Le frodi alimentari per sostituzione di specie nel

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 Le frodi alimentari per sostituzione di specie nel settore ittico Lisa Guardone FishLab -­‐ Università di Pisa
1. Introduzione: il settore ittico a livello mondiale 1.1 Produzione, distribuzione e consumo di prodotti ittici nel mondo Il pesce costituisce un’importante fonte di proteine animali e micronutrienti essenziali per gran parte della popolazione mondiale (FAO 2011a; Hibbeln et al. 2007). A partire dagli annni ‘60 il consumo globale di pesce è cresciuto drammaticamente, con un tasso di crescita annuale maggiore di quello della popolazione mondiale (Fig. 1). Fig. 1 Produzione mondiale di pesce dal 1950 al 2011, suddivisa in pesce usato per l’alimentazione umana (da catture – in grigio chiaro-­‐ e acquacoltura –in grigio scuro-­‐) e prodotti ittici non alimentari (in nero), in relazione alla popolazione mondiale (linea tratteggiata) nello stesso periodo. Nel grafico viene inoltre mostrato il consumo di pesce medio mondiale pro-­‐capite (linea a pallini) (da FAO 2011a). Di pari passo, è cresciuto il consumo di prodotti ittici annuale pro capite: se nel 1960 il consumo medio di una persona si aggirava sui 10 kg/anno, questo valore è praticamente raddoppiato, passando a 19.2 kg nel 2012 (FAO 2014). Ovviamente esistono forti differenze regionali legate al reddito medio nazionale, alla disponibilità di pesce e a fattori culturali (Fig. 2). Fig. 2 Panoramica globale del consumo annuale pro capite di pesce suddiviso per nazioni nel 2006 (da FAO 2006) La Cina rappresenta uno dei principali responsabili del forte aumento a livello mondiale del consumo di pesce. Infatti, in questo paese, anche a seguito dell’aumento del reddito medio nazionale e del forte aumento delle produzioni ittiche, il consumo nazionale di pesce ha raggiunto i 30 Kg pro capite nel 2009 (FAO 2012). Sebbene in altre nazioni, come il Giappone, il consumo di pesce pro capite sia più alto, basta pensare alla dimensione della popolazione cinese per capire come l’aumento del consumo in questo paese possa avere enormi conseguenze, sia economiche che ambientali, a livello mondiale (Fabinyi 2011). I prodotti ittici sono in questo momento i prodotti alimentari più commercializzati al mondo (Smith et al. 2010). L’Unione Europea (considerando l’insieme dei suoi stati membri) è il principale paese importatore, seguita dagli USA, mentre la Cina è di gran lunga il principale paese esportatore, seguita da Norvegia, Thailandia e Vietnam. In particolare, negli ultimi decenni, sono costantemente cresciute le esportazioni di prodotti della pesca dai paesi in via di sviluppo, superando anche le esportazioni di altri prodotti agricoli tipicamente esportati da questi paesi, come riso, caffè e tè (FAO 2012). Una quota crescente delle esportazioni della pesca è costituita dalla ri-­‐esportazione di materie prime importate dopo la lavorazione: il pesce crudo viene importato soprattutto in Cina e in paesi del sud est asiatico dove la manodopera è particolarmente a basso costo, lavorato, e infine riesportato come prodotto finito pronto per la distribuzione (Clarke 2009). Il notevole aumento della produzione ittica globale dal 1960 deriva sia dalla pesca, in mare e in acque dolci, che dall’acquacoltura (Fig. 3). La produzione derivante dalla pesca è rimasta quasi stabile dal 1980, mentre l'acquacoltura è il settore di produzione di alimenti d’origine animale in più rapida crescita, fortemente spinto dal costante aumento della domanda questi prodotti (FAO 2012; Allsop et al 2008.). L'acquacoltura è stata praticata per circa 4000 anni in alcune regioni del mondo (Iwama 1991), ma, dalla metà degli anni ‘80, è cresciuta di quasi 12 volte, arrivando nel 2011 a contribuire al 41% della produzione totale di pesce (FAO 2012 ). Fig. 3 Produzione mondiale di prodotti ittici da pesca (in grigio) e acquacoltura (in nero) (FAO 2012) Nel 2010 l’Asia ha prodotto l’89% della produzione mondiale di acquacoltura; a questa produzione ha contribuito principalmente la Cina, seguita da India, Vietnam, Indonesia, Bangladesh, Thailandia, Egitto, Cile e Myanmar (FAO 2012; Smith et al., 2010). Ben il 92% della produzione dell'acquacoltura mondiale avviene in paesi in via di sviluppo (Smith et al. 2010). 