Febbraio 2013 - Liceo Classico Lorenzo Costa

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Febbraio 2013 - Liceo Classico Lorenzo Costa
Febbraio 2013
Il Papa si dimette ( anche lui è stufo…), il presidio di Libera La Spezia nasce (
speriamo che sia maschio ), San Remo proclama vincitore Marco Mengoni ( così la
Benny è contenta ) e tutte le donne del mondo ballano al ritmo di un simbolico
flash mob ( però questo non si prende in giro! )… Insomma, il mondo e le notizie
non si fermano mai e noi vi terremo informati su tutto!! Ma, oltre ai fatti,
protagoniste di questo numero sono anche numerose riflessioni: sullo spettacolo
“Pirandello premio Nobel”, sul film Les Misérables , sull’associazione “Campo di
Volo” e anche sul mondo attuale. Meditate, meditate!!!
La redazione
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ATTUALITA’
Libera
Campo di volo
Youthanasia
Il giorno del ricordo
Il Papa lascia il pontificato
L’ANGOLO DI MUMU: FOTOGRAFIA E ATTUALITA’
Les Misérables
MUSICA
La musica Indie
RECENSIONI
Sanremo
Pirandello premio Nobel
SPAZIO CREATIVO E CURIOSITA’
Poesia
Disegno: Uomini e no
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Finalmente siamo un presidio!
Noi ragazzi del nascente presidio invitiamo tutti voi a partecipare al nostro evento
straordinario: finalmente saremo un presidio ufficiale! Il 10 marzo nel primo pomeriggio al
centro Allende avverrà la nostra ufficializzazione, faremo parte della grande catena dei
presidi di Libera che in tutta Italia sono oltre 1500, e saremo felici di avervi con noi nella
nostra prima giornata di “vita”. Da oltre un anno abbiamo lavorato affinché questo giorno
arrivasse, siamo diventati tanti e ora siamo pronti a continuare il nostro lavoro con forte
passione e impegno. È proprio questo che Libera ci chiede, impegno nel sensibilizzare la
cittadinanza e nel vivere con la consapevolezza che la Mafia esiste anche nelle nostre
provincie e cercare di contrastarla anche con piccole azioni. Il 10 marzo saranno con noi a
festeggiare la nostra nascita i signori Agostino, genitori del coraggioso poliziotto siciliano
Antonino Agostino, al quale insieme alla moglie Ida Castelluccio, abbiamo dedicato il nostro
presidio. Avremo l’opportunità di conoscere la loro storia più da vicino grazie ai racconti dei
genitori e siamo pronti a farci carico del loro dolore e della loro voglia di giustizia: non si è
ancora fatta chiarezza sull’omicidio dei due giovani, non c’è ancora nessun colpevole. La loro
storia, di cui molte volte abbiamo parlato, sarà raccontata il 16 marzo a Firenze, durante la
giornata della Memoria e dell’Impegno, alla quale vi invitiamo a partecipare insieme a noi. Vi
chiediamo di sostenerci ed appoggiarci in questo grande percorso, che ci vede lottare contro
la mafia e la corruzione per un’Italia più giusta.
Valeria La Mattina e Caterina Fabiano, II B
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GIOVANI E ADULTI: IMPARARE A COMUNICARE
I giovani riescono a
dialogare con gli adulti? Non sempre. E l’incomunicabilità è la causa
principale delle crisi familiari che, nei casi estremi, sfociano in atti di violenza. Per abbattere
il muro che sembra ancora dividere il mondo dei ragazzi da quello dei loro genitori (e dei loro
insegnanti), occorre parlare. Parlare ed ascoltare. Non è facile, lo sappiamo, ma adesso
abbiamo un aiuto efficace e gratuito. Si tratta di “Campo di volo”, uno spazio libero che ci
permette di trascorrere i pomeriggi domenicali in compagnia, guardando film ed imparando a
discutere con la guida di esperti. “Campo di volo” è nato come sezione giovanile di “Progetto
Uomo”. Fondata dall’ambientalista Maria Clotilde Fiori, questa associazione da oltre un
decennio opera a Sarzana (in via Gramsci 13) per tutelare le persone nella loro interezza,
lottando nella difesa del territorio, della salute, delle tradizioni culturali. Poiché, con il
passare del tempo, le iniziative di “Progetto Uomo” hanno riscosso sempre maggiore successo,
Maria Clotilde Fiori di recente ha sentito il bisogno di fare spazio ai giovani, concedendo loro
l’opportunità di formare un gruppo autogestito. Per non sottrarre ore allo studio, i ragazzi
hanno cominciato ad incontrarsi la domenica pomeriggio e, idea dopo idea, hanno organizzato
un vero e proprio cineforum che proietta film attuali e documentari. Ma non è tutto qui. Nella
sede di “Campo di volo”, dopo ogni proiezione si sviluppa un dibattito che viene coordinato dallo
psicologo-psicoterapeuta Stefano Bianco (cell. 339 6328289), dal facilitatore sociale Elena
Stefanini (348 1356954) e dal responsabile del gruppo giovanile Eugenio Micheli (328
9329318). “Lo scopo del nostro gruppo - spiega Stefano Bianco - è quello di valorizzare la
narrazione del rapporto tra generazioni con l’intento di renderlo complementare e non
antagonistico. Abbiamo già fatto vari incontri di cineforum e di discussione che hanno
ottenuto risultati significativi per tutto il gruppo. Negli incontri di cineforum abbiamo già
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visto film che hanno promosso riflessioni profonde come il rapporto genitore-figlio nel film
l’Attimo Fuggente, oppure il rapporto insegnante-studente nel film l’Onda. Tra i vari incontri
di discussione, invece, abbiamo parlato del concetto di bello, del rapporto tra generazioni e
del saper riconoscere se stessi”.
A “Campo di volo” tutte le iniziative sono gratuite, ognuno è libero di esprimersi e non esiste
antagonismo tra i presenti. Il numero dei partecipanti è in crescita. Oltre a numerosi studenti
del Liceo Classico Lorenzo Costa, al cineforum non mancano mai ragazzi che provengono dalla
Toscana, liceali ed universitari. Chiunque abbia voglia di partecipare, può contattare il gruppo
attraverso Facebook, oppure può telefonare agli organizzatori. Vale la pena provare.
CALENDARIO DELLE PROSSIME INIZIATIVE
3 marzo, ore 17: Cineforum. “American Beauty”.
24 marzo, ore 17: La storia dei partiti politici in Italia (conversazione con Egidio Banti,
storico e politico).
7 aprile, ore 17: Il ruolo dei sindacati nell’Italia senza lavoro (conversazione con Guglielmo
Festa, Cgil nazionale, Andrea Squadroni, ex segretario provinciale della Camera del lavoro,
Italo Lunghi, ex responsabile Cisl scuola La Spezia. Modera il giornalista Gino Ragnetti).
