1
3.049,1
171.196
87
112.390
160.529
2.652,7
3.049,1
A.U.S. (ha)
N°
U.d.G.
103.682
51.933
Conformemente a quanto espresso nelle Linee Guida, le metodologie accettate per il
censimento del Capriolo sono state le tre indicate nella tabella precedente. In alcune U.d.G., è
importante sottolineare che sono state applicate più metodologie di censimento.
In particolare è da considerare che solo nelle A.F.V. sono stati eseguiti censimenti notturni
con il faro, anche se spesso abbinati ai classici censimenti “a vista”. Ai sensi del Protocollo
comunque, i risultati dei censimenti con il faro sono stati utilizzati solo come valore assoluto,
calcolando quindi la consistenza totale e la densità solo sul contingente effettivamente osservato,
senza estrapolazioni.
Capriolo: distretti di gestione (in blu sono evidenziati gli istituti faunistici pubblici e privati)
Va inoltre notato come nel caso dei due A.T.C. sia stata applicata negli ultimi anni la
metodologia di censimento in battuta su aree campione, successivamente ai censimenti a vista
effettuati su tutta l’area del Distretto.
Tale abbinamento dei due metodi, che ha permesso di valutare il noto grado di sottostima
sulla specie derivato dai soli censimenti a vista, ha riguardato tutti i Distretti dell’A.T.C. FI. 5 (ad
eccezione del Distretto Montaione 1, dove nel 2004 e 2005 non sono stati effettuati censimenti né
prelievi) nel quale sono stati campionati in battuta 673 ettari nel 2002, 1.600 nel 2003, 1.800 nel
2004 ed oltre 2.200 ettari nel 2005. I censimenti in battuta hanno coperto, nell’A.T.C. FI. 5 una
percentuale compresa tra il 7 ed il 13% dell’area boscata presente in ciascun Distretto.
Superficie di applicazione dei censimenti in battuta per ciascun ATC dal 2000 al 2005
2500
ettari
2000
1500
1000
500
0
2000
2001
2002
bat tuta A tc 4
2003
2004
2005
batt uta A tc 5
Anche per l’anno corrente sono emerse notevoli differenze di densità riscontrate tra
censimento in battuta e censimento a vista in tutti i Distretti dell’A.T.C. FI. 5:
Risultati e differenze di densità tra censimento in battuta e a vista nell’A.T.C. FI. 5 (2005)
Superficie Superficie % superficie
boscata
censita
censita
Distretti
(A.T.C. FI 5)
A.U.S.
Vallombrosa
2.378
1.391
Reggello
4.380
2.067
Rignano 1
Rignano 2
Greve 1
Greve 2
Mercatale 1
Mercatale 2
Mercatale 3
3.446
5.166
4.980
5.200
6.497
5.269
6.298
1.678
2.589
4.581
3.557
2.661
2.953
3.220
Montaione 3
Densità
140,43
10,1%
battuta
23,34
2.378
100,0%
a vista
5,05
180
8,7%
battuta
11,19
4.380
100,0%
a vista
10,30
160,1
9,5%
battuta
9,87
3.446
100,0%
a vista
6,30
188,52
7,3%
battuta
10,45
5.166
100,0%
a vista
3,87
252,3
5,5%
battuta
10,24
4.980
100,0%
a vista
3,69
269,1
7,6%
battuta
10,58
5.200
100,0%
a vista
2,73
187
7,0%
battuta
5,23
6.497
100,0%
a vista
1,54
206
7,0%
battuta
7,78
5.269
100,0%
a vista
1,54
179
5,6%
battuta
6,67
6.298
100,0%
a vista
1,62
177,8
12,2%
battuta
11,23
3.799
100,0%
a vista
0,71
272,4
12,9%
battuta
9,60
4.520
100,0%
a vista
0,51
Non
effettuati
Non
effettuati
Montaione 1
Montaione 2
Metodo
3.799
4.520
1.459
2.111
Anche nell’A.T.C. FI. 4, è continuato per il 2005 lo studio della densità con l’applicazione
di due dei metodi di censimento previsti nel Protocollo (censimento a vista e battute campione) in
alcuni Distretti che avevano mostrato negli anni passati un sensibile calo delle popolazioni censite
con osservazione diretta. Come nel 2003 e 2004, è stato adottato anche nell’ultimo anno un
programma di censimenti che ha previsto:
- su tutti i distretti l’applicazione di censimenti a vista in contemporanea, con le nuove
procedure (modifica della scheda di rilievo, apposizione su cartografia dei capi osservati per
sessione) previste nelle “Linee Guida”;
- su 9 Distretti, sono stati pure realizzati censimenti in battuta, estesi complessivamente su una
superficie di ha 983 (ampliando la superficie censita nel 2003, pari a 591,49 ettari) con un
campionamento attraverso le battute del 5,6% della superficie boscata dei Distretti.
Rispetto alle due annate precedenti nell’applicazione del doppio metodo di censimento il
Distretto di Abeto ha sostituito quello di Crespino; da notare che, caso unico nel genere rispetto alle
applicazioni del censimento in battuta avvenute in tutta la provincia anche negli anni scorsi, nel
Distretto di Abeto i risultati del censimento a vista esprimono una densità superiore a quelli ottenuti
a vista. I dati ricavati sui nove Distretti censiti con entrambi i metodi sono riportati in sintesi nella
tabella successiva.
Risultati e differenze di densità tra censimento in battuta ed a vista nell’A.T.C. FI. 4 (2005)
Denominazione Distretti A.T.C. FI. 4
Bordignano
Bruscoli
Vigneto
Monte Peschiera
Caldana
Monte Morello
Val di Sieve
Abeto
Gugena
% superficie
censita
Metodo
Densità
100,0%
a vista
6,0
6,86
battuta
17,2
100,0%
a vista
2,4
5,66
battuta
17,0
100,0%
a vista
3,0
5,42
battuta
24,1
100,0%
a vista
3,4
8,04
battuta
17,6
100,0%
a vista
10,0
7,18
battuta
25,2
100,0%
a vista
3,5
2,57
battuta
43,4
100,0%
a vista
2,5
7,67
battuta
11,3
100,0%
a vista
14,5
15,0
battuta
10,0
100,0%
a vista
1,7
8,08
battuta
18,2
Sia nei Distretti sopra richiamati sia negli altri Distretti dell’A.T.C. FI. 4 comunque, nel
2005 sono stati riscontrati valori di densità inferiori allo scorso anno in 28 Distretti sui 45 censiti.
La serie di dati ad oggi disponibile permette di fare un interessante confronto tra i risultati
dei censimenti in battuta e da avvistamento relativi agli stessi anni ed ai medesimi distretti. Nelle
figure seguenti sono espresse le differenze percentuali relativi a 59 campioni (Distretti) nei quali
negli anni 2003, 2004 e 2005 sono state effettuate entrambe le metodologie. Le elaborazioni sono
state condotte in relazione alla entità della superficie boscata del Distretto e alla densità dei Caprioli
riscontrata in battuta
Sottostima media (in %) dei censimenti a vista rispetto ai censimenti in battuta in funzione della percentuale di bosco
dei distretti relativi ed a vista in 59 U.d.G. della provincia di Firenze
1400,0
differenza %
1200,0
1000,0
800,0
600,0
400,0
200,0
0,0
Serie2
0
1
2
3
4
270,8
264,0
337,4
442,7
1207,4
classi di boscosità*
* Legenda
Percentuale di bosco Classe di boscosità
0-40
0
41-50
1
51-70
2
71-90
3
91-100
4
Sottostima media (in %) dei censimenti a vista rispetto ai censimenti in battuta in funzione della densità di Capriolo
rilevata in battuta in 59 U.d.G. della provincia di Firenze
1000,0
differenza %
800,0
600,0
400,0
200,0
0,0
meno da 6 a da 10
di 6
10
a 15
Serie1 209,1
253,1
246,6
da 15
a 20
da 20 da 25
a 25
a 40
504,0
641,7
classi di densità
926,6
Variazione della densità del Capriolo nei Distretti dell’A.T.C. FI. 4 nel periodo 2000-2005 (in rosso con dati di
censimento in battuta; in blu sono evidenziate le diminuzioni riscontrate nell’ultimo anno)
Distretto (A.T.C. FI. 4)
Monte Canda
Bordignano
Bruscoli
Castro S. Martino
Moscheta
Rapezzo
Densità
2000
8,3
9,6
7,7
8,4
11,2
Densità
2001
9,1
10,2
6,8
11,3
9,2
Densità
2002
10,5
6,1
5,9
11,3
8
Densità
2003
12,2
15,5
18,5
12,1
12,4
Densità
2004
14,3
21,2
20,5
12,5
10,5
Densità
2005
10,7
17,2
17,0
13,4
11,2
Differenza
2004-2005 (in %)
-24,94
-19,05
-17,24
6,79
6,63
8
9,9
11
15,1
15,4
11,1
-28,13
La Faggiola
18,7
18,2
16,7
25,8
22,4
22,8
1,76
Badia Susinana
19,2
18,7
17,4
21,4
22,1
28,6
29,68
La Bastia
11,4
8,9
9,6
15,0
15,9
12,7
-20,34
Palazzuolo
18,3
16,4
18,3
16,6
19,1
14,7
-23,18
Gamberaldi
Abeto
Migneto*
17,9
23,1
5,7
15,5
20,6
6
15,4
16,8
5,5
14,8
22,6
14,5
14,2
24,9
21,2
16,4
14,5
24,1
15,38
-41,72
13,59
Panna
Grezzano
Montolano (ex Ronta)
La Giogana
M. Carnevalone
Montegianni
V. Acerreta
B. Ca' Del Vento
Montecuccoli
Campomigliaio
Borgo S. Lorenzo
S. Cresci
Vicchio
Montepulico
Vitigliano
Ampinana
M. Peschiena
Muraglione
Corella
Castagno M.
Calvana
M. Morello
Gricigliano
S. Brigida
V. Di Sieve
Rincine
Pomino
Vierle
Consuma
Pelago
Diacceto
Crespino
Gugena
9,7
10,9
9
10,2
16,5
15,6
14,9
10,2
5,2
7
9,9
11,3
9,5
11,8
14,6
15,2
14,2
11,1
6,5
9
10,3
9,8
9,8
11,9
11,2
13,1
13,3
8
6,4
11
12,2
10,6
16,5
12,2
12,0
15,0
13,1
9,8
10,3
15,5
14,8
10,8
11,8
11,2
14,0
9,9
14,6
11,3
11,1
10,9
15,1
16,8
10,2
11,4
14,0
9,7
14,0
13,5
10,6
9,0
12,5
18,5
12,3
-5,82
-3,04
24,47
-30,76
41,18
-7,40
-6,52
-19,00
14,33
22,27
-26,63
8,3
8,2
9,4
6,9
8,8
8
9,2
11,5
8,3
6,9
3,8
8,2
5,3
6,3
12,6
15,8
7
10,1
6,5
9,3
12,6
7,5
7,5
4,1
7
5,5
8,3
13,1
14,6
23,9
15,1
8,5
10,8
7,2
12,4
12,9
6,9
7,7
5,6
5,7
6,9
4,7
13,1
11,4
14,4
14,1
9,2
9,2
8,4
6,3
12,9
5,5
11,8
6,4
5,1
9,6
10,9
11
14,2
24,1
10,6
18,4
10,8
21,8
42,5
12,3
10,4
17,5
14,1
12,9
15,5
15,8
12,9
11,9
46,7
22,7
13,4
16,0
11,1
14,1
20,0
12,2
18,5
10,2
23,2
37,1
11,5
10,9
18,9
15,2
12,5
16,4
16,6
15,1
14,0
36,5
18,8
12,4
14,3
9,8
16,3
17,6
8,0
21,9
10,0
25,2
43,4
14,0
10,4
11,3
13,4
15,2
13,0
10,2
15,0
15,1
7,9
18,2
-7,26
-10,84
-11,78
15,30
-11,90
-34,59
18,30
-1,59
8,43
17,01
21,29
-4,32
-40,22
-11,59
21,60
-20,53
-38,40
-0,62
7,72
-78,38
-3,26
Analoga comparazione sulle variazioni di densità avvenute per distretto negli ultimi anni
può essere desunta dalla tabelle successive per i Distretti dell’A.T.C. FI. 5 e per le Aziende
Faunistico Venatorie. La diminuzione di densità, riguarda anche tali U.d.G., seppur più contenuta
rispetto all’A.T.C. FI. 4, con decrementi riscontrati in 4 Distretti (su 11) nell’A.T.C. FI. 5 ed in 10
Aziende Faunistiche (su 31).
Variazione della densità del Capriolo nei Distretti dell’A.T.C. FI. 5 nel periodo 2000-2005 (in rosso con dati di
censimento in battuta; in blu sono evidenziate le diminuzioni riscontrate nell’ultimo anno)
Distretto
(A.T.C. FI. 5)
Densità
2000
Densità
2001
Densità
2002
Densità
2003
Densità
2004
Densità
2005
Vallombrosa
22,39
28,5
23,6
34,6
34,2
39,9
Differenza
2004-2005
(in %)
16,68
Reggello
27,8
24,5
28,1
22,9
28,9
27,2
-5,85
16,9
20,0
21,2
6,16
14,6
27,3
28,6
4,69
17,1
23,6
20,2
-14,33
27,2
24,5
20,4
-16,67
12,9
16,7
18,2
9,06
17,3
17,5
19,9
13,86
14,6
17,3
23,5
35,47
Rignano1
Rignano2
Greve1
Greve2
18,7
21
19,86
11,8
20,1
15,19
Mercatale1
Mercatale2
10,4
26
22,69
Mercatale3
Montaione1
Montaione2
12,7
10,3
23,9
22,13
Montaione3
non censito non censito
non censito
16,4
22,9
29,2
27,99
15,1
20,9
20,6
-1,54
Variazione della densità del Capriolo nelle A.F.V. nel periodo 2000-2004
Azienda Faunistico
Venatoria
Barbialla
Bivigliano
Bonsi Tornia
Cafaggiolo
Corniolo e Casa
Galliana
Fabbrica S. Cristina
I Cini
La Dogana
La Martina
La Traversa
Meleto Canneto
Mitigliano
Mugellana
Nipozzano Selvapiana
Panna
Pillo
Pitiana
Quona
Schifanoia
Tagliaferro
Vaglia
Valdastra
Volmiano
Densità
2000
2,78
11,03
17,88
6,16
8,30
20,15
6,19
Densità
2001
6,00
12,00
17,00
5,70
7,80
18,70
6,00
17,00
16,55
33,68
16,50
11,47
15,00
13,54
12,88
11,75
12,81
14,00
8,76
15,52
14,99
19,25
12,86
8,20
12,20
25,30
7,30
16,00
13,00
8,00
17,30
14,00
21,70
13,70
Densità
2002
8,24
17,31
27,98
10,98
13,97
19,41
7,54
20,50
16,00
19,31
28,16
10,70
10,23
15,05
25,30
14,49
9,06
18,07
21,63
8,41
25,00
14,86
23,00
12,00
Densità
2003
4,65
11,38
23,17
15,00
16,24
29,80
8,66
18,72
15,85
19,34
31,05
10,48
11,22
21,01
25,91
10,96
10,80
11,28
16,89
11,92
17,08
15,36
25,00
9,80
Densità
2004
6,10
12,30
24,10
15,40
14,39
25,10
10,10
27,80
17,50
18,30
26,60
10,48
16,59
20,25
25,70
11,00
9,50
12,60
21,50
0,46
21,40
14,60
27,50
8,90
Differenza 2003-2004
(in %)
31,18
8,08
4,01
2,67
-11,39
-15,77
16,63
48,50
10,41
-5,38
-14,33
0,00
47,82
-3,62
-0,81
0,36
-12,04
11,70
27,29
-96,12
25,29
-4,95
10,00
-9,18
In entrambi gli A.T.C., dai dati di densità ricavati dai censimenti, attraverso l’applicazione
delle procedure previste nel Protocollo, sono stati ricavati i valori di consistenza per ciascun
Distretto.
Date le esperienze pregresse, e considerato che le differenze più marcate di densità nei
Distretti sui quali erano state applicate le due metodologie di censimento si erano riscontrate nelle
U.d.G. caratterizzate da maggiore copertura boscata, il valore di densità derivato dai censimenti in
battuta è stato generalmente sempre prescelto per il calcolo della consistenza. Coerentemente a
quanto previsto nel Protocollo, nella determinazione della consistenza minima certa presente in
ciascun Distretto, se la percentuale censita è risultata inferiore al 10% delle aree boscate, è stata
considerata, prudenzialmente, sempre un numero di capi riferito al massimo a 10 volte quelli
direttamente osservati nell’area censita.
Capriolo: risultati censimenti 2004 per aree di gestione
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
Consistenza
stimata*
13.013
4.158
2.364
Densità
media
12,6
7,7-19,9
15,0
19.535
11,3-13,9
Maschi
adulti
488
389
Maschi
sub-adulti
3.586
290
265
5.018
Femmine
Piccoli
Indeterminati
5.537
895
733
2.362
66
560
1.547
231
131
7.165
2.988
1.909
Femmine
Piccoli
Indeterminati
4.630
983
2.014
58
1.572
270
856
582
123
6.469
2.654
1.965
Capriolo: risultati censimenti 2005 per aree di gestione
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
Consistenza
stimata*
12.113
5.016
Densità
media
11,8
9,6-23,7
Maschi
adulti
2.518
16,2
485
19.647
11,5-12,6
555
Maschi
sub-adulti
3.232
305
268
4.845
25000
12,00
20000
10,00
n. capi
8,00
15000
6,00
10000
4,00
5000
2,00
0
0,00
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
capi censiti tot.
densità media
capi/kmq
La stima della consistenza (*) riportata nelle tabelle deriva, come sopra citato, dai risultati
ottenuti con la metodologia prescelta per il calcolo per ogni U.d.G. . Il dato provinciale relativo alla
variazione dal 1997 al 2005 delle consistenza e della densità rilevata con i censimenti è visualizzato
nella figura seguente.
Nonostante la diminuzione riscontrata nell’A.T.C. FI. 4 nell’ultimo anno, l’aumento della
consistenza sia nell’A.T.C. FI. 5, sia nelle Aziende Faunistico Venatorie porta comunque ad un
lieve aumento della popolazione complessiva nella provincia che rispetto al 2003, è superiore al
9,5%. Il trend di diminuzione riscontrato in molte delle U.d.G. poste nella porzione nord della
provincia, suffragato anche dalla diminuzione graduale delle percentuali di prelievo, potrebbe
essere motivato all’avvenuto raggiungimento di una situazione di equilibrio tra prelievo ed
incremento annuale. Tale ipotesi dovrà essere validata dal proseguimento delle azioni di
monitoraggio negli anni prossimi.
