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Famiglia e Lavoro in Lombardia
FAMIGLIA E LAVORO IN LOMBARDIA
L’esperienza del Progetto e Premio FamigliaLavoro, prima edizione
L’esperienza del Progetto e Premio
FamigliaLavoro, prima edizione
a cura di Sara Annoni
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Un’edizione di ALTIS e Regione Lombardia
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Famiglia e Lavoro in Lombardia
L’esperienza del Progetto e Premio
FamigliaLavoro, prima edizione
a cura di Sara Annoni
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Per informazioni:
Segreteria Premio FamigliaLavoro
ALTIS – Università Cattolica del Sacro Cuore
via San Vittore, 18 – 20123 Milano
tel. 02 48104458
[email protected]
www.premiofamiglialavoro.regione.lombardia.it
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Indice
Prefazione
Conciliare conviene .............................................................................................................5
DI
GIULIO BOSCAGLI
Introduzione
Competitività e Qualità della vita: una “familiarità” possibile ..........................................7
DI
MARIO MOLTENI
Parte prima
CONCILIAZIONE FAMIGLIA-LAVORO
Definizione del tema, contesto europeo, italiano e lombardo
Conciliare famiglia e lavoro: una sfida possibile? ............................................................11
DI
GIOVANNA ROSSI E SARA MAZZUCCHELLI
Politiche e misure di conciliazione nelle aziende socialmente responsabili ...................21
DI
MATTEO PEDRINI E CARLOTTA PETRI
Istituzioni locali e imprese: alleanza per una crescita comune .......................................31
DI STEFANO FUGAZZA
Parte seconda
PROGETTO E PREMIO FAMIGLIALAVORO
Presentazione, risultati, case history aziendali della Prima edizione 2008
Progetto e Premio FamigliaLavoro ...................................................................................39
DI SARA
ANNONI
BPM Banca Popolare di Milano e il progetto POESIA – Pari Opportunità
e Sostegno in Azienda .......................................................................................................51
Edison e il programma Edison per te ................................................................................57
Gruppo Johnson & Johnson Italia e il progetto L’attenzione al capitale umano J&J ........63
Canclini tessile e il progetto Follow Up SA 8000 ..............................................................67
Lubiam moda per l’uomo e il progetto Condividere e diversificare
per meglio conciliare ........................................................................................................73
BeM Service Center di Abbiategrasso e il progetto Madri laboriose d’eccellenza ...........79
Cittadini SpA e il progetto Reti di solidarietà femminile .................................................83
ATM – Azienda Trasporti Milanesi e il progetto ATM&P Armonizzare
i tempi di madri e padri ....................................................................................................87
Analisi e commento ai dati dei questionari delle 34 aziende partecipanti
al Premio FamigliaLavoro 2008 ........................................................................................93
DI
MATTEO PEDRINI E CARLOTTA PETRI
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Prefazione
Conciliare conviene
di Giulio Boscagli, Assessore Famiglia e Solidarietà Sociale, Regione Lombardia
La famiglia è una risorsa sociale ed economica. In un certo senso è impresa tra le imprese.
Anzi, è l’impresa innovativa che più ci conviene sostenere. Produce stabilità, assistenza,
forti motivazioni di impegno. Può trascinare il rilancio dell’economia dei paesi e degli uomini. Ecco perché vogliamo valorizzare le aziende che hanno compreso tutto ciò.
Il Premio FamigliaLavoro vuole essere un riconoscimento per quelle imprese che hanno
dimostrato di credere e investire sulla capacità della famiglia di generare ricchezza, di
“moltiplicare” il bene rappresentato dalla risorsa umana. Sono imprese sane, che stanno
sul mercato. Sono efficientemente ed efficacemente profit eppure investono sulla famiglia. Investono: non fanno beneficenza. Questo è il segno nuovo e intelligente: sanno che
mettendo soldi sulla famiglia, li riavranno indietro con il guadagno, perché la famiglia
genera realmente ricchezza.
L’esperienza della prima edizione di questo premio ha aperto il nostro sguardo su un
mondo sconosciuto, ha portato in evidenza i progetti innovativi e creativi realizzati all’interno delle aziende, da quelle piccole alle multinazionali. Scelte aziendali che intendono aiutare concretamente la vita famigliare dei propri dipendenti attraverso asili nido
o servizi di assistenza nella compilazione e consegna di moduli.
Credo che questa sia la strada giusta perché i due soggetti – famiglia e mondo del lavoro – cessino una volta per tutte di essere in antitesi. Nella costruzione di quello che
potremmo definire il “nuovo welfare”, un welfare che può essere edificato solamente
attraverso la collaborazione e la costruzione di “reti” tra i quattro pilastri della società:
le istituzioni, le imprese, il Terzo Settore e le famiglie.
Il mio personale augurio è che, alla seconda edizione del Premio FamigliaLavoro, partecipino anche delle aziende del nostro territorio e che un numero sempre maggiore di
imprese, spronate dall’esempio dei vincitori di quest’anno, comprendano come sostenere la conciliazione tra famiglia e lavoro sia la chiave per aumentare la propria produttività.
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Introduzione
Competitività e Qualità della vita:
una “familiarità” possibile
di Mario Molteni, Direttore di ALTIS, Alta Scuola Impresa e Società, Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano
Nella situazione di crisi internazionale l’obiettivo competitività, da tempo identificato come
un’assoluta priorità nelle politiche di Regione Lombardia, assume ancora maggior rilievo. Le istituzioni e le università lombarde devono mettersi al servizio della competitività delle nostre
imprese avendo come ambito di riferimento l’arena internazionale. Questo obiettivo deve e,
soprattutto, può coniugarsi con l’attenzione ai grandi temi connessi alla qualità della vita: la sostenibilità ambientale, il risparmio energetico, la coesione sociale, la tutela delle fragilità, la sicurezza e la qualità del lavoro e della vita.
Proprio in relazione a quest’ultimo fattore si colloca FamigliaLavoro, un progetto lanciato nel
2008 dal connubio tra la Regione Lombardia e l’Università Cattolica rappresentata da ALTIS (Alta
Scuola Impresa e Società), ASAG (Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli) e Centro di Ateneo
Studi e Ricerche sulla Famiglia. L’iniziativa mira a promuovere un welfare innovativo, valorizzando quelle imprese che attivano programmi di conciliazione famiglia-lavoro a favore dei dipendenti, i cui benefici vanno ben al di là dei confini familiari. Le misure di work-life balance,
infatti, hanno effetti significativi sulla società: danno stabilità alla famiglia, innalzano l’armonia
nelle relazioni sociali, incidono sul tasso di natalità e quindi sulle prospettive di sviluppo.
Fortemente legato ai mutamenti radicali e repentini del mondo del lavoro negli ultimi vent’anni, la conciliazione famiglia-lavoro costituisce ormai un tratto qualificante delle politiche di
Corporate Social Responsibility (CSR) delle imprese. E le imprese stanno imparando a concepirla
e attuarla come un’opportunità per la gestione e la valorizzazione del proprio capitale umano:
attrattività dei talenti migliori, fidelizzazione, spirito d’appartenenza, riduzione del turnover, atteggiamenti collaborativi, diminuzione della conflittualità sono tra le principali ricadute di cui
l’impresa può beneficiare.
Il programma FamigliaLavoro ha come obiettivi primari la formazione e lo sviluppo di competenze, l’accompagnamento delle aziende verso una progettualità più consapevole e l’incentivazione di nuove e originali iniziative di conciliazione famiglia-lavoro in Lombardia. Nell’ambito
del progetto complessivo, il Premio FamigliaLavoro assume un duplice ruolo: è un concorso in
grado di dare visibilità alle best practice lombarde e, insieme, un’occasione per mappare esperienze nuove o già collaudate e tracciare un quadro della conciliazione in Lombardia.
Punto di forza del progetto è l’intensità della collaborazione che sta alla sua origine: collaborazione tra Regione Lombardia, Università ed esperti del mondo dei servizi profit e non profit,
che sono ampiamente coinvolti; cooperazione tra soggetti portatori di discipline tra loro complementari: management, psicologia della famiglia, sociologia e così via.
Nella sua seconda edizione, già in fase di realizzazione, FamigliaLavoro si pone l’obiettivo
di allargarsi al confronto e alla collaborazione con alcuni centri di ricerca esteri riconosciuti come punti di riferimento in tema di work-life balance a livello mondiale.
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PARTE PRIMA
CONCILIAZIONE FAMIGLIA-LAVORO
Definizione del tema, contesto europeo, italiano e lombardo
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Conciliare famiglia e lavoro: una sfida possibile?
di Giovanna Rossi e Sara Mazzucchelli, Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia, Università
Cattolica del Sacro Cuore – Milano
La relazione famiglia-lavoro nella letteratura internazionale psico-sociologica
Nell’ambito del panorama disciplinare complessivo, riguardante la relazione tra ambito famigliare e lavorativo, è possibile rinvenire un corpus di studi certamente ricco, eppure altamente frammentario e non ancora consolidato in un sapere unitario e condiviso.
Molteplici sono i “costrutti” psicologici rilevanti: la qualità della vita personale e lavorativa, il benessere – con particolare attenzione alle dimensioni della realizzazione personale (Greenhaus, Beutell, 1985), dello stress (Greenglass et al., 1991; Lazarus e Folkman,
1984; 1987; Latack, 1986), dell’affettività negativa (Carlson, 1999; Stoeva, Chiu, Greenhaus, 2002), del conflitto di ruolo (Greenhaus, Beutell, 1985; Thomas, Ganster, 1995; Netemeyer et al., 1996), del coping1 (Behson, 2002) e del controllo (Thomas, Ganster, 1995;
Behson, 2002).
Data la natura complessa e composita del tema, il focus è rivolto inoltre ad alcune dimensioni
“organizzative” (Lewis, Smithson, 2001), quali la motivazione e la soddisfazione, sia per la propria esperienza lavorativa, sia per le possibilità effettive di conciliabilità tra questa e l’ambito
del “non lavoro”. Nel modulare e comprendere tale intreccio (tra lavoro e non lavoro) sono inoltre chiamate in causa – dalla psicologia delle organizzazioni – specifiche caratteristiche dell’organizzazione, per quanto riguarda il supporto alla conciliazione (Allen, 2001), ma anche le
conseguenze sui piani di carriera (Thompson et al., 1999).
Dall’analisi della letteratura internazionale, in ambito psicologico e sociologico, è possibile dunque identificare differenti posizioni teoriche (Naldini, 2006; Rossi, 2008) relative
all’impatto del lavoro sulla famiglia (Zedeck, Mosier, 1990). Andiamo a descriverle:
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il primo modello fa riferimento alla “spillover theory”, la quale ipotizza l’esistenza di
una sostanziale somiglianza tra quanto accade sul posto di lavoro e nella vita familiare
(Staines, Pottick, Fudge, 1986; Staines, 1980), secondo una causalità di tipo lineare
(“se sei felice al lavoro, lo sei anche a casa”). Tale teoria, dunque, sembra ipotizzare
l’esistenza di un un’influenza, generalmente positiva (Piotrkowski, 1978) dell’esperienza lavorativa della persona sull’esistenza della stessa anche al di fuori del lavoro
(Champoux, 1978);
il secondo modello, relativo alla “compensation theory”, ipotizza l’esistenza di una relazione inversa e d’opposizione antitetica tra lavoro e famiglia (Staines, 1980): le persone farebbero investimenti d’intensità opposta nei due contesti e ricercherebbero in
uno ciò che manca nell’altro (Evans, Bartolome, 1984);
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Il concetto di coping (“fronteggiamento”, “gestione attiva”, “risposta efficace”, “capacità di risolvere i problemi”) indica l’insieme di strategie mentali e comportamentali messe in atto per fronteggiare una certa situazione. Tale concetto è stato creato nell’ambito della psicologia negli anni sessanta, dallo scienziato americano
Lazarus, che lo ha studiato come un processo strettamente collegato allo stress. La capacità di coping si riferisce non soltanto alla risoluzione pratica dei problemi, ma anche alla gestione delle proprie emozioni e dello stress
derivati dal contatto con i problemi.
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il terzo modello, “segmentation theory”, considera lavoro e famiglia come contesti distinti: corollario di questa asserzione è il ritenere la persona in grado di “funzionare con
successo” in uno dei due ambiti senza che ciò influenzi in alcun modo i risultati conseguiti nell’altro (Piotrkowski, 1978; Evans, Bartolome, 1984; Payton-Miyazaki, Brayfield, 1976). I due contesti esisterebbero, di fatto, fianco a fianco: la separazione tra
di essi, in termini temporali, spaziali e funzionali, condurrebbe la persona a dividere
ordinatamente, a compartimentalizzare la propria vita. La divisione netta ipotizzata
considera la famiglia in termini espressivi – ovvero come regno dell’affettività, dell’intimità, delle relazioni significative – ed il lavoro come ambito impersonale, competitivo e strumentale;
il quarto modello, “instrumental theory”, considera un contesto (famigliare o lavorativo) come il mezzo mediante il quale ottenere risultati nell’altro. Ad esempio il lavoro
può condurre al conseguimento di risorse economiche tali da garantire una buona qualità di vita familiare (Payton-Miyazaki, Brayfield, 1976; Evans, Bartolome, 1984);
il quinto modello, infine, fa riferimento alla “conflict theory” e suppone che la soddisfazione ed il successo in un ambito non possa avvenire senza la richiesta di sacrifici
nell’altro: i due contesti sarebbero incompatibili in quanto connotati da richieste distinte (Payton-Miyazaki, Brayfield, 1976; Evans, Bartolome, 1984; Greenhaus, Beutell,
1985; Greenhouse, Parasuraman, 1986); da ciò deriverebbero fatica e stress, per la
persona, nel gestire una multipla appartenenza e differenti domande di ruolo.
In ambito organizzativo, per riferirsi alla relazione famiglia-lavoro, viene prevalentemente
usato il termine “work-life balance”, ovvero si parla di bilanciamento, di un’armonizzazione tra vita lavorativa e privata. Questa “metafora” (Halpern, Murphy, 2007), appare
riassuntiva di un duplice ordine di contrapposizioni: work-family conflict e family-work
conflict (Greenhaus, Parasurman, 1986; Cinamon, 2006; Balmforth, Gardner, 2006). Workfamily conflict può essere inteso come un sottrarsi alle responsabilità familiari a favore di
un investimento nella vita lavorativa; family-work conflict designa, invece, la situazione
opposta, ovvero quando gli obblighi di lavoro vengono trascurati a causa di pressioni famigliari (Blyton et al., 2006)2.
Esaminando la natura del work-family e family-work conflict, Greenhaus e Beutell (1985)
hanno individuato tre principali fonti di conflitto: il conflitto time-based, il conflitto strainbased e il conflitto behaviour-based. Il primo (time-based) si verificherebbe quando il
tempo necessario per adempiere gli obblighi di un dominio (ad es., quello lavorativo) è
consumato da attività relative all’altro dominio (ad es., la famiglia). Il secondo (strainbased) avviene quando la tensione relativa ad un ambito agisce come un ostacolo ad
un’efficace risposta alle esigenze dell’altro, ad esempio quando una persona non è in
grado di lavorare bene a causa di tensioni famigliari. Infine, si può parlare di behaviourbased conflict quando il comportamento in un dominio non può essere reso coerente con
il comportamento richiesto nell’altro dominio. Il conflitto si originerebbe, quindi, quando
la persona non è in grado di passare, nel tempo, tra due schemi comportamentali distinti
(Vassilev, Wallace, 2007; Gstrein, Mateeva, Schuh, 2007).
Van Rijswijk et al. (2004) descrivono la stessa dualità utilizzando i termini work-to-family interference and family-to-work interference. Alcuni autori (Balmforth, Gardner, 2006) hanno invece esteso ulteriormente questo
quadro concettuale concentrandosi sugli aspetti positivi del rapporto tra lavoro e vita: a partire dalla concettualizzazione di Sieber (1974), ulteriormente sviluppata da Frone (2003, Frone et al. 1997), essi suggeriscono
la nozione di facilitation, piuttosto che di conflict.
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Il “work-life balance”, nel suo complesso (Bruegel, Grey, 2005; Christensen, 2005; Hattery,
2001; Fine-Davis, Fagnani, Giovannini, Højgaard, Clarke, 2006; Lewis, Cooper, 1987; Houston, 2005; Jones, Burke, Westman, 2006; May, Brunsdon, 2007; Ponzellini, 2003; 2006)
– a partire dal riconoscimento del mondo organizzativo come luogo in cui innanzitutto va
ricercato tale bilanciamento o equilibrio – si propone così di evidenziare, studiare e proporre alle organizzazioni, soluzioni e strumenti per metterle in grado di favorire il benessere degli individui che lavorano al loro interno, riducendo il malessere derivante
dall’impossibilità percepita di conciliare il tempo speso per la propria attività lavorativa
con quello investito per sé.
Un altro termine usato è quello di “work-life integration” (Lewis, Rapoport, Gamles,
2003), che enfatizza la centralità del lavoro e ne auspica una sua integrazione nella vita
personale dell’individuo.
Tali prospettive, al di là delle rispettive specificità, si pongono dunque l’obiettivo di ampliare il campo dei riferimenti “al privato”, andando oltre la famiglia e i compiti di cura
(work-life non più work-family). Si evidenzia così l’importanza del superamento di un approccio orientato a sostenere il work-family balance per concentrarsi sul work-life balance
(Behson, 2002). L’ampliamento del tema, ma anche la sua “congenita” complessità, il
fatto di chiamare in gioco differenti interlocutori e diverse dimensioni, di porsi su più livelli di pensiero e azione, rinviano quindi alla necessità di un approccio di approfondimento e di studio necessariamente interdisciplinare (Near, Rice, Hunt, 1987; Zedeck,
Mosier, 1990). Quest’ultimo non è comunque esente da critiche, come testimoniano le osservazioni emerse a riguardo in un recente convegno3.
Presi singolarmente, i modelli presentati, offrono ciascuno uno specchio parziale e insoddisfacente: in un certo senso, è come se essi riflettessero specifiche condizioni in cui
le persone possono trovarsi, non risultando tuttavia esaustivi, ma complementari nel fornire una lettura del tema stesso. I contributi teorici menzionati, inoltre, appaiono accomunati da un punto fondamentale: la concettualizzazione del rapporto famiglia-lavoro
come di un rapporto tra due sfere distinte, conflittuali o comunque non relazionabili per
le diversità insite e caratterizzanti ciascuna di esse.
È necessario, quindi, assumere una prospettiva che porti ad un superamento di tale visione
dicotomica (Rossi, 2005a; 2005b; 2005c; 2006; 2007).
“From zero-sum game to win-win relation”: l’apporto della sociologia relazionale
Il conflitto tra ambito familiare e lavorativo si origina da un processo di differenziazione
funzionale, il cui punto di partenza è rinvenibile nell’epoca moderna. La liquefazione della
famiglia e del lavoro – apice di tale dinamica processuale – ne rivela, tuttavia, l’inconsistenza e, pertanto, chiama in causa un nuovo tipo di differenziazione sociale tra le due
sfere: la differenziazione relazionale.
La differenziazione funzionale tra famiglia e lavoro opera attraverso meccanismi specifici:
i sistemi si specializzano caratterizzandosi fortemente al proprio interno, mediante l’ab-
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La ricerca relativa al Work-Life Balance (WLB) ha introdotto importanti intuizioni nello studio della conciliazione.
Tuttavia, una ricognizione dell’FSE II (2004/5), ci porta a rilevare una certa problematicità nella misurazione di
tale costrutto: non si comprende appieno cosa rientri nell’etichetta life; si trascurano diverse dimensioni di WLB
e, in generale, si utilizza una misurazione piuttosto astratta e tautologica. Per approfondimenti: Pichler (2008).
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bandono di certe funzioni e, nei confronti dell’esterno, tramite la loro netta separazione;
i sottosistemi così differenziati (famiglia e lavoro) operano secondo un codice simbolico
autoreferenziale/infra-sistemico: ciò determina, nella realtà, una chiusura affettiva della
famiglia ed una difficoltà della stessa a rigenerarsi in quanto tale e una chiusura strumentale del lavoro.
La differenziazione relazionale, al contrario, ipotizza ed identifica nuove forme d’interscambio tra le sfere o sotto-sistemi esistenti (famiglia e lavoro) che si specializzano mediante una relazione reciproca. “La relazione famiglia-lavoro si connota, quindi, come
bene relazionale in sé” (Donati, 2005) e l’identità stessa assunta da tale relazione determina, non solo la modalità di interscambio presente tra questi due ambiti, ma anche
l’identità di ciascuno.
La prospettiva relazionale determina dunque una ridefinizione della questione della conciliazione: è la relazione tra famiglia e lavoro il fulcro dell’attenzione, non il singolo ambito. Ciò implica uno sforzo nel declinare ed osservare i diritti personali secondo un’ottica
relazionale; un rispetto ed una valorizzazione delle differenze di gender sulla base di una
diversità produttiva (maschile e femminile) esistente, riconosciuta e trattata secondo un
principio di reciprocità.
Il passaggio da un regime di differenziazione funzionale (lib/lab) ad uno di differenziazione relazionale (societario) determina un’inevitabile mutamento degli attori e delle
forme di governance: le misure indubbiamente significative presenti nel primo caso (politiche di prescrizione normativa, di negoziazione, di incentivazione della natalità), infatti,
sono gravate da un pesante limite: essere espressione di un compromesso esclusivo ed
escludente tra Stato e mercato. Le politiche relazionali, invece, fondandosi sulla reciprocità nelle relazioni, coinvolgono, valorizzandoli, una pluralità di attori: le istituzioni politiche, le imprese, il privato sociale e le famiglie (Donati, 2005).
Ciò cosa comporta nell’identità e nei rapporti tra i diversi attori sociali? Innanzitutto una
considerazione dello Stato quale sussidiario alla società civile (il complesso aziende-famiglie-terzo settore) e, pertanto, una definizione delle misure conciliative, da parte dello
stesso, solo ove necessario ed utile ad una promozione della relazione famiglia-lavoro; secondariamente l’obiettivo designato è l’implementazione di un welfare comunitario, fondato sulla promozione di una buona relazione tra famiglia e lavoro; infine, la sinergia
comunitaria che ordina l’azione si configura anche quale chiave valutativa dei risultati
prodotti a livello societario – ovvero il benessere a livello della comunità stessa. La relazione famiglia-lavoro, in ottica sussidiaria, assume dunque il carattere di bene in sé, generato attraverso un framework relazionale. Lo scopo del sistema d’azione così delineato
è rendere il lavoro sussidiario alla famiglia – la vita familiare dovrebbe sostenere e rendere maggiormente sensata l’attività lavorativa. Per perseguire tale scopo, occorre avvalersi di una regolazione normativa di governance societaria, che preveda un
coordinamento a rete tra la famiglia e gli attori esterni. I mezzi adatti sono quelli che favoriscono la relazionalità familiare (ad. es. gli orari flessibili, i servizi di care per la prima
infanzia, i congedi): ciò che è rilevante, tuttavia, non è la natura dei mezzi stessi, ma la
modalità del loro utilizzo e la costante attenzione e valutazione degli esiti prodotti (occorre
riscontrare se vengono usati relazionalmente e se sono promotori della relazione famiglialavoro).
Tale quadro, infine, fa riferimento a una visione del benessere che si può definire “star
bene nella relazione”; il modello di valore, la cultura di riferimento è infatti improntata
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sulla capacità della persona di gestire le relazioni – in famiglia, nel lavoro e tra di essi –
come criterio di valorizzazione della propria vita (Donati, 2005, pp. 78-81).
Il quadro appena delineato costituisce un modello ideale al quale la politica sociale e gli
strumenti di conciliazione dovrebbero ispirarsi, al fine di promuovere, in modo armonico,
diritti che, almeno in apparenza, risultano difficilmente conciliabili o, addirittura, conflittuali.
Esso, contiene poi, nella propria articolazione, due implicazioni fondamentali. Analizziamole brevemente.
Superare la diffusa femminizzazione della questione conciliativa
Emerge la necessità di evitare una “femminizzazione” del problema (Donati, 2005; Rossi,
2005a; Belletti, Rebuzzini, 2005): trattare la questione della conciliazione come esclusiva
delle donne rischia di diventare controproducente, di non consentire un’effettiva equità
di genere e anche di non far comprendere la portata reale del problema. Agire in un’ottica puramente femminile porta, tra l’altro, a strutturare politiche di conciliazione connesse a basse prospettive di carriera. La conciliazione andrebbe considerata, invece, una
questione di famiglia, vale a dire una questione che riguarda ciascun individuo nella trama
di relazioni in cui è inserito, sia in ambito familiare, sia nel più complesso ambito societario. Ciò è in sintonia o comunque fortemente connesso con la grande attenzione riservata, in questi ultimi anni, al tema della paternità – nella letteratura4 e nell’ambito di
alcuni recenti convegni internazionali.
Ripensare il termine work
Quanto asserito, sottolinea l’urgenza di un ripensamento, innanzitutto di ordine culturale,
del termine stesso work. Con l’avvento dell’industrializzazione, esso è diventato, infatti,
sinonimo di employment. Ciò ha comportato una netta contrapposizione degli ambiti, dei
tempi, delle norme e della cultura proprie di famiglia e lavoro.
Tale visione permane nella mentalità comune ed è acuita ed esasperata dal sistema legislativo5, il quale, tuttavia, si ritrova ad assumere una posizione ambivalente, per l’emergenza di un contesto sociale totalmente differente dal passato: l’incremento
dell’occupazione femminile vede le donne impegnate su più fronti, caratterizzati da codici differenti; la compresenza di più generazioni sulla scena sociale (ed il progressivo invecchiamento della popolazione) comporta poi, per le stesse, una quadrupla presenza
(come mogli, madri, nonne e figlie) certamente di difficile gestione.
Tale complessificazione della società – che ribadisce con sempre maggior forza la necessità ed imprescindibilità del lavoro di cura, sempre più vitale e necessario per il mantenimento di un tessuto sociale forte – spinge dunque ad una nuova riflessione sul significato
del lavoro. A lungo tale termine (lavoro) ha designato un’attività extradomestica svolta
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Degne di nota sono le seguenti pubblicazioni: Brotherson e White (2007); Day, Lamb (2003); Marsiglio, Amato,
Day, Lamb (2000); Palkovitz (2002); Horn, Sylvester (2002); Castelain-Meunier (2002).
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Le politiche per le pari opportunità e il gender mainstreaming, indicano sostanzialmente la riorganizzazione,
lo sviluppo, la valutazione delle politiche e dei processi ad esse legati, secondo una prospettiva di parità tra i
generi a ogni livello e da parte di tutti gli attori implicati nei processi di policy making. Per un approfondimento
sul tema si veda Crespi (2007).
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in prevalenza da uomini e remunerata. Ultimamente, invece, l’emergenza connessa al lavoro di cura (e la conseguente riflessione circa i soggetti in esso coinvolti e le modalità utilizzate) ha determinato un mutamento sostanziale nella definizione di tale concetto: si è
quindi distinto tra paid e unpaid work (Abrahamson, Boje, Greve, 2005). Quest’ultimo includerebbe tutte le attività produttive svolte, per la propria famiglia o per gli altri, all’esterno del mercato ufficiale del lavoro e potenzialmente sostituibili con beni o servizi
acquistati sul mercato ufficiale. Un’attività ricade in tale ambito quando soddisfa il criterio della “terza persona”, ovvero potrebbe, almeno in linea teorica, essere realizzata da
una terza persona in cambio di un compenso monetario. Nell’accezione comune di lavoro
non remunerato tipicamente rientrano il lavoro domestico (household production) oppure il lavoro dei volontari (volunteering). La conseguenza di tale definizione – i cui punti
cardinali sono lo strumento denaro come legittimazione ed il luogo di attuazione dell’attività lavorativa – è che, se in linea teorica esso può essere rimpiazzato dal lavoro remunerato, allora può anche essere misurabile in termini monetari: tale è la sfida e la
riflessione delle politiche europee in questo frangente storico.
Riferimenti bibliografici
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Allen T.D. (2001), Family-supportive work environments: The role of organizational
perceptions, in Journal of Vocational Behavior, vol. 58, pp. 414-435.
Balmforth K., Gardner D. (2006), Conflict and Facilitation between Work and Family:
Realizing the Outcomes for Organizations, in New Zealand Journal of Psychology, 35(2),
pp. 69-76.