21 aprile, ore 17: L’educazione dei giovani dall’antichità ai giorni nostri (conversazione con
Tiziano Boggio, laureato in Lettere classiche).
Diletta Bufo, II B
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IL GIORNO DEL RICORDO
<<(...) un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse
innanzitutto nel trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una "pulizia
etnica">>.
Queste sono le parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione del
giorno del ricordo di qualche anno fa. Sono parole molto forti che spingono a riflettere sui
terribili fatti accaduti nell'immediato dopoguerra ad opera dei partigiani jugoslavi del
dittatore comunista Tito, a danno della popolazione italiana abitante nell'Istria e a Trieste.
Infatti, negli anni a cavallo del 1945, almeno 15.000 persone persero la vita nelle foibe,
profonde voragini presenti nel Carso vicino al confine dell'attuale Slovenia.
Le principali cause di questo eccidio vanno ricercate nel periodo in cui l'Italia fascista
tentava di assimilare forzatamente le minoranze slave, durante il quale si verificarono anche
crimini verso i civili da parte dei militari. Dopo la fine della seconda guerra mondiale i
partigiani di Tito, occupanti l'Istria e Trieste, diedero la caccia agli ex fascisti sia per
vendicarsi dei soprusi commessi dallo stato italiano, sia perché il regime era anti-comunista,
essendo la Jugoslavia di stampo socialista. Ovviamente non tutti gli infoibati erano fedeli al
fascio ma, siccome tra la popolazione slava veniva utilizzata l'equazione Italiano = fascista, le
vittime erano anche funzionari pubblici, insegnanti, impiegati, sacerdoti e pure partigiani
italiani antifascisti.
Le vittime erano sequestrate senza un criterio ben
definito (dalle case, per strada...) e venivano torturate,
legate con filo di ferro in gruppi, poi poste davanti alle
foibe: sparando al primo della fila questo, cadendo,
trascinava nel baratro anche gli altri. Questa è una
pagina molto triste della nostra storia, spesso anche
trascurata dall'opinione pubblica. Simbolicamente è
stato scelto il 10 febbraio come giorno del ricordo ma è
importante mantenere sempre viva la memoria di tali
avvenimenti in modo che non si ripetano. Qualcuno disse: "nella notte della bufera, nel
villaggio, conta tenere acceso un fuoco."
Diego Sebastiani, IV A
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Papa Benedetto XVI lascia il Pontificato: perché?
L'annuncio di Benedetto XVI, che dal 28 febbraio prossimo lascerà il pontificato, ha sorpreso
il mondo intero. Ma perché ha deciso di lasciare? Cosa c'è dietro?
“Motivo fondamentale è l’esame di coscienza sulle sue forze in rapporto al ministero da
svolgere”. Con queste parole padre Lombardi, portavoce della Santa Sede, ha spiegato in
conferenza stampa la rinuncia di Benedetto XVI al soglio papale. Di fatto quindi, lo stesso
portavoce del Vaticano ha dato riscontro alle voci che cercano una motivazione di questo
gesto senza precedenti nelle condizioni di salute di Joseph Ratzinger. Posso dire, comunque,
che non ci sono malattie specifiche ma solo un indebolirsi con l'invecchiamento". Padre
Federico Lombardi, ha anche confermato la notizia dell'intervento al cuore per una
sostituzione delle batterie di un pacemaker, pur ridimensionandola: "l'informazione e'
corretta, ma c'e' stata solo una sostituzione di routine delle batterie, il regolatore del
battito cardiaco c'era da lungo tempo, ma non ha nessun peso nelle decisioni del Papa, il cui
motivo e' solo la percezione delle forze che diminuiscono con l'età". Secondo Lombardi, "dire
il contrario e' deviante: l'intervento non ha avuto nessun rilievo particolare ma e' di routine".
L’intervento è andato bene, il Papa si è ripreso regolarmente, non ha mai mancato
l’appuntamento con l’Angelus domenicale, ha dimostrato la consueta serenità e buona capacità
di sopportazione. Si è affidato alle mani di Luigi Chiariello, cardiochirurgo di scuola americana,
direttore della cattedra dell’università di Torvergata, che ha in cura i battiti e le frequenze
cardiache del Papa da dieci anni quando, sempre a Roma, gli impiantò il suo primo pacemaker".
Come ha ammesso il diretto interessato (parlando delle "forze che vengono meno"), il Santo
Padre negli ultimi mesi avrebbe avuto alcuni campanelli d'allarme legati, forse, a piccole
ischemie: vuoti di memoria, smarrimenti. Episodi non gravi, soprattutto in relazione all'età (86
anni ancora da compiere), ma che potrebbero aver spinto Benedetto XVI ad assumere quella
che, a tutti gli effetti, è una decisione di portata storica.
Il pontefice soffre, a quanti raccontano fonti mediche a lui vicine, di dolori articolari e
reumatici ma è anche il peso del suo ruolo a incidere sul suo stato generale. A questo si
aggiunge, dicono le stesse fonti, una fibrillazione atriale cronica.
Di certo il pontefice si sente vecchio e stanco. Una percezione confermata anche dal fratello
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Georg, che raggiunto telefonicamente dai media tedeschi ha laconicamente confermato:
“Sente il peso dell’età”.
"L'udito è calato; l'occhio sinistro non vede più; il corpo smagrito, tanto che i sarti fanno
fatica a tenere il passo con nuovi abiti. È diventato molto delicato, ancora più amabile e umile,
del tutto riservato. Non appare malato, ma la stanchezza che si è impossessata di tutta la sua
persona, corpo e anima, non si può più ignorare". "Non era stato mai visto così esausto, così
prostrato.
Con le ultime forze rimaste ha portato a termine il terzo volume della sua opera su Gesù, "il
mio ultimo libro", come ha detto lui stesso con sguardo triste.
Joseph Ratzinger è un uomo incrollabile, una persona capace sempre di riprendersi
rapidamente. Mentre due anni addietro, malgrado i primi disturbi dell'età, appariva ancora
agile, quasi giovanile, ora percepiva ogni nuovo raccoglitore che approdava sulla sua scrivania
da parte della Segreteria di Stato come un colpo".
Infatti, sono diverse, oltre alle non buone condizioni di salute, le ipotesi sulle cause che
potrebbero aver spinto Ratzinger alle dimissioni.
L'anno appena passato verrà ricordato come quello dei "corvi" e dei Vatileaks (la fuga di
documenti riservati vaticani riguardanti i rapporti all'interno e all'esterno della Santa Sede.
Questi documenti hanno fatto emergere le lotte di potere all'interno del Vaticano e alcune
irregolarità nella gestione finanziaria dello Stato e nell'applicazione delle normative
antiriciclaggio). Ovviamente ricorderemo anche il maggiordomo che rubava le carte e le
passava ai giornalisti. Il 2012 è stato un anno di lotte durissime tra le "sacre stanze", con i
cardinali a farsi la guerra, sotto traccia, mettendo in difficoltà in più di un'occasione lo stesso
Pontefice.