1.2 Principali problematiche ambientali associate alla produzione ittica Pesca e acquacoltura possono dare un fondamentale contributo alla sicurezza alimentare e al benessere globale; tuttavia diverse stringenti problematiche devono essere prese in considerazione per una sostenibilità a lungo termine, considerando anche che gli ecosistemi acquatici sono messi a dura prova dal cambiamento climatico e dall'inquinamento derivante dalle attività umane (Fabry et al., 2008; Ficke et al., 2007). Cinquant'anni fa, molte persone pensavano che l'oceano fosse così vasto e resistente da poter rispondere a qualsiasi tipo di sfruttamento senza subire cambiamenti (Shao 2009). Oggi, invece, la comunità scientifica è d’accordo nel riconoscere un grave impoverimento delle risorse ittiche: recenti studi indicano che l'80% delle popolazioni ittiche mondiali sono esaurite o sovrasfruttate (Fig. 4) (Pitcher & Cheung 2013; FAO 2012). Il problema dello sfruttamento eccessivo riguarda in particolare gli stock delle specie più pescate, ad esempio il tonno (FAO 2012). Fig. 4 Stato degli stock ittici globali stimato dai database FAO sulle catture 1950-­‐2008 (da Pitcher & Cheung 2013) È molto difficile stabilire con certezza lo stato degli stock ittici, perché bisogna trovare un indicatore affidabile e condiviso che si basi su dati sicuri (Froese et al. 2012). Esistono diversi metodi, tra i quali il più utilizzato si basa sulle catture annuali, e ogni metodo ha i suoi punti di forza e i suoi punti deboli. Tuttavia, indipendentemente dall’indicatore usato, la netta maggioranza delle analisi concorda sul fatto che a livello globale si stia assistendo a un gravissimo esaurimento delle risorse ittiche, testimoniato anche dal fatto che le catture diminuiscono nonostante lo sforzo di pesca aumenti (Pitcher & Cheung 2013; Watson et al. 2013; Froese et al. 2012; FAO 2012). La causa principale dell’esaurimento degli stock marini è la pesca eccessiva, mentre per gli stock di acqua dolce fattori quali l’inquinamento, la cattiva gestione dell’habitat e delle risorse idriche, la presenza di specie aliene invasive rivestono spesso un’importanza maggiore (Baillie et al. 2010). Infatti, generalmente il sovrasfuttamento nelle zone di pesca in acqua dolce determina alterazioni nella composizione delle specie ma non necessariamente una diminuzione totale delle catture (FAO 2012). La pesca eccessiva è anche il principale fattore della perdita di biodiversità negli ecosistemi marini (Baillie et al. 2010; Hoffmann et al. 2010). Spesso la pesca interessa soprattutto specie predatorie e questo contribuisce ad alterare le catene trofiche acquatiche in molte regioni. Ad esempio, nel Mare Cinese meridionale e nel Golfo di Thailandia il sovrasfruttamente dovuto alle catture ha provocato una riduzione del 90% di pesci predatori di grandi dimensioni (Pitcher & Cheung 2013). La progressiva scomparsa delle specie ittiche di maggiori dimensioni al vertice delle catene alimentari può favorire l’aumento degli invertebrati nell’ecosistema, come nel caso delle “fioriture” di meduse (Lilley et al. 2011). Oltre agli impatti negativi diretti della pesca sulle specie target, i fenomeni delle catture accessorie (o by-­‐catch) e dei rigetti interessa anche altre specie non target. Organismi su cui la pesca accessoria ha un forte impatto sono i mammiferi marini, gli uccelli acquatici e le tartarughe, ma anche tonni, pesce spade, squali e coralli (Pitcher & Cheung 2013; Shao 2009). Le specie ittiche che non hanno valore commerciale vengono buttate via, con danni incalcolabili all'ecosistema. In questo modo, inoltre, gli scarti contribuiscono l'alto tasso di rifiuti connesso alla produzione primaria di pesce (Fig. 