Behson S.J. (2002), Coping with family-to-work conflict: The role of informal work
accommodations to family, in Journal of Occupational Health Psychology, vol. 7/4, pp.
324–41.
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Politiche e misure di conciliazione nelle aziende
socialmente responsabili
di Matteo Pedrini e Carlotta Petri, ALTIS, Alta Scuola Impresa e Società, Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano
La responsabilità sociale d’impresa e i collaboratori
I recenti anni hanno registrato un riconoscimento della rilevanza delle relazioni tra le attività
che un’impresa svolge e il contesto economico, sociale e ambientale in cui opera. Le imprese
acquisiscono dalla società tutte le risorse necessarie per lo svolgimento delle proprie attività (risorse naturali, finanziarie e lavorative), intessono stabili relazioni con un insieme d’interlocutori aziendali (stakeholder) e generano risultati che non sono circoscrivibili alla sola sfera
economica, ma che coinvolgono altresì la società civile e l’ambiente naturale. Le aziende sono
quindi investite della responsabilità connessa alla complessità degli impatti prodotti con le proprie attività e, in particolare, devono assicurare che il perseguimento di buone performance economiche non avvenga a discapito della società e dell’ambiente (Elkington, 1997).
Il termine Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) – in inglese Corporate Social Responsibility
(CSR) – si riferisce all’estensione dell’insieme d’impatti sociali e ambientali cui le aziende sono
chiamate a rispondere. Operare in modo responsabile significa accettare di dover render conto
alla società delle conseguenze dell’attività d’impresa nel loro complesso, superando la
concezione di azienda come orientata in modo esclusivo al profitto e al ritorno economico degli
azionisti. L’accettazione di tali responsabilità trova espressione nella tensione delle persone
preposte al governo dell’azienda nell’operare per una crescente soddisfazione delle attese del
complesso dei loro stakeholder (Freeman 1984).
Le aziende che si avvicinano alla RSI fanno propria l’intenzione di offrire un contributo alla società che non si limiti al solo sviluppo economico, ma che favorisca un avanzamento sociale e
un crescente rispetto dell’ambiente, facendosi carico di tali preoccupazioni anche oltre i limiti
stabiliti dalla legge. Essere socialmente responsabile per un’azienda significa dover ripensare
al proprio modo di fare impresa, ridefinendo strategie, politiche, attività e processi in modo da
integrare le preoccupazioni sociali e ambientali nel proprio modo di operare.
Tra i temi riconducibili alla RSI, vi è anche l’attenzione alle crescenti attese del personale dell’azienda, che comprende le modalità con cui l’impresa si rapporta con i propri collaboratori,
preoccupandosi di innalzarne la qualità della vita e valorizzandone le caratteristiche. L’impegno a essere responsabili nei confronti dei propri lavoratori (Molteni, Bertolini, Pedrini,
2007), negli anni si è progressivamente concentrato attorno ad alcuni temi di particolare rilevanza quali:
l’introduzione e l’avanzamento dei sistemi di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, caratterizzato da un costante impegno nel prevenire infortuni, nell’assicurare attività di profilassi e prevenzione medica e nella più ampia tutela della sicurezza dei
lavoratori. Tale impegno ha trovato manifestazione formale nell’adozione di certificazioni volontarie dei sistemi di salute e sicurezza (ad esempio OHSAS18000);
– l’istituzione d’iniziative di volontariato d’impresa, che offrano ai lavoratori la possibi–
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lità di partecipare collettivamente a esperienze di volontariato nell’ambito del proprio
orario lavorativo;
lo sviluppo di corsi di formazione sulla responsabilità sociale, indirizzando i lavoratori
in percorsi di formazione al fine di creare una cultura dell’agire responsabile, capace
di permeare l’operare quotidiano;
la promozione delle pari opportunità, attuando politiche volte ad assicurare l’assenza
di fenomeni di discriminazione, con particolare attenzione a garantire medesime opportunità a uomini e donne, sia nei sistemi di retribuzione che di carriera;
l’integrazione della dimensione sociale nei sistemi di misurazione delle performance
individuali;
lo sviluppo di azioni/programmi di coinvolgimento dei lavoratori, attivando periodiche
forme di monitoraggio, volte a comprendere le loro aspettative e bisogni e favorendo
nel contempo un’analisi delle possibili risposte agli stessi;
la conciliazione tra famiglia e lavoro, mirando ad armonizzare la vita familiare del personale con il contesto lavorativo mediante una conciliazione delle esigenze familiari
e dell’impresa.
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Tra i temi connessi alla valorizzazione dei propri collaboratori, ha conquistato particolare
rilevanza il tema della conciliazione famiglia-lavoro. Di seguito, brevemente, andremo a
indicare le principali difficoltà conciliative che accomunano la maggior parte del personale
e la natura delle pratiche realizzate dalle imprese per favorirne il superamento.
La sfida della conciliazione famiglia-lavoro
Prima di addentrarsi nello studio dei meccanismi con cui un’azienda può agire nel tentativo di favorire la conciliazione famiglia-lavoro dei lavoratori, pare utile chiarire quale sia
la natura del problema sociale che le imprese sono chiamate ad affrontare.
Queste ultime hanno preso, infatti, sempre più coscienza dell’interrelazione esistente tra
l’attività lavorativa e la vita familiare dei propri collaboratori, comprendendo quanto le
due sfere non siano tra loro indipendenti ma, al contrario, s’influenzino reciprocamente1.
Alcuni momenti della vita familiare, infatti, richiedono un particolare impegno da parte
dell’individuo, ma i vincoli dell’attività lavorativa ne rendono spesso difficile la gestione.
Il lavoro rischia quindi di divenire un elemento contrastante con il bisogno di dedicare
alle esigenze familiari il tempo e la cura necessarie: tutto ciò a scapito del lavoratore che,
nella continua ricerca di un equilibrio, è costretto a vivere con difficoltà sia l’ambito lavorativo sia quello familiare. Dal contatto e confronto diretto con le aziende e i loro lavoratori, emerge come tale fatica si acuisca al sorgere di alcune specifiche esigenze familiari:
i periodi di maternità, che vedono le madri scontrarsi con il pericolo di subire una progressiva esclusione dal mondo lavorativo. Tale difficoltà si manifesta in tutte le fasi del
periodo connesso alla maternità. Nel momento in cui le donne comunicano la futura
maternità, rischiando di essere isolate dai colleghi a fronte del futuro periodo di assenza lavorativa. Nel periodo post parto in cui esse sono assenti dal luogo di lavoro e
rischiano di perdere i legami con i colleghi e di non essere aggiornate sugli avanzamenti del proprio lavoro. Nel reinserimento del periodo post-maternità, nel quale de-
–
1
Per un approfondimento di tale relazione si rimanda alla trattazione effettuata nel capitolo precedente.
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–
–
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–
vono ripristinare i rapporti di lavoro e simultaneamente gestire la cura del neonato;
l’ordinaria cura dei figli, che comprende la volontà dei genitori di assicurare la dovuta
attenzione ai figli e di poter far fronte alle esigenze emergenti nelle varie fasi di vita:
dalla necessità di cura nei primi anni, all’esigenza di conciliare il lavoro con la frequenza dei figli a scuola, sino al supporto degli stessi nella fase adolescenziale;
la gestione delle emergenze connesse alla cura dei figli, che prevedono per i genitori
il dover affrontare imprevisti connessi a eventuali periodi di malattia degli stessi, circostanze in cui i servizi per la loro cura non sono temporaneamente disponibili, o eventuali situazioni di emergenza che si possono creare;
la cura di genitori anziani, che mette i lavoratori di fronte alla necessità di offrire un
supporto adeguato ai propri genitori nel periodo di anzianità, con impegni quali l’accompagnamento alle eventuali visite mediche, il sostegno nello svolgimento delle
mansioni quotidiane, o la necessità di fornire loro le cure necessarie nei periodi di malattia;
le ordinarie attività familiari, che tengono conto dalla necessità di avere tempo per la
cura della casa, per l’acquisto dei generi alimentari, per il disbrigo di alcune pratiche
amministrative, tutte attività che spesso entrano in conflitto con lo svolgimento di un
tipo di lavoro che non preveda forme, anche minime, di flessibilità.
La conciliazione famiglia-lavoro è un tema dalle molte sfaccettature, che non può essere
semplicisticamente ridotto alla ricerca di un equilibrio tra le ore lavorative e le ore dedicate alla propria famiglia. Questo filone di pensiero è frutto di una concezione obsoleta,
che dipingeva lavoro e famiglia come due sfere tra loro indipendenti e autonome, ignorando le evidenti relazioni che legano i due aspetti della vita. In particolare, tale approccio partiva dal presupposto che la riduzione dell’orario lavorativo avesse necessariamente
ripercussioni positive sulla vita familiare, presentando una miopia rispetto alla dimensione economica del rapporto lavorativo. Si è infatti visto che, se da una parte una riduzione dell’orario lavorativo a volte mal si concilia con l’esigenza di assicurare un bilancio
familiare appropriato, dall’altra, all’aumentare del monte ore settimanali, oltrepassato
un certo limite, non è detto corrispondano proporzionali incrementi nei livelli di performance.
La conciliazione non è nemmeno un tema che possa essere circoscritto al target delle lavoratrici donne, come è spiegato nel capitolo precedente.
Emerge come la conciliazione famiglia-lavoro sia un tema complesso, articolato e in costante evoluzione. Si rende quindi necessaria una presa di coscienza che porti a guardare
alla conciliazione non limitata soltanto al numero di ore lavorate, ma alle modalità di organizzazione del lavoro, alla cultura aziendale e agli eventuali servizi attivabili per venire incontro alle esigenze del personale. Come si vedrà nel paragrafo successivo, vari
sono gli strumenti a disposizione dell’azienda per favorire la conciliazione, permettendo
quindi la costruzione di un equilibrio tra le necessità dell’impresa e quelle dei lavoratori,
anche nel caso di prolungamento degli orari lavorativi per necessità di produzione.
Scegliere responsabilmente di supportare la conciliazione, significa innanzitutto riconoscere la complessità dei bisogni da affrontare, per poi attrezzarsi a fronteggiare le problematiche emergenti in modo ampio e strutturato.
Ma quali sono le strategie che un’azienda può attuare per venire incontro alle esigenze
di conciliazione dei propri lavoratori? Quali gli strumenti attuabili?
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Leve e strumenti di conciliazione in azienda
Un’azienda che intenda sviluppare politiche o attività di conciliazione in prima battuta
può agire su quattro dimensioni tra loro complementari: l’organizzazione del lavoro, l’informazione e la cultura aziendale, il sistema di retribuzione, i servizi aziendali2. Per operare in tale direzione le imprese devono quindi implicitamente accettare di ripensare il
proprio modo di organizzare il lavoro, tenendo conto dell’equilibrio familiare e lavorativo
dei singoli collaboratori.
Figura 1 – Le leve della conciliazione famiglia-lavoro
Di seguito affrontiamo nel dettaglio le singole leve di conciliazione e i relativi strumenti
attuativi:
2
In ambito sociologico sono state proposte alcune classificazioni delle attività volte alla conciliazione tra vita lavorativa e famiglia, tra le altre si segnalano: Piazza (2000), Donati e Prandini (2006). La classificazione proposta nel presente elaborato si riferisce in modo esclusivo alle iniziative adottate dalle imprese oltre gli obblighi
di legge. Si discosta quindi dalle due classificazioni sopra citate che, affrontando il problema da un punto di
vista sociologico, includono i possibili interventi normativi realizzati dal legislatore. Il seguente testo, trattando
di RSI, si riferisce in modo esclusivo a tutte le pratiche che non sono conseguenti a un obbligo di legge.
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Organizzazione del lavoro
La prima leva con cui un’azienda può favorire la conciliazione famiglia-lavoro del personale comporta l’agire sull’organizzazione dell’attività lavorativa, integrando la conciliazione nella definizione sia dei luoghi sia dei tempi di lavoro.
Agire sulla prima dimensione, significa prevedere la possibilità di decentralizzare, almeno
in parte, il lavoro. Principale strumento per questo tipo d’iniziativa è il telelavoro, che
permette alle persone di evitare il pendolarismo casa-lavoro, con un’evidente semplificazione delle ricadute lavorative sulla sfera familiare. Offrire tale opportunità comporta la
necessità di prevedere adeguati strumenti di comunicazione che permettano al lavoratore
di rimanere in contatto con i propri colleghi anche a distanza.
Un più ampio ventaglio di possibili iniziative è afferente al tentativo di rendere più conciliante l’orario lavorativo, rendendolo flessibile e capace di adattarsi alle esigenze della
famiglia.
I possibili interventi in tale ambito riguardano:
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–
il part-time o la riduzione dell’orario lavorativo, a titolo definitivo o temporaneo, in termini di giorni lavorativi (part-time verticale), ore lavorative giornaliere (part-time orizzontale) o entrambi (part-time misto);
il Job Sharing, offrendo a due lavoratori la possibilità di condividere un posto full time
e offrendo alla coppia la massima flessibilità nella gestione dei rispettivi turni lavorativi;
la flessibilità dell’orario lavorativo, in altre parole la possibilità di variare il proprio orario in entrata e in uscita dal luogo di lavoro, preservando la presenza in alcune ore
centrali della giornata;
i meccanismi di compensazione dell’orario lavorativo, che permettano ai lavoratori di
accantonare le ore di straordinario svolte in una banca delle ore, a cui attingere secondo le proprie necessità, entro un lasso di tempo prestabilito;
i meccanismi di gestione autonoma degli orari di lavoro, lasciando a un gruppo di lavoratori la flessibilità nel gestire autonomamente l’orario lavorativo dei singoli membri con il vincolo di dover assicurare un determinato livello di servizio e una presenza
minima di persone;
i permessi e congedi, garantendo opportunità di assentarsi dal lavoro per la cura della
famiglia per periodi superiori a quelli previsti dalla normativa vigente, quali l’integrazione dei congedi di maternità, permessi speciali per la cura degli anziani, e così via;
la compressione dell’orario lavorativo settimanale, lasciando la possibilità di lavorare
maggiormente in alcuni giorni della settimana allo scopo di beneficiare di giorni o ore
lavorative di tempo da dedicare alla famiglia nel corso degli altri giorni della settimana.
Cultura e informazione
La seconda leva di sviluppo della conciliazione consiste nel rendere tale tema uno degli
elementi costitutivi della cultura aziendale. Essa si sostanzia principalmente nella realizzazione di attività di formazione rivolte alle prime linee di management, allo scopo di
svilupparne la sensibilità nei confronti della dimensione familiare delle persone di cui
sono responsabili. Il formarsi di una cultura aziendale attorno ai temi della conciliazione
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può inoltre avvenire dedicando spazio nei processi di comunicazione interna, sia attraverso i tradizionali canali (quali i periodici aziendali e le newsletter) sia con iniziative più
innovative come la costituzione di forum interni, ovvero attraverso l’introduzione della
conciliazione tra gli elementi di discussione nei periodici incontri di valutazione della performance o, in alternativa, in momenti di confronto sul tema e sulle possibili attività di
gestione.
Sistema di retribuzioni/voucher/“aiuti fiscali”
Questa terza leva prevede l’utilizzo del sistema di retribuzioni come strumento di supporto alle famiglie nell’affrontare alcuni momenti dalla vita familiare. Per l’azienda, si
tratta quindi di instaurare meccanismi di contribuzione alle spese che le famiglie devono
sostenere nel caso si verifichino eventi familiari quali la nascita di un figlio, il matrimonio e così via. In alternativa tale supporto può essere offerto sottoforma di benefit, ad
esempio donando ai lavoratori un kit di beni utili alla cura dei figli, un contributo per l’acquisto dei libri e così via.
Offerta di servizi di cura e time saving
L’ultima leva è l’offerta di servizi – in modo diretto o ricorrendo a società esterne – volti
a supportare il lavoratore nell’adempimento di alcune incombenze legate alla vita familiare. In particolare negli anni, in ragione della rilevanza di tali problematiche presso i lavoratori, è andata via via diffondendosi una vasta gamma di servizi.
Tra i servizi di cura menzioniamo:
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servizi di supporto alla ricerca di servizi di cura dei figli o degli anziani, ai quali si possono rivolgere i lavoratori per ottenere assistenza nella ricerca di fornitori qualificati
nell’offerta di prestazioni di cura dei figli e dei familiari anziani;
servizi di supporto alla gestione delle emergenze e delle malattie di figli e anziani,
che si manifesta nell’opportunità di portare i figli sul luogo di lavoro in casi di emergenza, o la concessione di permessi per supportare la famiglia in tali situazioni;
servizi di supporto alla cura dei figli e degli anziani presso il luogo di lavoro, che trovano principale espressione nell’offerta di servizi quali l’asilo nido aziendale o centri
di ospitalità diurna presso la sede lavorativa.
Nell’area Time Saving è invece possibile beneficiare di:
–
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servizi informativi, che consistono nella messa a disposizione di numeri verdi, reti intranet o gruppi di lavoro indirizzati a fornire supporto, sia informativo che psicologico,
ai lavoratori;
servizi di maggiordomo o concierge, che si sostanzia nella messa a disposizione dei lavoratori di persone che li supportano nello svolgimento delle pratiche connesse alla
cura della casa, al disbrigo di eventuali pratiche amministrative, allo svolgimento di
operazioni bancarie, all’offerta di servizi di pulizia, e così via.
Ma quali sono le motivazioni che spingono un’azienda a impegnarsi direttamente nel favorire la conciliazione famiglia-lavoro? Quali ragioni possono motivare tale scelta?
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Le opportunità della conciliazione per l’azienda
Le motivazioni che possono spingere un’azienda a interessarsi della conciliazione famiglialavoro del personale possono essere molteplici, e riconducibili sia a sensibilità personali
dei vertici aziendali sia a scelte di natura economica e anche d’immagine.
Nella decisione di intraprendere un impegno verso la conciliazione famiglia-lavoro, un
ruolo di cruciale importanza è svolto dai dirigenti: se tra i loro valori personali vi è il rispetto della famiglia e l’attenzione al benessere e alla valorizzazione delle persone in generale (e dei collaboratori in particolare), sarà più probabile che siano sensibili a un
impegno nella gestione responsabile delle interrelazioni tra famiglia e lavoro. È necessario quindi riconoscere come spesso l’impegno alla conciliazione non sia frutto di un mero
calcolo di convenienza economica, quanto piuttosto una conseguenza dell’aver fatto propria l’esistenza di una responsabilità d’impresa estesa e dal personale desiderio dei vertici aziendali di poter offrire il proprio contributo alla qualità della vita dei propri
collaboratori. Non va infatti trascurata la constatazione di come le persone trovino compimento personale non solo nel conseguimento di obiettivi economici e nello sviluppo
della propria ricchezza, ma trovino soddisfazione anche nello sviluppo di buone relazioni
sociali e nella possibilità di contribuire, a seconda del proprio ruolo, al bene comune della
società.
Ma l’intenzione di impegnarsi nella conciliazione può trovare una solida giustificazione
anche di natura economica, ed essere quindi valutata come un investimento capace di
conseguire ritorni monetari oltre che sociali. In questo caso il giudizio espresso dal vertice
aziendale rispetto alle politiche di conciliazione tra vita lavorativa e familiare le colloca
nell’ambito delle cosiddette iniziative “win-win”, capaci quindi di generare benefici superiori ai costi sia per l’azienda sia per gli stakeholder. In tale concezione quindi la conciliazione rappresenta un investimento economicamente valido in quanto capace di
assicurare un rientro superiore ai costi.
In merito ai benefici della conciliazione verso i lavoratori questi paiono evidenti. Se
un’azienda è impegnata sul tema, è possibile osservare nei lavoratori maggior facilità
nella gestione dell’equilibrio tra sfera familiare e lavorativa. Ad esempio, coloro che hanno
la possibilità di beneficiare di forme di flessibilità lavorativa, esperienzialmente soffrono
meno l’interferenza del lavoro sulla loro famiglia, sono significativamente più soddisfatti
delle loro vite e, quindi, anche maggiormente motivati a produrre (Families and Work Institute, 2002). In seconda battuta i lavoratori che operano in aziende attente al tema della
conciliazione beneficiano di un miglior benessere personale. Una maggiore autonomia e
controllo nella gestione del proprio lavoro e la flessibilità sono infatti elementi che riducono lo stress in misura superiore rispetto a una contrazione del numero di ore spese al
lavoro (Ganster, Fox, & Dwyer, 2001). Tale beneficio trova conferma in alcuni studi che
hanno dimostrato come l’introduzione di flessibilità lavorativa comporti una riduzione
dello stress del 70% (WFC Resources, 2006).
Dal lato dell’impresa le considerazioni da effettuare sono più articolate, sia nell’individuazione dei costi connessi alla realizzazione di una politica di conciliazione o di attività
di conciliazione, sia nella valutazione dei benefici conseguiti. In particolare una determinazione puntuale dei benefici conseguiti è spesso difficile, per cui di seguito saranno descritti tali benefici senza addentrarsi nella complessità che caratterizza una loro
valutazione. Diverso discorso vale per i costi sostenuti, i quali possono essere analizzati in
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modo puntuale in ragione del valore economico delle risorse impegnate nella fase di progettazione, realizzazione e sviluppo delle iniziative di responsabilità sociale individuate.
Dovranno quindi essere valutati il tempo dedicato dal personale interno alla progettazione, il valore di eventuali strumenti di comunicazione sviluppati e utilizzati, gli investimenti diretti per la realizzazione dei servizi e i costi di controllo e coordinamento.
Passiamo ora in rassegna i benefici che un’azienda può attendersi dal sostegno a politiche di conciliazione. Sono in corso numerosi studi tesi a dimostrare come l’attuazione programmatica di politiche di conciliazione in azienda sia in grado di:
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migliorare le performance finanziarie e il valore generato a favore degli azionisti, in
quanto le aziende che intendono migliorare il rapporto tra la vita lavorativa e la famiglia presentano un tasso di crescita delle vendite nell’arco di un periodo di 5 anni
comunque superiore rispetto alla media (Lau, 2000). Allo stesso tempo, le aziende che
operano nella stessa direzione hanno performance in termini di ritorno per gli azionisti superiori del 12% rispetto alle aziende con una attenzione media a questa tematica e del 34% rispetto a quelle che hanno una bassa considerazione (Human Capital
Index, 2000);
incrementare il livello di soddisfazione dei lavoratori, tanto che nelle aziende con attività di conciliazione questi sono stati pienamente soddisfatti nel 67% dei casi, rispetto al 23% osservato in quelle non impegnate attorno al tema (Galinsky et al,
2004). Ciò ha a sua volta una ricaduta positiva sul profitto aziendale che beneficia di
una relazione positiva rispetto alla soddisfazione e motivazione del personale (Oakley,
2005); si riscontra infatti una riduzione dei tassi di assenteismo e dei ritardi;
sviluppare la capacità di attrarre e trattenere talenti: infatti circa il 75% del personale
che sperimenta un elevato supporto nella conciliazione è favorevole a rimanere nel
proprio posto lavorativo l’anno successivo, contro il c.a. 42% osservato nelle aziende
non sensibili al tema (Business and Professional Women’s Foundation, 2006). Allo
stesso tempo i lavoratori che beneficiano di un impegno della propria azienda nella
conciliazione sono maggiormente propensi a consigliare il proprio posto lavorativo ad
altre persone (88% osservato nelle aziende conciliatrici, contro il 64% delle aziende
non conciliatrici) (Watson Wyatt, 2007); ciò porta conseguentemente a una sensibile
diminuzione del turnover;
migliorare il livello di produttività aziendale, tanto che al crescere della flessibilità lavorativa percepita dai lavoratori, questi dimostrano un maggior coinvolgimento nell’attività aziendale e quindi, in ultima battuta, si osserva una capacità di produrre un
più alto livello di ricavi a favore dell’azienda (Corporate Voices, 2005; Pruchno et al,
2000; Hughes, 2007);
ridurre i costi aziendali, in quando la conciliazione permette il contenimento di varie
categorie di costo. Il telelavoro, ad esempio, permette di ridurre i costi connessi alla
gestione degli immobili aziendali, dovendo ospitare un numero di persone inferiore a
quello di aziende che non offrono tale opportunità (Business and Professional Women’s Foundation, 2006); la maggior capacità di trattenere i talenti comporta inoltre un
abbattimento dei costi di turnover (Corporate Voices, 2005); l’introduzione della flessibilità nella pianificazione del tempo può condurre a risparmi fino al 50% del tempo
non pianificato da parte del personale (Business and Professional Women’s Foundation, 2006).
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In sintesi, la conciliazione pare un tema meritevole della crescente attenzione che sta ricevendo da parte delle aziende. Un impegno attorno a tale tema pone l’azienda nella
condizione di favorire la qualità di vita dei lavoratori, di contribuire allo sviluppo e al benessere della società assicurando una maggiore solidità delle famiglie, di conseguire benefici economici derivanti dalla maggiore motivazione osservata nei lavoratori e di
diminuire alcuni costi strutturali e di gestione del personale.
Bibliografia
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Istituzioni locali e imprese: alleanza per una
crescita comune
di Stefano Fugazza
Premessa
La conciliazione famiglia-lavoro è un tema complesso che tocca diversi ambiti: le politiche del lavoro, della famiglia, le pari opportunità, ma anche l’economia “reale”, in quanto,
oltre ai dipendenti, sono le aziende stesse a godere dei benefici di una “reale” conciliazione o a subire gli effetti di una sua mancanza.
Il sostegno alla conciliazione passa attraverso l’introduzione di politiche manageriali innovative, che introducono nuovi elementi nel processo gestionale di un’organizzazione
(sia essa un’azienda o una pubblica amministrazione). È una sfida cui non si può rinunciare, se si intende far crescere l’organizzazione e sostenerne la competitività, trattenendo
il capitale umano e motivandolo.
In questo saggio vengono presentate due diverse tipologie di interventi di audit, volti a
migliorare il livello di conciliazione in azienda, producendo benefici concreti per l’impresa
e i suoi collaboratori.
In primo luogo, si evidenzieranno i vantaggi dell’Audit Famiglia & Lavoro, uno strumento
semplice ed efficace, che il sistema territoriale, le organizzazioni ed i loro collaboratori
possono utilizzare per affrontare e vincere questa sfida. Lo dimostrano le esperienze di
Germania e Austria, oltre ai progetti pilota condotti in Trentino e Alto Adige. L’introduzione
e la gestione di questo strumento da parte dell’ente pubblico, rappresenta un’interessante occasione per coinvolgere i diversi portatori d’interesse locali e perseguire gli obiettivi programmatici in tema di occupazione, pari opportunità e politiche familiari.
Si farà quindi cenno ad una seconda tipologia di intervento di audit sulla conciliazione, che,
pur salvaguardando alcuni dei punti di forza dell’Audit Famiglia & Lavoro, consente alle
aziende di intraprendere un percorso più snello. Non prevede infatti valutazioni di terza
parte con conseguente rilascio di certificazione e si risolve pertanto nel rapporto specifico
tra consulente ed azienda. Le esperienze concrete presentate, in questo caso, saranno i
percorsi sviluppati con Camera di Commercio di Bolzano (“Impresa che concilia famiglia e
lavoro”) e con Regione Lombardia e ALTIS per il Premio FamigliaLavoro.
Cos’è l’Audit Famiglia & lavoro
L’Audit Famiglia & Lavoro è uno strumento di analisi organizzativa che consente di monitorare e migliorare le modalità con cui un’organizzazione attua politiche di gestione del
personale orientate alla famiglia. Attraverso l’Audit sono individuati obiettivi e attivate iniziative utili a migliorare le possibilità di conciliazione tra famiglia-lavoro delle organizzazioni. È un processo interno, che implica però una valutazione di terza parte, al termine
della quale viene assegnato un riconoscimento: il certificato Work & Family.
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L’Audit Familie & Beruf® è stato elaborato in Germania nel 1995, su incarico della Fondazione di pubblica utilità Hertie di Francoforte e sull’esempio del Family Friendly Index
americano. A partire dal 1998 è stato adottato come strumento di implementazione delle
politiche familiari dal Ministero del Welfare austriaco. Ad oggi, sono oltre 600 le organizzazioni tedesche di ogni dimensione e forma giuridica, che hanno ottenuto il certificato
di base dell’Audit. Da qualche anno la consegna dei certificati viene effettuata dal Ministero per la Famiglia, Anziani, Donne e Gioventù, all’interno di una cerimonia di rilevanza
nazionale.