Sul passo indietro del Papa avrebbero influito anche le difficoltà nel governare la chiesa
americana, sconvolta dai numerosi scandali di pedofilia. Di recente l'arcivescovo di Los
Angeles, Josè Gomez, ha sollevato da ogni incarico pubblico il suo predecessore, Roger
Mahony, pubblicando sul sito della diocesi tutte le carte sugli scandali, che coinvolgerebbero
più di 120 preti. A quanto pare diversi cardinali americani non avrebbero gradito le modalità di
questo "repulisti", e questo malumore sarebbe stato l'oggetto dell'incontro, avvenuto pochi
giorni fa, tra il Pontefice e il cardinale Angelo Sodano, ex segretario di Stato e numero uno
del collegio cardinalizio.
Ma si parla anche del contenuto "sconvolgente" di un dossier che tre cardinali anziani
avrebbero consegnato al Papa, nei mesi scorsi, a proposito di Vatileaks (la fuga di notizie
riservate dalle stanze Vaticane). E qualcuno sottolinea la gravità del fatto che lo Ior (la
"banca del Papa"), da nove mesi sia senza guida, dopo che il suo presidente Ettore Gotti
Tedeschi era stato sfiduciato.
Può darsi che Benedetto XVI abbia voluto dare un colpo di freno, un passo indietro per
azzerare le faide su questa lotta di potere, lasciando la palla al proprio successore. A cui
toccherà il compito di spalancare le finestre per far entrare aria pulita nelle stanze dei sacri
palazzi.
Si ipotizza che in questi mesi Benedetto XVI abbia meditato sul primo e solo caso di
abdicazione formale di un Pontefice nella storia della Chiesa, quello del 13 dicembre 1294, da
parte di Celestino V. Vi erano stati, nei «secoli bui» dell'Alto Medioevo alcuni casi di rinuncia
papale, ma in circostanze oscure e sotto la pressione di minacce e di violenze. Ma solo Pietro
da Morrone, l'eremita strappato a forza alla sua cella ed elevato al soglio pontificio, abdicò
liberamente ed ufficialmente, adducendo anch'egli soprattutto l'età più che ottuagenaria e la
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debolezza che ne conseguiva.
Stanno per scorrere gli Ultimi 10 giorni da Papa per Joseph Ratzinger. Sabato 23 febbraio
Benedetto XVI farà la sua ultima apparizione pubblica, in occasione dell'incontro di saluto
previsto con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Quindi terrà il suo
ultimo Angelus domenica prossima, prima di congedarsi e lasciare spazio al futuro Pontefice.
A questo punto l'unica certezza che il mondo intero ha è che il Papa ha rinunciato.
Per il resto poche sono davvero le certezze.
Non si sa come Benedetto XVI verrà chiamato dopo le dimissioni (vescovo emerito di Roma?),
non si sa di che colore vestirà (ancora bianco?), non si sa come e quando verranno sigillati i
suoi appartamenti. . Per due mesi sarà in ritiro a Castel Gandolfo: il tempo di ristrutturare il
monastero Mater Ecclesiae sui colli vaticani, dove il futuro ex Santo Padre trascorrerà il
resto dei suoi giorni .
E anche sul Conclave che eleggerà il suo successore, sono più le illazioni che le sicurezze. Una
previsione, però, sta prendendo corpo in queste ore, ed è quella che il Conclave, che dovrebbe
aprirsi dopo la metà di marzo non sarà breve.
Tra i motivi che spingono a ipotizzare un Conclave lungo c'è innanzitutto lo choc provocato
dalla rinuncia di Benedetto XVI. Una sorpresa che avrà bisogno di tempo per essere assorbita.
Una scelta che ha fatto precipitare il lento avvicinamento, in corso da tempo sotto traccia,
alla sua successione. Ma c'è anche una questione procedurale. Dal prossimo Conclave, infatti,
entrerà in vigore una nuova 'legge elettorale' promulgata proprio da Benedetto XVI. Giovanni
Paolo II aveva abolito il voto per acclamazione e introdotto lo scrutinio segreto. Temeva che,
con il voto palese, qualche porporato votasse contro coscienza. Per controbilanciare, però, il
rischio che questa novità provocasse lo stallo, introdusse altre due novità. La prima è che dopo
21 scrutini si passasse al ballottaggio tra i due più votati. La seconda è che, sempre dopo 21
"fumate nere", il quorum passasse dalla maggioranza qualificata di due terzi alla maggioranza
assoluta del cinquanta per cento più uno. Così è stato eletto - al quarto scrutinio - Benedetto
XVI. Ma lo stesso Ratzinger ha voluto cambiare, nel 2007, il dispositivo giuridico. Il Papa
intuiva che le norme di Giovanni Paolo II contenevano rischiavano di provocare l'elezione di un
Pontefice con una maggioranza risicata, capace di spaccare la Chiesa. Ratzinger, allora, ha
stabilito che, anche dopo il ventunesimo scrutinio, la maggioranza rimanga di due terzi. I
cardinali non usciranno dalla Cappella Sistina finché non avranno trovato un compromesso su
un candidato che raccolga ampi consensi. Ma questa opzione richiede tempo. E il Conclave
potrebbe prolungarsi.
Quel che è certo è che le dimissioni del Papa indicano l'individuazione di una personalità
vigorosa. "Il Papa rinuncia al ministero pietrino non perché si sente debole, ma perché avverte
che ci sono in gioco sfide cruciali che richiedono energie fresche", ha sottolineato 'Civiltà
cattolica', quindicinale dei Gesuiti pubblicato con l'imprimatur della segreteria di Stato
vaticana.
Ed è con queste parole che ci apprestiamo a salutare Benedetto XVI e ad attendere con
trepidazione la prossima “fumata bianca”.
Luca Murer, IVB
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Les Misérables: top o flop?
Il 31 gennaio, dopo una lunga e febbricitante attesa è finalmente uscito Les Misérables, il- a
quanto pare non per tutti- capolavoro del regista britannico Thomas George Hooper.
Il film, tratto dall’omonimo musical scritto da Claude-Michel Schönberg e Alain Boublil, che si
basa a sua volta sul noto romanzo di Victor Hugo, è stato celebrato in tutto il mondo come un
capolavoro della cinematografia, una sapiente combinazione di storia e dramma, il tutto
scandito dal canto.