5; FAO 2011b). Fig. 5 Percentuale della cattura iniziale che viene rigettata, persa o sprecata in diversi stadi della filiera produttiva in diverse regioni del mondo Anche se non è chiara la reale entità dei rigetti (Pitcher & Cheung 2013), è dimostrato che le reti a strascico contribuiscono fortemente al problema. Ad esempio, i rifiuti associati alla pesca a strascico dei gamberetti possono raggiungere i 9/10 di tutto il raccolto (Hall 1999). L'uso di pratiche di pesca distruttive amplifica ulteriormente l'impatto della pesca sulla biodiversità e sugli habitat (Pham et al. 2014). La pesca d'altura a strascico è la forma più distruttiva di pesca d'altura, in quanto modifica la morfologia del fondo marino e le sue proprietà fisiche, devastando gli ecosistemi dei fondali. Uno studio molto recente ha dimostrato che la pesca con i palamiti d'alto mare ha un impatto inferiore rispetto allo strascico su ecosistemi marini vulnerabili in termini di danni sul fondale e catture accessorie (Pham et al. 2014). Tuttavia, la pesca con i palamiti è accusata di maggiore impatto su specie di grandi dimensioni, come mammiferi marini, squali, tartarughe e uccelli acquatici (Pham et al 2014;. Bours et al 2013;. MRAG 2005). Proprio in ragione dell’importanza degli attrezzi da pesca utilizzati, dal 1 gennaio 2015 tutti i prodotti ittici commercializzati sul mercato dell'UE devono dichiararne la tipologia in etichetta (EU Reg. No. 1379/2013). 2. Le frodi nel settore ittico Anche nel settore ittico, come per gli altri settori agroalimentari, le frodi sono un fenomeno diffuso e in crescita (vedi dossier sulle Frodi alimentari nei prodotti di origine animale). In particolare, il settore ittico figura tra i settori commerciali maggiormente soggetti a frodi di sostituzione di specie, poiché contraddistinto da un numero di specie potenzialmente commercializzabili e da una diversificazione dell’offerta dei prodotti molto vasti (Armani et al. 2012a; Busato 2010). Le frodi nel settore ittico prevedono frequentemente, infatti, la fornitura al consumatore di qualcosa di diverso dal prodotto atteso, come specie o tipologie di prodotti meno desiderabili, più economici o più facilmente disponibili. Oltre alle dichiarazioni false in etichetta, tali frodi si avvalgono spesso di falsificazioni documentali, potenzialmente in ogni fase della catena produttiva (Stiles et al. 2013). 2.1 Fattori che hanno determinato l’aumento delle frodi nel comparto ittico Lo sviluppo di nuove tecniche di lavorazione, confezionamento, conservazione e trasporto, associato alla globalizzazione dei mercati, ha potenziato il commercio mondiale di pesce, rendendo più facile e frequente l’importazione dall’estero (Mansfield, 2003; Hajipieris, 2009). L’Italia, ad esempio, importa più del 50% del pesce consumato a livello nazionale. Di conseguenza, il numero delle specie commercializzate è aumentato significativamente in molti paesi: ad oggi più di 1800 specie ittiche diverse provenienti da tutto il mondo sono disponibili negli USA (Armani et al. 2012a; FDA 2014), mentre in Italia il numero è salito da 200 a più di 900 (Armani et al., in press). La commercializzazione di nuovi prodotti provenienti da tutte le parti del mondo, comporta che il percorso seguito da un prodotto ittico "dall'acqua al piatto" sia sempre più intricato. L’importazione di prodotti da paesi molto lontani comporta la presenza in media di 5-­‐7 intermediari nella catena produttiva, rendendo così più difficile effettuare i controlli sulla qualità dei prodotti e sulla tracciabilità (ossia seguire il prodotto) lungo tutta la filiera (il percorso produttivo). Di conseguenza le informazioni sul prodotto possono essere perse (Jacquet e Pauly, 2007) e le frodi, volontarie e non, sono favorite e in aumento (Stiles et al 2013; Armani et al. 2012a). In alcuni casi, la complessità del sistema di produzione può essere sfruttata da operazioni di pesca illegale (vedi Approfondimento 1) per unire pesce pescato illegalmente a quello ottenuto con