Master in Didattica dell`italiano lingua non materna I - E

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Master in Didattica dell`italiano lingua non materna I - E
Master in Didattica dell’italiano lingua non materna
I linguaggi giovanili: le componenti del lessico
Scheda di Sandra Covino
Premessa
Dal punto di vista dell’insegnamento dell’italiano lingua non materna e dell’interazione del docente
con la classe, il tema del linguaggio, o meglio dei linguaggi giovanili, offre diversi spunti di
interesse.
1) Lo scopo ludico, che è tra le principali funzioni di questa varietà dell’italiano
contemporaneo, e la naturale attrattiva esercitata dal mondo giovanile facilita il
coinvolgimento emotivo dei discenti, favorendo l’apprendimento di contenuti e soprattutto
di modalità di osservazione e di analisi applicabili anche ad altre varietà della lingua e
situazioni comunicative;
2) parlare di linguaggio giovanile può servire ad approfondire il concetto di competenza
linguistica: conoscere, e dunque imparare una lingua, non significa infatti solo assimilare
norme astratte e il patrimonio lessicale registrato nei vocabolari, ma arrivare ad usare in
modo appropriato i diversi registri di quella lingua, sviluppando dunque abilità comunicative
in senso sociolinguistico e pragmalinguistico;
3) l’esame delle diverse componenti del linguaggio giovanile permette di chiarire la nozione di
tratto linguistico ed il ruolo che i tratti linguistici svolgono nell’identificazione di una varietà
del repertorio, rafforzando nei discenti la consapevolezza della ricchezza e dell’articolazione
del panorama linguistico italiano, che dallo standard ai dialetti offre una gamma di varietà
intermedie e di influssi reciproci di difficile classificazione, come dimostrano le diverse
proposte avanzate dagli studiosi;
4) l’importanza che l’innovazione e la figuralità rivestono nel linguaggio giovanile aiuta anche
la riflessione sui meccanismi retorici che intervengono nella creazione dei neologismi, e in
generale sull’espressività come fattore fondamentale della comunicazione.
Compito del docente di italiano L2 non è formare dei linguisti, ma insegnare gli usi sociali della
lingua: è questo un possibile modo di interpretare oggi il vecchio binomio “lingua e civiltà”. Nel
caso specifico del linguaggio giovanile, all’obiettivo pratico della comprensione da parte degli
alunni stranieri si unisce quello che potremmo definire, parafrasando Barthes, il “piacere della
lingua”, che può diventare addirittura un’attrazione turistica. Questa consapevolezza ha spinto, ad
esempio, il Comune di Torino a dedicare la sezione “orecchio” del suo sito in rete proprio al
giovaturin, cioè al linguaggio dei gruppi giovanili presenti in città (v. sitografia).
Origini relativamente recenti
La formazione di un linguaggio specificamente giovanile è piuttosto recente in Italia; precedenti
possono essere identificati nel gergo studentesco e in quello militare; solo a partire dal ‘68 però si
assiste alla diffusione ad ampio raggio di una lingua parlata dai giovani, che, essendo legata ai
valori della contestazione e dell’impegno, appariva all’epoca ricca di una terminologia politica e
sindacale.
Tra gli anni Settanta e Ottanta, con l’avvento dei paninari, dei punk, del rap e dei centri
sociali, il fenomeno conosce un vero e proprio boom e anche il linguaggio giovanile si caratterizza
per il “ritorno al privato”. Dagli anni Novanta a oggi si è andata accentuando la tendenza alla
“polverizzazione dei modelli e delle tendenze” (Cortelazzo).
Frammentazione e instabilità
Oggi, se si escludono i gruppi pacifisti e no global, la politica costituisce un tema marginale;
dominano piuttosto la scuola, il sesso, le droghe leggere, ma è difficile individuare delle costanti. Le
varietà giovanili appaiono mutevoli, evanescenti, transitorie; dunque di difficile classificazione. Gli
usi sono influenzati, oltre che dalla situazione comunicativa, anche dalla provenienza geografica,
dall’estrazione sociale dei vari gruppi e dalla loro differente visione del mondo. Inoltre il linguaggio
giovanile è legato alle mode (la musica, i divi, i siti Internet, ecc.) e al variare dei gusti da una
generazione all’altra. Non esiste dunque un linguaggio giovanile unico, ma tante varietà giovanili,
“in gran parte diverse nel lessico ma accomunate da regole di acquisizione, formazione e
trasformazione delle parole” (Miglietta).
Funzioni principali
1. Intento ludico, cioè giocoso e scherzoso.
2. Rafforzamento della coesione del gruppo e affermazione del senso di appartenenza
(delimitazione verso l’esterno).