Trascinando quindi con me qualche amico disposto a sorbirsi 160 minuti di film assolutamente
impegnativo per quelli a cui non piace il genere, probabilmente più per una questione di
masochismo che per il legame affettivo, mi sono fiondato al cinema, con 20 minuti di anticipo,
immaginandomi una fila equiparabile a quelle viste al telegiornale di fronte agli Apple Stores
per l’uscita dell’I-phone 5. La delusione è stata immensa. Sei persone in fila e quattro di
queste andavano a vedere il nuovo film spazzatura stile Twilight per adolescenti, Warm
Bodies; l’ambiente in sala era ancora più deprimente: solo quattro persone oltre noi. Sono cose
che fanno riflettere: perché un film tanto acclamato dal pubblico di tutto il mondo, un film
candidato a otto premi Oscar, vincitore di tre Golden Globes e tre BAFTA, in una città come
La Spezia si è rivelato un così grande buco nell’acqua? Fermandoci a riflettere un attimo in
effetti la cosa non risulta poi così assurda e fuori dalla norma: come può infatti una
cittadinanza che non valorizza un patrimonio artistico di rilievo a livello europeo come i
Giardini e che sarebbe disposta a demolire un bene storico come Piazza Verdi, che costituisce
il fondamento e parte della tradizione della nostra città, per darle un assetto più “moderno” e
“d’avanguardia”, essere attratto da un film così indubbiamente bello, in cui si dà spazio a temi
particolarmente profondi come quello della possibilità dell’uomo di riscattare la propria
condizione o quello della vita intesa come percorso che ha per scopo l’amore e al quale si
unisce proprio un aspetto storico, che è la vicenda dell’insurrezione francese?
Personalmente, nonostante il generale fallimento a La Spezia, ho trovato questo film
entusiasmante: sarà perché ho un debole per i musical, sarà perché ho un debole per Anne
Hathaway (nel film Fantine ) o perché ritengo che Helena Bonham Carter (nel film Madame
Thénardier ) sia un’attrice geniale. Un film che sembra adattarsi alla concezione che Manzoni
aveva dell’arte, che ha “l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo”. Un
“utile” che individuiamo per esempio nella riflessione sul più volte ricorrente binomio fra il
bene e il male, interpretato da una parte da Hugh Jackman nei panni dell’ex detenuto Jean
Valjean, il quale riscatta il proprio passato facendo del bene come sindaco di Montreiul- surMer e dall’ altra dall’integerrimo ufficiale di polizia Javert, convinto che un ex carcerato non
possa cambiare la propria natura e che si suicida piuttosto di accettare il contrario;
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un binomio che tiene viva l’attenzione dello spettatore in una serie di spannung che lasciano
con il fiato sospeso, accentuato dall’incalzare delle intimidazioni del poliziotto scandite dal
canto e dalle arie del detenuto.
Un “vero” individuato nella vicenda storica dell’insurrezione francese del 1832 e infine un
“interessante”, che individuiamo nei vari intrecci amorosi che vedono coinvolti in un triangolo
Eddie Redmayne (nel film Marius), la talentuosa Samanta Barks (Eponine sia nel film che nel
musical) e Amanda Seyfried (nel film Cosette) e in quegli squarci comici che rimandano molto
alle operette buffe, interpretati da Helena Bonham Carter e Sacha Baron Cohen (nel film i
coniugi Thénardier). L’unica pecca del film, a mio parere, è l’abuso della cosiddetta tecnica del
“recitar cantando”. Francamente mi aspettavo più parti recitate e quindi un maggior distacco
rispetto alla rappresentazione teatrale; tuttavia il mio indice di gradimento rimane molto alto
e questo capolavoro entrerà senza dubbio nella mia videoteca.
Emanuele Piarulli, VD
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STAY INDEPENDENT!
Mi sono avvicinata alla musica Indie circa due anni fa dopo un periodo di gusti musicali
discutibili (per i quali sono stata quasi disconosciuta dai miei) e che oggi cerco invano di
rimuovere. All'inizio ero scettica perché credevo che non conoscere un artista o un gruppo
significasse automaticamente che non avessero talento e per questo poco pubblico, ma in
realtà ho scoperto che spesso la musica migliore si nasconde (o viene nascosta) all'ombra delle
grandi case discografiche e dei pochi (pochissimi!) cantanti e gruppi le cui canzoni vengono
assiduamente trasmesse alla radio e in TV.
Indie infatti significa proprio il contrario di tutto ciò che è commerciale e omologato, essendo
l'abbreviazione di “independent” , indipendente, ma non significa per forza sconosciuto;
all'interno del mondo indie ci sono tutti i tipi di musica e sonorità: dal soul, al rock, al jazz. Per
fare un esempio l’Italia da sempre ma in particolar modo dagli ultimi anni ha un grande
panorama indie: il gruppo toscano dei Baustelle, che si è reso famoso nella scena musicale
italiana grazie alla perfetta unione di sonorità anni ’70 e testi profondi che suonano come
poesie; il progetto musicale indipendente Le Luci della Centrale Elettrica, dell’artista Vasco
Brondi, diventato per i giovani un simbolo della buona musica e il gruppo di Pordenone Tre
Allegri Ragazzi Morti, le cui canzoni sono caratterizzate da testi introversi e toccanti.
L'indie non ha limiti stilistici ma è ha da sempre un'idea diversa di creazione e distribuzione
della musica. Per l'appunto essere indipendente per un artista significa non solo poter e dover
contare solo sugli sforzi fatti a volte senza risultati, per poter sopravvivere con una piccola
casa discografica in un mondo dominato dalle major, ma anche produrre musica che è prima di
tutto un riflesso dell'artista stesso, non condizionato da obblighi commerciali e di mercato.
Quello che la musica indie ha saputo trasmettermi è un grande amore per l'arte che sa
distaccarsi dalla musica di scarsa qualità, facendomi scoprire gruppi particolari e di grande
talento, e di conseguenza mi ha fatto capire che l'idea del successo come garanzia di talento e
bravura sia sbagliata. Con questo non voglio certo snobbare la musica più popolare, perché io
stessa la canticchio e la ascolto, ma mi piacerebbe che i ragazzi della mia età fossero un po'
più curiosi del mondo che li circonda, di cui fa parte anche la musica, che ne è un aspetto
fondamentale e bellissimo da dover scoprire, secondo me, più profondamente.
Per questo vi invito, in un pomeriggio in cui non avete niente da fare, siete soli e tristi, e
magari vi siete anche un po' rotti del solito tunz-tunz della radio e di video musicali di artisti
neo-melodici o orribili reliquie anni '80 che vi fanno venire voglia di denunciare MTV, ad
andare nel negozio di musica più vicino, (non posso istigarvi a scaricare illegalmente o mi
censurano, ma in mancanza di mezzi…), e cercate la band dal nome più strano, la copertina più
particolare e il CD di quel cantante che gira su YouTube da un po' ma che non avete mai avuto
il coraggio di ascoltare. Ora date il via all'IPod o allo stereo e sentite il frutto della vostra
ricerca...ascoltate e riascoltate. Se nei primi tempi è più facile incappare in stili che
decisamente non fanno per voi, con il tempo vi sarete fatti una buona cultura musicale e in più
saprete come passare i pomeriggi, in cerca di quella che forse diventerà la vostra band
preferita.
Quindi tuffatevi nell'universo Indie!
STAY ROCK, STAY INDIE!
Beatrice Morelli V D
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Break the chain: rompi la catena!
