Y:\Cantieri\Rassegna stampa\Rassegna\2012\06_giugno

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Y:\Cantieri\Rassegna stampa\Rassegna\2012\06_giugno
Rassegna stampa
04/06/2012 : Notizie di oggi
Affari e Finanza
(La Repubblica)
Il peso dei mercati sulle pensioni "I fondi devono cambiare strategia"
Alto Adige
pensioni , modelli a confronto
Chicago
Tribune.com
How pension-reform push spun out of control
Corriere Economia
Borse Tentazioni pericolose Se inizia la fuga da Wall Street.
Previdenza Partite Iva: i 6 punti della discordia
Gazzetta del lavoro
Il prepensionamento dei lavoratori poligrafici
ItaliaOggi7
Contributi verso la meta del 33%
Mutuo e polizza, doppia scelta
Non più solo dipendenti, ma anche co.co.co. e co.co.pro.
Omesso versamento
Pensione complementare
Totalizzazione contributiva
Milano Finanza
In balìa dei fondi zombie
Sole 24 Ore, Il
(Plus)
Nassau-Lugano andata e ritorno
Telegraph.co.uk
Pensioners miss out on thousands of pounds
Thestar.com
Cohn: What Ontario's oldsters can learn from Quebec's...
Forced buyout dents couple's retirement plans
What our pensions owe to the scientist known for Halley's Comet
Trentino
pensioni , modelli a confronto
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Affari e Finanza (La Repubblica)
Data: 04/06/2012
"Il peso dei mercati sulle pensioni "I fondi devono cambiare strategia""
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ASSET ALLOCATION
Il peso dei mercati sulle pensioni “I fondi devono cambiare strategia”
SECONDO FRANK NICOLAS, RESPONSABILE DELL’ASSET ALLOCATION DI NATIXIS, “OCCORRE DEFINIRE IL
RISCHIO DI UN PORTAFOGLIO IN TERMINI DI PERDITA MASSIMA SOPPORTABILE, E SE SI DIMOSTRA
INEFFICIENTE SU QUESTO PARAMETRO, SI DEVE MODIFICARNE L’ASSETTO”
Lo leggo dopo
Roma Tutto è cambiato in una manciata d’anni. I dieci anni che hanno sconvolto la nostra vita, mentre ancora
cerchiamo lumi per imparare a muoverci in una situazione completamente nuova. Vale per le imprese ma anche per i
risparmiatori. E vale anche per il risparmio a lungo termine che confluisce nei fondi pensione. I professionisti del
settore cercano nuove strade, che permettano a questo risparmio così cruciale per la protezione della terza età di non
farsi bruciare da eventi imprevisti o imprevedibili. «L’ultima crisi – dice Franck Nicolas, responsabile Global Asset
Allocation e ALM di Natixis Asset Management – ha segnato un decennio di malfunzionamento del mercato e
cambiato le carte in tavola. Ha quindi costretto noi operatori a studiare nuovi approcci, meno rigidi di un tempo, dove
tutto sembrava semplice perché basato su assiomi a lungo dimostratisi veri. Viviamo in una situazione fluida e, di
conseguenza, il nostro approccio ai mercati è divenuto più flessibile». La nuova road map del risparmio a lungo
termine è dunque la flessibilità, non soltanto nella scelta delle asset class, ma dell’approccio stesso. Bisogna essere
pronti a cambiare strada, se questa si dimostra sbagliata. «Occorre – dice Nicolas – prima di tutto definire il rischio di
un portafoglio in termini di massima perdita sopportabile e, se esso si dimostra inefficiente su questo parametro,
modificarne l’assetto. Non è mai troppo tardi per cambiare.
La grande novità, quindi, è che il portafoglio di un fondo pensione non può essere statico, deve adattarsi
continuamente alle eventuali criticità». Per gli asset manager dei fondi pensione è un vivere, come diceva il filosofo
Friederich Nietzsche, “sulle ali leggere della possibilità”. Secondo Nicolas i fondi pensione rischiano oggi di dover
intraprendere una delle seguenti strade: iniettare più capitali per compensare i ritorni più bassi, accettare una
diminuzione del benefit finale o prolungare il periodo di contribuzione. Per evitare di penalizzare eccessivamente gli
aderenti, è quindi necessario ripensare l’allocazione del portafoglio che deve essere costruito non solo guardando al
rendimento, ma soprattutto alla “protezione” dello stesso. «Occorre – dice Nicolas – tenere sempre monitorata la
volatilità, coprirsi sui rischi maggiori assunti nel portafoglio e guardare con più attenzione alla maturità della
componente obbligazionaria». (a.bon.)
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Alto Adige
"pensioni , modelli a confronto"
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Data:
04/06/2012
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Pagina 4 - ATTUALITA Pensioni , modelli a confronto La previdenza complementare in Italia, Olanda e Trentino
Alto Adige
TRENTO Retribuzioni eque e sostenibili possono essere costruite anche con la previdenza complementare e non
solo allungando la vita lavorativa. Se ne è parlato al Consorzio dei Comuni Trentini, per i "Confronti" del Festival
dell'Economia, mettendo a confronto l’esperienza olandese con quella italiana e del Trentino Alto Adige. «Nel
nostro Paese la riforma pensionistica - spiega Gianfranco Cerea, docente alla Facoltà dell’Economia dell’Università
di Trento e presidente di Cassa del Trentino, ha un lungo percorso. Alcune idee, nate in un periodo di “vacche
obese” sono state riviste. Se la Grecia è lo Stato che dà le pensioni più alte e la Francia e l’Inghilterra tra quelli che
le danno più basse (sotto il 50%), l’Italia si posizione a un livello medio alto. Le pensioni sono prossime, infatti, al
70% del reddito lavorativo. L’Italia è uno dei Paesi dove la spesa pensionistica è sotto controllo. Ciò vuol dire che
non c’è il debito occulto. Vietato però farsi delle illusioni. La spesa sanitaria e la non autosufficienza cresceranno
sempre di più». La riforma italiana delle pensioni è stata fatta per aprire qualche spiraglio per l’autosufficienza e
per mantenere un sistema sanitario degno del suo nome. C’è stata anche una revisione tra stipendio e pensioni. Se
nel 2010 una persona che andava in pensione a 69 anni dopo 39 di lavoro prendeva il 76,6% del reddito chi ci
andrà nelle stesse condizioni nel 2060 prenderà il 68,9% del reddito. In futuro le persone avranno una pensione che
varierà a seconda di tre fattori: l’età in cui si ritireranno dal mondo occupazionale; gli anni di lavoro maturati e la
dinamica della carriera. Se nel 2010 un lavoratore autonomo andato in pensione a 66 anni dopo 38 anni di contributi
ha preso il 73,5% del reddito nel 2060 prenderebbe solamente il 38,6%. Ma non solo. Chi avrà una progressione di
carriera prenderà una retribuzione pensionistica minore rispetto a chi avrà avuto un lavoro senza picchi. Il caso
dell’Olanda è molto diverso da quello italiano. A 65 anni chi va in pensione prende, indipendentemente dal lavoro
che ha svolto, 1200 euro che salgono a 1400 nel caso di una coppia. Il reddito è quindi garantito. «Se in Italia la
pensione complementare - Gottfried Tappeiner, presidente di Centrum PensPlan - si basa su fondi categoriali in
Trentino Alto Adige tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di mestiere, confluiscono in un fondo territoriale.
Gli iscritti sono 137mila».
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Chicago Tribune.com
Data: 04/06/2012
"How pension-reform push spun out of control"
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How pension-reform push spun out of control
Legislative squabbles, fear of alienating unions both played roles
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Photo: Illinois legislators (June 2, 2012)
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E Capitol Ave, Springfield, IL 62701
By Rick Pearson and Ray Long, Chicago Tribune reporters
June 3, 2012
SPRINGFIELD—
— Hours after lawmakers headed home without reforming the state's bereft public worker pension systems, Gov.
Pat Quinn implored them to remember that Illinois government is "racing the clock" in solving the issue.
But a different race is on the mind of many legislators: their re-election contests Nov. 6, when all 59 Senate seats
and all 118 House seats are on the ballot.
The coming election looms as a major driver in why pension reform failed this spring. The reasons are as much
political as practical.
Concerns over alienating powerful voting blocs weighed on the minds of some. A belief that Democratic House
Speaker Michael Madigan didn't want to offend powerful labor unions swayed others. And Quinn and House
Republican leader Tom Cross aren't exactly two of the most beloved figures at the Capitol.
The Democratic governor cast his lot with Republican Cross instead of Democrat Madigan, who wanted further
concessions on who pays for teacher retirement outside Chicago. Cross' pension plan would have reduced cost-ofliving increases and dangled an offer of access to state health insurance for those who opted for a lesser pension.
It did not address the contentious issue of shifting teacher retirement costs from the state to suburban and
downstate school districts.
Quinn then failed to deliver Democratic votes for Cross. In the aftermath, he downplayed election-year
considerations.
"There may be a legislator here or there who looked at Nov. 6," Quinn said, "but I think most of the legislators of
both parties in both houses understood the pension challenges could not be deferred."
But the pension challenges were deferred. Quinn is now pushing for top legislators to get together this week to
reach a deal that can be presented to lawmakers in a special session in Springfield, but many lawmakers said
privately they want to deal with the issue after the fall election.
"I'm not sure there's a need to rush this. We want to get it done right," said one Republican lawmaker with a
state-run facility in his downstate district who asked that his name not be used to avoid conflicting with Cross'
goals.
Shortly before House lawmakers left Springfield to start the summer campaign season, Madigan, the state's
longest-serving speaker, said he was disappointed they failed to deal with Illinois' unsustainable and massive $83
billion pension system debt.
"However, I think we should all recognize there were significant accomplishments in this session," Madigan said,
offering up some campaign talking points that lawmakers could use to try to spin discussions away from the
pension issue.
Madigan also informed lawmakers that if they're called back this summer to deal with pension reform, they
should hope Quinn makes the call instead of the legislative leaders. "If the governor calls the special session, why
the members will get their per diem allowance" of more than $100 a day, Madigan said.
With Democrats running the House and Senate, there had been questions all along about whether the
Legislature would tackle the state's pension crisis. The retirement system is eating up more and more state dollars
at the expense of money for education and health care. Failure to address the large unfunded liability risks a
further downgrade in the state's credit rating, which would lead to higher borrowing costs.