La ricerca di un’identità, bisogno molto sentito nelle anonime periferie urbane, può spiegare come
mai, nel linguaggio giovanile, siano piuttosto le aree marginali a influenzare il centro che non
viceversa.
Componenti della lingua dei giovani
Nei linguaggi giovanili si intersecano più varietà dell’italiano contemporaneo. Vi possiamo
individuare:
1) una base di italiano colloquiale informale
Tra lo scherzoso e il disfemistico. È lo strato più resistente all’innovazione: termini come casino,
palla, cagare, fregare, sparare, culo, cazzo, scopare sono ampiamente utilizzati tanto nelle
varietà giovanili quanto nei registri più bassi dell’italiano informale. D’altra parte, nonostante la
volatilità del linguaggio giovanile, certe sue forme hanno tanto successo che riescono a entrare
stabilmente nell’italiano medio parlato o nelle varietà substandard: si pensi a espressioni, risalenti
alla fine degli anni Ottanta, come essere fuori di testa ‘matto, stordito’ e schizzato ‘nervosissimo,
squilibrato’, ma anche ai romaneschi sgamare ‘scoprire, intuire’ e paraculo ‘persona che sa
sfruttare a proprio vantaggio le situazioni’. Recentemente si sta diffondendo sclerare ‘impazzire’,
‘andare fuori di testa’, già registrato dal Dizionario della lingua italiana di Tullio De Mauro
(consultabile anche in rete all’indirizzo www.demauroparavia.it).
2) uno strato dialettale
Numerosi i dialettalismi adattati fono-morfologicamente all'italiano: ad es. raspa 'persona avara'
(dal bolognese, 'lima'), ganzo (dal toscano, ‘persona o cosa bella, simpatica’), besugo (dal
genovese, ‘sciocco’), giaberna (dal perugino, ‘sberla’), tamarro (dal napoletano, ‘ragazzo
volgare e rozzo’), corrispondente al romano coatto e al settentrionale truzzo. Per quanto riguarda
in generale la componente dialettale dei gerghi giovanili, si assiste a un fenomeno
apparentemente sorprendente: l’adozione di forme dialettali provenienti da altre aree; in
particolare l’ingresso di meridionalismi nei linguaggi giovanili di Torino, Milano e Genova. Ciò
si può interpretare non solo come un esito, a livello linguistico, delle complesse dinamiche sociali
legate alle migrazioni interne, ma testimonia anche la rapida circolazione delle innovazioni
presso i giovani grazie a potenti strumenti di diffusione come la musica e Internet. Basti pensare
al termine siciliano abbummamento 'stordimento' utilizzato dagli Articolo 31, gruppo
dell’hinterland milanese, e poi ancora ai meridionalismi capa, appicciare, minchia, lampascione
‘stupido’ (sic.), ben acclimati in parlate giovanili settentrionali.
3) uno strato gergale "tradizionale" (linguaggio giovanile "a lunga durata")
Rientrano in questo strato il gergo studentesco di antica formazione (ad es. per esprimere le
"fughe" da scuola: bigiare, marinare, bruciare, fare sega, fare lippa, fare chiodo, fare forca, fare
vela, fare manca, fare salina, ecc.), il gergo militare (ad es. imbranato, cazziare, pezzo grosso,
tempo zero!) e il gergo della droga (ad es. intrippare, farsi una pera, rollare, sballare); ma anche
termini non legati ad ambienti e contesti specifici (ad es. figo!, gasato, beccare, pacco, toppare).
4) uno strato gergale innovativo ed effimero
È l'unico strato prettamente giovanile; lo caratterizzano proprio le neoformazioni, spesso originali
e diversificate da gruppo a gruppo; sono comuni però i procedimenti di innovazione.
Esaminiamone alcuni:
a) dal punto di vista del
significato:
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iperboli ed estensioni di significato (da
dio, una bomba, pazzesco, bestiale,
allucinante, ecc. );
metafore (ameba 'pigro', pizza 'cosa o
persona noiosa', manzo ‘tranquillo’,
scrostarsi ‘spostarsi’, cozza, scorfano,
cofano, cancello ‘ragazza brutta’,
ecc.);
metonimie e sineddochi (osram
'persona che si fa le lampade', frizza
‘vagina e ragazza bella’, ecc.);
antonomasia (mandrake 'tipo
intelligente', berlusconare ‘dire e
fantasticare cose impossibili’, ecc.)
antifrasi (attopparsi ‘vestirsi in modo
elegante’, ecc.)
b) dal punto di vista del
significante:
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apocopi e scorciamenti (arterio
'genitore', hendy da handicappato,
tranqui, para, fanculo, ecc.);
distorsioni foniche (figiata, appusto,
ciauuu, ecc.);
suffissazioni in –oso (cagoso, palloso,
ecc.), in –ata (figata, cagata, ecc.), in
–arsela (tirarsela, buttarsela,
pipparsela, ecc.)