Giovedì 14 febbraio tutte le donne del mondo hanno lanciato l’ennesimo grido contro la
violenza che, ormai sempre più frequentemente, viene esercitata su di loro.
Questa volta hanno ballato sulle note della canzone “Break the chain” dell’artista Debbie Allen
e hanno organizzato un flash mob globale eseguito in contemporanea da 160 paesi del mondo.
Il movimento che ha ideato il flash mob e si è occupato della causa prende il nome di One
Billion Rising; una stima dice che circa un miliardo di donne viene picchiata o violentata almeno
una volta nella vita… Non trovate sia terrificante?
La violenza sulle donne è un fenomeno terribile e si accentua il suo carattere mostruoso,
perché non può essere altrimenti definito, se si pensa che siamo nel 2013, in un periodo così
avanzato sotto tanti punti di vista.
Eppure su un argomento così fondamentale e di vitale importanza si è ancora troppo, troppo
indietro; sembra quasi che si proceda in senso contrario perché le violenze non cessano mai.
Nel libro “Lettera ad un bambino mai nato”, Oriana Fallaci scrisse: “Ma se nascerai uomo io
sarò contenta lo stesso. E forse di più perché ti saranno risparmiate tante umiliazioni, tante
servitù, tanti abusi. Se nascerai uomo, ad esempio, non dovrai temere d’essere violentato nel
buio di una strada. Non dovrai servirti di un bel viso per essere accettato al primo sguardo, di
un bel corpo per nascondere la tua intelligenza. Non subirai giudizi malvagi quando dormirai
con chi ti piace, non ti sentirai dire che il peccato nacque il giorno in cui cogliesti una mela.
Faticherai molto meno. Potrai batterti più comodamente per sostenere che, se Dio esistesse,
potrebbe essere anche una vecchia coi capelli bianchi o una bella ragazza. Potrai disubbidire
senza venir deriso, amare senza svegliarti una notte con la sensazione di precipitare in un
pozzo, difenderti senza finire insultato”.
Sono parole toccanti e purtroppo vere.
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Essere donne non deve più significare aver paura di essere violentate per strada,
discriminate.
Essere donna è motivo d’orgoglio, di una gioia immensa.
Così come essere uomo, d’altronde… anzi di più: essere donna, infatti, significa essere
fieramente consapevoli di avere una forza indescrivibile, di avere coraggio, intraprendenza, di
essere vita e amare la vita.
La violenza sulle donne non ha motivo d’essere, non possiede alcuna giustificazione: è un
REATO, un’azione deplorevole, è peccato, in senso laico, religioso, in ogni senso.
Ogni uomo dovrebbe vergognarsi anche solo di pensare di picchiare una donna; che potere
avrebbe per farlo? Quale diritto? Questo significa “amare”?
“L’amore, con gli schiaffi e i pugni c’entra come la libertà con la prigione” (Luciana Littizzetto).
È difficile sottrarsi a queste situazioni, è difficile scappare e trovare il coraggio, ma è
necessario.
Sempre e comunque.
Uomo, donna… cosa cambia in realtà?
Pensare che la donna sia inferiore è dimostrare di non avere cuore né cervello.
È il momento di cambiare, una volta per tutte, per arrivare al punto in cui la violenza sulle
donne sarà solo un bruttissimo ricordo.
“Il cuore e il cervello non hanno sesso. Nemmeno il comportamento. Se sarai una persona di
cuore e di cervello, ricordalo, io non starò certo tra quelli che ti ingiungeranno di comportarti
in un modo o nell’altro in quanto maschio o femmina. Ti chiederò solo di sfruttare bene il
miracolo d’essere nato, di non cedere mai alla viltà” ( Oriana Fallaci ).
Giulia Miele, II B
Pioggia di meteoriti in Russia: tra fantasia e realtà
Lo scorso 15 febbraio una pioggia di frammenti di meteoriti ha colpito la regione Russa di
Chelyabinsk, cuore industriale della nazione, causando molti feriti e molto timore nella
popolazione.
I testimoni oculari del fatto hanno parlato di grandi scie luminose, in alcuni casi
fiammeggianti, odore di polvere da sparo e frammenti meteoritici che si sono abbattuti sulla
Terra, subito dopo un rumore simile a quello di un terremoto e di un tuono insieme.
La notizia ha subito fatto il giro del mondo e sono comparse sul web altrettanto
repentinamente immagini dell'avvenimento. Molte di queste erano molto simili e scattate dai
cruscotti delle macchine, tant'è che nei giorni successivi si insinuò il dubbio che queste
fossero false e/o ritoccate solo per avere un po’ di popolarità online; in realtà un'indagine
successiva ha appurato che, bizzarramente, molte auto in Russia sono dotate di una
videocamera posta sotto il vetro anteriore al fine di avere un " testimone" affidabile in caso
di incidente e che da queste i proprietari hanno ottenuto le immagini della caduta dei
frammenti.
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La notizia della pioggia ha permesso anche il libero sfogo della fantasia dei più paranoici
maniaci di fantascienza che già dopo poche ore dall'evento raccontavano di strane luci viste
fluttuare nel cielo dopo la pioggia, di un probabile contatto con specie aliene se non
addirittura di un attacco alla terra.
Tutt'altra opinione ne avevano i credenti della ormai ex profezia Maya che, appresa la notizia,
si apprestavano a profetizzare un "ritardo" sulla fine del mondo secondo il calendario Maya e,
ri-fatte le valigie verso Bugarach (città nei Pirenei che secondo gli esperti del caso sarebbe
stata risparmiata dalla fine del mondo), si apprestavano a far meta verso quelle sperdute case
da tutt'altra parte del mondo non ancora rassegnati all'idea di aver compiuto un infausto
investimento comprandole.
Comunque, sfortunatamente sia per gli uni che per gli altri, la pioggia del 15 febbraio fu solo la
causa del violento scontro tra un piccolo meteorite e l'atmosfera terrestre, scontro che ha
provocato la frammentazione della roccia e la conseguente caduta dei resti nella sfortunata
provincia di Chelyabinsk e che, nonostante la fantasia di alcuni, ha causato solo molta paura
fra gli abitanti della regione.