catture legali durante la lavorazione o distribuzione (EJF 2012; Roheim 2008). Un altro dei fattori che contribuisce alla larga diffusione delle frodi è legato al fatto che la maggior parte dei pesci vengono lavorati prima di essere importati nei paesi in cui saranno venduti; il pesce non lavorato rappresenta ormai solo una piccola frazione del pesce importato in Europa e in USA (Rasmussen, 2009). Infatti, i consumatori occidentali preferiscono acquistare prodotti trasformati, puliti, che spesso sono venduti già pronti da cuocere o da consumare (“ready to cook” e “ready to eat”) (Fig. 6). A questi prodotti, nel corso della lavorazione, vengono rimosse alcune caratteristiche distintive, come la pelle, la testa e le pinne. Per questo motivo l’identificazione morfologica della specie diventa particolarmente difficile, se non impossibile (Armani et al. 2012a). Esempi di prodotti ready to cook Esempi di prodotti ready to eat Fig. 6 Prodotti ittici ready to cook e ready to eat In questo scenario, la possibilità di sostituire delle specie di un certo valore con specie di valore inferiore diventa una pratica molto conveniente. Altri moventi comuni dietro le frodi sono la sostituzione di specie fortemente richieste dai consumatori con altre specie, locali o importate, durante i periodi di indisponibilità stagionale delle prime (Jaquet & Pauly 2008). Per combattere questi fenomeni l'educazione e la consapevolezza dei consumatori sullo stato di conservazione e la stagionalità dei prodotti ittici assume un ruolo essenziale (vedi Approfondimento 2: Educazione dei consumatori). 2.2 Principali problematiche connesse alle frodi Una frode per sostituzione di specie nella maggior parte dei casi assume valore esclusivamente commerciale, in quanto alcune specie di minor valore possono essere vendute come specie pregiate. Tuttavia, a volte questo tipo di frode ha risvolti più complessi e può creare rischi di salute pubblica. Le sostituzioni illecite possono determinare, infatti, il consumo di specie pericolose come i pesci palla (Tetraodontidae), la cui vendita è vietata in Europa perché potenzialmente letale (Reg. CE 854/2004), ma che talvolta sono venduti al posto di code di rana pescatrice (http://www.fda.gov/NewsEvents/Newsroom/PressAnnouncements/2007/ucm108920.htm). Un altro caso riguarda alcune specie etichettate come “pesce spada” e “White steenbras” (Lithognatus lithognatus) ma sostituite con il ruvetto, Ruvettus pretiosus (oil fish), una specie tossica della Famiglia Gempilidae, la cui commercializzazione è sottoposta a particolare regolamentazione in Europa e in alcuni Paesi asiatici (Ling et al., 2009). In altri casi si possono verificare problematiche sanitarie nel caso di sostituzioni con specie che contengono molto mercurio. Anche se quasi tutti i pesci e crostacei contengono tracce di mercurio, alcune specie ittiche (come il tonno e il pesce spada), in funzione anche della taglia e della provenienza geografica, accumulano concentrazioni più elevate, che possono essere particolarmente dannose in soggetti sensibili come le donne incinte e bambini (FDA e EPA 2004). Le sostituzioni di specie possono quindi determinare il consumo inconsapevole di specie nocive. Tra le problematiche sanitarie va considerato anche il fatto che il numero crescente di specie disponibili sul mercato e la crescente domanda di pesce, non soltanto favorisce frodi commerciali, ma può anche esporre i consumatori a nuovi rischi per la salute, in precedenza limitati a specifiche aree geografiche. Un esempio è l’intossicazione da ciguatera, che è dovuta al consumo di pesci della barriera corallina che veicolano la tossina responsabile dell’intossicazione . Mentre un tempo questa problematica si verificava soprattutto nelle regioni tropicali, è ora maggiormente segnalata anche in altre regioni, a causa dell’importazione di questi pesci (Lehane & Lewis 2000). Insieme alle perdite economiche e alle problematiche sanitarie, le frodi nel settore ittico minano fortemente gli