Per i parametri di struttura di popolazione sono state considerate soprattutto le osservazioni
derivate dai censimenti a vista. Si riportano in sintesi nelle tabelle successive i dati cumulati per
ogni tipologia di gestione negli ultimi due anni.
Da notare che nell’A.T.C. FI. 5 la scarsa osservazione di piccoli deriva dal maggior apporto
dei dati dei censimenti in battuta effettuati in sovrapposizione al periodo delle nascite.
Capriolo: struttura di popolazione dai censimenti a) 2004
Maschi
adulti
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
Maschi
sub-adulti
31,3
Femmine
Piccoli
Maschi/Femmine
Piccoli/Femmine
28,1
16,7
48,3
51,5
20,6
3,8
0,65
0,87
0,43
(0,07)
17,4
11,9
32,8
25,1
0,89
0,76
47,2
19,7
0,70
0,42
33,1
b) 2005
Maschi
adulti
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
29,2
Maschi
sub-adulti
32,7
16,0
22,1
12,2
34,7
Femmine
Piccoli
Maschi/Femmine
Piccoli/Femmine
46,9
51,7
20,4
3,1
0,69
0,87
0,43
(0,06)
39,1
26,6
0,88
0,68
46,3
19,0
0,74
0,41
Oltre ai dati di struttura derivati dai censimenti annuali, dal 2002 è iniziata uno specifico
approfondimento che ha preso in considerazione la definizione dell’età delle femmine, di età
superiore all’anno, abbattute nei vari distretti di caccia. Il lavoro è finalizzato alla determinazione di
dati di struttura reali, non gravati dalle approssimazioni che notoriamente non consentono di riferire
con certezza l’età dell’animale alle caratteristiche fenotipiche ricavabili con la sola osservazione. La
scelta di restringere l’analisi alle sole femmine è motivata dal fatto che l’abbattimento di tale classe
è di solito casuale da parte del cacciatore, oltre che dalla considerazione della quantità comunque
elevata del campione disponibile. Dall’analisi dell’usura delle dentature è stato possibile ricostruire
con relativa esattezza la struttura di popolazione di ciascun distretto esaminato riuscendo inoltre a
comparare i dati ricavati tra distretti simili od accorpando distretti con simili caratteristiche
faunistico-venatorie.
Nella figura successiva si evidenziano i risultati complessivi dell’analisi della prima serie di
dati riferiti all’annata 2002-2003, ottenuti cumulando i campioni (645 mandibole) relativi a 43 i
distretti dell’A.T.C. FI. 4. La struttura della popolazione così ottenuta mostra una distribuzione dei
capi abbattuti inversamente proporzionale all’età, relativamente regolare, con una ottima
rappresentatività di individui appartenenti alle classi più mature, con una situazione riferibile ad una
popolazione di Capriolo ancora soggetta a fattori naturali di mortalità e, buona presenza delle classi
giovanili.
2 0 0 2 -0 3 fe m m in e tu tti i d is tr e tti
2
12
5
11
10
10
9
9
15
8
19
età
7
32
6
5
42
4
80
3
114
2
126
1
175
0
50
100
150
200
n. capi
Prendendo in considerazione separatamente alcune aree provinciali con differenti
caratteristiche sono emerse, al contrario, le seguenti casistiche:
1) Distretti limitrofi ad aree protette di rilevanti dimensioni (Demanio, Parco Nazionale), nei
quali sono presenti un numero elevato di soggetti giovani, ed un numero proporzionato di animali di
età intermedia ed “anziani”: è il caso, ad esempio, dei Distretti riassunti nella figura seguente.
P E SC H IE N A, MU R AGLION E , C ASTAGN O, R IN C IN E, V IE R LE
11
1
1
9
3
7
3
età
4
7
5
6
13
8
3
10
1
17
0
5
10
n . cap i
15
20
2) Distretti posti mediamente a maggiore distanza da aree protette di rilevanti dimensioni e
caratterizzati da scarsa antropizzazione e viabilità, che mantengono una buona rappresentatività
delle classi adulte, giovani ed intermedie, pur con età media sensibilmente ridotta rispetto ai casi
precedenti. Si riporta ad esempio la distribuzione relativa ai Distretti nella figura seguente.
VITIGLIAN O, AMPIN AN A, COR ELLA, GUGEN A
11
9
età
1
7
2
4
5
5
3
3
11
14
1
8
0
2
4
6
8
10
12
14
16
n. capi
3) Distretti lontani da aree protette di rilevanti dimensioni, in zone di forte antropizzazione,
con elevato sviluppo di viabilità e vicini a grossi centri abitati; l’età media dei Capriolo è assai
bassa, con scarsa rappresentanza delle classi mature ed intermedie. Un elevato numero dei soggetti
presenti provengono con tutta probabilità da colonizzazione dalle aree circostanti, ma non riescono
ad “invecchiare”. Pare lecito ipotizzare che le popolazioni e la loro struttura sia fortemente
condizionata dal prelievo, (soprattutto illegale) anche dopo la fine del periodo di caccia di selezione.
POMINO, PELAGO, DIACCETO, CONSUMA
11
età
9
7
1
1
4
5
11
3
15
10
15
1
0
2
4
6
8
10
12
14
16
n. capi
Complessivamente, la consistenza della specie tra il 1998 ed il 2005 è variata secondo
quanto riportato nella tabella seguente.
Capriolo: variazioni della consistenza tra il 1998 ed il 2005
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
1998
9.895
1.057
1999
11.369
1.569
2000
10.430
1.483
2001
10.072
1.652
2002
10.228
1.733
2003
12.816
2.839
2004
13.013
4.158
2005
12.113
5.016
1.079
1.489
1.581
1.357
2.058
2.280
2.364
2.518
12.031
14.427
13.494
13.081
14.019
18.174
19.535
19.647
Nella tabella successiva sono riportate in sintesi le percentuali di prelievo adottate in media
per ciascuna tipologia di gestione e la ripartizione del Piano per le classi di sesso e di età. Secondo
le procedure previste nelle Linee Guida per la redazione dei piani di prelievo in situazioni gestionali
ed ambientali diversificate, sono stati inoltre adottati i seguenti criteri:
- la consistenza nei Distretti in cui erano stati effettuati i censimenti in battuta su una superficie
inferiore al 10% di quella boscata è stata calcolata, moltiplicando per 10 i capi effettivamente
osservati;
- data la consistenza prudenziale così ricavata, è stato comunque reso possibile l’utilizzo del
tasso di prelievo corrispondente non alla densità riferita a tutta la superficie del Distretto ma a
quella relativa alla superficie realmente censita in battuta.
Capriolo: sintesi dei piani di prelievo per area di gestione (2005)
% di prelievo Capi in
media
prelievo
A.T.C. Firenze 4
18,7
A.T.C. Firenze 5
21,9
Aziende
Faunistiche
22,2
Totale
19,9
Maschi
adulti
453
(20,0%)
219
(19,9%)
Maschi
sub-adulti
340
2.261
(15,0%)
164
1.098
(14,9%)
89
559 125(22,4%)
(15,9%)
797
593
3.918
(20,3%)
(15,1%)
Femmine Piccoli
901
(39,8%)
440
(40,1%)
216
(38,6%)
1.557
(39,7%)
567
(25,1%)
276
(25,1%)
129
(23,1%)
972
(24,8%)
13.2.16.1.3) Daino
La gestione del Daino è stata improntata negli ultimi 5 anni, conformemente a quanto in
merito indicato nel passato Piano Faunistico provinciale, alla forte riduzione di consistenza delle
popolazioni nel loro complesso ed alla eradicazione della specie nelle aree designate come non
vocate nelle quali si registravano danni non tollerabili alle coltivazioni agricole. La gestione,
avvenuta sia con le normale prassi della caccia di selezione, sia con interventi di controllo effettuati
in tempi ed aree di divieto di caccia, è stata effettuata suddividendo il territorio provinciale in aree
di gestione, denominate Comprensori, ottenuti attraverso il raggruppamento di più Distretti di
gestione del Capriolo. Si ritiene che tale strutturazione territoriale della gestione, pur con eventuali
modifiche della perimetrazione dei Comprensori, debba essere mantenuta considerate le
caratteristiche di elevata mobilità e le ampie dimensioni degli home range, tipiche della specie. Ciò,
anche in accordo con quanto in merito indicato anche nel protocollo tecnico sulla gestione della
specie concordato tra Provincia ed I.N.F.S. (Linee Guida di Gestione dei Cervidi e Bovidi nella
Provincia di Firenze).
La ripartizione delle aree di gestione della specie nel territorio provinciale nel 2005, le loro
caratteristiche principali ed i metodi di censimento applicati, sono riportati in sintesi nella tabella
successiva.
Si sottolinea che per i censimenti con il faro, adottati esclusivamente nelle A.F.V., valgono
le considerazioni di calcolo della consistenza già riferite per il Capriolo, concordemente con quanto
previsto nelle Linee Guida.
Daino: aree di gestione, metodi e superfici di applicazione dei censimenti
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
A.U.S.
(ha)
99.295
47.128
N°
U.d.G.
9
4
Superficie
boscata (ha)
71.700
26.328
Censimenti a
vista (ha)
99.295
45.314
Censimenti in
Censimenti
battuta (ha)
con faro (ha)
0
0
2.353
0
6.877
12
4.147
1.377
0
1.528
153.300
25
102.175
145.986
2.353
1.528
Rispetto al 2004, nell’ultimo anno è aumentata la superficie gestita per la specie con la
richiesta pervenuta da una ulteriore A.F.V. Rispetto alle metodologie di censimento adottate è
avvenuta una diminuzione delle superfici censite in notturna con l’uso di sorgente luminosa, e sono
aumentate le aree censite a vista ed in battuta.
Nelle tabelle successive si riportano per confronto i risultati dei censimenti avvenuti negli
ultimi due anni.
Daino: risultati censimenti 2004 per Aree di gestione
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
Consistenza Densità
Maschi
stimata
media palanconi
878
0,9
101
235
0,5
15
Maschi
balestroni
81
12
Maschi
Femmine
fusoni
113
351
20
66
Piccoli
Indeterminati
177
25
55
25
355
5,6
26
33
40
112
97
9
1.468
1,0
142
126
173
529
299
89
Daino: risultati censimenti 2005 per Aree di gestione
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
Consistenza
stimata
822
89
Densità
media
0,8
0,2
Maschi
palanconi
85
13
Maschi
balestroni
70
11
Maschi
Femmine
fusoni
79
321
9
52
360
5,2
28
34
41
1.261
0,8
126
115
129
Piccoli
Indeterminati
209
14
57
27
118
96
6
491
319
90
La struttura di popolazione, qui di seguito riassunta per la provincia si è basata sulle
osservazioni primaverili effettuate con i censimenti a vista e con il faro.
Daino: struttura di popolazione dai censimenti (2005)
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
Maschi
palanconi
11,1
13,3
8,8
Maschi
balestroni
9,2
11,1
10,7
Maschi
Fusoni
10,3
9,1
12,9
10,7
9,8
10,9
Femmine
Piccoli
42,0
53,0
37,2
27,3
14,1
30,3
Maschi/
Femmine
0,73
0,64
0,87
41,6
27,0
0,75
Piccoli/
Femmine
0,65
0,27
0,81
0,65
I dati nel loro complesso indicano:
una progressiva diminuzione della consistenza delle popolazioni presenti in tutto il territorio
provinciale;
- una forte riduzione della consistenza (- 62% nell’ultimo anno!) e densità nei Comprensori
dell’A.T.C. FI. 5, nel quale sono presenti la maggioranza delle aree non vocate alla specie in
relazione alla forte intensità del prelievo effettuato (caccia e controllo);
- un amento seppur leggero della componente femminile e di piccoli nelle popolazioni.
Nella tabella successiva sono riassunti i dati relativi agli abbattimenti complessivi effettuati
sul Daino negli ultimi anni, raggruppati tra le diverse tipologie di gestione (A.T.C. e A.F.V.),
insieme alle percentuali di realizzazione dei piani di prelievo programmati per ciascuna annata.
Il tasso di prelievo programmato è stato comunque elevato in tutta la provincia. Come citato
nella parte iniziale, si ricorda che salvo due aree di limitate dimensioni (A.T.C. FI. 4: Comprensorio
di Firenzuola; ATC 5: parte del Comprensorio di Vallombrosa) il rimanente territorio provinciale è
stato definito non vocato per la specie.
Con la finalità di operare una drastica riduzione della consistenza delle popolazioni in tali
zone (dati anche i danneggiamenti riscontrati nel periodo primaverile del 2004), per gli anni 2004 e
2005 è stato previsto:
- l’abbattimento pari al 100% della consistenza censita nelle aree non vocate della parte nord
della provincia (Comprensori dell’A.T.C. FI. 4 ed Aziende Faunistiche incluse);
- l’abbattimento illimitato (senza un piano strutturato quantitativamente e qualitativamente)
nelle aree non vocate della porzione sud della provincia (Comprensori dell’A.T.C. FI. 4 ed
Aziende Faunistiche incluse), operato anche attraverso forti azioni di controllo.
-
Andamento dei prelievi sul Daino annate 2001 e 2004
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Aziende
Faunistiche
Totale
Prelievi
2001
177
54
159
Prelievi
2002
204
72
111
Prelievi
2003
177
62
110
Prelievi
2004
194
53
114
% prelievo
2003
63,0
44,3
56,4
% prelievo
2004
40,4
110,7
54,2
390
387
349
361
56,7
51,8
Come è possibile notare, a livello provinciale, sussiste un trend negativo sia per quanto
riguarda gli abbattimenti complessivi, sia per quanto riguarda la percentuale di prelievo realizzata.
A seconda dell’ambito di gestione è possibile osservare tuttavia alcune differenze:
- nell’A.T.C. FI. 4 si mantiene una entità di prelievo relativamente costante, pur con un tasso di
realizzazione in diminuzione;
- nell’A.T.C. FI. 5, il prelievo supera per il 2004 l’entità complessiva del piano derivata dai
censimenti, in conseguenza della non assegnazione di limiti al prelievo, in ampie porzioni di
territorio non vocato alla specie;
- nelle A.F.V. l’entità del prelievo in termini assoluti si mantiene relativamente costante negli
ultimi anni, con un costante tasso di realizzazione.
I risultati di prelievo, comparati a quelli dei censimenti, sembrano sostanzialmente
evidenziare la riuscita, almeno parziale, della gestione non conservativa operata negli ultimi anni
nelle aree non vocate (attraverso l’applicazione di tassi di prelievo ampiamente superiori
all’incremento naturale delle popolazioni).
L’avvenuta riduzione di consistenza delle popolazioni, sopratutto in alcune zone (Chianti,
Valdarno ed altre aree dell’A.T.C. FI. 5) è sicuramente la causa della maggiore difficoltà ad attuare
il piano di prelievo riscontrata negli ultimi anni, in funzione della riduzione della probabilità di
incontro e, probabilmente, di meccanismi comportamentali adattativi della specie alla pressione
venatoria.
Le finalità di gestione differenziata della specie tra aree vocate e non vocate risultano
evidenti anche per il piano di prelievo del 2005, esposto nella tabella seguente.
Daino: sintesi dei piani di prelievo per area di gestione (2005)
% di prelievo Capi in Maschi Maschi Maschi
Femmine Piccoli
media
prelievo adulti sub-adulti fusoni
A.T.C. FI. 4
(aree vocate)
50,7
287
A.T.C. FI. 4
(aree non vocate)
100
130
A.T.C. FI. 5
(aree vocate)
25,8
40
A.T.C. FI. 5
(aree non vocate)
100
29
44,8
39
Aziende
Faunistiche Sud
(aree non vocate)
100
150
Totale
(A.T.C. FI. 4 e
Aree Vocate)
40,4
675
Aziende
Faunistiche Nord
29
37
40
125
56
16
10
18
9
159
75
illimitato
4
5
5
illimitato
6
7
5
illimitato
39
50
50
13.2.16.1.4) Muflone
La specie è presente in modo continuativo con un’unica popolazione nel territorio
provinciale, localizzata entro l’Oasi di Covigliaio (Firenzuola) e nei territori subito limitrofi,
comprendenti parte della A.F.V. La Traversa.
La gestione faunistico venatoria viene attuata nelle aree cacciabili situate nei suddetti
territori in due U.d.G., come illustrato in tabella, sulle quali vengono svolti annuali censimenti da
punti di osservazione.
Muflone: aree di gestione, metodi e superfici di applicazione dei censimenti
A.U.S.
(ha)
A.T.C. FI. 4
Aziende
Faunistiche
Totale
N°
U.d.G.
Superficie
boscata (ha)
Censimenti a
vista (ha)
Censimenti in
battuta (ha)
Censimenti
con faro (ha)
15.065
1
8.752,77
15.065
0
0
386
15.451
1
2
203,00
8.955,77
110
15.170
0
0
0
0
La consistenza della popolazione di Muflone nelle due U.d.G. e la struttura ricavata dai
censimenti a vista è riassunta nelle tabelle successive.
Muflone: risultati censimenti 2004 e 2005 per Aree di gestione
a) 2004
A.T.C. FI. 4
Aziende
Faunistiche
Totale
Consistenza
stimata
94
Densità
media
0,6
Maschi
classe III
19
Maschi
classe II
51
13,2
8
8
6
145
0,9
27
15
11
Consistenza
stimata
51
Densità
media
0,3
Maschi
classe III
7
5
56
1,9
0,4
1
8
7
Maschi
Femmine
classe I
5
37
Piccoli
Indeterminati
26
0
20
16
0
57
42
0
b) 2005
A.T.C. FI. 4
Aziende
Faunistiche
Totale
Maschi
classe II
2
1
3
Maschi
Femmine
classe I
0
27
0
0
2
29
Piccoli
Indeterminati
15
0
1
16
0
0
Come è possibile notare la popolazione ha subito nell’ultimo anno un forte decremento. Le
cause più probabili sono da mettersi in relazione con la predazione esercitata dal Lupo, come
testimoniano ripetuti avvistamenti e segni di presenza rinvenuti in zona. L’entità della mortalità
registrata è stata favorita dalle forti precipitazioni nevose avvenute in febbraio-marzo 2005, che
hanno reso il Muflone evidentemente più vulnerabile agli attacchi del predatore. Anche per tale
popolazione, come per altre un tempo presenti nell’Appennino settentrionale e centrale (Foreste
Casentinesi, Appennino Pistoiese, Garfagnana), la presenza del Lupo insieme all’altezza e alla
permanenza della neve al suolo sembrano essere fattori in grado di portare in tempi rapidi al declino
ed anche alla scomparsa di questo Bovide.