Dal 2003, l’Audit Famiglia & Lavoro rientra nell’iniziativa ministeriale denominata “Alleanza per la Famiglia”, uno strumento di cooperazione tra politica, economia, area sociale
e mondo della cultura, teso a raccogliere e moltiplicare le iniziative, i progetti e le strategie di conciliazione tra famiglia e mondo del lavoro. A partire dall’edizione 2006, si è
unito al patrocinio anche il Ministero dell’Economia e Tecnologia.
Dal 2004 l’Audit è stato introdotto in via sperimentale anche in Alto Adige con un progetto
transnazionale finanziato dalla Commissione Europea.
Nel 2007 ha iniziato il suo percorso nella Provincia autonoma di Trento con un progetto
pilota cui hanno partecipato quindici organizzazioni.
Come funziona l’Audit Famiglia & Lavoro
La condizione necessaria per l’attivazione dell’Audit F&L è la volontà da parte di un soggetto istituzionale di porsi come riferimento territoriale. È questo soggetto che, a partire
dalla richiesta di utilizzo del marchio alla Fondazione Hertie, istituisce il Consiglio del-
Figura 2 – L’Audit Famiglia & Lavoro
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l’Audit, provvede alla formazione e all’accreditamento delle figure consulenziali che seguiranno il processo in azienda e rilascia infine il certificato Work & Family.
Dopo le fasi preliminari, in cui il consulente chiarisce con la Direzione obiettivi e modalità
di svolgimento dell’audit, il processo ha inizio con la costituzione di un Gruppo di lavoro
che, nel corso di alcuni workshop, svolge un’analisi strutturata della situazione organizzativa, cercando di individuare azioni ed iniziative che migliorino il grado di conciliazione
presente in azienda.
Ne deriva un Piano di attuazione, successivamente sottoposto alla Direzione, la cui congruità, assieme alla correttezza delle varie fasi del processo, è sottoposta a verifica di
terza parte.
Da tale verifica scaturisce un Rapporto di valutazione utile al Consiglio dell’Audit per formulare parere positivo alla concessione del certificato o indicare azioni correttive.
Le tempistiche di realizzazione del processo di audit si aggirano interno ai sei mesi, tale
infatti è l’intervallo di tempo trascorso tra il primo incontro in azienda e la visita di valutazione finale.
Le caratteristiche dell’Audit Famiglia & Lavoro
1. È un processo top-down che parte dalla convinzione, da parte dell’alta direzione e del
management, che la conciliazione porti benefici alla propria organizzazione;
2. è un processo di miglioramento continuo applicabile da organizzazioni di qualsiasi natura, dimensione e settore di appartenenza;
3. opera nella logica dei sistemi di management, non in quella prescrittiva (non richiede
l’adeguamento a norme, ma piuttosto la capacità di gestione del cambiamento);
4. è un processo partecipativo, e non rivendicativo, in quanto coinvolge persone con situazioni familiari, contratti lavorativi e livelli gerarchici differenti, nella ricerca di soluzioni condivise e percorribili;
5. focalizza l’attenzione sulla conciliazione come elemento distintivo di un’organizzazione, capace di migliorare le performance delle risorse umane e di caratterizzare positivamente l’organizzazione stessa sul mercato del lavoro;
6. comporta una valutazione di terza parte e richiede il monitoraggio dell’efficacia delle
misure pianificate.
Gli Audit sulla conciliazione
In senso lato l’audit è una modalità di verifica a campione degli strumenti gestionali, dei
processi, dei prodotti e dei meccanismi di funzionamento di un’azienda, che ha validità
in quanto consente di verificare le performance di una realtà organizzativa, individuando
le aree di miglioramento su cui intervenire. Quando a tema si pone la conciliazione famiglia-lavoro, il discorso non cambia.
A prescindere dalla certificazione, è infatti possibile attivare in azienda processi di audit,
più brevi rispetto al tradizionale Audit Famiglia & Lavoro, mirati a intraprendere percorsi
virtuosi sulla conciliazione e implementare azioni e progetti concreti.
È il caso degli audit sulla conciliazione, effettuati da oltre 100 organizzazioni altoatesine
– tra cui alcuni Comuni – nell’ambito del progetto della Camera di Commercio di Bolzano
denominato “Impresa che concilia lavoro e famiglia”. Sotto la guida di consulenti con
esperienze significative sulla conciliazione, le aziende hanno individuato, attraverso un la-
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voro analitico che ha fatto emergere le specifiche esigenze, misure e provvedimenti migliorativi. Con il report conseguente è stato descritto il lavoro di analisi effettuato, i punti
di forza dell’azienda sulla conciliazione e sono state fornite indicazioni sul percorso da
compiere per affrontare i punti deboli, trasformandoli in opportunità.
Di questo tipo è anche l’audit a cui stanno partecipando le aziende vincitrici della prima
edizione del Premio Famiglia-Lavoro di Regione Lombardia e ALTIS. Le imprese lombarde,
riconosciute per i loro programmi di valorizzazione dei dipendenti e progetti di conciliazione, hanno infatti ottenuto un audit gratuito sulla conciliazione, che sarà di supporto alla
definizione di un percorso di crescita ed allo sviluppo di progetti, già ben strutturati.
L’obiettivo dell’intervento in azienda, infatti, riguarda la definizione di un programma organico di sviluppo delle iniziative in corso, in termini di valutazione, benchmark e monitoraggio.
Le modalità di svolgimento degli audit sulla conciliazione comportano:
a. una fase preparatoria, condotta tra il consulente incaricato e il referente interno del
progetto, per esplicitare gli obiettivi specifici dell’azienda, identificare i componenti del
gruppo di lavoro ed esaminare le caratteristiche del progetto in corso, inquadrandole
nel contesto organizzativo aziendale;
b. un primo workshop durante il quale viene effettuata un’analisi strutturata del grado di
conciliazione presente in azienda, passando in rassegna le diverse aree sensibili: orario
di lavoro, contenuti e processi di lavoro, luogo di lavoro, politica di comunicazione, cultura dirigenziale, sviluppo del personale, benefits, servizi. In tale contesto vengono individuati alcuni indicatori utili a monitorare nel tempo il livello di conciliazione;
c. la stesura di un Piano di sviluppo, sulla base di quanto emerso nel workshop, a cura
del consulente, con alcune indicazioni a taglio pratico (benchmark sulle buone pratiche per settori/dimensioni analoghi), definendo altresì il “cruscotto della conciliazione”, inteso come set di indicatori che l’azienda può utilizzare per monitorare il
raggiungimento delle misure contenute nel piano di sviluppo;
d. un secondo workshop di presentazione e discussione del Piano di sviluppo, in cui il
gruppo di lavoro si confronta con il consulente, dopo aver preso visione del Piano di
sviluppo proposto, per discuterne ed integrarne le misure.
Vantaggi dei processi di Audit
Un’impresa attiva un processo di audit a partire dalla convinzione che una politica gestionale consapevole dell’importanza della famiglia, incida in modo positivo sull’organizzazione e sull’efficienza del personale.
Una politica del personale attenta alla famiglia, infatti:
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accresce la motivazione e la soddisfazione dei collaboratori;
diminuisce lo stress psico-fisico dei collaboratori, riducendo l’assenteismo;
riduce il turn-over e di conseguenza preserva il know-how;
riduce i costi per la ricerca e l’assunzione dei collaboratori;
favorisce l’inserimento di risorse umane flessibili e multifunzionali;
incrementa la produttività;
rafforza la capacità di soddisfare le esigenze dei clienti.
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Nei Paesi in cui è stato maggiormente sviluppato, l’Audit Famiglia & Lavoro è riconosciuto
come un efficace strumento di gestione delle risorse umane, supportato da ricerche empiriche che ne evidenziano e dimostrano vantaggi e efficacia.
Germania: l’Alleanza per la famiglia e il rilancio dell’Audit Beruf&Familie®
L’esperienza e lo sviluppo dell’Audit in Germania parte necessariamente da un doveroso
accenno all’“Alleanza per la famiglia” (die “Allianz für die Familie”). Attraverso l’Alleanza
– grande strumento di cooperazione tra la politica, l’economia, l’area sociale e il mondo
della cultura – si è inteso raccogliere e moltiplicare le iniziative, i progetti e le strategie
per un migliore equilibrio tra famiglia e mondo del lavoro.
Con il motto “La famiglia fattore di sviluppo”, l’Alleanza ha riportato al centro della società
tedesca la famiglia, come elemento di stabilità in tempi di grandi cambiamenti sociali ed
economici, in una Germania stretta dalle nuove prospettive economiche e dal pesante
calo delle nascite. Obiettivo dell’Alleanza è quello di realizzare una duratura ed efficace
politica per la famiglia, con il sostegno dell’economia e attraverso una fitta rete di partner (le associazioni di categoria e sociali, il mondo della ricerca e della cultura, gli organi
politici ed amministrativi sul territorio, le fondazioni e i consulenti).
Tra le principali iniziative sviluppate vanno ricordati i “Patti locali per la famiglia”, accordi
a livello comunale sulle tematiche della conciliazione, collegati in rete a livello nazionale;
l’Audit per gli istituti superiori e universitari; l’istituzione del premio nazionale per le
aziende; il network “Famiglia fattore di sviluppo”, cui partecipano attivamente quasi 2000
aziende ed istituzioni.
Sulla grande spinta dell’Alleanza per la famiglia, anche l’Audit Beruf&Familie® ha acquistato negli ultimi anni nuovo vigore: il patrocinio ottenuto nel 2004 dai Ministeri della Famiglia e dell’Economia ha sancito il riconoscimento istituzionale dell’Audit come efficace
strumento di conciliazione. Come conseguenza, sono nati accordi con i Länder (le regioni)
per la diffusione dello strumento dell’Audit sul territorio, nei Comuni e negli enti locali.
Austria: nasce la Familie & Beruf Management
Anche in Austria si è assistito, negli ultimi anni, ad una maggiore attenzione al ruolo della
famiglia, privilegiandone – a differenza del modello tedesco che coniuga la famiglia strettamente con il mondo del lavoro – il ruolo sociale.
Nel 2005 nasce, per volontà del governo, l’iniziativa denominata “Familien-allianz”, intesa come piattaforma ove la politica, le aziende, i media e il mondo della cultura ed altri
portatori di interesse collaborano all’obiettivo comune di soddisfare il desiderio della società di un ritorno della centralità della famiglia e dei suoi valori. La famiglia è concepita
come presupposto per garantire l’equilibrio sociale e lo sviluppo economico. Necessario
pertanto garantire ai bambini adeguata protezione e strumenti di crescita e permettere
ad entrambi i genitori di realizzare le proprie aspirazioni professionali. Intento dei partner
della piattaforma è orientare il mondo del lavoro alle esigenze della famiglia, con la consapevolezza che «la famiglia ha bisogno di partner e le aziende hanno bisogno della famiglia».
Per rendere efficaci le iniziative e le azioni della Familien-allianz, il Ministero della Famiglia ha creato nel 2006 la società Familie&Beruf Management, allo scopo di sostenere e
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coordinare le iniziative e le offerte già esistenti, di fare da incubatrice per nuove azioni
ed elaborare strategie di conciliazione, operando a livello nazionale e locale.
Rientrano nelle competenze della società: la gestione dell’Audit Familie&Beruf, il concorso nazionale “Donne e aziende amiche della famiglia”, il progetto “L’Audit per i Comuni” e i contributi per azioni innovative nell’assistenza dei bambini.
Conclusioni
La conciliazione tra famiglia e lavoro è possibile, tanto più laddove esiste una regia convinta e concreta da parte di soggetti istituzionali che si pongono come ispiratori di questo processo. Le esperienze trattate precedentemente lo confermano. Ci sono regioni in
cui questo processo è più rodato e integrato, altre che stanno iniziando un percorso. Il
progetto FamigliaLavoro di Regione Lombardia e ALTIS ne è un esempio. Parte dal presupposto che è vero che le aziende sono motore e soggetto dell’attivazione di progetti
concreti, ma il mondo del lavoro ha la necessità di essere sostenuto e accompagnato in
questo sforzo, che ha ricadute di crescita sull’intera società.
Le modalità con cui questo sostegno si può esplicitare sono diverse, dai riconoscimenti ai
premi (come nel caso del Premio FamigliaLavoro), dai contributi all’introduzione di criteri
di premialità nelle graduatorie, sino ad arrivare a veri e propri progetti territoriali (come
nel caso dell’esperienza dell’Audit Famiglia & Lavoro) che consentono di “entrare nel merito” dei meccanismi organizzativi sostenendo la capacità di fare, tipica delle imprese. Si
realizza così un “ponte” tra regia pubblica ed iniziativa privata, che consente una valorizzazione reciproca dei rispettivi ruoli e stimola l’assunzione di responsabilità da parte
delle aziende.
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PARTE SECONDA
PROGETTO E PREMIO FAMIGLIALAVORO
Presentazione, risultati, case history aziendali della Prima edizione 2008
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Progetto e Premio FamigliaLavoro
di Sara Annoni, Project Manager Progetto e Premio FamigliaLavoro
Introduzione
Il tema della conciliazione famiglia e lavoro, per le sue implicazioni di carattere economico, politico, sociale e psicologico, è il terreno su cui si giocherà sempre più in futuro la
competitività delle aziende: ruolo chiave di attrazione e sviluppo dei talenti migliori, attenti non soltanto alle possibilità di carriera, ma anche alla creazione di un benessere familiare e di un clima aziendale fecondo. Le nuove sfide del mercato del lavoro,
l’accelerazione dei ritmi e le modalità lavorative sempre più mirate alla competitività a
tutti i costi e poco orientate alle persone, stanno più che mai ponendo al centro dell’attenzione del dibattito italiano, il tema della conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare. Le conseguenti difficoltà legate alla cura di familiari a carico, la responsabilità della
custodia di persone con bisogni particolari, l’ineguale distribuzione del lavoro domestico
tra i generi, diventano ostacoli reali alla serena realizzazione dei progetti di vita e di lavoro, delle donne in particolare, ma non solo, rappresentando un freno a una partecipazione attiva nel campo del lavoro in armonia con i ritmi di vita. Nasce così la necessità di
attuare, implementare e progettare misure di conciliazione, attivando iniziative e servizi
ad hoc nelle imprese e sul territorio.
Progetto FamigliaLavoro
Il progetto FamigliaLavoro è ideato e promosso da Regione Lombardia e ALTIS (Alta Scuola
Impresa e Società – Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) e finalizzato alla valorizzazione e all’incremento di interventi di conciliazione famiglia e lavoro delle imprese
lombarde.
Regione Lombardia, da sempre attenta alle tematiche legate alla famiglia e alla natalità,
si è fatta promotrice di questo progetto di formazione, valorizzazione delle best practice
e accompagnamento verso una progettualità più consapevole sui temi della conciliazione
famiglia-lavoro. Insieme ad ALTIS (Alta Scuola Impresa e Società – Università Cattolica del
Sacro Cuore di Milano) da sempre impegnata nella promozione e diffusione della cultura
della CSR – e all’incontro tra profit, non profit e pubblica amministrazione per lo sviluppo
di partnership. Percorsi formativi, convegni, incontri, consulenza e ricerca legate a queste
tematiche sono gli strumenti privilegiati del progetto. Punti di forza: da una parte, certamente la cooperazione tra soggetti universitari con competenze diverse (Altis, dalla parte
delle imprese, Asag e il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia, orientati allo
studio di tematiche sociologiche e psicologiche). Dall’altra, la collaborazione tra università
e Regione Lombardia, un connubio tra innovazione, ricerca e welfare, ai fini di creare le
condizioni necessarie per incentivare una politica che sia sempre più al servizio del benessere del lavoratore e della famiglia.
Oltre all’attivazione di una fitta rete di esperti sul tema e al loro coinvolgimento attivo
nello sviluppo del progetto FamigliaLavoro.
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Le tappe del Progetto FamigliaLavoro 2008
Formazione
La Summer School “Conciliazione famiglia e lavoro: costruire buone pratiche aziendali”, tenutasi dal 14 al 17 luglio 2008 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore è stato il primo
passo di metodo e informativo-formativo utile a delineare e creare una consapevolezza
di fondo sugli ideali confini dell’argomento Conciliazione famiglia-lavoro. Un terreno complesso che intreccia discipline votate allo studio della persona, del suo equilibrio psicofisico di ruoli nella società; la cultura, l’organizzazione e le dinamiche legate al lavoro e
all’impresa; il quadro normativo di riferimento e i contributi che la pubblica amministrazione mette in campo. Sono solo alcuni degli aspetti del tema, su cui si sono confrontati
gli esperti. Il corso di alta formazione per executive, ha delineato un quadro completo
dell’argomento conciliazione, grazie a un programma intensivo costruito su aspetti teorici (di esperti nazionali e internazionali) e applicativi, attraverso la lettura di interessanti
best practices aziendali, testimonianze di professionisti e riflessione-azione sulla realtà
aziendale dei partecipanti (dirigenti e responsabili delle risorse umane di imprese, aziende
pubbliche ed enti non profit). Illuminante dal punto di vista dello sviluppo pratico di progetti in azienda, il posizionamento della conciliazione famiglia lavoro nel più ampio contesto della responsabilità sociale d’impresa, andandone a identificare le leve operative.
Nel dettaglio è stato possibile definire gli strumenti che riducono o articolano diversamente il tempo di lavoro (le diverse forme di flessibilità) e gli strumenti che “liberano
tempo” (entrando nel dettaglio dei congedi). Altro argomento ‘caldo’ sono i servizi per la
prima infanzia che le aziende possono mettere a punto per i dipendenti-genitori: asili
aziendali, corsi di accompagnamento alla genitorialità, sportelli family friendly di ascolto
e consulenza, programmi e benefit ad hoc per madri e padri.
Dal punto di vista delle testimonianze aziendali è intervenuta la Dottoressa Marina Guffanti, responsabile del progetto Rientriamo, che l’azienda Boehringer Ingelheim ha creato
per aiutare il rientro delle dipendenti dopo la maternità. Il gruppo Boehringer Ingelheim,
fondato nel 1855, con casa madre ad Ingelheim in Germania, è una tra le prime 20
aziende farmaceutiche al mondo. Il progetto Rientriamo è stato introdotto da Boehringer
Inghelheim Italia. La fase sperimentale, avviata nel 2007 e rivolta a 9 collaboratrici della
sede di Milano, si è conclusa a inizio 2008. L’intervento è dedicato all’accompagnamento
delle neo-mamme nel delicato e difficile rientro al lavoro dopo i mesi di assenza per maternità e si articola in un percorso di accoglienza, formazione (counseling psicologico, bilancio delle competenze personali e professionali) e accompagnamento al rientro.
I risultati tangibili di cui l’azienda ha potuto beneficiare sono sia in termini di miglioramento del clima aziendale, che di conciliazione familiare dei dipendenti, che di soddisfazione/realizzazione del personale. Da questa esperienza sono nate nuove pratiche di
conciliazione, in particolare: la creazione di un permesso retribuito di 8 ore all’anno per
l’inserimento all’asilo dei figli piccoli dei dipendenti; il ripristino della possibilità di svolgere continuativamente le 6 ore di lavoro, per le collaboratrici di sede che usufruiscono
del permesso per allattamento, e l’istituzione di un momento di formazione in azienda
sulla normativa attinente la maternità/paternità. Visto il successo dell’edizione “pilota”,
Rientriamo diverrà un progetto stabile per la sede di Milano e sarà introdotto nel 2008
anche nella sede di Reggello (FI), coinvolgendo 20 dipendenti.
Il corso è stata la prima tappa di un calendario di incontri e convegni che mettono a confronto le esperienze, a volte pionieristiche, di ricercatori, consulenti e aziende illuminate
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che stanno investendo sulle persone e hanno fatto dei progetti di conciliazione una leva
di sviluppo e benessere.
Valorizzazione e promozione: il Premio FamigliaLavoro
Il Premio FamigliaLavoro è un concorso che valorizza e mette in luce le migliori esperienze
e progetti in tema di conciliazione vita lavorativa e vita familiare nelle imprese lombarde.
Alla sua prima edizione nel 2008, punta il dito su uno dei temi più attuali, a livello internazionale, della responsabilità sociale d’impresa e, visto il successo della prima edizione,
dal 2009 diventerà un appuntamento annuale.
Le finalità con cui è nato sono:
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valorizzare le realtà imprenditoriali lombarde che si sono distinte per aver ideato e attuato progetti di conciliazione vita familiare e vita lavorativa;
coinvolgere le imprese interessate in un percorso formativo di approfondimento di
queste tematiche;
accompagnarle in un processo di crescita verso una progettualità più consapevole e di
alto livello, partendo dai progetti in fieri;
incentivare pratiche e politiche di conciliazione famiglia – lavoro in Lombardia.
La partecipazione al concorso è semplice e gratuita e aperta a imprese piccole, medie,
grandi e multinazionali che abbiano sede in Lombardia. È necessario compilare un questionario sulle policy aziendali e una scheda si presentazione del progetto/programma di
conciliazione famiglia lavoro, scaricabile dal web e rispedirle compilate alla segreteria del
concorso entro la data stabilita. Viene richiesto alle aziende anche del materiale iconografico e testuale di approfondimento, al fine di mettere in luce nel miglior modo possibile, le peculiarità dell’iniziativa.
Unico requisito: che i progetti presentati siano già stati attuati in azienda o a un livello di
avanzamento tale, da permettere di valutarne l’innovatività, l’efficacia e i ritorni, da parte
di una giuria formata da un team di docenti, consulenti, esperti nel settore e figure istituzionali di rilievo.
I criteri adottati per la selezione dei progetti sono:
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coerenza del progetto con le esigenze emerse dal personale aziendale;
coinvolgimento e ruolo attivo dei dipendenti nel progetto;
efficacia, valore e contenuto innovativo del progetto;
impatto e risultati ottenuti (contributo del progetto al miglioramento delle relazioni interne e esterne, del clima aziendale e del benessere dei dipendenti e così via);
viene considerata nota di merito, la creazione di partnership efficaci con organizzazioni non profit per la gestione del progetto. Oppure la creazione di partnership con
altre imprese per implementare servizi comuni legati ai dipendenti;
viene inoltre considerata nota di merito, l’attenzione posta dall’impresa ai servizi già
offerti dal territorio e la creazione di convenzioni o integrazioni di questi ultimi con il
progetto aziendale rivolto ai dipendenti.
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Premio FamigliaLavoro 2008: le aziende e i progetti partecipanti
La raccolta delle auto-candidature al Premio FamigliaLavoro 2008 è avvenuta tramite compilazione da parte di un responsabile d’impresa (nella maggior parte dei casi il Responsabile Risorse Umane, a volte il Responsabile Comunicazione e Relazioni esterne o il
referente diretto del progetto presentato) della Scheda di presentazione dei progetti/programmi di conciliazione attuati in azienda e di un Questionario specifico sulle policy aziendali. L’intento del questionario, utilizzando domande a volte “provocatorie”, è quello di
stimolare i responsabili d’impresa, presentando possibili ulteriori soluzioni a problematiche legate alla conciliazione.
Le 34 imprese partecipanti alla prima edizione del Premio FamigliaLavoro 2008 sono state:
ABB Italia; Accor Services Italia; Artsana; Aso Siderurgica; ATM – Azienda Trasporti Milanesi;
Auchan; Avon Cosmetics; BCC-Banca di Credito Cooperativo di Carugate; BeM Service
Center; Boehringer Ingelheim Italia; BPM-Banca Popolare di Milano; Canclini Tessile;
Castiglioni; Cittadini; Coop Conf. Primavera; Edipower; Edison; Habitat Italiana; Holcim
Italia; Humana Italia; IBM Italia; Gruppo Johnson&Johnson Italia; Lubiam moda per l’uomo;
Media World e Saturn; Mediaset; Mediolanum; Metro Italia Cash and Carry; Palm; Peg
Perego; Randstad Italia; StepStone; Tabu; The Walt Disney Company Italia; Wind
telecomunicazioni.
A livello di dimensioni: la maggior delle imprese è di grandi dimensioni (64,7%), ma non
mancano le piccole (11,8%) e le medie (23,5%). Dall’esperienza di questa prima edizione
del Premio emerge come in Italia, la diffusione di politiche strutturate di conciliazione famiglia lavoro, sia presente soprattutto in aziende grandi e multinazionali, per derivazione
delle policy della casa madre. La provenienza territoriale è di conseguenza maggiormente
concentrata nel capoluogo lombardo e nella provincia di Milano (22 aziende, il 64,7% del
totale). Segue la provincia di Como con 5 imprese partecipanti e le province di Mantova
e Brescia entrambe con 3 aziende in concorso, per finire con Bergamo e provincia con
una.
Breve panoramica sui casi più significativi
Omettendo i progetti vincitori, che verranno trattati approfonditamente nel prossimo capitolo, delineiamo una sintetica panoramica dei progetti partecipanti più significativi.
Sul totale dei progetti raccolti, alta l’attenzione ai Programmi di supporto alla genitorialità e dedicati a dipendenti con figli piccoli (nella quale rientrano anche tutte quelle
aziende che hanno implementato, al proprio interno o tramite convenzioni, l’asilo nido
aziendale). Numerosi sono stati anche i Programmi strutturati di servizi integrati per i dipendenti, che vanno a toccare cioè un ampio ventaglio di leve di work life balance: famiglia, salute e benessere, time saving. Questi programmi sono stati presentati da aziende
grandi e multinazionali. Per sviluppare con successo progetti di conciliazione famiglia lavoro, non si può prescindere da un coinvolgimento a 360° dei dipendenti, in tutte le fasi
del progetto: dall’ideazione al follow up finale. Ecco quindi emergere i migliori Programmi
di coinvolgimento dei dipendenti. Soprattutto per le imprese piccole e medie, il rapporto
con le istituzioni e il territorio è linfa vitale per lo sviluppo d’impresa e di progetti che
coinvolgano il personale sia all’interno che all’esterno dell’impresa. Lo Sviluppo di partnership col territorio e di una fitta rete di relazioni professionali, diventa quindi terreno
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solido su cui coltivare una cultura d’impresa mirata alle persone e al loro benessere, soprattutto in realtà aziendali fortemente radicate nel tessuto sociale. Spiccano inoltre quelle
Iniziative di flessibilità mirate a ‘sperimentare’ gli strumenti di flessibilità del lavoro che,
in termini legislativi e di welfare, vengono promossi da tempo sul piano normativo e sindacale.
Queste cinque categorie vanno a delimitare quelli che sono stati i terreni di sviluppo preferiti dalle imprese partecipanti a questa prima edizione del Premio.
Per quanto riguarda i Programmi di supporto alla genitorialità e dedicati a dipendenti con
figli piccoli, spiccano il progetto ‘Poesia’ di BPM con il nuovo asilo nido aziendale Il Giardino di Bez e un ricco programma di accompagnamento alla genitorialità per madri e padri
in azienda. Premiato quest’anno, anche da Sodalitas, Rientriamo è il progetto di accompagnamento ai rientri dalla maternità ideato dall’azienda farmaceutica Boehringer Ingelheim Italia (di cui abbiamo precedentemente parlato). Nelle prime due fasi di lancio
del progetto, tra marzo e settembre 2007, sono state coinvolte nove collaboratrici neomamme, mentre il programma di informazione e sensibilizzazione ha riguardato tutta
l’azienda. Aspettiamo invece di vedere i risultati del programma dell’Azienda Trasporti
Milanesi ‘ATM & P, Armonizzare i Tempi di Madri & Padri’ che partirà a gennaio 2009 e che
prevede cinque iniziative ritenute prioritarie: creazione di una Banca delle ore, per dipendenti con figli di età inferiore a tre anni; home working, la possibilità per i lavoratori
con figli di età inferiore a otto anni, di lavorare da casa per alcune giornate intere al mese
o alcune ore al giorno; un percorso di accoglienza e formazione per i neo-genitori; corsi
di formazione su tematiche di pari opportunità e conciliazione rivolto ai quadri e funzionari dell’azienda; l’implementazione di un Family Friendly Network, un servizio di connessione virtuale tra colleghi.