sforzi di conservazione, sia mediante la creazione di un mercato per la pesca illegale sia perchè annullano gli approcci di conservazione e tutela delle specie che si basano sulla capacità del consumatore di compiere una scelta consapevole (Stiles et al. 2013; vedi Approfondimento 2). Ad esempio, a seguito di campagne europee contro i gamberetti provenienti dall’acquacoltura, alcuni produttori hanno iniziato l'esportazione dalla Thailandia di gamberetti d'allevamento etichettati come catturati in natura (Jaquet & Pauly 2007). Inoltre, le frodi ingannano i consumatori creando una percezione distorta del vero stato di conservazione dell’ambiente acquatico, mantenendo l’illusione di una continua disponibilità di specie ittiche molto richieste (Miller & Mariani 2010; Marko et al. 2004). E’ il caso, ad esempio, del merluzzo bianco, la cui continua richiesta da parte del mercato, nonostante il forte declino delle popolazioni selvatiche, crea forti incentivi per la sua sostituzione con specie più comuni, ma meno costose come il pollock (Miller & Mariani 2010), creando nel consumatore l’illusione di un’abbondanza di merluzzo. Infine, talvolta non viene dichiarata la vendita di specie protette o soggette a regolamentazione della pesca, riducendo l’efficacia di programmi di tutela e gestione delle specie e delle aree marine protette. 2.3 Diffusione delle frodi per sostituzione di specie La diffusione delle frodi per sostituzione di specie varia a seconda degli studi ma si attesta frequentemente intorno a un terzo (Armani et al. in press; Jacquet e Pauly, 2008) o a un quarto (Wong e Hanner, 2008) del pesce esaminato. Numerosi studi che hanno utilizzato tecniche basate sull’analisi del DNA hanno confermato che le frodi sono estremamente diffuse, raggiungendo valori del 25-­‐80% per specie come dentice, salmone selvatico e merluzzo (Miller & Mariani 2010; Logan et al 2008;. Jacquet & Pauly 2008; Marko et al. 2004). Recentemente, alcuni autori hanno riportato che una notevole quantità di specie di scarso valore veniva venduta sotto il nome di Red Snapper (Lutjanus campechanus), una delle specie più sostituite al mondo (Stiles et al., 2011; Cawtorn et al., 2012). Altri esempi riguardano il merluzzo spesso sostituito da altre specie di pesci (Miller et al., 2010) e il nototenide della Patagonia (Dissosticus eleginoides) commercializzato come branzino cileno (Marko et al., 2004). Paradossalmente si sono verificati casi in cui il merluzzo del sud del Pacifico, pesce di mare pelagico, è stato venduto come tilapia, pesce allevato d’acqua dolce e meno pregiato (Martinez-­‐
Ortiz, J., 2005). Anche i molluschi bivalvi sono spesso soggetti a frodi, ad esempio, alcune specie sono fraudolentemente vendute con il nome di vongola verace (Mafra, 2008). In Italia, a causa della loro forte richiesta, le forme giovanili di Sardina pilchardus (‘‘bianchetto’’) e Aphia minuta (‘‘rossetto’’), sono molto care (20-­‐40 €/kg) e sono spesso oggetto di frodi. Possono facilmente essere sostituite con il meno prezioso pesce ghiaccio cinese, uno dei pesci più comunemente esportati in Europa. La distinzione morfologica di queste specie è molto difficile ed è ancora più complessa in caso di prodotti lavorati. Il metodo migliore per l’identificazione di specie in questi casi, considerando anche il valore commerciale di bianchetto e rossetto, è l’utilizzo del DNA (Armani et al. 2012b). 2.4 Metodi per combattere le frodi Da tutto il contesto descritto si evince l’assoluta necessità di sistemi di tracciabilità efficaci, in modo da garantire la trasparenza sull'identità e l’origine dei prodotti commercializzati, il rispetto delle norme e la veridicità delle informazioni riportate in etichetta (vedi Approfondimento 3: Informazioni obbligatorie sull’etichetta dei prodotti ittici). In quest’ottica, l’analisi del DNA può rappresentare un potente strumento per il rilevamento delle frodi (Armani et al. 2012a). Infatti, l’impiego del DNA può consentire l’identificazione inequivocabile e