Data la limitata entità della popolazione i Piani di prelievo approvati negli scorsi anni sono
sempre stati assai contenuti e la percentuale di realizzazione è stata scarsa. Per l’anno corrente, dati
i risultati dei censimenti, non è stato previsto alcun prelievo.
Andamento dei prelievi sul Muflone, annate 2001-2004
A.T.C. FI. 4
Aziende
Faunistiche
Totale
Prelievi
2001
2
Prelievi
2002
2
Prelievi
2003
4
Prelievi
2004
5
% prelievo
2002
50,0
% prelievo % prelievo
2003
2004
50,0
62,5
1
1
0
0
0,0
0,0
0,0
3
3
4
5
25,0
23,3
31,3
13.2.16.1.5) Cervo
La distribuzione della specie in provincia di Firenze risulta suddivisa in due nuclei ben
distinti.
Il primo riguarda la dorsale appenninica e prende origine dalla espansione delle
popolazioni provenienti dalle Foreste Casentinesi (a nord est) e dall’Appennino Pratese-Pistoiese (a
nord ovest della provincia). Nel complesso a seguito di una specifica indagine distributiva svolta
nell’anno corrente - nella quale sono stati coinvolti tra l’altro gli Agenti della Polizia Provinciale, i
cacciatori di selezione ed il personale dell’A.T.C. FI. 4 – la specie appare presente in modo
continuo nella tratto congiungente il Passo della Futa, il Passo del Giogo, il Parco Nazionale delle
Foreste Casentinesi ed il Passo della Consuma, seppur con evidenti differenze di densità. Le due
popolazioni suddette appaiono essere dunque oramai collegate. Il Cervo è risultato presente in 203
maglie (di 1 kmq ciascuna, coincidenti con il reticolo U.T.M.) in cui è stato suddiviso il territorio
provinciale. In 58 di esse, principalmente interne o contigue al Parco Nazionale è stata rilevata
attività di bramito.
Distribuzione del Cervo in provincia di Firenze: maglie chilometriche con presenza della specie
Carta della distribuzione
del cervo nella Provincia di Firenze
U
%
8
11
%
U
U%
%
U%
U%
U%
U%
U
U%
%
U%
U%
U%
U%
U%
U%
U%
U
U%
%
U%
U%
U%
U %
U%
U%
U%
U%
U%
U %
U
U%
%
U%
U%
U %
U%
U%
U%
U
U%
%
U %
U%
U
A.T.C. FIRENZE 4
1 - BARBERINO DI MUGELLO
2 - BORGO SAN LORENZO
3 - CALENZANO
4 - CAMPI BISENZIO
5 - DICOMANO
6 - FIESOLE
7 - FIRENZE
8 - FIRENZUOLA
9 - LONDA
10 - MARRADI
3
A.T.C. FIRENZE 5
2
20
U%
%
U
18
4
19
%%
U
U
U%
%
U %
U
U
%
U%
%
U%
U%
U%
U
U
%
U%
%
U%
U
U%
%
U%
U
U
%
U%
%
U %
U%
U%
U%
U%
U
U%
%
U%
U%
U%
U %
U
U%
%
U%
U%
U%
U
U %
%
U%
U%
U%
U%
U %
U%
U%
U%
U %
U%
U
U
%
U 15 %
%
U%
U%
U
U
%
U%
%
U%
U
U
%
U %
%
U%
U%
U
21
U %
%
U %
U %
U %
U %
U%
U%
U
U%
%
U%
U%
U%
U %
U %
U %
U%
U%
U
U%
%
U %
U%
U%
U%
U%
U%
U%
U%
U %
U %
U%
U%
U
U%
%
U%
U%
U%
U %
U%
U%
U %
U%
U%
U%
U%
U
U
%
U
%
U
%
U
%
U
%
U
%
U
%
U
%
U
%
U
%
U
%
5 %
U%
U%
U %
U %
U%
U%
U%
U
U%
%
U%
U %
U %
U %
U
U %
%
U %
U %
U
U 9%
%
U %
U %
U
U %
%
U %
U
U %
%
U %
U
%
U %
%
U
14
13 U
U %
%
U
U%
%
U%
U
17
16
11 - PALAZZUOLO SUL SENIO
12 - PELAGO
13 - PONTASSIEVE
14 - RUFINA
15 - SAN GODENZO
16 - SAN PIERO A SIEVE
17 - SCARPERIA
18 - SESTO FIORENTINO
19 - SIGNA
20 - VAGLIA
21 - VICCHIO
10
U%
%
U
1
U
%
6
U
%
12
7
DISTRIBUZIONE DEL CERVO
%
U PRESENZA ACCERTATA
%
U
U
%
San Casciano
in Val di Pesa
U%
%
U
U
%
%
U
U %
%
U
U
%
N
Greve in Chianti
%%
U
U
U%
%
U
Scala 1:500.000
Dicembre 2003
Il contributo maggiore all’espansione della specie è sicuramente riconducibile alla
popolazione proveniente dalle Foreste Casentinesi, che si è insediata stabilmente in ampie aree fuori
dal Parco nei comuni di S. Godenzo, Dicomano, Vicchio e Londa ed appare in costante espansione
territoriale. Viceversa la consistenza della specie nella porzione occidentale dell’A.T.C. FI. 4
(popolazione dell’Acquerino) non appare aver subito evidenti incrementi. Sull’areale riproduttivo
(quartieri degli amori) della popolazione appenninica vengono condotti annuali censimenti al
bramito, e vengono registrati ed analizzati i dati relativi alle osservazioni effettuate durante i
censimenti a vista operate sugli altri Cervidi.
Distribuzione del Cervo in Provincia di Firenze:quartieri riproduttivi (maglie con attività di bramito)
Carta della distribuzione
del cervo nella Provincia di Firenze
8
11
U%
%
U
%%
U
U%
U %
U
U
%
U%
%
U%
U%
U %
U%
U%
U
U%
%
U%
U%
U %
U%
U %
U
U%
%
U %
U%
U
A.T.C. FIRENZE 4
1
1 - BARBERINO DI MUGELLO
2 - BORGO SAN LORENZO
3 - CALENZANO
4 - CAMPI BISENZIO
5 - DICOMANO
6 - FIESOLE
7 - FIRENZE
8 - FIRENZUOLA
9 - LONDA
10 - MARRADI
A.T.C. FIRENZE 5
17
2
16
3
20
18
11 - PALAZZUOLO SUL SENIO
12 - PELAGO
13 - PONTASSIEVE
14 - RUFINA
15 - SAN GODENZO
16 - SAN PIERO A SIEVE
17 - SCARPERIA
18 - SESTO FIORENTINO
19 - SIGNA
20 - VAGLIA
21 - VICCHIO
10
4
6
19
13
7
U
%
U
%
U%
%
U%
U%
U
U
%
U%
%
U%
U
U
%
U
%
U
%
U
%
U U
%
%%
U%
U
U%
%
U%
U %
U
U %
%
U%
U%
U %
U%
U%
U
U
21 %
U 15
%
U
%
U %
%
U%
U%
U
U %
%
U %
U%
U
U%
%
U
U %
%
U%
U%
U
U%
%
U %
U %
U %
U%
U
U%
%
U%
U
U%
%
U
U%
%
U %
U %
U%
U
U %
U
U %
%
U%
U%
U%
U%
U
5 %
U %
%
U%
U%
U%
U
U %
%
U
U %
%
U
9 %
U %
U
U
%
U
%
14
12
DISTRIBUZIONE DEL CERVO
NEL PERIODO RIPRODUTTIVO
U PRESENZA ACCERTATA
%
%
U
U
%
San Casciano
in Val di Pesa
U %
%
U
U
%
N
Greve in Chianti
%%
U
U
U
%
Scala 1:500.000
Dicembre 2003
I risultati dei censimenti al bramito dell’ultimo anno (settembre 2005) indicano una presenza
di almeno 20 maschi bramitanti nel Settore Est (S. Godenzo, Dicomano, Vicchio e Londa, inclusi
l’A.F.V. Mugellana e il Parco Nazionale; rilievo del 30 settembre 2005) ed 8 maschi bramitanti nel
Settore Ovest (Comuni di Barberino Mugello, Firenzuola, inclusa l’A.F.V. La Dogana; rilievo del
29 settembre 2005).
Sono in corso le elaborazioni per la stima di consistenza della popolazione e la sua
ripartizione in classi di sesso ed età (sulla base della struttura di popolazione ricavata dalle
osservazioni primaverili), attraverso le metodiche previste nel Protocollo.
Tuttavia assumendo prudenzialmente che la percentuale dei maschi adulti bramitanti nella
popolazione sia abbastanza elevata, data la fase di espansione territoriale/numerica riscontrata, può
essere stimata la seguente situazione, relativa alla media della percentuale dei maschi adulti
riscontrati nelle Foreste Casentinesi nel periodo 1988-94):
Cervo: stima della consistenza e densità della popolazione appenninica.
Punti d’ascolto
utilizzati
2000
2001
2002
2004
2005
Popolazione
nord-orientale
(Foreste Casentinesi)
in media
34
11
19
18
18
20
Popolazione
nord-occidentale
(Acquerino)
in media
15
4
5
7
5
8
32-49
15
24
25
23
28
Censimenti
Totale capi
Cervo: stima della consistenza e densità della popolazione appenninica.
2004
2005
23
28
16,4
(Mazzarone et. al. 1995)
16,4
(Mazzarone et. al. 1995)
Superficie interessata dai quartieri riproduttivi
5.800 ha
5.800 ha
Areale complessivamente
popolazione
20.300 ha
20.300 ha
140
171
Densità nell’area degli amori
2,41 capi/kmq
2,95 capi/kmq
Densità nell’areale complessivo occupato
0,69 capi/kmq
0,84 capi/kmq
Maschi adulti censiti in bramito (n. capi)
Percentuale
popolazione
dei
maschi
adulti
nella
occupato dalla
Consistenza minima della popolazione
appenninica in Provincia di Firenze
La gestione della popolazione, data la limitata consistenza è rimasta di carattere
conservativo, senza previsione di prelievo. Si stanno tuttavia valutando le possibilità tecnicoamministrative di iniziare a partire dagli anni prossimi, il prelievo sperimentale sulla specie nelle
aree di maggiore densità. Ciò, ovviamente implica la necessità di definire l’areale vocato alla
gestione conservativa della specie nel Comprensorio nord della Provincia.
n. capi
Cervo: variazioni della consistenza della popolazione appenninica tra il 2000 ed il 2005
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
2000
acquerino
foreste casentinesi
2001
2002
2004
2005
anni
Il secondo nucleo provinciale è rappresentato dalla popolazione del Chianti (comuni di
Greve in Chianti, Incisa Valdarno; Comprensori “Arno” e “Tavernelle”, A.F.V. Capriolo-Querceto).
La popolazione si è generata da fughe di soggetti presenti nel Parco Zoo di Caviglia (Ar) a partire
dai primi anni ’90, ed interessa attualmente un’area posta sui Monti del Chianti e ricadente nelle
province di Arezzo, Siena e Firenze. Un altro nucleo, vicino al precedente, si è originato dalla fuga
di alcuni soggetti dall’Allevamento a Scopo Alimentare di Montepaldi (comune di S. Casciano in
Val di Pesa).
L’analisi della distribuzione nella sola provincia di Firenze indica la presenza accertata in 15
maglie chilometriche. Data la bassa densità rilevabile attraverso le osservazioni eseguite ed i segni
di presenza, non è stato possibile determinare se l’area fiorentina sia utilizzata durante il periodo
degli amori. I tentativi di effettuare censimenti al bramito non hanno permesso di registrare con tale
metodo alcun maschio adulto. La stima della consistenza riferibile alla provincia di Firenze è stata
effettuata considerando in modo critico le osservazioni effettuate durante la caccia di selezione,
durante gli interventi notturni di controllo, e durante sessioni di censimento con il faro ed in battuta
(realizzate per il Capriolo).
Dalla elaborazioni dei dati complessivamente raccolti si stima la presenza a maggio 2005
di circa 25-30 capi (al netto dei capi abbattuti).
Per tale popolazione, considerata la non vocazione alla specie delle aree occupate (elevata
presenza di colture di pregio) espressa nel Piano Faunistico Provinciale, sono stati attuati a partire
dal 2001 numerosi interventi di controllo, ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94, coordinati dalla
Polizia Provinciale con interventi notturni da autoveicolo ed utilizzando i Cacciatori di selezione dei
Comprensori interessati. Dal 2004 la specie è stata inserita come prelevabile (con un numero di capi
illimitato e senza strutturazione di prelievo) anche durante la stagione di caccia al Daino prevista
nei Comprensori a sud dell’Arno dell’A.T.C. FI. 5. Dal 2001, complessivamente sono stati
abbattuti, a seguito di tutti gli interventi sopra citati 21 capi. Anche per il 2005 sono stati previsti
interventi (controllo e caccia) su questa porzione di territorio provinciale con finalità di
eradicazione.
13.2.16.1.6) Danni da Cervidi e Bovidi
Nelle parti seguenti sono riassunti i danni provocati alle colture agro-forestali da Cervidi e
Bovidi di cui sia stata effettuata liquidazione negli anni di cui si dispongano dati relativi a tutto il
territorio provinciale.
I danni da Ungulati hanno da sempre costituito un elemento importante nelle problematiche
gestionali relative al rapporto tra fauna selvatica ed ambiente. Nonostante la crescita di consistenza
delle popolazioni di Cervidi avvenute negli ultimi decenni, tuttavia, l’entità dei danni relativi a tali
specie è sempre stata notevolmente ridotta rispetto a quella del Cinghiale. Tale rapporto,
successivamente al 1995 è ben evidenziato nella figura seguente.
I danni da Cervidi mostrano un trend di crescita a partire dal ’95 ed hanno superato nel 2004
il 20% dei danni totali. In tutto il periodo si assiste ad un andamento dei danni da Cervidi
inversamente proporzionale a quello del Cinghiale, nella determinazione del danno totale causato
dalla Fauna Selvatica in tutto il territorio provinciale.
Danni da Cervidi e danni da Cinghiale a confronto
90,0
80,0
70,0
60,0
50,0
cinghiale
cervidi
%
40,0
30,0
20,0
10,0
0,0
95
96
97
98
99
2000 2001 2002 2003 2004
Nella figura successiva è mostrato l’andamento dei danni liquidati (in migliaia di euro) nel
periodo 1995-2004 in tutta la provincia, per Capriolo, Daino e Cervo in confronto sia ai danni
causati dal Cinghiale, sia ai danni totali pagati ogni anno. Non sono mai stati registrati danni da
Muflone.
Andamento dei danni liquidati, complessivi e per gli Ungulati nel periodo 1995-2004
800
700
danni tot.
capriolo
daino
cervo
cinghiale
500
400
300
200
100
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
99
98
97
96
0
95
euro/1000
600
Nelle tabelle successive sono riportati in dettaglio i danni relativi a ciascuna specie, divisi
per A.T.C. e per i principali Istituti faunistici pubblici (Zone di Ripopolamento e Cattura ed altre
aree a divieto di caccia), relativamente al periodo 1999-2004. Come detto in precedenza, nel
periodo considerato non sono stati liquidati danni da Muflone.
Andamento dei danni da Capriolo nel periodo 1999-2004
Danni da Capriolo
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Z.R.C. Comprensorio Nord
Z.R.C. Comprensorio Sud
Altri divieti
Totale
1999
euro
44.619,8
4.790,7
2000
euro
60.134,2
10.505,8
1.626,3
5.303,0
0,0
51.036,8
439,0
76.381,9
2001
euro
32.678,8
14.346,1
3.018,9
12.351,5
1.471,9
63.867,3
2002
euro
40.997,4
12.658,3
4.487,5
13.677,6
1.830,0
73.650,7
2003
euro
52.073,0
10.752,9
2.158,0
3.528,0
867,0
69.378,9
2004
euro
8.901,6
2.574,2
9.700,3
4.546,2
0,0
25.722,3
2001
euro
6.805,9
14.046,1
5.282,1
322,8
82,6
26.539,5
2002
euro
4.894,5
23.708,6
2.458,7
3.313,2
430,0
34.805,0
2003
euro
2.323,0
7.010,6
743,0
7.811,7
0,0
17.888,2
2004
euro
2.782,6
5.627,5
11,7
0,0
2.219,0
10.640,8
2001
euro
941,5
0,0
0,0
0,0
0,0
941,5
2002
euro
4.879,9
1.334,0
82,4
0,0
0,0
6.296,3
2003
euro
3.783,0
4.135,2
0,0
42,7
0,0
7.960,9
2004
euro
5.466,9
3.074,1
257,4
0,0
0,0
8.798,4
Andamento dei danni da Daino nel periodo 1999-2004
Danni da Daino
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Z.R.C. Comprensorio Nord
Z.R.C. Comprensorio Sud
Altri divieti
Totale
1999
euro
3.757,2
3.064,7
2000
euro
5.011,7
10.743,3
1.074,2
345,0
457,1
8.353,2
0,0
16.100,0
Andamento dei danni da Cervo nel periodo 1999-2004
Danni da Cervo
A.T.C. FI. 4
A.T.C. FI. 5
Z.R.C. Comprensorio Nord
Z.R.C. Comprensorio Sud
Altri divieti
Totale
1999
euro
2.476,9
0,0
2000
euro
837,7
32,0
0,0
0,0
0,0
2.476,9
0,0
869,7
Nelle figure successive, l’andamento dei danni dei Cervidi per ciascun A.T.C. viene
raffrontato con i danni totali liquidati e con i danni da Cinghiale nel periodo 1999-2004.
Andamento dei danni liquidati nell’A.T.C. Firenze 4 relativamente agli Ungulati nel periodo 1995-2004
danni atc fi4
350000
300000
250000
danni tot.
capriolo
daino
cervo
cinghiale
200000
150000
100000
50000
0
99
2000
2001
2002
2003
2004
Andamento dei danni liquidati nell’A.T.C. Firenze 5 relativamente agli Ungulati nel periodo 1995-2004.
danni atc fi5
350000
300000
danni tot.