Fueling the belief that nothing would happen on the issue was Madigan's move on the eve of adjournment to turn
over sponsorship of the comprehensive pension reform bill to Cross. The Oswego GOP leader said he had half the
votes needed to pass the measure, but when Madigan said he would vote against it, Quinn came up short trying
to gather Democratic votes.
Public employee unions, such as theAmerican Federation of State, County and Municipal Employees, are one of
the core constituencies of Democrats. Though overall union membership is declining in the private workplace, a
recent study found 96 percent of all Illinois state government workers are unionized.
That relationship may explain why Springfield never became a ground zero for highly visible union protests. This
stands in contrast to the way that Madison, Wis., about 280 miles to the north, found its Statehouse last year a
rally center for unions trying to fight Republican Gov. Scott Walker and the GOP-led Legislature's moves to
abolish most collective bargaining rights.
To be sure, public unions used automated telephone calls and other devices to have members call Illinois
lawmakers, and pockets of green T-shirt clad AFSCME workers roamed the halls of the Capitol. But their public
displays rarely approached the more than 1,000 union employees who protested Walker's recent appearance in
Springfield before the Illinois State Chamber of Commerce.
"I believe many union officials are so comfortable and used to Illinois Democrats doing their bidding that they
thought in the end — and apparently rightfully so — nothing meaningful with respect to pension reform would
take place," said Republican Sen. Kirk Dillard of Hinsdale.
Michael Carrigan, president of the IllinoisAFL-CIO, said public workers unions sought to make their appeals
directly to the General Assembly rather than engage in public protests. He said the Legislature's decision to defer
the issue should prompt lawmakers to give organized labor a seat at the negotiating table.
Sen. Kimberly Lightford, D-Maywood, said the unions apparently adopted a tactic that "gave us grace in that
they didn't all show up on the same day" to lobby.
"We all have to be honest with ourselves. What can they honestly be happy and live with?" Lightford asked.
Just how long it will take Quinn and legislative leaders to put together a negotiated pension proposal is
questionable. Quinn now insists that lawmakers negotiate the tricky issue of shifting teacher pension costs back
to local school districts.
"The core principle of having every unit of government that negotiates a contract, has retirement costs in that,
that government has to have some accountability," Quinn said.
As of now, there's only the realization that among lawmakers, their predecessors and administrations from both
parties, "a promise has been broken," said Sen. Matt Murphy, R-Palatine.
"There's an $83 billion elephant in this pension room, and I don't think you can look the people in the eye who
are counting on it and continue to tell them, 'Don't worry,'" Murphy said.
[email protected] [email protected]
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Corriere Economia
"Borse Tentazioni pericolose Se inizia la fuga da Wall Street."
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Data:
04/06/2012
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CORRIERE ECONOMIA - ECONOMIA
sezione: Prima data: 04/06/2012 - pag: 3
Borse Tentazioni pericolose Se inizia la fuga da Wall
Street
L' Ipo più attesa del decennio doveva riaccendere l'amore degli investitori per Wall Street, invece le ha dato
un altro colpo. Forse mortale. Il debutto in Borsa di Facebook con una valutazione superiore ai 100 miliardi di
dollari ha bruciato quel po' di fiducia rimasta nel mercato azionario americano, soprattutto dopo la rivelazione
che alcune banche d'affari curatrici dell'offerta pubblica davano in privato, solo ai clienti privilegiati, un
parere meno entusiasta sulle sue prospettive. Flop La delusione per il flop di Facebook le cui quotazioni sono
crollate di quasi un quarto nei primi cinque giorni di scambi ha spinto ancora più risparmiatori ad
abbandonare la Borsa: i riscatti dai fondi azionari Usa hanno raggiunto i 3 miliardi di dollari nella settimana
dell'Ipo di Facebook, il dato peggiore degli ultimi mesi. E la perdita del 6,2% dell'indice Dow Jones in maggio
non migliora l'umore del mercato. «Le azioni sono morte?», si è chiesto il Financial Times in prima pagina. E
la domanda è rimbalzata sulle piazze finanziarie di qua e di là dell'Atlantico. La risposta unanime è che a
morire è stato il culto delle azioni, perché nessuno sembra più credere alle statistiche per cui la Borsa nel
lungo termine rende più delle obbligazioni. Non importa se dal 1900 al 2010 le azioni americane hanno
battuto l'inflazione di 6,3 punti percentuali l'anno contro l'1,8 offerto dai bond, come mostra uno studio della
London business school citato dal FT. Così oggi i risparmiatori corrono a comprare i titoli di Stato Usa
decennali che rendono l'1,5%, cioè meno del tasso d'inflazione (2,3%) e meno del 2% di rendimento medio
delle azioni (il rapporto fra dividendo e prezzo). Non c'è accordo invece su che cosa può succedere d'ora in
poi: secondo alcuni questo disamoramento di massa per Wall Street sarebbe un segnale contrarian,
l'indicazione dell'imminente partenza di un nuovo grande rally azionario; secondo altri l'attuale clima andrà
avanti a lungo a causa di fattori indipendenti dalla Borsa, in particolare per la repressione finanziaria
esercitata dai governi e per le dinamiche demografiche. Fuga La fuga da Wall Street è in atto già da tempo:
dal 2006 a oggi i fondi azionari americani hanno perso 473 miliardi di dollari (saldo netto fra sottoscrizioni e
riscatti), mentre quelli obbligazionari hanno incassato 1.042 miliardi netti. La fiducia nella correttezza ed
efficienza del mercato è stata scossa nell'ultimo decennio dallo scoppio di due grandi Bolle, quella delle
dot.com nel 2000 e quella immobiliare nel 2007-2008; due crolli di Borsa superiori al 50% e da una serie di
scandali e bancarotte aziendali impressionanti, dalla Enron nell'ottobre 2001 alla Lehman Brother nel 2008,
per citarne solo due. Non stupisce allora sapere che la quota delle famiglie americane con investimenti in
azioni diretti o indiretti (attraverso fondi o altri prodotti) è scesa dal 53% nel 2001 al 46,4% nel 2011
secondo l'ultimo sondaggio dell'Investment company institute, l'associazione dei gestori di fondi Usa; e oggi
solo il 15% degli americani si fida di Wall Street, secondo l'Indice della fiducia finanziaria elaborato dalle
scuole di business Chicago Booth/Kellog. E non è una tendenza in atto solo fra i risparmiatori. Anche gli
investitori istituzionali hanno ridimensionato drasticamente il loro portafoglio azionario: era fino al 70% del
patrimonio dei fondi pensione americani e britannici dieci anni fa, ora è attorno al 40% in Gran Bretagna e
poco sopra il 50% negli Usa. Su di loro pesa non solo la paura di non raggiungere gli obbiettivi di rendimento
prefissati, ma anche la pressione delle autorità politiche e monetarie a investire in titoli emessi dai governi,
che hanno disperato bisogno di finanziare i loro crescenti debiti. Gli ottimisti fanno notare che «La morte delle
azioni» era stata annunciata già 33 anni fa, sulla copertina di BusinessWeek del 13 agosto '79: poco dopo
sarebbe partito un formidabile rialzo durato 20 anni, con rendimenti annui composti del 17,5% negli Anni '80
e del 18,2% nei '90. Auspicano quindi che il fenomeno si ripeta, anche sulla base del pessimo tempismo della
massa dei risparmiatori: nel marzo 2000, attirati dai rendimenti passati versavano oltre 50 miliardi di dollari
netti al mese nei fondi specializzati in Borsa, che nel successivo decennio avrebbe perso in media lo 0,9%
l'anno contro guadagni del 7,7% dei titoli di Stato di lungo termine; ora che sono di moda i fondi
obbligazionari, potrebbe succedere il contrario, con la Borsa che riparte e i Treasury bond in rosso se i tassi
di interesse riprendono a crescere. Passaggio «Il pubblico prenderà in considerazione di nuovo le azioni
quando comincerà a perdere soldi con le obbligazioni osserva Jason Trennert della società di ricerca
Strategas partners . Quel momento arriverà, anche se ci vorrà forse molto tempo in questa era di
repressione finanziaria». Molto dipenderà anche dall'atteggiamento della Net generation, i nati fra la fine degli
Anni '70 e la fine degli '90: sono numerosi (80 milioni in America) quanto i Baby boomer (nati fra il '46 e il
'64) e a partire da quest'anno cominciano a entrare in quell'età (oltre i 35 anni) in cui si accumulano i
risparmi. I Baby boomer avevano investito i loro risparmi in Borsa proprio negli Anni '80 contribuendo al suo
boom, ma ora stanno andando in pensione e molti si spostano sul reddito fisso per non rischiare. La Net
Generation potrebbe rimpiazzarli e dar fiato al prossimo Toro, crede Tobias Levkovich, responsabile strategie
azionarie Nord America per Citi. Sempre che il trauma del decennio perso non spinga gli attuali trentenni ad
essere molto più conservatori dei padri. RIPRODUZIONE RISERVATA L' Ipo più attesa del decennio doveva
riaccendere l'amore degli investitori per Wall Street, invece le ha dato un altro colpo. Forse mortale. Il
debutto in Borsa di Facebook con una valutazione superiore ai 100 miliardi di dollari ha bruciato quel po' di
fiducia rimasta nel mercato azionario americano, soprattutto dopo la rivelazione che alcune banche d'affari
curatrici dell'offerta pubblica davano in privato, solo ai clienti privilegiati, un parere meno entusiasta sulle sue
prospettive. Flop La delusione per il flop di Facebook le cui quotazioni sono crollate di quasi un quarto nei
primi cinque giorni di scambi ha spinto ancora più risparmiatori ad abbandonare la Borsa: i riscatti dai fondi
azionari Usa hanno raggiunto i 3 miliardi di dollari nella settimana dell'Ipo di Facebook, il dato peggiore degli
ultimi mesi. E la perdita del 6,2% dell'indice Dow Jones in maggio non migliora l'umore del mercato. «Le
azioni sono morte?», si è chiesto il Financial Times in prima pagina. E la domanda è rimbalzata sulle piazze
finanziarie di qua e di là dell'Atlantico. La risposta unanime è che a morire è stato il culto delle azioni, perché
nessuno sembra più credere alle statistiche per cui la Borsa nel lungo termine rende più delle obbligazioni.