rapida delle specie oggetto di frode, che si rivela fondamentale per le possibili implicazioni sanitarie oltre che commerciali. L’identificazione morfologica infatti non è applicabile su prodotti ittici lavorati e trasformati, i quali vengono ormai preferiti dal consumatore perché più pratici da utilizzare. Inizialmente erano stati proposti diversi metodi basati sull’analisi delle proteine e l’isoelettrofocalizzazione era utilizzata come metodica ufficiale negli USA per ottenere patterns biochimici specifici. Attualmente la maggior parte delle metodiche, anche a livello ufficiale, sono invece basate sull’analisi degli acidi nucleici (DNA). Queste metodiche analitiche flessibili, rapide ed economicamente convenienti permettono l’identificazione di un numero potenzialmente enorme di diverse specie e prodotti in quanto il DNA è termostabile e fornisce una quantità maggiore di informazioni rispetto alle proteine. Inoltre il profilo genetico non si modifica nell’arco della vita e non cambia nei tessuti, permettendo la raccolta di campioni in qualsiasi fase della filiera ittica, da tessuti semplici a matrici complesse. Nell’ultimo decennio, sono stati sviluppati molti metodi d’identificazione basati sul DNA, alcuni dei quali sono attualmente ordinariamente applicati in molti laboratori. Le metodiche più usate per l’identificazione di specie sono l’amplificazione del DNA mediante polymerase chain reaction (PCR) associata agli enzimi di restrizione (PCR-­‐RFLP), a primers specie specifici (PCR-­‐SSP) o al sequenziamento, tecnica definita anche FINS (forensically informative nucleotide sequencing) (Armani et al. 2012a; per un approfondimento sulla PCR si veda http://www.didascienze.it/_video.html). L’automazione che può essere associata alle tecniche molecolari le rende adatte a effettuare analisi su larga scala in modo rapido ed economico. Approfondimento 1: la pesca illegale, “Illegal Unreported Unregulated (IUU) fishing” E’ stato stimato che la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU) provochi perdite economiche annuali in tutto il mondo tra i 10 e 23,5 miliardi di dollari (FAO 2011a;. Agnew et al 2009). I fattori che facilitano tali attività sono leggi nazionali inadeguate, sorveglianza scarsa o assente, tecnologia e fondi per i controlli insufficienti (FAO 2011a). Un recente studio ha osservato che i paesi in via di sviluppo sono più vulnerabili alle pratiche illegali, spesso effettuate esclusivamente da pescherecci provenienti da altre nazioni, anche molto distanti geograficamente (Agnew et al. 2009). Le catture illegali sono diffuse in tutto il mondo, ma una delle zone in cui questo fenomeno è più grave è l'Africa occidentale, dove spesso a rendersi responsabili di attività di pesca illegale sono navi battenti bandiere asiatiche (EJF 2014). Un'altra area di particolare interesse è l'Artico: circa il 70% della fornitura di merluzzo mondiale proviene dalle acque artiche, dove sono stati denunciati alti livelli di pesca illegale (WWF 2008a). Nemmeno il Mediterraneo è immune a tali pratiche: uno studio sul tonno rosso del Mediterraneo ha osservato che l’entità delle catture illegali era il doppio di quelle legali e molto più alta rispetto alle raccomandazioni scientifiche (WWF 2008b). L'Unione europea è stata la prima a intervenire sul tema con una legislazione specifica, il regolamento UE per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (Reg. CE n 1005/2008 e Reg. CE N. 1010/2009 ). La pesca illegale contribuisce fortemente allo sfruttamento eccessivo degli stock ittici e alla distruzione degli ecosistemi, ostacolando gli sforzi per promuovere la sostenibilità a lungo termine della pesca (FAO 2011a; Agnew et al 2009.). Inoltre, non rispetta normative nazionali e internazionali volte a ridurre le catture accessorie: ad esempio, le catture illegali di squali in Mozambico utilizzano reti che catturano anche grandi quantità di tartarughe, mentre le attività di pesca illegale in Antartide determinano spesso catture accessorie