Unico il caso di due piccole-medie imprese della provincia di Como, che hanno creato e sviluppato in partnership il nido aziendale. La Castiglioni spa, azienda con sede a Bregnano
(Co), ha realizzato un asilo nido aziendale con 30 posti, sfruttando al massimo il suo knowhow nel settore legno arredo. L’intervento ha permesso di agevolare sia la creazione di
politiche favorevoli alla famiglia dedicate ai dipendenti (sia della Castiglioni spa, che dell’azienda Bellotti spa, azienda partner operante nella commercializzazione di legnami e
produzione di semilavorati), che lo sviluppo di politiche territoriali, stipulando un accordo
con l’amministrazione comunale di Bregnano. Dieci dei trenta posti disponibili, sono infatti riservati a bambini residenti nel comune e territorio limitrofo, offrendo un servizio
prezioso non solo ai propri dipendenti, ma aprendo la struttura ad altri utenti. È stata costituita la Cooperativa sociale “Il Giardino dei ciliegi” che ha come obiettivo la gestione
dell’asilo, il coinvolgimento delle educatrici e, grazie alla collaborazione con il SIL di Lomazzo (Servizio Intercomunale di Inserimento lavorativo), il recruiting del personale ausiliario, privilegiando persone in condizioni di disagio alla ricerca di un impiego. Lo sviluppo
del progetto prevede, tra l’altro, la piantumazione e cura di un bosco dedicato ai bambini
dell’asilo nido.
Sempre sul territorio di Como, opera Artsana, azienda leader di prodotti per bambini, cosmetica femminile e accessori sanitari, che presenta il suo Villaggio dei bambini, nato con
l’obiettivo di accogliere bambini con un’età compresa dai 3 ai 36 mesi. L’asilo è stato costruito nelle immediate vicinanze dell’azienda, con sede a Grandate (Co), copre una superficie di circa 400 mq ed è circondato da un ampio giardino. La struttura e gli spazi
interni sono progettati a “misura di bambino”, valorizzando al massimo il senso di sere-
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nità e protezione. Viene stimolato l’apprendimento della lingua inglese e la musica costituisce il file rouge dei piani educativi. Per lo sviluppo del progetto l’azienda ha coinvolto
il personale interno e una società esterna specializzata nello sviluppo e nella gestione di
asili aziendali.
I Programmi più strutturati di servizi integrati per i dipendenti, molti dei quali prevedono
anche un coinvolgimento attivo del personale, sono stati presentati da aziende grandi e
multinazionali come Edison, con il progetto ‘Edison per te’, Edipower, IBM, Wind, Mediaset, Gruppo Johnson & Johnson, The Walt Disney Company Italia. Ad esempio il programma
‘Wind per te’ di Wind ha avuto inizio nel 2005 su tre aree d’intervento: time saving (servizi di consulenza on-line, disbrigo pratiche, servizio lavanderia e riparazioni), family (realizzazione di asili nido e scuole per l’infanzia, dove non sono previsti costi d’iscrizione e
l’azienda contribuisce alle rette di frequenza) e wellness (campagne di prevenzione, convenzioni con centri sportivi, corsi). IBM e il Gruppo Johnson & Johnson invece, puntano
maggiormente sul coinvolgimento attivo delle famiglie dei dipendenti organizzando giornate ad hoc. IBM porta i bambini sul luogo di lavoro dei genitori con la Festa dei bambini
e il Technology for Teens, programma dedicato ai ragazzi con laboratori a contenuto tecnologico in partnership con importanti musei italiani, oltre a esperienze di robotica guidate dalle WIT (gruppo Women in Technology). Il Gruppo Johnson & Johnson, al fine di
rendere costantemente partecipi i dipendenti e valorizzare il loro potenziale umano e professionale, promuove periodicamente indagini di clima interno, programmi che stimolano la socializzazione e la creatività attraverso la costruzione di gruppi di lavoro oltre a
giornate aperte alle famiglie.
La categoria Iniziative di conciliazione sviluppate grazie a partnership col territorio vede
protagoniste imprese fortemente radicate territorialmente. Alcuni esempi sono Lubiam
moda per l’uomo, nel mantovano, che sta sviluppando un programma di azioni positive
di flessibilità in azienda, grazie a un comitato di gestione interno e una fitta rete di istituzioni e partner territoriali. Il progetto prevede l’introduzione di varie forme di flessibilità lavorativa per i dipendenti con esigenze di cura verso i figli piccoli o parenti anziani;
l’introduzione del telelavoro; la formazione di coppie di lavoro per la miglior gestione del
tempo e delle competenze. Anche il progetto della piccola azienda di servizi Bem Service
Center di Abbiategrasso spicca per l’attenzione ai rapporti territoriali e la cura rivolta alle
esigenze dei dipendenti. Tanto da promuovere una profonda ristrutturazione aziendale e
un nuovo modello di organizzazione lavorativa, introducendo il part-time e l’orario flessibile integrati da nuove assunzioni part-time, creando nuova occupazione. Affinchè la riduzione dell’orario non si traducesse in una dequalificazione, tutto il personale è stato
coinvolto in un processo di formazione continua.
Sono inoltre emersi i programmi di flessibilità sviluppati da Auchan, con il progetto
‘Un’isola per lavorare meglio’, una speciale Banca del tempo dedicata alle hostess di cassa
e addetti vendita di alcuni settori commerciali dell’azienda. Aso Siderurgica di Ospitaletto
e Cittadini di Paderno Franciacorta nel bresciano, danno prova di una cultura aziendale con
un occhio di riguardo alle esigenze familiari e personali dei dipendenti, presentando il
loro quotidiano e storico impegno fatto di programmi strutturati e piccole iniziative mirate.
Inoltre emerge come alcune imprese siano particolarmente sensibili alla ‘promozione
della cittadinanza attiva’, spingendo i dipendenti a farsi protagonisti di attività sociali che
vadano a beneficio non solo della propria crescita personale, e quindi dell’impresa, ma
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anche di organizzazioni non profit e sociali attive sul territorio. Ne sono un esempio ABB
Italia, che sostiene costantemente le iniziative di volontariato delle persone che appartengono al gruppo e crea periodicamente momenti di confronto finalizzati a potenziare
l’efficacia dello sforzo individuale e a incoraggiare i propri dipendenti a intraprendere progetti socialmente utili. I dipendenti sono quindi i principali attori nella scelta, programmazione e sviluppo dei progetti che l’azienda sostiene in partnership con alcune
organizzazioni non profit (Special Olympics, AISM, Unicef, AVSI, Parent Project,...). Il personale prende parte a queste iniziative con permessi retribuiti dall’impresa. Grande attenzione alla promozione del volontariato d’impresa anche da parte di Canclini Tessile,
azienda comasca di medie dimensioni che nel 2004 ha fondato l’Associazione ‘Un sorriso
in più’ onlus che persegue finalità di solidarietà sociale, operando in via prioritaria sul territorio in cui ha sede, attraverso il coinvolgimento diretto del personale dell’azienda. Gli
ambiti di intervento sono: anziani e bambini in situazioni di difficoltà e disagio; promozione del volontariato e della cultura della gratuità, solidarietà, sussidiarietà; sostegno e
sviluppo dell’impegno sinergico dei soggetti del terzo settore operanti sul medesimo territorio. Per attuare questi programmi, Canclini Tessile ha stipulato un accordo sindacale che
prevede la possibilità per il personale di impegnarsi, anche durante l’orario di lavoro, a
favore dell’Associazione, offrendo svariate prestazioni a seconda del ruolo e delle competenze del dipendente.
Altri casi interessanti
Accor Services Italia punta sui servizi di time-saving, con People One, il maggiordomo on
site in azienda e virtuale, al quale i dipendenti possono affidare attività, private, legate
alle incombenze di tutti i giorni quali: disbrigo burocratico di piccole pratiche, lavori di lavanderia e calzoleria, sartoria, ritiro esami medici, piccoli acquisti. Il maggiordomo è presente in azienda due volte la settimana, in orari di ricevimento stabiliti, presso il proprio
ufficio appositamente dedicato. L’azienda ha stipulato delle convenzioni con negozi/servizi per ottenere prezzi agevolati, creando un tariffario personalizzato e conveniente su
ogni servizio specifico. Per sviluppare il progetto People One, l’azienda ha creato una partnership con un consorzio nazionale di cooperative sociali a cui si appoggia per individuare le persone adatte a ricoprire il ruolo di maggiordomo. Se il progetto People One è
già rodato, nuovissimo invece il programma Genitori, che vedrà dall’inizio del 2009 i dipendenti con figli piccoli impegnati in un percorso di accompagnamento alla genitorialità,
con particolare attenzione alla figura paterna, e riavvicinamento al lavoro dopo la maternità per le neo-mamme. Sempre nel 2008, a seguito del trasloco nella nuova sede
aziendale, Accor Services ha stipulato una convenzione con ATM, per quanto riguarda la
mobilità urbana, e con Trenitalia e Sitam, per i trasporti extra-urbani, in modo da offrire
sconti e agevolazioni fiscali ai dipendenti, incentivando l’utilizzo dei mezzi pubblici.
Tutto dedicato alle donne invece il programma Avon. L’impegno sociale rappresenta un
valore fondante della mission aziendale che si concretizza, di anno in anno, in diverse iniziative di CSR a sostegno alla salute e al benessere delle donne, finalizzate a valorizzare
il loro ruolo nella famiglia, nella società e nell’impresa.
Diversi i progetti volti a favorire la conciliazione degli impegni lavorativi e familiari: accanto alle formule “classiche”, quali part-time e flessibilità che intervengono sui tempi di
lavoro e sono accessibili anche a chi ricopre ruoli manageriali, l’azienda ha attivato azioni
mirate. Servizi per la salute: un servizio infermieristico permanente che due volte la settimana mette a disposizione dei dipendenti un medico generico in azienda per visite di
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controllo. Inoltre, grazie alla collaborazione con l’Istituto Europeo di Oncologia, Avon offre
una volta l’anno a tutte le dipendenti una visita senologica di controllo. Grande attenzione è prestata alla prevenzione, anche grazie a seminari e incontri dedicati.
“L’istinto delle donne” è invece il progetto di punta del 2007, anno in cui l’azienda ha organizzato per le proprie dipendenti un corso interno di autodifesa volto a migliorare la
sensazione di sicurezza in qualsiasi situazione di difficoltà emozionale e di pericolo reale.
Particolare enfasi è stata posta nell’aspetto psichico, aiutando le partecipanti a sviluppare la percezione del pericolo, a controllare le emozioni attraverso tecniche di respirazione e a raggiungere una più alta centralità psicofisica. Particolarmente apprezzato inoltre
il servizio Take Away della mensa aziendale: operativo dal 2001, consente ai dipendenti
Avon di asportare i pasti già pronti su prenotazione. Un servizio ampiamente utilizzato da
tutti i dipendenti, uomini e donne, e che offre una soluzione semplice e originale a supporto delle famiglie.
Metro Family è un invece un progetto per la conciliazione familiare in azienda, realizzato
nelle sedi aziendali di Roma di Metro Cash and Carry, finanziato grazie alla Legge 53/2000
art. 9 e conclusosi positivamente a novembre 2007. Il progetto ha previsto specifiche
azioni positive mirate a: una maggior flessibilità oraria e gestione organizzativa del calendario annuale degli orari (ottimizzando i tempi lavorativi delle impiegate nei Magazzini con responsabilità di cura di figli fino a 8-12 anni, anche attraverso l’assunzione di
nuovo personale a tempo part-time e determinato); alla creazione di una figura di “Facilitatore della conciliazione” (allo scopo di attivare un confronto costante con le lavoratrici/lavoratori sui temi della cura e responsabilità familiare, fornire soluzioni, farsi tramite
con la realtà organizzativa). Ha previsto un percorso di sensibilizzazione e confronto tra il
top management e le organizzazioni sindacali interne, per favorire la crescita di un cambiamento culturale attento alle pari opportunità uomo-donna e alla conciliazione familiare
come elemento pregnante nelle scelte aziendali. La diffusione di materiale informativo e
divulgativo in tutte le sedi del gruppo e la realizzazione di un vademecum multimediale
sulle normative e le buone prassi di conciliazione, consultabile attraverso la Intranet aziendale. Inoltre è stato sviluppato un approfondito percorso di formazione e accompagnamento delle lavoratrici al rientro da maternità e sessioni di Bilancio di competenze di
gruppo e individuale rivolto alle lavoratrici interessate.
Evento di premiazione e futuro del progetto
Lo scorso 16 gennaio 2009 Roberto Formigoni, Presidente di Regione Lombardia, e Giulio
Boscagli, Assessore alla Famiglia e Solidarietà Sociale di Regione Lombardia, hanno premiato i 6 migliori progetti di aziende family friendly lombarde, attente ai dipendenti a alla
conciliazione famiglia-lavoro, riconoscendo anche due menzioni speciali. La cerimonia di
consegna del Premio FamigliaLavoro 2008, si è svolta nell’Auditorium “Giorgio Gaber” al
Palazzo della Regione, alla presenza di oltre trecentocinquanta persone. Rappresentanti
d’impresa, di categoria, sindacali, istituzioni, pubblica amministrazione, mondo della ricerca e del non-profit si sono incontrati per fare il punto sulla conciliazione in Lombardia
e dar valore alle esperienze concrete di queste aziende.
Le imprese vincitrici entrano così a far parte di un gruppo di aziende pilota sulla conciliazione famiglia-lavoro in Lombardia e vincono un percorso di audit formativo in azienda.
Un primo passo per iniziare a individuare quegli indicatori economici e di performance
che permetteranno di dimostrare che effettivamente “Conciliare conviene”.
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Il Premio FamigliaLavoro è solo il primo passo del progetto FamigliaLavoro che intende
creare un network di imprese sensibili al tema e un percorso di accompagnamento alla
formazione e alla progettualità consapevole, affinchè si crei una cultura della conciliazione attraverso le buone pratiche. La creazione di un tavolo operativo su questi temi, in
cui le istituzioni, il mondo della ricerca e dell’impresa lavorino insieme e si confrontino,
mira a semplificare la tematica e rendere sempre più accessibili e spendibili i finanziamenti a disposizione delle imprese (per progetti legati a questi temi), sviluppare politiche di welfare comuni ottimizzando risorse e energie.
Appuntamento dunque alla prossima edizione del Premio FamigliaLavoro e andiamo finalmente a scoprire, nelle prossime pagine, le imprese e i progetti vincitori della prima
edizione del Premio.
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Case history progetti vincitori
Premio FamigliaLavoro, prima edizione 2008
di Sara Annoni
–
POESIA – Pari Opportunità e Sostegno in Azienda
di BPM Banca Popolare di Milano ..........................................................................51
–
Edison per te
di Edison .................................................................................................................57
–
L’attenzione al capitale umano di J&J
del Gruppo Johnson&Johnson Italia........................................................................63
–
Follow Up SA 8000
di Canclini tessile ....................................................................................................67
–
Condividere e diversificare per meglio conciliare
di Lubiam moda per l’uomo...................................................................................73
–
Madri Laboriose d’eccellenza
di BeM Service Center.............................................................................................79
Menzioni speciali
– Reti di solidarietà femminile
di Cittadini S.p.A. ....................................................................................................83
–
ATM&P – Armonizzare i tempi di madri e padri
di ATM – Azienda Trasporti Milanesi.......................................................................87
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BPM Banca Popolare di Milano e il progetto
POESIA – Pari Opportunità e Sostegno in Azienda
di Sara Annoni
Il progetto POESIA – Pari Opportunità e Sostegno in Azienda di BPM Banca Popolare di Milano,
ha vinto il Premio FamigliaLavoro Prima edizione nella categoria:
Miglior programma di supporto alla genitorialità.
Motivazione della giuria
Per il valore, il forte investimento sulla qualità del personale e la strutturazione organizzativo/ architettonica e pedagogica del servizio di asilo nido aziendale e per la grande attenzione e cura rivolte al processo riflessivo e progettuale attuato. Inoltre è nota di merito
l’apertura dei servizi al territorio e alla comunità e il coinvolgimento attivo dei dipendenti
in tutte le fasi: dalla programmazione delle iniziative, alla realizzazione, al follow-up e sviluppo futuro.
BPM Banca Popolare di Milano
Banca Popolare di Milano fu fondata a Milano nel 1865 ed è oggi una delle principali banche popolari italiane. Oltre il 70% delle proprie filiali sono concentrate in Lombardia e focalizza la sua attività sulla clientela retail, sull’artigianato e piccola-media impresa, sui
prodotti di risparmio gestito e sui servizi per le famiglie. BPM persegue lo sviluppo delle
proprie strutture distributive attraverso un approccio multicanale: la rete delle filiali, i promotori finanziari, la banca telefonica e BPM Banking on line.
L’Istituto dispone di una solida organizzazione territoriale che, a fine 2008, impiega oltre
6.663 dipendenti. Il Gruppo, nel suo complesso, è composto da tre reti bancarie integrate
(Banca Popolare di Milano, Banca di Legnano e Cassa di Risparmio di Alessandria) e da società-prodotto specializzate.
La mission del Gruppo è promuovere e sostenere lo sviluppo economico, civile, sociale,
ambientale dei territori in cui è presente. Per perseguire con successo l’ambiziosa mission
dichiarata, lo sviluppo di azioni di conciliazione famiglia-lavoro e il rafforzamento di rapporti a due vie con le istituzioni e il territorio, sono solo alcune delle azioni attivate da
BPM. Il programma POESIA è un interessante esempio di progettualità di lungo periodo che
ha permesso all’istituto di porsi come regista e protagonista attivo di azioni positive per
i dipendenti e il territorio.
Progetto POESIA – Pari Opportunità e Sostegno in Azienda
BPM promuove politiche di welfare aziendale orientate a migliorare l’ambiente di lavoro,
la gestione del tempo libero e la conciliazione dei tempi di lavoro e familiari, certi che il
raggiungimento dell’equilibrio personale si rifletta positivamente sulla vita sociale e lavorativa. Da questa attenzione, trasformatasi nel tempo in consapevolezza, nasce il progetto POESIA Pari Opportunità e Sostegno in Azienda. Gli strumenti attivati, che rientrano
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nel sostegno alle politiche di genere, riguardano sia ambiti organizzativi (fasce di flessibilità e contratti part time) che l’erogazione di servizi di supporto per la gestione dei figli
(colonie estive e asilio nido) e la salute (cassa assistenza anche per i familiari a carico).
Particolare attenzione è stata rivolta allo sviluppo di un intenso programma di accompagnamento alla genitorialità, il cui fiore all’occhiello è la realizzazione, all’interno del Centro Servizi BPM, dell’asilo nido “Il giardino di Bez”. Inaugurata nel 2006, la struttura è in
grado di ospitare circa 50 bambini, tra figli dei dipendenti e bimbi del quartiere Bezzi in
cui il Centro ha sede.
Accurato il percorso di analisi e determinazione del bisogno (per poi tarare e progettare
al meglio il servizio) e di definizione e scelta degli operatori e consulenti esterni coinvolti.
Infatti, dopo aver effettuato 7 sopralluoghi in altrettanti nidi aziendali sul territorio milanese, è stata organizzata una gara per individuare la società più idonea a gestire il servizio, tra le 11 partecipanti. Il progetto strutturale ed educativo ha impegnato la banca per
quasi tre anni ed è stato realizzato secondo le più moderne e innovative pratiche della
scienza pedagogica (armonico sviluppo del bambino, cromoterapia, scelta degli arredi,
personale altamente specializzato, formatosi alla “scuola di Reggio Emilia”, alimentazione controllata e preparata con prodotti biologici ed equo-solidali).
Parallelamente è stato attivato un intenso piano di comunicazione interna dello stato di
avanzamento dei lavori e di coinvolgimento dei dipendenti, sulle scelte del nome della
struttura e della mascotte, che ha reso partecipanti attivi anche i dipendenti non-genitori
e non operanti nelle sedi di Milano. Tra gli strumenti che hanno permesso di accrescere
l’attesa verso l’asilo e la positività nei confronti di questa iniziativa, sicuramente il varo,
nel maggio 2005, del sito internet dedicato. Suddiviso in varie aree dava la possibilità ai
fruitori di seguire l’evoluzione del progetto educativo/pedagogico, di osservare il work in
progress del cantiere, posizionandosi sulla dettagliata pianta topografica, di scorrere le immagini più significative e sempre aggiornate nella gallery fotografica.
Successivamente viene lanciato il concorso “Battezziamo l’asilo” per la scelta del nome,
aperto a tutti i dipendenti del gruppo. 300 le proposte pervenute, tra le quali una commissione infra-aziendale ha selezionato una rosa delle 5 migliori, successivamente votate da circa 2500 dipendenti (il 40%), distribuiti in tutte le aree geografiche dell’Istituto:
Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Puglia. Il nome scelto a maggioranza è stato appunto
“Il giardino di Bez”, dal nome del quartiere Bezzi di Milano dove sorge il centro servizi. Il
figlio di un dipendente ha poi dato vita, in punta di matita e fantasia, al folletto Bez, logo
e mascotte dell’asilo, che oggi campeggia sul portale della soglia d’ingresso dell’asilo,
accogliendo i bimbi con un sorriso. Bez ha poi ispirato una fiaba e una raccolta di storie
scritte da una delle mamme del nido.
Il 23 settembre 2006 viene inaugurato l’asilo, con una grande festa in presenza della direzione BPM, del consiglio di amministrazione, dei dipendenti e delle autorità cittadine.
Oggi l’asilo nido è in piena attività ed è diventato l’occasione e il motore di nuove iniziative nate su suggerimento dei dipendenti-genitori e di tutti coloro che riconoscono la forza
relazionale di questo luogo. Su richiesta dei genitori stessi, supportati dalla responsabile
del nido, la direzione Risorse Umane BPM, ha promosso un ciclo di incontri mirati all’ascolto e all’accompagnamento alla genitorialità, riguardanti diverse tematiche legate
allo sviluppo del bambino e al delicato equilibrio di ruoli e di coppia nel rapporto con il piccolo. Alcuni argomenti trattati: la corretta alimentazione; come relazionarsi positivamente
con i bambini, pur mantenendo un ruolo forte, agendo su limiti e regole; il ruolo del padre;
diventare genitori restando coppia; come gestire i cambiamenti nella vita del bambino.
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Gli incontri aperti a tutti i genitori sono gratuiti e della durata indicativa di due ore. L’alto
indice di adesioni è certamente da attribuire all’aver offerto risposte e un sostegno concreto a dei bisogni fortemente sentiti e espressi dai genitori e riconosciuti dall’azienda. Rivelante, in questo positivo meccanismo relazionale, il ruolo della responsabile dell’asilo
che si è fatta portavoce dei bisogni espressi dai dipendenti e strumento operativo e propositivo per creare una risposta concreta e di valore da parte dell’azienda.
Grazie a questo clima di aperto dialogo, i dipendenti diventano promotori attivi di iniziative sviluppate in prima persona, all’interno degli spazi e degli ambiti aziendali. I genitori
del nido ad esempio hanno promosso la creazione di una Sezione Genitori Ares, nel contesto del Cral aziendale, per dipendenti con figli di età fino ai 16 anni.
Come direbbe Bruno Munari, il noto designer milanese pioniere del rapporto tra arte, impresa e educazione: “Da cosa nasce cosa”! In BPM questa forza creativa e coinvolgente è
stata ampiamente testata e ha portato a proporre la creazione, oltre al nido, di una scuola
materna aziendale. Idea che l’azienda sta attentamente vagliando, con grande presa di
coscienza del ruolo sociale che è andata a coprire e riscoprire.
Lo dimostra la scelta di dar vita, dal 2008, ad un’unità organizzativa interna denominata
“Iniziative Sociali per il presidio e sviluppo delle tematiche di welfare”, che avrà come fine
la gestione di tutte queste attività e nuovi progetti di apertura al territorio e alla società.
La voce del responsabile di progetto
Una doverosa premessa. Ogni progetto in azienda nasce, cresce, si sviluppa in modo diverso e con delle modalità non sempre pianificabili a priori. Quel che è certo è che solitamente, dietro i progetti ben fatti e ben riusciti (nel senso di: ideati con coerenza,
scrupolosamente pianificati, sviluppati con costanza e risolti in modo efficace) c’è un capo
progetto che “ci mette non solo la testa, ma anche l’anima”. Può essere una persona o
un team ristretto, che coordina un gruppo di lavoro più ampio.
Interessante in questa fase è andare a scoprire e rintracciare chi “c’è dietro le quinte” dei
progetti che hanno vinto il Premio FamigliaLavoro.
Nel caso di BPM certamente c’è la forte presenza del Dottor Oliviero Picco, Capo Settore
Iniziative Sociali, che segue il progetto fin dai suoi primi passi. Ha raccontato, per diletto
e per non perderne traccia, la sua esperienza nelle pagine del vademecum “Le briciole di
pollicino. Consigli pratici per la realizzazione di un asilo nido aziendale”. Non è un libro
pubblicato, ma un semplice opuscolo rilegato nato dall’esperienza di chi ha gestito un
progetto di ‘start-up’ di un asilo nido aziendale e destinato, con un linguaggio pragmatico e diretto, alle funzioni aziendali preposte a questo tipo di progetti.
Inizia con una premessa semplice, ma non scontata: “Realizzare un asilo nido aziendale
è un lavoro bello, stimolante e molto divertente.” E prosegue elencando quelle che sono
le motivazioni che hanno spinto la sua azienda ad aprire un asilo nido aziendale, i vantaggi e i ritorni attesi e ottenuti: fornire un servizio di assoluto valore nella conciliazione
famiglia-lavoro; incrementare la produttività aziendale grazie al rientro anticipato dalla
maternità e alla riduzione delle richieste di part-time; migliorare il clima aziendale; migliorare la reputazione dell’azienda, che diventa attore sociale aperto al territorio. “Nella
mia esperienza, prosegue Picco, mi sono reso conto, una volta di più, di quanto sia importante un coinvolgimento profondo delle varie funzioni aziendali, soprattutto su un programma di questa portata. Nel nostro caso il progetto dell’asilo nido è stato coordinato e
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sviluppato dalla Direzione del Personale, ciò per favorire il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali fin dalle prime fasi. Sono stati poi di volta in volta coinvolti: il servizio tecnico immobiliare per la realizzazione delle strutture; il centro acquisti sia per
l’organizzazione e gestione della gara d’appalto per la scelta della società costruttrice e
dell’ente gestore dell’asilo, sia per la gestione acquisti; l’ufficio legale per la stesura dei
contratti di gestione; l’ufficio assicurativo/tributario per le coperture assicurative o fiscali.
La funzione Relazioni Estrene si è occupata dello sviluppo del piano e delle azioni di comunicazione a supporto del coinvolgimento dei dipendenti lungo lo svolgersi del progetto
e delle azioni volte a far conoscere il progetto ai vari stakeholder. Prima di avviare qualsiasi attività è necessario stabilire con precisione il reale bisogno della popolazione aziendale, tramite un’indagine (una sorta di fotografia della situazione) e una proiezione futura
(grazie a questionari d’indagine), in modo da evitare di sovra o sottodimensionare il servizio offerto. Nella fase di avvio del progetto di asilo nido è necessario effettuare alcune
scelte di fondo relative al: momento di realizzazione dell’asilo; tipo di gestione e la modalità di scelta dell’ente gestore; modalità di apertura al territorio; definizione dei criteri
di iscrizione e dell’eventuale contributo aziendale al pagamento delle rette.
Probabilmente per figure professionali specializzate in questa funzione, questi miei suggerimenti sono scontati, ma per coloro che si dovessero trovare, come nel mio caso, a gestire dall’interno dell’azienda lo sviluppo di un progetto di nido aziendale, essendo esperti
di organizzazione e management, più che di servizi all’infanzia, spero che queste ‘briciole
di Pollicino, per non smarrire la via’, vi possano essere utili”.
Abbiamo interpellato anche la Dottoressa Cinzia D’Alessandro, Direttrice dell’asilo, alla
quale abbiamo chiesto qual è stato il valore aggiunto al suo lavoro di coordinatrice nelle
relazioni con il personale della banca e come si è evoluto questo rapporto.