250000
capriolo
200000
daino
150000
cervo
100000
cinghiale
50000
0
99
-
-
-
2000
2001
2002
2003
2004
Come è possibile notare dai dati complessivamente esposti:
tra i Cervidi il Capriolo è la specie che causa complessivamente il maggior danno; i danni da
tale specie, che al 2002 avevano superato i 70.000 euro sono comunque notevolmente
diminuiti negli anni successivi, giungendo nel 2004 a circa 25.000 euro;
i danni da Daino, che avevano mostrato un aumento dal 2000 al 2002, hanno subito una netta
diminuzione a partire dal 2003, soprattutto nell’A.T.C. FI. 5;
il Cervo rimane ancora la specie che causa il minor numero di danni, anche se la crescita
presumibile della popolazione nel prossimo futuro potrà comportare situazioni locali di gravi
danneggiamenti alle colture ed al bosco;
il Cinghiale ha rappresentato e rappresenta tuttora il principale “colpevole” dei danni causati
in provincia di Firenze dalla fauna selvatica;
-
negli ultimi due anni si è assistito ad una stabilizzazione dei danni da Cinghiale in valore
assoluto contro una leggera crescita in percentuale rispetto ai danni relativi alle altre specie;
negli ultimi due anni i danni da Cervidi sono sensibilmente diminuiti, sia in valore assoluto,
sia in percentuale;
i danni complessivamente arrecati dagli altri Ungulati rappresentano circa il 12% dei danni
totali nel 2003, contro il 62% del Cinghiale.
13.2.16.1.7) Interventi di controllo sui Cervidi
Si riportano successivamente in dettaglio, le informazioni relative agli esiti di interventi di
controllo effettuati su Capriolo, Daino e Cervo nella provincia di Firenze dal 2000 al 2004, in
funzione dei Piani ed Atti specificatamente previsti nel periodo.
Gli interventi sono stati condotti ai sensi dell’art. 37 delle L.R. 3/94 e degli specifici
protocolli di intervento tramite la Polizia Provinciale che ha sempre assunto funzioni di
coordinamento e controllo. Alle operazioni hanno partecipato, a seconda del caso, anche Guardie
Volontarie afferenti al Coordinamento Provinciale, nonché Guardie degli Istituti Faunistici o
cacciatori di Selezione nominati dagli A.T.C.
Gli interventi di abbattimento sono stati effettuati per l’avvenuto raggiungimento di densità
elevate e contestuale presenza di danni alle colture agricole. Nel caso del Daino, gli interventi si
riferiscono in prevalenza alla presenza in aree non vocate alla specie, od alla necessità, in quelle
vocate, di raggiungere in tempi diversi od in Istituti privati o pubblici i piani di assestamento
annuali previsti dalla caccia di selezione.
Gli interventi sul Cervo si riferiscono esclusivamente alle aree non vocate alla specie
presenti nel Comprensorio a sud dell’Arno.
Da sottolineare che, dal 2003 al 2004 ai sensi delle Linee Guida sulla Gestione di Cervidi e
Bovidi della Provincia, sono stati attuati sul Capriolo, dal 2002 al 2004, in preferenza con interventi
di cattura e trasporto dei capi in aree protette di altre province/regioni. Le operazioni di cattura,
coordinate dall’Ufficio Gestione Faunistica hanno permesso complessivamente il prelievo di 79
caprioli negli ultimi 2 anni.
Interventi di controllo delle popolazioni di Capriolo, Daino e Cervo nel periodo 2001-04
Anno
Comprensorio
2000
2001
2002
2003
2004
Capriolo
nord
sud
39
0
0
0
26
6
0
40
87
12
nord
sud
nord
sud
0
20
0
0
0
0
0
0
19
16
0
1
16
35
0
4
25
19
0
11
Daino
Cervo
13.2.16.1.8) Linee di gestione
13.2.16.1.8.1) Vocazionalità territoriale
Ai sensi di quanto previsto nel D.P.G.R. 13/R 2004 (art. 81), la Provincia, su proposta degli
A.T.C., approva la delimitazione delle aree vocate per le specie ungulate nel territorio a caccia
programmata, ovvero quelle porzioni territoriali in cui attuare la gestione conservativa delle
popolazioni. L’A.T.C. competente territorialmente stabilisce per ciascuna specie e per ciascuna
unità di gestione, la densità obiettivo sulla quale impostare i piani di prelievo, individuando le aree
in cui, nell’ambito degli annuali piani di assestamento e prelievo, sia necessario intensificare e
concentrare gli abbattimenti. La prima verifica dell’attuazione di tale modalità di gestione avverrà al
terzo anno dall’approvazione del presente piano faunistico.
Per le Aziende Faunistico Venatorie, salvo quanto definito ai punti successivi, la Provincia
approva i piani di assestamento e prelievo dei cervidi e bovidi secondo la vocazionalità definita per
ciascuna specie nei territori adiacenti ai confini, adeguandone la densità obiettivo a quella delle
unità di gestione confinanti, in conformità alle disposizioni dell’articolo 47 Del C.R. 292/94 e per
quanto riguarda l’attribuzione dei danni nella fascia di 200 m dal confine delle stesse, come previsto
dall’articolo 47 comma 9 bis L.R. 3/94; se necessario per situazioni a rischio per la presenza di
colture arboree specializzate (vigneti, oliveti, frutteti) la Provincia può proporre alle singole aziende
di togliere cervidi e bovidi dalle specie di in indirizzo.
Con provvedimento tecnico amministrativo la Provincia può modificare i confini definiti
dalla vocazionalità del territorio, anche su proposta degli ATC, per sopraggiunte difficoltà
gestionali dovute in particolare alla intensificazione di danni alle colture causati dalle singole
specie.
Per ciascuna specie si determina quanto segue:
Capriolo - La specie costituisce una risorsa faunistica autoctona e la sua gestione deve essere
effettuata per tempi e modalità con il metodo della caccia di selezione.
Gli A.T.C., nelle aree dove risultano prevalenti le coltivazioni arboree specializzate, valutata
la distribuzione e l’entità dei danni liquidati, l’entità dei prelievi effettuati, le azioni di prevenzione
dei danni attuate, individuano nei piani annuali di assestamento di ciascuna unità di gestione
porzioni di territorio nelle quali i prelievi debbano essere maggiormente concentrati, al fine di
tendere ad una riduzione della consistenza della popolazione, individuando, se necessario, anche i
periodi in cui concentrare tali prelievi.
L’A.T.C. competente territorialmente stabilisce per ciascuna unità di gestione, ai sensi della
normativa vigente, la densità obiettivo sulla quale impostare i piani di prelievo.
Daino - la specie rappresenta un elemento alloctono della fauna provinciale, anche se ormai da
lungo tempo naturalizzato. L’impatto del Daino sulla vegetazione forestale ed agraria risulta
elevato, in considerazione delle necessità pabulari di una specie di grandi dimensioni e con una
forte tendenza al raggruppamento e alla stabilità territoriale.
Con il presente Piano Faunistico Venatorio si considera pertanto non vocata alla specie tutta
la superficie agroforestale provinciale ad eccezione dei due Comprensori di Gestione Programmata
denominati “Moscheta” e “Vallombrosa” così come individuati nelle seguenti carte.
Comprensorio di gestione del daino “Moscheta”
Comprensorio di gestione del daino “Vallombrosa”
Agli A.T.C., ciascuno per il territorio di propria competenza, spetta la elaborazione dei
piani di assestamento e prelievo per i due Comprensori di Gestione Programmata, sulla base del
numero di animali censiti, delle densità obiettivo stabilite e delle altre misure gestionali necessarie
anche attraverso la creazione di unità di gestione specifiche.
Nel restante territorio non vocato provinciale devono essere adottati interventi di prelievo
(caccia e/o controllo) tesi alla eradicazione della specie.
Muflone - Si conferma la vocazione per la specie del territorio occupato dalla popolazione
dell’Oasi del Covigliaio-Belvedere, in comune di Firenzuola. L’area a gestione conservativa per la
specie si estende, nell’Oasi suddetta, nella A.F.V. La Traversa e nei distretti di caccia di selezione al
capriolo confinanti con tali istituti.
Come per il Daino, nella redazione dei Piani di gestione da parte degli A.T.C. i calcoli
relativi agli animali censiti, alla densità ed alle altre misure gestionali dovranno essere riferiti alla
superficie delle porzioni di Comprensorio vocate, separatamente da quelle non vocate, con le
rispettive indicazioni di prelievo, anche attraverso la creazione di Unità di Gestione specifiche.
Tutte le rimanenti porzioni di territorio provinciale saranno considerate non vocate, con l’adozione
di adeguati interventi di prelievo (caccia, controllo) tesi alla eradicazione della specie.
Cervo - Alla luce delle informazioni di consistenza, densità e distribuzione indicate nei paragrafi
precedenti, con il presente Piano si propone la delimitazione di una porzione di territorio finalizzato
alla gestione programmata della specie, completamente ricadente nell’Ambito Territoriale di Caccia
FI 4, così come rappresentato nella seguente carta.
Comprensorio a gestione programmata del cervo appenninico
Il Comprensorio a Gestione Programmata del Cervo Appenninico così individuato vuol
costituire un collegamento, nella porzione appenninica della Provincia, tra le due popolazioni
originate dalle Foreste Casentinesi e dalla Foresta dell’Acquerino (province di Prato, Pistoia e
Bologna), con la creazione di un’unica popolazione.
Le modalità di gestione della popolazione appenninica del Cervo dovranno essere raccordate
con quelle definite dalle province limitrofe, anche extraregionali, componenti l’A.C.A.T.E. (Area
Cervo Appennino Tosco Emiliano), e A.C.A.To.R. (Area Cervo Appennino Tosco Romagnolo) in
attuazione delle disposizioni del Reg. Regionale n. 8 del 15 novembre 2000 e del Testo Unico
D.P.G.R. 13/R/2004 .
Per la gestione venatoria della specie l’ATC Fi 4 può proporre la creazione all’interno del
Comprensorio a Gestione Programmata di Unità di Gestione con densità obiettivo differenziate che
tengano conto del livello di sostenibilità delle realtà-agroambentali presenti.
Tutto il restante territorio provinciale è considerato non vocato, in relazione alla
incompatibilità di questa specie con le coltivazioni agro-forestali delle aree più soggette a
coltivazioni intensive o di pregio, con l’adozione di adeguati interventi di prelievo (caccia,
controllo) tesi alla eradicazione della specie.
13.2.16.1.8.2) Indice di saturazione nei distretti
La caccia di selezione, attuata in Provincia di Firenze a partire dal 1990, ha rappresentato
uno degli elementi di maggiore innovazione nel panorama faunistico-venatorio.
Le modifiche apportate nel 2005 alla L.R. 3/94 relativamente alla creazione della nuova
opzione di caccia agli ungulati in via esclusiva (opzione “d”), e le richieste crescenti da parte dei
cacciatori della Provincia di aderire alla caccia di selezione hanno imposto la necessità di
aggiornare le modalità di accesso e gestione a tale tipologia di caccia.
Rispetto alle precedenti norme relative alla caccia di selezione in provincia di Firenze
(Delibera della Giunta Provinciale n. 192 del 24.05.2001) ed alla Deliberazione del Consiglio
Provinciale n. 35/2006, relativa all’applicazione delle novità normative regionali sull’argomento,
permane la urgente necessità di definire misure di limitazione agli accessi di nuovi iscritti nei
Distretti di caccia esistenti ed in quelli di istituzione futura.
Tale esigenza è motivata sia dalla necessità di stabilizzare il legame tra cacciatore e
territorio, sia dalla opportunità di garantire una equa e razionale ripartizione degli abbattimenti, sia
dalle necessità legate alla sicurezza nell’azione di caccia.
La superficie del distretto è il fattore meglio valutabile per definire il numero di cacciatori
ammissibili, ma data la grande differenza ambientale che contraddistingue i distretti dell’ATC
Firenze 4 da quelli dell’ATC Firenze 5, al fine di standardizzare le modalità di calcolo si prende in
considerazione l’estensione della superficie boscata presente in ciascun distretto. Il livello di
saturazione di ciascuna unità di gestione per le nuove iscrizioni è pertanto determinato sulla base
della superficie. boscata nella misura di un cacciatore ogni 100 ha di bosco presente.
Oltre al parametro territoriale, per l’individuazione dei posti disponibili per i nuovi
cacciatori si definisce anche il numero massimo di capi prelevabili in prima assegnazione: a ciascun
cacciatore spettano in prima assegnazione 2 caprioli e 1 capo di altra specie. Tenuto però conto che
non tutti i cacciatori esercitano la caccia ad altre specie rispetto al capriolo, gli A.T.C. possono
definire con propri atti adeguatamente motivati, criteri che consentano in prima assegnazione l’
attribuzione di un numero complessivo massimo di 3 capi.
Tali criteri di saturazione vengono applicati esclusivamente per le nuove iscrizioni ad un
distretto per la caccia di selezione e per le richieste di trasferimento presentate agli organi
competenti in data successiva all’entrata in vigore del presente Piano.
Gli A.T.C. possono individuare con proprio atto modalità e tempi con cui assegnare gli
eventuali capi in esubero o non prelevati, fermo restando quanto disposto nelle già citate
disposizioni vigenti.
13.2.16.1.8.3) Obiettivi generali della gestione venatoria
La gestione venatoria dei Cervidi e Bovidi selvatici negli A.T.C. e negli Istituti faunisticovenatori della Provincia di Firenze si pone i seguenti obiettivi prioritari:
a)
nelle aree vocate, conservazione delle popolazioni e mantenimento delle loro caratteristiche
di struttura naturale, con particolare riguardo alle specie autoctone;
b)
nelle aree non vocate adozione per le singole specie di interventi di contenimento numerico
e di limitazione degli areali di distribuzione finalizzati alla eradicazione;
c)
definizione da parte degli A.T.C. delle densità obiettivo per ciascuna delle differenti specie,
in ciascuna unità di gestione (Aree di pertinenza, Distretti, Aziende Faunistiche), compatibili con la
vocazionalità del territorio e con le attività agro-silvo-pastorali fissando i tempi per il
raggiungimento di tali obiettivi che non potranno risultare inferiori alla durata del presente piano
faunistico venatorio;
d)
definizione ed il monitoraggio nel tempo, con metodi omogenei e comparabili, delle
caratteristiche di densità e degli altri parametri di popolazione a seconda delle differenti specie in
unità di gestione adeguate (Distretti, Aziende Faunistiche ecc.) in cui è suddivisa la superficie agroforestale della provincia;
e)
raggiungimento e/o il mantenimento delle densità obiettivo fissate dagli A.T.C. mediante la
stesura e realizzazione di piani di prelievo.
13.2.16.1.8.4) Densità obiettivo
Per il raggiungimento delle finalità di cui al precedente paragrafo, si danno di seguito
indicazioni circa le densità minime per ciascuna specie da applicarsi nelle aree vocate.
Le densità minime della tabella rappresentano, per quanto riguarda le aree vocate,
l’obiettivo minimo per assolvere alle finalità di gestione conservativa e per rendere applicabile la
gestione venatoria per ciascuna specie.
Specie
Densità minime obiettivo
Cervo
2 capi/100 ha
Capriolo
8 capi/100 ha
Daino
2 capi/100 ha
Muflone
3 capi/100 ha
In assenza di specifici accordi con gli ATC competenti per i distretti confinanti si
stabiliscono per le Aziende Faunistico Venatorie le densità obiettivo massime per assolvere alle
finalità di gestione per ciascuna specie al fine di stabilire un possibile equilibrio con le attività agrosilvo-pastorali.
Specie
Densità massime obiettivo
Cervo
6 capi/100 ha
Capriolo
25 capi/100 ha
Daino
10 capi/100 ha
Muflone
10 capi/100 ha
13.2.16.1.8.5) Unità di Gestione
La pianificazione della conservazione e del razionale utilizzo di ciascuna specie deve essere
effettuata per Unità di Gestione. Tali unità territoriali possono essere individuate tenendo conto
delle dimensioni medie ottimali del territorio in grado di ospitare popolazioni demograficamente
distinte e variano a seconda della specie considerata. Per popolazione “demograficamente distinta”
si intende un nucleo di animali distribuiti in una ben definita porzione di territorio, in cui i fenomeni
di immigrazione ed emigrazione, se pur presenti, non modificano in modo sostanziale i parametri
demografici della popolazione stessa (struttura per sessi ed età, tassi di mortalità, incremento utile
annuo).
L’attuazione delle misure gestionali e degli interventi di monitoraggio e prelievo si articola
in unità di gestione denominate Distretti, differenziati nella estensione, nel territorio a caccia
programmata, in funzione delle caratteristiche di mobilità di ciascuna specie.
A titolo orientativo nella seguente tabella viene indicata l’estensione media, nel territorio a
caccia programmata, delle possibili Unità di Gestione (U.D.G.) in riferimento alle differenti specie.
SPECIE
Capriolo
Cervo
Daino
Muflone
Superficie media delle U.D.G.
2.000-5.000 ha
10.000-20.000 ha
5.000-10.000 ha
5.000-10.000 ha
Nel caso del capriolo, per una migliore organizzazione e realizzazione delle attività
gestionali e venatorie in rapporto alla vocazionalità del territorio determinata dalla presenza di
colture suscettibili di danno, la gestione può essere effettuata per unità territoriali di dimensioni
inferiori (Aree di Pertinenza), alle quali possono essere applicate densità obiettivo specifiche.
Gli A.T.C. in caso di necessità di proporre motivate azioni di controllo su Cervidi e Bovidi
all’interno di istituti faunistici pubblici a divieto di caccia, equiparano gli stessi a singole unità di
gestione.
Le Aziende Faunistico Venatorie sono da considerarsi singole unità di gestione, salvo
quanto specificato al capoverso successivo.
Nel caso del Cervo all’interno del Comprensorio a gestione conservativa, dato che la specie
esige unità di gestione di vaste proporzioni, queste possono prescindere dalla presenza al loro
interno di unità territoriali con finalità diversificate (Distretti, A.F.V., Oasi e Z.R.C.). I programmi
di conservazione e i conseguenti piani di intervento devono fare quindi riferimento all’intera unità
di gestione ponendo comunque attenzione alle differenti finalità dei diversi Istituti inclusi e delle
diverse situazioni normative. L’applicazione di tale concetto implica la necessità di un buon
coordinamento tra i diversi Istituti che sono interessati dalla presenza del Cervo.