di albatros (Agnew et al. 2009; MRAG 2005). Infine, la pesca illegale è anche collegata al traffico di esseri umani, e a violazioni dei diritti umani e dei diritti del lavoro (EJF 2014; Allison et al 2012). La maggior parte degli abusi è stata registrata in Thailandia, Cambogia, Myanmar, Vietnam, Laos e in Cina (Fishwise 2013), anche se il problema è diffuso in tutto il mondo (UNODC 2011). Approfondimento 2: Educazione dei consumatori Al fine di contrastare numerosi problemi concernenti la produzione ittica, la sensibilizzazione dei consumatori attraverso campagne di educazione e materiale informativo rappresenta un elemento fondamentale. Comunicare le complesse informazioni sulla scelta del pesce "sostenibile", tuttavia, può costituire una questione controversa. Un recente studio, per esempio, ha evidenziato il paradosso delle linee guida dietetiche di alcuni paesi, che ancora suggeriscono un elevato consumo di pesce, nonostante le evidenze di sovra sfruttamento delle risorse ittiche, e ha sollevato il non semplice problema di scegliere una dieta sana, ma sostenibile (Clonan et al. 2011) . E’ evidente che le frodi per sostituzione di specie annullino tutti gli sforzi di educazione del consumatore (Miller & Mariani 2010; Cawthorn et al 2012.). Esistono numerose guide che consigliano su quali specie ittiche sono più ecosostenibili; alcune sono elencate di seguito (la maggior parte di esse sono collegate a una applicazione scaricabile gratuitamente). Va osservato che le guide presentano alcune contraddizioni e non sono sempre facili da usare, a causa dell'argomento molto complesso e delle difficoltà nel valutare lo stato reale degli stock ittici. - Marine Conservation Society (MCS): http://www.fishonline.org/ - South African Sustainable Seafood (SASSI), iniziativa promossa da WWF-­‐South Africa: http://www.wwfsassi.co.za/pocketguide.pdf - Slowfish presenta una lista aggiornata di guide proposte da differenti organizzazioni, a livello internazionale, nazionale o regionale: http://www.slowfood.com/slowfish/pagine/ita/pagina.lasso?-­‐id_pg=94 Approfondimento 3: Informazioni obbligatorie sull’etichetta dei prodotti ittici A livello internazionale, tutte le etichette dei prodotti ittici dovrebbero riportare la specie, il paese di origine, il metodo di produzione o cattura, e molti paesi hanno una lista dei "nomi commerciali accettabili" per i prodotti a base di pesce. Tuttavia, l'aggiornamento irregolare e la mancanza di armonizzazione tra i partner commerciali inficiano l'utilità di tali espedienti. L'UE sembra avere la regolazione più rigorosa in materia di tracciabilità dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura. Con il Reg. No. 2065/2001 e il recente Reg. No. 404/2011, è stato stabilito l’obbligo di rendere disponibili in ogni fase della commercializzazione la denominazione commerciale e il nome scientifico, il metodo di produzione e la zona di cattura dei prodotti ittici. La zona di cattura è spesso espressa come area FAO, che può essere verificata alla pagina http://www.fao.org/fishery/area/search/en. Inoltre dal 1 Gennaio 2015 tutti i prodotti ittici commercializzati in Unione Europea dovranno riportare anche il tipo di attrezzatura utilizzato per la cattura (Reg. EU 1379/2013). Glossario Catture accessorie (o bycatch): sono le catture degli organismi pescati accidentalmente assieme alle specie bersaglio. Palamito o palangaro o palangrese: un attrezzo di pesca commerciale o sportiva costituito da una lunga lenza di grosso diametro con inseriti ad intervalli regolari spezzoni di lenza più sottile portanti ognuno un amo. I palangari sono classificati come pelagici, se impostati per pescare vicino alla superficie per la cattura di pesci come il tonno e il pesce spada, o come demersali, se impostati per pescare lungo il fondo del mare per specie come halibut o merluzzo (http://www.bwfa-­‐
usa.org/our-­‐fishery/pelagic-­‐palangari; http://www.hsi.org.au/go/to/119/fact-­‐fogli-­‐longline-­‐