Non importa se dal 1900 al 2010 le azioni americane hanno battuto l'inflazione di 6,3 punti percentuali l'anno
contro l'1,8 offerto dai bond, come mostra uno studio della London business school citato dal FT. Così oggi i
risparmiatori corrono a comprare i titoli di Stato Usa decennali che rendono l'1,5%, cioè meno del tasso
d'inflazione (2,3%) e meno del 2% di rendimento medio delle azioni (il rapporto fra dividendo e prezzo). Non
c'è accordo invece su che cosa può succedere d'ora in poi: secondo alcuni questo disamoramento di massa
per Wall Street sarebbe un segnale contrarian, l'indicazione dell'imminente partenza di un nuovo grande rally
azionario; secondo altri l'attuale clima andrà avanti a lungo a causa di fattori indipendenti dalla Borsa, in
particolare per la repressione finanziaria esercitata dai governi e per le dinamiche demografiche. Fuga La
fuga da Wall Street è in atto già da tempo: dal 2006 a oggi i fondi azionari americani hanno perso 473
miliardi di dollari (saldo netto fra sottoscrizioni e riscatti), mentre quelli obbligazionari hanno incassato 1.042
miliardi netti. La fiducia nella correttezza ed efficienza del mercato è stata scossa nell'ultimo decennio dallo
scoppio di due grandi Bolle, quella delle dot.com nel 2000 e quella immobiliare nel 2007-2008; due crolli di
Borsa superiori al 50% e da una serie di scandali e bancarotte aziendali impressionanti, dalla Enron
nell'ottobre 2001 alla Lehman Brother nel 2008, per citarne solo due. Non stupisce allora sapere che la quota
delle famiglie americane con investimenti in azioni diretti o indiretti (attraverso fondi o altri prodotti) è scesa
dal 53% nel 2001 al 46,4% nel 2011 secondo l'ultimo sondaggio dell'Investment company institute,
l'associazione dei gestori di fondi Usa; e oggi solo il 15% degli americani si fida di Wall Street, secondo
l'Indice della fiducia finanziaria elaborato dalle scuole di business Chicago Booth/Kellog. E non è una
tendenza in atto solo fra i risparmiatori. Anche gli investitori istituzionali hanno ridimensionato drasticamente
il loro portafoglio azionario: era fino al 70% del patrimonio dei fondi pensione americani e britannici dieci anni
fa, ora è attorno al 40% in Gran Bretagna e poco sopra il 50% negli Usa. Su di loro pesa non solo la paura di
non raggiungere gli obbiettivi di rendimento prefissati, ma anche la pressione delle autorità politiche e
monetarie a investire in titoli emessi dai governi, che hanno disperato bisogno di finanziare i loro crescenti
debiti. Gli ottimisti fanno notare che «La morte delle azioni» era stata annunciata già 33 anni fa, sulla
copertina di BusinessWeek del 13 agosto '79: poco dopo sarebbe partito un formidabile rialzo durato 20 anni,
con rendimenti annui composti del 17,5% negli Anni '80 e del 18,2% nei '90. Auspicano quindi che il
fenomeno si ripeta, anche sulla base del pessimo tempismo della massa dei risparmiatori: nel marzo 2000,
attirati dai rendimenti passati versavano oltre 50 miliardi di dollari netti al mese nei fondi specializzati in
Borsa, che nel successivo decennio avrebbe perso in media lo 0,9% l'anno contro guadagni del 7,7% dei titoli
di Stato di lungo termine; ora che sono di moda i fondi obbligazionari, potrebbe succedere il contrario, con la
Borsa che riparte e i Treasury bond in rosso se i tassi di interesse riprendono a crescere. Passaggio «Il
pubblico prenderà in considerazione di nuovo le azioni quando comincerà a perdere soldi con le obbligazioni
osserva Jason Trennert della società di ricerca Strategas partners . Quel momento arriverà, anche se ci vorrà
forse molto tempo in questa era di repressione finanziaria». Molto dipenderà anche dall'atteggiamento della
Net generation, i nati fra la fine degli Anni '70 e la fine degli '90: sono numerosi (80 milioni in America)
quanto i Baby boomer (nati fra il '46 e il '64) e a partire da quest'anno cominciano a entrare in quell'età
(oltre i 35 anni) in cui si accumulano i risparmi. I Baby boomer avevano investito i loro risparmi in Borsa
proprio negli Anni '80 contribuendo al suo boom, ma ora stanno andando in pensione e molti si spostano sul
reddito fisso per non rischiare. La Net Generation potrebbe rimpiazzarli e dar fiato al prossimo Toro, crede
Tobias Levkovich, responsabile strategie azionarie Nord America per Citi. Sempre che il trauma del decennio
perso non spinga gli attuali trentenni ad essere molto più conservatori dei padri. RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere Economia
"Previdenza Partite Iva: i 6 punti della discordia"
Data:
04/06/2012
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CORRIERE ECONOMIA - ECONOMIA
sezione: Prima data: 04/06/2012 - pag: 19
Previdenza Partite Iva: i 6 punti della discordia
La riforma-lavoro porta l'aliquota contributiva dal 27% al 33% Soru: rischio fuga
per trasformarsi in artigiani o commercianti DI ISIDORO TROVATO
L a battaglia è su due fronti: il riconoscimento delle associazioni professionali e l'opposizione alla riforma
previdenziale che prevede un aumento dell'aliquota per la pensione contributiva per portarla al livello dei
dipendenti: il 33% (sei punti più di oggi). Partiamo da quest'ultimo aspetto: il ministro Elsa Fornero ha difeso
la scelta di elevare l'aliquota per le partite Iva sostenendo che, a un versamento più elevato, farà seguito
una pensione finalmente degna. «Peccato che alla pensione bisogna arrivarci vivi dice con ironia Anna Soru,
presidente di Acta, Associazione consulenti del terziario avanzato . Con un'aliquota così alta saranno poche le
partite Iva che potranno sopravvivere. Anzi, preannuncio un fenomeno in anteprima: dopo l'entrata in vigore
della riforma, crescerà il numero dei commercianti e degli artigiani. Sì, perché il popolo delle partite Iva, pur
di evitare la tagliola del 33% di versamento previdenziale alla gestione separata dell'Inps, preferirà trovare
rifugio nella categorie di commercianti o artigiani la cui aliquota dovrebbe attestarsi a un confortante 24%».
La concorrenza Per il mondo delle partite Iva, inoltre, questa disparità di versamenti creerà una concorrenza
sleale tra categorie in competizione. In particolare si fa riferimento alla diversa contribuzione alle casse di
appartenenza prevista per le professioni ordinistiche. «Si tratta di professionisti che pagano mediamente il
15% continua Soru . Saremo in presenza di dumping previdenziale, un confronto impari che ci penalizza in
modo eccessivo. Eppure la concorrenza tra associazioni professionali e quelle ordinistiche esiste, basti
pensare a commercialisti e tributaristi, informatici e ingegneri informatici o a formatori e psicologi. Giusto per
fare qualche esempio. Se, quindi, per essere tutelati, bisognerà essere iscritti a un ordine, lo chiederemo
tutti». Ma proprio questo governo non era stato presentato come un «nemico giurato» delle professioni
ordinistiche, presentando quasi subito un piano di liberalizzazioni? «Sì, partendo dall'abolizione delle tariffe
che erano una delle poche istituzioni valide nel mercato affonda la presidente dell'Acta . Piuttosto,
bisognerebbe capire che il sistema ordinistico a tutela dei consumatori è ormai superato perché gran parte
dei professionisti oggi lavora per le aziende e non per il privato cittadino. Insomma, ormai tra clienteazienda e professionista quasi sempre è quest'ultimo a essere parte debole. E allora perché arroccarsi ancora
sul sistema corporativo degli ordini? Molto meglio lasciare che sia il mercato a fare la selezione naturale». Il
riconoscimento Intanto però c'è chi, come il Colap, Coordinamento delle libere associazioni professionali,
festeggia per lo storico riconoscimento ufficiale dei tributaristi attraverso un decreto firmato dal ministro della
Giustizia Paola Severino. Adesso dovrebbe essere il turno del riconoscimento di altre associazioni, ma si apre
un nuovo fronte polemico. «Esiste un problema Cnel spiega Giuseppe Lupoi, presidente del Colap L'ente
continua ad avere nostre pratiche inevase dal 2009 e insiste a chiedere alle associazioni di produrre nuova
documentazione, malgrado l'esame dei requisiti di legge spetti non al Cnel ma al ministero che ha già
approvato l'intera documentazione. Questo atteggiamento dimostra la volontà del Cnel di rallentare l'iter della
legge allungando i tempi per il rilascio del parere a danno della collettività. Per fortuna il ministro Severino ha
già firmato alcuni decreti ma è soltanto l'inizio, adesso è bene che tutte le associazioni che in questi anni
hanno presentato la documentazione possano concludere l'iter previsto dalla legge». RIPRODUZIONE
RISERVATA
Rassegna stampa
Gazzetta del lavoro
Data: 04/06/2012
"Il prepensionamento dei lavoratori poligrafici"
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02
Il prepensionamento dei lavoratori poligrafici
012
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Giu
Di Francesco Pentella
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, in Sindacati e Tutela.
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L’Inps, con un suo messaggio, messaggio INPS 26 aprile
2012 n. 7155, ha fornito alcuni chiarimenti in merito al
pensionamento anticipato per i lavoratori poligrafici, in seguito
all’entrata in vigore della nuova normativa previdenziale.
Per effetto delle modifiche introdotte in materia, legge 22
dicembre 2011, n. 214, di conversione, con modificazioni, del
decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante norme di
riforma sul sistema pensionistico, il nostro Istituto previdenziale
ha comunicato le novità in materia di trattamenti pensionistici
sulla disciplina del pensionamento anticipato dei lavoratori
poligrafici. Si ricorda che, ad ogni modo, entro il prossimo 30
giugno ci si aspetta un regolamento di armonizzazione, previsto
dal comma 18 dell’articolo 24 della richiamata legge n. 214 del 2011, per l’accesso alla pensione.
? La cassa integrazione nel settore editoriale
Al momento, l’Inps conferma la situazione attuale, ossia può continuare a totalizzare i periodi italiani
ed esteri ai fini del perfezionamento del requisito contributivo richiesto al fine di consentire ai lavoratori
dipendenti di aziende editoriali in crisi possano beneficiare dei prepensionamenti previsti,
ribadendo la
possibilità di accedere al pensionamento anticipato soli in presenza di un decreto del ministero del Lavoro e
delle Politiche Sociali, alla collocazione individuale in Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cassa
Integrazione Straordinaria), per effetto di decreto ministeriale, in seguito alla dichiarazione di crisi aziendale e
che possono vantare un’anzianità contributiva di almeno 32 anni.