13.2.16.1.8.6) Piano di gestione annuale
Il perseguimento degli obiettivi sopra delineati ed in generale di quelli definiti nel presente
Piano rappresenta il criterio ispiratore del "Piano di gestione annuale di Cervidi e/o Bovidi”
(P.G.A.) che ciascun A.T.C. e A.F.V. elabora ogni anno e che presenta all’Ufficio Caccia della
Provincia entro il 15 maggio, con le modalità definite ai paragrafi successivi.
La Provincia ha il compito di valutare la rispondenza di ciascun P.G.A. agli obiettivi
generali di gestione nonché ai contenuti del presente Piano e di approvarlo, sentito l’I.N.F.S. ai
sensi della normativa vigente, con apposito Atto tecnico amministrativo.
La Provincia invia la sintesi dei piani di prelievo per ciascuna unità di gestione e per specie
all’I.N.F.S.
13.2.16.1.8.7) Stime della popolazione
Ogni specie per la quale sia previsto un piano di gestione e/o di prelievo dovrà essere
sottoposta a valutazione critica degli effettivi da attuarsi tramite periodici censimenti o conteggi
effettuati con metodiche standardizzate e ripetibili nel tempo. Tali operazioni sono finalizzate alla
stima della densità, ovvero del numero di animali per unità di superficie (n. di capi/100 ha). Tale
parametro rappresenta il dato principale su cui basare la gestione in quanto permette confronti nello
spazio e nel tempo e permette di modulare tempi, modalità e quantità delle operazioni gestionali. In
tal senso, al fine di valutare le variazioni di distribuzione e consistenza delle popolazioni, è
comunque auspicabile l’organizzazione di censimenti e conteggi e la raccolta ed elaborazione dei
dati anche nel caso di specie/popolazioni sulle quali non si preveda il prelievo, o presenti in aree in
divieto di caccia, specificando a tale riguardo se i dati di densità si riferiscono anche a tali aree od ai
capi in esse presenti.
Di seguito vengono riportate le metodologie utilizzabili per ciascuna specie. La
combinazione di almeno due diverse metodologie rappresenta il migliore approccio per diminuire
considerevolmente i rischi di errore.
Muflone:
•
conteggio diretto, a vista in contemporanea da punti fissi;
•
conteggi notturni con faro.
Cervo:
•
conteggio diretto, a vista in contemporanea da punti fissi;
•
conteggi notturni con faro;
•
conteggio notturno dei maschi al bramito ed estrapolazione di questo valore sulla struttura
di popolazione.
•
distance sampling (in via sperimentale)
Capriolo:
•
conteggio diretto, a vista in contemporanea da punti fissi;
•
conteggi notturni con faro;
•
censimento in battuta su aree campione;
•
distance sampling (in via sperimentale)
Daino:
•
conteggio diretto, a vista in contemporanea da punti fissi;
•
conteggi notturni con faro;
•
censimento in battuta su aree campione;
•
conteggio dei maschi al bramito ed estrapolazione di questo valore sulla
•
struttura di popolazione.
•
distance sampling (in via sperimentale)
13.2.16.1.8.8) Classi di sesso ed età
Stanti le ben note difficoltà di valutazione dell'età degli Ungulati attraverso l’osservazione in
natura, non si ritiene opportuno individuare ulteriori classi di sesso ed età oltre a quelle sotto
indicate. Nei censimenti devono inoltre essere previste schede contenenti colonne riguardanti gli
"indeterminati" (animali di cui non si è potuto effettuare un riconoscimento del sesso, dell'età o di
entrambi). Con accezione ampia, riferita a tutte le specie, valgono le seguenti definizioni generali.
Classe 0
Classe I
Classe II
Classe III
Piccoli dell’anno
Soggetti giovani; fisiologicamente e socialmente immaturi
Soggetti sub-adulti; socialmente immaturi
Soggetti adulti
La suddivisione per ciascuna specie potrà essere utilizzata sia per i censimenti, sia per la
redazione e distribuzione dei Piani di Prelievo e potrà venire semplificata eliminando, nel caso
occorra, la classe delle femmine di età compresa tra 1 e 2 anni, accomunate tra le femmine adulte.
I conteggi primaverili (diurni o notturni) del Cervo o Capriolo permettono la migliore
determinazione delle classi d’età maschili specificate, in funzione dello stadio di crescita del trofeo
e della muta.
Il cambio di età si pone per convenzione, per tutte le specie al primo di giugno; per il
Muflone il primo di aprile (salvo i casi in cui si ravvisi natalità autunnale).
13.2.16.1.8.9) Contenuti essenziali del Piano di Gestione Annuale (P.G.A.)
Costituiscono parte integrante del P.G.A., presentato annualmente dai gestori delle Unità di
Gestione (A.T.C., Titolari di A.F.V., Gestori di Altri Istituti faunistici), per ciascuna specie e per
ciascuna Unità Minima di Gestione:
a)
la suddivisione dell'A.T.C. (ed eventualmente delle A.F.V.) in sub-unità gestionali
(Distretti, Aree di Pertinenza) al netto di eventuali altri Istituti faunistici, corredata da un’adeguata
cartografia generale e di dettaglio (in formato cartaceo ed informatizzato).
Per ogni distretto/A.F.V., accanto alla superficie complessiva dovrà essere indicata:
-
l’area utilizzabile dalla specie al netto delle superfici urbanizzate o comunque non
utilizzabili (A.U.S. = area totale - aree urbanizzate – altre aree non utilizzabili);
la suddivisione dell’A.U.S. tra aree boscate, aree cespugliate ed aree aperte;
la superficie effettivamente censita (suddivisa eventualmente tra le diverse metodologie
applicate) entro l’Unità di Gestione nell’anno corrente;
b)
i risultati dei censimenti annuali (consistenza e densità riferita alla area censita ed alla
A.U.S. e nel caso del Capriolo alla superficie boscata) relativi all’anno di applicazione del P.G.A.
ed almeno al biennio precedente, suddivisi per ciascuna U.d.G., per ciascuna metodologia e secondo
le classi di sesso ed età descritte in precedenza, corredate da una valutazione delle dinamiche di
popolazione;
c)
una eventuale relazione inerente la distribuzione e consistenza potenziale delle diverse
specie nonché la problematiche incontrate nella raccolta ed elaborazione dei dati di censimento ed i
programmi di censimento previsti per gli anni successivi con particolare riguardo al Capriolo e
Cervo;
d)
gli esiti dei piani di prelievo relativi ai due anni precedenti. Per ogni anno e per ogni
U.D.G., si riporteranno, suddivisi per classi di sesso ed età:
il numero di capi autorizzati in prelievo;
il numero dei capi effettivamente assegnati;
il numero di capi abbattuti;
la percentuale degli abbattuti in rapporto ai capi autorizzati;
il numero e la percentuale di errori di tiro;
il numero medio di giornate di caccia/capo abbattuto per classe;
la distribuzione della età dei capi abbattuti nelle classi adulte.
e)
una eventuale relazione inerente il un bilancio sintetico dei risultati ottenuti, in rapporto
alle finalità gestionali contenute nei P.G.A. degli anni precedenti nonché altre informazioni di
carattere biometrico e sanitario desunte dai capi abbattuti;
f)
gli obiettivi per il quinquennio successivo con l'indicazione delle iniziative gestionali
previste per il loro conseguimento, compresi eventuali programmi di cattura, reintroduzione e
l’esplicita definizione delle densità-obiettivo che si intendono raggiungere (o mantenere) per
ciascuna specie adeguatamente motivate; verranno pure evidenziati i criteri ispiratori dei piani di
prelievo degli anni successivi. Le densità obiettivo vanno definite per ciascuna unità di gestione;
g)
l'analisi dettagliata dei danni arrecati dagli Ungulati alle attività agricole/forestali
(l'ammontare del danno, la specie responsabile, il tipo di coltura colpita, il periodo di
danneggiamento, il comune in cui è avvenuto il danno). I danni per ciascuna specie dovrebbero
essere rappresentati su cartografia informatizzata (G.I.S.) al fine di rendere evidenti le situazioni a
rischio ed impostare strategie di prevenzione. I dati suddetti adeguatamente sintetizzati dovranno
essere esposti comparativamente ai dati analoghi relativi alle annualità precedenti. A tale fine
dovranno essere utilizzate schede omogenee, in prima applicazione uguali a quelle redatte per il
P.F.V.P.
Un'analisi dell'andamento temporale di tali eventi ed una valutazione critica delle
tendenze completeranno tale capitolo;
h)
la quantificazione dei mezzi utilizzati e gli effetti della messa in atto di eventuali misure di
prevenzione dai danni sulle attività agro-forestali ed una loro valutazione critica;
i)
gli interventi di miglioramento ambientale e di tutela delle popolazioni posti in essere ed i
loro risultati;
l)
il Piano di Prelievo previsto per ciascuna specie (eventualmente suddiviso tra abbattimento
e cattura) per ciascuna Unità di Gestione. Il “Piano di Prelievo” (P.d.P.) sarà articolato inoltre per
sesso e classe di età con indicazione numerica e percentuale di ciascuna categoria rispetto al totale
dei prelievi previsti, con indicazione del rapporto tra maschi e femmine (> 1 anno di età) e del
rapporto di prelievo piccoli/femmine;
m)
il periodo per il quale si richiede l’applicazione del Piano di Prelievo (eventualmente
suddiviso per abbattimenti e catture).
I dati di cui alle lettere a), b), d), g) h) i), l), dovranno essere espressi comunque in forma
sintetica, attraverso la realizzazione di database aggiornabili su modelli omogenei concordati con la
Provincia.
Per ciascuna U.d.G. il Piano annuale sarà basato sul confronto critico tra le densità
potenziali raggiungibili e le densità verificate o stimate attraverso la realizzazione dei censimenti.
La formulazione degli scopi della gestione per ciascuna Unità di Gestione permetterà di
determinare le densità obiettivo che devono essere raggiunte o mantenute nel corso del quadriennio
e, in funzione di esse, le percentuali di prelievo che verranno applicate rispetto al numero totale di
soggetti conteggiati o stimati presenti.
I tassi di prelievo vanno riferiti alla consistenza complessiva primaverile della popolazione
(al netto degli individui di classe 0).
La densità reale (numero di capi/100 ha) viene calcolata nel modo seguente:
Consistenza primaverile (al netto degli individui di Classe 0)
Area Utile alla Specie (A.U.S.) nell’Unità di Gestione
Per quanto concerne il Cervo e, in minor misura, il Daino i dati censuari relativi al
complesso dei territori contigui occupati sia in regime di caccia che di divieto (Oasi, Z.R.C., aree
protette, ecc.) possono rappresentare la base per la formulazione di piani di prelievo, da realizzarsi
nelle Unità di Gestione specifiche tenendo conto della popolazione complessivamente presente
nell’area distributiva continua. Tale condizione deve essere specificata in modo esplicito nei P.d.P.,
fornendo informazioni dettagliate sulla distribuzione e sulla consistenza delle popolazioni
interessate e sull’area complessivamente interessata dai censimenti.
13.2.16.1.8.10) Percentuali di prelievo finalizzati alla gestione conservativa
Il prelievo deve, in linea generale, incidere in misura paritetica su maschi e femmine ovvero
privilegiare leggermente il prelievo di femmine. I tassi di prelievo devono essere commisurati alle
densità verificate mediante i censimenti e alle densità obiettivo fissate per ciascuna U.d.G. In caso
di basse densità, le percentuali di prelievo dovranno garantire l’incremento naturale delle
popolazioni sino al raggiungimento delle densità obiettivo.
Al fine di evitare fenomeni di destrutturazione sociale, le percentuali di prelievo sulle
diverse classi dovranno inoltre tenere conto dei risultati dei prelievi delle annate precedenti,
aumentando/diminuendo i prelievi sulle singole classi in funzione della mancata realizzazione del
piano di tiro.
Di seguito vengono indicate le percentuali di prelievo indicative per classi di sesso ed età
nelle varie specie da utilizzarsi ai fini di una gestione conservativa delle popolazioni.
Muflone:
Classe 0
Classe I
Classe II
Classe III-IV
lasse I
Classe II-III
Agnello (entrambi i sessi)
Maschio di 1 anno
Maschio di 2-3 anni
Maschio oltre i 4 anni
Femmina di 1 anno
Femmina di 2 o più anni
20-30%
10-15%
5-10%
20-30%
10-15%
25-30%
Classe 0
Classe I
Classe II-III
Classe I-III
Piccolo (maschi e femmine)
Maschio tra 1 e 2 anni
Maschio di 2 o più anni
Femmina di 1 o più anni
25-35%
15-20%
20-25%
35-40%
Capriolo:
Per ciascuna unità di gestione nei casi in cui le densità riscontrate nei censimenti siano
conformi alla densità obiettivo fissata, e per le Aziende Faunistico Venatorie in assenza di specifici
accordi con gli ATC competenti per i distretti confinanti potrà essere applicato un tasso di prelievo
secondo i seguenti criteri:
-
densità inferiore a 8 capi/kmq = assenza di prelievo;
densità compresa tra 8 e 10 capi = 10-12%
densità compresa tra 11 e 15 capi = 13-20%
densità compresa tra 16 e 20 capi = 21-25%
densità compresa tra 21 e 25 capi = 26-30 %
densità superiore a 25 capi = dal 30% al ripristino della densità obiettivo
Cervo:
Classe 0
Classe I
Classe II
Classe III
Classe IV
Classe I
Classe I-III
Piccolo (maschi e femmine)
Maschio di 1 anno (fusone)
Maschio di 2 - 4 anni
Maschio di 5- 10 anni
Maschio di oltre10 anni
Femmina di 1 anno (sottile)
Femmina di 2 o più anni
20-25%
12-15%
10-15%
7-10%
7-10%
10-15 %
25-30%
Classe 0
Classe I
Classe II
Classe III-IV
Classe I
Classe I-III
Piccolo
Maschio di 1 anno (fusoni)
Maschio di 2-4 anni (balestroni)
Maschio di 5 o più anni (palanconi)
Femmina sottile di 1 anno
Femmina di 2 o più anni
20-25%
12-15%
10-15%
7-15%
12-15%
30-40%
Daino:
13.2.16.1.8.11) Piani di Controllo
Per controllo si intende il prelievo di individui appartenenti alle specie suddette effettuato in
aree o tempi non destinati alla caccia programmata.
Spetta alla Polizia Provinciale effettuare direttamente, coordinare e controllare le attività di
controllo nei confronti di cervidi e bovidi secondo le modalità stabilite negli specifici atti
autorizzativi. Tali interventi, nel caso di abbattimento, possono essere realizzati con l’ausilio dei
cacciatori di selezione abilitati alla specie oggetto dell’intervento, iscritti all’albo provinciale e
muniti di abilitazione ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94. L’A.T.C. competente territorialmente
effettua la designazione del personale suddetto, anche tenendo conto delle disposizioni vigenti in
merito alla opzione d) di cui all’articolo 28 L.R. 3/94. Nei casi di interventi da effettuarsi in Istituti
faunistici privati, fermo restando il coordinamento della Provincia, i suddetti cacciatori potranno
essere indicati dal titolare dell’azienda; potrà inoltre intervenire egli stesso, nonché una Guardia
Giurata da esso designata.
Gli interventi di controllo con prelievo possono essere realizzati con cattura e successivo
trasporto dei soggetti in altre aree od attraverso l’abbattimento, effettuato con i mezzi della normale
attività di caccia di selezione: carabina, munita di ottica, di calibro adeguato alla specie. Per gli
interventi di controllo nei confronti dei cervidi può altresì essere usato l’arco, non inferiore a 50
libbre, esclusivamente da parte di selettori appartenenti ad associazioni riconosciute per l’uso
dell’arco e possessori di tutti gli altri requisiti necessari di legge.
L’applicazione degli interventi di controllo, rappresenta una soluzione con carattere di
eccezionalità, nel caso emerga la necessità di mantenere/diminuire la consistenza di una
popolazione/specie od eradicarla. L’applicazione del controllo non deve rappresentare una
alternativa alla caccia di selezione attuata nei modi previsti dal calendario venatorio e deve
comunque essere accompagnato dalla corretta applicazione di altri mezzi di prevenzione dei danni
agro-forestali con la messa in opera di sistemi quali recinzioni, shelters, mezzi di dissuasione
olfattiva, ottica od acustica, che, permettano di allontanare gli animali dall’area a rischio di danno.
In sintesi le situazioni che possono giustificare l’attuazione di piani di controllo devono
rientrare tra i seguenti casi:
a)
Insorgenza di gravi danni localizzati a produzioni agro-forestali;
b)
Presenza di specie in area dichiarata non vocata nel presente Piano con presenza di
situazioni attuali o potenziali di danneggiamento alle colture agroforestali;
c)
Superamento, in aree a divieto di caccia, della densità obiettivo stabilita dagli ATC per le
Unità di Gestione adiacenti ai confini, anche in considerazione, per la specie capriolo, della
presenza all’interno di tali aree in divieto di colture arboree specializzate. Le densità reali
all’interno delle aree in divieto di caccia dovranno essere stabilite attraverso censimenti o conteggi
effettuati ai sensi del presente Piano e di altre disposizioni specifiche vigenti.
d)
Incompleta attuazione dei P.G.A. all’interno di Unità di Gestione nel territorio a caccia
programmata e all’interno di AFV, a cui fa riscontro la presenza di danni alle produzioni agricole
per cui il raggiungimento della Densità Obiettivo è ritenuta indispensabile per il mantenimento di
livelli di sostenibilità fra popolazione presente e produzioni agro-forestali;
e)
Mantenimento nelle ZRC di densità obiettivo compatibili con le specie in indirizzo ai sensi
dell’articolo 20 della Del. Consiglio Regione Toscana 292/94.
f)
Presenza di situazioni di potenziale pericolo per attività umane o per l’incolumità delle
persone;
La cattura ed il trasferimento in altre aree dei soggetti prelevati potrà ritenersi metodo privilegiato
rispetto all’abbattimento per le specie Capriolo e Cervo solo in attuazione di specifici piani, nel caso
in cui le immissioni dei soggetti catturati siano finalizzate alla ricostituzione di popolazioni in aree
specificatamente vocate, ed esclusivamente qualora non in contrasto con le osservazioni dell’INFS
relative a problemi di ordine genetico come espresso con parere 724/TA38 del 06/02/2007.