fishing.html # .U2ePYPl_upk). Pesca illegale (Illegal), non dichiarata (unreported) e non regolamentata (unregulated) (IUU) viene così definita dalla FAO: La pesca illegale designa le attività: -­‐ praticate da navi nazionali o straniere nelle acque sotto la giurisdizione di uno Stato, senza l’autorizzazione di tale Stato o in violazione delle sue disposizioni legislative e regolamentari; -­‐ praticate da navi battenti bandiera di Stati che sono parte di una organizzazione regionale di gestione della pesca, ma operanti in violazione delle misure di conservazione e di gestione adottate da tale organizzazione e a cui gli Stati sono vincolati, o in violazione di disposizioni pertinenti del diritto internazionale; o in violazione di leggi nazionali o di obblighi internazionali. La pesca non dichiarata designa le attività di pesca: -­‐ che non sono state dichiarate o sono state dichiarate erroneamente all'autorità nazionale competente, in violazione di leggi e regolamenti nazionali; o praticate nella zona di competenza di un’organizzazione regionale di gestione della pesca che non sono state dichiarate o sono state dichiarate erroneamente, in violazione delle procedure di notifica di tale organizzazione. La pesca non regolamentata designa le attività di pesca: -­‐ effettuate in un’area di pertinenza di un'organizzazione regionale di gestione della pesca e condotte da navi senza nazionalità, o da navi battenti bandiera di uno Stato che non è parte di tale organizzazione, o da un entità di pesca, in un modo che non è conforme o che viola le misure di conservazione e gestione di tale organizzazione; o in zone o su stock ittici in relazione ai quali non ci sono misure di conservazione e di gestione ma tali attività sono condotte in modo incompatibile con la conservazione delle risorse biologiche nel quadro del diritto internazionale. Pesca d’altura a strascico: la pesca a strascico è un metodo di pesca industriale in cui una grande rete con pesi è trascinata attraverso il fondo marino, raccogliendo tutto al suo passaggio. Le reti a strascico sono utilizzate per la catture di organismi che vivono sul fondo del mare, come gamberetti, merluzzi, sogliole. Rigetti: parte della cattura totale che è rigettata in mare (nella maggior parte dei casi si tratta di organismi morti, morenti o gravemente danneggiati) per motivazioni economiche, legali o personali (FAO 1994). Sforzo di pesca: l’Unione Europea definisce lo sforzo di pesca come capacità di pesca x attività. Entrambe queste variabili si possono a loro volta definire in vari modi, più o meno precisi. La capacità si può misurare approssimativamente in termini di numero di pescherecci cui è stata rilasciata una licenza, oppure, con maggior precisione, in termini di dimensioni dei pescherecci (stazza lorda, GT) o di potenza motrice (kW). Analogamente, esistono numerosi criteri per misurare l’attività: quello più comunemente seguito fino ad oggi è costituito semplicemente dal numero di giorni trascorsi in mare da un peschereccio. Di conseguenza l’Unione europea dispone oggi di due metodi per misurare lo sforzo di pesca: in termini di giorni GT, o di giorni kW (http://ec.europa.eu/fisheries/documentation/publications/cfp_factsheets/fishing_effort_it.pdf). Bibliografia Agnew, D. J., Pearce, J., Pramod, G., Peatman, T., Watson, R., Beddington J. R., & Pitcher, T. J. (2009). Estimating the worldwide extent of illegal fishing. PLoS One 4(2), e4570. Allison, E. H., Ratner, B. D., Åsgård, B., Willmann, R., Pomeroy, R., & Kurien, J. (2012). Rights-­‐based fisheries governance: from fishing rights to human rights. Fish and Fisheries, 13(1), 14-­‐29. Allsop, M., Johnston, P., & Santillo, D. (2008). Challenging the aquaculture industry on sustainability. The Netherlands, Greenpeace International. Akinbowale, O. L., Peng, H., & Barton, M. D. (2006). Antimicrobial resistance in bacteria isolated from aquaculture sources in Australia. Journal of Applied Microbiology, 100(5), 1103-­‐1113. 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