“Sono convinta che i risultati di qualità emersi da questo progetto di nido in azienda siano
in gran parte dovuti alle sinergie di pensiero e di azione tra le risorse umane messe a disposizione di BPM e il coordinamento del nido. Avere un unico referente ha consentito di
instaurare un dialogo proficuo da un punto di vista progettuale, bilanciando, sempre a favore dei bambini, le richieste di personalizzazione del servizio. Il sostegno delle Risorse
Umane BPM alla realizzazione del nido, ha significato una condivisione di valori che si è
espressa fin da subito come una chiara assunzione di responsabilità da parte della Banca
nei confronti della tutela dei diritti dei bambini, apertamente dichiarata nelle numerose
presentazioni che hanno preceduto l’apertura del nido.
La condivisione, da parte delle Risorse Umane, delle scelte pedagogiche promosse dal
progetto educativo del nido, mi ha dato la possibilità di instaurare un dialogo di fiducia
con i dipendenti-genitori, basato sul rispetto delle regole necessarie al benessere dei piccoli utenti del servizio.
L’incontro “culturale” tra il coordinamento del nido e la Direzione Risorse Umane BPM, ha
riguardato anche gli obiettivi del progetto, laddove il nido si è presentato alla collettività
come un vivaio di attività per lo sviluppo della cultura dell’infanzia e del sostegno alla genitorialità. Questo è il valore aggiunto più importante: la nascita di una serie di iniziative
che allargano le frontiere delle competenze educative del nido ad un’utenza più vasta, che
comprende popolazione aziendale e abitanti del quartiere”.
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In sintesi: numeri e tappe del progetto
Il Giardino di Bez, asilo nido nel centro servizi BPM nel quartiere Bezzi a Milano.
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3 anni di progetto strutturale ed educativo;
7 sopralluoghi in altri asili del milanese;
11 società partecipanti alla gara per la gestione dell’asilo;
50 bambini ospiti dell’asilo, tra figli dei dipendenti e bimbi del quartiere.
Anno 2005: viene varato il sito internet dedicato grazie al quale i dipendenti BPM hanno
potuto seguire passo passo i lavori dell’asilo e lo sviluppo del progetto educativo. Sempre via web viene lanciato il concorso per la scelta del nome: 300 le proposte pervenute
e 2.500 i dipendenti votanti in tutta Italia. “Il Giardino di Bez” si aggiudica la maggioranza delle preferenze e nasce dalla fantasia del figlio di un dipendente il Folletto Bez, mascotte dell’asilo.
Anno 2006: nel mese di settembre, con una cerimonia pubblica, viene inaugurata la struttura che accoglie una cinquantina di bambini, in parte figli dei dipendenti e in parte provenienti dal quartiere Bezzi, come da accordo stipulato con il Comune di Milano.
Periodo 2007/2008: le attività dell’asilo procedono a gonfie vele. Viene organizzato, su
proposta dei genitori, un calendario di incontri mirati all’accompagnamento alla genitorialità, con esperti e studiosi del tema. Il forte sostegno ottenuto da parte dell’impresa
spinge i dipendenti a creare una sezione Genitori Ares, nel contesto del Cral Aziendale.
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Edison e il programma Edison per te
di Sara Annoni
Il programma Edison per te di Edison,
ha vinto il Premio FamigliaLavoro Prima edizione nella categoria:
Miglior programma di servizi integrati per i dipendenti.
Motivazione della giuria
Di tutti i progetti partecipanti, Edison per te è risultato essere il programma che meglio
integra le diverse categorie di servizi volti al benessere dei dipendenti in ambito famiglia,
salute e time saving, con l’ambizioso obiettivo di coinvolgere tutta la popolazione aziendale, anche se dislocata nelle sedi minori e periferiche del gruppo.
Edison
Fondata nel 1883, Edison è uno dei principali operatori in Italia nel settore dell’energia,
attivo dall’approvvigionamento alla produzione e vendita di energia elettrica e gas.
Negli ultimi anni Edison ha realizzato un significativo piano di investimento energetico in
Europa: sviluppando nuove infrastrutture nel campo del gas e servizi innovativi per la
clientela, punta a consolidare il proprio ruolo di operatore leader nel settore energetico.
Nell’energia elettrica ha una quota pari a circa il 17% del mercato italiano della produzione. Con circa 7.000 MW di nuovi impianti a basso impatto ambientale, Edison ha portato la sua capacità totale installata a oltre 12.000 MW. Negli idrocarburi ha una presenza
integrata nella filiera del gas naturale, dalla produzione all’importazione, distribuzione e
vendita, con una quota di mercato del 16%.
Per supportare il suo sviluppo Edison ha pianificato investimenti per 7,2 miliardi di euro
nel periodo 2009-2014. In particolare, la società intende promuovere una forte accelerazione nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Inoltre, il piano prevede
la crescita del settore idrocarburi attraverso il sostegno all’attività di esplorazione e produzione, oltre allo sviluppo di nuovi siti di stoccaggio e nuove infrastrutture transnazionali per l’importazione del gas.
Di recente, Edison ha fatto il suo ingresso nel mercato residenziale dell’energia elettrica
con un’offerta rivolta alle famiglie, diversificando la propria base di clientela e stabilizzando la redditività della società nel medio termine.
Progetto Edison per te
Nel 2007 l’azienda, con il supporto del partner specializzato Eudaimon, ha avviato uno
studio sui bisogni dei dipendenti Edison di tutte le sedi aziendali (circa 2500 persone in
100 siti), in relazione alla qualità della vita lavorativa e alla necessità di conciliare gli impegni di lavoro con la vita personale. Ambiti d’indagine sono stati: salute e benessere, tematiche familiari, servizi di time saving (disbrigo di incombenze quotidiane, pratiche
burocratiche, ...) ed altre potenziali aree di attività e servizi di interesse dei dipendenti.
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Obiettivi dell’intervento: il rafforzamento del senso di appartenenza all’azienda e della
motivazione individuale dei dipendenti e il miglioramento del clima e dell’immagine
aziendale.
Il programma di people care derivato, Edison per te, ha visto l’attivazione di servizi volti
a fornire supporto ai dipendenti Edison nelle aree: Famiglia, Salute e Benessere, Time saving. Essi affiancano alle misure tradizionali già attive – tra le quali l’orario flessibile ed il
part-time – le assicurazioni sanitarie e previdenziali integrative.
Relativamente all’area Famiglia, il progetto prevede un cospicuo pacchetto di servizi offerto dall’azienda ai dipendenti con figli: campus estivi per ragazzi (Campo Gulliver, Vacanza Verde in Fattoria, Campus Rugby e Quanta Sport Village, attivati nell’estate 2008);
facilitazioni per l’acquisto di libri e materiale didattico; segnalazioni di servizi specializzati
per la cura e l’educazione dei bambini e di supporto alla famiglia (corsi sportivi, di lingua
e musica; sconti in libreria e a teatro; vacanze studio all’estero); accesso gratuito a uno o
più corsi online tra quelli attivati (ad oggi, corsi di lingua inglese, patente informatica europea ECDL, patente automobilistica A e B, patentino per ciclomotori).
Sono stati inoltre attivati un servizio di consulenza on-line, realizzato in collaborazione
con un selezionato network di medici e psicologi, relativamente all’ambito pediatrico, pedagogico e di supporto psicologico di primo livello, e un servizio di ricerca e prenotazione
baby sitter.
In ambito Salute e Benessere invece, vengono offerte visite di prevenzione gratuite, disponibili presso strutture limitrofe a tutte le sedi aziendali, e seminari di formazione sui
rischi oncologici e sul valore della prevenzione (presso le sedi principali), servizi gestiti da
medici e specialisti messi a disposizione dalla LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori); servizio di consulenza medica e psicologica on line. In ambito sportivo, invece, è
stato messo a punto il Programma Wellness, studiato per aiutare i dipendenti a ritrovare
la forma fisica e ristabilire il benessere psico-fisico, che permette di accedere a centri sportivi e specializzati a condizioni agevolate. Oltre alle attività previste dai normali abbonamenti, sono in programma minicorsi gratuiti (es. difesa personale, yoga) presso i centri
più frequentati dai dipendenti Edison.
L’area Time Saving infine, propone un servizio di consulenza legale on line, realizzato in
collaborazione con un network di avvocati selezionati, con cui è possibile comunicare in
uno spazio riservato, con assoluta garanzia di privacy; un servizio di consulenza fiscale on
line (casa, famiglia, tasse e tributi); servizio di disbrigo pratiche/conciergerie, che consente a tutti i dipendenti delle sedi milanesi di svolgere tali attività direttamente in
azienda, evitando inutili perdite di tempo presso uffici amministrativi e sportelli vari (è
sufficiente infatti consegnare la pratica direttamente allo Sportello Edison Per Te negli
orari di apertura, dove un addetto specializzato ritira la richiesta e restituisce la pratica
espletata alla visita successiva); convenzioni e servizi a sostegno del pendolarismo e della
mobilità sostenibile (come gli accordi, per le sedi milanesi, con l’Azienda Trasporti Milanesi e con LeNord, che consentono ai dipendenti un accesso ai servizi a condizioni particolarmente vantaggiose).
Ripercorrendo le tappe di sviluppo del progetto, è possibile posizionare su un’ideale timeline una prima fase d’impostazione del lavoro, benchmark e analisi della popolazione
aziendale, nel periodo tra aprile e giugno 2007. Tra luglio e settembre viene impostata
una prima mappa degli interventi, seguita a stretto giro da una fase di ascolto e survey
sui dipendenti e successiva valutazione dei dati. Lo sviluppo del progetto ha impegnato
le figure aziendali e lo staff di consulenti tra gennaio e aprile 2008, per poi avviare il pro-
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gramma e la gestione dei servizi (in un primo step da aprile a settembre e in un secondo
step da settembre a ottobre). A seguire, tra ottobre e novembre, è stata sviluppata una
nuova fase di ascolto, articolata attraverso survey e focus group, per la valutazione del
programma e dei servizi attivati. Questa fase ha permesso di attivare, da gennaio 2009,
alcuni servizi nuovi e rifocalizzarne altri, in base ai risultati della survey. È stata infatti attivata una nuova area del programma denominata “Risparmio”, che permette a tutti i dipendenti di poter accedere a sconti e convenzioni all’interno di un network selezionato di
fornitori ed è stato avviato un nuovo filone di sviluppo del progetto, relativo alle attività
di carattere culturale e ricreativo (precedentemente gestite dal dopolavoro aziendale),
alcune delle quali saranno estese agli ex dipendenti Edison.
La parola al team di progetto
Il progetto Edison per te è nato sotto la sponsorship del top management aziendale ed è
stato sviluppato dalla Direzione Personale e Organizzazione, guidata da Giorgio Colombo.
Il team di lavoro, coordinato da Andrea Peduto, Responsabile Organizzazione, è formato
da Sergio Bonvini, Specialista di Organizzazione/Professional nel campo dello Sviluppo
Organizzativo in Edison, da personale aziendale e da consulenti della società Eudaimon,
specializzata in progetti di people care e welfare aziendale. L’esperienza delle persone che
in Edison hanno seguito passo passo lo sviluppo del progetto, ha evidenziato come l’iniziativa di Work and Life Balance, fin della nascita del progetto, sia stata concepita come
un insieme di diverse tappe e ideata considerando la multiformità della popolazione
aziendale Edison. Edison per te nasce dalla convinzione aziendale che una vita personale
serena si accompagna, in generale, a migliori prestazioni lavorative e successo professionale. Edison, dopo essersi confrontata con le best practices sul tema, ha quindi chiesto
alle sue persone come poteva contribuire nel migliorarne la qualità della vita. Lo ha fatto
tramite indagini e focus group, da cui sono emerse tre aree di possibile intervento: la famiglia, la salute e il benessere fisico e la gestione del tempo.
Operativamente si è scelto di privilegiare i servizi di più rilevante interesse per la maggior parte dei dipendenti e, nell’aprile 2008, è stato lanciato un primo set di iniziative:
campus estivi per i ragazzi, consulenza e supporto alle famiglie, campagne di prevenzione medica.
Il giudizio sulle proposte aziendali è stato molto positivo; i primi commenti dei dipendenti
hanno spinto a proseguire sulla strada intrapresa ed hanno dato fiducia al management
per i passi successivi. Così, nel settembre 2008, è partita la seconda tranche di servizi rivolti al benessere fisico e al disbrigo di attività quotidiane. Il percorso avviato proseguirà
su questa strada anche nel 2009. Sono già in fase di studio e/o realizzazione molte nuove
iniziative, sviluppate tenendo conto, soprattutto, dei suggerimenti via via raccolti tra i dipendenti.
L’esperienza del lancio del progetto e della sua gestione hanno confermato, tra l’altro, che
ogni azienda ha le sue caratteristiche e, per quanto il confronto sia sempre necessario per
stimolare creatività e propositività, non è facile esportare esperienze, anche se significative, maturate in contesti diversi. È certo che un progetto di questo tipo ha, più di altre iniziative simili, bisogno di un fortissimo commitment da parte del top management e
richiede costanza e impegno nel tempo. Edison, consapevole di queste caratteristiche, ha
infatti scelto di avvalersi del supporto di un partner specializzato che, con la sua competenza ed esperienza su progetti molto specifici come quelli di work and life balance, con-
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sigliasse e guidasse il management nel progetto e si impegnasse con l’azienda per garantire alle persone coinvolte un servizio eccellente. È stato quindi uno scambio continuo
a due vie che, pur richiedendo molto tempo e un forte impegno nel costruirlo, alla fine è
risultato vincente.
Alberto Perfumo, partner di Eudaimon, è il consulente esterno che ha guidato Edison nella
pianificazione e sviluppo del programma ‘Edison per te’ rivolto ai dipendenti. Interessante
il suo punto di vista di esperto di queste tematiche, applicate in ambito aziendale attraverso progetti concreti. Il lavoro del Dottor Perfumo parte dal presupposto che le politiche per la conciliazione sono un fattore di innovazione dei modelli sociali, economici e
culturali; esse forniscono strumenti che, rendendo compatibili sfera lavorativa e sfera familiare, consentano a ciascun individuo di vivere al meglio i molteplici ruoli che gioca all’interno di società complesse. Peraltro, queste politiche mettono in gioco un’attenzione
nei confronti dei lavoratori la cui importanza non è affatto nuova. Nei suoi interventi sul
tema, infatti, Perfumo è solito citare Adam Smith che diceva “Un uomo è felice dove lavora se è trattato da uomo e se sa che c’è interesse a che lui stia bene.” Questa attenzione
è poi la base di straordinarie esperienze sviluppatesi in Italia a fine Ottocento e nella
prima metà del Novecento, come ad esempio il Villaggio ideale del lavoro a Crespi d’Adda,
la fabbrica e la città di Adriano Olivetti. Addirittura l’artista Gaudì fece creare un asilo nido
per ospitare i bimbi delle maestranza impegnate nel cantiere della Sagrada Familia, a
Barcellona. Imprenditori illuminati, nel senso più allargato del termine, che hanno saputo
guidare la propria azienda seguendo, non solo obiettivi di profitto, ma soprattutto di benessere condiviso.
“Oggi queste pratiche si stanno affermando, anche se riguardano, almeno in Italia, un
numero ancora esiguo di imprese. Il mio obiettivo come ‘imprenditore della conciliazione’
non è quindi soltanto quello di accompagnare le imprese nello sviluppo di una progettualità a lungo termine, ma anche quello di diffondere una consapevolezza e una cultura
della conciliazione. Lo faccio grazie ad un linguaggio molto vicino a quello dell’impresa e
lavorando a stretto contatto con le figure di riferimento in azienda. Ogni impresa è un
universo a sè e come tale richiede un’attenzione ogni volta rinnovata, sia in fase di analisi preliminare che di pianificazione degli interventi. Una veloce panoramica delle macroaree di intervento possibili: persona, tempo, spazio, famiglia e relazioni. Nell’area Persona
si vanno a proporre servizi legati a salute e prevenzione, esercizio fisico, relax, alimentazione. Nell’area Tempo proponiamo l’implementazione di strumenti di flessibilità, servizi
di time-saving legati alle incombenze quotidiane, consulenze personali. Nell’area Spazio
per te si lavora maggiormente su leve di mobilità, telelavoro, ambiente di lavoro. L’area
Famiglia prevede la possibilità di attivare servizi di asilo nido e scuola materna (aziendali
interni o convenzionati), servizi di child care (come ad esempio campus, doposcuola, baby
sitting, aiuto psicologico, attività sportive e formative), servizi di supporto alla cura delle
persone anziane. L’area Relazioni interessa invece lo sviluppo di iniziative culturali e di intrattenimento, attivazione di convenzioni con club o centri di vario genere, sostegno a
iniziative sociali.
Le modalità di intervento in azienda prevedono: la definizione di un progetto di welfare
aziendale con una prima fase di ascolto e analisi sulla popolazione aziendale, per comprendere e definire ‘cosa serve alle persone’, bisogni e necessità. Di conseguenza è possibile programmare le azioni e i servizi da attuare. Risulta fondamentale pianificare, fin
da subito, azioni di comunicazione interna, atte a informare sui servizi attivati tutti gli attori interessati (dipendenti, manager e organizzazioni sindacali) e coinvolgerli in un per-
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corso comune. La creazione di un brand specifico che identifichi il progetto di conciliazione e l’attivazione di strumenti di comunicazione ad hoc, sono azioni strumentali indispensabili ai fini della buona riuscita del progetto. Parallelamente all’attivazione dei
servizi, vengono costituiti dei contact center, fisici e/o virtuali, che diventano punto di riferimento e accesso: un contact center nella intranet aziendale, una linea telefonica dedicata e uno sportello (ubicato solitamente nella sedi principali) con funzione di
accoglienza e facilitazione di accesso ai servizi. Una volta attuato il programma e superata
la fase di “rodaggio” delle iniziative, è necessario implementare un sistema di misurazione che consenta di valutare il grado di utilizzo dei servizi e di gradimento delle persone,
oltre all’impatto che il progetto ha avuto sugli individui e sull’azienda. Questa fase è determinante per constatare il successo del programmma ed eventualmente ritarare alcune
iniziative e prevedere un coerente sviluppo futuro del progetto”.
In sintesi: elementi qualitativi e peculiarità del progetto
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2500 i destinatari dei servizi del programma Edison per te: il 40% dei quali è utente;
la valutazione degli utenti sulla qualità è molto buona: il 90% li giudica di qualità
medio-alta, e 1 utente su 3 molto alta;
dalla survey emerge che il programma Edison per te è molto noto e apprezzato: il 98%
degli intervistati è a conoscenza della sua esistenza e l’85% lo ritiene utile o molto
utile;
fra i servizi di interesse generale le campagne di prevenzione oncologica e il servizio
di consulenza on-line hanno raccolto i più ampi consensi in termini di utilità. Per quanto
riguarda i servizi dedicati alla Famiglia, l’agevolazione per l’acquisto di libri scolastici,
i servizi di richiesta informazioni ed i Campus sono stati valutati tra i più utili.
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Gruppo Johnson & Johnson Italia
e il progetto L’attenzione al capitale umano J&J
di Sara Annoni
Il progetto L’attenzione al capitale umano del Gruppo Johnson & Johnson Italia
ha vinto (ex aequo con Canclini Tessile) il Premio FamigliaLavoro Prima edizione nella categoria:
Miglior programma di coinvolgimento dei dipendenti
Motivazione della giuria:
Il Gruppo Johnson & Johnson Italia coinvolge periodicamente i dipendenti in indagini di
clima interno, survey internazionali e giornate di teamwork. Organizza inoltre un ampio
ventaglio di eventi di apertura dell’impresa alle famiglie e al territorio. Nota di merito: l’attenzione nei confronti dei dipendenti, formalizzata già nel 1943, è tuttora punto forte
della mission aziendale e messaggio chiave della comunicazione del gruppo.
Gruppo Johnson & Johnson Italia
Il Gruppo Johnson & Johnson si definisce una ‘Family of Companies’: un’organizzazione
complessa e variegata, risultato di acquisizioni e fusioni di rami d’azienda. Presente in
Italia con tre grandi aziende indipendenti: Janssen–Cilag (settore farmaceutico), Johnson
& Johnson Medical (medicale e diagnostico) e Johnson & Johnson Spa (largo consumo), con
circa 3000 dipendenti, dislocati su 5 sedi principali.
L’azienda affronta in modo omogeneo, organico, integrato e sinergico il tema della Responsabilità Sociale d’Impresa, attraverso programmi e attività mirati a consolidare una
cultura che metta al centro l’investimento e l’attenzione al proprio capitale umano. Tale
approccio ha origine dal Credo J&J, un documento scritto nel 1943 e ancora attuale, come
guida quotidiana alle scelte di tutti i dipendenti del gruppo. In questo documento sono dichiarati i valori che ispirano il lavoro, i programmi e le attività relative a tutte le declinazione del concetto di responsabilità sociale del gruppo.
Nel dicembre 2000 nasce la Fondazione J&J che, oltre ad operare a sostegno di progetti
dedicati alla comunità nel campo della salute e del benessere, si fa promotrice e coordinatrice di tutte le attività di CSR dedicate ai dipendenti J&J.
Progetto L’attenzione al capitale umano
La sfida di Johnson&Johnson è quella di creare e mantenere una cultura omogenea che investe sulle persone, sulla loro formazione e valorizzazione, attraverso programmi e processi comuni e condivisi da tutte le aziende del Gruppo, che aiutino ogni dipendente a
sviluppare le proprie professionalità e il proprio talento, potenziando i momenti di ascolto
e comunicazione. La tutela del lavoratore in quanto individuo è alla base di tutte le attività e i programmi realizzati a supporto e sostegno della conciliazione della vita lavorativa con quella familiare.
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Nel Credo si dichiara: “Siamo responsabili nei confronti del nostro personale, gli uomini e
le donne che lavorano con noi in tutto il mondo; tutti devono essere considerati in quanto
persone, dobbiamo rispettare la loro dignità e riconoscere i loro meriti. Il posto di lavoro
deve dare loro un senso di sicurezza; la retribuzione deve essere giusta e adeguata e l’ambiente di lavoro pulito, ordinato e sicuro. Dobbiamo essere consci della necessità di aiutare il nostro personale ad adempiere alle loro responsabilità familiari; ciascuno deve
sentirsi libero di proporre suggerimenti e presentare reclami. Deve esserci la stessa opportunità di lavoro, sviluppo e carriera per chi ha le capacità richieste; dobbiamo far si
che i superiori siano competenti e le loro azioni siano giuste ed eticamente corrette”.
Da qui nascono le Policy sulle Pari Opportunità e sul divieto di discriminazione, l’attenzione
alla Diversity, le Opportunità di formazione e di crescita professionale, la possibilità per
tutti i dipendenti di partecipare a Job posting interni e Job rotation, la valutazione continua delle performance e del raggiungimento degli obiettivi, politiche retributive meritocratiche, confronto costante dei compensi J&J con il mercato del lavoro per posizioni
analoghe.
Nell’area salute, vengono concessi permessi speciali a carico dell’Azienda, aggiuntivi a
quelli previsti dalla legge, per visite mediche ed esigenze personali; check up medici in
azienda, campagne di prevenzione, programmi di assistenza per fumatori, informazione
e screening sulle patologie più diffuse, convenzioni con centri medici e diagnostici e farmacie.
È inoltre previsto un servizio di time saving e spesa on-line, con consegna in azienda.
A questi servizi, se ne aggiungono alcuni specifici a favore dei dipendenti con figli piccoli.
Nel febbraio 2006 infatti, nella sede di Milano, è stato inaugurato il Junior Camp, un asilo
nido aziendale per i figli dei dipendenti, aperto anche ai bambini del territorio, nell’ottica
di un rinnovato impegno aziendale nei confronti della comunità. Le neomamme possono
inoltre usufruire della mammacard, una sorta di “carta dei diritti della mamma”, e di una
borsa augurale di prodotti per il neonato.
Per coinvolgere le famiglie, sono inoltre previste giornate di festa con i familiari dei dipendenti, come il Company Day o le porte aperte in azienda ai figli piccoli in occasione
della Festa della mamma e del papà che lavorano. Tutti i dipendenti vengono coinvolti in
programmi che stimolano la socializzazione e la creatività, sono invitati a partecipare a
concorsi sul tema dell’energia (Energy Week), durante i quali i bimbi elaborano un disegno che viene premiato sia a livello locale che globale (la giura è composta da docenti di
storia dell’arte).
Sono poi svolti periodicamente corsi di guida sicura per i lavoratori che devono guidare per
lavoro e vengono realizzate campagne informative interne, finalizzate allo sviluppo della
cultura della sicurezza sul lavoro, con specifico riferimento alla tipologia di mansione (ogni
anno viene premiato il guidatore più virtuoso).
Nel 1995 è stato, non da ultimo, avviato il progetto Women Leadership Initiative, a seguito
dell’approvazione del Board di J&J. Promosso in tutto il mondo, con incontri locali ed internazionali, ha lo scopo principale di rimuovere eventuali barriere all’accesso a posizioni
di leadership, favorire e sostenere lo sviluppo dei talenti, promuovendo la presenza femminile in azienda. Al fine di raggiungere tale obiettivo, viene inviato annualmente un
questionario ai dipendenti J&J, che affronta diverse tematiche quali: ostacoli alla carriera,
stile di leadership, networking, etc. Attraverso l’indagine è possibile comprendere meglio
se e in che modo differisce l’approccio delle donne al lavoro (e alle tematiche ad esso
connesse), rispetto ai colleghi uomini. I risultati della survey sono oggetto di studio da
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parte di gruppi interfunzionali, formati da diverse tipologie di dipendente, al fine di essere campione rappresentativo della realtà aziendale. L’obiettivo finale dei gruppi è proporre e realizzare i progetti scelti, sulla base dei suggerimenti emersi durante la survey.
L’attenzione alle esigenze e ai ‘desiderata’ dei dipendenti è attuata periodicamente attraverso indagini di clima interno, sulla base delle quali vengono formati i gruppi di lavoro
per intraprendere azioni migliorative. Sempre con queste finalità, in alcune aziende sono
state create delle ‘cassette delle idee anonime’ attraverso cui tutti sono liberi di esprimere
opinioni e formulare proposte.
La voce del responsabile di progetto
Abbiamo chiesto alla Dottoressa Barbara Saba, Direttore della Fondazione J&J e Strategic
Account Finance Director, di illustrarci come vengono misurati e quali sono i benefici per
l’azienda del progetto ‘L’attenzione al capitale umano’.
“I risultati di queste azioni sinergiche e integrate vengono costantemente rilevati e quantificati. I servizi verso i dipendenti e il loro grado di soddisfazione vengono monitorati attraverso delle survey specifiche (es. valutazione dei risultati del corso di inglese, di
informatica, processo di induction, etc.), mentre lo sviluppo del capitale umano e l’esercizio della leadership da parte dei manager prevede una serie di valutazioni accurate, la
Performance Appraisal (valutazione del raggiungimento degli obiettivi di tutti i dipendenti). La Credo Survey, che rileva l’aderenza e la coerenza delle decisioni e delle azioni
intraprese rispetto ai valori del Credo, nel 2008 ha ottenuto ottimi riscontri, sia in termini
di redemption (in tutte le aziende hanno risposto più dell’80% delle persone), sia in termini di risultati. Rispetto all’anno precedente sono state incentivate le riunioni, la trasparenza delle comunicazioni, il lavoro di gruppo tra le aziende, proprio per rispondere a
richieste emerse dalla Credo survey precedente. L’investimento nella formazione del personale ha coinvolto complessivamente circa 2000 persone, per citare un dato su tutti. Il
turnover nelle nostre aziende è inferiore al 7%, le persone si muovono all’interno del
Gruppo J&J. I valori e la qualità della vita lavorativa in azienda sono valorizzate anche da
riconoscimenti istituzionali quali il Great Place to Work Italia. Nel 2004 la Johnson & Johnson Spa si è classificata prima e negli anni sempre nelle prime posizioni. Il Premio FamigliaLavoro 2008 è stato un ulteriore riconoscimento del nostro storico impegno”.
“In Janssen-Cilag e in tutto il Gruppo J&J – sottolinea Massimo Scaccabarozzi Amministratore delegato e Presidente della Fondazione J&J – l’etica si sposa col business soprattutto
nelle iniziative di solidarietà che ogni impresa è in grado di promuovere e portare avanti,
al di fuori della propria attività caratteristica sia all’interno che all’esterno dell’Azienda.