? La pensione per i lavoratori usuranti, la possibile evoluzione normativa
Resta altresì confermato che il trattamento anticipato dei lavoratori poligrafici decorre dal primo giorno del
mese successivo a quello di risoluzione del rapporto di lavoro.
? Prepensionamento, gli sconti per il volontario internazionale
Non solo, restano anche confermate le istruzioni per la liquidazione delle pensioni anticipate di cui trattasi e
per quanto attiene al cumulo dei periodi assicurativi esteri ai fini del perfezionamento del requisito contributivo
richiesto per beneficiare del prepensionamento in parola.
? La cassa integrazione nel settore editoriale
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ItaliaOggi7
"Contributi verso la meta del 33%"
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Data:
04/06/2012
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ItaliaOggi7
sezione: Riforma del lavoro data: 04/06/2012 - pag: 5
autore:
Collaborazioni equiparate ai dipendenti. Ma solo ai fini contributivi Inps, non pensionistici
Contributi verso la meta del 33%
Da gennaio 2018 l'aliquota contributiva della gestione separata Inps salirà al 33,72%. Il traguardo verrà
raggiunto mediante una tabella di marcia che parte il prossimo 1° gennaio. In particolare il ddl di riforma del
mercato del lavoro dispone che dal 2013 è elevata di 1 punto percentuale ogni anno l'aliquota contributiva
pensionistica dovuta alla gestione separata dai lavoratori non iscritti ad altre forme pensionistiche e della
relativa aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, al fine di conseguire l'allineamento con l'aliquota
dei lavoratori dipendenti (33%). Oggi si paga il 27,72%, se si considera l'aliquota aggiuntiva dello 0,72% per
le prestazioni assistenziali; dal 2018 si pagherà il 33,72%. Inoltre, il ddl prevede lo stesso incremento (1%
all'anno) anche dell'aliquota contributiva dovuta alla stessa gestione separata dagli altri lavoratori, nonché
della relativa aliquota di computo delle pensioni. Il passaggio sarà dal 18% di oggi al 24% dal 2018.Resta il
problema dell'accredito. Aumentano i contributi, ma resta ferma e irrisolta per i parasubordinati la questione
dell'accredito contributivo: ciò che continuerà a contraddistinguerli dai lavoratori dipendenti. Nel linguaggio
comune, dire che per andare in pensione servono «65 anni d'età e 20 anni di contributi» è lo stesso di dire
che servono «65 anni d'età e 20 anni di lavoro». In altre parole, si usano come sinonimi «contributi» e
«lavoro», cosicché a «un anno di lavoro» si fa corrispondere «un anno di contributi» e viceversa. La
corrispondenza è vera in quanto, per ogni anno di lavoro, si paga un certo ammontare di contributi tale da
garantire un intero anno di «accredito contributivo» utile ai fini della pensione. La corrispondenza, però, è
esatta solo se il lavoratore è «dipendente» o «autonomo»; può risultare non esatta, invece, se il lavoratore è
un parasubordinato, appunto iscritto alla gestione separata. Ciò che contraddistingue le tre categorie di
lavoratori sono proprio le regole per l'accredito contributivo, poiché mentre per dipendenti e autonomi esiste
un meccanismo che garantisce che ad ogni giorno, settimana, mese o anno «di lavoro» corrisponda
esattamente un giorno, settimana, mese o anno «di contributi», lo stesso meccanismo non opera nel caso
dei contributi dovuti alla gestione separata. Il meccanismo si chiama «minimale contributivo»: è l'importo
minimo, al di sotto del quale non si possono calcolare i contributi da pagare (è vietato dalla legge). Quindi,
se anche la retribuzione pagata al dipendente è inferiore a tale minimo, l'impresa è comunque tenuta a
versare un contributo calcolato sul minimale così da garantire al lavoratore «l'accredito contributivo»: ha
lavorato un giorno avrà un giorno di accredito contributivo; ha lavoratore un mese o un anno avrà un mese
o un anno di accredito contributivo. Lo stesso meccanismo, come detto, non funziona coi contributi pagati
alla gestione separata. Infatti, i contributi sono calcolati e pagati sugli effettivi compensi dei lavoratori, senza
tener conto di un importo minimo (non c'è «minimale»). Però, il «minimale» opera ai fini dell'accredito
contributivo, nel senso che per avere l'accredito di un giorno, di un mese o di un anno di contributi, è
necessario che risulti pagato un tot preciso di contributi predeterminato per legge. Per l'anno 2012, l'importo
minimo di contributi che deve pagare il lavoratore iscritto alla gestione separata per avere un anno o un
mese di «accredito contributivo» è rispettivamente pari a 4.138,60 euro (4.031,10 euro ai fini pensionistici)
e 344,88 euro (335,93 euro ai fini pensionistici) per chi paga l'aliquota del 27,72%. Ciò significa che l'Inps, in
presenza di un versamento di contributi di 4.140 euro accrediterà un anno intero di contributi; mentre in
presenza di un versamento di contributi inferiore a 4.139 euro, accrediterà tanti mesi quante volte l'importo
di 344,88 euro entra nell'importo di contributi versati. In quest'ultimo caso, allora, diventa possibile che
l'Inps, per un lavoratore che abbia lavorato un intero anno, accrediti meno di un anno di contributi ai fini
della pensione. Tradotto in termini di compensi, per raggiungere il versamento minimo che permette di
ottenere un anno di accredito di contributi, il lavoratore deve guadagnare almeno 14.930 euro nello stesso
anno (dati riferiti al 2012) ossia 1.245 euro mensili.In base a questo meccanismo, il collaboratore che
guadagna la metà, ossia 622 euro al mese (7.465 euro l'anno), dovrà lavorare due anni per avere dall'Inps il
riconoscimento di un anno di contributi utili ai fini della pensione. © Riproduzione riservata
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ItaliaOggi7
"Mutuo e polizza, doppia scelta"
Data:
04/06/2012
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ItaliaOggi7
sezione: Immobili & condominio data: 04/06/2012 - pag: 18
autore: Pagina a cura di Gianfranco Di Rago
Con il regolamento Isvap è più facile per i privati trovare l'assicurazione sulla vita più adatta
Mutuo e polizza, doppia scelta
Banche e intermediari sono tenuti a proporre due preventivi
Più facile per i privati confrontare e scegliere la polizza assicurativa sulla vita più adatta alle proprie esigenze
da connettere alla stipula di un contratto di mutuo immobiliare o di finanziamento. Con il recente
regolamento del 3 maggio 2012 l'Isvap (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse
collettivo) ha infatti dato piena attuazione all'art. 28, comma 1, del c.d. decreto liberalizzazioni (dl n. 1/2012,
convertito nella legge n. 27/2012), fissando i contenuti minimi del contratto assicurativo, punto di partenza
per un efficace confronto tra le varie offerte presenti sul mercato. È ormai noto il fenomeno per cui le banche
e le società finanziarie, nel momento in cui venga richiesta l'anticipazione di una somma di denaro per
l'acquisto di un immobile o di un altro bene della vita, subordinano il buon esito della stessa anche
all'acquisto di una polizza assicurativa sulla vita. Il ricordato decreto legge del gennaio 2012, per evitare
pericolosi conflitti di interesse e tutelare al contempo la libera concorrenza e la posizione dei consumatori, ha
quindi previsto che le banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari, ove condizionino l'erogazione
del mutuo immobiliare o del credito al consumo alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita, siano
tenuti a sottoporre al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi a essi non
riconducibili. Il cliente rimane comunque sempre libero di scegliere sul mercato la polizza sulla vita più
conveniente, che la banca è obbligata ad accettare senza variare le condizioni offerte per l'erogazione del
mutuo o del finanziamento. Con il recentissimo regolamento Isvap è stato addirittura previsto un facsimile
standardizzato di preventivo che le compagnie assicurative dovranno presentare a richiesta al privato che
voglia confrontare due o più offerte.Le disposizioni del regolamento Isvap. Il provvedimento dello scorso 3
maggio prevede in primo luogo quale debba essere il contenuto minimo delle polizze assicurative sulla vita
connesse all'erogazione di un finanziamento. Rispetto a tale standard possono comunque essere pattuite
soluzioni diverse, purché di maggior favore per il cliente. D'ora in poi le banche e le finanziarie dovranno
inoltre informare il cliente della possibilità che questo scelga sul mercato una polizza assicurativa da
connettere al mutuo o al finanziamento, entro un termine non inferiore a dieci giorni, senza che l'istituto
bancario o finanziario possa variare le condizioni della propria offerta in caso di mancata scelta del prodotto
assicurativo eventualmente sponsorizzato.Eventuali preventivi al cliente dovranno quindi essere redatti dalle
compagnie assicurative secondo lo schema prefissato di cui al predetto regolamento Isvap (si veda la relativa
tabella) e detto servizio dovrà essere fornito gratuitamente sui rispettivi siti Internet. Tutto questo dovrebbe
garantire maggiori possibilità per il consumatore di accedere alle informazioni sulle condizioni contrattuali
delle polizze vita connesse all'erogazione di mutui e di credito al consumo, mettendolo in condizione di
confrontare in modo corretto e trasparente le diverse offerte, senza essere costretto ad acquistare il prodotto
eventualmente sponsorizzato dall'istituto di credito al quale si sia rivolto per ottenere un finanziamento.©
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ItaliaOggi7
"Non più solo dipendenti, ma anche co.co.co. e co.co.pro."
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Data:
04/06/2012
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ItaliaOggi7
sezione: Impresa data: 04/06/2012 - pag: 16
autore:
Gli effetti della finanziaria 2006 e del collegato lavoro
Non più solo dipendenti, ma anche co.co.co. e
co.co.pro.