5) uno strato proveniente dalla lingua dei mass-media (televisione, Internet e
lingua della pubblicità)
Dal linguaggio informatico provengono ad es. sciftare, giga, chattare, resettare; dalla televisione
e dalla pubblicità tormentoni vari, legati al successo del momento, come il paninaro diffuso dalla
trasmissione televisiva degli anni Ottanta Drive in; il sei connesso? diffuso da Zelig; gli slogan
pubblicitari O così o pomì, Più lo mandi giù e più ti tira su, ecc.
6) uno strato costituito da inserti di lingue straniere
Accanto agli internazionalismi (rocker ‘rocchettaro’, hard ‘duro’, floppy ‘fallimento’, flippare
‘perdere il controllo’, fashion ‘persona, cosa o azione alla moda’, ecc.), di cui il linguaggio
giovanile facilita il processo di accettazione e diffusione, numerosi sono gli pseudoforestierismi,
termini inventati sul modello di parole straniere (ad es. cucador, che ricalca gli spagnoli
matadore goleador; arrapescion, rifatto sull’inglese satisfaction, compilation, ecc.).
7) uno strato costituito da parole ed espressioni tratte da linguaggi specialistici
(o da altri gerghi).
Ci limitiamo a citare il caso forse più clamoroso, che riguarda gli slang giovanili e più in generale
l’italiano colloquiale: la banalizzazione della terminologia psicanalitica (complessato, isterico,
nevrotico, paranoia, rimosso, ecc.).
Usi orali e scritti
Sebbene sia largamente diffuso a livello orale, il linguaggio giovanile ha anche una solida base
scritta. È significativo ad esempio che, per realizzare il Dizionario storico del linguaggio giovanile
(Torino, UTET, 2004), dal suggestivo titolo Scrostati, gaggio! (ovvero ‘Spostati, idiota!’), gli autori
Renzo Ambrogio e Giovanni Casalegno, si siano basati, come hanno essi stessi sottolineato, su
numerosi testi di canzoni e di narrativa contemporanea. Scrittori come Pier Vittorio Tondelli, Silvia
Ballestra, Niccolò Ammaniti, Isabella Santacroce, Enrico Brizzi, Giuseppe Culicchia, Aldo Nove,
Paola Mastrocola, sono stati fonti importanti; lo stesso dicasi per i cantanti, tra cui Elio e le Storie
Tese, i Colle der Fomento, gli Articolo 31, i Sottotono, gli Skiantos.
Il linguaggio giovanile inoltre è fortemente presente e trova una straordinaria cassa di
risonanza nelle nuove testualità, a metà strada tra oralità e scrittura, diffuse da Internet, dalle chat ai
blog, dai forum alla posta elettronica, per non parlare poi degli ancor più popolari messaggini
telefonici.
Sitografia e bibliografia
La presente scheda raccoglie nozioni, schemi ed esempi ricavati dai seguenti siti e fonti cartacee:
http://www.comune.torino.it/infogio/guida (cliccare su orecchio)
www.maldura.unipd.it/linguagiovani
www.espressonline.it (digitare slangopedia)
(In questi ultimi due siti si trovano repertori on line di termini ed espressioni giovanili aggiornati
periodicamente con le nuove segnalazioni inviate dagli utenti)
A. Miglietta, Varietà giovanili, in A.A. Sobrero e A. Miglietta, Introduzione alla linguistica
italiana, Roma-Bari, Laterza, 2006, pp. 104-109;
G. Antonelli, Il linguaggio giovanile, in L’italiano nella società della comunicazione, Bologna, Il
Mulino, 2007, pp. 31-34;
M. A. Cortelazzo, Il parlato giovanile, in Storia della lingua italiana, vol. II, Scritto e parlato, a
cura di Luca Serianni e Pietro Trifone, Torino, Einaudi, 1994, pp. 291-317.
Raccolgono importanti studi e ricerche sul linguaggio giovanile i seguenti volumi:
Il linguaggio giovanile degli anni Novanta. Regole, invenzioni, gioco, a c. di E. Banfi e A.A.
Sobrero, Bari, Laterza, 1992;
La lingua dei giovani, a c. di E. Radtke, Tübingen, Narr, 1993;
Forme della comunicazione giovanile, a c. di F. Fusco e C. Marcato, Roma, Il Calamo, 2005;
A. Scholz, Subcultura e lingua giovanile in Italia. Hip-hop e dintorni, Roma, Aracne, 2005.