I piani di abbattimento ricadenti in area a gestione conservativa delle popolazioni e comunque
sempre per la specie capriolo, devono essere strutturati per classi di sesso/età e il numero di capi
prelevabili è definito in funzione della differenza tra densità reale riscontrata nei censimenti e densità
obiettivo. L’applicazione del piano di controllo viene comunque riferita ad una determinata Unità di
Gestione, come specificato al precedente paragrafo 4. Tali interventi, se attuati mediante abbattimento
dovranno essere preferibilmente realizzati in tempi favorevoli alla biologia della specie.
I Piani di abbattimento ricadenti in aree destinate alla gestione non conservativa delle popolazioni,
ad eccezione del capriolo, possono derogare dalla strutturazione suddetta; il numero di capi prelevabili
potrà essere annualmente predeterminato in funzione del tempo nel quale si intende realizzare
l’obiettivo di gestione.
13.2.16.1.8.12) Verifica dei capi abbattuti
La misurazione standardizzata di alcuni parametri biometrici collegata alla classe di età ed al
sesso dei capi abbattuti annualmente, attraverso successive analisi, permette di determinare le
caratteristiche delle popolazioni e la loro evoluzione nel tempo.
La verifica dei capi abbattuti è inoltre fondamentale per il controllo della gestione effettuata
in ciascuna U.d.G. e da ciascun cacciatore che abbia partecipato al Piano di Prelievo. A tale
riguardo, ciascun cacciatore assegnatario di capi in abbattimento dovrà provvedere all’apposizione
sulla spoglia del capo appena abbattuto un contrassegno inamovibile d’abbattimento numerato,
fornito dall’A.T.C. o dal titolare della U.d.G.. Il numero e la sigla del contrassegno d’abbattimento
dovranno essere riportati sulle schede biometriche.
Per tutti i capi dovranno essere rilevate a cura del cacciatore assegnatario, in apposite schede
d’abbattimento realizzate dall’A.T.C. o dal Titolare di A.F.V. ed a questi riconsegnate al termine
della stagione venatoria, almeno le seguenti informazioni:
a)
peso pieno e peso ben sventrato (sulla spoglia);
b)
c)
d)
e)
specie, sesso e classe di abbattimento;
presenza di lattazione o feti (sulle femmine);
data ed ora di abbattimento;
numero di contrassegno d’abbattimento.
Ulteriori parametri nonché la raccolta di particolari campioni biologici potranno essere
oggetto di specifica raccolta su istruzioni impartite dalla Provincia e/ o dall’A.T.C.
L’analisi delle spoglie e/o la verifica dei trofei/mandibole avverrà in luoghi di controllo
stabiliti annualmente dalla Provincia e/o dall’A.T.C. competente, ai quali ciascun cacciatore dovrà
far pervenire la scheda d’abbattimento, il trofeo e le mandibole (per i maschi) o le sole mandibole
(per femmine e piccoli), debitamente scarnificati.
Nell’occasione della verifica degli abbattimenti annuali di ciascuna specie, saranno
compilate dall’A.T.C. e/o dalla Provincia, apposite schede di valutazione sull’età e sesso dei capi
prelevati da ciascun cacciatore e sulla rispondenza tra capo prelevato e capo assegnato. In tale
occasione saranno forate entrambe le mandibole, conservando la sinistra per le misurazioni
successive e saranno trascritti in modo indelebile sul trofeo e sulle emi-mandibole i dati
identificativi (numero di contrassegno d’abbattimento, U.d.G., nome e cognome del cacciatore). La
Provincia, direttamente con proprio personale o con persone allo scopo delegate, provvede di norma
in tale occasione alla consegna dei contrassegni identificativi previsti dalla vigente normativa sulla
tassidermia, da apporre a cura del detentore su ciascun trofeo dei maschi abbattuti.
Analoghe operazioni saranno condotte sui capi abbattuti negli Istituti faunistici privati ed in
altre aree di prelievo.
13.3) SPECIE NON CACCIABILI
13.3.1) Ardeidi
Gli Ardeidi, e più in generale i Ciconiformi, hanno conosciuto in tutto il territorio
provinciale un rapido e notevole incremento negli ultimi 20 anni con specie che un tempo venivano
indicate come accidentali e che oramai sono avvistate comunemente. Questo progressivo
insediamento è stato suggellato nel 2005 dal ritorno della Cicogna bianca che ha nidificato a
Fucecchio e a Campi Bisenzio. I motivi di questo aumento di presenze sono probabilmente legati al
miglioramento della qualità delle acque ma anche alla espansione incontrollata del Gambero della
Louisiana in moltissimi corsi d’acqua risultato molto ambito da questi uccelli.
I dati numerici sulle varie specie sono cospicui grazie a censimenti svolti in vari periodi
dell’anno da organismi come il citato C.O.T. o a progetti promossi dall’Amministrazione
Provinciale come il progetto Arno portato a termine dalla L.I.P.U.
Come linee di gestione il Piano prevede:
La prosecuzione del monitoraggio delle presenze delle specie ai vari stadi fenologici
mediante censimenti ed osservazioni.
Protezione delle garzaie esistenti (in provincia di Firenze ne sono presenti circa 6-7)
e loro protezione e salvaguardia (per garzaia si intende il sito di nidificazione degli
Ardeidi coloniali).
Miglioramenti ambientali come l’impianto di idonee essenze arboree (salici spp.,
farnia, ontani, ecc.) nei luoghi idonei e carenti, in special modo nella Piana
Fiorentina e nel Padule di Fucecchio, la diversificazione ambientale nelle zone a
canneto con il mantenimento di chiari e zone aperte, o la pulitura di fossi e canali di
scolo dove gli Aironi spp. possono cacciare.
Ove possibile, è auspicabile per tutte le specie di avifauna acquatica una idonea gestione
delle acque sia a livello qualitativo che quantitativo; è infatti importante una attenta differenziazione
della profondità dell’acqua nelle zone umide per consentire alle specie di cacciare e nutrirsi, ma
anche, nei periodi specifici, di trovare un ambiente adeguato per la nidificazione a terra, per le
specie con questa caratteristica.
Ancora una volta la variabilità ambientale è un grosso incentivo alla valorizzazione e
all’incremento della biodiversità.
C.O.T. – Censimenti acquatici svernanti
Ardeidi svernanti
700
600
500
Nitticora
400
Garzetta
Airone guardabuoi
300
Airone cenerino
Airone bianco maggiore
200
100
0
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
13.3.2) Cicogna bianca
La Cicogna bianca (Ciconia ciconia) è una specie gregaria e migratrice che nidifica in
Europa e Nord Africa, mentre sverna generalmente in Africa. Facilmente riconoscibile per le sue
grandi dimensioni (lunghezza 100-115 cm - apertura alare 155-165 cm - peso 3-4 chilogrammi), il
colore bianco ad eccezione delle penne remiganti nere e il becco e zampe lunghi di colore
arancione/rosso; in volo il collo è tenuto disteso. I sessi sono simili mentre i giovani presentano un
becco brunastro verso l’apice e zampe rosso-brunastre. Vive in ambienti aperti dove prevalgono
paludi e/o pascoli. La specie si alimenta infatti di una notevole varietà di invertebrati (insetti,
lombrichi, ecc.) e piccoli vertebrati (rettili, anfibi, arvicole, topi campagnoli, ecc.); la ricerca delle
prede è fatta deambulando lentamente in zone aperte asciutte o umide o sommerse con acqua bassa.
La Cicogna bianca nidifica in genere su alti edifici, comignoli, campanili e tralicci dell'alta
tensione; in marzo-aprile depone 4-6 uova, dalle quali dopo un mese nasceranno pulcini che
saranno nutriti al nido per circa due mesi prima del primo volo.
Negli ultimi decenni la specie ha registrato un sensibile calo in Europa imputabile
principalmente alla distruzione e al degrado degli ambienti di alimentazione. Altre cause del declino
sono il verificarsi di abbattimenti illegali e la morte dovuta all'impatto e/o alla folgorazione sui fili
delle linee elettriche. Anche la diminuzione delle precipitazioni nei quartieri di svernamento
africani ed i programmi di contenimento delle locuste, che costituiscono gran parte della dieta
africana delle cicogne, hanno contribuito al declino della specie.
In Italia l'estinzione della popolazione nidificante è avvenuta intorno al XVII secolo mentre
è continuata la presenza di Cicogne, sia durante la migrazione primaverile, sia durante quella
autunnale. A partire dagli anni cinquanta sono stati registrati diversi spontanei tentativi di
nidificazione nel settore occidentale della Pianura Padana. Successivamente negli anni ‘80 e ’90
sono stati attivati diversi centri per la reintroduzione della Cicogna bianca dove diverse coppie si
sono riprodotte prima all’interno del centro e poi dopo la liberazione nelle immediate vicinanze. Più
recentemente si sono verificati alcuni episodi di nidificazioni spontanei in diverse località del
Nostro Paese anche fuori della Pianura Padana.
13.3.2.1) Il ritorno della Cicogna in provincia di Firenze
Dall’inizio di aprile 2005 due coppie di Cicogne bianche hanno nidificato in due località
della provincia di Firenze.
La prima coppia ha iniziato a costruire il nido i primi giorni di aprile su un traliccio
dell’Enel in un’area ai margini dell’abitato di Fucecchio. Intorno al 15 di aprile la costruzione del
nido è stata completata e da quel momento la femmina con sempre maggiore frequenza è stata vista
in atteggiamento di cova sul nido. La riproduzione è stata portata a compimento con l’involo di 5
nuovi nati. Nel periodo successivo mentre i piccoli ed il padre erano scomparsi dall’area di
nidificazione, la femmina veniva osservata comunemente nei dintorni del nido.
La seconda coppia ha iniziato a costruire il nido intorno al 15 di aprile su un pilone di
trasmissione dell’energia elettrica in un’area adibita a deposito di materiale da edilizia in piena area
urbanizzata nel comune di Campi Bisenzio a pochi passi dal fiume Ombrone e dal paese di Poggio a
Caiano. In precedenza aveva effettuato un tentativo in un altro sito, posto a poca distanza ma non
andato a buon fine. Anche in questo caso una volta terminata la costruzione del nuovo nido intorno
al 25 di aprile la femmina è stata osservata in atteggiamento di cova. Purtroppo il ferimento del
maschio (rottura di una zampa), avvenuto per cause non determinate, ha impedito la continuazione
della cova e della riproduzione. Nel nido abbandonato sono state successivamente recuperate da
parte dei tecnici della Provincia e della Polizia Provinciale 3 uova e due piccoli deceduti.
L’evento ha assunto comunque un valore eccezionale in quanto la specie non nidificava in
Toscana da almeno tre secoli e anche nel resto del nostro paese i casi (recenti) di nidificazione in
natura sono poco numerosi.
La segnalazione di individui di Cicogna bianca nelle nostre zone sono andate aumentando
nel corso degli ultimi 20 anni verosimilmente favorite dalla presenza di misure di protezione, dalla
conservazione e/o ripristino di habitat idonei e dall’attivazioni di alcuni progetti di reintroduzione
della specie da parte di associazione ambientaliste.
La Cicogna bianca è una specie protetta sia a livello delle principali Direttive Comunitarie
che dalle Leggi Nazionali e Regionali. Le due aree di nidificazione presentano caratteristiche
ambientali simili. Pur essendo molto antropizzate e con aree industriali e terziare limitrofe in forte
espansione, hanno mantenuto ancora una discreta presenza di ambienti idonei alla specie quali
campi a pascolo, coltivi e piccole zone umide, in parte protette, in parte utilizzate come chiari da
caccia. Inoltre per la prima coppia riveste sicuramente una certa importanza anche la vicinanza del
Padule di Fucecchio.
Infine dal 1985 è stato avviato un primo importante progetto di reintroduzione della specie
presso il Centro Cicogne di Racconigi in Piemonte e successivamente dal 1994 è stato attivato
anche il Centro Carapax a Massa Marittima (GR). Proprio da questo Centro provengono entrambe
le femmine delle due coppie come è stato possibile rilevare dalla lettura di un anello in P.V.C. blu
con scritta bianca applicato sulla gamba. Di sicuro sappiamo che le due femmine sono nate
nell’anno 2002 e sono state liberate nel 2003. Una terza femmina, sempre proveniente dal Centro
Carapax è impegnata quest’anno nella nidificazione in Sardegna. Diversamente tutto lascia pensare
che i maschi siano di origine selvatica.
13.3.2.2) Interventi per i prossimi anni e accordo con l’ENEL
La Provincia di Firenze ha immediatamente avviato gli opportuni contatti con l’Enel al fine
di stabilire una stretta collaborazione per garantire la sicurezza dei nidi. Infatti, almeno per il nido di
Fucecchio esiste il rischio di elettrocuzione che, per uccelli di grosse dimensioni, quali appunto la
Cicogna, è purtroppo un evento che si può verificare.
Sono ad oggi state realizzate ed impiantate, in collaborazione con l’Enel, due piattaforme in
metallo direttamente sui tralicci nelle vicinanze del sito dove attualmente stanno nidificando la
Cicogne. L’obiettivo di queste strutture è quello per il prossimo anno di facilitare la nidificazione
delle due coppie ma anche di fare da richiamo per altre coppie in migrazione e invogliarle a
stabilirsi in queste zone.
13.3.3) Storno
13.3.3.1) Introduzione
La specie ha conosciuto negli ultimi anni un sensibile incremento di consistenza e diffusione
nella provincia. La presenza è continuativa durante tutto l’arco annuale con consistenza maggiore
durante l’inverno per la l’utilizzo di vari ambiti della provincia come luogo di svernamento da parte
anche di popolazioni provenienti da altre aree europee.
Lo Storno risulta abbondante anche come nidificante, specialmente nelle aree di pianura e
collina sino ai 500-600 metri di altitudine, utilizzando come siti riproduttivi soprattutto i tetti di
fabbricati ed abitazioni, nonché i fori presenti in piante di grosse dimensioni (per esempio quelli
ricavabili nei castagni da frutto e gli ex nidi di Picidi). Da sottolineare la presenza relativamente
abbondante in ogni periodo dello Storno nei centri urbani maggiori, ove, oltre a nidificare, trova
rifugio notturno in inverno sfruttando in gruppi di centinaia di individui le alberature di parchi,
giardini pubblici e viali le linee elettriche, anche in aree ad alta presenza umana (ad esempio il
centro di Firenze, il Mercato Ortofrutticolo di Novoli, il Carcere di Sollicciano, ecc.).
13.3.3.2) Danni
Con il crescere della popolazione nidificante e svernante si sono accresciuti i
danneggiamenti causati dalla specie ed oggetto di denuncia ai fini di indennizzo.
Andamento dei danni da Storno (in euro) in provincia di Firenze
120.000,00
100.000,00
80.000,00
60.000,00
40.000,00
20.000,00
0,00
97
98
99
2000
2001
2002
2003
2004
Dall’analisi del grafico precedente si osserva come, dal 1998 al 2001, il valore del danno sia
via via aumentato fino a raggiungere i 114.742 euro. Nel 2001, lo Storno divenne dopo il Cinghiale
la seconda specie selvatica causa di danno all’agricoltura in provincia di Firenze.
Dal 2002 si assiste, invece, ad una netta diminuzione del valore del danno che negli ultimi
due anni è rimasto praticamente costante.
Storno, entità dei danni e negli anni 1997-2004
Comuni
Danno nel
1997
(euro)
Danno nel
1998
(euro)
Danno nel
1999
(euro)
Danno nel
2000
(euro.)
Danno nel
2001
(euro.)
Danno nel
2002
(euro.)
Danno nel
2003
(euro.)
Danno nel
2004
(euro.)
Intera
Provincia
97.610,4
31.851,4
35.402,6
83.510,1
114.742,6
65.337,0
43.628,3
42.149,3
I danni all’agricoltura di cui è esposto l’andamento nelle tabelle e figure seguenti hanno una
distribuzione annuale legata con l’epoca di maturazione dei frutti coltivati, con picchi di
danneggiamento nel periodo primaverile (maggio-giugno, in coincidenza con la fruttificazione di
ciliegio, albicocco, fragola, susino), ed autunnale (settembre-ottobre con la maturazione dell’uva;
ottobre-dicembre, con la maturazione delle olive).
I danni risultano particolarmente concentrati in primavera, quando gli Storni possono
compromettere interi raccolti alimentandosi dei frutti già dal primo accenno di maturazione. In
autunno ed inverno invece, pur assumendo consistenze complessivamente elevate, i danni vengono
ripartiti in più Aziende agricole, data la grande diffusione di olivo e vite nel territorio della
Provincia.
Ai danni sopra accennati, oggetto di indennizzo ai sensi della L.R. 3/94, si registrano
numerose richieste di intervento per i danni causati dai nidi dello Storno ai tetti di fabbricati e di
abitazioni, anche su immobili di elevato pregio storico ed architettonico.
Una valutazione della distribuzione dei danni sul territorio e delle epoche di maggiore
intensità del danneggiamento, può essere ricavata osservando la distribuzione degli interventi di
controllo effettuati nelle annate 2001-2005, in funzione delle richieste presentate dagli agricoltori,
illustrata nella tabella e figura seguente.
Numero di Aziende nelle quali è stato effettuato il controllo con abbattimento per anno
Anno
N. Comuni
N. Aziende
2001
2002
2003
2004
2005
7
16
11
16
13
8
28
24
62
23
Come evidenziato in tabella, dal 2001 al 2004 risultano sensibilmente aumentate le Aziende
agricole nelle quali sono dovuti essere effettuati gli interventi di controllo diretto, come pure il
numero dei comuni nei quali lo Storno risulta essere una specie “critica” per le coltivazioni.
Nell’ultimo anno il numero di Aziende colpite sembra essere nettamente diminuito, dai dati a
disposizione.
Al fine di limitare i danneggiamenti, dal 1999 sono stati attuati interventi di prevenzione
indiretta e diretta (vedasi le parti successive) secondo appositi piani annuali di prelievo. Da questi
ultimi, finalizzati a risolvere in tempi rapidi (2-4 giorni dalla richiesta) i danneggiamenti gravi alle
colture, si desumono le epoche di maggiore intensità degli attacchi. Come si può notare il periodo
più problematico è compreso tra metà maggio e metà giugno, in coincidenza della maturazione dei
frutti primaverili (ciliegie, sopratutto). In tale periodo sono stati concentrati il maggior numero dei
capi abbattuti annualmente.