Tommaso Pistelli, VD
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La perdita dell’umanità: la Youthanasia
-Noi siamo stati appesi fuori ad asciugare…Voi non ci voleste in nessuna maniera…Voi ci dite il
modo per affrettare le nostre vite…Corriamo verso Youthanasia!-
Cosa significa il titolo scritto qui sopra? È il titolo della canzone Youthanasia dell’omonimo
album (datato 1994) del gruppo musicale Megadeth. In realtà il titolo è intraducibile in
italiano, perché è l’unione fra il termine youth (giovane) e anasia (la parte finale della parola
eutanasia) e dovrebbe significare “morte dei giovani” o “morte sistematica dei giovani”, La
canzone critica la cultura dell’American Way of Life (quel modello che la società americana
esporta “democraticamente” facendo guerra con il mondo), che pensa a spendere più soldi in
armi e droga invece di pensare all’educazione dei giovani. L’immagine di copertina,
emotivamente forte, è ispirata alla frase “We’ve been hung out to dry” (Noi siamo stati
“appesi fuori ad asciugare”) del testo: quest’ultima infatti si riferisce al fatto che la società
americana mostra (o meglio fa promesse con scarsa credibilità) al mondo che l’America regala
una vita migliore, ma non si cura di educare i suoi figli, facendoli crescere tristi, ignoranti e
violenti, senza alcun principio di umanità e senza la voglia di essere un “cittadino di mondo”. Il
compositore della canzone, Dave Mustaine, accusa in particolar modo il governo americano di
inserire le future generazioni in un sistema di manipolazione culturale: dopo aver fatto un
ipocrita lavaggio del cervello ai condannati, il governo li “lascia fuori ad asciugare”, senza
pensare alla loro sorte, che condurrà alla creazione di nuovi guerrafondai superbi. La
copertina ritrae una donna (che rappresenta il governo americano, ma anche qualunque stato
con un problema simile) che stende per un percorso infinito (simbolo del tempo) tantissimi
neonati (che rappresentano i giovani e le future generazioni americane, “costrette” a un
lavaggio del cervello); a completare la copertina c’è uno scenario ignoto con delle nuvole
minacciose e dei monti nebbiosi sullo sfondo. Questa illustrazione, ad opera di Hugh Syme, è
maestosa ed evocativa (come l’album, ma questo è un altro argomento). Ho utilizzato la
canzone per far riflettere sul mondo in cui viviamo; un mondo in cui l’avanzare della tecnologia
è inversamente proporzionale alla decadenza dell’umanità, un mondo in cui esistono ancora i
fondamentalismi, un mondo in cui niente è sacro e tutto è ipocrisia ed egoismo. Anche se la
canzone si riferisce agli Stati Uniti, penso che il sistema scritto sopra venga utilizzato in
tutto il mondo, anche se in modi differenti: ci sono ad esempio nazioni che “lasciano fuori ad
asciugare” il loro stesso popolo usando la religione, trasformandoli in fanatici, oppure persone
dotate di grande carisma ma inghiottiti dalla cupidigia del denaro che distruggono la volontà
delle persone.
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Tutto questo porta a quelle cose orribili e ipocrite come le “guerre di pace” (é un po’ come
spegnere il fuoco con la benzina!) o “il morire nel nome di qualcuno” o di “qualcosa” e non
permette in nessun modo di porsi la domanda: è giusto tutto questo? Questo processo è
diventato il vero nemico dell’umanità, che spinge quest’ultima in un abisso senza fondo, con
nuvole nere che coprono il cadavere martoriato del pianeta.
Discorsi deliranti di un ragazzino? Articolo fatalistico? Forse. Un testo interessante e
riflessivo? È questa la mia intenzione e spero che sarà per lo meno atipico rispetto alle cose
che si leggono solitamente. Può cambiare il modo di pensare? Non lo so, ma credo che possa
fermare per un po’ la vita corrente e faccia riflettere su questi anni incerti e nebbiosi.
Marco Ferrante IV A
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Un “premio-pagliacciata” e un pubblico di pagliacci
Lo spettacolo teatrale “Pirandello Premio Nobel” si è tenuto presso il cinema- teatro “Il
Nuovo” il giorno 14 Febbraio 2013 ed è stato realizzato dalla Compagnia Italiana di Prosa di
Genova.
Questo spettacolo, come si evince dal titolo, ha avuto come base la consegna del Premio Nobel
al celebre autore italiano Luigi Pirandello, avvenuta il 9 Dicembre 1934. Tutta la prima parte è
stata infatti incentrata sulla ricostruzione storica della consegna del Premio Nobel, dalla
ricezione della lettera fino alla consegna stessa. Da notare la bravura dell’attore protagonista
che, oltre a ricordare il grande artista italiano dal punto di vista fisico, lo ha impersonato
così bene da suscitare brividi in tutto il pubblico presente in sala ed è stato capace di
trasmetterci le sensazioni provate dallo stesso Pirandello alla ricezione del suddetto premio,
considerato da lui, più che un onore, una presa in giro della società del suo tempo, del tutto
falsa ed ipocrita. Ottima anche la scelta del regista di concludere la scena con l’immagine della
risposta di Pirandello all’assegnazione dell’”ambito” premio: «Pagliacciate, pagliacciate,
pagliacciate!». Di meno effetto invece l’esibizione, forse poco sentita, degli altri attori in
scena, davvero poco coinvolgenti. Questa prima parte è stata poi coronata dall’ascolto
dell’unico documento audio esistente della voce dell’autore, esperienza assolutamente unica ed
emozionante, che ogni spettatore conserverà per sempre in sé.
A seguito di questa ricostruzione storica, sono state rappresentate in due atti unici le novelle
“L’uomo dal fiore in bocca” e “La Patente”. Entrambe messe in scena con puntualità e fedeltà
alle opere originali, sia nel testo sia nel trasmettere quell’umorismo amaro tipico del noto
artista. Scene, insomma, che hanno fatto ridere, ma anche commuovere e riflettere, al
momento della scoperta delle verità della vita tanto celate quanto evidenti, un pubblico di
giovanissimi.
Tuttavia, dal punto di vista tecnico vi era un’obiettiva impreparazione: per motivi non meglio
conosciuti non si è potuto sfruttare il movimento di apertura e chiusura del sipario, pertanto
tutti gli spettatori hanno visto i continui spostamenti degli oggetti di scena e la presenza
intermittente degli operatori del teatro che accorrevano giustappunto per attuare operazioni
che normalmente si fanno dietro al sipario e perciò non possono essere viste. I mezzi tecnici
erano mediocri (era utilizzato un videoregistratore vecchio stampo per le tracce sonore, per
esempio), specie se si pensa al calibro della compagnia teatrale e dello spettacolo
rappresentato. Tutti questi aspetti, che apparentemente non sembrano aver influito sugli
attori, hanno purtroppo influito sul pubblico, che si è diviso in due parti: chi ha apprezzato il
poter osservare per la prima volta ciò che succede al di là del sipario e chi, come le
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sottoscritte, avrebbe preferito rimanere nel mistero per non perdere la magia creatasi tra
una scena e l’altra.
Da evidenziare è anche un episodio del tutto spiacevole verificatosi durante la messa in scena
dell’atto unico “L’uomo dal fiore in bocca”: a causa di un pubblico del tutto sfrontato e ben
poco educato e rispettoso, l’attore protagonista è stato costretto e fermare la scena per
pretendere quel silenzio, che già per principio spettava a lui come ai suoi colleghi. Nonostante
a nostro parere l’interruzione di un atto di recitazione sia del tutto illecita all’interno di uno
spettacolo, troviamo comunque ineducato da parte degli spettatori chiacchierare durante una
rappresentazione così importante, soprattutto dopo che all’inizio dell’opera stessa si è parlato
di un rapporto attore-spettatore che dev’essere coadiuvante e basato sulla finzione: lo
spettatore sa, infatti, che l’attore è tale ma crede alla sua finzione, perché accetta il
cosiddetto “patto narrativo”. Sorge quindi spontanea una domanda: se si decide di non
accettare questo patto, perché partecipare allo spettacolo?