L’assegnazione del Premio FamigliaLavoro testimonia quanto sia importante sapere guardare con attenzione al benessere delle proprie persone, aiutandole a integrare al meglio
vita privata e professionale. Ogni anno nelle nostre iniziative cerchiamo di coinvolgere
tutte i nostri dipendenti, valutando e accogliendo, quando è possibile, le loro proposte”.
Il Premio FamigliaLavoro è stato ritirato a nome di tutte le Aziende del Gruppo da Massimo Scaccabarozzi e Rodrigo Bianchi – Presidente e Amministratore Delegato di J&J Medical.
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008Johnson&Johnson:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.45 Pagina 66
In sintesi: le azioni e i programmi di coinvolgimento
Programmi e azioni di coinvolgimento dei dipendenti:
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WLI Women Leadership Initiative, programma nato nel 1995 per promuovere lo sviluppo dei talenti e la presenza femminile in azienda;
indagini periodiche di clima interno;
gruppi di lavoro volti a intraprendere azioni positive;
percorsi di crescita personalizzati;
Job posting interno e job rotation;
servizi di work and life balance;
campagne di sensibilizzazione su salute e ambiente.
Programmi di coinvolgimento delle famiglie:
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Energy Week: fine settimana dedicati all’ambiente, alla creatività e alle energie positive;
Company Day: giornate di festa e giochi in azienda;
Race for the cure: attività di solidarietà.
009Canclini:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.45 Pagina 67
Canclini tessile e il progetto
Follow Up SA 8000
di Sara Annoni
Il progetto Follow Up SA 8000 di Canclini tessile
ha vinto (ex aequo con il Gruppo Johnson & Johnson) il Premio FamigliaLavoro
Prima edizione nella categoria:
Miglior programma di coinvolgimento dei dipendenti
Motivazione della giuria
Canclini tessile con il progetto Follow Up, avviato anche grazie al coinvolgimento della
rappresentanza sindacale e alla collaborazione con professionisti e istituzioni esterne, favorisce un ascolto costante e quotidiano dei dipendenti, mirato al benessere personale,
alla crescita professionale e a un conseguente sviluppo della cultura d’impresa.
Canclini tessile
La storia di Canclini tessile ha inizio nel 1925. Industria serica del distretto tessile comasco, è guidata fin da subito da creatività, cura per il prodotto e attenzione al servizio verso
i clienti.
Negli anni ’60, il primo cambio generazionale corrisponde a una scelta forte: abbandonare
il settore serico per rivolgersi al cotoniero. La scelta risulta vincente. Negli anni successivi
infatti, mettendo a frutto la notevole esperienza nella lavorazione, la tenacia e la laboriosità tipiche della genuina imprenditoria comasca, si specializza nella produzione di tessuti pregiati per camiceria e la vendita dei tessuti si estende ai mercati d’oltralpe,
soprattutto Germania e Francia.
Negli ultimi dieci anni, grazie a una serie di investimenti mirati (moderni macchinari e un
nuovo magazzino semiautomatico), l’azienda ha moltiplicato il fatturato passando dai 17
milioni di euro nel 1998, ai 39 milioni nel 2008 (di cui tre quarti sono rappresentati dall’export). Sono stati investiti oltre 5 milioni di euro nel solo biennio 2007-08.
Canclini oggi è annoverata tra i marchi di riferimento nel settore dei tessuti di pregio per
camiceria. Armani, Etro, Hugo Boss, Gucci, Zegna sono solo alcuni dei maggiori clienti dell’azienda, che si avvia a diventare leader mondiale nei tessuti per camiceria di alta qualità, rigorosamente “Made in Italy”.
L’azienda è guidata dalla famiglia Canclini da tre generazioni, con un organico che negli
ultimi anni è aumentato dell’80%, arrivando a 170 dipendenti, ai quali si aggiungono 300
persone dell’indotto.
Progetto Follow Up SA8000
Prima di entrare nel dettaglio del progetto Follow Up SA 8000, una doverosa premessa che
traccia una breve panoramica delle attività sviluppate da Canclini in ambito sociale e culturale.
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009Canclini:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.45 Pagina 68
“Credere nelle persone, non solo in azienda, ma anche sul territorio, facendosi promotori
di iniziative volte al benessere dei dipendenti, delle loro famiglie e della comunità”. È da
questa spinta che nel 2004 l’azienda fonda l’associazione non profit “Un sorriso in più”,
che s’impegna nei confronti degli anziani soli e dei giovani in difficoltà. Numerosi i dipendenti dell’azienda che offrono il loro contributo volontario e professionale allo sviluppo delle attività dell’associazione. Per questa assunzione di responsabilità nei confronti
del sociale e della comunità, Canclini ha vinto nel 2007 il Premio Sodalitas Social Award.
La consapevolezza dell’importanza dello stretto contatto con il vitale mondo dei giovani,
ha portato Canclini ad attivare nel tempo delle partnership con alcune scuole di moda e
design, anche a livello internazionale: Istituto Ied e Marangoni di Milano e istituti inglesi
come la Central Saint Martin’s School. L’azienda si fa inoltre promotrice di convegni e incontri mirati alla diffusione dei valori e della ricchezza culturale legata al made in Italy,
collaborando con istituzioni quali il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, Assolombarda, la Camera Nazionale della Moda Italiana, Regione Lombardia, Provincia e Comune di Milano.
Persone fuori e persone dentro l’impresa, dunque: un capitale condiviso su cui vale la
pena investire. Nella convinzione che l’attenzione nei confronti del capitale umano e la
sua valorizzazione siano uno degli assi vincenti dell’impresa, Canclini Tessile ha richiesto
e ottenuto, nel luglio 2007, la certificazione SA 80001. Il primo passo verso lo sviluppo del
progetto Follow Up SA 8000.
Obiettivo del progetto è quello di porre al centro il dipendente, il suo valore umano e sociale e i suoi bisogni personali e familiari. La sfida che quest’iniziativa ha voluto, e vuole,
affrontare è aprire un dialogo a due vie tra lavoratori e imprenditori, operai e responsabili, impiegati e dirigenti, allo scopo di individuare difficoltà, bisogni e punti di contatto.
Il metodo utilizzato per raggiungere questo scopo è stato analizzare le problematiche personali dei dipendenti, anche in relazione all’adempimento dei propri compiti (soddisfazione e valorizzazione individuale, ottimizzazione della qualità della prestazione, verifica
dei miglioramenti ottenuti, ...) mediante approfondite interviste individuali, svolte durante l’orario di lavoro.
In primo luogo il progetto è stato presentato ai sindacati e, una volta ottenuta l’approvazione e il sostegno, sono stati sviluppati e hanno preso avvio i cicli di interviste (individuali
approfondite) mirati a identificare:
1. i bisogni primari delle persone (individuare per ciascun dipendente tre fra i suoi bisogni primari, al fine di valutare se ci possano essere delle iniziative che l’impresa possa mettere
in atto per soddisfare tali bisogni. Ad esempio: sostenere parte dei costi dei conti correnti,
creare delle agevolazioni per i mutui, stipulare convenzioni con gli asili nido della zona o
addirittura pensare di mettere in piedi un servizio interno ad hoc);
2. i problemi organizzativi più comuni (cioè andare a individuare quelle che sono le difficoltà oggettive, e soggettive, più frequentemente incontrate dai dipendenti, al fine
di strutturare meglio l’organizzazione del lavoro);
3. le nuove proposte gestionali (cioè stimolare nel dipendente la condivisione di idee e
1
La certificazione SA8000 è focalizzata sulla verifica della qualità delle condizioni lavorative nel contesto e a
monte dei processi produttivi di un’impresa. Lo standard SA8000, la cui adozione si sta diffondendo tra le imprese italiane, è stato sviluppato nel 1997, poi rivisitato nel 2001 e nel 2008, dal SAI (Social Accountability International), che attualmente rappresenta l’ente di accreditamento internazionale a cui devono rivolgersi gli
organismi terzi (tipicamente le società di consulenza) che intendono certificare le aziende.
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009Canclini:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.45 Pagina 69
suggerimenti, al di fuori delle procedure già esistenti, per migliorare il clima, l’efficacia e l’organizzazione del lavoro).
Il team di lavoro ha previsto un responsabile interno all’azienda, Monica Gallo, Responsabile del Personale, che conoscesse approfonditamente il clima e le problematiche aziendali, oltre alle persone coinvolte, e un consulente esterno, La Dottoressa Chiara Mastinu,
esperta dell’Unione Industrali di Como, che ha affiancato l’azienda fin da subito nello sviluppo del progetto e nello svolgersi dei colloqui.
La paziente costruzione di un clima sereno e informale, che mettesse i dipendenti il più
possibile a proprio agio, è risultata indispensabile all’avvio di un proficuo dialogo. Durante i colloqui si è voluta infatti dare la possibilità alle persone di avere un esperto disponibile ad ascoltare, non soltanto le vicende legate alla propria vita sul luogo di lavoro,
ma anche confidenze strettamente personali.
“Inizialmente, durante le prime giornate di colloquio, il personale di reparto ha dimostrato una certa ritrosia nel rispondere, dovuta a una naturale diffidenza di fronte alla
nuova iniziativa e al timore di subire una sorta di ‘esame indiretto’ da parte del datore di
lavoro. Nel tempo invece si è registrato un sensibile e unanime apprezzamento nei confronti della disponibilità della direzione, nel proporsi e cercare di venire incontro alle esigenze personali e/o familiari del dipendente”.
Superata la diffidenza iniziale, la maggior parte dei dipendenti intervistati si sono dimostrati soddisfatti dell’iniziativa. Le interviste non sono state vissute come ‘una perdita di
tempo’, ma come occasioni di riflessione e attenzione dell’azienda nei confronti delle sue
persone e delle loro famiglie.
Il risultato è stato l’individuazione di una serie di iniziative attivabili, suggerite dal personale intervistato; un notevole sviluppo delle capacità di ascolto e mediazione dei capiturno; un tangibile miglioramento del clima aziendale e del benessere dei dipendenti.
L’esperienza del responsabile di progetto
La Dottoressa Monica Gallo, Responsabile Risorse Umane di Canclini Tessile, è stata la referente interna di sviluppo del progetto. Ha potuto osservare con attenzione l’evoluzione
dell’approccio dei dipendenti rispetto a questa iniziativa, alle interviste interne e alle reazioni che hanno stimolato.
“Il mio ruolo è stato quello di coordinare il progetto il tutte le sue fasi, cercando di conciliare le esigenze dei lavoratori con le necessità dell’azienda, coadiuvando al massimo il
lavoro della consulente esterna, la Dottoressa Chiara Mastinu dell’Unione Industriali di
Como. Fondamentale per la buona riuscita del nostro lavoro è stata la mediazione della
rappresentante della RSU, che con il cui appoggio e sostegno, ha notevolmente facilitato
l’inserimento dei colloqui nel contesto del normale iter lavorativo. L’iniziale ritrosia da
parte di tutti, anche del responsabile di stabilimento, che si vedeva, anche se temporaneamente, ‘privato’ di risorse importanti per la produzione, è stata superata e premiata
dai risultati. Con un paziente lavoro di avvicinamento, siamo infatti riusciti a stabilire un
rapporto di fiducia tra i dipendenti e Chiara, a cui chiunque poteva raccontare le proprie
esperienze e difficoltà, anche molto personali, con la certezza di un totale rispetto della
privacy e della riservatezza professionale. Fin da subito è stato ben chiaro che il risultato
dei colloqui aveva come unico fine la raccolta di pareri ed esperienze mirate ad attuare
soluzione e ottenere miglioramenti in azienda.
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009Canclini:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.45 Pagina 70
Fondamentale in questo percorso è stata anche la completa disponibilità e flessibilità di
orari della Dottoressa Mastinu, che ha permesso di intervistare tutti i dipendenti dello stabilimento di Lurate Caccivio (che lavorano a ciclo continuo su tre turni).
A conclusione delle interviste nello stabilimento di orditura è seguito un momento di riflessione, analisi e individuazione dei primi risultati, per poter delineare un sintetico e
immediato quadro della situazione da presentare alla Direzione. Sono stati individuati bisogni di natura lavorativa e personale: i primi sono state analizzati in funzione dei progetti
aziendali in corso, valutando con la Direzione a quali dare priorità e quali richieste considerare secondarie. I secondi sono stati classificati in macro-categorie, per cui proporre
specifiche attività e iniziative comuni ai dipendenti di tutti gli stabilimenti”.
Passiamo ora all’esperienza della Dottoressa Chiara Mastinu, referente Area risorse umane
di Servizi Industiali dell’Unione Industriali di Como, partner del progetto, che analizzerà
come è stato costruito il percorso di coinvolgimento dei dipendenti e come si è evoluto
l’aspetto relazionale col personale lungo tutto lo svolgersi del progetto.
“In particolare, per rendere positivo il primo approccio con i dipendenti e renderli più disponibili al coinvolgimento, è stato importante sia il mio apporto iniziale come figura
esterna all’azienda, sia quello della Rappresentante sindacale. Una volta annunciata (con
pubblicazione in bacheca) la nostra congiunta presenza in azienda, insieme alla responsabile del personale, al tavolo di definizione e svolgimento del progetto, è stato più semplice rassicurare il personale sui comuni intenti di proficua e mirata mediazione tra le
esigenze personali oltre che professionali dei lavoratori e quelle aziendali.
In seguito, il dipanarsi delle giornate di colloqui individuali, ha dato chiara testimonianza
dell’intenzione della direzione di “non esaminare” il proprio personale ma, anzi, farsi “più
prossima” ai bisogni espressi dai singoli. A riprova di ciò le “chiacchierate” (senza orologio alla mano!) erano svolte in azienda, non solo in sale riservate (per i colloqui prettamente personali), ma anche presso la postazione di lavoro, per far “toccare con mano” la
realtà quotidiana, produttiva e non, del lavoratore. Il riscontro dell’instaurarsi di un dialogo ‘interno’ più aperto e fiducioso, a tutti i livelli dell’organizzazione, è stato certificato
dalla richiesta (maggiore che in passato) di consigli operativi e relazionali alla direzione
di reparto e di stabilimento, oltre che all’intervistatrice”.
La Dottoressa Mastinu è inoltre responsabile della neonata Area Risorse Umane di Servizi
Industriali dell’Unione Industriali di Como che, anche grazie alle esperienze sviluppate in
passato con le aziende (come nel caso di Canclini), punta sul rinnovato interesse nell’affiancarle, sia quelle associate che non, nell’attenta gestione delle risorse umane, offrendo
una diversificata gamma di servizi quali: valutazione, inserimento, controllo dei processi,
consulenza di l’organizzazione aziendale. Nel dettaglio: il servizio di valutazione consiste
nel sottoporre ad indagine approfondita delle caratteristiche personali e attitudinali (valutazione del potenziale, bilancio di competenze, ecc.) il personale già inserito in azienda
o individuato come interessante/da reclutare. Il servizio inserimento si concretizza in una
consulenza tecnica sulle opportunità previste dalla normativa, legale o contrattuale, volta
a ottimizzare l’inserimento in azienda di nuovo personale, scegliendo la miglior tipologia
di rapporto professionale e fornendo assistenza durante il periodo di prova, con relativa
valutazione in vista della conferma o meno in servizio. Il Controllo dei processi (Follow up)
avviene attraverso l’attento esame della collocazione delle risorse umane rispetto alle
procedure aziendali e lo studio delle problematiche del personale, in relazione all’adempimento dei compiti (soddisfazione e valorizzazione individuale, ottimizzazione della qualità della prestazione, verifica dei miglioramenti ottenuti e così via) La consulenza
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sull’organizzazione aziendale si attua grazie a una rilevazione e un’analisi della situazione
esistente. Così studiato il quadro generale, vengono di conseguenza elaborati gli opportuni percorsi di sviluppo aziendale e progettate le più indicate soluzioni organizzative per
il raggiungimento degli obiettivi strategici.
In sintesi: le tappe del progetto e i risultati
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Gennaio 2008: avvio del progetto;
2009: programma attualmente in corso;
6000 euro: costi sostenuti dalla nascita del progetto ad oggi;
165 persone coinvolte: tutti i dipendenti dei 3 stabilimenti Canclini;
team di progetto formato da 2 persone: un Responsabile Risorse Umane interno, un
consulente esterno, messo a disposizione dall’Unione Industriali di Como.
Periodicità delle azioni
– Nel breve periodo la direzione di stabilimento e di reparto riunirà velocemente, ma in
modo periodico, i capi turno per monitorare e offrire soluzioni specifiche alle problematiche tecnico-pratiche quotidiane del personale;
– nel medio periodo verranno ripetuti periodicamente i colloqui per dare seguito al progetto di costruzione di un dialogo continuo, basato sull’identificazione del problemabisogno e repentino suggerimento e messa in atto di una o più soluzioni;
– altro obiettivo concreto e immediato è far crescere professionalmente i capi turno, in
modo che siano in grado di gestire personalmente e sempre meglio i rapporti interpersonali, intervenendo con un check, anche se di primo livello, sulle esigenze (quotidiane e non) degli operai.
Risultati del progetto
– Miglioramento del clima aziendale interno, dovuto alla consapevolezza di poter esprimere con maggior libertà le proprie esigenze personali e lavorative, con rinnovata fiducia nei confronti della direzione aziendale;
– aumento del grado di integrazione e del senso di appartenenza dei dipendenti, sempre più consapevoli e partecipi delle vicende aziendali;
– costruzione di un rapporto pro-attivo dei dipendenti nei confronti dell’impresa. Si è
registrato infatti un aumento di idee e soluzioni da loro spontaneamente suggerite.
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Lubiam moda per l’uomo e il progetto
Condividere e diversificare per meglio conciliare
di Sara Annoni
Il progetto Condividere e diversificare per meglio conciliare
ha vinto il Premio FamigliaLavoro Prima edizione nella categoria:
Sviluppo di partnership con il territorio.
Motivazione della giuria
Per lo storico impegno dell’azienda nel territorio mantovano e per essere riuscita a creare
un network di coinvolgimento di istituzioni, sindacati e enti territoriali al fine di implementare politiche di conciliazione famiglia lavoro in azienda.
Lubiam moda per l’uomo
Azienda familiare di confezioni, nasce a Mantova nel 1911 con Luigi Bianchi, prendendo
il nome dal suo fondatore e dalla città in cui l’impresa ha sede. La storia della Lubiam
passa attraverso quattro generazioni di imprenditori, che segnano le tappe della crescita
e dello sviluppo dell’impresa. Una grande sartoria che produce abiti personalizzati, un
prèt-à-porter non di serie, che si esprime stilisticamente in varie linee.
A Edgardo Bianchi, figlio di Luigi, si deve questo nuovo modo di concepire la confezione:
coniugare la cura minuziosa del sarto con la produzione industriale in serie, rendendo accessibile a un pubblico più vasto un prodotto di alta qualità. Al figlio di Edgardo, Giuliano,
si deve lo sviluppo dei servizi alla clientela e il consolidamento del mercato sia in Italia
che all’estero. La nuova generazione è formata da Edgardo jr., Responsabile delle strategie aziendali; Giovanni, Product Manager; Gabriele, Responsabile delle Ricerche tecnologiche; Andrea, Responsabile Commerciale del mercato americano; Laura, Designer e
Architetto.
Il brillante team sta sviluppando l’offerta aziendale, con forti investimenti nelle collezioni
e con nuovi progetti tesi a garantire il continuo rinnovamento, pur mantenendosi fedele
alla tradizione, al legame forte con il territorio, con la sua cultura e con il tessuto sociale
di una città che ha intrecciato alle vicende e ai successi di questa azienda tanta parte della
sua storia.
Oggi Lubiam ha varcato i confini nazionali affermandosi, oltre che in tutt’Europa, in America, Canada, Asia e Giappone, diventando un punto di riferimento internazionale per il
Made in Italy.
Progetto Condividere e diversificare per meglio conciliare
“Condividere e diversificare per meglio conciliare” è il progetto di azioni positive per la
flessibilità, che ha origine dall’art. 9 della legge 53/2000. Intende innanzitutto creare le
condizioni affinché i lavoratori e le lavoratrici Lubiam, con esigenze di cura dei familiari,
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010Lubiam:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.45 Pagina 74
vengano posti nelle condizioni di poter vivere serenamente l’esperienza lavorativa, in
equilibrio con la propria dimensione personale di genitori.
In un primo step l’azienda ha cercato di indagare e comprendere le reali aspettative, esigenze e desideri dei dipendenti, allo scopo di definire i tempi e le modalità organizzative
del lavoro che meglio potessero soddisfare questi bisogni. Il progetto ha previsto diverse
azioni: riduzione dell’orario di lavoro per i lavoratori e le lavoratrici con esigenze di conciliazione dei tempi di lavoro con quelli familiari e la relativa sostituzione con altro collega;
variazione dell’orario dei turni di lavoro per quei dipendenti con contratto part-time i cui
orari sono incompatibili con la gestione dei figli e dei genitori anziani; introduzione di misure di flessibilità attraverso l’agevolazione degli orari di lavoro in entrata e uscita; formazione di coppie di lavoro e concessione del telelavoro; progettazione e realizzazione di
percorsi formativi e di accompagnamento per i dipendenti che rientrano al lavoro dopo un
lungo periodo di congedo parentale. Inoltre è stato istituito un punto family chiamato
“Spazio per Te”, per l’ascolto e la gestione di problematiche relative ai temi della conciliazione.
Lubiam intende così rispondere all’esigenza, fortemente sentita ed espressa dai dipendenti, di poter dedicare più tempo alla cura dei propri familiari, dedicandosi personalmente all’educazione e alla cura dei figli e dei familiari anziani, senza dover
obbligatoriamente ricorrere ad apposite strutture di accoglienza. In particolare, si è riscontrato che la preoccupazione maggiore dei genitori che lavorano in Lubiam è la gestione di quel lasso di tempo che passa tra l’uscita da scuola dei figli e il rientro a casa dei
genitori. Non sempre è possibile identificare luoghi e persone adeguate e di fiducia a cui
affidare i figli.
Il progetto “Condividere e diversificare per meglio conciliare” tutela lavoratrici e lavoratori con necessità di conciliazione e che richiedono misure di flessibilità ma, al contempo,
intendono mantenere i propri incarichi e ruoli in azienda. Conciliare significa venire incontro alle esigenze del lavoratore, senza dequalificarne la professionalità.
Tutela, a maggior ragione, quelle lavoratici che tornano al lavoro dopo il congedo di maternità. In altre realtà spesso le neo-mamme si trovano, al rientro, a dover svolgere mansioni diverse da quelle assegnate prima dell’assenza prolungata. Ciò comporta una
penalizzazione personale, non tanto sul piano della qualifica formale, quanto piuttosto
sulla perdita di competenze acquisite in anni di lavoro. La formazione al rientro dalla maternità assume, pertanto, più valore se si pensa che gran parte delle dipendenti Lubiam
sono impiegate alla catena di produzione: ciò significa che devono essere immediatamente sostituite, che spesso non possono tornare a svolgere le stesse mansioni di prima,
che sovente devono acquisire velocemente nuove competenze.
Le misure di flessibilità applicate dall’azienda tentano inoltre di andare incontro ad una
molteplicità di esigenze avvertite da quei lavoratori che, pur avendo necessità di conciliazione, non possono o non vogliono ricorrere alla riduzione dell’orario di lavoro. Per andare incontro a questi specifici bisogni, pur rispondendo alle esigenze organizzative e
produttive dell’azienda, sono state create delle “Coppie di lavoro”, formate da due o più
lavoratori/trici in grado di portare a termine le consegne, grazie alla complementarietà
perfetta tra abilità e competenze di ognuno e alla condivisione di responsabilità. Usufruiranno pertanto dell’indubbio beneficio di potersi auto-gestire, godendo di una relativa
flessibilità d’orario. La necessità di variare il proprio orario di lavoro verrà soddisfatta da
uno scambio con la collega, che per contro non abbia necessità immediata di ricorrere a
ferie o permessi. “A buon rendere”, come direbbe un vecchio proverbio popolare.
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Infine lo sportello “Spazio per te”, istituito dopo una consultazione con i dipendenti, ha
lo scopo principale di accogliere e ascoltare le problematiche dei lavoratori legate alla
conciliazione della dimensione familiare con quella lavorativa e di individuarne le soluzioni
adatte. Il servizio si sviluppa in un primo colloquio con una consulente familiare in azienda,
che potrà eventualmente indirizzare a consulenti esterni specializzati (avvocato, psicologa, commercialista, dietista, ginecologa, ostetrica, consigliera di parità, medico, ...) che
accompagneranno il dipendente nella risoluzione dei bisogni emersi nel colloquio conoscitivo iniziale.
Per gestire questo complesso programma di azioni è stato istituito un comitato interno all’azienda, che funge da organismo di supervisione periodica sull’andamento del progetto,
composto da un rappresentante aziendale (nella persona di Edgardo Bianchi, amministratore delegato Lubiam), un rappresentante sindacale nominato dalle R.S.U. (Alessandra Azzali), Marzia Bianchi, coordinatrice del progetto e Ivana Pastorello, dipendente
Lubiam, interfaccia per le relazioni con il personale, la Consigliera Provinciale di Parità per
Mantova (Grazia Cotti Porro) e un’esperta di politiche progettuali e gestionali (Arianna
Visentini).
La voce del responsabile di progetto
Abbiamo chiesto a Marzia Bianchi, in quanto moglie del Presidente Ing. Giuliano Bianchi,
di raccontarci da chi è composta e come è nata questa fitta rete di collaborazioni con istituzioni e esperti sul territorio, che ha affiancato l’azienda nello sviluppo e nella gestione
del programma. “Possiamo dire che il progetto sia nato al Tavolo Provinciale delle Pari Opportunità, al quale io rappresento il Volontariato mantovano e Grazia Cotti Porro è Consigliera di Parità. La legge 53/2000 era ancora poco conosciuta nella nostra realtà
territoriale e l’idea di sviluppare un progetto di conciliazione famiglia-lavoro in un’azienda
storica come Lubiam, anche per dare impulso alle buone pratiche che si possono sviluppare a partire da questa legge, è iniziata in quel contesto. Il progetto ha quindi preso
avvio da un accordo sindacale firmato nell’ottobre 2006 tra Lubiam e le R.S.U. CGIL, CISL
e UIL che prevedeva la formalizzazione di un impegno nell’ambito delle politiche femminili, della conciliazione dei tempi e della diffusione degli obiettivi della legge 53/2000,
articolo 9. Numerosi gli enti locali coinvolti: Provincia di Mantova (Assessore al Lavoro,
Assessora alle Pari Opportunità, Consigliera di Parità), Comune di Mantova (Sindaco e Assessora alle Pari Opportunità), CGIL, CISL, UIL, Confindustria, Associazione Piccole e Medie
Imprese, Unione del Commercio, Camera di Commercio di Mantova, Unione Provinciale
Artigianato. Ha inoltre collaborato al progetto, in fase più avanzata, l’Associazione di Volontariato “Centro di Aiuto alla Vita” di Mantova, in qualità di coordinatore dello sportello
“Spazio per te”.
Il progetto si è sviluppato partendo da una prima verifica d’interesse, coordinata da un
consulente esterno, rivolta alle componenti sindacali e ai lavoratori dell’azienda, riguardo
all’adozione di politiche di conciliazione ancora più strutturate rispetto a quelle già storicamente adottate dall’azienda.
La definizione delle politiche e della programmazione delle azioni è avvenuta in collaborazione con i rappresentanti sindacali, i responsabili della produzione e dell’Ufficio del
Personale. Le azioni di conciliazione vengono realizzate dal personale interno con il supporto di una società di consulenza esterna e la supervisione periodica del comitato di gestione”.
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È inoltre interessante ripercorrere con il Dottor Edgardo Bianchi jr., Amministratore Delegato di Lubiam, quelle che sono state le tappe storiche dell’impegno dell’azienda nei confronti dei dipendenti. Hanno segnato non soltanto delle svolte organizzative forti per
l’impresa, ma anche delle tappe di sviluppo e sostegno della comunità mantovana.