Fino all'anno 2007, il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali operate dal datore di lavoro
sulle retribuzioni dei lavoratori era previsto per la generalità dei lavoratori dipendenti, a eccezione dei datori
di lavoro agricoli sia che assumessero dipendenti a tempo determinato (Otd) che a tempo indeterminato
(Oti). La legge n. 296/2006 (la Finanziaria per il 2007) ha esteso il reato ai datori di lavoro agricoli, con la
conseguenza che, a decorrere dal 1° gennaio 2007, anche i datori di lavoro agricolo che omettono il
versamento delle ritenute contributive operate ai lavoratori sono puniti con la reclusione fino a tre anni e la
muta fino a 1.033 euro. E anche a loro, inoltre, si applica la clausola di non punibilità, ossia l'esenzione del
reato penale qualora provvedano al versamento delle ritenute contributive omesse, entro il termine di tre
mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'accertamento della violazione.Infine, l'articolo 39 della legge n.
183/2010, il collegato lavoro, ha stabilito che configura ipotesi di reato anche l'omesso versamento delle
ritenute previdenziali e assistenziali operate sui compensi dei lavoratori a progetto e dei titolari di
collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.), iscritti alla gestione separata Inps. La norma ha la finalità
di estendere, come in precedenza avvenuto per i datori di lavoro del settore agricolo, anche ai committenti
della gestione separata la medesima fattispecie di reato, in precedenza applicabile solo ai datori di lavoro
subordinato. In relazione a ciò, ha spiegato l'Inps (circolare n. 71/2011), il legislatore ha inteso conseguire
una disciplina uniforme delle misure sanzionatorie previste nei confronti dei datori di lavoro subordinato e dei
committenti che omettano il versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali. L'articolo 39 prevede, nei
confronti dei committenti tenuti al versamento alla Gestione separata Inps, che abbiano omesso il
versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali l'attivazione di un procedimento che comporta l'obbligo
della contestazione o della notifica dell'avvenuto accertamento della violazione contenente l'intimazione ad
adempiere al pagamento entro il termine di tre mesi. Si applica dunque, anche in tal caso, la clausola di non
punibilità; per cui qualora il pagamento avvenga entro il predetto termine di tre mesi, il reato si estingue. In
ogni caso, trascorso il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'accertamento della
violazione, anche in presenza di avvenuto adempimento, resta fermo l'obbligo di tempestiva denuncia di
reato all'autorità giudiziaria. La nuova normativa si applica esclusivamente ai committenti che si avvalgono
delle prestazioni lavorative effettuate dai soggetti appartenenti a tutte le categorie indicate all'articolo 50,
comma 1, lettera c bis), del dpr n. 917/1986 (Tuir). Si tratta di rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, resi anche nella modalità a progetto, aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza
vincolo di subordinazione. Considerata la lettera della norma che individua nel committente il soggetto tenuto
al versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, la fattispecie di reato non ricorre oltre che
nell'ipotesi in cui non sussista un rapporto di committenza anche nel caso di coincidenza tra la figura del
committente e quella del collaboratore. La nuova disciplina si applica a partire dalle denunce EMens con
competenza novembre 2010, in scadenza il 16 dicembre 2010.© Riproduzione riservata
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ItaliaOggi7
"Omesso versamento"
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Data:
04/06/2012
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ItaliaOggi7
sezione: Quesitario - Contratto data: 04/06/2012 - pag: 45
autore: Risponde Paola Pizzighini
Omesso versamento
Il lavoratore entro che termine deve denunciare all'Inps l'omesso versamento dei
contributi previdenziali?A.P.
3.2Omesso versamentoIl lavoratore entro che termine deve denunciare all'Inps l'omesso versamento dei
contributi previdenziali?A.P.Risponde Paola PizzighiniL'art. 3 della legge n. 335 del 1995 ha stabilito che il
termine di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi è ridotto da dieci a cinque anni, salvi i
casi di denuncia del lavoratore. Per quanto concerne i contributi per i quali il quinquennio dalla scadenza si
era integralmente maturato prima dell'entrata in vigore della legge, la denuncia del lavoratore è idonea a
mantenere il precedente termine decennale solo quando sia intervenuta prima, ovvero intervenga comunque
entro il 31 dicembre 1995, analogamente a quanto previsto per gli atti interruttivi dell'ente previdenziale.
Quanto agli altri contributi, parimenti dovuti per periodi anteriori alla entrata in vigore della legge, ma per i
quali, a quest'ultima data, il quinquennio dalla scadenza non si era integralmente maturato, il termine
decennale può operare solo mediante una denuncia intervenuta nel corso del quinquennio dalla data della
loro scadenza. La denuncia del lavoratore non si configura come atto interruttivo, non solo perché non
proviene dal creditore, ma anche perché il suo effetto non è quello di fare iniziare un nuovo periodo di
prescrizione ex art. 2944 cod. civ., ma di raddoppiare fin dall'inizio il termine da cinque a dieci anni. Si tratta
sicuramente di una disposizione peculiare, giacché la durata del termine prescrizionale viene ad essere
determinata dal comportamento di un soggetto terzo rispetto al rapporto contributivo, che intercorre
unicamente tra datore di lavoro ed ente previdenziale. Vi è infatti da considerare che, per variare il termine
prescrizionale (dieci o cinque anni), è sufficiente la denuncia del lavoratore all'Istituto previdenziale, di cui il
datore può rimanere all'oscuro, dal momento che la legge non prescrive onere di informativa nei suoi
confronti a carico del lavoratore denunciante. Il legislatore non prescrive il termine entro il quale la denunzia
debba essere inoltrata dal lavoratore interessato, al fine di determinare l'applicazione del termine decennale,
tuttavia il complesso meccanismo prefigurato dalla legge conduce a ritenere che questa deve
necessariamente intervenire entro il quinquennio dalla data della loro scadenza.
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ItaliaOggi7
"Pensione complementare"
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Data:
04/06/2012
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ItaliaOggi7
sezione: Quesitario - Previdenza data: 04/06/2012 - pag: 48
autore: Risponde Sandra Mauro
Pensione complementare
È venuto meno un mio amico che nel 2001 era rimasto solo. La mia domanda è la
seguente: credo che non abbia lasciato beni immobili ma da circa quindici anni
aveva aderito a una forma pensionistica complementare. Mi chiedo che fine faranno
quei soldi? C.B.
3.1Pensione complementareÈ venuto meno un mio amico che nel 2001 era rimasto solo. La mia domanda è
la seguente: credo che non abbia lasciato beni immobili ma da circa quindici anni aveva aderito a una forma
pensionistica complementare. Mi chiedo che fine faranno quei soldi? C.B.Risponde Sandra MauroIn linea di
principio la previdenza complementare sorge allo scopo di creare una pensione integrativa al fine di far
mantenere e garantire al lavoratore uno stile di vita simile a quello goduto durante la propria vita lavorativa,
anche successivamente al pensionamento. La pensione integrativa si può avere con il raggiungimento dell'età
anagrafica e contributiva utile per la pensione Inps e la contribuzione al Fondo per almeno cinque anni. La
pensione integrativa può essere richiesta anche in forma reversibile; viene lasciata infatti la possibilità al
lavoratore di scegliere una o più persone destinatarie della pensione in caso di morte dell'aderente. Nel caso
posto dal lettore le alternative sono: 1) se il de cuius muore lasciando eredi o beneficiari questi verranno a
riscattare l'intera posizione individuale maturata dal lavoratore; 2) se il de cuius muore in mancanza di eredi
la posizione maturata resterà acquisita dal patrimonio del fondo pensione.
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ItaliaOggi7
"Totalizzazione contributiva"
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Data:
04/06/2012
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ItaliaOggi7
sezione: Quesitario - Previdenza data: 04/06/2012 - pag: 48
autore: Risponde Sandra Mauro
Totalizzazione contributiva
Ex geometra comunale in pensione dal 2010 avrei deciso di intraprendere la libera
professione con iscrizione all'ordine dei geometri ed alla relativa cassa. Ai fini
pensionistici potrò in futuro esercitare la totalizzazione?A.G.
3.1Totalizzazione contributivaEx geometra comunale in pensione dal 2010 avrei deciso di intraprendere la
libera professione con iscrizione all'ordine dei geometri ed alla relativa cassa. Ai fini pensionistici potrò in
futuro esercitare la totalizzazione?A.G.Risponde Sandra MauroIl lettore titolare di pensione non può fruire
della totalizzazione. La totalizzazione è quello strumento che viene utilizzato dal lavoratore al fine di
cumulare i contributi versati presso due o più enti previdenziali per ottenere un'unica pensione. In sostanza,
quando il lavoratore non raggiunge il diritto alla pensione, può cumulare virtualmente gli eventuali periodi di
contribuzione presso altre gestioni. La domanda di totalizzazione è volta al fine di ottenere: 1) la pensione di
vecchiaia; 2) pensione di anzianità; 3) pensione di inabilità; 4) pensione indiretta ai superstiti. Pertanto
condizione per esercitare la totalizzazione è che il soggetto non deve essere già titolare di una pensione
erogata da uno degli enti presso cui è possibile presentare domanda di totalizzazione. Tuttavia al
raggiungimento dell'età per la pensione di vecchiaia il lettore se non ha raggiunto il diritto ad una seconda
pensione presso la cassa di appartenenza, potrà chiedere a quest'ultima il rimborso dei contributi versati.
Occorre precisare che la retribuzione dei contributi è subordinata alla cancellazione all'albo.