Ripartizione dei prelievi per mese (anni 2001-2003 cumulati)
800
693
700
652
600
500
400
300
200
94
100
31
21
16-30 giugno
1-15 luglio
0
16-31 maggio
1-15 giugno
16-31 luglio
periodo
13.3.3.3) Risultati degli interventi di prevenzione e controllo
Dal 1999 sono stati attuati interventi di prevenzione (in collaborazione con gli A.T.C.) e
controllo diretto. Tra i sistemi indiretti sono stati utilizzati vari metodi di dissuasione e prevenzione
(mezzi ottici, cannoncini a gas, dissuasori acustici con richiamo d’allarme della specie, reti di
protezione delle colture, spari a salve).
In generale pur rilevandosi alcune situazioni in cui i sistemi suddetti hanno portato effettive
diminuzioni dei danni, si è generalmente assistito ad una rapida assuefazione dello Storno a tali
metodi di allontanamento con il conseguente permanere di danneggiamenti localmente assai elevati.
L’entità del danno causato dalla specie, come ricordato in precedenza, assume localmente
valori elevati divenendo localmente (Comprensorio sud della provincia, Circondario EmpoleseValdelsa) secondo solo a quello causato dal Cinghiale.
A partire dal 1999 alle misure indirette di prevenzione sono stati affiancati interventi di
abbattimento attuati, ai sensi dell’art. 37 della Legge Regionale 3/94, previo parere dell’I.N.F.S.,
con il coordinamento della Polizia Provinciale, l’ausilio di personale appositamente abilitato, con
l’utilizzo di arma da fuoco. Gli abbattimenti sono stati realizzati nel periodo aprile-luglio, in un
numero variabile di Aziende agricole. I risultati degli abbattimenti, per anno sono illustrati
sinteticamente nella tabella e figura seguenti.
Consuntivo degli interventi diretti di controllo (anni 1999-2005)
Prelievo
attuato nel
1999
(n. capi)
721
Prelievo
attuato nel
2000
(n. capi)
595
Prelievo
attuato nel
2001
(n. capi)
458
Prelievo
attuato nel
2002
(n. capi)
199
Prelievo
attuato nel
2003
(n. capi)
902
Prelievo
attuato nel
2004
(n. capi)
1.500
Nella figura seguente l’andamento dei prelievi è evidenziato in forma grafica.
Prelievo
attuato nel
2005
(n. capi)
976
Prelievo di controllo sullo Storno (n. capi/anno)
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Come si evince dall’analisi della tabella e del grafico precedenti, i primi quattro anni, dal
1999 al 2002, sono stati caratterizzati da un basso numero di prelievi e da un progressivo
decremento: da 721 prelievi nel 1999, ad appena 199 nel 2002. Nell’ultimo triennio, invece, i
prelievi hanno subito un incremento fino al valore massimo, raggiunto nel 2004, di 1.582
abbattimenti diretti. Da sottolineare che il contingente massimo abbattibile annualmente è stato di
1.000 capi sino al 2003. Dal 2004, in funzione del riscontrato aumento della popolazione nidificante
e, di conseguenza, delle richieste di intervento il contingente massimo abbattibile è stato aumentato
a 1.500 capi.
Ponendo a confronto la variazione annuale dei danni con il numero di abbattimenti effettuati
è possibile notare una evidente correlazione, che testimonia l’indubbia efficacia delle azioni di
prelievo.
Relazione tra numero di capi abbattuti e danni provocati dallo Storno (1999-2004)
120.000,00
1800
1582
1600
100.000,00
EURO
80.000,00
1200
1000
60.000,00
902
800
721
40.000,00
600
458
595
CAPI PRELEVATI
1400
400
20.000,00
200
199
0,00
0
1999
2000
Danni
2001
2002
2003
2004
Prelievi effettuati
13.3.3.4) Linee di gestione
La gestione della specie a livello provinciale risulta relativamente complessa partendo dalla
considerazione che non esistono probabilmente popolazioni stabili ed il contingente presente in
larga parte dell’anno deriva da movimenti di soggetti in migrazione ed in erratismo. Il rapporto
numerico tra popolazione nidificante e svernante sul territorio provinciale non è stato approfondito,
tuttavia prendendo in considerazione i soli dati relativi al monitoraggio ornitologico effettuato a
cura della L.I.P.U. lungo il corso dell’Arno (Giunti & Sposimo, 2004, in stampa) viene stimato
nella stessa area di indagine e negli stessi anni (2001-2003) un contingente riproduttivo pari a 400600 individui nidificanti, contro una popolazione svernante di 800-2000 individui.
Certamente, come evidenziato nelle parti precedenti, i maggiori problemi gestionali
derivano dalla popolazione nidificante, in relazione ai danni causati a colture primaverili
specializzate di valore elevato. Lo studio di questa parte della popolazione è iniziato nello scorso
anno in collaborazione con l’I.N.F.S., attraverso la raccolta delle ali dei soggetti abbattuti in
controllo e la ricostruzione della struttura d’età.
Le problematiche di danno relative al periodo autunnale ed invernale, sono, come detto in
precedenza, di minore intensità nonostante la maggiore quantità di individui presenti. Ciò, sia in
conseguenza della minore concentrazione ed abbondanza delle colture appetite, sia in funzione delle
possibilità di prelievo venatorio offerte dalle deroghe regionali alla Direttiva CEE 79/409.
Al contrario permangono come in passato le problematiche relative al contenimento dei
danni sulle coltivazioni primaverili. A riguardo si propone, dati i risultati conseguiti negli ultimi
anni, anche per il prossimo periodo il mantenimento delle azioni dirette ed indirette sulla specie
attuate ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94.
Assieme agli interventi indiretti, si reputa indispensabile affiancare interventi diretti di
prelievo coordinati dal Corpo di Polizia Provinciale, con l’impiego eventuale di coadiutori scelti tra
personale in possesso di apposita abilitazione agli interventi di controllo sulla specie, di Guardie
Giurate afferenti al coordinamento provinciale, e di altro personale di cui all’art. 51 della suddetta
legge e dell’art. 19 della L. 157/92.
Alla luce dell’evoluzione dei danneggiamenti e della presenza della specie nei periodi critici
per i danni alle colture si propone di fissare in 1.500 i capi abbattibili per ciascuna annata.
Al pari di quanto indicato per gli anni trascorsi, si reputa opportuno precisare che, il
quantitativo richiesto come prelievo è assolutamente indicativo. Ciò per i seguenti motivi principali:
1) risulta oltremodo difficoltoso un censimento esaustivo degli individui presenti in ciascuna
area, a causa di evidenti problemi di natura metodologica;
2) data la situazione derivata dal punto precedente, non risulta possibile redigere un Piano di
Prelievo commisurato alle effettive quantità di soggetti presenti nelle diverse parti dell’anno;
3) gli interventi di abbattimento attraverso armi da fuoco richiesti hanno finalità più
dissuasive (tendendo comunque ad allontanare dalle zone di danno gli altri individui) che di
riduzione delle popolazioni.
Riguardo al periodi di applicazione si propone al pari degli scorsi anni quello di aprileluglio, al fine di concentrare il prelievo soprattutto sulle popolazioni nidificanti, in un numero
limitato di Aziende agricole nelle quali si manifestano le maggiori problematiche di
danneggiamento alle colture primaverili-estive.
Nel periodo successivo (agosto-novembre) gli interventi di abbattimento saranno limitati ai
casi di effettiva necessità, anche entro le aree a divieto di caccia nelle quali si ravvisino particolari
concentrazioni e nelle quali risultino inefficaci i metodi indiretti di allontanamento.
Al pari di quanto citato per le altre specie che causano problemi di danneggiamento in aree o
tempi di divieto di caccia, si reputa necessario concordare un nuovo piano di gestione pluriennale
con l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, con la redazione di un protocollo pluriennale simile
a quello realizzato per Cervidi e Bovidi.
13.3.4) Minilepre
Il Silvilago, altrimenti detto Minilepre, è una specie di origine nord-americana introdotta
negli anni passati in Italia ed in diverse aree della Toscana con finalità venatorie. La provincia di
Firenze è interessata da due popolazioni distinte localizzate nel Mugello e nel Circondario
Empolese Valdelsa. La prima collegata ad introduzioni illegali avvenute nella metà degli anni ’80
riguarda i Comuni di Scarperia, S. Piero a Sieve, Barberino di Mugello, Borgo S. Lorenzo, Vaglia e
Vicchio, per una superficie complessiva di oltre 8.100 ettari. La specie ha comunque una diffusione
disforme nell’areale suddetto, mantenendo una presenza costante soprattutto in alcuni Istituti
Faunistici (A.F.V., Z.R.C., Oasi Gabbianello presso il bacino di Bilancino). La seconda
popolazione, con un areale di poco inferiore, riguarda il territorio del Circondario Empolese
Valdelsa, e precisamente i Comuni di Fucecchio, Cerreto Guidi e Vinci. La presenza della specie in
tali zone, deriva dalla recente ma rapida colonizzazione progressiva di soggetti provenienti dalla
Provincia di Pisa (Comuni di S. Miniato e S. Croce sull’Arno). Si hanno notizie dei primi soggetti a
partire dal 1999. Come per la popolazione del Mugello l’areale non risulta completamente occupato
dalla specie in modo continuativo e le maggiori densità si riscontrano nel Padule di Fucecchio, in
due Z.R.C. (Gugnani e Petroio) ed in una A.F.V. (Cerreto Guidi).
La specie oltre a provocare un effetto negativo da un punto di vista di competizione spaziale
con la Lepre e ad apportare localmente danneggiamenti alle colture agricole, rappresenta anch’essa,
un possibile serbatoio per gravi patologie trasmissibili alla Lepre (RHDV, EBHS, di cui è stata
oramai accertata una larga diffusione per le popolazioni di Lepri delle zone sopra citate).
Sino ad oggi sono stati compiuti solo tentativi di controllo ai sensi dell’art. 37 della Legge
Regionale, delle popolazioni suddette attraverso il prelievo notturno con arma da fuoco che in
particolare per l’anno 2005 hanno portato anche a risultati di un certo rilievo (Tab. 1), diversamente
dal periodo precedente.
Minilepre; consuntivo degli interventi diretti/anno
Anno
Capi prelevati
2004
2005
62
261
L’adozione di provvedimenti di controllo, ai sensi dell’art. 19 della L. 157/92, rappresenta
ad oggi l’unica possibilità di prelievo, essendo la specie non cacciabile in Toscana. Le possibilità di
inserimento della specie tra quelle abbattibili durante l’esercizio venatorio, attraverso una modifica
della norma regionale, appare una possibile strategia di riduzione consistente delle popolazioni; ciò,
comunque attraverso una stretta regolamentazione delle attività di detenzione ed allevamento della
specie al fine di scongiurare possibili ulteriori immissioni a scopo venatorio.
Per il prossimo periodo si propone comunque la continuazione di numerosi interventi diretti
di prelievo finalizzati alla forte riduzione numerica e, se possibile, alla eradicazione della specie
dagli ambiti attualmente occupati. In tale senso dovranno essere particolarmente coinvolti i gestori
degli Istituti (Z.R.C. e soprattutto A.F.V.) che costituiscono il principale serbatoio della specie.
Gli interventi saranno affidati alla Polizia Provinciale che potrà avvalersi dei soggetti
previsti agli art. 51 e 37 della Legge Regionale 3/94.
Gli interventi potranno essere eseguiti sia durante le ore diurne (appostamento, cerca, cattura
con reti e soppressione successiva) che notturne, con l’ausilio di faro, durante tutto l’arco annuale.
L’eventuale utilizzo di cani da seguita per la pratica di prelievo in braccata potrà essere consentito
esclusivamente in periodo di caccia aperta alla Lepre (da calendario venatorio), nei territori dove
tale attività è consentita.
Dati gli scopi del controllo si prevede che l’applicazione degli interventi di prelievo avvenga
senza un limite numerico massimo dei capi abbattibili.
13.3.5) Nutria
La Nutria rappresenta un elemento faunistico estraneo alla fauna autoctona italiana in quanto
originaria del Sud America. La specie è stata importata, per scopi industriali, in Italia nel 1928
dall’Istituto di Coniglicoltura di Alessandria ed allevata da singole imprese agricole sul territorio
nazionale. Immissioni accidentali e liberazioni deliberate hanno portato in seguito alla
colonizzazione da parte della specie di ampie aree del nord e del centro Italia soprattutto in
prossimità dei corsi d’acqua principali, nelle quali la Nutria appare oramai naturalizzata. In
Toscana, la sua introduzione accidentale effettuata a partire dagli anni ‘70 ha, ad oggi, permesso
una colonizzazione massiccia della specie su gran parte del territorio di pianura e collinare. Nella
provincia di Firenze la specie risulta abbondante lungo tutto il corso dell’Arno, nella bassa e media
Sieve, nella Pesa, nell’Elsa ed in numerosi laghetti privati o pubblici. Non esistono al momento dati
certi di consistenza complessiva della popolazione anche se da osservazioni direttamente effettuate
sono state stimate densità massime di 25-35 individui per chilometro di corso d’acqua (Torrente
Ema, Comune di Bagno a Ripoli) e di 0,96-1,12 capi/kmq nel Padule di Fucecchio (Petrini R.et al.,
2001).
Le questioni sollevate dalla presenza di questa specie sono numerose:
- danni causati alle colture agricole, particolarmente in prossimità dei corsi d’acqua;
- danni causati alle arginature ed alle opere idrauliche causati dallo scavo delle tane;
- erosione delle sponde dovuta al passaggio abituale;
- danni alle biocenosi dovuti al pascolamento che può indurre cambiamenti nella
composizione vegetale;
- problemi sanitari legati alla possibilità che la specie possa costituire un potenziale serbatoio
per diverse patologie batteriche, virali e parassitarie.
La tabella 8 mostra come negli anni scorsi si sia riscontrato un sensibile aumento dei danni
causati dalla specie, in particolare a colture di elevata redditività (coltivazioni biologiche,
coltivazioni di Carex elata usata in lavori di impagliatura).
Entità dei danni causati dalla specie nutria nel periodo 1997-2004 e capi prelevati in azioni di controllo
14000
120
12663,01
12000
100
80
8000
60
6000
5086,42
2813,25
4000
2000
1314,9
1182,28
545,38
1700,3
n. capi
euro
10000
40
20
511,29
0
0
1997
1998
1999
2000
2001
danni
2002
2003
2004
2005
prelievi
Il triennio 2001-2005 è stato caratterizzato da oltre 450 interventi di controllo. Gli interventi
hanno sinora permesso il prelievo, nelle aree dove si erano concentrati i danneggiamenti alle
coltivazioni, di un numero relativamente limitato di capi/anno rispetto ai capi potenzialmente
prelevabili. La motivazione del modesto prelievo numerico è da ricercarsi anche nel fatto che la
cessazione dell’attività del principale impianto di termo-distruzione provinciale ha creato problemi
riguardo alla destinazione delle carcasse degli animali soppressi.
Nutria, capi catturati/anno nel periodo 1999-2005 nel territorio della provincia di Firenze
Anno
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Totale
Capi prelevati
49
87
39
107
103
12
77
474
La Nutria è una specie totalmente estranea al panorama faunistico della provincia di Firenze
quindi, anche in considerazione dei precedenti pareri espressi dall’I.N.F.S. ed in attesa di un
auspicabile specifico progetto di eradicazione della specie su scala regionale o nazionale, si
mantiene, per gli anni prossimi, l’ obiettivo di porre ancora in atto interventi diretti ed indiretti
finalizzati alla diminuzione delle problematiche derivate dalla presenza di questa specie. Si prevede
quindi una intensificazione delle catture tesa quanto meno alla limitazione della crescita annuale
delle popolazioni della specie in questione, senza limite numerico dei capi in prelievo, e se
possibile fino alla realizzazione della sua completa eradicazione.
Una specifica campagna di controllo coinvolgerà tutti i soggetti indicati agli artt. 37 e 51
della L.R. 3/94, nonché gli altri Enti interessati all’argomento (Consorzi di Bonifica, Autorità di
Bacino, Gestori di Aree Protette, A.S.L., ecc.).
Gli interventi di controllo, come in passato, saranno realizzati principalmente mediante
catture con gabbie-trappola ad esca alimentare o situate nei punti obbligatori di transito, ai quali
seguirà la soppressione eutanasica dei capi catturati. La tecnica di controllo numerico mediante
trappolaggio si è dimostrata di efficacia elevata per il rapporto vantaggioso costo/n°catture, per i
risultati costanti nel tempo e per la selettività dovuta alla cattura in vivo. L’abbattimento mediante
l’utilizzo di armi da fuoco, sarà limitato ai casi nei quali risulti inidoneo il trappolaggio e comunque
come rinforzo alla cattura.
Gli interventi saranno attuati da personale di cui agli artt. 19 della L. 157/92 e 37, 51 della
L.R. 3/94, coordinati da personale della Polizia Provinciale, in tutto l’arco annuale. Sarà inoltre
consentita la custodia e la sorveglianza delle trappole da parte degli agricoltori proprietari o
conduttori dei fondi interessati dai danni e/o dalla presenza della specie.
Lo smaltimento delle carcasse potrà essere effettuato da ditte specializzate attraverso la
stipula di apposite convenzioni e individuando specifiche aree da destinare al sotterramento indicate
dai Comuni competenti territorialmente. La prevenzione dei danni dovrà necessariamente
accompagnare gli interventi di prelievo sino alla eradicazione della specie nelle aree danneggiate.
Come in passato potranno essere allo scopo utilizzate le seguenti tecniche:
- shelter a protezione delle singole piante;
- recinzioni perimetrali anche elettrificate;
- protezioni meccaniche degli argini;
- repellenti chimici.
13.3.6) Tasso ed Istrice
Le due specie pur appartenendo a due Ordini diversi (il Tasso è un Mustelide Carnivoro
mentre l’Istrice è un Roditore) ed essendo caratterizzati da un diverso grado di abbondanza sul
territorio provinciale, appaiono associati da due elementi comuni: sono specie entrambe sottoposte a
tutela dalle norme vigenti e procurano danneggiamenti simili, localmente anche elevati, in genere
difficilmente prevenibili e contrastabili.
Il Tasso è specie più “rara” ed appare legato specialmente alla presenza di boschi maturi ed
ambienti relativamente umidi (tipica la presenza nei boschi di castagno, e di essenze quercine
versanti nord dell’Appennino e del Chianti) ed ha quindi una distribuzione potenziale relativamente
prevedibile sulla base delle carte vegetazionali. La presenza di habitat favorevoli e protetti ha
permesso l’insediamento stabile della specie anche in numerosi parchi e giardini storici di Firenze e
delle immediate vicinanze (ad esempio: Parco di Demidoff, Villa Peyron, Giardino di Boboli).