“L’amore per il territorio mantovano, la valorizzazione dei dipendenti e il rispetto delle
loro esigenze familiari sono tradizioni intramontabili per Lubiam. Continuando a sviluppare
questa cultura d’impresa ‘family oriented’ e il progetto di conciliazione, abbiamo voluto
continuare il grande lavoro iniziato e portato avanti con costanza dai nostri predecessori,
in particolare da mio nonno Edgardo. Lubiam è attiva nella città di Mantova dal 1911. Sin
dall’inizio i dipendenti sono stati per la maggior parte donne e l’azienda è da sempre all’avanguardia per i servizi offerti ai lavoratori: nei primi decenni del ’900 vengono attivati
la mensa aziendale (nel 1933, la prima in tutta la provincia), il Dopolavoro per la gestione
delle attività ricreative, la biblioteca, le vacanze estive per i dipendenti organizzate dall’azienda, le case per i lavoratori costruite a ridosso della fabbrica per agevolare soprattutto le donne dopo l’apertura della nuova sede in viale Fiume (1938). Poi, durante la II
Guerra Mondiale, il ruolo delle donne si fa più importante, in assenza degli uomini impegnati al fronte, e ancora di più l’azienda rappresenta la fonte di reddito per centinaia di
famiglie. Finita la guerra riprendono in pieno sia l’attività lavorativa che le iniziative ricreative e l’azienda implementa le azioni di sostegno alle famiglie dei dipendenti. Tradizionale, fin dal 1950, era la destinazione di contributi non secondari alle spese che il
lavoratore sosteneva per andare in ferie al mare o in montagna. Al di là del tempo libero,
notevole il finanziamento senza interessi per l’acquisto della prima casa o la copertura totale delle spese ospedaliere in caso di malattie gravi. Viene inoltre costruito, negli anni
Sessanta, un intero quartiere intorno alla fabbrica, dove ancora oggi abitano un gran numero di dipendenti. Un dialogo diretto dunque tra imprenditore e dipendenti, volto al benessere collettivo.
E oggi? La presenza femminile è sempre largamente maggioritaria in Lubiam e ampiamente valorizzata e tutelata: estesa l’applicazione del part-time (34%) e l’introduzione del
piano di azioni positive per la flessibilità (in adesione alla legge 53/2000) ampliamente
sopra descritto. Per concludere mi piace ricordare un’iniziativa semplice, ma che rispecchia la sincerità della nostra attenzione verso le persone. Ad ogni dipendente che diventa
mamma o papà, Lubiam invia un omaggio floreale, intendendo sottolineare la gioiosa
partecipazione ad un evento che rappresenta un importante traguardo personale e un valore per la comunità”.
In sintesi: le tappe dell’impegno per i dipendenti e i numeri del progetto
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Anni ’30: viene introdotta la mensa e l’asilo nido aziendale, oltre le attività del dopolavoro;
anni ’50: l’azienda finanzia prestiti senza interessi ai dipendenti per l’acquisto della
prima casa; assegna premi fedeltà ai dipendenti; organizza vacanze e viaggi in Italia
e all’estero;
anni ’70: viene costruito un intero quartiere intorno alla fabbrica;
dal 2006: Piano di azioni positive per la flessibilità “Condividere e diversificare per meglio conciliare”;
330 i dipendenti coinvolti, di cui il 34% con contratto part-time.
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Le azioni del piano
– Riduzione turni e orari di lavoro per cura dei familiari;
– formazione di coppie di lavoro che condividano responsabilità e flessibilità;
– percorsi formativi al rientro dalla maternità;
– sportello family-friendly di ascolto in azienda;
– creazione di un comitato di gestione interno e di un’intesa territoriale per lo sviluppo
del piano.
Destinatari suddivisi per tipologia di azione
– 4 richieste di riduzione dell’orario di lavoro + 4 nuovi sostituti part-time;
– 3 richieste di variazione del turno di lavoro con 3 nuovi/e assunti/e a tempo pieno;
– 20 azioni di flessibilità di orario di 30 minuti;
– 3 azioni di flessibilità totale dell’orario giornaliero;
– 2 richieste di tele-lavoro;
– 4 azioni di costituzione di coppie di lavoro;
– 10 azioni di formazione al rientro maternità;
– possibilità per tutti di accesso gratuito allo sportello “family friendly”.
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BeM Service Center e il progetto
Madri laboriose d’eccellenza
di Sara Annoni
Il progetto Madri laboriose d’eccellenza di BeM Service Center
ha vinto il Premio FamigliaLavoro Prima edizione nella categoria:
Miglior iniziativa di flessibilità.
Motivazione della giuria
Per l’attenzione posta alla rinegoziazione dei contratti del team aziendale, attivando diverse forme di flessibilità accompagnate da nuove assunzioni e programmi di formazione
continua per i dipendenti, ai fini di adeguarsi alle esigenze degli stessi e garantendone al
contempo un’elevata qualità professionale. Nota di merito: l’impegno dell’azienda nel
diffondere e divulgare la cultura delle pari opportunità e della flessibilità nel proprio territorio di riferimento, ponendosi come soggetto pilota.
BeM Service Center
BeM Service Center srl è una società di servizi strutturata per il supporto alle piccole e
medie imprese del Commercio, del Turismo e dei Servizi aderenti all’Associazione dei
Commercianti di Abbiategrasso e Circondario.
L’area di intervento riguarda l’elaborazione dei dati e l’assistenza contabile e fiscale, la
formazione e la promozione delle aziende del Commercio, del Turismo e dei Servizi e delle
Professioni del mandamento, attraverso azioni di marketing territoriale, consulenza web
e corsi proposti con regolarità durante tutto l’anno.
Lo staff è composto da 15 dipendenti, di cui 3 a tempo pieno e 12 a part-time personalizzato, in un’ottica di una produttiva flessibilità lavorativa.
Progetto Madri laboriose d’eccellenza
BeM Service Center, grazie al progetto Madri laboriose d’eccellenza, ha strutturato un
nuovo modello di organizzazione lavorativa, in grado di conciliare le esigenze di produttività aziendale con gli impegni familiari delle lavoratrici, eludendo il rischio di vivere lo
status di lavoratrice madre come una “faccenda” esclusivamente personale.
Il progetto è partito a luglio 2006 per concludersi nel giugno 2008, per una durata complessiva di 24 mensilità. La fase iniziale è stata seguita da un consulente esterno che ha
analizzato il contesto lavorativo attraverso osservazione diretta e interviste personali ai
dipendenti. Di conseguenza è stato tracciato un bilancio delle competenze finalizzato in
primo luogo all’individuazione delle figure più idonee a ricoprire ruoli ben definiti in
azienda, nell’ottica di una riorganizzazione aziendale basata sulla complementarietà. In
secondo luogo allo sviluppo delle singole professionalità e potenzialità, definendo le strategie di miglioramento. Al fine di divulgare le linee guida e i principi della conciliazione,
è stata inoltre stilata e distribuita al personale una Carta dei valori aziendali. Contestual-
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mente è stato creato e introdotto in azienda un regolamento della flessibilità e il software
gestionale “banca delle ore”, per automatizzare la contabilizzazione dei tempi di lavoro.
A gennaio 2007 è inoltre entrata in funzione la extranet aziendale, che ha permesso la
condivisione delle informazioni e l’interazione a distanza tra i dipendenti.
Su richiesta del personale sono stati introdotti il part-time e l’orario flessibile integrati da
nuove assunzioni a part-time, che hanno creato nuova occupazione. I neo-assunti sono
stati affiancati da impiegati di uguale livello, a tempo pieno per i primi due mesi e per
quattro ore settimanali dal terzo al quarto mese. Anche le dipendenti in rientro dalla maternità hanno potuto usufruire di un periodo di affiancamento e reinserimento.
Affinché la riduzione dell’orario non si traducesse in una dequalificazione, tutto il personale è stato coinvolto in un processo di formazione continua, finanziata, strutturata in
modo da incrementare le competenze professionali e, nel contempo, divulgare la cultura
della parità e della valorizzazione delle risorse umane. Sono stati inoltre attivati servizi di
counseling, un efficace mezzo di sostegno psicologico e motivazionale, la cui necessità
era emersa nell’ambito del gruppo di lavoro, come risposta al senso di disagio delle dipendenti-madri derivante dall’ineguale incidenza tra i generi delle responsabilità e dei carichi familiari.
Per tutta la durata del progetto lo staff è stato soggetto ad un costante monitoraggio attuato attraverso incontri periodici programmati con il personale, atti a rilevare il livello motivazionale, le capacità organizzative e le competenze acquisite.
Ma quali sono i risultati ottenuti, grazie a questo lungo percorso che ha portato a rivedere
le “abitudini organizzative” dell’impresa? In primo luogo BeM Service Center, attraverso
la destandardizzazione delle condizioni lavorative, si configura con una struttura più snella
e flessibile, più efficiente e pertanto più competitiva. È diventata un’impresa “partecipativa”, attenta al coinvolgimento del personale e alla formazione continua, che ne migliora
costantemente gli standard qualitativi. L’incremento della soddisfazione personale, di per
sé difficilmente “contabilizzabile”, ha portato a una riduzione delle assenze, una maggior motivazione e uno sviluppo del senso di appartenenza. Inoltre la possibilità di attivare in azienda un progetto che ha beneficiato delle azioni di flessibilità in materia di
conciliazione lavoro – famiglia (ex art. 9 legge 53/2000) in fase sperimentale e poi mantenuto e sviluppato in modo indipendente dall’azienda, ha costituito una valida occasione
di crescita, un’opportunità per implementare sistemi di gestione e informatizzazione all’avanguardia, al servizio dei dipendenti e di un’organizzazione del lavoro più autonoma
e flessibile.
Il progetto non si è rivolto soltanto all’azienda nella sua organizzazione interna, ma ha
avuto forti riscontri e risultati anche sul territorio e nel contesto sociale. BeM Service Center, in qualità di supporto operativo dell’Associazione Commercianti di Abbiategrasso, si
è infatti impegnata a divenire punto di assistenza e d’informazione in materia di conciliazione per le aziende del territorio e referente credibile nel supportare iniziative che
hanno come finalità il miglioramento della qualità della vita delle persone. Inoltre, ha
collaborato con il comune di Abbiategrasso e con alcuni comuni limitrofi nell’organizzazione di eventi finalizzati alla sensibilizzazione al tema in oggetto. Dal 2008 Brunella
Agnelli, Amministratore Delegato di BeM Service Center, è entrata a far parte della commissione delle pari opportunità del comune di Abbiategrasso in qualità di rappresentante
degli imprenditori. Obiettivo dell’organismo è l’organizzazione periodica di incontri pubblici e iniziative per focalizzare l’attenzione sulle tematiche in questione, sensibilizzando
l’opinione pubblica e favorendo la partecipazione dei cittadini e delle cittadine.
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La voce del responsabile di progetto
Abbiamo chiesto a Brunella Agnelli di raccontarci come è nata l’idea di investire così tanto impegno, tempo e energie per rivedere l’intera organizzazione aziendale al fine di fare della flessibilità e del part-time lo strumento vincente della sua impresa.
“Il problema della conciliazione non può e non deve essere vissuto come una questione privata
tra impresa e lavoratore, ma è una questione che coinvolge il sistema sociale nel suo complesso. Un buon equilibrio tra dimensione lavorativa e familiare va a vantaggio di tutti i soggetti coinvolti e anche della comunità. Localmente non sono ancora state attivate politiche di
welfare in quest’ambito e le soluzioni offerte a chi chiede consiglio e appoggio sono ancora
troppo standardizzate. Il territorio per contro deve intervenire per creare e coordinare network
di soggetti pubblici e privati in grado di operare insieme per raggiungere un obiettivo ancora
più ambizioso: l’armonizzazione dei tempi della città, oltre a quelli famiglia-lavoro. Una conciliazione allargata non più ai singoli soggetti impresa, dipendenti e loro famiglie, ma alla comunità e alla città. Nel corso di questi due anni di progetto abbiamo cercato un confronto e una
collaborazione con aziende che, come noi, avessero attuato iniziative e implementato buone
prassi. Con grande rammarico abbiamo constatato che, nella maggior parte dei casi, le buone
pratiche decadevano a fine sperimentazione. La non-sostenibilità di alcuni progetti, infatti, ha
comportato la sopravvivenza di strumenti capaci d’apportare aiuti marginali a scapito di misure
di conciliazione atte a supportare azioni di lungo periodo, con aspirazioni di alto profilo. La conciliazione oggi rappresenta uno strumento indispensabile per garantire l’occupazione, non solo
femminile, tutelando quei diritti imprescindibili del lavoratore e la sua naturale ambizione a essere, oltre che dipendente efficiente, genitore affidabile.
Il mio impegno, oltre che in azienda, anche a livello politico-istituzionale è spalleggiato dalla
mia forte convinzione che, per ottenere un ottimo risultato, bisogna crederci, impegnarsi di
persona ed esserci, soprattutto su argomenti non ancora così diffusi e prioritari come la conciliazione. La diffusione e la valorizzazione delle buone pratiche adottate dalle aziende non è residuale, ma indispensabile per sensibilizzare e incidere sulla cultura dell’opinione pubblica e
delle amministrazioni. In questi due anni di sperimentazione, col supporto dell’Associazione
Commercianti di Abbiategrasso e Circondario, abbiamo operato quali “imprenditori della conciliazione” cercando di farci portavoce e diffondere una cultura votata alla persona, coinvolgendo tutti gli attori territoriali. Un grande sforzo, ma doveroso.”
In sintesi: le tappe del progetto
2006: prende avvio il progetto di flessibilità “Madri laboriose d’eccellenza”
– Maggio 2006, analisi del contesto lavorativo e accordo sindacale;
– luglio 2006, sviluppo del progetto su 4 aree di intervento:
1. flessibilità d’orario: part-time reversibile e banca delle ore;
2. riorganizzazione del lavoro: madri lavoratrici part-time affiancate da nuove assunzioni;
3. formazione continua: affiancamento per neo-assunti; corsi formativi e servizi di counseling al rientro dalla maternità;
4. informazione: implementazione extranet aziendale e sistema di tele-conferenza per
passaggio di consegne tra i dipendenti.
Giugno 2008: risultati
– Impresa più snella, flessibile, efficiente, competitiva;
– creazione di un consolidato e motivato team di madri lavoratrici d’eccellenza.
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Cittadini S.p.A. e il progetto Reti
di solidarietà femminile
di Sara Annoni
Il progetto Reti di solidarietà femminile di Cittadini S.p.A
ha vinto la Menzione Speciale del Premio FamigliaLavoro, Prima edizione:
Menzione CSR sviluppo solidale internazionale
Motivazione della giuria
Esportando il proprio know-how della lavorazione della rete, l’azienda ha ideato e contribuito a realizzare un retificio per la produzione di reti da pesca a Rameswaram (località Pamban nel Tamil Nadu in India, colpita dallo tsunami), creando sviluppo e
coinvolgendo, in un percorso formativo e di scambio, il personale indiano e i propri dipendenti. Nota di merito: per lo sviluppo del progetto l’azienda ha creato una partnership
con la Fondazione Giuseppe Tovini di Brescia, coordinatrice del progetto, ottenendo il cofinanziamento di Regione Lombardia, CEI, Fondazione Cariplo e AIDDA.
Cittadini S.p.A.
La storia dell’azienda Cittadini S.p.A. si identifica con la storia della lavorazione della rete,
che ha caratterizzato nel tempo, in provincia di Brescia, il territorio del lago d’Iseo, diventando fattore determinante della sua economia, della cultura e del costume dei suoi
abitanti.
Fondata a Sulzano nel 1933 da Cesare Cittadini, dopo decenni di attività sul Sebino, si è
trasferita nell’80 a Paderno Franciacorta (Brescia), dove ha sviluppato, sulle radici di una
tradizione artigianale, tecnologie e un esclusivo know-how nella produzione di tutti i tipi
di reti con nodo e senza nodo, destinati alla pesca, acquacoltura, antinfortunistica, agricoltura, usi tecnici e industriali. Contestualmente, con l’inserimento degli impianti di torcitura, ha creato altre linee di prodotti: cucirini industriali per pelletteria, calzature e
abbigliamento, filati tecnici per tessiture e nastrifici. Questi articoli, valorizzati dall’applicazione di una tecnologia del colore all’avanguardia, hanno ottenuto risultati di eccellenza, conquistando sofisticate nicchie dell’alta moda.
Oggi Cittadini è diventata leader europea nel settore (il 40% del fatturato è destinato all’export), superando le crisi del tessile puntando sulla costante innovazione e sulla strategica collaborazione con centri di ricerca e istituti universitari nel campo delle nano e
biotecnologie.
Alla guida della società è la famiglia Cittadini, Giovanni e la moglie Pia Aina, con i figli Cesare, Marco, Paola (Lorenzo per ora è in prestito alla Nazionale di rugby), orgogliosi di
aver innovato il tradizionale core business della rete, rispettandone la filosofia: “tutti i
nodi sono punti di forza e tutte le maglie si rafforzano lavorando insieme”. Vale a dire: la
centralità e la valorizzazione della persona, la condivisione degli obiettivi, il sostegno solidale e responsabile.
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Su questi valori sono state concretizzate le politiche aziendali di supporto al lavoro femminile e alla famiglia e il Progetto di solidarietà internazionale “Reti di solidarietà femminile”.
Pari opportunità e conciliazione in azienda
L’impresa familiare Cittadini è da sempre attenta alle persone: una grande famiglia unita,
raccolta intorno a una forte identità imprenditoriale, che è riuscita negli anni a portare
avanti le radici produttive del suo territorio, sviluppando e diversificando la produzione e
i mercati di riferimento. A fine 2008 ha festeggiato i 75 anni di storia, insieme a tutti i dipendenti e gli ex-dipendenti ritrovati e invitati grazie ad un accurato lavoro di ricerca. Dimostrazione di un’attenzione particolare verso il personale aziendale. Da tempi non
sospetti infatti l’azienda attua politiche di valorizzazione del personale, della figura della
donna in azienda e di conciliazione famiglia lavoro, mettendo a punto percorsi e accordi
di flessibilità personalizzati. Attualmente l’azienda impiega 74 dipendenti, di cui 51
donne, il 28,5% delle quali lavora con contratti part-time di 4/5 ore giornaliere e il 30%
con orari personalizzati, collegati agli orari dei nidi, delle scuole materne oppure agli orari
di lavoro dei mariti, con i quali si alternano nella cura dei figli o di familiari anziani.
Pia Cittadini, promotrice in prima persona di queste azioni, con il suo approccio appassionato e coinvolgente, ci racconta: “Attuare politiche aziendali orientate alla valorizzazione
delle competenze femminili e all’applicazione di buone prassi di conciliazione tempi vitalavoro per le dipendenti è il nostro modo per conservare e far crescere un patrimonio di
competenze e professionalità, il cui scrigno sono le persone che lavorano con noi. La conciliazione è uno strumento di responsabilità sociale, positivo non solo per la vita familiare
della lavoratrice-madre, ma anche per l’azienda che, favorendo il rientro al lavoro dopo
la maternità, mantiene un patrimonio di professionalità accresciuta da una forte motivazione e serenità della dipendente, a beneficio della stessa efficienza produttiva”.
L’attenzione di Pia Cittadini verso queste tematiche non si limita alla propria azienda, ma
si concretizza in un importante impegno e attivismo associativo e di sensibilizzazione. Ad
esempio nell’ambito dell’Associazione Industriale Bresciana, partecipa al Comitato promotore di AIB Femminile Plurale, nato allo scopo di valorizzare la presenza femminile nel
mondo del lavoro, con progetti di formazione e collaborare con enti ed istituzioni operanti
sul territorio. È stata promotrice in prima persona di iniziative quali la recente mostra fotografica “Donne al lavoro. 1900-1950”, allestita per la prima volta a Palazzo Martinengo
a Brescia e ora itinerante e molto richiesta in diverse realtà italiane. “Scopo principale di
questa iniziativa culturale è documentare il lavoro femminile e lo straordinario contributo
all’evoluzione socio-economica della Provincia di Brescia e del nostro Paese, ripercorrendo
storicamente le trasformazioni delle condizioni di vita della donna sul posto di lavoro e in
casa, nel suo doppio ruolo di madre e lavoratrice, nel contesto familiare e nella società.
Parimenti, la mostra ha valenza didattica per i giovani, per i quali rappresenta un fondamentale contributo di consapevolezza delle proprie origini e di memoria del passato.”
Progetto Reti di solidarietà femminile
È in questo contesto e in quest’ottica di grandi valori e attenzione alle persone che Cittadini ha ideato, proposto e partecipato alla realizzazione del progetto di sviluppo solidale
internazionale “Reti di solidarietà femminile”.
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Quando si parla di sviluppo internazionale spesso si pensa a complicati piani finanziari e
previsioni di lungo periodo, supportate da approfonditi studi di settore, messi in atto da
grandi multinazionali. La menzione speciale CSR sviluppo solidale internazionale, vinta
dall’azienda Cittadini S.p.A. nel contesto del Premio FamigliaLavoro, mette in luce come
per sviluppo internazionale si possa intendere anche un’azione solidale concreta ed efficace, promossa da un’azienda familiare con poco più di 70 dipendenti. Non serve essere
dei giganti per guardare il mondo con occhi che vadano al di là dei semplici confini nazionali. La famiglia Cittadini è riuscita a vedere il proprio know-how, maturato in tanti
anni di storia aziendale, come risorsa per lo sviluppo di una delle zone più povere del pianeta, colpita dallo tsunami del 2004. Questa forte consapevolezza e la motivazione di
poter essere davvero motore di sviluppo, è stata la leva che ha fatto scattare il lungo percorso del progetto Reti di solidarietà femminile.
Esportando il proprio know-how nella lavorazione della rete, l’azienda ha contribuito a
realizzare un retificio per la produzione di reti da pesca a Rameswaram (località Pamban
nel Tamil Nadu in India, colpita dallo tsunami), coinvolgendo direttamente i dipendenti
nella formazione del personale indiano e nell’avviamento degli impianti. Obiettivo: il sostegno allo sviluppo e il miglioramento delle condizioni socio-economiche delle donne
(in particolare una cinquanta di vedove assunte dalla nuova fabbrica e di una quarantina
di nuclei familiari coinvolti nel confezionamento e montaggio delle reti a domicilio). La
realizzazione del retificio, inaugurato nell’agosto 2008, è stata possibile grazie alla creazione di una partnership tra l’azienda Cittadini, la Fondazione Giuseppe Tovini di Brescia,
coordinatrice del progetto, con il co-finanziamento di Regione Lombardia, CEI, Fondazione
Cariplo e AIDDA.
“L’attività del retificio trasferirà alle donne occupate competenze professionali destinate
a rimanere nel tempo loro patrimonio personale. Le donne vedove quindi, cui in passato
era negato persino il diritto alla speranza, potranno ora guardare al futuro con maggior
serenità, acquisendo, grazie ad un lavoro dignitoso, un nuovo ruolo all’interno della famiglia e della comunità locale, dove parteciperanno attivamente ai processi di sviluppo”.
La Cittadini ha messo gratuitamente al servizio del progetto il proprio know how, curando
la formazione dei tecnici e l’assistenza per l’avviamento degli impianti.
Pia Cittadini è rimasta inoltre particolarmente colpita da come la realizzazione di questo
progetto abbia avuto forti influssi positivi su tutto il personale aziendale interno e non soltanto sui tecnici direttamente coinvolti nella formazione, che si sono trasformati in “cassa
di risonanza esperienziale” per i colleghi.
“Quello che ho riscontrato e che penso sia stato un fattore di successo dell’iniziativa è che
questo retificio è il primo grande progetto partito dal bresciano, che offre un know-how
tecnico produttivo maturato sul territorio a favore della solidarietà e dello sviluppo internazionale. Non è stato, come accaduto in molti casi, un semplice invio di aiuti post-tsunami in denaro o in beni materiali. L’impegno condiviso tra le varie realtà che hanno
partecipato, è stato quello di creare sviluppo, posti di lavoro e professionalità là, sul territorio colpito. Coinvolgere una fascia di popolazione particolarmente fragile (le donne
vedove) in un progetto di sviluppo personale e del proprio villaggio, che sposa la creatività, la concretezza e la tenacia femminile. Parlando poi con i nostri dipendenti mi sono
resa conto di come, ciò che li ha maggiormente colpiti, sia stato il forte valore sociale che
il loro lavoro quotidiano può assumere, oltre i confini dell’azienda e in paesi apparentemente così diversi e lontani. Quest’esperienza è stato un forte motivo di crescita anche per
la visione imprenditoriale della nostra famiglia. Abbiamo sperimentato concretamente
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l’importanza di “andare oltre” grazie al nostro “fare impresa”. Fare impresa non solo all’interno della propria azienda e per se stessi, ma applicare questa “forma mentis” in altri
contesti per creare sviluppo condiviso”.
In sintesi: le tappe del progetto
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Febbraio 2007: avvio del progetto e creazione della partnership tra le realtà coinvolte;
fine 2007: formazione del personale indiano a Paderno Franciacorta;
2007-2008: costruzione del capannone e acquisto impianti;
estate 2008: formazione in India e avvio impianti da parte di un tecnico specializzato
della Cittadini;
13 agosto 2008: inaugurazione del retificio con la popolazione e le autorità locali, alla
presenza della famiglia Cittadini e un rappresentante della Fondazione Tovini;
settembre 2008: inizio della produzione di reti con il primo gruppo di vedove assunte
nel retificio.
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ATM – Azienda Trasporti Milanesi e il progetto
ATM&P Armonizzare i tempi di madri e padri
di Sara Annoni
Il progetto ATM&P Armonizzare i tempi di madri e padri di ATM – Azienda Trasporti Milanesi,
ha vinto la Menzione speciale del Premio FamigliaLavoro Prima edizione:
Miglior progetto ‘in cantiere’
Motivazione della giuria
ATM&P è risultato essere un promettente piano integrato di azioni positive mirate alla
conciliazione famiglia lavoro, rivolto a dipendenti e manager, in ambito informazione e
formazione, attivazione di social network e comunicazione interna, percorsi di accompagnamento alla genitorialità. Il piano è il risultato di un’attenta progettazione basata su bisogni rilevati. Vince la menzione ‘in cantiere’ perchè sarà attuato in azienda entro la fine
del 2009.
ATM Azienda Trasporti Milanesi
Nata nel 1931, dal 2001 l’Azienda Trasporti Milanesi è una Società per Azioni di proprietà
del Comune di Milano e gestisce il trasporto pubblico in area urbana e in 87 Comuni della
Provincia, servendo un territorio con una popolazione complessiva di circa 3 milioni di
abitanti, impiegando un organico aziendale di oltre 8.500 dipendenti. Negli anni, lo spettro delle attività dell’azienda si è progressivamente ampliato nel settore della progettazione e della gestione di servizi per la mobilità, in Italia e all’estero.
Dal 1° gennaio 2007 ATM è strutturata in un Gruppo, formato da una CapoGruppo, ATM
S.p.A., e da 9 società, al fine di governare al meglio i processi e offrire un servizio che risponda alle esigenze della comunità che ne usufruisce.
All’interno delle politiche assunte dal Gruppo ATM nell’ambito della Diversità e delle Pari
Opportunità, un elemento fondamentale per conoscere e valorizzare le differenze presenti al proprio interno, è rappresentato dallo sviluppo del tema della conciliazione.
La Politica di Conciliazione Famiglia-Lavoro del Gruppo, intende raggiungere la sua finalità applicando una governance basata sui seguenti principi dichiarati: essere impresa socialmente responsabile; sviluppare una reale cultura del management su Diversità, Pari
Opportunità e Conciliazione; incentivare la Pro-attività delle azioni; perseguire il principio
‘una conciliazione per ogni fase della vita’; mantenere una coerenza d’azione rispetto al
Testo Unico della Conciliazione ATM; far scattare quella molla culturale che fa ragionare
non più in termini di ‘assistenza alle persone’, ma piuttosto di ‘sviluppo delle persone’.
Progetto ATM&P Armonizzare i tempi di madri e padri
Il progetto ATM&P rientra nel Piano di Azioni Positive che illustra tutte le attività di flessibilità organizzativa, offerta di servizi e di formazione e informazione, rivolti al personale
ATM. Il Piano sostiene e riconosce il valore delle responsabilità familiari e lavorative,
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dando priorità al tema dell’infanzia e della famiglia come snodo strategico per una emancipazione professionale e familiare delle persone e per uno sviluppo del benessere della
comunità. Tale orientamento presenta benefici e circoli virtuosi per tutta la popolazione
aziendale, introducendo nell’organizzazione concetti quali: opportunità, responsabilità,
fiducia e abbassamento delle conflittualità. Le iniziative da mettere in campo per realizzare un Piano di Azioni Positive richiedono altresì quattro livelli di coinvolgimento dell’Impresa: finanziario, organizzativo, di servizi, culturale.