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Milano Finanza
"In balìa dei fondi zombie"
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Data:
04/06/2012
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Milano Finanza
sezione: Mercato Globale data: 02/06/2012 - pag: 23
autore: di Susan Pulliam e Jean Eaglesham
In balìa dei fondi zombie
Oltre 100 miliardi di dollari sono incagliati in fondi di private equity le cui attività
non rendono niente ma sono tenuti artificialmente in vita dai loro gestori con
l'unico obiettivo di incassare le commissioni
Talbot Hall, una struttura del New Jersey che prepara i detenuti al ritorno in libertà, ha attratto gli
investimenti, 16 anni fa, di un fondo di private equity. Un investimento che oggi si trova in un fondo zombie,
vale a dire un fondo moribondo che tiene vincolati i soldi degli investitori e continua a far pagare commissioni
anche se le speranze di trarre profitto dalle attività residue sono praticamente inesistenti. Si tratta di un poco
noto film dell'orrore nel mondo degli investimenti. Secondo la società di consulenza TorreyCove Capital
Partners, dei circa 10.000 fondi di private equity lanciati nel corso dell'ultimo decennio, almeno 200 si
possono oggi qualificare come fondi zombie, e rappresentano circa 100 dei 1.500 miliardi di dollari
attualmente investiti in fondi. I fondi zombie sono una classe di attività finanziarie difficili da prezzare e il cui
valore è difficile da accertare, a causa dell'endemica mancanza di trasparenza nei mercati finanziari. Per i
fondi pensione, che sono importanti investitori nel private equity, i fondi zombie rappresentano un drenaggio
di risorse altrimenti disponibili per altri tipi di investimenti più redditizi per i pensionati, gli insegnanti, vigili
del fuoco o altri dipendenti. I fondi di private equity raccolgono fondi dagli investitori per acquistare aziende
che gli stessi fondi ristrutturano e cercano di vendere, di solito dopo pochi anni, generando utili. L'idea è che
una volta vendute le aziende, gli investitori recuperano il loro capitale più eventuali utili, escluse
naturalmente le tasse. Gli investitori non sono liberi di uscire a loro piacimento e i fondi non sono destinati a
durare a tempo indeterminato: quando si costituiscono pianificano una durata massima di vita, di solito 10
anni. Alcuni, quando si avvicina il termine, si ritrovano con attività che possono vendere, quando ci riescono,
solo a prezzi stracciati. Così restano semplicemente intrappolati in quelle attività e ci restano fino alla fine;
sono quelli noti nel settore come fondi zombie. Il termine è colloquiale e non ha una definizione precisa, ma
molti investitori professionisti sono d'accordo che possa essere usato per definire un fondo che dura più a
lungo di quanto previsto in fase di costituzione, è di solito prorogato di due anni e le sue attività residuali
risultano difficili da vendere. Alcuni investitori si lamentano del fatto che questi fondi spesso danno dei valori
irrealisticamente alti alle loro attività residuali, che risultano quindi difficili da vendere. Per i fondi pensione, il
risultato non è solo gonfiare le spese di gestione, ma impedire un'accurata valutazione delle attività
disponibili per pagare le prestazioni ai pensionati. «Il gestore talvolta ha un chiaro incentivo a mantenere
investimenti con scarse prospettive di miglioramento, semplicemente per ottenere di più dal fondo sotto
forma di commissioni di gestione», dice Espen Robak, presidente della Pluris Valutation Advisors. «In questi
casi, l'incentivo è sopravvalutare le attività». La Sec sta investigando su situazioni come queste, nel corso di
un'analisi complessiva dei fondi di private equity, e sui casi in cui gli investitori possano essere stati indotti in
errore. «Stiamo cercando i fondi zombie che potrebbero avere valutazioni stantie», dice Bruce Karpati, coresponsabile dell'Unità di gestione delle attività della Sec. «L'indagine sui fondi zombie è un impegno
importante che stiamo portando avanti in tutto il Paese». Gli investitori in questi fondi hanno opzioni limitate.
Possono cercare di convincere il gestore del fondo a chiuderlo e a distribuire le azioni nelle sue altre attività.
Ma gli investitori rischiano di trovarsi in mano una manciata di azioni difficili da vendere. Un'altra alternativa
per gli investitori è quella di cercare di vendere le loro partecipazioni. Ma partecipazioni in fondi vecchi o
moribondi tendono a essere scambiate a una media inferiore del 30% o 40% del loro valore, osserva Todd
Miller, amministratore delegato di Cogent Partners. Non tutti gli investitori vogliono uscire. Il fondo pensione
degli insegnanti della Pennsylvania ha partecipazioni in 15 fondi di private equity da oltre 10 anni, per un
totale di circa 40 milioni di dollari, secondo Charles Spiller, che gestisce gli investimenti di private equity
dello Stato. Spiller sostiene che solo alcuni di questi fondi sono classificabili come zombie ed è comunque
disposto ad essere paziente con i loro gestori perché «se non si vende al momento giusto, non si ottiene il
valore intero». Alcuni gestori di fondi pensioni in alcuni Stati puntano proprio a ridurre le commissioni.
L'Illinois l'ha fatto. Lo Stato ha pagato a varie aziende 580 mila dollari in commissioni di gestione sui fondi
zombie nel 2010, secondo le informazioni ricevute da The Wall Street Journal. «I fondi di private equity ci
stanno prendendo in giro e ci chiedono di pagare loro una tassa privilegiata», ha dichiarato William Atwood,
direttore del board che gestisce gli investimenti pensionistici dell'Illinois. Lo scorso marzo Atwood ha scritto
alla Invesco, chiedendole di interrompere l'addebito delle commissioni su un fondo di 13 anni fa su cui
l'Illinois ha pagato quasi 340 mila dollari di commissioni nel 2010. Nella lettera, Atwood ha scritto che un
eventuale fallimento nella rinuncia alle commissioni su questo fondo, chiamato Venture Invesco Partnership
Fund II, metterebbe «in pericolo» lo stato dei 950 milioni di dollari di investimenti in altri fondi Invesco. Il
fondo in questione è stato istituito nel 1999 e allora l'Illinois vi investì 35 milioni di dollari. Invesco ha
dichiarato che né l'Illinois né nessun altro investitore gli ha chiesto di chiudere il vecchio fondo. Farlo sarebbe
comunque complicato. Il caso dimostra come possa essere spinoso il problema dell'invecchiamento dei fondi.
Venture Partnership Fund II è un fondo di fondi che investe non in singole aziende, ma in altri fondi. Quelli in
cui investe si focalizzano in aziende ai primi stadi di vita, il che lo rende più un venture capital che un fondo
di private equity. Per chiudere il fondo, dice Invesco, bisognerebbe vendere tutte le quote detenute dal fondo
in altri fondi di investimento («con uno sconto fra il 30 e il 50%, se comunque fossimo in grado di trovare un
acquirente») o distribuirne minuscole parti ai propri investitori. Questo processo, sostiene Invesco, non solo
sarebbe dispendioso in termini di tempo e denaro, ma potrebbe richiedere il consenso di ciascuno di questi
altri fondi. In ogni caso, Invesco non ha nessuna intenzione di chiudere il Venture Partnership Fund II.
Qualcuno potrebbe considerarlo un fondo zombie, ma Invesco ritiene che il suo management stia
continuando a massimizzare il «valore del fondo in un modo che non sarebbe possibile fare se dovesse
chiudere». Alla fine, per chiudere il fondo bisognerebbe dare il tempo a tutti gli altri fondi in cui il fondo
investe di concludere i propri affari. E ognuno di questi fondi, sottolinea Invesco, può chiedere una proroga
pluriennale del suo mandato. I gestori di private equity alla fine dei 10 anni (o a volte 12) hanno spesso
bisogno di altri uno o due anni per cambiare le cose. Inoltre, anche se Invesco si fosse espressa contro tali
proroghe, il suo voto non sarebbe determinante in quanto altri possono votare in senso contrario. Dopo aver
ricevuto la richiesta di Atwood, Invesco ha deciso di ridurre le commissioni per tutti gli investitori del Venture
Partnership Fund II. Per il comitato pensione dell'Illinois, ciò significa che invece di far pagare allo Stato lo
0,97% dei 35 milioni di dollari che l'Illinois ha investito 13 anni fa, Invesco si riserva di addebitare lo 0,5%
del valore della quota del patrimonio residuo che appartiene all'Illinois, che è di circa 6,4 milioni di dollari. Il
cambiamento ridurrà la quota annuale delll'Illinois di circa il 90%, a 32 mila dollari. Secondo Christopher
McDermott, direttore marketing di Coller Capital, investitore in private-equity, «è abbastanza difficile per gli
investitori in fondi zombie fare qualcosa di diverso che aspettare il loro scioglimento».
Rassegna stampa
Sole 24 Ore, Il (Plus)
"Nassau-Lugano andata e ritorno"
Data:
04/06/2012
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Plus edizione: NAZIONALE
sezione: ATTUALITA' data: 2012- 06- 02 - pag: 7
Investimenti e previdenza. L'hedge Metron fund e il prodotto strutturato "Art 5" nel bilancio
Enpam (cassa dei medici)
Nassau-Lugano andata e ritorno
Il filo rosso che lega Bahamas, Canton Ticino e alcune società finanziarie
Una storia a incastro. Protagonisti: il fondo di fondi hedge Metron (sede alle Cayman), una società di consulenza svizzera, la Gdp, e la succursale
elvetica di un gruppo panamense, la Lambda Securities che si occupa di intermediazione finanziaria. Poi una serie di gestori e consulenti che si
sono conosciuti nei board di alcune imprese di Lugano. Il filo rosso che collega società e persone è un prodotto strutturato, targato Deutsche
Bank, dal nome lunghissimo (Art 5 Series 152 hedge fund performance linked note) che ritroviamo fra le immobilizzazioni finanziarie del bilancio
(2010) dell'Enpam, la cassa previdenziale di medici e dentisti. Il gestore di Nassau Andiamo dunque a dipanare la matassa. Cominciando da una
data: il 20 marzo 2008, giorno dell'acquisto dello strumento "Art 5" da parte dell'ente pensione che vi investe 100 milioni di euro. I risultati del
prodotto strutturato (che rimborsa nel 2023) sono agganciati, tra l'altro, alle performance del Metron fund (+1,36% da inizio anno, - 7,07% a 12
mesi, dati Bloomberg al 30 aprile), che venivano monitorate trimestralmente dal risk advisor del- l'Enpam, Mangusta Risk. Gestore del fondo
Metron è un italiano: Fabio Allocco. Che lavora da Nassau (Bahamas) dove ha sede la Lambda Asset Management di cui è amministratore
delegato. Perché il nome di Allocco è così interessante? Il gestore di Metron è stato dal 2001 al 2003 direttore della Lambda Securities assieme
ad Alberto Torghele: quest'ultimo è un ex agente di Borsa italiano, nome noto sulla piazza finanziaria milanese negli anni 80 e 90. Di Torghele si
perdono le tracce nelle cronache italiane dopo che il suo nome viene accostato nel 1999 all'affare Tripcovich, l'holding triestina di trasporti e
servizi, quotata a Milano e poi fallita. Oggi Torghele è amministratore unico della Lambda Securities a Lugano. Stesso indirizzo elvetico La sede
svizzera di Lambda Securities fino al febbraio 2003 era a Viganello, in Via Luganetto 3, stesso indirizzo della succursale di Gdp Sa (Gestion de
patrimoines): il gruppo Gdp è stato creato da Romano Binotto (ex Bell), opera nel settore dei servizi finanziari, ha la sede principale a PullyLosanna con uffici a Monaco e Lugano. Qui interessa appunto la succursale di Lugano- Viganello dove per anni (13) ha lavorato Roberto Villa,
attuale patron della Richard Ginori, fondatore insieme a Binotto della Gdp e soprattutto fino al primo maggio scorso direttore della succursale
Gdp di Lugano. Enpam e Gdp Il gruppo Gdp ha lavorato molto negli ultimi anni con Enpam: e qui ritorniamo allo strumento finanziario
strutturato "Art 5" di cui sopra. Dalla scheda prodotto emerge che l'advisor è stata appunto la Gdp: all'operazione vi hanno lavorato direttamente
Villa e Alberto Minerva. Quest'ultimo è un bond trader che oggi lavora assieme a Torghele in Lambda Securities. Da Gdp a Lambda: stesso
tragitto anche per Paolo Pasquali che ora lavora con Torghele e Minerva nella nuova sede di Lambda Securites in via Riva Caccia 1B a Lugano.