Giulia Berta, Benedetta Arena VD
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Festival di Sanremo 2013
Un Festival diverso, quello di quest’anno, all’insegna del divertimento; un Festival nel quale,
finalmente, le vere protagoniste sono state le canzoni. Un Festival, anche, premiato fin dal
primo giorno, con un indice elevatissimo di ascolti. Si tratta della 63° edizione del Festival di
Sanremo, show che dal 1950 si propone come un omaggio alla musica italiana e che riunisce
tutta la nostra penisola al ritmo di brani eseguiti da artisti più o meno noti.
A condurre la travolgente comicità di “Lucianina” Littizzetto e la grande “generosità” -parole
di Luciana - di Fabio Fazio. Coppia insolita ma perfetta, mai stancante o noiosa, ma anzi
sempre originale e divertente; coppia che, attraverso esilaranti imitazioni e balli travolgenti,
ma anche con monologhi seri ed attuali, è riuscita a rendere ogni serata ironica e allo stesso
tempo ha fatto riflettere riguardo argomenti che ci coinvolgono da vicino.
Il principale cambiamento di quest’anno ha modificato radicalmente, o almeno in parte, lo
svolgimento dello spettacolo. Infatti, invece che una sola canzone, gli artisti si sono
presentati con due; stava poi al pubblico, con il televoto, e alla “giuria di qualità” decidere
quale delle due far gareggiare. Durante le varie serate ci sono stati ospiti internazionali che
hanno reso questo Festival un po’ più “universale”. Sono i seguenti: il Coro dell'Arena di
Verona, Felix Baumgartner, Maurizio Crozza, Stefano Olivari e Federico Novaro, Angelo
Ogbonna, Toto Cutugno ed il Coro dell'Armata Rossa, Beppe Fiorello, Bar Refaeli, Carla Bruni,
Neri Marcorè, Asaf Avidan, Roberto Baggio, Antony and the Johnsons, Leonora Armellini, Al
Bano, Laura Chiatti, Rosita Celentano, Paola Dominguin, Danny Quinn e Gianmarco Tognazzi,
Pippo Baudo, Stefano Bollani, Caetano Veloso, José Luis Moreno e Rockfeller, Andrea Bocelli,
Bianca Balti, Claudio Bisio, Daniel Harding, Lutz Förster, Martín Castrogiovanni.
A rendere quest’esperienza ancora più interessante sono stati i vari temi trattati, attraverso
la musica e non, come per esempio la politica e la satira, la violenza sulle donne,
l'omosessualità, i giovani e il loro futuro... E’ stata inaugurata in diretta la statua
rappresentante “Mister Allegria”, Mike Bongiorno; inoltre si è dato largo spazio a successi
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passati ma ancora oggi emozionanti e travolgenti, senza trascurare quella che è la vera musica,
quella classica, con un omaggio a Verdi e l’esecuzione della Cavalcata delle Valchirie.
Ma il vero fulcro del Festival sono stati loro, i cantanti; in particolar modo, vorremmo mettere
in risalto la categoria dei Giovani, che, nonostante il poco (troppo poco) tempo ad essa
dedicato, è riuscita a mostrare il meglio degli artisti che ne facevano parte, rivelando talento
e grandi capacità. Alla fine sul podio sono saliti, per la categoria Giovani, Antonio Maggio con
Mi piacerebbe sapere, mentre tra i Big troviamo al terzo posto, i Modà, con Se si potesse non
morire; al secondo, Elio e le Storie Tese con La canzona Mononota; e primeggia fra tutti
Marco Mengoni con L'Essenziale. Ma comunque sia, poco importa chi si è aggiudicato la
vittoria: infondo, finito il festival, ognuno continuerà ad ascoltare le canzoni che più gli sono
piaciute tralasciando la classifica ufficiale.
Ylenia Parbuono e Irene De Giorgi, IV B
SANREMO: LE PAGELLE
In un particolare periodo storico del nostro Paese, in cui tutti si improvvisano, oltre che
allenatori di calcio, anche Capi di Stato, Presidenti del Consiglio e Pontefici, proverò ad
improvvisarmi anch’io qualcosa che non sono; e dato che ormai i tempi sono maturi per poter
parlare definitivamente di quello che è successo quest’anno al seguitissimo Sanremo,
diventerò per qualche oretta (giusto il tempo di scrivere l’articolo) critico musicale, cercando
di essere il più obbiettivo possibile, per rimanendo fedele a quelle che sono le mie
personalissime impressioni ed idee.
FAZIO e LITTIZZETTO, voto 9: semplicemente la coppia perfetta. Non serviva di certo
Sanremo a decretare l’indiscusso feeling tra i due, già suggellato dagli anni di collaborazione a
Che Tempo Che Fa, e l’incredibile appeal che questi riescono ad avere sul pubblico; di certo
però, se qualcuno vedeva il palco dell’Ariston come un banco di prova per l’esplosiva Luciana e
per il più pacato ed ironico Fabio, il test può definirsi più che superato. Memorabili momenti di
televisione il taglio della barba del maestro Vessicchio e la trascinante perorazione contro la
violenza sulle donne da una parte, gli atti di coraggio di Fazio nell’ergersi a difesa di Crozza e
la sua incredibile capacità di mediazione nel porre rimedio agli exploit, a volte eccessivi, della
Littizzetto dall’altra. Un concentrato incredibile di ironia, sagacia e cultura; cosa,
quest’ultima, purtroppo non comune a tutti i presentatori di oggi.
CROZZA, voto 7 e mezzo: gli va reso merito di aver fatto il suo lavoro e di essere riuscito a
portare a termine il suo intervento in un ambiente fortemente ostile. Eppure, nonostante le
urla di disapprovazione che si alzavano dalla platea del teatro, è riuscito a mantenere la sua
tranquillità e la sua disinvoltura (seppur dopo un primo momento di sbigottimento) e a
convertire quei “Pirla!” e “Vai a casa!” in risa divertite. Dopotutto, per citare Fazio, satira non
è propaganda. E una risata, vi seppellirà.
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PUBBLICO, voto 6: non poteva essere altrimenti. Ha fatto sentire il suo appoggio ai cantanti,
certo; si è fatto coinvolgere perfettamente dagli scherzi della Littizzetto, va bene; ha
applaudito (seppur dopo un primo momento di incertezza) la coppia omosessuale salita sul
palco; ma ha anche dimostrato la sua ignoranza e intemperanza durante l’esibizione di Crozza,
dando, almeno per una mezz’ora, un’ immagine davvero poco edificante dell’Italia.