Da una prima analisi, in materia di conciliazione, effettuata nell’aprile 2008 sulla popolazione aziendale, attraverso quattro focus group, sono emersi questi quattro importanti
temi: organizzazione del lavoro principalmente su turni; numerose e differenti tipologie
di ‘giornata lavorativa tipo’; famiglie con genitori entrambi occupati; assenza di reti parentali; obsoleti accordi sindacali/aziendali in essere; rigidità d’orario ed esigenze di ottimizzare la vicinanza casa-lavoro; inconciliabilità famiglia-lavoro in corrispondenza a
specifiche fasi della vita (nascita di un figlio e primi anni di vita).
Grazie ai risultati dei focus group è stato possibile ottenere un riepilogo di possibili azioni
positive, successivamente strutturate e integrate in un Piano di Azioni Positive, suddiviso
in tre aree di intervento: flessibilità e organizzazione del lavoro; servizi family friendly e
community care; informazione, formazione, comunicazione. Le proposte presenti nel piano
sono complessivamente diciassette, ma la prima sperimentazione – gennaio 2009 – è
stata avviata sulle cinque iniziative più importanti, ritenute prioritarie:
– Time banking: consente al lavoratore/alla lavoratrice con figli di età inferiore ai 3 anni,
di depositare le ore di lavoro effettuate, oltre il normale orario programmato giornaliero, in un conto personale della cosiddetta ‘banca delle ore’. Questo ‘tempo’ potrà
così essere successivamente utilizzato durante periodi dell’anno in cui la vita familiare
implica particolari difficoltà organizzative, legate agli impegni di cura, per far fronte
alle esigenze di conciliazione famiglia-lavoro. Le ore accantonate saranno utilizzabili,
previa autorizzazione di un superiore, entro il 31.12 dell’anno di maturazione; eventuali residui non fruiti a tale termine saranno liquidati con le maggiorazioni contrattuali
previste. La fruizione potrà avvenire fino a un massimo di una settimana continuativa
e non oltre la settimana complessiva per ogni mese di lavoro. Di norma non è possibile la fruizione delle ore accantonate in aggiunta a periodi di assenza per ferie. Il personale non turnista può utilizzare i permessi dalla Banca delle Ore secondo le tre
modalità: ore, mezze giornate o giornate intere. Coloro che invece lavorano su turni
possono richiedere il recupero solo per turni interi. Questa misura è rivolta a 72 donne
(7%) e 909 uomini (93%), su un totale di 981 (100%).
– Home working (o telelavoro): possibilità di erogare parte della propria attività professionale in remoto. È concesso al lavoratore, con figli di età inferiore agli 8 anni, di
operare presso il proprio domicilio per alcune giornate intere al mese o in alcune ore
al giorno. Tale misura può essere accordata a lavoratori che svolgono attività lavorativa che, per le proprie caratteristiche, possa essere svolta a distanza. In accordo con
la Direzione, che fornirà altresì gli strumenti informatici necessari, saranno definite
con i singoli interessati le modalità di effettuazione dell’home working che di norma
non potrà superare un periodo complessivo pari a 5 gg/mese (40 ore) che saranno
utilizzate, su richiesta del dipendente ed autorizzazione del superiore, in base alle specifiche esigenze di conciliazione del singolo destinatario. La richiesta viene presentata
dal lavoratore la settimana antecedente l’effettuazione dell’home working. Solamente
in situazioni di eccezionalità, per eventi improvvisi, sarà possibile avvisare il superiore
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la mattina stessa. L’home working è rivolto a 41 donne (38%) e 68 uomini (62%), su
un totale di 109 (100%).
Percorso “Rientriamo”: percorso di accoglienza e formazione per il personale al rientro da periodi di astensione per maternità obbligatoria o congedo parentale, che mira
ad accogliere la lavoratrice madre o il lavoratore padre che rientrano dalla maternità
o dal congedo parentale, facilitandone il reinserimento nell’organizzazione. Tale percorso è rivolto a 23 donne (88%) e 3 uomini (12%), su un totale di 26 (100%).
Percorso di sensibilizzazione e formazione su Pari Opportunità e Conciliazione, rivolto
ai quadri e funzionari d’azienda: l’attività di formazione intende sensibilizzare ed orientare i livelli gerarchici intermedi, focalizzando l’attenzione sulle politiche, gli strumenti
e le azioni già messe in atto e da adottare per facilitare l’equilibrio famiglia-lavoro e
per diffondere e consolidare una cultura aziendale in grado di valorizzare le differenze
e le specificità dei singoli, secondo un approccio innovativo e personal friendly.
Family Friendly Network: servizio di connessione virtuale tra il personale ATM, l’azienda
e i colleghi che dà l’opportunità di condividere e scambiare informazioni, esperienze
e strumenti utili a costruire e mantenere un equilibrio sostenibile tra i tempi del lavoro
e i tempi della famiglia. In sintesi il servizio prevede la creazione di un forum virtuale
per lo scambio di opinioni sui temi inerenti pari opportunità, valorizzazione delle differenze, conciliazione dei tempi, infanzia/adolescenza e genitorialità, ma anche luogo
di incontro virtuale per la condivisione di forme di solidarietà tra persone che lavorano in azienda, in depositi distanti e differenti, ma che risiedono in territori limitrofi.
Attivazione di un link “cerca-servizi”, che rimandi ai servizi di assistenza territoriale
(profit e non profit) per la cura dell’infanzia, dei disabili, delle persone non autosufficienti ecc., ad un catalogo di babysitter e badanti referenziate; di un link “family-friendly”, raccolta aggiornata e sistematizzata di norme, pubblicazioni, schede informative
sul tema conciliazione, comprese informazioni sulle misure di flessibilità e sostegno
alla conciliazione offerte dall’azienda; di un servizio “cerco/offro” per favorire lo scambio tra il personale di ATM con figli piccoli di abiti premaman, abbigliamento bimbi,
passeggini e articoli vari per l’infanzia.
La voce del responsabile di progetto
Prima di parlare concretamente dello sviluppo del progetto ATM&P, abbiamo chiesto al
Dottor Alessandro Mio, Direttore Risorse Umane del Gruppo ATM, di introdurre questo progetto nel contesto culturale aziendale.
“Uno dei punti fondamentali del nostro Codice Etico stabilisce che le Società del Gruppo
si impegnino a promuovere azioni positive per le pari opportunità, valorizzando la forza
delle diversità. In questo contesto si colloca, come elemento di cruciale importanza, la
valorizzazione delle donne nel mondo del lavoro, principio rispetto al quale il Gruppo si è
assunto un impegno forte.
Questi temi sono stati oggetto di un incontro tenuto dal nostro Presidente con un gruppo
di donne lavoratrici di ATM, nel corso del quale sono stati analizzati i problemi che normalmente le donne affrontano nel lavoro e nel bilanciamento con la vita personale. Ne è
emerso un quadro preciso rispetto al quale il Gruppo si è impegnato a definire in modo
chiaro obiettivi, modello di governance, azioni, modalità di comunicazione e sistemi di
controllo di una politica finalizzata a garantire le Pari Opportunità. In tal senso, il primo
atto fondamentale è stato la Dichiarazione del Presidente del Gruppo ATM, Ingegner Elio
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Catania, sulle Pari Opportunità, intitolato non caso: “La Diversità come valore di impresa”.
Rappresenta non solo una dichiarazione d’intenti e di impegno, ma anche una richiesta
di collaborazione a tutti i dipendenti sull’effettiva attuazione di questa policy aziendale.”
Fondamentale per l’attuazione della governance dichiarata, sono le periodiche riunioni e
comunicazioni rivolte ai manager, quadri e funzionari da parte del presidente, che afferma: “Parlare e agire, oggi, per valorizzare ogni forma di diversità presente in azienda,
non è solo un dovere professionale, etico e sociale ma crediamo possa costituire un’importante opportunità di crescita per noi di ATM e per la nostra città. Riteniamo, infatti,
che valorizzare le diversità, di genere, di età, di cultura, di religione, di etnia possa costituire una nuova straordinaria linfa vitale per la nostra impresa e il suo successo. Riconoscere e adottare al nostro interno un repertorio di flessibilità e risposte diverse, ci offre la
possibilità di dare un senso ed un significato nuovo alla dimensione lavorativa e alle sue
relazioni. Crediamo inoltre che si debba affrontare questo tema con il giusto equilibrio tra
sensibilità sociale e sano senso pratico. Occorre cioè parlare con i fatti, oltre che con le parole, essere concreti e attivi.
Dopo la Dichiarazione d’intenti sulle Pari Opportunità e l’avvio della messa in atto del processo di governo di questo nostro modo di operare, abbiamo nominato la Manager Pari
Opportunità, con il compito di coordinamento generale, e definito lo Steering Commitee,
l’organo di indirizzo. Sono state poi tracciate le linee guida per la messa in atto delle prime
azioni di sviluppo e tutela delle pari opportunità, in base a quanto stabilito dalla normativa nazionale. La prima fase ha previsto un percorso di sensibilizzazione e formazione di
Quadri e Funzionari, con l’obiettivo di diffondere e consolidare una cultura conciliativa
che riconosca le pari opportunità e favorisca l’equilibrio famiglia-lavoro. Ulteriori momenti
di dialogo sono dedicati al confronto tra capi e collaboratori, nell’ambito di una giornata
di approfondimento sul tema.
Sta partendo la sperimentazione delle iniziative inserite nel Piano di Azioni Positive, che
consentiranno una maggiore flessibilità alle lavoratrici madri o ai lavoratori padri, favorendo una gestione del tempo compatibile con i bisogni e le esigenze della famiglia e da
cui ci aspettiamo un ritorno positivo per la nostra gestione quotidiana.”
Abbiamo dunque chiesto alla Dottoressa Simona Zandonà, ideatrice e responsabile del
Piano, come si è sviluppata l’idea progettuale e come si sono svolti i focus con i dipendenti, che hanno portato alla stesura del Piano di Azioni Positive. “La popolazione aziendale, in particolare le persone che vivono specifiche esigenze familiari e bisogni personali
complessi, oggi più che mai ricerca luoghi sociali di appartenenza e di confronto, del tutto
assenti in altri ambiti. Il ceto sociale, il territorio di residenza, la parentela, non riescono
più a garantire quel senso di comunità oggi ricercato più nella propria organizzazione lavorativa che altrove. L’azienda, vissuta attualmente in modo del tutto differente dal passato, offre un ambito che non è semplicemente organizzazione del lavoro, ma ha i
connotati di una comunità sociale di riferimento diventando altresì un territorio culturale,
sociale oltre che lavorativo. Al suo interno si cerca il confronto, l’espressione di nuove esigenze, il dialogo su temi riguardanti la famiglia, il privato, le responsabilità, i ruoli con la
necessità di condividere e cercare reti di sostegno per tutti quegli aspetti della vita che,
se conciliati, permettono una perfetta equazione tra sviluppo personale e sviluppo professionale. Facilitare e concretizzare la conciliazione aiuta le persone a vivere il proprio lavoro non solo come impegno ma come un’opportunità, e viceversa. Una politica di
conciliazione vede le sue azioni rivolte su due versanti: una maggior flessibilità dell’organizzazione del lavoro e degli orari ed una progettazione di servizi che rispondano ai
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reali bisogni del dipendente. Uno sviluppo partecipato del tema, condiviso e non conflittuale, trasparente e non calato dall’alto, è dunque fonte primaria di qualità ed efficacia.
Attraverso una raccolta condivisa e partecipata di bisogni e vissuti di donne e uomini di
ATM, impegnati ogni giorno in ruoli familiari imprescindibili (con figli piccoli, separazioni
con affidamento di minori, presenza di un solo genitore, residenti fuori regione o provincia e con figli a carico, che assistono familiari in situazione di gravità, ecc.), si è evidenziata la necessità e l’urgenza di dotarsi di strumenti e di soluzioni percorribili per i
lavoratori e per l’impresa. Al tavolo di quattro focus group ATM ha invitato quaranta lavoratrici e lavoratori che quotidianamente affrontano una realtà di in-conciliazione, ricercando da soli, nella maggior parte dei casi, soluzioni autogenerate. Questi focus group
sono stati strutturati per leggere approfonditamente bisogni, percezioni ed esigenze delle
persone di ATM interessate e coinvolte sul tema. Questa prima analisi ha voluto essere il
punto di partenza per definire un “Piano d’Azione” che, con un approccio pragmatico e
percorribile, mira a individuare buone pratiche implementabili nel sistema dell’organizzazione del lavoro in modo definitivo e offrire risposte concrete ai bisogni dei dipendenti.
Gli stessi focus hanno generato vivo interesse, attenzione e fiducia nei confronti di ATM e
delle possibili azioni che potrà sperimentate, considerando questa impresa più emancipata
e attenta ai temi e alle politiche rivolte al personale, alla ricerca di capitale umano e sociale nuovo o già esistente in azienda”.
In sintesi: le tappe del progetto
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Dal 2005: vengono progettati e attivati i 3 nidi aziendali;
aprile 2008: vengono realizzati 4 focus group con 40 dipendenti coinvolti con l’obiettivo di creare un Piano di Azioni Positive per lo sviluppo delle politiche di conciliazione.
3 le aree di intervento del piano:
• flessibilità e organizzazione del lavoro;
• servizi Family Friendly e Community Care;
• informazione, formazione e comunicazione.
Entro fine 2009 i dipendenti avranno:
• Family Friendly Link nella intranet aziendale;
• Welcome Book Family and Work per i neo-assunti;
• Family Community Network: social network per genitori e banca del tempo per famiglie;
• percorsi professionali personalizzati;
• formazione ai manager su Pari Opportunità e Diversity Management;
• sistema ‘Comunichiamo’ sulla conciliazione in azienda.
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.47 Pagina 93
Analisi e commento ai dati dei questionari delle 34
aziende partecipanti al Premio FamigliaLavoro 2008
di Matteo Pedrini e Carlotta Petri
Dopo una visione d’insieme dei dati forniti dalle aziende partecipanti (tab. 1), vengono
prese in considerazione e comparate le informazioni relative alle diverse pratiche di conciliazione da esse adottate, raggruppate secondo le leve descritte a pagina 26: organizzative, culturali, finanziarie e complementari.
Delle 34 partecipanti al Premio FamigliaLavoro (tab. 2), la maggior parte delle imprese è
di grandi dimensioni1 (64,7%), ma non mancano le piccole (11,8%) e le medie (23,5%).
Considerando che le aziende partecipanti al Premio si sono auto-candidate con progetti
specifici sul tema, l’insieme delle stesse, pur non coprendo l’intero panorama delle imprese lombarde, è da considerarsi già particolarmente sensibile ai temi della conciliazione
famiglia-lavoro.
La provenienza territoriale delle aziende partecipanti è maggiormente concentrata nel
capoluogo lombardo e nella provincia di Milano (22 aziende, il 64,7% del totale). Seguono
la provincia di Como con 5 imprese e le province di Mantova e Brescia, entrambe con 3
aziende in concorso, per finire con Bergamo e provincia con una.
Per quanto riguarda le caratteristiche dell’organico (fig. 3), positiva è l’alta percentuale
di contratti a tempo indeterminato registrata tra le aziende partecipanti (in media il 92,1%
sul totale del personale), mentre è più contenuta quella dei dipendenti assunti con contratto part-time, solo il 12,9% (fig. 4). La percentuale di donne dirigenti risulta essere il
20,8% rispetto al totale (fig. 5).
Passiamo ora a un’analisi dettagliata dei dati forniti, suddivisi tra le varie leve della conciliazione (organizzative, culturali, finanziarie e complementari) presenti nei questionari.
Leve organizzative
Flessibilità dell’orario di lavoro, congedi/aspettativa, pause/permessi/ferie, organizzazione e luogo di
lavoro
Tra le leve organizzative (tab. 3), la forma di flessibilità significativamente più diffusa è,
attualmente, quella giornaliera (72,7%), mentre emerge una minore diffusione di strumenti quali il Job Sharing, o lavoro ripartito tra due persone che si spartiscono un tempo
pieno (solo 3%), e il Telelavoro (18,2%). Nota positiva in questo primo ambito è la possibilità, prevista nel 51,5% dei casi, di ricorrere alla Banca delle ore, istituto contrattuale
1
Il criterio adottato per la classificazione è conforme alle disposizioni della raccomandazione della Commissione
Europea del Maggio 2003 (2003/361/EC) che identifica le PMI in tutte le aziende avente un numero di collaboratori inferiore a 251 e le aziende di grandi dimensioni in tutte quelle con almeno 251 collaboratori.
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.47 Pagina 94
che consente di accantonare, su un conto individuale, un certo numero di ore prestate in
eccedenza rispetto al normale orario di lavoro, per poi godere di riposi compensativi entro
un periodo di tempo concordato.
Per quanto riguarda la concessione di congedi di maternità e paternità (tab. 5), il 24,2%
delle aziende li prevede, in modo consolidato, con modalità estensive rispetto alla normativa; il 18,2% concede, sempre in modo consolidato, congedi parentali oltre gli obblighi di legge; il 33,3% congedi per motivi familiari prolungati. Nel 18,2% dei casi sono
formalmente previste comunicazioni mirate ai dipendenti riguardo la legislazione in materia e gli incentivi all’utilizzo (fig. 16); nel 27,3%, queste ultime avvengono ufficiosamente. Rilevante è il tasso di considerazione delle esigenze familiari e di coinvolgimento
del personale nell’organizzazione dei processi lavorativi (tab. 7) che, a livello informale,
raggiunge il 51,5% di media. Il 39,4% delle aziende si è inoltre attivato nell’offerta di
servizi ad hoc per sopperire ad alcune incombenze familiari (fig. 7).
Leve culturali
Politica di informazione e comunicazione, policy aziendali e cultura dirigenziale, sviluppo del personale
Il 42,4% delle imprese partecipanti ha già incluso la conciliazione, quale principio formalizzato, nei propri valori e, nel 12% dei casi, questo percorso è in fase di consolidamento
(fig. 13).
Per quanto riguarda la comunicazione interna (tab. 10), i mezzi più utilizzati per informare i dipendenti sulle iniziative di conciliazione attivate sono le bacheche (51,5%) e la
intranet aziendale (60,6%). Limitato è invece il numero di partecipanti che ha utilizzato
l’impegno nella conciliazione famiglia-lavoro come messaggio chiave delle strategie di comunicazione esterna (tab. 11); andrebbero altresì incentivate le occasioni di incontro e
confronto su queste tematiche, previste in modo consolidato dal 39,4% delle aziende (fig.
14).
Relativamente alla cultura dirigenziale, vengono rilevate una crescente sensibilità e attenzione a questi argomenti da parte del management: il 42,5% delle aziende include la
conciliazione tra i temi delle riunioni periodiche di coordinamento (fig. 17), il 24,3% organizza seminari o corsi di formazione sull’argomento (fig. 20). Nel 36,4% dei casi sono
presenti, in modo consolidato o in fase di consolidamento, una politica che prevede l’impegno dei manager nella valorizzazione della famiglia e una particolare attenzione nell’evitare il sovraccarico di lavoro per il personale (figg. 18 e 19).
Il fatto che il 42,4% delle aziende includa formalmente nel proprio organico una persona
di supporto alle esigenze di conciliazione (tab. 12) sollecita un’ulteriore considerazione:
osservando il materiale pervenuto e il ruolo dei responsabili dei progetti presentati, si
nota lo sviluppo nello staff aziendale di figure professionali, spesso afferenti alle Risorse
Umane, dedicate in misura sempre più specifica ai temi della conciliazione famiglia lavoro.
Per quanto riguarda invece lo sviluppo del personale, il 48,5% delle aziende offre ai dipendenti in astensione dal lavoro per motivi familiari la possibilità di partecipare a corsi
di formazione, in modo consolidato o, quantomeno, informalmente (fig. 23).
Quali misure di accompagnamento al rientro al lavoro dei neo-genitori, aspetto della conciliazione di fondamentale importanza, che influisce sensibilmente sulla scelta delle madri
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di rientrare o meno sul posto di lavoro dopo la nascita dei figli, il 75,8% delle aziende garantisce comunicazioni continuative con il collaboratore durante il periodo di congedo
(tab. 13). Si rilevano in questo ambito possibili margini di miglioramento, ad esempio attraverso l’introduzione di coach aziendali, o l’offerta di corsi di aggiornamento.
Leve finanziarie
Componenti della retribuzione e benefit
Riguardo alle leve finanziarie, il sostegno per il personale con impegni di cura più utilizzato è l’offerta di convenzioni e sconti, prevista in modo consolidato nel 33,3% delle
aziende (tab. 14); segue la copertura assicurativa (21,2% dei casi), mentre solo nel 3%,
sono previsti un bonus bebè o un voucher per l’assistenza dei bambini. Tra le iniziative
aziendali per la promozione di uno stile di vita sano per i dipendenti (corsi per la gestione
dello stress, di accompagnamento alla crescita e cura dei bambini, corsi di dietetica e cucina, ecc.), si rileva positivamente l’alta percentuale di aziende che offrono check up gratuiti o convenzionati in modo consolidato (45,5%) (tab. 15).
Leve complementari
Servizi vari, Time Saving e servizi di cura all’infanzia
Tra le leve complementari troviamo l’area Time Saving (tab. 16): il 15,2% delle aziende
offre servizi di stireria e/o lavanderia e riparazioni d’urgenza, il 12,1% prevede l’acquisto di generi alimentari, il 24,2% il disbrigo di pratiche burocratiche, ecc; è inoltre sensibile la percentuale di aziende che stanno lavorando per poter offrire tali servizi in maniera
consolidata (acquisto di generi alimentari nel 15,2% dei casi, disbrigo pratiche burocratiche nel 12,1%, ecc.).
Relativamente al supporto ai dipendenti con figli, la maggior parte delle aziende non prevede la possibilità di portare i bambini sul posto di lavoro (tab. 17); nel 36,4% dei casi
viene fornita assistenza ai futuri genitori nella ricerca di servizi all’infanzia (fig. 27). Tra i
servizi di cura dei figli on-site, il più diffuso è l’asilo nido, presente nel 27,3% delle imprese, e spesso convertito in centro vacanze nel periodo estivo (tab. 18).
Monitoraggio e valutazione interna del grado di conciliazione presente in azienda
Nel 48,4% dei casi sono previste azioni di monitoraggio e valutazione del grado di conciliazione presente in azienda (fig. 28): da questo dato si evince che gli interventi in tale
ambito cominciano ad essere inseriti in una programmazione integrata e a rientrare formalmente nella strategia d’impresa. Attraverso l’implementazione e l’affinamento degli
strumenti di monitoraggio e misurazione dei risultati degli interventi effettuati – i più utilizzati dal nostro campione di aziende sono le indagini tra i dipendenti (51,5% dei casi) e
l’intervento di un rilevatore/valutatore esterno (25,2%) – i manager possono diventare
sempre più consapevoli dei benefici ottenibili, sia per l’individuo che per l’azienda, dall’applicazione di buone politiche di conciliazione (tab. 19).
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Tabella 1 – Aziende partecipanti
Tabella 2 – Aziende partecipanti per dimensione
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.47 Pagina 97
Figura 1 – Aziende partecipanti per quotazione
Figura 2 – Personale delle aziende partecipanti per genere
Figura 3 – Personale delle aziende partecipanti per tipologia di contratti
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.47 Pagina 98
Figura 4 – Personale delle aziende partecipanti full-time e part-time
Figura 5 – Dirigenti delle aziende partecipanti per genere
Leve organizzative
La flessibilità dell’orario di lavoro
Tabella 3 – Opportunità di flessibilità lavorativa
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Figura 6 – Reversibilità delle flessibilità in base alle esigenze del personale
Tabella 4 – Considerazione delle diverse fasi della vita negli orari di lavoro
I congedi e i periodi di aspettativa
Tabella 5 – Congedi oltre gli obblighi di legge e contrattuali
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.47 Pagina 100
Le pause, i permessi e le ferie
Tabella 6 – Permessi e pause in relazione alle esigenze familiari oltre obblighi di legge
Figura 7 – Servizi ad hoc per sopperire ad alcune incombenze familiari
Figura 8 – Precedenza ai dipendenti con figli piccoli nella definizione del piano ferie
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L’organizzazione del lavoro
Tabella 7 – Considerazione delle esigenze familiari e coinvolgimento del personale
nell’organizzazione dei processi lavorativi
Tabella 8 – Strumenti utilizzati per il coinvolgimento
Il luogo di lavoro
Tabella 9 – Modalità di lavoro decentralizzato
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Figura 9 – Sostegno costante al lavoro decentralizzato
Figura 10 – Possibilità di alloggio vicino al luogo di lavoro
Figura 11 – Facilitazioni di trasporto per raggiungere il luogo di lavoro
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Figura 12 – Possibilità di utilizzare alcuni spazi aziendali per attività ricreative,
associative o di solidarietà
Leve culturali
La politica di informazione e comunicazione
Figura 13 – Formalizzazione della conciliazione famiglia lavoro nei valori aziendali
Tabella 10 – Comunicazione interna della iniziative di conciliazione attivate
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.47 Pagina 104
Tabella 11 – Comunicazione esterna delle iniziative di conciliazione attivate
Figura 14 – Organizzazione di incontri pubblici o sponsorizzazioni sulla conciliazione
Figura 15 – Comunicazione interna di eventi che coinvolgono il personale e la vita familiare
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.47 Pagina 105
Tabella 12 – Servizi di supporto alle esigenze di conciliazione del personale
Figura 16 – Comunicazione e incentivo della normativa sui congedi parentali
Le politiche aziendali e la cultura dirigenziale
Figura 17 – Inclusione della conciliazione tra i temi delle riunioni periodiche di coordinamento
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.47 Pagina 106
Figura 18 – Presenza di una politica che preveda l’impegno dei manager
nella valorizzazione della famiglia
Figura 19 – Politica aziendale per evitare il sovraccarico di lavoro per il personale
Figura 20 – Seminari e corsi sulla conciliazione famiglia lavoro per i dirigenti
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.47 Pagina 107
Figura 21 – Valorizzazione dell’impegno sociale extralavorativo del personale
Lo sviluppo del personale
Figura 22 – Possibilità di assistenza per i figli nel caso di formazione in orario extra lavorativo
Figura 23 – Possibilità di partecipare ai corsi nei periodi di astensione dal lavoro per motivi familiari
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.47 Pagina 108
Tabella 13 – Misure di accompagnamento del rientro al lavoro dei neo-genitori
Leve finanziarie
Componenti della retribuzione e i benefit
Tabella 14 – Sostegni per il personale con impegni di cura della famiglia
Figura 24 – Facilitazioni in ambito ricreativo e sanitario
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.47 Pagina 109
Figura 25 – Possibilità per i familiari dei dipendenti di usufruire di tali facilitazioni
Tabella 15 – Promozione di uno stile di vita sano
Leve complementari
I servizi vari
Tabella 16 – Servizi di Time Saving
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.47 Pagina 110
Figura 26 – Presenza della conciliazione nelle trattative sindacali
I servizi di supporto alla famiglia con figli piccoli
Tabella 17 – Possibilità (in casi eccezionali) di portare i figli sul posto di lavoro
Figura 27 – Aiuti ai futuri genitori nella ricerca di servizi all’infanzia
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013Analisi:Altis_Opuscolo_3 15/05/2009 17.48 Pagina 111
Tabella 18 – Servizi di cura all’infanzia
La valutazione interna delle politiche di conciliazione
Figura 28 – Monitoraggio e valutazione del grado di conciliazione presente in azienda
Tabella 19 – Metodi di valutazione utilizzati
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Hanno collaborato:
ASAG, Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia.
Si ringraziano le aziende vincitrici della prima edizione del Premio FamigliaLavoro 2008:
BPM Banca Popolare di Milano
Edison
Gruppo Johnson & Johnson Italia
Canclini tessile
Lubiam moda per l’uomo
BeM Service Center
Cittadini S.p.A.
ATM Azienda Trasporti Milanesi