Qui possiamo dire che il cerchio (quasi) si chiude. E si pone qualche interrogativo. Ma Torghele è ancora in contatto con Allocco, viste anche le
omonimie delle società per cui ora lavorano (entrambe Lambda)? Stesso discorso per Pasquali che ha conosciuto sempre Allocco in Indigo Asset
Management Sa, altra società di gestione di Lugano, in cui hanno lavorato assieme per due anni (2003- 2004). E Minerva sapeva chi fosse il
gestore di Metron? Ecco i percorsi tortuosi attraverso i quali passano i prodotti finanziari che finiscono nei portafogli degli investitori, istituzionali
e non. Vitaliano D'Angerio RIPRODUZIONE RISERVATA
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Pensioners miss out on thousands of pounds
Millions of pensioners are missing out on almost £1,000 a year by failing
to claim state benefits to which they are entitled.
Pensioners are failing to claim benefits they are entitled to
By James Hall, Consumer Affairs Editor
6:00AM BST 04 Jun 2012
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An estimated 2.5 million retirees are losing out on benefits such as council tax credits, pension credits, winter fuel
payments and free bus passes because they are unaware that they are eligible for them.
A fifth of all pensioners are failing to claim any benefits at all beyond their basic state pension. These people are
missing out on an average of £872 a year, according to research by pensions company Just Retirement.
Meanwhile a third of pensioners are claiming some of the money, but are still missing out on an average of £676 a
year, the company said.
In total, between two and three million retired people are not claiming money that is rightfully theirs.
Stephen Lowe, an executive at Just Retirement, said that many retirees are struggling to make ends meet and do not
realise what they are entitled to from the Government.
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Last year it was claimed that as much as £3 billion goes unclaimed in Pension Credit, which serves as a top-up to
the state pension and, for most, provides a vital source of income.
Despite nine in 10 pensioners being aware that Pension Credit exists, many who are eligible for it are not claiming
because they do not think that they qualify.
Official figures from the Department for Work and Pensions (DWP) earlier this year found that the take-up of
Pension Credit was only between 60 per cent and 70 per cent.
It found that while 2.6 million people were claiming the money, up to 1.6 million were not.
Mr Lowe said that many people have worked all their lives and have never claimed benefits. They are therefore
unaware of their entitlements or do not know how the system works.
He said: “They know about the state pension, but may imagine that because they own their own homes, often
valued at more than the national average, they are not eligible for any further state help.”
Earlier this year Michelle Mitchell, charity director-general of Age UK said that a “staggering” amount of benefits
are going unclaimed by older people each year.
“It is very disappointing that there has been no progress in older people not claiming the benefits they are owed.
There are still 1.8 million people in later life living in poverty and claiming pension credit can make a huge
difference to someone's income and quality of life,” said Ms Mitchell.
Mr Lowe said that Just Retirement’s research found compelling evidence of a ‘squeezed middle’ of retirees who are
finding it hard to make ends meet.
“The research shows a growing trend for using property assets as a way to generate regular income for day to day
living rather than for one-off purchases, such as holidays or home improvements,” said Mr Lowe.
It is estimated that a quarter of pensioners struggle to pay their household bills, while one in 10 has been forced to
miss one of the recommended three meals a day.
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Data: 04/06/2012
"Cohn: What Ontario's oldsters can learn from Quebec's..."
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Cohn: What Ontario’s oldsters can learn from Quebec’s youngsters
June 02, 2012
Martin Regg Cohn
Welcome to the future. It’s not just for students.
Even if Ontario’s classrooms are untouched by Quebec’s student protests, there are bigger lessons to be learned. And if we don’t do our
homework now on looming inter-generational tensions, we’re destined to fail future political tests.
No question, Quebec students enjoy Canada’s lowest tuition rates and the proposed fee hikes are modest. University students often come from
better-off families, so it’s debatable whether they deserve more subsidies.
But tuition protests don’t tell the whole story. Even if similar grassroots protests haven’t spread to Ontario, we ignore Quebec’s upheaval at our
peril.
Students clanging pots and pans are the canaries on campus. We should be keeping our ears to the ground, not wagging our fingers.
Much of the derision over their demands comes from self-satisfied boomers — people who benefited from lower tuition in their day, emerged
with skimpy debt loads, and prospered in a booming economy. Today’s students can look forward to higher college debt, lower-paying jobs and
vanishing pensions.
An old generation gap has become a new demographic gap, pitting affluent oldsters against disaffected youngsters — apprehensive, alienated, and
disengaged from democracy: in Ontario, barely half of all eligible voters cast ballots in the last election; only one-third of young first-time voters
turned out in the last federal election.
Even when it gets better, it gets worse. A young person lucky enough to land a solid job will pay far more in pension contributions than his older
counterparts, with less likelihood that he’ll get his fair share upon retirement.
That’s the context: You can call students entitled, but when the entitlements of their parents disappear, expect a reaction — be it abstentions from
elections or demonstrations on the streets.
The world is not standing still for boomers, either. Now, pension shortfalls and corporate failures are the new normal. Many private firms offer
no pension at all, and those that do are phasing out defined benefit pensions for new hires (once again shortchanging younger workers).
While students squawk, we’re all being squeezed now. Even public-sector workers are not immune.
A report on Ontario’s finances by economist Don Drummond noted that when the Teachers’ Pension Plan (for which the province is also on the
hook) faced a serious shortfall last year, the main solution was to boost the contribution rate — burdening younger teachers for years to come.
“The province should reject further employer rate increases and instead aim to reduce benefits,” Drummond urged. “The province should also
consider raising the retirement age; the typical teacher retires at 59, having worked for 26 years, and then collects a pension for 30 years.”
In its March budget, the Liberal minority government took Drummond’s advice, proposing that future pension shortfalls be met by cutting
benefits, while ruling out “further increasing employer contributions.”
Finance Minister Dwight Duncan insists he never expected much political pushback from unions, because there are limits to how much income a
new teacher should set aside (now 13 per cent) to ensure older colleagues can cash in.
“There’s only so much a young teacher can be expected to put into a pension fund,” he told me. And it’s unrealistic to ask taxpayers to make up
the difference, given that “70 per cent of Ontarians don’t have a pension.”
Spending on public-service pensions is growing by 13 per cent annually and will have tripled from 2005 to 2015 (reaching $3.74 billion),
making it the fastest-growing government expenditure. Pensioners may feel entitled because “they’ve paid for them — they just haven’t paid
enough,” Duncan points out. And there are limits.
The day of reckoning is fast approaching for public-service pensions, just as it has for workers in the private sector. Just as it is slowly dawning
on students, at the dawn of their own working lives, that we are witnessing the end of an era of unfunded entitlements.
Arguments for cheap tuition may not add up, but neither did the entitlements enjoyed by their parents. No point blaming them for complaining.
They’re just following their parents’ example.
Martin Regg Cohn’s provincial affairs column appears Tuesday, Thursday and Sunday. [email protected], twitter.com/reggcohn.
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Data: 04/06/2012
"Forced buyout dents couple's retirement plans"
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Forced buyout dents couple’s retirement plans
June 03, 2012
James Daw
Bob has lost his executive job and salary at age 61, leaving him
with a smaller company pension than he had planned.
He and his wife Sarah, an Ontario government employee, had
expected to work and save for another four years, when she would
turn 60 and be eligible for her own pension. Now they must
reassess their plans for retirement.
Once they sell their Toronto-area home, they will have plenty of
money to buy and maintain a place closer to skiing and a lake well
stocked with fish. But they would like to be sure they will attain
the lifestyle — the fun, travel, and late-model cars – they had in
mind for retirement.
So Bob is wondering how to make the most of his severance pay
and registered retirement savings plan, a total of $210,000.
Should he turn this nest egg into the equivalent of an additional
pension, by securing a guaranteed minimum withdrawal benefit
from a life insurer?
Ivar Grimba, a Certified Financial Planner with Assante Capital
Management in Mississauga, suggests he should not. “Given his
circumstances and objectives, those are not the vehicles he should
Paddling his own canoe: "Bob" has to rethink his retirement plans after losing his job at
be looking at.”
age 61.
Putting $210,000 into a guaranteed minimum withdrawal plan
Nick Kozak/For the Toronto Star
would assure Bob an additional $8,400 a year for life, or 4 per
cent of his original savings. Payments would not increase over time, unless he achieved investment returns near or higher than the historical
average for a 60/40 mix of stocks and bonds.
The purchasing power from his $40,000 company pension would not increase, regardless of investment returns. Only his Canada Pension Plan
(about $9,240 a year from his age) and his Old Age Security pension (about $6,500 starting at age 65) would be adjusted to keep up with
consumer prices.
Sarah will be eligible for a smaller workplace pension than Bob: $34,000, not counting a bridge payment equivalent to the CPP until age 65.
But, thanks to annual adjustments guaranteed by the government, her pension would eventually surpass Bob’s. Then, to minimize tax, she could
split some of her pension with Bob.
Grimba’s suggestion for Bob is to keep part of his $210,000 RRSP to use in case of emergency, and for major purchases (in combination with a
personal line of credit). He would suggest investing the rest to supplement his pension as a hedge against price inflation.
“Part of it should be his rainy-day money,” Grimba urges. “All of his other retirement income sources are monthly ones; so liquidity is pretty
important to him. He should have something he has direct access to, in case he gets sick and wants to go to the Cleveland Clinic (in the United
States.) Who knows?”