MENGONI, voto 8: tecnicamente perfetto. Riesce ad arrivare in cielo, coprendo note
altissime e facendo acuti da vero soprano, con una semplicità unica: quasi non si avverte il
passaggio dal tono naturale a quello in falsetto. La canzone gira, forse il testo non è dei
migliori, ma anche quest’anno (eccezion fatta per Elio e Silvestri) il festival è stato, sotto
quest’ultimo punto di vista, qualitativamente al ribasso. La musica è però indubbiamente
orecchiabile, e Mengoni, grazie alla disinvoltura acquisita durante le sue continue apparizioni
televisive, si muove davvero bene sul palco, dando prova di essere pronto per palcoscenici
davvero importanti.
ELIO E LE STORIE TESE, voto 9: è incredibile cosa sia riuscito a fare con una nota sola. La
sua Canzone Mononota è un reale capolavoro dell’ironia, premiato con il primo posto dalla giuria
di qualità. Fusione di generi diversi e, seppur incentrata su una sola nota, caratterizzata da
un’impalcatura strumentale davvero complessa con i suoi continui cambi di tempo e ritmo,
meritava forse miglior sorte.
MARTA SUI TUBI, voto 7; mi sono francamente piaciuti. Fenomeno tra i più rilevanti nello
scenario della musica Indie degli ultimi tempi, sono stati capaci di portare sul più
conservatore, da un punto di vista stilistico e musicale, dei palchi d’Italia una canzone nuova,
caratterizzata da un’impronta folk davvero interessante e perfettamente esplicitata dal
trasgressivo chitarrista. Seppur occupi gli ultimi posti, i Marta sono la dimostrazione che
qualcosa di buono, in Italia, ancora c’è.
SILVESTRI, voto 8; la virata del cantante romano da tematiche più leggere e amorose a testi
impegnati socialmente è degna di essere esaltata. La canzone è semplice, facile da ricordare,
ma con un testo esplosivo, che senza troppi giri di parole, voli pindarici e digressioni
metaforiche, tipiche di una tipologia di cantautori in via di estinzione e appartenente ad
un’altra generazione, esplicita idee ben precise. Bello anche l’intervento dell’interprete di LIS.
MOLINARI e CINCOTTI, voto 5: effettivamente sono stati capaci di catapultarci
improvvisamente in un’atmosfera da club americano anni ’50, con una voce da balera, seppur
incredibilmente dotata, della Molinari, e un Peter Cincotti che non sfrutta nemmeno un decimo
della sua abilità pianistica. Il testo è abbastanza frivolo, piuttosto vuoto, che lascia
abbastanza il tempo che trova, sulla base di una musica comunque orecchiabile e semplice.
NAZIONALE, voto 6: ha nuovamente dato lustro ad un genere di musica che mancava da
troppo tempo sul palco dell’Ariston, con i pro e i contro che da tale scelta possono derivare: la
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canzone napoletana. Purtoppo, a vedere la posizione di classifica non degna del nome
dell’interprete, ci si accorge di come i “contro” siano stati più dei “pro”, nonostante la voce
bellissima della Nazionale e parti strumentali ben curate, seppur abbastanza tipiche (con un
continuo uso di archi) della musica partenopea in generale.
MODA’, voto 5; so che il giudizio dato potrebbe sembrare impopolare, ma per evitare
movimenti di massa contro il sottoscritto, ci tengo a sottolineare la personalità dei miei
giudizi. I Modà partecipano per la terza volta in tre anni a Sanremo (l’anno scorso il frontman
Kekko era autore di musica e testo di Non è l’Inferno di Emma) con la stessa canzone. Dopo il
successo di Arriverà, la band milanese dev’essere rimasta tanto colpita dal boom di vendite da
non riuscire a comporre qualcosa di diverso: i pregevoli acuti e le parti vocali del cantante,
seppur mirabili, sono tremendamente simili a quelle di Arriverà e della canzone di Emma, così
come da un punto di vista tematico, la retorica di Se Si Potesse non Morire è la stessa di Non
E’ L’Inferno. Insomma, i Modà sono a tal punto innamorati della loro musica da porla ad
esempio e a modello di tutti i loro testi. E spero che questa frase, data la grande popolarità
della band, non mi costi il linciaggio.
GUALAZZI, voto 7; premiato più il pianista che la canzone. Gualazzi, probabilmente il più
grande fenomeno jazz italiano contemporaneo, ha visto eliminata al primo turno la canzone alla
quale, fra le due, teneva di più. Sai (ci basta un sogno) non è male, ma è indubbio che Raphael è
capace di altro e di meglio.
ALMAMEGRETTA, voto 4; il voto parla da solo. La giuria ha dato, in questo caso, il giusto
giudizio alla canzone.
AYANE, voto 7; sicuramente la voce ce l’ha eccome. Purtroppo la canzone di Sangiorgi,
perfetta per il cantante salentino ma un po’ meno per Malika, non è riuscita ad esaltare al
meglio le sue qualità canore, forse a causa di una parte strumentale magari un po’ carente di
troppi pochi stacchi musicali, che rendono il tutto forse un po’ troppo lineare e piatto.
CRISTICCHI, voto 6; così come non si può impedire a un pittore di dipingere, allo stesso modo
non si può impedire a Cristicchi di essere Cristicchi. La canzone ha il solito tono ironico delle
altre, magari con un pizzico di macabro in più, e Simone la canta con la solita faccia angelica
che nasconde un’anima da giullare. Nel complesso, simpatica e graziosa, ma non gli può dare più
della sufficienza piena.
CHIARA, voto 8; il miglior prodotto degli ultimi due anni di talent show. Potenza canora,
conoscenza della musica, timbro meraviglioso, estensione pazzesca si aggiungono ad una buona
dose di pazzia, che caratterizza ogni artista. La canzone è bella, e Chiara ha sicuramente
davanti a se una strada parecchio luminosa.
GAZZE’, voto 8; bello, simpatico, ironico. Gazzè, in un periodo delicato come quello
immediatamente successivo alle dimissioni del pontefice, riesce a scherzare su un argomento
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delicato come quello del fanatismo religioso, seppur stemperandolo con abilità e sagacia.
Bell’idea anche quella del controcanto continuo che integra perfettamente la lead voice di
Max, e azzeccato il riff di synth sul quale si poggia l’intera parte strumentale. Anche lui
meritava ben’altra posizione.
ANNALISA, voto 7; brava, per essere la sua prima volta all’Ariston. Combatte bene la
tensione della prima esibizione e si destreggia bene sul palco, con una canzone interessante
resa ancora più bella dalla perfetta intonazione della cantante.
Manuel Apice, II E
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Strade di nulla
Come attimo della gloria umana
la mente si spense
pensando come la luce illuminasse
gli occhi vitrei dell’ignoranza
ed essa, senza accorgersene,
nel buio percorreva strade di nulla.
Ebbene la filosofia
stette nel fermarsi della mente
ad amare ciò che la mente
non concepiva.
Serena Ariodante, V D
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