L’Istrice è al contrario assai diffuso e comune in tutto il territorio provinciale come
testimoniano sia le osservazioni ed i segni di presenza, sia i dati relativi ai danneggiamenti alle
colture agricole ed agli incidenti stradali. La specie predilige in modo particolare (al contrario del
Tasso) habitat più secchi e pietrosi. Rispetto al Tasso i danni procurati dall’Istrice sono assai più
elevati e diffusi e giungono ogni anno alla Provincia ed agli A.T.C. numerose richieste di intervento
e segnalazioni di danni, che vanno dalla distruzione di colture orticole alla compromissione della
stabilità di scarpate stradali e ferroviarie od argini conseguente allo scavo in esse di tane da parte
del Roditore. La presenza della specie è accertata, come per il Tasso anche in numerosi parchi
monumentali cittadini, ove può compromettere la coltivazione di essenze bulbifere.
I danni di maggiore entità, e per i quali siano state istruite le richieste di indennizzo, sono
senza dubbio quelli causati dall’Istrice, che sono cresciuti sensibilmente negli ultimi anni, in
particolar modo nell’area del Chianti e nel Valdarno. Nella figura seguente si riportano i danni
causati dal roditore alle colture agricole, liquidati nel periodo 1995-2004 per l’intero territorio della
provincia di Firenze.
Andamento dei danni da Istrice liquidati tra il 1995 ed il 2004 nel territorio della provincia di Firenze
13.411
14.000
12.000
9.962
euro
10.000
8.000
6.058
7.080
6.097
4.789
6.000
4.000
6.497
3.366
2.428
3.514
2.000
0
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Dato il regime di protezione vigente sulle due specie, ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94, le
azioni di prevenzione rappresentano il passo iniziale dei tentativi di riduzione dei danni. Con tale
finalità sono stati utilizzati, in collaborazione con gli A.T.C. ed i soggetti gestori dei diversi Istituti
Faunistici, repellenti chimici, recinzioni in rete o elettrificate, procedendo comunque all’indennizzo
delle colture danneggiate.
Nonostante le misure di prevenzione adottate permangono alcune situazioni estremamente
localizzate di danneggiamenti a giardini storici ed a coltivazioni di pregio, in particolare ad aiuole di
Iris ed altre essenze floricole. In tali situazioni, data la frequenza di pubblico e le finalità delle
coltivazioni è evidente come il rimborso dei danni o la difesa attraverso mezzi dissuasivi risulti
difficilmente applicabile (anche in relazione al fatto che la normativa vigente consentirebbe il
rimborso solo per i danni prodotti alle “colture agricole”).
Nella redazione dei Piani pluriennali di controllo delle popolazioni selvatiche che causano
problemi di danneggiamento, è stata in passato prevista, per Tasso ed Istrice la possibilità di cattura
e traslocazione degli esemplari presenti in alcuni parchi e giardini storici e monumentali. I piani di
cattura hanno avuto il necessario parere favorevole da parte dell’I.N.F.S. e per l’Istrice, del
Ministero dell’Ambiente (necessario ai sensi del D.P.R. 357/97). Le catture sono state eseguite da
parte della Polizia Provinciale con trappole ad esca alimentare.
Si propone anche per il periodo di validità del presente Piano di intervenire con le medesime
modalità al fine di risolvere le suddette possibili situazioni di danneggiamento, in attesa di eventuali
indicazioni di gestione, che date le problematiche di danno, potranno essere prese in sede regionale.
Le operazioni di cattura e traslocazione avverranno sotto la supervisione diretta della Polizia
Provinciale con la adozione di tutte le possibili cure per evitare situazioni di stress o pericolo per gli
animali catturati.
13.3.7) Lupo
13.3.7.1) Presenza storica ed attuale
Il Lupo rappresenta il maggiore predatore selvatico dei nostri ecosistemi. La presenza della
specie nel territorio della provincia di Firenze, seppur con forti contrazioni, parrebbe accertata da
segnalazioni anche nel periodo di minimo storico della popolazione a livello nazionale (anni ’70).
Difatti esistono testimonianze certe (rinvenimento di esemplari morti, appartenenti alla sottospecie
riferibile al Canis lupus italicus, conservati all’I.N.F.S. ed in altre sedi) che portano a ritenere
continua la presenza di alcuni individui riproduttivi sul territorio provinciale o comunque in un
comprensorio immediatamente vicino, posto a cavallo tra la provincia di Firenze, Forlì ed Arezzo,
coincidente con l’attuale territorio del Parco Nazionale e i contigui complessi forestali.
Al di là del significato storico e biologico di tale constatazione, il dato è interessante in
quanto per il Lupo, come per molte altre specie di mammiferi, i territori in cui sopravvivono gruppi
riproduttivi in periodi di difficoltà demografica, solitamente coincidono con le aree maggiormente
vocate.
Da sottolineare infatti - come in parte dimostrato da ricerche specifiche effettuate a livello
nazionale su individui muniti di radio-collare e più recentemente attraverso l’analisi genetica di
campioni di tessuto ritrovati negli escrementi - che la porzione appenninica delle province di
Firenze, Arezzo, Forlì, rappresenta un importante area “source” per il Lupo, con alta vocazione,
dalla quale gli animali si disperdono per colonizzare nuovi territori principalmente verso nord. Gli
spostamenti, come dimostrato da numerosi studi condotti negli ultimi decenni, sono senz’altro
collegabili alla disponibilità di ambienti (aree protette in particolare) e prede (soprattutto il
Cinghiale e gli altri Ungulati selvatici) che hanno avuto negli ultimi decenni una espansione
sensibile nell’Italia centrale e settentrionale.
Dagli anni ’90 la specie è stata segnalata come presente in modo stabile sull’arco
appenninico, in particolare in Mugello ed in Alto Mugello - nel complesso demaniale Giogo
Canaglia - nella Foresta di S. Antonio (Pratomagno) e nel Parco Nazionale delle Foreste
Casentinesi.
Da studi effettuati da questa Amministrazione è stata documentata la presenza di un numero
minimo di coppie riproduttive di 4-6 a seconda delle annate, molte delle quali utilizzano territori a
cavallo tra le province di Firenze, Arezzo, Bologna, Prato.
La popolazione di Lupo presente nell’area appenninica della provincia è soggetta a notevoli
variazioni numeriche, anche a causa di continui atti di bracconaggio (nel solo periodo 1994-2004
sono state rinvenute 18 carcasse di Lupo nel territorio provinciale) che determinano casi continui di
estinzione localizzata.
Le densità maggiori si riscontrano in genere subito dopo il periodo riproduttivo (maggioagosto), nel quale ai soggetti presenti in precedenza si sommano i cuccioli delle coppie in
riproduzione. È questo il periodo in cui si verificano avvistamenti di nuclei molto numerosi (anche
fino a 9-10). Dalle conoscenze biologiche sulla specie emerge come anche per le popolazioni
italiane, una sola femmina per gruppo vada in estro annualmente. Tuttavia, vari fattori
(emigrazione, mortalità) in questo ed in altri periodi hanno in genere sempre evitato un aumento
annuale della densità, giungendo anche a determinare la scomparsa dei nuclei presenti.
Recentemente, a fronte di una sostanziale stabilità in Appennino (seppur caratterizzata da
continue fluttuazioni dovute all’alta mortalità) si è assistito ad una crescita e stabilizzazione di
nuclei nelle aree collinari poste tra il rilievo appenninico e Firenze, come sul rilievo di M.te Giovi,
M.te Morello, Calvana, che presentano delle caratteristiche ambientali molto favorevoli alla specie.
Oltre a ciò sono giunte alcune segnalazioni di presenza relative al crinale del Chianti ed ai comuni
di Gambassi e Montaione, da verificare. Ferma restando la necessità di approfondimenti, si tratta
per questi ultimi territori, con tutta probabilità di individui in erratismo dalle aree protette situate
nelle province confinanti (ad esempio dai complessi forestali di Berignone e Monterufoli) dato che
le segnalazioni non indicano al momento una presenza stabile o la riproduzione. Di fatto,
comunque, non ci sono fattori ambientali tali da non permettere l’evento riproduttivo anche in
questi contesti.
La dieta del Lupo, studiata nel contesto provinciale tramite analisi di campioni fecali (studio
microscopico dei resti indigeriti delle prede), mette in evidenza nell’area appenninica l’importanza
degli ungulati selvatici, in primis Cinghiale e Capriolo, che sono consumati con percentuali molto
alte, simili a quelle osservate nell’adiacente contesto del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.
Rispetto a numerose ipotesi circolate in passato, va sottolineato che tutti i dati raccolti
indicano che non sono mai state effettuate immissioni di Lupo nel territorio provinciale od in aree
limitrofe e che tutti i soggetti osservati (vivi o morti) appartengono al genotipo italiano denominato
W14. Solo in un caso (area appenninica a cavallo tra le province di Firenze e Bologna) le indagini
genetiche effettuate dal Centro per lo studio e la documentazione sul Lupo in collaborazione con
l’I.N.F.S. su campioni fecali hanno permesso di documentare la presenza di ibrido Lupo/Cane
/(identificativo I.N.F.S. WB230), mentre dall’esame fenotipico e genetico dei numerosi esemplari
rinvenuti morti negli ultimi 12 anni (18 esemplari), non emerge nessuna evidenza di ibridazione.
13.3.7.2) Il conflitto con il settore zootecnico
Rispetto alla situazione sopra indicata, nella quale il Lupo era rimasto un elemento
faunistico raro e comunque caratterizzato da bassa densità e visibilità e legato alle grandi aree
protette demaniali, recentemente sono stati registrati numerosi avvistamenti e segnalazioni di un
gruppo numeroso nella bassa valle mugellana, con comportamento atipico rispetto alle situazioni
riscontrate in precedenza nella maggioranza delle aree di presenza della specie.
Le prime segnalazioni risalgono all’autunno del 2004, quando sono stati osservati ben 9
soggetti durante una battuta di caccia al Cinghiale nei dintorni di Vicchio di Mugello. Solo
successivamente, da gennaio-febbraio con nuovi e più certi avvistamenti (alcuni anche in pieno
giorno) e con il ritrovamento di un esemplare ucciso nei dintorni di Vicchio, si è avuta la sicurezza
che un nucleo ben consistente proprio del nostro maggiore predatore selvatico si era stabilito
stranamente molto vicino alle umane abitazioni.
Dai rilievi condotti, in collaborazione con il Servizio Veterinario e con l’Associazione
Provinciale Allevatori, sono state raccolte ulteriori notizie relative a decine di attacchi ai greggi con
oltre 200 capi uccisi (soprattutto ovini ma anche caprini ed equini) - nonché diversi Caprioli e
Cinghiali - in una zona compresa tra Ronta e Vicchio. Nello stesso periodo anche nell’area di
Monte Morello, a pochi chilometri da Firenze sono iniziate a giungere segnalazioni di avvistamenti
e danni alla zootecnia. Sono giunte parallelamente anche le notizie delle iniziative illegali
intraprese, con altri due Lupi segnalati morti (ma non rinvenuti) e con una foto che riusciva
addirittura a mostrare un Lupo ferito che si portava stretto al collo un laccio di filo di ferro.
La motivazione della presenza del Lupo - animale in genere assai diffidente ed elusivo - nei
dintorni dei centri abitati non può che essere addotta alla particolari circostanze che hanno
caratterizzato il periodo precedente, influenzando i movimenti delle specie selvatiche normalmente
predate: Cinghiali e Caprioli. Difatti tali animali, dopo la siccità del 2003 ed il lungo periodo di
“carestia” durato sino all’autunno del 2004, hanno in massa lasciato le alte aree dell’Appennino
rifugiandosi nelle zone di fondovalle che offrivano maggiori possibilità di alimentarsi. Come è stato
notato in contemporanea per i Lupi di altre zone (Casentino e Valdarno), gruppi familiari hanno
lasciato in questo periodo l’alto Appennino e seguendo le prede, si sono avvicinati anch’essi al
fondovalle della Sieve. A questo punto deve essere successo qualcosa di particolare: probabilmente
gli individui adulti sono stati uccisi ed i giovani, senza più l’ausilio e l’esperienza dei genitori sono
rimasti nella bassa valle a causare danni. Ciò, trovando tra l’altro facili prede nei piccoli allevamenti
di ovini e caprini non abituati a fronteggiare il predatore.
Non tutti i danni sono certamente imputabili al Lupo, dato che dai sopralluoghi notturni è
stata ravvisata una forte presenza di cani di grosse dimensioni lasciati in quelle ore liberi di vagare
nelle campagne.
È comunque un dato di fatto che i due nuclei di nuovo insediamento (Monte Morello e
Ronta) si sono riprodotti nell’ultima estate e che la popolazione di Lupo nella zona è certamente
aumentata.
A complicare il problema dei danni al settore zootecnico si aggiungono le recenti variazioni
della normativa regionale che a differenza della precedente legge (L.R. 72/94) non consente più il
rimborso diretto dei danni da “predatori” ma offre un contributo agli allevatori per dotarsi di
assicurazioni private per fronteggiare il fenomeno della predazione da Lupo. Questo nuovo scenario
normativo, unitamente al mantenimento dell’obbligo di smaltimento delle carcasse da parte degli
allevatori tramite termodistruzione (particolarmente onerosa per le Aziende situate in luoghi
disagiati) sta portando a numerosi casi di cessazione dell’attività zootecnica.
La maggior parte delle Aziende danneggiate durante l’ultimo anno non ha chiesto i
risarcimenti, proprio a causa della spesa per lo smaltimento delle carcasse, generalmente superiore
al rimborso poi erogato per il danno.
Per analizzare questo problema e trovare possibili soluzioni, l’Amministrazione provinciale
di Firenze ha avviato una collaborazione per un progetto triennale con il C.S.D.L. (Centro per lo
Studio e la Documentazione sul Lupo). La collaborazione è finalizzata a:
- monitorare la popolazione provinciale della specie, in particolare nei contesti di nuovo
insediamento e nelle zone ad alta conflittualità con le Aziende;
- analizzare l’effettivo impatto del Lupo sul settore zootecnico attraverso indagini e
sopralluoghi nelle aree colpite;
- intraprendere interventi informativi e di sensibilizzazione presso le categorie danneggiate;
- monitorare la mortalità della specie.
Inoltre, sempre per fronteggiare questa emergenza l’Amministrazione provinciale si è subito
attivata con una serie di azioni, tra le quali:
- sperimentazione presso alcune Aziende particolarmente danneggiate di recinzioni
elettrificate “anti-lupo” (sulla base delle esperienze fatte in Svezia ed in Romania, proprio
per la specie in questione);
- organizzazione di incontri con i responsabili regionali per contribuire a definire il
Regolamento della L.R. 26/05;
- collaborare con la Regione e l’Università di Sassari per realizzare l’aggiornamento della
Carta regionale del Lupo (sono a riguardo stati fornite le indicazioni attuali sui comuni con
presenza accertata della specie);
- organizzazione di incontri con gli enti locali e categorie interessate al fine di rimuovere
alcune delle problematiche connesse alla predazione (distruzione carcasse animali predati;
studio di un piano gestionale comune).
Resta comunque prioritario avviare un confronto partecipativo con tutte i soggetti coinvolti,
finalizzato a condividere un piano d’azione che permetta di definire le soluzioni più adatte per la
mitigazione del conflitto.
13.3.7.3) Status giuridico del Lupo
Nel prospetto seguente si riporta schematicamente la collocazione del Lupo nelle normative
relative alla fauna selvatica vigenti a livello nazionale ed internazionale.
Phylum
Cordata
Classe
MAMMALIA
Ordine
CARNIVORA
Famiglia
Canidae
Specie (nome latino)
Canis lupus * Linnaeus, 1758
Specie (nome italiano)
Lupo
L. 157/92 art. 2
SI L. 157/92
79/409 CEE Ap.1
79/409 CEE Ap.2/I
79/409 CEE Ap.2/II
79/409 CEE Ap.3/II
BERNA Ap.2
SI BERNA Ap.3
SI CITES All. B
SI CITES All. D
CITES All. A
BONN Ap.1
79/409 CEE Ap.3/I
BONN Ap.2
HABITAT Ap.2
HABITAT Ap.4
SI HABITAT Ap.5
BARCELLONA
ENDEMICA
SI MINACCIATA
SI
M IUCN
Oltre alle normative sopra menzionate la specie è protetta a livello regionale dalla L.R. 3/94
e dalla L.R. 56/2000.
13.3.7.4) Interventi gestionali
Se per quanto riguarda il contesto appenninico la specie non crea problemi, ed anzi
contribuisce positivamente ad un controllo selettivo delle popolazioni di Ungulati selvatici, la
presenza del predatore in ambiente collinare e vallivo ha creato forti disagi e malumori che si sono
concretizzati in richieste formali di intervento all’Amministrazione, avanzate da singoli allevatori e
dalle rispettive Associazioni di categoria.
Per quanto riguarda i possibili interventi gestionali sulla specie finalizzati a ridurre il
conflitto con il settore zootecnico, è da considerare che questi non possono al momento essere
intrapresi, proprio per lo status giuridico della specie. Interventi attivi come gli abbattimenti
potrebbero essere effettuati solo in deroga alla Convenzione di Berna, quindi a fronte di un iter
autorizzativo molto complesso; azioni di traslocazione di individui problematici pongono meno
problemi autorizzativi, ma sono di difficile attuazione vista la mancanza di aree sufficientemente
vaste e isolate dove rilasciare gli individui catturati.
Inoltre, nelle direttive indicate dal Ministero dell’Ambiente attraverso il Piano di Azione
Nazionale sul Lupo, l’ipotesi della gestione diretta della specie viene esclusa anche per motivi di
consenso pubblico. Per cercare di contrastare questo nuovo scenario, che rapidamente si sta
affermando nelle zone periurbane della provincia, l’Amministrazione provinciale può al momento
attivarsi con interventi gestionali indiretti, a carico delle popolazioni preda che nella maggior parte
dei casi costituiscono l’elemento principale che permette l’insediamento del Lupo in un territorio.
Parallelamente le informazioni sulla consistenza della specie, i danni effettivi al patrimonio
zootecnico e l’individuazione delle aree di maggior rischio di danno, ricavati dagli studi in corso
potranno permettere di porre gli organismi regionali e nazionali in grado di compiere scelte
gestionali di maggiore portata.