“The advantage that Bob and Sarah have is that their pension plans are going to ensure that they have a stream of income for the balance of their
lives,” Grimba adds.
“They are pretty much immune from poor (investment) market performance. They are significantly less vulnerable than someone who has had to
build up and manage their own retirement nest egg and has to be very concerned about what is happening in the marketplace.
“Bob and Sarah are in pretty good shape other than the fact that Bob’s pension plan is not indexed. So his thought process should be: ‘Given our
objectives and resources, I should allocate my RRSP to investments that will provide me with a hedge against inflation.’ ”
If price inflation were to average 3 per cent a year, his $210,000 RRSP would provide 25 years of inflation protection for his $40,000 pension,
provided his investments could earn 5.5 per cent a year. He should obtain professional advice on how to construct a well-balanced portfolio
specifically designed with his unique goals and objectives in mind, says Grimba.
Bob says he plans to seek contract work, and save more money until Sarah retires.
The Clients
Bob, 61, Sarah, 57.
Their situation
Bob has lost his executive salary and started drawing a smaller pension than expected.
The strategy
Sell their Toronto-area home in four years and buy a place in cottage country. Use Rob’s $210,000 in registered savings to provide an
emergency fund and inflation protection for his $40,000 company pension.
Assets
House $400,000
Cars $40,000
Rob’s retirement savings $210,000
Total: $650,000
Liabilities
Zero
Projected income
Bob’s pension $40,000
Sarah’s inflation-indexed pension $34,000
Two Canada Pension Plan pensions $17,000
Two Old Age Security pensions $13,000
Total: $104,000 (2012 dollars)
Projected expenses
Income taxes $21,200
Home operating costs $18,000
Car ownership costs $15,400
Groceries and restaurant meals $18,500
Personal care $5,400
Travel $13,000
Gifts $4,000
Savings $8,500.
Total $104,000
James Daw is a former Toronto Star columnist and a Certified Financial Planner. Reach him at [email protected]
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Data: 04/06/2012
"What our pensions owe to the scientist known for Halley's Comet"
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What our pensions owe to the scientist known for Halley’s Comet
June 03, 2012
Moshe A. Milevsky
In order to lighten its pension load, the Ford Motor Co. announced
recently that it is offering 90,000 retired engineers and office
workers the choice of continuing to receive a monthly pension or
take a lump-sum buyout from the Ford plan. For Ford, it’s an
attempt to reduce a $49 billion liability by about a third.
The question for retirees is whether it’s a good deal or not. How
would they know whether cash in hand today is as good as
monthly payments for as long as they live? Moreover, how do
they estimate how long they can be expected to live? Or, if they
take a lump sum, at what rate of interest will they need to invest
the money to generate the same retirement income?
It may come as a surprise that the mathematical equations Ford
employees and their pension fund trustees must use to make these
types of decisions are centuries old, in one case almost 800 years.
And they still hold true today.
Trying to figure out how much a dollar today is worth some time
in the future taking inflation and interest rates into account is just
part of the problem. The bigger issue is how to account for
mortality, or how long people live. This was derived about 325
years ago by Edmond Halley, the English scientist and astronomer
best known for tracking the path of a comet that bears his name.
Moshe Milevsky at York University's observatory. His new book looks at how Edmond
The answer to the general question of how long your money will Halley (of Halley's Comet fame) helped derive a key equation still used to calculate
pension payments.
last given regular withdrawals at a certain rate of interest was
VINCE TALOTTA/TORONTO STAR
deduced over 800 years ago by an Italian merchant Leonardo
Fibonacci. Fibonacci is better known for an equation that
describes the rate at which rabbits multiply. Mortality tables that help estimate how long you can be expected to live at any given age were first
modelled by a self-taught English mathematician Benjamin Gompertz in 1795.
Related:The coming showdown over public sector pensions
How and why Halley was drawn into the earliest of pension debates is subject to speculation. But in the early 1690s he was handed this hot
potato by scientists and businessmen in London, England’s financial district.
The state was facing problems not unlike the ones faced by Ford and other companies and governments today. The King awarded pensions for
service to the Crown and many members of the clergy, as an example, had been promised lifetime payments. In 1672, the government established
a pension for retired Royal Navy officers and by then British insurance companies were offering annuities to people of all ages, but were charging
a flat price, regardless of age.
The City of London was the centre of business gravity in the British Empire and it gradually dawned on the business community that these
promises to pay involved risks. But nobody had an accurate idea of exactly how much risk and so they turned to the scientific establishment for
help.
The problem made its way to the Royal Society — think of it as a supreme council of scientists — and then to Edmond Halley who spent most of
his life gazing at the stars. He attacked the problem in a careful and novel way. And much to his credit he came up with the first known procedure
for properly valuing a pension or lifetime annuity. He wrote an article which was published in 1693 by the Royal Society’s Philosophical
Transactions and provided the equation he had used, along with the first reliable mortality table.
Related:Why $1 million in an RRSP isn’t a pension
His equation is still used and taught to insurance actuaries today. More, importantly, it is an equation every Canadian should be aware of as they
approach their retirement years.
One can speculate that Halley’s interest in pricing life and death might have been kindled by the fact that his father — also called Edmond
Halley, a wealthy aristocrat and businessman — was alleged to have been involved in the Rye House plot to kill King Charles II and his brother
James in April, 1683. The king and his heir survived, but the conspirators were caught and mostly executed, except for those who committed
suicide. Nothing is known for certain, other than the fact Edmond Halley (Senior) was found dead, likely murdered and completely naked except
for his shoes, floating in Rochester River, outside London in mid-April 1684.
This left Edmond Halley (junior) with his father’s estate to settle, and perhaps a bit of time to ponder mortality and longevity. He took a pause
from astronomical matters to focus on pension issues. Perhaps, as they say, necessity is the mother of invention.
His main scientific insight was to combine interest rates, mortality rates and age, to arrive at an equation for the value of a pension annuity. He
properly established that the younger you are — all else being equal — the more valuable and expensive is the corresponding pension annuity.
More importantly, the lower the prevailing interest rates — such as they are today — the more valuable is your pension. In fact, you might be
surprised to learn how valuable that pension can be. Think about it. If you can retire on a full pension paying 80 per cent of your salary at the age
of 55, the value of your benefit can be in the millions of dollars.
Related:The 3 most common RRSP questions
His work — and the pension valuation tables he published in the article — served as a wake-up call to the governments, royals and corporations
who had made these promises. Alas, it appears that some of them are still sleeping, 300 years later!
Halley’s equation and methodology for valuing pension annuities is now ubiquitous and intertwined with all retirement decisions. In my opinion,
it is one of the seven most important equations for retirement planning.
So, when it comes to the Ford pensioners, I would suggest that every one of them find an actuary — or at least an astronomer — who is familiar
with Halley’s equation, so they can figure out whether the deal is worth it or not.
Here is yet another application of Halley’s methodology and equation, which is relevant to all Canadians. Although Old Age Security might only
pay $550 per month, its present value at the age of 65 — and in today’s ultra low interest rate environment — might be as high as $115,000.
There is much at stake in the debate around reforming OAS.
So, next time you sit down to ponder whether to take early retirement, perhaps accept a lump-sum buyout from your pension plan, whether to
start CPP early, or buy some additional life annuities, take a moment to look at the sky and give silent thanks to Edmond Halley, the astronomer.
He figured this out over 300 years ago.
York University professor Moshe A. Milevsky teaches at the Schulich School of Business. His latest book is The 7 Most Important
Equations for Your Retirement: The Fascinating People and Ideas Behind Planning Your Retirement Income (Wiley, May 2012)
Rassegna stampa
Trentino
"pensioni , modelli a confronto"
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Data:
04/06/2012
Stampa
Pagina 4 - ATTUALITA Pensioni , modelli a confronto La previdenza complementare in Italia, Olanda e Trentino
Alto Adige
TRENTO Retribuzioni eque e sostenibili possono essere costruite anche con la previdenza complementare e non
solo allungando la vita lavorativa. Se ne è parlato al Consorzio dei Comuni Trentini, per i "Confronti" del Festival
dell'Economia, mettendo a confronto l’esperienza olandese con quella italiana e del Trentino Alto Adige. «Nel
nostro Paese la riforma pensionistica - spiega Gianfranco Cerea, docente alla Facoltà dell’Economia dell’Università
di Trento e presidente di Cassa del Trentino, ha un lungo percorso. Alcune idee, nate in un periodo di “vacche
obese” sono state riviste. Se la Grecia è lo Stato che dà le pensioni più alte e la Francia e l’Inghilterra tra quelli che
le danno più basse (sotto il 50%), l’Italia si posizione a un livello medio alto. Le pensioni sono prossime, infatti, al
70% del reddito lavorativo. L’Italia è uno dei Paesi dove la spesa pensionistica è sotto controllo. Ciò vuol dire che
non c’è il debito occulto. Vietato però farsi delle illusioni. La spesa sanitaria e la non autosufficienza cresceranno
sempre di più». La riforma italiana delle pensioni è stata fatta per aprire qualche spiraglio per l’autosufficienza e
per mantenere un sistema sanitario degno del suo nome. C’è stata anche una revisione tra stipendio e pensioni. Se
nel 2010 una persona che andava in pensione a 69 anni dopo 39 di lavoro prendeva il 76,6% del reddito chi ci
andrà nelle stesse condizioni nel 2060 prenderà il 68,9% del reddito. In futuro le persone avranno una pensione che
varierà a seconda di tre fattori: l’età in cui si ritireranno dal mondo occupazionale; gli anni di lavoro maturati e la
dinamica della carriera. Se nel 2010 un lavoratore autonomo andato in pensione a 66 anni dopo 38 anni di contributi
ha preso il 73,5% del reddito nel 2060 prenderebbe solamente il 38,6%. Ma non solo. Chi avrà una progressione di
carriera prenderà una retribuzione pensionistica minore rispetto a chi avrà avuto un lavoro senza picchi. Il caso
dell’Olanda è molto diverso da quello italiano. A 65 anni chi va in pensione prende, indipendentemente dal lavoro
che ha svolto, 1200 euro che salgono a 1400 nel caso di una coppia. Il reddito è quindi garantito. «Se in Italia la
pensione complementare - Gottfried Tappeiner, presidente di Centrum PensPlan - si basa su fondi categoriali in
Trentino Alto Adige tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di mestiere, confluiscono in un fondo territoriale.
Gli iscritti sono 137mila».